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Legislatura X - Commissione speciale tutela minori - Resoconto del 23/10/2019 antimeridiano

     

    Resoconto integrale n. 19

    Seduta del 23 ottobre 2019

     

    Il giorno 23 ottobre 2019 alle ore 10,00 è convocata, con nota prot. n. AL.2019.22869 del 17/10/2019 presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione speciale d’inchiesta circa il sistema di tutela dei minori nella Regione Emilia-Romagna

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    BOSCHINI Giuseppe

    Presidente

    Partito Democratico

    4

    presente

    SENSOLI Raffaella

    Vicepresidente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    TARUFFI Igor

    Vicepresidente

    Sinistra Italiana

    1

    assente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BARGI Stefano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    BENATI Fabrizio

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    BERTANI Andrea

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    CALLORI Fabio

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    CALVANO Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

    DELMONTE Gabriele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    FACCI Michele

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    presente

    GALLI Andrea

    Componente

    Forza Italia

    1

    presente

    LIVERANI Andrea

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    MARCHETTI Francesca

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    MORI Roberta

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

    PETTAZZONI Marco

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    PRODI Silvia

    Componente

    Misto

    1

    presente

    RAINIERI Fabio

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    assente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Nord Emilia e Romagna

    1

    presente

    SASSI Gian Luca

    Componente

    Misto

    1

    presente

    TAGLIAFERRI Giancarlo

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    assente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    assente

    ZOFFOLI Paolo

    Componente

    Partito Democratico

    4

    presente

     

    È presente il consigliere Stefano CALIANDRO.

     

    Partecipano alla seduta: B. Vultaggio e F. Mammana (Rappresentanti di genitori che si ritengono lesi dall’attività dei servizi sociali in materia di affidi e Coordinatori del gruppo pubblico “Contro gli orrori di Bibbiano”), L. Roncagli e D. Castagnoli (Associazione “Dammi La Mano”), M.G. Caria e P. Baldisserri (Associazione “Famiglie per l’Accoglienza”).

     

    Presiede la seduta: Giuseppe Boschini

    Assiste la segretaria: Annarita Silvia Di Girolamo

    Funzionario estensore: Vanessa Francescon


    DEREGISTRAZIONE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    -     Audizione di Benedetta Vultaggio e Fabrizio Mammana – Rappresentanti di genitori che si ritengono lesi dall’attività dei servizi sociali in materia di affidi e Coordinatori del gruppo pubblico “Contro gli orrori di Bibbiano”.

     

    Giuseppe BOSCHINI, presidente della Commissione. Diamo inizio alla seduta odierna, che ha il seguente ordine del giorno: audizione di Benedetta Vultaggio e Fabrizio Mammana - Rappresentanti di genitori che si ritengono lesi dall’attività dei servizi sociali in materia di affidi e Coordinatori del gruppo pubblico “Contro gli orrori di Bibbiano”.

    Seguirà l’audizione di Laura Roncagli - Associazione “Dammi la mano” e di Alberto Pezzi e Paolo Baldisseri – “Associazione famiglie per l’Accoglienza”.

    Come di consueto, abbiamo il terzo punto all’ordine del giorno, eventuale dibattito e discussione, e vi ricordo già che nell’ambito di questo terzo punto la collega Mori, come convenuto nell’Ufficio di Presidenza, si rende disponibile per interloquire in sede di dibattito rispetto alle esigenze di informazione su cui era stata in origine richiesta la sua audizione, ma, come sappiamo, il parere legale degli Uffici tecnici ha espresso l’impossibilità di audire colleghi Consiglieri, quindi senz’altro espleteremo anche il terzo punto dell’eventuale dibattito o discussione.

    Prima di passare all’audizione dei nostri ospiti, che ringrazio per la loro presenza e che saluto, do come sempre lettura delle condizioni del nostro lavoro.

    Ricordo ai commissari e ai nostri ospiti che la Commissione d’inchiesta istituita in ambito regionale non gode delle prerogative di cui all’articolo 82 della Costituzione, ossia dell’equiparazione ai poteri e ai limiti dell’autorità giudiziaria. L’eventuale audizione da parte della Commissione di persone indagate in procedimenti penali avviene esclusivamente in ragione del loro ruolo, a prescindere dalla circostanza che essi siano coinvolti o meno in procedimenti giudiziari, e la nostra istruttoria in ogni caso non mira all’accertamento di eventuali reati, spettando l’azione penale esclusivamente al Pubblico Ministero.

    Gli esiti e gli atti della nostra inchiesta potrebbero tuttavia essere richiesti o essere messi a disposizione della magistratura.

    Ricordo ai collaboratori regionali che da parte loro non è opponibile alla Commissione d’inchiesta il segreto d’ufficio. Ricordo inoltre ai pubblici ufficiali incaricati di pubblico servizio presenti in Aula i doveri e gli obblighi derivanti dal loro ruolo in merito alla denuncia, all’autorità giudiziaria o ad altra autorità che a quella abbia obbligo di riferire, di un reato di cui abbiano avuto notizia nell’esercizio e a causa delle loro funzioni, ai sensi dell’articolo 331 del Codice penale.

    Ricordo altresì che, ai sensi dell’articolo 70 della legge 184 del 1983, i pubblici ufficiali incaricati di pubblico servizio sono tenuti a riferire alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio.

    Ricordo che la nostra attività è, come di ordinario, soggetta alle norme vigenti in materia di trattamento dei dati personali e in particolare alla normativa che tutela i dati sensibili dei minori, nonché alle norme in materia di offesa dell’altrui reputazione come la diffamazione, ai sensi dell’articolo 595 del Codice penale.

    Infine, si fa presente che l’audizione, oltre ad essere verbalizzata integralmente in forma audio e trascritta, è soggetta a diffusione in diretta tramite streaming sul sito istituzionale dell’Assemblea legislativa, salvo diversa indicazione o richiesta. Pertanto ricordo che la normativa vigente prevede sanzioni in caso di diffusione di dati sensibili e giudiziari, quali i nomi di minori o di persone sottoposte a indagine o altri dati e informazioni che ne consentano anche in via indiretta l’identificazione.

    Possiamo passare all’audizione dei signori Vultaggio e Mammana. La motivazione della loro convocazione è la stessa, quindi li audiamo per questo in contemporanea: informazioni detenute dalle persone audite in merito al caso Val d’Enza o in generale rispetto a problematiche nei servizi di tutela dei minori.

    La signora Vultaggio e il signor Mammana ci hanno chiesto di presentare brevemente le loro persone e la loro attività, per cui do loro la parola per una breve introduzione di qualche minuto e poi passeremo alle domande dei commissari. Dovete schiacciare il bottone di destra ogni volta per prenotarvi, grazie.

     

    Benedetta VULTAGGIO, rappresentante di genitori. Grazie.

    Io sono Benedetta Vultaggio, volevo spiegarvi subito che, non so se sono fortunata o miracolata, ma sono una mamma che si è ritrovata a contestare un decreto firmato da tutti i personaggi indagati in questa situazione, in quanto mi hanno sospesa dalla potestà genitoriale.

    Tutto è iniziato circa 3-4 anni fa, quando mi sono trovata a dovermi separare da un compagno perché non si poteva più vivere insieme, ho deciso di lasciarlo e all’inizio questo mio ex compagno non ha accettato la separazione.

    È da dire subito che sono una mamma di cinque figli, fra poco nonna di quattro belle bimbe, ho un posto di lavoro, sono un operatore sociosanitario e lavoro in una casa protetta. Poiché è successo tutto questo, devo dire grazie alle Forze dell’ordine che mi hanno sostenuto in tutto il periodo in cui lui non accettava questa separazione.

    A quel punto io stupidamente mi affido a un’istituzione in cui credevo, ai servizi sociali, dove vado io stessa a chiedere aiuto. Da quel momento inizia il mio business, mio e dei miei figli, in quanto veniamo seguiti. All’inizio sembrava tutto relativamente a posto, quindi mi affido a loro, loro dopo poco mi fanno chiamare da un Tribunale, vado al Tribunale e mi segue un giudice, ma dopo poco mi arriva un decreto dove mi si dice che i miei bambini vengono affidati ai servizi sociali, ma collocati alla madre.

    Vi dico subito in poche parole perché non voglio dilungarmi troppo che quando una donna esce da una separazione lascia tutto, lascia la casa di proprietà, lascia un mutuo, lascia un compagno che, se lo lasci, ci deve essere una motivazione, perché dopo 25 anni non mi sveglio sul più bello e lascio un compagno. Ho dei figli da seguire, lascio il paese dove i miei figli sono nati e quindi mi sposto in un’altra zona per evitare sempre la collisione e far sì che i bambini vivano in maniera un po’ più positiva la situazione, chiedo loro di venirmi incontro e di aiutarmi e il loro unico aiuto...

    Poiché lavoro su tre turni, mattina pomeriggio e notte, ho una babysitter da 4-5 anni che ha seguito sia il mio bambino di quasi 16 anni che la mia bambina, e loro mi hanno contestato la babysitter, mi hanno contestato il fatto che io allontanassi i miei bambini, e devo dire grazie al mio lavoro, alla mia coordinatrice, a tutto il sostegno operativo dei miei colleghi che hanno fatto e stanno facendo tanti sacrifici per me, perché hanno visto crescere il grande, hanno visto crescere la piccola, hanno saputo tutto il mio problema e mi hanno sempre sostenuto in questo, perché loro addirittura mi chiamavano all’improvviso per cambiare i turni, perché dovevo andare là, dovevo essere seguita.

    Voglio dire anche un’altra cosa: sono stata seguita da due dottoresse dell’ASL, e una persona che fa dei corsi psicologici, geriatrici, di demenza, perché io lavoro nel mondo sanitario, tu ti affidi a dei dottori, ma a questo punto mi ritrovo un decreto dove sono state indagate le responsabili del settore sociale, (…omissis…), ma trovo anche due dottoresse che ci hanno seguito indagate per i fatti.

    A questo punto, per fortuna il Tribunale dei minori mi ha richiamato per revisionare, perché sono stata una di quelle chiamate per prime per revisionare il mio caso, sono stata accettata da una CTU e sto andando avanti per il mio percorso, perché rivoglio la mia dignità di mamma, perché mi hanno tolto proprio la dignità di madre, mi hanno calpestato.

    A me non interessano i soldi, non mi interessa niente: io rivoglio i miei gioielli, rivoglio i miei figli, rivoglio la potestà genitoriale, e la rivoglio e la ripretendo per come l’ho sempre avuta.

    A questo punto, mi chiedo: dove sono stati fino ad oggi, dopo tutto quello che è successo a me e a tante altre persone? Tra l’altro, adesso ci siamo molto avvicinate con molte mamme, ho sentito molte relazioni, ho sentito molte cose. Io sono fortunata. Non so se sia un miracolo. Presto voglio andarmi a fare un bagno a Lourdes, sinceramente, e uscirne fuori. Io sono stata fortunata perché il mio decreto è stato letto il 4 luglio, mentre il 28 (o il 29, adesso non ricordo) sono stati indagati tutti questi signori. Sono stata presa in giro, tra l’altro, dagli assistenti sociali. Io mi sono sentita e mi sento ancora presa in giro: leggono il decreto e mi dicono che loro non si possono, giustamente, appellare a questo decreto perché è stato firmato dai giudici. A questi giudici che hanno firmato questo decreto sono state fatte relazioni da assistenti sociali, da dottori. A questo punto, chiedono l’annullamento e dicono che i bambini verranno collocati da me, lasciati a me.

    Non mi hanno dato mai degli aiuti. Avevo chiesto un unico aiuto. Io pago ancora i debiti del mio compagno, ho uno stipendio, pago tutto io, ho dovuto cambiare casa. Per una donna che si toglie di dosso questo fardello ‒ credetemi ‒ e ricomincia daccapo, soprattutto per me, che ho compiuto ieri 53 anni, non è facile. Però mi sono messa in gioco perché voglio il bene mio e dei miei figli. Non ho chiesto a loro l’allontanamento, di non vedere il padre. Anzi. Il padre non accettava la separazione, ma con i bambini è sempre stato bravo.

    Non voglio dire altro. Scusatemi. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie per aver presentato il suo caso. Naturalmente, capiamo il suo forte coinvolgimento emotivo.

    Ci sono colleghi che vogliono formulare domande? Collega Sassi, prego.

     

    Consigliere Gian Luca SASSI. La ringrazio per la presenza e la testimonianza che, per quanto mi riguarda, vanno oltre la parte legislativa. Tocca un pochino tutti noi, come è successo anche per altre audizioni. Voglio rimanere sul concreto e cercare di trarre il massimo della praticità per il lavoro che questa Commissione deve fare, quindi capire nella sostanza quali possono essere le fragilità del sistema.

    Vorrei chiederle un paio di cose. Lei ha detto che le hanno tolto la patria potestà, la genitorialità. Il suo caso immagino sia in revisione, come altri, vista l’indagine in corso. La revisione del suo caso è stata assegnata a un giudice differente rispetto a quello che le ha tolto la patria potestà, la genitorialità? Lo staff, i servizi sociali che la seguono in questa fase sono difformi da quelli precedenti? C’è un distacco rispetto ai servizi sociali che prima hanno “segnalato” il suo caso al giudice rispetto a quelli che oggi, magari, insieme a questo giudice, stanno revisionando, stanno rivalutando il suo caso? Questo per capire la sostanza e la praticità delle cose, come stanno andando in questa fase.

    Noi non siamo una Commissione con competenze giuridiche o giudiziarie, che va alla ricerca dei colpevoli. Noi cerchiamo di capire quello che il sistema ci fornisce come sua efficacia e dove, eventualmente, dobbiamo agire. Dopo quello che le è successo, mi interessa capire come sta proseguendo e quale tipo di situazione si è creata dal punto di vista dei rapporti con le Istituzioni che hanno in mano la sua pratica. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Io vedo prenotati i colleghi Callori e Sensoli. Intanto rispondiamo a questa prima domanda. Prego.

     

    VULTAGGIO. Io sono stata chiamata dal Tribunale dei minori, da uno dei quattro dottori onorari del mio decreto, sempre quello con cui si era stabilito l’allontanamento dei bambini. Il servizio sociale mi è stato cambiato. Non sono più della Val d’Enza. Mi hanno passato a Quattro Castella.

    Il decreto mi è stato letto il 4 luglio di quest’anno. Da quel momento lì i miei figli li ho avuti sequestrati dallo Stato. Tutta l’estate non ho potuto portare neanche un giorno al mare i bambini. Non li ho potuti allontanare in nessuna maniera. Non sono stata contattata da nessun assistente sociale. Ho dovuto iscrivere il mio bambino a scuola, e l’ho dovuto fare da sola, mettendomi non so contro chi. Magari pensavo di sbagliare qualcosa. Grazie anche al mio avvocato ‒ io sono seguita dall’avvocato Paola Soragni ‒ siamo andati a scoprire il nome della dottoressa dei servizi sociali di Quattro Castella. Però avevo già fatto tutto io.

    Lì è anche scollegata la storia. Noi siamo andati con l’avvocato. Io adesso non mi fido più, scusatemi. Mi sono fidata una volta, la pugnalata l’ho presa e non mi fido più. Sono andata insieme al mio avvocato. Loro seguiranno i miei bambini. Sinceramente non sono stata più chiamata. Devo fare una carta d’identità e non sono stata più chiamata. Il bambino sta viaggiando ancora senza carta d’identità. È stato iscritto a scuola, e l’ho fatto io. Per tutto il resto mi hanno detto che mi deve seguire la Val d’Enza, quindi Cavriago. Io appartengo a Cavriago. Anche in questo caso non mi fido più, perché sono sempre gli stessi.

    Voglio dirvi una cosa. Forse mi allungo un’altra volta. Io avevo capito che qualcosa nel sistema non andava. Io ho fatto ascoltare il mio grido prima che succedesse tutto questo. Sono stata ai tavoli ducali della Cremeria di Cavriago, davanti a tanti consiglieri comunali di Cavriago, agli stessi presidi della scuola dei miei figli, a tanti centri antiviolenza, allo stesso capo degli assistenti sociali di Cavriago, che lì ho conosciuto, facendo nome e cognome. Sono stata presso le case antiviolenza di Reggio Emilia, sentita più volte, gridando che c’era qualcosa che non andava, che non mi ascoltavano, che, anzi, mi buttavano sempre più il peso addosso. Sono arrivati al punto che non puoi ridere troppo, non puoi piangere troppo. Non è più una vita. Non so come dirvi. Io non avevo più una vita, e non l’hanno avuta neanche i miei figli perché sono stati obbligati a frequentare delle APP, che spero vengano controllate e chiuse. Mio figlio, per esempio, era un bambino tranquillo, che per litigare... Eppure, adesso ha conosciuto tanti ragazzini. Non voglio parlare male dei ragazzini, perché sono ragazzini che vivono gli stessi problemi, le stesse situazioni familiari. Ha conosciuto tanta gente. Io ho detto loro che questa cosa non andava.

    Mio figlio veniva preso senza il mio ordine quando avevo la potestà genitoriale e portato alle dottoresse dell’ASL. Ho scoperto dopo questa cosa, che gli educatori si permettevano di andare a scuola a prelevare i miei figli per portarli dalle dottoresse senza il mio consenso, senza che io sapessi niente.

    Ci sono tante cose che non sono andate. Io le ho urlate. Eppure, mi è stato detto che non potevano fare niente. Sono stata nei centri antiviolenza. La Cremeria, il tavolo territoriale è servito solo a strappare quattro lacrime. Tutto il resto non è servito a niente.

    Io non so cos’altro dirvi. Mi sono sentita pugnalata da questa Istituzione. Mi dispiace. Non ho altro da dire.

     

    Presidente BOSCHINI. Ho ancora altre persone che si sono prenotate: Callori e Sensoli.

    Prego, collega Callori.

     

    Consigliere Fabio CALLORI. Grazie, presidente.

    Ho ascoltato la signora e la ringrazio per averci portato la sua esperienza, anche se vedo un po’ di confusione, c’è anche molta emozione e penso che sia anche quello.

    Volevo porre una domanda e fare una considerazione, perché non ho capito bene. Il decreto di affido è stato respinto, quindi i figli sono ancora con lei oppure ho capito male?

     

    (interruzione)

     

    Consigliere CALLORI. Perfetto.

    La considerazione è questa: questa associazione, che si chiama “Contro gli orrori di Bibbiano”, se non ho letto male, è nata dopo che sono successi i fatti di Bibbiano. Mi viene spontanea una considerazione, che non vuole essere un attacco a nessuno: adesso ogni genitore, ogni famiglia che ha avuto un problema con i fatti della Val d’Enza si crea la sua associazione per cercare di avere poi dei ritorni o dei benefici, benefici nel senso di avere non tolti i figli perché capisco che poi il problema sia quello. Mi pongo questa domanda e la pongo anche voi: serve aprire ogni volta una associazione per poter avere voce e per poter esternare quello che è successo?

    Dovrebbero esserci gli enti preposti che tutelano chi alla fine ha avuto un affido non dovuto e invece vedo… Questo lo dico non per voi, perché tante associazioni stanno passando, che sono nate appena prima o appena dopo i fatti di Bibbiano e stanno cercando di portare avanti la difesa loro e dei loro associati.

    Penso che dovrebbe essere un tema diverso. Non deve essere un’associazione che nasce per autodifendersi, ma chi è preposto a lavorare su questi casi dovrebbe difendere i genitori e le famiglie. Per il fatto che tante associazioni nascono questo non avviene.

     

    Presidente BOSCHINI. Non so se preferisce rispondere la signora o il signor Mammana. Prego.

     

    Fabrizio MAMMANA, rappresentante di genitori. Buongiorno a tutti. Sono Fabrizio Mammana e sono l’amministratore della pagina che avete menzionato qualche secondo fa. La pagina nasce sicuramente come una sorta di ribellione sociale delle persone colpite da questa triste piaga.

    Conosco la signora Vultaggio solo lo scorso luglio, fine luglio. Considerate che anche per noi è molto complicato andare a stabilire chi… Effettivamente credo che ci sia una sorta di provocazione anche nella domanda che ha fatto Callori, se non ricordo male. Anche per noi è difficile stabilire chi in realtà abbia un po’ il diritto di intraprendere questa battaglia e chi no. Sicuramente noi nasciamo con un intento nobile, che è quello di raccogliere tanti casi per trovare le analogie che hanno collegato le spiacevoli vicende della Val d’Enza con magari tanti altri casi che sono estesi sul territorio.

    Il fenomeno Val d’Enza – molti usano questo termine ormai nelle interviste – è la punta dell’iceberg. Io direi invece che è una bomba che è esplosa in un campo vasto, che è quello del diritto di famiglia. Le analogie con altre situazioni che sono state rilevate nella zona del reggiano soprattutto, quindi con un’alta percentuale nella zona del ferrarese, che nessuno in questo momento sta attenzionando, nella zona di Bologna, ci fanno ben riflettere su quello che è l’operato del servizio sociale e dei relativi enti annessi intorno al sistema affidi, ovviamente partendo anche dalla questione Tribunale dei minori che sicuramente avete già affrontato nelle precedenti audizioni. Questo è per dare una risposta sul nostro operato. Non si costituisce un’associazione ogni qualvolta c’è un problema. Si costituisce qualcosa al fine di marginare un problema. Stiamo cercando di unificare i casi per far emergere le criticità del sistema e magari creare anche un comitato di persone che possa avere un certo peso non dico a livello istituzionale, perché non siamo un’istituzione ancora, la prossima settimana ci costituiremo proprio come associazione quindi colgo l’occasione per potervelo comunicare. Siamo partiti da qui, siamo partiti da Bibbiano, abbiamo intenzione di operare nel sociale, di aiutare chi come la signora Vultaggio ha avuto delle difficoltà, chi anche come me nel proprio piccolo vive un piccolo trauma, non come quello dei signori coinvolti da queste situazioni.

    Tento di sedare già le future domande: non è sicuramente per fare carriera politica o altro. Siamo coinvolti, ognuno nel nostro dolore, da situazioni che stanno al limite dell’inverosimile e quindi vogliamo che queste cose spariscano, perché in una società che dovrebbe essere democratica e civile questi fatti sanno un po’ di paradosso.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Collega Sensoli, prego.

     

    Consigliera Raffaella SENSOLI. Volevo fare una domanda per capire meglio la dinamica. Se non ho capito male, lei ha chiesto aiuto agli assistenti sociali, al servizio sociale, a seguito di una situazione familiare dalla quale lei si voleva allontanare. È stata fatta una relazione. Questa relazione è finita in tribunale ed è stato fatto il decreto di allontanamento. La mia domanda – poi faccio una considerazione – è: dopo questa relazione il tribunale in qualche modo è venuto da lei? I giudici sono venuti da lei? Hanno verificato se quello che era scritto nella relazione corrispondeva al vero, se c’erano degli elementi? La sua voce è stata ascoltata dal tribunale?

    Noi non abbiamo competenza, ovviamente, sui tribunali come Regione, però lo dico anche per sottolineare e ribadire il ruolo degli assistenti sociali. Al netto del dolo, e lì ci sono le indagini in corso e diciamo che forse la sua fortuna è stata proprio il fatto che sia scoppiato il caso prima che i bambini venissero fisicamente allontanati, è importante il ruolo dell’assistente sociale. Lo dice la parola stessa “assistente”, dovrebbe essere colui che assiste, che aiuta, che in qualche modo dà sostegno alla famiglia. Il timore che si ha ascoltando certe voci è che più che un aiuto alla famiglia a volte si trasformi in un investigatore.

    Come ho già detto altre volte, è naturale che se emergono degli elementi di rischio per i minori si debba intervenire, però dalla testimonianza che ci ha dato lei si evince il timore che si ha, ovvero che le persone perdano fiducia in quello che dovrebbe essere un servizio a sostegno delle famiglie. Su questo, secondo noi, dovremo lavorare molto. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Se vuole rispondere, prego.

     

    VULTAGGIO. Posso risponderle subito. Come dicevo prima, è vero, forse ho raccontato un po’ confusamente, perché non è facile raccontare tutto. Ci sarebbe bisogno di una giornata intera, non di dieci minuti.

    Sono stata chiamata dal Tribunale dei minori e il 21 agosto ho iniziato la mia CTU. Si è messo in gioco tutto il sistema tribunale. Adesso ho il mio perito di parte. Ringrazio la dottoressa Chiara Brillante, che mi sta molto vicina, mi sta aiutando senza spese.

    Signori, è un meccanismo tosto perché ci sono delle spese, degli aggravamenti sempre più in famiglia, eccetera, invece mi sta sostenendo. Ci sono stati vari appuntamenti, sono stati già ascoltati gli assistenti sociali, i dottori, però dobbiamo ancora finire il lavoro, abbiamo ancora altre udienze finché la CTU non emetterà il suo verdetto, se sarò di nuovo la mamma dei miei figli o no. È questo che fa più male, ma io mi metto in gioco perché non ho niente da perdere, è giusto che facciano il loro lavoro.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Prego, collega Calvano. Si prepari il collega Bertani.

     

    Consigliere Paolo CALVANO. Grazie, presidente.

    Avrei una domanda e una richiesta di chiarimento. È stata citata Ferrara come zona a rischio e, siccome io vengo da quel territorio, volevo chiedere una spiegazione, perché l’attuale assessore ai servizi sociali Coletti, interrogata sulla questione in Consiglio Comunale il 22 o il 23 di agosto, rispondendo a un’interrogazione scritta, ha detto: “abbiamo fatto tutte le verifiche del caso, a Ferrara tutto sta funzionando come dovrebbe funzionare”. Siccome sono parole dell’assessore di cui io mi fido, volevo capire dove stia la differenza tra quello che dice lei e quello che ha detto l’assessore Coletti non più tardi della fine di di agosto, dopo una verifica fatta dall’Amministrazione comunale sugli affidamenti in corso.

    La seconda invece è una richiesta di chiarimento alla signora Vultaggio, perché non vorrei aver capito male. C’è stato un decreto di allontanamento, a un certo punto è stato ritirato il decreto di allontanamento, i figli sono rimasti affidati ai servizi sociali con dimora presso la sua casa, quindi al momento non le è stata ridata la potestà dei figli. Volevo chiedere questo chiarimento, perché altrimenti non...

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Un attimo, perché se parliamo con il microfono spento non viene neanche in streaming o in registrazione. Il collega Calvano ha già formulato la domanda. Se la signora vuole dire al microfono quello che stava dicendo adesso, così rimane agli atti.

     

    VULTAGGIO. Io ho ancora la patria potestà sospesa. La CTU sta lavorando, quindi con tutto quello che mi è successo sta facendo le sue indagini, finché non arriveremo a sapere se mi viene ridata di nuovo, però, finché è sospesa, i miei bambini rimangono ai servizi sociali, però collocati a me, quindi la relazione del decreto non so a cosa...

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, signor Mammana.

     

    MAMMANA. Allora, mi sentivo di rispondere sulla questione Ferrara. Guardi, il punto è anche questo (faccio una breve considerazione): non è detto tutto sia così perfetto come sembra o come qualcuno dichiara, perché – le spiego – a volte c’è anche la paura di denunciare qualcosa.

    Come sappiamo di Ferrara? Ormai siamo esposti pubblicamente, abbiamo questa pagina Facebook, ci arrivano un bel po’ di casi sulla zona del ferrarese, che ricollegano un po’ ai meccanismi dei sistemi della Val d’Enza, quindi in questo momento stiamo fungendo in qualche modo da filtro fra il privato cittadino e la mancata denuncia alle istituzioni (non so se rendo bene l’idea di quello che voglio dire).

    Su Ferrara mi sento di citare un caso (lo dico apertamente perché fra l’altro è una carissima amica), il (…omissis…), che ha avuto anche diverse interrogazioni parlamentari, è un caso che ha fatto parlare molto nella zona del ferrarese. Mi permetto di citarlo perché è una carissima amica che ci ha posto il suo caso in mano, caso in cui c’è un giro di prelievo del minore, di affidi, di situazioni controverse che arriva al limite dell’inverosimile.

    Su Ferrara secondo me bisognerebbe focalizzare particolarmente, perché è anche la patria del presidente di un importante organismo che tutti noi conosciamo, il CISMAI, una persona che è stata anche ascoltata qualche settimana fa.

    Su Ferrara c’è una sorta forse di terrore da parte del cittadino nei riguardi dell’istituzione, quindi questa è la mia risposta. Noi stiamo cercando di sensibilizzare la gente a denunciare pubblicamente quanto accade, quindi a non cadere nella sfera autolesiva di chiudersi e di non avere contatto con le istituzioni.

    Il ragionamento è logico: il mancato contatto fra privato cittadino e istituzione viene da una sorta di sfiducia nei riguardi dell’istituzione, perché quando l’assistente sociale preleva un minore con la forza ad una famiglia idonea (ne abbiamo di casi con genitori idonei a cui vengono tolti via i figli) credo che nel vicino di casa vada ad innestare un meccanismo di paura, di timore nel denunciare quanto sta subendo.

    A volte, quindi, ci si affida totalmente, come nel caso di chi chiede aiuto agli assistenti sociali facendo magari l’errore più grande della propria vita, oppure c’è chi non denuncia una violenza o un qualcosa di famiglia perché ha paura che poi l’assistente sociale possa applicare un 403 e togliere il minore alla famiglia.

    Questa è la risposta a quello che lei probabilmente cercava, spero di essere stato esauriente.

     

    Presidente BOSCHINI. Il collega Calvano credo voglia chiedere precisazioni.

    Chiedo scusa al collega Bertani. Facciamo precisare la domanda. Prego.

     

    Consigliere CALVANO. Abbiamo due tipi di allontanamenti, quello volontario e quello forzoso, in quello volontario c’è l’accordo della famiglia, quindi problemi non ne dovrebbero quasi mai subentrare, nell’allontanamento coatto è ovvio che la stragrande maggioranza delle famiglie pensi di aver subìto un torto, quindi la stragrande maggioranza di queste famiglie probabilmente, una volta che viene a conoscenza della vostra pagina Facebook in cui raccogliete le loro perplessità, vi scrive, immagino.

    Chiedo questo, perché non è indifferente: in che modo riuscite a distinguere quelli che meritano aiuto e quelli nei confronti dei quali è stato preso un provvedimento giusto, cioè qual è il discrimine che voi utilizzate per decidere quale famiglia ascoltare e a quale famiglia invece rispondere “il provvedimento è giusto, quindi seguite le vie legali e fate tutto quello che dovete fare”?

    È una curiosità, perché è ovvio che, se io facessi una cosa di quel genere, mi troverei... siccome scrivono anche a me e tutte le volte che qualche famiglia mi scrive non ho elementi di giudizio, perché ho il racconto di quella famiglia che ascoltandolo è sempre un racconto partecipato, motivato, ma, se dovessi decidere, potrei trovarmi in imbarazzo, quindi chiedo a voi come fate a decidere qual è la famiglia meritevole d’ascolto e qual è la famiglia che invece è giusto che abbia avuto l’allontanamento, sperando sempre che poi ci sia un ricongiungimento, perché è a questo che tutti dobbiamo lavorare.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, signor Mammana.

     

    MAMMANA. Allora, questa è sicuramente una domanda importante, perché anche con la signora spesso ci siamo chiesti come affrontare richieste del genere, e sarebbe quasi stupido dirle che si va un po’ a tatto nella situazione, ma è anche vero che purtroppo non può essere così.

    Cerchiamo intanto di stabilire un legame fra noi e le persone, cioè capire, cercando magari di fare una domanda più dettagliata, la loro storia, e spesso ci troviamo anche a leggere le carte insieme ai genitori per capire se ci siano degli elementi conflittuali nella stesura dei decreti, nelle relazioni degli assistenti sociali.

    Il primo campanello di allarme (l’abbiamo visto con Benedetta) è che spesso chi ha qualcosa da nascondere tende a nascondere anche il procedimento, perché ha paura che tu possa vedere che (perdonate la drasticità di quello che sto per dire) si drogava oppure era alcolizzato o picchiava la moglie, quindi tende sempre a stare sulle sue, a dirti tutto per grandi linee.

    Partiamo dal presupposto che tutti meritano attenzione, tutti meritano ascolto, sta a noi fare da filtro e provare a capire, con un lavoro molto complicato, come diceva poco fa, chi sia meritevole di ascolto e chi invece no, fermo restando che il caso Val d’Enza è stato effettivamente una bomba e ci si è infilato in mezzo chiunque, chi aveva titolo e chi non lo aveva.

    Mi ricollego quindi all’intervento perché è un lavoro effettivamente complicato. Noi – ripeto – lo facciamo creando interconnessioni fra le persone, cioè provando a vedere al tatto cosa percepiamo dalle persone, con degli elementi cerchiamo di capire se una persona sia meritevole di ascolto o no, e gli elementi spesso sono le carte processuali, quindi tutto l’iter. Da lì stabiliamo se sia sempre il solito protocollo che viene dettato nella zona, perché sicuramente avrete avuto modo di appurare da qualche testimonianza che, se ci fate caso, le procedure sono esattamente identiche, cioè se prendete la relazione fatta alla signora e prendete altre venti relazioni, trovate sempre gli stessi elementi, quindi è lì che noi andiamo a puntare, sulle analogie.

    Dalle analogie capiamo se una persona sia meritevole di ascolto o stia cercando di sfruttare il sistema per dire “faranno una sorta di condono, riapriranno i casi e congeleranno anche il mio decreto”. Da lì noi stabiliamo se una persona sia meritevole di ascolto o no.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Prego, collega Bertani.

     

    Consigliere Andrea BERTANI. Grazie, presidente.

    Intanto vi ringrazio delle testimonianze che ci avete portato, perché abbiamo ascoltato gli assistenti sociali, le case famiglia e ognuno ovviamente ci porta un taglio diverso, e sentire la voce di genitori che sono colpiti o stanno ascoltando altri genitori è importante, perché anche questo è un punto di vista fondamentale.

    È interessante quest’ultima considerazione del lavoro delicato che tutti dobbiamo fare nel capire che ci sono dei casi in cui l’allontanamento è legittimo, e in tutta questa confusione si rischia di mettere in mezzo anche dei minori che invece avevano necessità di essere allontanati, perché in quella famiglia effettivamente c’era un problema non risolvibile.

    D’altra parte, però, è anche vero che la solidarietà fra famiglie che vivono la stessa la stessa situazione è importante, perché ho avuto l’impressione che in un momento di fragilità combattere contro quella che si ritiene un’ingiustizia è complicato, non avere un’istituzione o uno sportello presso il quale rivolgersi dicendo “guardate che secondo me questo allontanamento non è giusto”, perché se ti lamenti con i servizi sociali a volte rischi o percepisci di peggiorare la tua situazione.

    Questo è un elemento di riflessione importante che noi dobbiamo cogliere e che ci è stato rappresentato anche da altri, cioè il servizio sociale rischia di essere autoreferenziale, nel senso che l’assistente sociale fa la relazione al giudice, il giudice interviene e poi l’assistente sociale deve valutare sempre questa situazione, e penso che si rischi di entrare in un loop di conflittualità dal quale è difficile uscire.

    La domanda che vi voglio fare è questa, perché abbiamo avuto precedentemente un’audizione con una sorta di casa famiglia in cui, invece che accogliere i minori, vengono accolte le famiglie con difficoltà, quindi viene sostenuta la famiglia con il minore. Alcuni degli spunti che ci hanno dato mi sono sembrati interessanti e volevo conoscere il vostro parere. Una proposta è quella di utilizzare due équipe distinte di assistenti sociali su ogni affido, cioè se l’assistente sociale rileva che in quella famiglia c’è un bisogno e il minore viene dato in affido, a seguire la famiglia di origine e il bambino temporaneamente dato in affido devono essere due équipe distinte, perché altrimenti si rischia di ingenerare una conflittualità fra famiglia affidataria e famiglia di origine. Questa era una delle proposte.

    L’altra era che lo psicologo che ha seguito e valutato il caso del minore, che è quello che ha fatto la consulenza al Tribunale dei minori, non può essere lo psicologo che segue la famiglia in un percorso di recupero e di riavvicinamento al minore.

    L’altra domanda è come secondo voi si può equilibrare il potere e la responsabilità che hanno i servizi sociali, perché la parola dell’assistente sociale è una parola pesante rispetto al giudice e alla famiglia, però la famiglia, che si sente trattata non equamente, a chi si rivolge a quel punto? Nel raccogliere le testimonianze che state raccogliendo e anche nella vostra esperienza avete una proposta per affrontare questo tema, al di là dei casi particolari che oggi ci avete presentato? Grazie.

     

    MAMMANA. Questa è una valutazione sul momento di carattere personale, quindi facciamo un altro discorso, quelle che potrebbero essere secondo noi le risoluzioni nei rapporti con i servizi sociali.

    Intanto bisogna sicuramente riformare i servizi sociali, cioè i servizi sociali in questo momento hanno un grado – consentitemi – di impreparazione che ha dei livelli esorbitanti, qualcuno potrebbe sentirsi offeso da queste affermazioni, ma è un po’ la voce di tutti, cioè ci ritroviamo spesso ad essere seguiti da assistenti sociali che sono neo laureati, quindi non hanno avuto un iter professionale che li ha portati ad avere una maturità lavorativa tale da poter seguire le famiglie, quindi partiamo da questo.

    Parliamo anche di altro. Bellissima l’idea di inserire delle figure professionali ulteriori, ma, secondo quello che potrebbe essere il mio parere personale e non di gruppo, perché è una domanda che viene fatta sul momento, sono veramente convinto che la risoluzione potrebbe essere in realtà una: anziché inserire ulteriori figure nella gestione del minore, che potrebbero secondo me complicare ulteriormente gli iter valutativi di minore e famiglia, come dissi in un altro intervento a Roma sarebbe il caso, nell’era del digitale Anno Domini 2019, cominciare a registrare gli incontri con gli assistenti sociali. Non sarebbe una cattiva idea.

    In passato chiesi infatti chi mi tutela nel momento in cui entro in una stanza con un assistente sociale che può scrivere di tutto su di me o sulla persona da cui mi sono separato, quindi è una situazione bilaterale che potrebbe ledere sia me che il minore che anche l’altra parte. Io parlo in termini di separazioni perché ho vissuto personalmente una separazione, quindi questo potrebbe essere tutelato dall’audio e dalla videoregistrazione degli incontri. Questo farebbe comodo non solo alle famiglie, ma anche alla vita professionale del servizio sociale, perché io sono una persona che ha voluto fare carriera e sono arrivato ad un determinato punto in termini lavorativi, ma anche l’assistente sociale penso non voglia rimanere assistente sociale per tutta la vita e voglia puntare a qualcosa di più. Avere un incontro auto-registrato non tutela solo le parti, ma tutela anche l’assistente sociale che, magari, può essere certificato come un buon lavoratore e far carriera un domani. Credo sia tutto interconnesso. Tutto ciò è venuto meno. Dai casi della Val d’Enza, come sappiamo, sono partite finte relazioni, c’è stato un po’ di tutto all’interno di questo grande calderone.

    La mia personale idea è quella di cominciare ad inserire delle innovazioni, che tanto innovazioni non sono. Quando entri nella stanza con l’assistente sociale, l’assistente sociale la prima cosa che ti dice è: “Io non presto il consenso alla registrazione della mia voce perché potrebbe essere utilizzata contro di me”. Si ha a prescindere la paura che l’assistente sociale possa produrre qualcosa di negativo da utilizzare in tribunale contro di lui. Quindi, c’è già un processo agli intenti. Vediamola così.

    Secondo il nostro parere, quello che abbiamo espresso in più occasioni anche alle parti politiche e che abbiamo esposto con mail e corrispondenze, il primo punto è proprio quello di cominciare ad auto-registrare gli incontri, audio e videoregistrare gli incontri. Noi abbiamo parlato anche, per esempio, in termini bruschi. Il Governo vuole che si mantenga l’articolo 403? Benissimo. Cominciamo anche ad audio e videoregistrare il prelievo del minore. È una cosa brutta da dire, però nella tutela di entrambe le parti sono cose che, secondo noi, andrebbero attenzionate, visto che viviamo in un’era tecnologica in cui ci stiamo anche in questo momento audio e video riprendendo. Credo sia la base, ormai, della vita quotidiana.

     

    Presidente BOSCHINI. La signora Vultaggio voleva integrare. Prego.

     

    VULTAGGIO. Mi è capitato di avere la potestà sospesa, quindi l’allontanamento immediato, che i miei figli venissero collocati sia in famiglie affidatarie che in strutture tipo case famiglia.

    Ripeto ancora ‒ non mi stanco di dire questa parola ‒ di essere una miracolata. Me lo hanno letto il 4 luglio. Se non me l’avessero letto, mi sarebbe capitato ciò che è successo a tanti genitori, di mandare un giorno i bambini a scuola e non vederli più all’uscita. Tra l’altro, ho due bambini minori, con età differenti. Uno veniva affidato ‒ perché non ha più l’età per essere affidato a una famiglia ‒ a una casa famiglia e l’altra a più famiglie. Qui c’è scritto “più famiglie”.

    Voglio rispondere alla domanda di prima. Intanto io sono stata ascoltata dalle dottoresse dell’ASL, perché ho seguito un percorso. Come dice il signore, forse è stata un po’ confusionaria la mia storia. Mi dispiace, ma per raccontarla ci vorrebbero... Tre anni sono... Io sono stata solo ascoltata saltuariamente da queste dottoresse. Mia figlia non è mai stata ascoltata, tranne da una dottoressa che voleva dare una 104. Mia figlia, invece, è una bambina sanissima. Non hanno mai sentito i miei figli più grandi. Non hanno mai detto: “Va beh, se la mamma in questo momento sta passando un periodo così, troviamo una soluzione”. Non quella di strappare i bambini, sradicare questi figli a una famiglia solo per un periodo che si passa... Dopo una separazione si sa che non è facile per una famiglia andare avanti tranquillamente, soprattutto dove c’è un papà che per un periodo ha percorso quella situazione familiare. Invece questi bambini dovevano essere proprio dislocati dalla famiglia, sradicati dalla famiglia. Non sono stati sentiti i figli più grandi. I miei figli dovevano essere dati a famiglie.

    Tra l’altro, mi era stato detto più volte che i miei figli dovevano essere affidati a una famiglia affidataria giornaliera di controllo. Ma controllo di cosa? Io avevo già una babysitter. Avevo i miei figli. Quando non c’è la babysitter ci sono i tre miei figli più grandi. Siccome ho rifiutato tutto questo, mi hanno sospeso dalla potestà genitoriale.

     

    Presidente BOSCHINI. Quindi era una proposta di affidamento diurno. Nel pomeriggio sarebbero venuti... Giusto per capire, signora. Era una proposta di affidamento diurno? L’ha definita “giornaliera”.

     

    VULTAGGIO. Chiedo scusa. Prima del decreto sì, me l’avevano chiesto diurno. Io non ho mai accettato. Si sentono tante storie brutte in televisione. Ormai in televisione si sente dire di tutto. Ho detto: no, io non voglio affidare i miei figli... Io ho una babysitter, che sto pagando. Non voglio affidare i miei figli a una famiglia che non conosco. Io vado a lavorare e voglio affidare i miei bambini a chi li ho sempre affidati. Anzi, avevo chiesto: se dovete darli a una famiglia di collocamento che io non conosco, affidataria... Loro hanno fatto un decreto dove mi viene detto che non è più una famiglia di collocamento, ma che mi sospendono dalla potestà genitoriale e i miei figli vengono collocati urgentemente: “collocare urgentemente i minori in idonei luoghi protetti, a una o più famiglie affidatarie, regolando i rapporti con i genitori in forma protetta fino a quando sarà necessario, proseguendo gli interventi di sostegno in corso e offrendo a entrambi i minori ogni utile sostegno psicologico, educativo, formativo, sanitario, con l’onere di riferire entro settembre 2019 e non appena si dà seguito al presente decreto”.

    Io sono una mamma che ha un medico. I miei figli hanno sempre fatto le vaccinazioni. I miei figli sono sempre stati tranquillamente... Non ce l’ho con le famiglie che non vogliono fare le vaccinazioni. Anzi. Ognuno dovrebbe essere libero di fare quello che vuole nella vita. Io ho figli che hanno frequentato gli oratori, ho figli che hanno fatto catechismo, hanno fatto la cresima. Mi vengono tolti perché mi dicono che hanno bisogno di sostegno psicologico, educativo, formativo, quando penso di aver sempre dato ai miei figli tutto questo. Non mi ritengo una mamma come mi hanno giudicato loro.

    Lo ripeto: sto facendo una CTU, che sta andando avanti. Ben presto avremo la risoluzione del fatto. Io però contesto questo modo di affidare, togliere, sradicare i bambini con valutazioni del genere. Non guardo le valutazioni di tutti, non mi permetto. Non voglio dire neanche che tutti gli assistenti sociali sono uguali. Anche noi famiglie non siamo tutte uguali. Però il fatto che qualcosa non sia andato lo si legge da tutto questo. Mi dispiace dirlo, ma io lo contesterò fino all’ultimo momento. E come me, tante altre famiglie: chi per le bollette della luce, chi per delle rette a scuola. Purtroppo, ci sono mamme che ancora piangono i bambini che non sono tornati a casa. È questo il problema.

    Ci saranno le sedi opportune dove ognuno farà le proprie valutazioni.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Io ho ancora iscritti i colleghi Prodi, Galli e Mori. Collega Prodi, prego.

     

    Consigliera Silvia PRODI. Per quanto riguarda la testimonianza della signora, onestamente ammiro il coraggio di esporsi. Ai fini della Commissione, se lei fosse venuta qua oggi con la sua avvocatessa Paola Soragni, forse avremmo avuto alcuni input formalmente. Con tutto il rispetto. Capisco che quando uno parla di se stesso l’emozione fa raccontare gli eventi in sequenza, che è difficile dopo ricostruire. Più o meno lo stiamo facendo, però forse l’avvocatessa Paola Soragni avrebbe dato un quadro giuridicamente più valido ai fini della questa Commissione.

    Quando lei dice tutte le istituzioni a cui si è rivolta, mi piacerebbe svolgere tutto esattamente perché venendo io da Reggio sono certa che alcune istituzioni sono molto sensibili. Mi riferisco in particolare a quelle a sostegno delle donne.

    Quando si parla di queste istituzioni bisogna, secondo me, essere molto attenti perché conoscendo quanto bene funzionano e quanto sul nostro territorio sono meritevoli nel loro impegno, bisogna un attimo avere attenzione perché si rischia, in un racconto, di fare dei mucchi di realtà che invece vanno, secondo me, supportate molto. Però, non era questo il fulcro del mio intervento. Io sono d’accordo quando il signor Mammana dice che questo è un evento che suscita l’interesse di molti e in cui molti si possono insinuare. Sarebbe forse più sensato che lei quando dice “noi” ci facesse un quadro preciso del suo ruolo, di quando è nata questa pagina, perché lei è amministratore, sostanzialmente. Vorrei capire meglio in quale veste lei è qua oggi. Lei è amministratore della pagina, vuol dire anche moderatore, quindi. Ad esempio, leggo: “Il vero obiettivo l’hanno capito in tanti: sottrarre i bambini ai genitori, disarticolare la famiglia, usare i bambini per i loro scopi, educarli per trasformarli nell’uomo nuovo. La distruzione della famiglia è il loro obiettivo!”.

    Lei è cosciente di quello che viene scritto in questa pagina? È una pagina sostanzialmente di amplificazione di disagio, che può avere un ruolo. Però, da quello che scorro trovo che questo sia uno strumento di amplificazione del disagio. Dopodiché, visto che ai fini di questa Commissione ci interessa anche sapere cosa sta succedendo, vorrei sapere, visto che lei parla di riformare i servizi sociali, da quanto si occupa di servizi sociali, sostanzialmente le sue competenze, in quale frame ci troviamo, quali sono quando dice “noi” le risorse, l’ambiente, i riferimenti. Qual è la struttura dietro questa pagina? C’è un fattore di strumentalizzazione, secondo me, intollerabile. Personalmente, quando si parla di “gente”, la “gente” vuole, la “gente” dice, le piazze… Siamo arrivati a un livello per cui noi personalmente e politicamente non ce lo possiamo permettere. Chiedo di avere dei dati più precisi riguardo a questi punti.

     

    Presidente BOSCHINI. Ci sono due domande. Forse per la seconda parte può rispondere il signor Mammana, sulla configurazione della pagina. La signora Vultaggio risponderà per le realtà a cui si è rivolta, se vuole dire qualcosa. Prego, nell’ordine che volete. Se vuole rispondere prima lei, prego.

     

    VULTAGGIO. Volevo rispondere per il fattore di essere accompagnata con l’avvocato eccetera, eccetera. Io non ho niente da nascondere. Potevo venire anche con il mio legale, però sinceramente quello che sa il mio legale, quello che sa il CTU, il lavoro che stiamo percorrendo, è la mia verità. In quanto al fattore delle case protette donna, non ho niente contro di loro. Ho detto soltanto che ho gridato il mio mal stare, perché sono stata io a bussare a quelle porte, sono stata io che ho chiesto l’aiuto e mi sono ritrovata in questo calvario. Io sono andata nelle case donne e sono stata sentita e risentita. Non ho detto che stanno lavorando bene o stanno lavorando male, ho detto che sono stata solo ascoltata e dopo non hanno potuto venirmi in aiuto. Hanno detto che loro non potevano fare niente.

    Non c’è stato nessuno che ci ha ascoltato per dire “okay, qui c’è qualcosa che non va”. Se tu stai gridando a voce alta a un tavolo ducale dove c’è gente che lavora dentro i Consigli comunali, presidi delle scuole, capi degli assistenti sociali… Se io avessi avuto paura, non avrei gridato nome e cognome di questa persona. Ha capito? Io stavo male, perché vedevo che c’era qualcosa che intorno a me era scollegata. Sentivo il peso di questa cosa, stavo capendo che c’era qualcosa che non andava e allora l’ho urlato, fatto sta che il decreto è arrivato.

    Mi hanno sospeso, ma nessuno mi ha ascoltata. È questo che voglio dire. Non ho detto che non sono valevoli, perché se una donna deve essere protetta deve esserci una istituzione che ti aiuta, però ti deve aiutare al 100 per cento. Non dico che ti deve dare una soluzione, però ti deve ascoltare. Se io da mamma sto urlando e c’è un’altra mamma che sta urlando e un’altra ancora che sta urlando… Quello che è successo adesso ci ha fatto rincontrare: padri e madri. Prima eravamo soli. Io non potevo venire da lei a dirle quello che mi stava succedendo. Lei mi avrebbe detto “Io non ci posso credere, è impossibile”. Non venivo creduta. Ci hanno portato a essere un sistema isolato fra di noi. Ha capito? Solo adesso che ci siamo ritrovati dentro questo vaso di Pandora che si è scoperchiato non siamo più da soli. Abbiamo avuto tutti gli stessi punti. Non ho detto che il centro antiviolenza… Se mi sono espressa male, chiedo scusa. Non ho detto che non sono valevoli, ho detto solamente che non mi hanno aiutata. Mi hanno solo ascoltata, ma io non avevo bisogno dell’ascolto perché gli assistenti sociali mi hanno ascoltato, i carabinieri mi hanno ascoltato. C’era bisogno di fare qualcosa che non è stato fatto. Basta, punto.

     

    Presidente BOSCHINI. Chiarissima. Prego, signor Mammana.

     

    MAMMANA. Per capire la natura della pagina provo a vederla perché vorrei guardarla un attimo.

    Io mi presento, sono Fabrizio Mammana, nome e cognome, ma non si sa chi sono io. Intanto dovete capire perché io comincio questo percorso. Era un qualcosa che avevo già previsto nel discorso che avrei voluto leggere e far protocollare. Io sono un padre separato, vivo a Reggio Emilia e credo di essere l’unico caso in Emilia-Romagna di genitore idoneo con bambina in affido ai servizi sociali con il collocamento prevalente presso la madre, madre anche reputata “valida madre”. Questo già fa presagire quello che è il contesto di paradosso che si è venuto a creare intorno alla mia situazione.

    Considerate che da quando ho intrapreso questo percorso continuo a ricevere quotidianamente ripercussioni da parte del servizio che continua a far finta di voler dialogare con me, ma che poi, alla fine, non vuole dialogare con me. Fanno di tutto per farci fare delle relazioni da cooperative, relazioni che avrebbero potuto tranquillamente stilare loro, quindi qui entra in gioco anche un po’ il mio rigetto nei riguardi delle cooperative, che ho più volte dimostrato pubblicamente, perché non capisco come dei professionisti si debbano poi affidare dicendo che hanno un eccessivo carico di lavoro... Fra parentesi, andate a vedere i servizi sociali di Reggio Emilia, i poli sociali, sono sempre vuoti. In teoria, per la percentuale di minori in affido ai servizi sociali solo nella provincia di Reggio Emilia gli uffici sono perennemente vuoti.

    Non capisco il motivo per cui questi soggetti debbano poi delegare a terzi la stesura dei profili genitoriali, quindi io devo essere giudicato anche da chi non è un esperto, chi è considerato, scusatemi il termine, un educatore.

    Vorrei essere relazionato da qualcuno anche professionalmente competente, da un laureato, da un professore, da qualcuno che possa stabilire se io sono un genitore idoneo. Questa è la mia storia con i servizi sociali. Decido poi nel luglio del 2019 di fondare questa pagina perché ho pensato bene che non fosse più il caso di fiancheggiare, di prestare il fianco alle vessazioni che subivo quotidianamente dai servizi sociali.

    Se una persona viene dichiarata idonea o comunque viene dichiarato padre presente, modello, padre che non salta mai un appuntamento con il minore, padre a cui è stato negato di poter vedere la figlia addirittura per quattro mesi perché la madre opponeva resistenza e il servizio sociale non voleva prendere provvedimenti, non è che non poteva... Un bambino in affido ai servizi sociali significa che la gestione del minore è interamente al servizio. Non voler fare una cosa anziché non poter fare una cosa, che era garantirmi di poter vedere mia figlia, visto che ero da loro stessi stato dichiarato idoneo, non sa di paradosso? Secondo me, sì, e a quel punto ho deciso di non prestare più il fianco alle angherie dei servizi sociali, perché queste per me sono delle vessazioni vere e proprie, volte secondo me (è una valutazione di carattere personale) al debellamento delle figure genitoriali.

    Anche in altri casi i servizi sociali operano così, cercano di distruggere la parte più forte del nucleo familiare, l’uomo, facendo credere alla donna di essere la parte più tutelata, ma dopo distruggono anche lei, la verità è questa, quindi questa è l’operatività che hanno i servizi sociali magari nei riguardi di due genitori idonei, e questo è stato notato in più casi.

    Il mio caso è un po’ atipico, devo dire la verità, fa un po’ riflettere, quindi poi ho deciso di intraprendere insieme a Benedetta l’apertura di questa pagina, che è moderata dal sottoscritto ma anche da altri moderatori, quindi non sono solo io che gestisco il flusso sulla pagina, perché considerate che 2200 persone non sono facili da coordinare. Quando sulla base di una segnalazione vediamo che c’è un determinato post che non va bene perché lede l’integrità di qualcuno o è un attacco politico, che sulla nostra pagina è vietatissimo, perché abbiamo visto che il caso Val d’Enza ha aperto un ampio dibattito politico ei non è il caso di parlare di minori e politica insieme.

    Credo che fenomeni del genere non creino e non amplifichino il disagio sociale, perché non si può giudicare disagio sociale un movimento di persone che per alcune problematiche sociali cerca di coalizzarsi, perché il disagio sociale dove lo riscontriamo, nel fatto che le persone si coalizzino fra di loro e cerchino di combattere una piaga? Per me non è disagio sociale, per me è la risposta corretta che sta dando la popolazione a un fatto grave, che è scaturito su un territorio e ha cominciato ad unificare tutti i genitori d’Italia. Tutto qua, questo stiamo facendo, stiamo cercando di vedere se ci sono delle analogie, se è un problema istituzionale, in cui c’è di mezzo la magistratura non dell’Emilia-Romagna ma dell’intera nazione, piuttosto che un protocollo a livello nazionale con il quale operano i servizi sociali.

    Stiamo cercando di creare delle interconnessioni fra le persone, che possano portare a confronti sulle carte per dare risposte a tutti i nostri dubbi.

    Evidenzio anche un passaggio a cui tengo particolarmente. Noi genitori vessati da questa tipologia di problematiche, quando non eravamo uniti, eravamo tanti lupi solitari che si guardano allo specchio e dicevano “io sono pazzo”, ma ora non siamo più pazzi, o avete di fronte un branco di squilibrati oppure...

    Non siamo pazzi, siamo dei genitori che hanno avuto delle problematiche e che dovevano essere seguiti ed aiutati dallo Stato, degli esperti che lavorano per lo Stato, e che invece sono stati non solo abbandonati, ma anche derisi, quindi questo è quello che noi stiamo cercando di fare, non creare disagio sociale. Tengo particolarmente a questa cosa.

     

    Presidente BOSCHINI. Ho iscritti i colleghi Galli, Mori, Sensoli e Calvano.

    Se non ci sono altri, vi ricordo che dopo abbiamo un’altra audizione. Prego, collega Galli.

     

    Consigliere Andrea GALLI. Grazie, presidente.

    Parlare dopo la collega Prodi è sempre una cosa interessante, perché l’impostazione della collega è sempre quella di essere più realista del re e inquisitrice nei confronti degli ospiti, ospiti che io rispetto sempre, in particolare con raccontano come voi cose vere, vissute sulla propria pelle.

    Ho sentito chiedere “ma lei che titolo ha per parlare?” oppure “lei, signora, perché non è andata a chiamare aiuto o a raccontare i suoi problemi?” quando è palese e chiunque in buonafede capisce che la signora avrà bussato a tutte le porte a cui poteva bussare ed è evidente che il responsabile della pagina Facebook ha fatto un atto di eroismo civile. Uso questo termine correttamente, perché quando dice “prima eravamo isolati, dei matti che gridavano e ululavano la luna” capisco perfettamente quello che vuol dire, è già successo in passato, nei servizi sociali, in mezzo a tante persone serie, si era creato un liquame di delinquenza che da troppi anni serpeggia nei servizi sociali, che vanno riformati.

    Il Forteto per moltissimi anni ha fatto il diavolo che gli pareva, nello scandalo Veleno della Bassa modenese è successo di tutto e nessuno ha detto niente, le pagine Facebook, il servizio che lei ha fatto ha probabilmente permesso di scoperchiare, una volta io spero per tutte, ma ne dubito, perché c’è anche oggi della gente che nega i fatti anche in quest’aula, un sistema di inaffidabilità dei servizi sociali, perché quando uno ha paura di intervenire chiedendo aiuto allo Stato per risolvere i problemi o per denunciare delle emergenze, siamo arrivati all’ultimo gradino della convivenza civile.

    Sono successi degli episodi in passato dove i Carabinieri hanno fatto delle cose che non dovevano fare, non c’è da rivolgere il pensiero troppo lontano perché il caso Cucchi l’abbiamo conosciuto tutti, ma oggi in tutta Italia se uno va a bussare alla porta dei Carabinieri sa che sarà aiutato, che sarà tutelato, mentre nei servizi sociali succede il contrario. Il problema di quello che uno vede accadere nella famiglia di fianco solleva in lui la paura e lo induce a chiedersi cosa accadrà ai suoi figli se andrà a chiamare aiuto e a dire quello che ha visto.

    È un problema che ho sentito sollevare da diverse persone che sono state audite, quindi io rispetto moltissimo le parole che ho sentito da lei, signora, ma lei è stata vittima come tanti altri di un sistema che credeva che i figli non fossero suoi, non fossero della famiglia, non avessero il diritto di crescere in un contesto familiare, ma che fossero proprietà dello Stato, dove professionisti magari improvvisati o laureati il giorno prima potesse intervenire...

     

    Presidente BOSCHINI. Le ricordo sempre che lei sta parlando di servizi specifici, quindi si assume la responsabilità di quello che sta dicendo.

     

    Consigliere GALLI. È la quarta volta che me lo dice...

     

    Presidente BOSCHINI. Io lo ricordo a tutti.

     

    Consigliere GALLI. A forza di tuonare pioverà prima o poi. Nei servizi sociali che lei denunciava è evidente il pericolo di aver davanti della gente improvvisata, che può decidere il destino di una famiglia e stravolgerlo, perché nella riforma dei servizi sociali credo che sia emersa la necessità di avere una controparte davanti a delle relazioni che vengono a volte sbagliate, forse anche in buonafede, dall’inizio alla fine e nessuno può più intervenire, perché, una volta che il minore viene sottratto alla patria potestà e viene affidato a strutture o famiglie terze, per anni non se ne parla più, con tutte le conseguenze e gli stravolgimenti ci possono essere.

    Credo che sia indispensabile provvedere immediatamente, quando c’è l’allontanamento di un minore, alla possibilità della famiglia di intervenire esprimendo le proprie posizioni davanti al magistrato, e in secondo ordine, come avete richiamato anche voi, alla necessità di avere due staff diversi che provvedano all’allontanamento e alla gestione successiva, perché se la stessa persona decide di valutare le famiglie, l’allontanamento e quello che ne consegue dopo, è chiaro che un errore anche in buonafede avrà strascichi per anni, e non c’è stato finora nessun tipo di controllo quello.

    Quei fontanazzi di liquame che sono stati troppe volte coperti per negligenza, per ignavia, per connivenza, per interesse, se non li aveste sollevati e non aveste avuto la fortuna (fortuna, come ha richiamato la signora più volte) in questo momento di avere bucato l’opinione pubblica, questo scandalo proseguiva e forse prosegue tuttora, in altre realtà italiane forse tuttora c’è della gente che viene distrutta e famiglie che vengono sezionate in questa maniera.

    Ringrazio lei per la pagina che sta portando avanti e sono sicuro che lo faccia coscientemente, perché uno che viene segnato da quello che è successo non può che farlo coscientemente.

    A lei, signora, auguro di risolvere nel più breve tempo possibile la tragedia che qualcuno qui dentro sottovaluta, irride o sottostima.

     

    Presidente BOSCHINI. Non è una domanda, è una considerazione politica, per cui non c’è nulla a cui rispondere. Prego, collega Mori.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Certamente, se lei formula la domanda io le do la parola, siccome lei non l’ha formulata ed è una considerazione politica, mi consenta da presidente di dire che procediamo.

     

    Consigliera Roberta MORI. Buongiorno, grazie per la vostra disponibilità.

    Una considerazione e una richiesta alla Presidenza. Innanzitutto, grazie per la testimonianza, perché, come potete immaginare, tutto quello che possiamo acquisire durante questo percorso di dettaglio, che possa indurci a migliorare un sistema che a noi sembra solido, ma giustamente pone delle criticità che voi evidenziate, tutto quello che ci può essere di aiuto è preziosissimo, soprattutto le testimonianze personali.

    È chiaro (lo dico perché è molto importante essere oggettivi in questo che è un contesto autorevole, con colleghi e colleghe che sanno il fatto loro)che sentendo la vostra opinione non ci è dato conoscere la parte dei servizi, le motivazioni che stanno alla base del decreto, il pensiero dei giudici, per cui esprimeremo il giudizio, la valutazione finale, se non la solidarietà umana che non deve mai essere negata, raccogliendo elementi, quindi in questo senso vi ringrazio.

    Volevo chiedere alla Presidenza se fosse possibile trasmettere l’audizione odierna alla Garante dell’infanzia, dottoressa Clelia Garavini, perché (questo è un elemento di informazione che credo possa essere dato) il Garante regionale è una figura messa a disposizione della Regione a supporto gratuito di quanti  hanno elementi da sottolineare rispetto ai propri minori, non ha poteri né inquisitori, né penalmente rilevanti di interdizione, ha soltanto poteri di moral suasion, però è una figura autorevole, che si rapporta costantemente con tavoli interistituzionali e autorità giudiziarie.

    Trasmettere gli atti non tanto alle Procure, perché poi ci penserete voi che state seguendo questo vostro percorso, quanto al Garante dell’infanzia ci può essere di aiuto per raccogliere ulteriori elementi ed eventualmente, se fosse possibile, presidente, avere dalla Garante un posizionamento oggettivo rispetto agli elementi che avete posto alla nostra attenzione.

    Al di là delle osservazioni del collega Galli, la consigliera Prodi ha posto una questione molto importante: quando si citano istituzioni o associazioni  senza un contraddittorio dove uno possa dire “abbiamo fatto questo”, si rischia senza volere di gettare un minimo di discredito, elemento che non possiamo permetterci perché siamo persone serie e, come li riteniamo meritevoli di dignità, di tutela e di protezione, riteniamo che  le persone citate possano dirci come vi possano aiutare, perché se non hanno compreso bene in una prima occasione le vostre testimonianze, potrebbero farlo.

    Grazie, presidente.

     

    Presidente BOSCHINI. Senz’altro provvederemo. Consigliera Mori...

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Infatti, non sto dando la parola per la risposta.  Ha chiesto alla Presidenza se fosse possibile questa cosa, io ho risposto, non è una domanda rivolta agli ospiti (cerchiamo di mantenere un clima di lavoro sereno di fronte alla serietà dei casi che stiamo affrontando).

    Ho ancora iscritti Sensoli, Calvano e Facci, e poi chiuderei perché altrimenti andiamo su tempi lunghissimi. Prego, collega Sensoli.

     

    Consigliera SENSOLI. Grazie, presidente. Ho una domanda. Dopo che il decreto di allontanamento è stato convertito in decreto di affido ai servizi sociali con dimora presso di lei, i servizi sociali hanno continuato a seguire i suoi figli, si sono fatti vedere, vi hanno assistito, vi hanno aiutato nelle difficoltà che avevano riscontrato oppure al momento, nonostante abbiano in affido i suoi figli, non ha avuto riscontri dal servizio stesso, in attesa che la revisione del caso vada avanti? Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, signora Vultaggio.

     

    VULTAGGIO. Grazie. Come ho detto prima, da quando mi hanno letto il decreto e sono andata davanti al Tribunale dei minori, i bambini sono stati affidati al servizio sociale di Quattro Castella, che si è fatto sentire praticamente prima della scuola dei bambini, ma avevo già fatto l’iscrizione e tutto, ci siamo soltanto visti una volta in presenza del mio avvocato, poi non si sono più fatti sentire.

    In quanto gli aiuti hanno mandato soltanto una lettera, sempre perché il mio legale ha scritto e sollecitato il loro intervento, mi hanno scritto che mi devo rivolgere alla Val d’Enza, a Cavriago, per degli aiuti e delle cose, però nessuno si è fatto sentire, nessuno mi ha detto niente.

    Io dico la mia verità, non sono venuta con il mio avvocato perché non ho niente da nascondere e il mio legale lo sa benissimo, purtroppo è questo il problema (volevo proprio sollecitare questa cosa) perché ci ritroviamo disperati come genitori perché non siamo stati creduti e siamo stati presi per la leggera.

    Io dico la mia verità e penso che tanti genitori stiano dicendo la loro verità, perché non siamo stati creduti ma sono stati creduti questi servizi e siamo stati anche derisi, però abbiamo bussato alle porte a chi credevamo, alle istituzioni.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Prego, collega Calvano.

     

    Consigliere CALVANO. Grazie, presidente. Siccome ho capito dalle risposte del signor Mammana che obiettivamente sono tanti i casi che si stanno rivolgendo alla pagina e siccome abbiamo appurato prima che ci sono casi che obiettivamente potrebbero essere frutto di un eccesso di zelo nel giudizio e casi che invece sono frutto di una necessità del minore e della famiglia, secondo lei quando è giusto l’allontanamento?

     

    MAMMANA. Questa è una bella domanda. Intanto non si dovrebbe parlare di allontanamento, quindi partiamo da questo presupposto, si dovrebbe parlare di reinserimento del minore, quindi il minore va reinserito, momentaneamente condotto verso altre spiagge.

    Per come viene applicato oggi, è sicuramente un allontanamento, viene tagliato il cordone ombelicale al minore che viene prelevato con la forza (mi ricollego al discorso anche della signora Vultaggio che ha detto che i suoi figli non venivano collocati presso i suoi altri figli che sono genitori idonei, perché la signora è nonna, era stato deciso dall’oggi al domani che con lei non dovevano essere più a casa, quindi un allontanamento drastico).

    I figli vanno accompagnati in situazioni delicate, non possiamo sostenere che se, come ho detto precedentemente e ribadisco, faccio lo spacciatore (scusate la drasticità però rende bene l’idea) e ho in casa droghe e altro, il bambino possa vivere in quell’ambiente, quindi va fatta un’operazione di reinserimento del minore non lontano, ma possibilmente all’interno della famiglia, anche perché il 403 lo prevede già, fra l’altro.  Il problema alla base, quindi, è la mancata corretta applicazione del 403, perché la legge viene traviata, la verità è questa, viene usata a discrezione del servizio, come abbiamo visto anche dalle indagini in corso, per creare beneficio economico a coppie compiacenti, amici degli amici e quant’altro. Questo è successo in Val d’Enza, giusto per darle una risposta.

    Per me quindi l’allontanamento deve essere applicato dove ci sono dei princìpi gravi, per l’allontanamento, usando proprio il termine classico, ma ripeto, per me dovrebbe esserci un accompagnamento del minore, e un reinserimento sociale anche delle figure genitoriali. Se una persona, e abbiamo un caso anche a (…omissis…), si è drogata per tutta la vita, poi ha deciso di smettere, e dopo il parto le portano via il minore dopo anni che non si drogava più, questa persona avrà avuto tutto il diritto di potersi rifare una vita e quindi si è reinserita socialmente, quindi non ha, a prescindere, una negazione della potestà genitoriale. Quando ha sbagliato era giusto che pagasse in qualche forma e che quindi che il minore fosse allontanato da lei per un periodo. Ma poi se una persona si è reinserita socialmente… Mi riferisco al caso, perché abbiamo avuto l’autorizzazione a parlare, di (…omissis…), facendo nome e cognome.  La signora si è reinserita socialmente, per cui non era giusto che il bambino non lo vedesse neanche una volta in viso, dopo anni che non faceva abuso di sostanze. Ci sono quindi casi e casi valutabili, ovviamente, ma i genitori si devono reinserire.

    Le porto però un dato, che era parte anche del mio discorso. Il Tribunale dei minori in questi giorni si è espresso con una dichiarazione un po’ pesante, un po’ forte, dicendo che il sistema funziona. È una dichiarazione, fra l’altro vi cito anche la fonte, prima di subire attacchi mediatici…

     

    (interruzione: “Spadaro”)

     

    MAMMANA. Spadaro, su fanpage.it, lo diciamo tranquillamente, direbbe che su cento casi di affidi solo quindici sono stati accolti, di conseguenza, 85 respinti, quindi, un successone fantastico.

    Il problema qual è? Che si guarda il numero quindici rispetto alla massa, quindi cento, ma non si considera che gli altri 85 non erano altro che decreti di allontanamento illegittimi, che sono stati dichiarati illegittimi. Quindi, che cosa fa capire, questo? Che sul “sistema Val d’Enza” c’era una sproporzione di marginalità dell’errore, nel senso che si operava con un margine di errore troppo elevato. Perché? 15 su 100 bellissima proporzione, bellissimo risultato, conteniamo il fenomeno; ma le altre 85 erano segnalazioni dei servizi sociali, erano segnalazioni del vicino di casa che andava dal servizio sociale a dire: guarda che lì c’è una situazione del genere, che sono state dichiarate illegittime. Questo è il dato: che sulla Val d’Enza si operava con una sproporzione fuori dal comune. Rispondo alla signora che citava anche il Garante dell’infanzia: i fatti sono stati segnalati al Garante dell’infanzia. Ma noi ci chiediamo, a questo punto, ma il Garante nazionale dell’infanzia, la dottoressa Albano, e il Garante per la Regione Emilia-Romagna dov’erano quando le persone segnalavano questi fatti? Ci facciamo questa domanda. Non c’erano. Credo siano persone che fra l’altro percepiscono lauti compensi.

    Quando sono stati segnalati questi casi, e di persone che possono testimoniare questa cosa ne abbiamo una sproporzione, il garante non ha eseguito il proprio ruolo, quello di tutelare i bambini sulla base della Convenzione di New York.

    Che cosa ci stiamo chiedendo? Stiamo divagando? Le dichiarazioni che vengono rese note, anche sui giornali, che il Garante dell’infanzia, la Regione, non avesse gli strumenti per poter operare, caspita! Se non abbiamo gli strumenti per poter operare, ricoprendo una carica istituzionale, perché non l’ha fatto presente prima, il Garante, che non aveva strumenti per poter operare? Questa è una domanda che andrebbe fatta, secondo me, al Garante. Si dovrebbe chiedere, quindi, perché non ha detto prima che non aveva gli strumenti per poter tutelare i minori, e perché lo dice solo in Commissione. Questa almeno è la mia personale risposta e ciò che chiedeva il consigliere.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, consigliere Facci.

     

    Consigliere Michele FACCI. Anch’io ringrazio per la testimonianza. Chiaramente si portano esperienze personali rispettabilissime, per le quali hanno tutta la mia personale solidarietà.

    Siccome è stata sollevata una questione circa l’inopportunità di coinvolgere soggetti in assenza di contraddittorio, tutte le nostre audizioni sono senza contraddittorio. Se devo prendere in considerazione alcune audizioni che abbiamo fatto nelle recenti settimane, sono tutte senza controllo: ognuno porta la propria esperienza. La si può contestare, si può non condividerla, si può ritenere che magari certe dichiarazioni siano adeguate o non adeguate, ma ognuno porta la propria testimonianza. Vorrei che rimanessimo in questo filone di approccio, sennò poi rischiamo anche fra di noi confusioni e fraintendimenti.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie, collega.

    Penso che il senso non fosse quello di negare la legittimità di un’udienza in assenza di contraddittorio, ma di richiamare, anche perché oggi siamo stati molto nel merito, anche su una serie di casi che sono riconducibili a nomi e cognomi, a figure che in maniera precisa ricoprono dei ruoli, di cui è stato detto magari che non li svolgono in maniera completa, eccetera.

    Io lo dico sempre all’inizio: ognuno si assume la responsabilità di quello che afferma, qui tutte le cose sono pubbliche e registrate, quindi io non posso assolutamente escludere che qualcuno per esempio decida di tutelare la propria onorabilità. Questo ho il dovere come presidente di richiamarlo, lo dico all’inizio: quando vedo un collega che si espone molto, a suo servizio cerco di ricordarlo, non certo per limitarlo.

    Io ringrazio la signora Vultaggio e il signor Mammana per la loro presenza. Vi ringraziamo per la vostra presenza qui. Vi chiediamo di accomodarvi e di introdurre la successiva audizione delle due associazioni. Grazie e buona giornata.

     

    -     Audizione di Laura Roncagli – Associazione “Dammi La Mano” e Alberto Pezzi e Paolo Baldisserri – “Associazione Famiglie per l’Accoglienza”

     

    -     Eventuale dibattito e discussione

     

     

    Presidente BOSCHINI. Vista la vicinanza delle tematiche da affrontare, abbiamo pensato di audire contemporaneamente le due associazioni “Dammi la mano” e “Associazione Famiglie per l’Accoglienza” che sono rappresentate – ho tre nomi, adesso verifichiamo – dalla signora Laura Roncagli, dal signor Alberto Pezzi…

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Baldisserri. Se sono accompagnati, magari ci dite: da Caria Maria Grazia e da Davide Castagnoli.

    Il tema su cui si era stabilito di ascoltarvi è “Informazioni ed esperienze delle famiglie nel sistema di tutela dei minori”. È lo stesso tema per entrambi, quindi io vi chiedo, se volete, brevemente, per cinque, dieci minuti, davvero non di più, introdurre, vi diamo la parola per una breve introduzione o vostra presentazione. Poi passiamo alle domande dei colleghi. Preferite quindi iniziare da una vostra breve introduzione? Do la parola alla signora Roncagli.

     

    Laura RONCAGLI, associazione “Dammi La Mano”. Intanto le chiedo, per quanto chiede il sistema, che cosa vi aspettate che io vi dica? Cioè, il sistema dell’affido, ad esempio, a Ferrara, come avviene? È in questo senso la domanda? Perché il sistema dell’affido in Emilia-Romagna è governato dalla legge regionale n. 1904, che vale per tutto l’affido regionale e noi ci adeguiamo a quello. Le famiglie affidatarie seguono questa legge.

     

    Presidente BOSCHINI. Certo, naturalmente. Ma il senso è, appunto, informazioni ed esperienze delle famiglie nel sistema della tutela dei minori, dove il sistema non indica niente né di negativo né di positivo, ma semplicemente nei servizi di tutela dei minori. Quindi, se ci volete comunicare, in fase di introduzione, le vostre informazioni ed esperienze, se c’è qualcosa che ci volete trasmettere, sennò partiamo dalle nostre domande. Come volete. Prego.

     

    RONCAGLI. Io posso dire che, ad esempio, l’affido (io sono del territorio di Ferrara) nasce a Ferrara quasi trent’anni fa e nasce come eccellenza. Lo dico perché allora si era investito tanto sull’affido, cosa che negli anni, per arrivare giusto alla fine, via via, il sistema affido, è stato meno curato, a fronte invece di una problematica sociale che è in aumento. La fragilità sociale nel nostro territorio è sempre maggiore, le famiglie sono in difficoltà e sappiamo che i più poveri in assoluto, e non parlo di povertà economica, ma di povertà educativa, relazionale e di solitudine, sono i bambini e le mamme. A fronte di questo, il sistema affido di Ferrara è un sistema che funziona, nel senso che abbiamo un numero discreto di famiglie affidatarie. In totale sono 58, non tutte operative, e ci sosteniamo con la modalità di incontri, che le stesse famiglie hanno cercato in questi anni di mantenere, supportate anche dal servizio. Quindi, c’è un buon dialogo tra il servizio sociale e la realtà associativa.

    Dovremmo essere di più e dovremmo essere più sostenuti, perché i bisogni sono maggiori rispetto al numero delle famiglie. Soprattutto la criticità che viene avanti in questa epoca è che gli allontanamenti… Attenzione, per allontanamento intendo anche semplicemente un supporto, non per forza un articolo 403. Lo preciso perché, quando si pensa all’allontanamento, si pensa a un 403, a un bambino strappato, ma non è sempre così. Molte volte sono le famiglie che chiedono di essere aiutate. Quindi, questi affiancamenti avvengono sempre più tardi, quando le situazioni sono così gravi che è difficile anche per le famiglie stesse accogliere, quando i bambini sono grandi, e anche questa è una difficoltà per le famiglie. Molte volte, infatti, le nostre famiglie hanno bambini piccoli. Non so se lo sapete, ma è preferibile, per una famiglia affidataria, accogliere un bambino più piccolo dell’ultimo dei propri, perché tutta la famiglia è coinvolta nell’accudimento. Immaginiamoci una famiglia con un bambino di 6-7 anni che accoglie un ragazzino di 11-12 anni, in preadolescenza: significa creare uno scompenso nella famiglia affidataria tale per cui l’affido potrebbe saltare e farebbe male anche al proprio bambino. Potrebbero esserci riferimenti educativi completamente diversi, un’impostazione educativa che la famiglia ha dato al proprio figlio che viene stravolta dall’ingresso di un ragazzino di 11-12 anni. Ecco perché molte volte le famiglie non possono accogliere. Ecco perché molti di questi bambini poi vanno in comunità, in case famiglia.

    Il sistema affido va implementato. Bisogna investire più fondi. Abbiamo bisogno di più assistenti sociali. Abbiamo troppi bambini affidati a un’unica assistente sociale, che non è capace, con tutta la buona volontà, anche se fosse la migliore assistente sociale di questo mondo, di seguire il lavoro che ha. Inoltre – adesso vi stupisco – dobbiamo fare più affidi. Proprio dobbiamo fare più affidi. Quindi, contro tutto quello che si dice oggi, bisogna aumentare gli affidi, perché l’affido è integrare una famiglia che sta vivendo un momento di difficoltà per un tempo…

     

    (interruzione)

     

    RONCAGLI. No, guardi che non è un marketing, e le spiego. Quando una mamma ha un bisogno mica da poco perché è una mamma sola, che non sa dove lasciare il proprio bambino e lo lascia chiuso in casa, se quella mamma avesse una famiglia di riferimento che il pomeriggio le tiene il bambino, ed è un affido a tempo parziale, riconosciuto, dove la mamma ha una famiglia d’appoggio, quando quella mamma sarà così brava, capace con i soldini di pagarsi la babysitter, quel bambino non starà a casa da solo e non volerà giù, come è capitato a Ferrara, dal balcone.

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Per piacere, non interloquiamo. Dopo ha tutto lo spazio per le domande.

    Prego, signora, continui. Non dobbiamo interloquire, dobbiamo introdurre.

     

    RONCAGLI. Ecco, vi ho stupito. Volevo stupirvi e volevo dirvi che l’affido è una realtà che integra le famiglie che hanno difficoltà e le integra perché – noi non vorremmo che fosse così – le famiglie sono fragili, i bambini che ne hanno bisogno sono tanti, e non lo diciamo noi famiglie affidatarie che li accogliamo, ma sono segnalazioni che arrivano dalla questura, dagli ospedali, da medici, che non dimettono i bambini dall’ospedale perché si rendono conto che ci sono delle famiglie che non sono in grado di accoglierli. Non lo diciamo noi. Ho finito.

     

    Presidente BOSCHINI. Se non ci sono ulteriori cose in fase di introduzione, possiamo passare alle domande, se ci sono colleghi che vogliono prenotarsi. Io adesso non ho nessuno prenotato. Prego, collega Calvano.

     

    Consigliere CALVANO. Grazie, presidente. Grazie ai nostri ospiti.

    Credo sia un’audizione importante, perché obiettivamente c’è una narrazione, che in parte c’è, che è la seguente: bambino tolto alla famiglia, famiglia affidataria. Quindi, o è bianco o è nero: o il bambino in famiglia o il bambino, tolto alla famiglia, famiglia affidataria. Invece, nel mezzo ci sono moltissime situazioni grigie e le famiglie affidatarie, al di là delle situazioni radicali, hanno – un po’ ce lo spiegava anche la dottoressa Roncagli – hanno un ruolo che va ben oltre la situazione dell’articolo 403. Insomma, la famiglia affidataria – da quello che ho capito e studiato in questi mesi – non interviene semplicemente di fronte a un intervento coercitivo sulla famiglia di origine, ma interviene con tutta un’altra serie di gradazioni a seconda delle situazioni.

    Vorrei che ci spiegaste questo ancor più nel dettaglio, per provare a riportare la narrazione in un quadro di realtà, che è quello con il quale ho avuto modo di rapportarmi durante la mia esperienza di amministratore e che credo sia obiettivamente quello. Lo dico perché, ai fini dei lavori di questa Commissione, è fondamentale capire il ruolo delle famiglie affidatarie, perché parliamo di tutela dei minori e tutela anche delle famiglie.

    Mi permetta una nota: quando un affidamento funziona, è perché si sta facendo un lavoro positivo sul bambino, ma anche sulla famiglia d’origine; un affidamento funziona tanto meglio quanto più si creano le condizioni per un ritorno del bimbo affidato alla famiglia di origine. Io credo che questa sia l’impostazione con cui nascono le famiglie affidatarie, anche quelle che intervengono in emergenza. Del resto, ci sono anche quelle. Abbiamo avuto il caso – non ricordo più di quale territorio – in cui sono arrivate anche le associazioni delle famiglie affidatarie a intervenire in situazioni di emergenza, notturna a volte.

    Spero di essere stato chiaro con la domanda: vorrei avere una panoramica complessiva di quando intervengono le famiglie affidatarie e, quindi, del loro ruolo nel nostro sistema di welfare.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, signor Castagnoli.

     

    Davide CASTAGNOLI, associazione “Dammi la mano”. Al termine vi lascio, eventualmente, anche l’integrazione.

    Proprio per il discorso del bianco e del nero, esiste forse un errore di fondo, perché è una situazione che molti di noi conoscono molto meglio che è quella dell’adozione. A volte tendiamo a confondere l’adozione con l’affido, perché c’è questo passaggio di un bambino. Ma partiamo da un presupposto completamente diverso: una famiglia, una coppia, persone che vivono insieme, che stanno facendo un percorso di adozione, hanno un bisogno loro, interno. Sono una famiglia, sono felici, ma sentono di avere una mancanza, la mancanza di avere un figlio. Quindi, in tutti i modi cercano di avere questo figlio. Fanno percorsi, si sottopongono a istruttorie, cercano questo bambino negli orfanotrofi, all’estero, perché la loro famiglia non la sentono completa se non hanno questo bambino.

    Queste sono le famiglie adottive, che tra l’altro conosco molto bene perché in associazione siamo spesso assieme a famiglie che fanno il percorso dell’adozione, un percorso difficilissimo perché vieni veramente rivoltato come un guanto come famiglia, ma vogliono arrivare a questo percorso perché sentono di avere al proprio interno qualcosa che manca.

    La famiglia invece affidataria parte da un presupposto completamente diverso. Nessuna famiglia affidataria ha un’esigenza. La famiglia affidataria vive la propria famiglia. Io personalmente ho quattro figli, il signore vicino a me ne ha quattro anche lui, quindi oggettivamente non è che abbiamo un’esigenza di aumentare la famiglia, di trovare altri figli. Assolutamente no.

    La famiglia affidataria parte da un presupposto diverso: vede o pensa che ci sia un bambino, quindi che sta all’esterno della propria famiglia, che ha un problema, un’esigenza, lo ha visto, l’ha sentito, gliel’hanno suggerito i servizi, gli psicologi, gli ospedali, come diceva prima Laura, e quindi pensa di poter dare il suo contributo per fare in modo che questo bambino riprenda un percorso che non conosceva. È una operazione semplicissima.

    Tutt’oggi la bambina che ho in affido la faccio incontrare, non per mia scelta, ma in accordo con i servizi, con la madre d’origine, perché stiamo cercando di mantenere questo rapporto. I servizi ritengono che la madre non sia ancora in grado di poter accogliere questa bambina. Non so il progetto quindi che sviluppo potrà avere, ma a me fa piacere moltissimo.

    Uno dei momenti più belli che ho vissuto in un precedente affido che ho avuto, ne ho avuti diversi sempre temporanei, è stato quando un bambino è andato dalla sua famiglia, perché quel momento è stato una sorta di ricongiungimento, di riunione, di una cosa che si era interrotta. Siamo stati felicissimi.

    Chiaramente, l’ho detto in altri casi, un pezzettino di cuore ce lo siamo strappati perché eravamo stati due anni con questa bambina, l’avevamo vista – aveva dei problemi grossissimi – cresciuta passo dopo passo. Però, poi, alla fine, c’è stato un risultato bellissimo. È questo il concetto dell’affido.

    Dopodiché, possono essere successi degli errori, questo sicuramente, ma se si vuol parlare di affido si deve parlare esclusivamente di questo tipo di lavoro.

    Mi taccio perché l’altro signore voleva aggiungere qualcosa.

     

    Paolo BALDISSERRI, associazione “Famiglie per l’Accoglienza”. (…omissis…). Dico un’ultimissima cosa. I nostri figli ormai sono grandi, tre sono sposati e uno va all’università. Due anni fa i servizi di (…omissis…) ci hanno proposto di accogliere per qualche tempo un ragazzo profugo che veniva dalla (…omissis…). Questo ragazzo è venuto a casa nostra, ha la stessa età dell’altro, e il ragazzo (…omissis…) si è sentito di fare lui da tutor a quell’altro che arrivava. Mentre lui aveva avuto il bene dai fratelli, dai figli nostri, in questo momento è lui che accompagna il ragazzo profugo alla Polisportiva, che lo aiuta a fare i lavori. Questa è una grande esperienza, perché vede in faccia e tocca con mano cos’è la solidarietà, cosa vuol dire la parola “bene”, perché in certi contesti le parole acquistano un significato.

    Chi fa queste cose deve avere un grande ideale, diciamo che i figli se ne fregano e stanno sempre al cellulare, ma se uno fa un figlio naturale come i miei, fa l’esperienza pratica e guarda in faccia e tocca con mano cosa vuol dire il bene, poi sa che la parola “bene” vuol dire bene, la parola “male” vuol dire male. Certo che in questo momento a Cesena le famiglie sono abbandonate, completamente abbandonate. Sarà il problema organizzativo, sarà il problema del turnover, io non voglio entrare in questa situazione e non voglio sostituirmi al compito pubblico, l’anno scorso, siccome a Cesena i servizi non fanno quasi niente, abbiamo organizzato noi come associazione un gruppo di mutuo aiuto, l’abbiamo fatto noi con i nostri soldi, con il nostro impegno, tutto gratis, perché abbiamo chiamato una psicologa in questo gruppo di mutuo aiuto e l’abbiamo pagata noi con i nostri soldi.

    Purtroppo, in questo momento c’è poca risposta da parte dei servizi, oltretutto con questa situazione che si è creata si nota che da parte dei servizi nessuno si prende più nessuna responsabilità. L’ultima famiglia che abbiamo incontrato da tre mesi non è assistita, la famiglia d’origine è stata contraria al fatto che le venisse tolta questa bambina, hanno preso l’avvocato, loro devono mandare la bambina da questa famiglia tutte le settimane, quando la bambina torna è devastata, per cui già fanno fatica per conto loro, la bambina torna devastata e per due giorni è un disastro. C’è la responsabilità di dire che si può anche cambiare sistema e non mandarla tutte le settimane, ci può essere uno psicologo che accompagni la bambina, ma niente, perché nessuno si prende più la responsabilità in questo momento storico. Ho finito. Scusate.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Collega Callori, prego.

     

    Consigliere CALLORI. Grazie, presidente. Ringrazio innanzitutto del racconto delle esperienze, che sicuramente sono sentite anche per come le avete raccontate.

    Da parte mia ho sempre ringraziato, anche per il ruolo di Sindaco che ho avuto prima, le famiglie affidatarie, perché svolgono un grande ruolo, meglio che lo faccia una famiglia anziché una struttura per avvicinare i ragazzi, però non mi piace l’approccio che viene fatto all’inizio, quando mi si dice “aumentiamo gli affidi e aumentiamo le risorse”.

    Gli affidi si fanno quando servono, quindi non dobbiamo a dire “aumentiamo gli affidi, perché è giusto avere più affidi perché le famiglie hanno dei problemi”, se ci sono dei problemi delle famiglie ci sarà qualcuno che lo decide, sicuramente non voi, perché mi fate pensare che, più affidi ci sono, più a lavoro c’è, se mi dite che se aumentiamo gli affidi aumentiamo le risorse.

    Io voglio che gli affidi vengano fatti quando serve, non più o meno, ma quando serve, e noi siamo qua perché dobbiamo sviscerare e capire cosa è successo a Bibbiano.

    A questo punto chiedo a lei: Bibbiano è un’anomalia o una realtà? Tanti affidi hanno portato bene? Mi viene da domandarle questo, perché deve essere fatto un discorso reale e concreto. Ribadisco che non ho nulla contro le famiglie affidatarie, con gli assistenti sociali, però qualcosa di anomalo c’è stato e non possiamo dire “aumentiamo gli affidi, aumentiamo le risorse, perché è giusto che sia così”, no, facciamo gli affidi quando servono e soprattutto a Bibbiano è tutto normale, molti affidi, molte adozioni, va tutto bene?

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, signora Roncagli.

     

    RONCAGLI. Perché le ho detto “aumentiamo gli affidi”? Perché cosa accade alle famiglie affidatarie? Accade che i bambini arrivano alle famiglie affidatarie in situazioni così gravi, così pesanti che molte volte nemmeno l’affido in famiglia si riesce a portarlo a termine e devono andare per forza in comunità, perché ragazzini che arrivano dopo anni di trascuratezza pesante, di violenza assistita sono bambini che stanno malissimo, e nessuna famiglia è capace di tenerli, quindi abbiamo perso un ragazzino.

    Quando va in comunità e ci va perché i genitori lo mollano, perché questo accade, i genitori a un certo punto, quando i ragazzi diventano adolescenti, vanno al servizio dicono “io non sono più capace di tenerlo, non ce la faccio più!”, il servizio prova a vedere una famiglia affidataria ma non la troverà e lo metterà in comunità.

    Quando dico “più affido” cosa intendo (e sono in buonafede)? Intendo interventi...

     

    (interruzione)

     

    Presidente BOSCHINI. Callori, non si preoccupi che...

     

    RONCAGLI. Perché dico “più affido”? Perché l’affido è un’integrazione alla genitorialità, per dei pezzettini di genitorialità a volte in difficoltà. Se noi fossimo capaci d’intervenire nei tempi giusti, quindi più affido perché se una mamma sta male, se una famiglia ha una difficoltà quando il bambino ha 3 anni e noi la risposta gliela diamo quando ne ha 10, quel bambino non riusciamo a recuperarlo, ma se quando ha 3 anni facessimo un piccolo progetto di affiancamento familiare governato da un servizio capace però di seguirlo...

    Perché dico “capace”? Perché serve del personale, non posso pensare che un assistente sociale abbia più di 100 bambini, perché non sarà in grado di seguire queste cose. Noi saremmo capaci di intervenire con la famiglia, di recuperare una mamma e di far sì che quel bambino rimanga nella sua famiglia. Questo è il motivo.

    Bibbiano è un’anomalia, è chiaro che è un’anomalia, è una super anomalia, noi siamo rimasti tutti sconvolti, in qualsiasi mondo ci può essere qualcuno che sbaglia, sbagliare sui minori è una cosa gravissima, che sconvolge e non deve accadere assolutamente, però è un’anomalia.

    Le voglio raccontare questa cosa. In ospedale una pediatra chiama il servizio e dice: “questo bambino non lo dimetto dall’ospedale perché è denutrito, è un bambino allergico ma è denutrito, come mai non mangia?”. Questo bambino aveva sei mesi e mi chiama il servizio perché sono nell’Anagrafe delle famiglie affidatarie (parlo di qualche tempo fa) e mi chiedono come fare.

    Per non togliere questo bambino cosa abbiamo fatto? Sono andata all’ospedale a parlare con la dottoressa, che mi ha detto che l’avrebbe dimesso solo se io le avessi garantito di verificare che tutti i giorni il bambino mangiasse, quindi sa cosa facevo? Chiudevo il mio laboratorio, andavo tutti i giorni a mezzogiorno, finché il servizio non è riuscito a strutturare un nido, quindi a inserire questo bambino in una struttura che verificasse che il bambino mangiava e andavo a verificare che la sua mamma gli desse da mangiare.

    Questa è una mamma molto giovane, uscita da un istituto, una mamma che non ha avuto una sua mamma anche lei, che ha incontrato un ragazzo, si è innamorata, è nato il bambino, però cosa è accaduto? Questo bambino le ha tolto l’unico bene, ce era questo compagno, e lei gli voleva bene da un lato, dall’altro non gli voleva bene. In questo delirio di questa mamma appena diventata mamma di un bambino di sei mesi non le hanno tolto il bambino perché io andavo tutti i giorni a dargli da mangiare, a verificare che gli desse la pappa. Questo vuol dire l’affido.

    Ho fatto un pezzettino, perché poi abbiamo verificato, questo bambino è stato inserito, perché il servizio poi se ne occupa, non è che fa finta, e l’ha inserito al nido, c’era un controllo, la sera arrivava il papà e quindi è diventato grande, fa le superiori, è un bambino grande che sta bene e non è nemmeno più allergico.

    Questo per dirle che dico “più affido”, perché più affido significa più pezzettini piccoli, distribuiti su più famiglie, che aiutano la famiglia d’origine a evitare di arrivare alla situazione più grave, che è quella dell’allontanamento, perché allontanare i bambini dalla propria famiglia è l’ultima cosa che un servizio e anche l’assistente sociale vuol fare, mi creda.

    L’affido è importante, perché provi lei a entrare nella casa di una mamma a dirgli di dare da mangiare al bambino se non c’è qualcuno che le dice che “arriverà una signora e ti aiuterà a fare la mamma per un pezzettino”! Quella mamma non mi voleva, però poi siamo diventate amiche, all’inizio non mi voleva e, se non c’era un servizio che mi ha imposta, non sarei mai entrata. Mi ha imposta, ma non ho mica fatto del male a quella mamma, anzi!

     

    Presidente BOSCHINI. Anche Castagnoli chiedeva di aggiungere...

     

    CASTAGNOLI. Quello che ha detto lei, consigliere, è corretto, cioè il contesto generale è che ci siano più istruttorie fatte dagli assistenti e dagli psicologi, poi l’affido è la parte finale e quello che eventualmente si chiede ai servizi di predisporre dei corsi, come si fa, perché possa essere allargata la platea delle famiglie che si rendono disponibili.

    Una famiglia che si rende disponibile all’affido fa un vero e proprio corso, a questo corso partecipano anche le famiglie già affidatarie perché parlano delle proprie esperienze. Nel momento in cui una famiglia ha fatto questa sorta di istruttoria rimane però in stand-by, verrà utilizzata solo nel caso in cui si ritiene ci sia quello che chiamano l’abbinamento più corretto fra la famiglia affidataria ed un caso che è stato sollevato.

    A mio parere i servizi di Bibbiano svolgevano il lavoro nella maniera più semplice per loro, portavano via i bambini quasi in automatico, perciò non facevano nessuna indagine, bastava che qualcuno non avesse un reddito buono e per loro era già un caso da portar via, mentre invece la difficoltà (quindi ci vogliono più persone perché, come diceva Laura, l’assistente deve seguire un minor numero di minori) è quella di fare un’indagine specifica cercando di comprendere quali sono gli effettivi bisogni non per la famiglia, perché ci concentriamo sempre sul bambino, quindi su come si può far star meglio il bambino dentro alla famiglia, fuori dalla famiglia, in parte fuori dalla famiglia, quanto tempo ci può stare.

    Questa è l’indagine, è chiaro che questa indagine richiede molto più tempo, un’indagine fatta in fretta con il solo scopo di portar via il bambino, per guadagnarci o quello che si è sentito dire, è chiaro che era un’indagine.... un po’ come il concetto che purtroppo qui in Emilia-Romagna abbiamo vissuto sul discorso del terremoto, ho verificato che l’indagine fatta dai tecnici dell’Emilia-Romagna è precisissima, stanno veramente tempo a guardare che tutti i lavori siano stati corretti, fatti bene, la parte amministrativa, veramente un lavoro che mi ha stupito, è chiaro che se uno passa, mette due timbri e poi se ne va, ne fa dieci al giorno, mentre nell’altro caso ne fa uno se gli va bene.

    Questo secondo me è l’errore, che i servizi non facevano le indagini esatte. Noi dobbiamo puntare ad avere un organismo fornito degli strumenti che necessitano (il signor Paolo parlava di Cesena), che abbia gli strumenti per fare le indagini accurate. Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Ricordo sempre quando esprimiamo giudizi sui servizi o sulle persone che siamo in streaming. Ve lo ricordo, perché le persone possono sempre esprimere un contro-parere rispetto a quello che abbiamo espresso. Lo dico per vostra tutela, perché dobbiamo sempre ricordarci che non siamo solo fra noi, quindi è come se stessimo esprimendo un giudizio pubblico.

    Prego, signor Baldisserri.

     

    BALDISSERRI. Solo una puntualizzazione: come famiglie e come associazioni facciamo la nostra parte, non vogliamo fare la parte dei servizi, non possiamo dire noi quanti bambini e come portarli via e come fare l’istruttoria, questo è un compito dei servizi.

    Chiaramente, come diceva il mio collega, le cose vanno fatte bene, con criterio, perché quando ho fatto l’istruttoria ho fatto i colloqui, sono venuti a casa mia a vedere se la casa fosse idonea, hanno guardato i figli e noi periodicamente facciamo i colloqui con i servizi sociali.

    Vogliamo che le cose siano fatte bene, più di quello che la legge prevede, perché la legge fa le cose minimali, noi facciamo la nostra e i servizi fanno la loro, ma i servizi devono fare la loro, perché la discrepanza grossa e quando il bambino, dopo la fase di istruttoria, viene affidato alla famiglia, è lì il problema grosso, perché i servizi sociali spariscono, gli assistenti sociali spariscono e fanno una visita ogni tre o quattro mesi. Nel momento in cui tu prendi il bambino i servizi spariscono, questa è la cosa gravissima che ho notato nel territorio in cui abito.

    Seguo la mia associazione da Rimini fino a Modena e vedo questo problema, adesso si pone molto l’accento sulle famiglie di origine, le poche famiglie che fanno affido vanno aiutate nel momento in cui prendono il bambino, e vogliamo stare nelle regole, vogliamo che le cose siano fatte assolutamente bene (non è questione di numero e di quantità, è del bene, e una famiglia ne fa uno, due o tre in tutta la vita). Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie.

    Avevo annotato i colleghi Bertani e Zoffoli. Ho dimenticato qualcuno? Prego, collega Bertani.

     

    Consigliere BERTANI. Grazie. Come ripeto spesso a chi ospitiamo, stiamo cercando di capire quali difficoltà abbiano creato il dramma di Bibbiano e, facendo questo, stiamo cercando di capire il mondo dell’affido e quindi stiamo ascoltando i vari attori.

    Abbiamo ascoltato i servizi sociali, dei giudici, il Garante dell’infanzia, delle famiglie che ritengono che ingiustamente i bambini siano stati allontanati da casa loro e ascoltiamo anche le famiglie affidatarie, e ogni volta vediamo uno spaccato diverso perché prima abbiamo ascoltato una madre che lamentava che le volessero portare via i bambini e voi qua ci dite che invece in alcuni casi i bambini bisogna portarli via, quindi capisco anche la reazione del collega sentendo dire che servono più affidi, perché servono più sostegni alle famiglie che a volte può anche essere l’affido.

    Affido del resto non vuol dire allontanamento dalla famiglia di origine, ma vuol dire sostegno alla famiglia di origine, che può essere tenere il bambino il pomeriggio durante la settimana oppure aiutarlo a fare i compiti, quindi i termini a volte aiutano a capirsi meglio.

    Abbiamo famiglie che sostengono che i servizi sociali abbiano espresso un giudizio forte su di loro e gli abbiano tolto il bambino senza capire bene la loro situazione, voi ci dite che le famiglie affidatarie vengono abbandonate a se stesse dai servizi sociali, segnalazioni che ho avuto anch’io.

    Vengo alla domanda. In base alla vostra esperienza l’allontanamento dalla famiglia è sempre fatto con scrupolo, è uno strumento che viene utilizzato sentendo anche la famiglia di origine? L’impressione che abbiamo avuto è che, oltre al caso di Bibbiano, che è un caso particolarissimo e scandaloso, in generale la famiglia dalla quale viene allontanato il bambino non abbia gli strumenti per difendersi o per portare la sua opinione oppure non le viene fatto capire che quel momento può essere un aiuto per sé e per il minore, quindi magari la proposta che il figlio durante i pomeriggi della settimana vada in un’altra famiglia non viene interpretata come una violenza sulla propria famiglia e non come un aiuto. Come potrebbe essere curato meglio questo aspetto?

    I servizi sociali ad oggi sono adeguati a seguire le famiglie affidatarie? Essere famiglia affidataria non è un compito semplice, perché ti trovi ad affrontare le difficoltà di quel bambino che è stato allontanato e a gestire i rapporti con la famiglia di origine, che è una parte conflittuale. Una proposta avanzata in un’audizione precedente su cui vorrei conoscere il vostro parere e che ovviamente dipenderà anche da quanto personale i servizi avranno a disposizione è che ci sia unéquipe che segue la famiglia d’origine diversa da quella che segue la famiglia affidataria.

    Esistono gruppi di auto e mutuo aiuto fra le famiglie affidatarie, gestite anche dai servizi sociali? Grazie.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, signora Caria.

     

    Maria Grazia CARIAAssociazione “Famiglie per l’accoglienza”. La prima domanda era se le verifiche sulle famiglie di origine vengano fatte. Io sono a Rimini, il servizio di Rimini è molto efficiente e nella mia esperienza (chiaramente io parlo della mia esperienza di tre affidi) ho potuto verificare tre caratteristiche dell’affido: un affido diurno, dove praticamente eravamo solo un appoggio, un affido consensuale diurno di una mamma single che non aveva aiuti, e lì il timore della mamma di chiedere aiuto ai servizi era “poi mi portano via il bambino”, perché lei l’ha sempre detto, e invece l’aiuto che le hanno dato i servizi è stato quello dell’appoggio di una famiglia che facesse un po’ da babysitteraggio, che poi non è questo.

    Nel momento in cui la situazione della mamma si è stabilizzata, il bambino è rientrato definitivamente con la sua mamma, quindi credo che in questo caso sia stato fatto un ottimo lavoro dai servizi di tutela del minore, ma anche di tutela dell’origine del bambino.

    Negli altri casi di affido c’è una buona collaborazione tra servizio e famiglia affidataria, che collabora insieme all’aiuto e al sostegno delle famiglie. Da noi viene fatto questo progetto PIPPI e che è proprio un sostegno alle famiglie d’origine, che va insieme all’affido, nel senso che la famiglia affidataria rimane e il bambino fa un percorso, perché i bambini sono molto bravi e riescono a capire qual è il buono sia nella famiglia d’origine che nella famiglia affidataria, quindi questa cosa è molto importante per l’equilibrio del bambino, perché non viene totalmente allontanato.

    Ritengo che i servizi nel nostro caso abbiano fatto un buon lavoro anche con la famiglia d’origine, anzi oserei dire anche contro il giudizio del Tribunale dei minori, nel senso che poi il Tribunale dei minori ha deciso altro rispetto alle relazioni che dei servizi fanno sul campo.

    A Rimini da diversi anni i servizi organizzano dei gruppi mensili di tutte le famiglie affidatarie, sono incontri facoltativi cui le famiglie decidono se partecipare o meno, però ultimamente gli incontri sono molto numerosi perché le difficoltà ci sono, le famiglie affidatarie sono sempre in prima linea e, nel momento in cui il servizio non è presente per carenza di personale o perché si dimentica di sostituire un’assistente maternità, devono fare i conti con tante realtà, essere una presenza costante anche se ti rendi conto che sei solo, però devi continuare ad andare avanti.

    La cosa importante che credo la famiglia affidataria debba fare a prescindere dai servizi, perché non sempre rispondono al telefono o sono presenti, è creare una buona collaborazione con la famiglia d’origine nel caso in cui sia possibile, per farle capire che la nostra è una presenza di appoggio e di aiuto affinché in quei due anni di affido riesca a ristabilire il proprio equilibrio familiare. Io sono qui per aiutarti in questo, non per portarti via tuo figlio, e questo deve essere un lavoro fatto insieme ai servizi.

     

    CASTAGNOLI. Lei ha detto che ci può essere contrasto fra la famiglia affidataria e la famiglia d’origine, ma, come diceva Maria Grazia, non è sempre così, spesso è più importante la collaborazione.

    Ci possono essere dei casi dove funzionano meglio, hanno più personale, abbiamo visto zone diverse, io parlo della realtà di Ferrara dove abbiamo un buon rapporto con i servizi e fanno anche un ottimo lavoro, ma tutto sta lì, cioè sono i servizi, gli psicologi che devono verificare il caso specifico e definire il percorso migliore.

    Se cominciamo a pensare che sia la famiglia affidataria che può decidere, valutare, capire stiamo facendo un errore, perché la famiglia affidataria è una persona normalissima come me che sta facendo famiglia, cioè il compito che si richiede è di far solo la famiglia, perciò è questo il ragionamento di partenza.

    Dobbiamo fare in modo che questi servizi abbiano la capacità di fare le scelte migliori, fatte con buonsenso e senza secondi fini (questo è scontato).

    Anche in altre zone ci sono i gruppi di auto-aiuto fra le famiglie affidatarie e spesso a questi gruppi partecipano anche gli psicologi dei servizi sociali, per dare una mano.

     

    RONCAGLI. Se posso integrare su questo, concordo sul discorso dell’équipe dedicata alla famiglia d’origine, e quindi assistente sociale e psicologa per la famiglia d’origine e per la famiglia affidataria.

    Questo va però in quello che dicevo: bisogna investire. Quando dico che ci vuole più personale, significa che ci vogliono più persone dedicate per far sì che un sistema funzioni, perché oggi o la famiglia d’origine è lasciata oppure è lasciata la famiglia affidataria, da qualche parte qualcuno viene lasciato. I bambini spesso non vedono gli psicologi, e anche il discorso dell’integrazione è un discorso molto importante che si sta affrontando in Regione ed è un nodo fondamentale.

    Quando accogliamo un bambino se è stato allontanato e sta a casa mia significa che qualcosa nella sua famiglia non va, altrimenti starebbe a casa con la sua mamma o al limite con la nonna o con un altro parente, ma non certo a casa mia che sono un’estranea. Se sta da me, non starà benissimo all’inizio, si farà un sacco di domande, è un bambino che ha bisogno di essere supportato psicologicamente e la famiglia affidataria ha bisogno di imparare a conoscere un perfetto estraneo che arriva un giorno in casa e te lo ritrovi a tavola, ma non sai assolutamente chi è, che ha abitudini ha, come dorme, cosa pensa, che paure ha, è un ingresso forte in una famiglia un bambino in affido.

    Per questo la necessità di avere più personale formato vicino le famiglie affidatarie è fondamentale. I gruppi di auto e mutuo aiuto ci sono in generale in tutta l’Emilia-Romagna, però non sono sufficienti, noi abbiamo bisogno di qualcosa di più, di più forte, di un sostegno più vicino.

    Molti anni fa, quando l’affido a Ferrara era un’eccellenza, il bambino aveva una sua personale assistente sociale e una sua psicologa, la famiglia affidataria ne aveva un’altra, perché questo faceva sì che ci fosse più obiettività tra lo star bene del bambino e la realtà della famiglia, era un esempio.

    Quando dico che bisogna investire lo dico in questo senso.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie. Prego, collega Zoffoli. Poi non ho altri prenotati.

     

    Consigliere Paolo ZOFFOLI. Credo che la vostra testimonianza oggi ci riporti ad una considerazione dell’affido per quello che veramente è e dovrebbe essere, e non un’aberrazione che probabilmente ha visto la sua esecuzione da qualche parte (vedremo dove i giudici potranno accertare questo).

    Voi ci riportate a quello che è veramente l’affido, e anche la sua provocazione del “più affido” credo debba essere per noi motivo di riflessione. Callori, quelli come me e te che hanno fatto i Sindaci sanno che oggi le famiglie sono in gravi difficoltà e spesso basterebbe poco aiuto di qualcuno di buona volontà per riuscire a superare queste difficoltà.

    Porto un esempio personale: ho una figlia con due bambini piccoli, va a lavorare lei e va a lavorare suo marito e, se non ci fosse la nonna, sarebbe un disastro, fortuna che la nonna è in pensione e quindi ha la possibilità di riuscire a coprire quello che la famiglia non riesce a fare. Immagino una famiglia che magari non ha parenti perché sempre più oggi la famiglia è composta da babbo, mamma e figli, non ha parenti vicini, devono lavorare e spesso si trovano in difficoltà tali che il mondo sembra che ce l’abbia con loro, per cui la necessità di più affidi non come quelli su cui spesso in questi giorni siamo costretti a fare il focus, ma l’affido di mutuo aiuto.

    Abbiamo avuto altre famiglie che sono venute qui e hanno raccontato la loro esperienza non di sostituzione o di presa in carico dopo una 304 o un decreto del tribunale, ma una messa a disposizione delle proprie potenzialità o della propria generosità per cercare di aiutare quelli che hanno bisogno, per cui credo che dovremmo cercare di considerare nella nostra organizzazione la parola “affido” non solo come uno strumento coercitivo che crea problemi alla famiglia di origine, ma come uno strumento che aiuta la famiglia d’origine, aiuta il bambino in difficoltà (non dobbiamo mai dimenticare che l’affido parte prima di tutto per mettere in sicurezza il bambino adesso e nel futuro, perché adesso ha la possibilità di risolvere velocemente il problema che altrimenti con il tempo diventa un problema da superare con un decreto del Tribunale).

    Abbiamo la necessità di considerare l’affido come un aumento di intervento di gravità e di funzionalità, ma sempre nell’ottica di aiutare il minore in difficoltà, aiutare la famiglia che ha il minore in difficoltà, perché il prima possibile la famiglia d’origine ritorni in condizione di poter riprendere il bambino dopo un percorso.

    Questa era la considerazione. La domanda è questa: sulla base della vostra esperienza quanti sono gli affidi che riescono ad avere una buona relazione con la famiglia di origine e una buona capacità di integrazione e di completamento di un percorso. che porta alla soddisfazione di tutti e magari anche al fatto che alla fine le due famiglie, di origine e affidataria, diventano non dico amiche, ma continuino anche nella vita normale un rapporto che si è creato in un momento di grave difficoltà?

    Una volta tanto dateci prova di ottimismo, perché spesso in questi giorni, parlando di affido, abbiamo solo e sempre sentito delle parole di difficoltà, di contrarietà, di tribunali, di bambini che vanno a finire male, di vendita di famiglie pronte a lucrare e a speculare su famiglie in difficoltà per poterci guadagnare. Questa visione rispetto a esperienze come le vostre a volte diventa insopportabile.

     

    Presidente BOSCHINI. Si sono prenotati i colleghi Calvano e Callori.

    Prego, signor Baldisserri.

     

    BALDISSERRI. L’aspetto un po’ particolare è quello dell’affido giornaliero, per cui il bambino non viene a casa tua tutto il periodo, ma lo segui durante la giornata.

    Noi abbiamo avuto due esperienze, una bambina marocchina che abitava nel quartiere di San Rocco alla periferia di Cesena, erano molti fratelli, i genitori andavano a lavorare e lei stava tutto il giorno a casa d’estate a guardare la tv araba, Al Jazeera, a scuri chiusi. I servizi ci chiesero la disponibilità, quindi d’estate veniva da noi per qualche ora nel pomeriggio ed è stato un momento di bella integrazione, con problematiche diverse.

    L’anno dopo ci fu segnalato un bambino di madre italiana e babbo senegalese, il babbo aveva più donne e la mamma era rimasta sola con questo bambino con qualche problema autistico, e l’abbiamo seguito per tanti anni, veniva a casa nostra, lo portavamo a scuola, con tanti problemi, ricordo che lì l’affido, più che sostegno al bambino, fu sostegno alla mamma, una donna sola, abbandonata da questo marito senegalese che aveva più donne, e  ricordo che quando fece la festa della comunione c’era soltanto la nostra famiglia all’uscita della chiesa a far festa a questo bambino.

    Si tratta di forme diverse, più semplici, che tanti possono effettuare. Ci sono tanti casi positivi, ogni caso è diverso. Un caso bellissimo che noi abbiamo seguito è quello di una famiglia di Lugo con l’assistente sociale di Casalecchio, i genitori avevano qualche problema di droga e le due bambine nigeriane gli erano state tolte, sono rimaste da questa famiglia di Lugo per un anno e mezzo, avendo contatti con la madre che nel frattempo era uscita dal carcere, poi alla fine, quando anche il babbo è stato scarcerato, le due bambine nigeriane sono tornate alla famiglia d’origine.

    L’assistente sociale di Casalecchio o di Bologna quando è finita questa esperienza scrisse alla nostra collega una bellissima mail dicendo che in questa esperienza durata un anno e mezzo o due siamo cresciuti tutti, noi come servizi sociali, la famiglia di origine, la famiglia affidataria.

    C’è anche questo caso bello in cui si è potuto fare questo intreccio, un lavorare insieme per cui siamo cresciuti tutti. Queste sono esperienze belle che succedono, non so i numeri, però nella nostra Regione questi casi ci sono ed è un grande lavoro fatto da tante associazioni, da tante famiglie, da tanti servizi che lavorano bene.

    Come in tutte le cose ci sono anche casi che sono stati fatti male, però vedo che nella nostra Regione negli anni (seguo questa cosa da 16 anni) ci sono tante cose positive, tanti servizi che si impegnano, tante associazioni che lavorano bene, tante famiglie che si impegnano e non si può distruggere tutto per qualcosa che va male, in nome di un’ideologia non si può distruggere tutto il bene, tutto l’impegno, tutte le idee che in questi 16 anni, da quando lo seguo io, è stato fatto nella nostra Regione, perché c’è tanto bene, tanto impegno, tanta generosità, tanto amore, tanto giudizio, e non si può distruggere per qualcosa che non va bene.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, collega Calvano.

     

    Consigliere CALVANO. Grazie, presidente. Parto da una considerazione e poi arrivo a una domanda. Credo che l’incontro di oggi sia stato molto utile, perché ci consente di far emergere come il ruolo delle famiglie affidatarie non sia semplicemente quello di una figura che interviene nel momento in cui il bambino esce dalla famiglia d’origine, anzi questo è il caso estremo in cui interviene la famiglia affidataria, il panel di intervento che ci avete illustratoci dà l’idea di un istituto che diventa sempre più fondamentale per la società di oggi, in cui, come diceva il collega Zoffoli, coniugare il lavoro, l’attività, l’educazione dei figli, la scuola è obiettivamente più complesso.

    Credo che l’audizione di oggi sia davvero servita a dare un quadro dell’attività a 360 gradi delle famiglie affidatarie e del ruolo di questo istituto nel nostro sistema di welfare. Anch’io ammetto che in una situazione così dovremmo lavorare il più possibile affinché tante famiglie si mettano a disposizione di questo istituto.

    Dico questo perché l’esempio fatto è molto chiaro e credo che il tema di distinguere tra famiglie affidatarie e adottive sia sempre utile da ricordare, perché la famiglia che vuole adottare è una famiglia che dice “datemi un bambino”, la famiglia affidataria non sta chiedendo un bambino, ma sta dicendo alle altre famiglie o al sistema pubblico, al welfare “se avete bisogno, noi siamo qua”, e più c’è gente che dice così e meglio è.

    Oltretutto, come ci è stato detto, non è che qualunque bambino possa essere affidato a qualunque famiglia affidataria, servirebbe l’incrocio delle caratteristiche. Se però le famiglie affidatarie sono poche, è ovvio che l’incrocio fatto bene è più difficile, se sono tante, è più facile selezionare la famiglia che meglio si adegua all’esigenza dell’altra famiglia o del minore.

    Anch’io credo che noi dovremmo fare un lavoro per evitare che il rischio palesato nei mesi scorsi di una diminuzione di chi si mette a disposizione per l’istituto dell’affidamento si possa invertire, perché questa diminuzione è obiettivamente molto pericolosa.

    Arrivo alla domanda perché, come ci avete ben raccontato, in moltissimi casi (in alcuni purtroppo non si riesce) è fondamentale creare le condizioni per un ritorno alla famiglia di origine e per ricongiungere dopo l’allontanamento, in molti casi che ci avete descritto non c’è neanche l’allontanamento e la famiglia affidataria aiuta l’altra famiglia, quindi ancora meglio.

    Quando c’è l’allontanamento, l’obiettivo è comunque il ricongiungimento, la legge ci dice che dovrebbe essere un massimo di due anni, ci accorgiamo che non è così, non abbiamo purtroppo dati (è una delle cose che nella relazione finale andremo ad indicare), abbiamo bisogno di molti dati perché ci aiutano a capire cosa sta succedendo in un territorio, cosa dovrebbe succedere, come orientare le politiche.

    In base alla vostra esperienza si riesce a stare nei due anni o obiettivamente è molto faticoso in presenza di un affidamento 24 ore su 24? Se è così faticoso stare nei due anni, cosa possiamo fare come sistema pubblico per far sì che l’affidamento possa stare dentro i due anni, che la legge indica come orizzonte massimo? Oppure c’è necessità di cambiare la legge?

     

    RONCAGLI. Dico sempre le stesse cose, forse è coerenza o forse esperienza, il problema è che i due anni per legge sono corretti, l’abbiamo indagato più volte e sono un tempo necessario per fare la famosa indagine.

    L’indagine deve essere svolta su più livelli, quanto sta male il bambino, quanto si può recuperare la famiglia, chi della famiglia d’origine si può recuperare, perché spesso non abbiamo solo una mamma e un papà insieme, abbiamo una mamma che vive da una parte e un papà che sta da un’altra parte, oppure un bambino può anche ritornare da una sorella, insomma le situazioni sono molto diverse.

    La famosa indagine necessita di personale dedicato, che metta in pratica concretamente alcune prassi obbligatorie di valutazione, che non possono essere spalmate troppo, perché i bambini crescono, quindi se in due anni siamo capaci di lavorare efficacemente per capire cosa si può recuperare e cominciare già ad avere delle prospettive di recupero, sappiamo entro i due anni questo bambino o torna dalla sua famiglia o andrà in adozione oppure andrà in un’adozione mite, una modalità che secondo me oggi viene deve venire avanti, perché i bambini sono grandi, quindi l’idea è che ci sia la possibilità di adottare un bambino che però mantiene la conoscenza della sua famiglia.

    A volte può essere necessario anche questo, ma nei due anni se c’è un team dedicato e quindi più personale, siamo capaci di fare questa cosa ed è fondamentale, perché il problema è che i bambini li facciamo diventare grandi in affido, in un limbo che gli fa malissimo, dove noi famiglie gli diciamo “sei qua perché la mamma sta imparando a fare la mamma perché ha avuto delle difficoltà” e creiamo l’alibi ai genitori giustificandoli davanti ai bambini.

    Lo dico perché non è scontato: le famiglie affidatarie non hanno nessun piacere a demolire le famiglie d’origine, perché il nostro obiettivo è che i bambini tornino a casa e perché, quando demoliamo la famiglia di un bambino, demoliamo il bambino, quindi noi li salviamo sempre. Se però da due diventano quattro o cinque anni, è chiaro che nel frattempo la famiglia non è stata recuperata, il bambino si è inserito in un contesto familiare completamente diverso e il ritorno in famiglia è ancora più difficile.

     

    BALDISSERRI. Se posso aggiungere una cosa, secondo me i casi di affido sine die stanno aumentando, ma non perché non si facci un lavoro sui ragazzi, ma perché se una famiglia è disastrata rimane disastrata, e nel mio caso della famiglia indiana lui non ci voleva andare, ma non perché non sia stato fatto un lavoro con i ragazzi.

    Ho l’impressione che questo discorso del sine die stia aumentando, è teorico parlare di due anni, la teoria diventa ideologia e fa male.

     

    Presidente BOSCHINI. Prego, ascoltiamo anche il suo parere.

     

    CASTAGNOLI. Sempre in risposta, il ragionamento che faceva Laura è che occorre un percorso, probabilmente il percorso deve partire dei servizi per arrivare al Tribunale, tutti devono collaborare per darsi dei tempi.

    Faccio sempre un esempio che ho vissuto direttamente e forse spiega la cosa. Ho avuto in affido una bambina che aveva 3 mesi, la madre era sparita e, siccome faceva uso di tanti tipi di droghe, la bambina mi è stata affidata in astinenza, ci ha messo 4-5 mesi a passare questa astinenza, in 4 mesi non ha mai dormito una notte, però il giudice, prima di decidere il destino di questa bambina spinto dai servizi, ci ha messo più di un anno.

    La madre era sparita, la chiamavano agli incontri, veniva ogni tanto, sempre sorvegliata dalla nonna, cioè dalla madre della mamma che voleva a tutti i costi avere questa bambina, a noi sembrava un caso abbastanza chiaro di difficilissimo recupero perché la nonna aveva anche un atteggiamento piuttosto forte.

    Il giudice ci ha messo quasi un anno, ha chiamato anche noi famiglia, dopo quest’anno ha deciso di metterla nel circuito dell’adozione, è stata adottata da una famiglia di Parma, è una bambina stupenda, bravissima, ogni tanto ci risentiamo, perché noi non cerchiamo mai le famiglie adottive ma a volte loro ci richiamano. Questa bambina parlando con un’amica le ha spiegato la sua storia in due parole, ha detto esattamente quello che le era successo, perciò per lei il percorso era chiaro: “guarda, mia mamma è Valerie, la Lidia mi ha allevato, ma la mia vera mamma adesso è Francesca”, in tre parole ha detto tutto quello che le era capitato, quindi aveva un quadro completo.

    Però effettivamente a mio parere ci misero un po’ di tempo su una situazione così grave, a volte i tempi sono ancora più dilatati, occorrerebbe che servizi, psicologo e il Tribunale cercassero di darsi dei tempi, perché in 24 mesi a volte non si riesce, ma non tanto di più. Allora si completa un cerchio, si individua il caso, e, se il bambino può tornare in famiglia, torna in famiglia, se invece deve trovare una nuova famiglia, che spesso è quella di adozione, andrà in una famiglia d’adozione.

    I tempi sono molto importanti, come diceva giustamente Laura, perché un bambino che arriva in affido a 8 anni, se lo si tiene in un limbo anche solo per 4 anni, quando ne ha 12 non è più un bambino, è già un adolescente, quindi tanti parametri cominciano a cambiare.

     

    Presidente BOSCHINI. La parola al collega Callori per l’ultimo intervento.

     

    Consigliere CALLORI. Grazie, presidente. Solo per richiamare due cose. Ho sentito più volte ricorrere la parola “ideologia”. Voglio sgombrare il campo, perché penso che si debbano trovare le soluzioni migliori indipendentemente da chi faccia le proposte e non è sicuramente mia intenzione mettere in questi temi così delicati l’ideologia, perché sarebbe sbagliato.

    Concordo con quello che diceva il consigliere Zoffoli, perché all’epoca, quando ero Sindaco, facemmo progetti anche legati ai compiti del pomeriggio, quindi c’erano famiglie che accoglievano i bambini dalle 14.00 alle 18.00 per fare questi compiti e poi la sera i genitori tornavano a prenderli, come altri progetti con famiglie che affiancavano altre famiglie, quindi non ho pregiudizi, anzi, come dicevo prima, ringrazio queste famiglie che mettono a disposizione casa e tempo per aiutare gli altri.

    Devo però sottolineare due cose. La prima è che dipende dall’assistente sociale, perché se abbiamo assistenti sociali capaci, che credono nel loro lavoro, con questi progetti vengono fatti passi avanti, se ci sono assistenti sociali più svogliati, questi progetti non vanno avanti, però non possiamo chiamare questi progetti un aumento di affido, sono progetti che hanno un’altra ottica, non sono un affido che eventualmente dura due anni o prevede anche un’adozione.

    Ho contestato quello, cioè l’aumento degli affidi legato al contesto di questa Commissione, che ci porta a considerare come troppi affidi possano portare a quello che è successo a Bibbiano (la giustizia deciderà cosa hanno fatto).

    Io sono per proporre progetti di affido a tempo, che vadano nell’ottica di aiutare le famiglie, però non sono gli affidi che intendiamo in questa Commissione, che poi hanno portato a quello che è successo in Val d’Enza. Volevo chiarirlo, perché se ogni cosa viene chiamata con il proprio nome e viene chiarito cos’è l’affido per fare i compiti, l’affido di due ore per aiutare una famiglia, distinguendolo dall’affido classico (passatemi il termine) che può portare ai due o più anni e arrivare anche a un’adozione, è chiaro che è una cosa diversa.

    Sono d’accordo anche sull’adozione di ragazzi più maturi, perché è vero che l’adozione migliore è quando il bambino è piccolo, però ci sono problemi come la morte dei genitori per cui ragazzi di 14, 15, 16 anni hanno bisogno di un aiuto, quindi non possiamo limitare l’affido ai bambini più piccoli.

    Non sono d’accordo ad obbligare i bambini da 0 a 3 anni ad andare all’asilo, perché se ci sono delle famiglie che hanno i nonni che fortunatamente li possono tenere, è bene che li tengano a casa e li facciano crescere, è chiaro che l’asilo deve essere un aiuto e un supporto per le famiglie.

     

    Presidente BOSCHINI. Grazie, collega Callori. In realtà, non c’era una domanda e mi sembra che ci siamo capiti sul fatto che “più affidi” significa non incentivare la sottrazione dei bambini alle famiglie, ma dare più risposte ad una situazione sociale complessa. Se deve aggiungere qualcosa, prego.

     

    RONCAGLI. Volevo solo dire che l’affido è proprio questo, l’affido è temporaneo ed è un’integrazione alla famiglia.

    L’anomalia è il sine die, ma il sine die è la conseguenza di una modalità di affido che non rispetta le regole dell’affido, per questo dicevo “più affido”, cioè più quello che è davvero l’affido. Era una provocazione, ha avuto senso, perché ha mosso un po’ di pensieri.

     

    Presidente BOSCHINI. Vi ringraziamo per la vostra presenza e la vostra testimonianza, vi avevamo anche fatto aspettare un po’, quindi ci scusiamo.

    Abbiamo all’ultimo punto dell’ordine del giorno l’eventuale dibattito e discussione. Come avevo anticipato, in questo contesto, la collega Mori ha comunicato (lo abbiamo comunicato anche all’Ufficio di Presidenza) la sua disponibilità a interloquire, non in forma di audizione perché non è possibile legalmente, con tutte le esigenze di eventuali chiarimenti, domande o problematiche che i colleghi volessero porle.

    Non so se voglia iniziare lei o se i colleghi abbiano dei problemi da porle, visto che era stata richiesta la sua audizione, ma possiamo fare questo dibattito se qualcuno si prenota, se invece nessuno si prenota siamo a posto così. Vi ringrazio e auguro a tutti buona giornata e buon lavoro.

     

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