Testo
Verbale n. 11
Seduta del 13 luglio 2012
Il giorno 13 luglio 2012 alle ore 10,28 si è riunita presso la sede
dell'Assemblea legislativa in Bologna, Viale A. Moro n. 50 la
Commissione per la promozione di condizioni di piena parità tra
donne e uomini, convocata con nota prot. n. 26029 del 06/07/2012.
Partecipano alla seduta i commissari:
Cognome e nome Qualifica Gruppo Voto
MORI Roberta Presidente Partito Democratico 6 presente
MALAGUTI Mauro Vicepreside PDL - Popolo della 6 presente
nte Libertà
MEO Gabriella Vicepreside Sinistra Ecologia e 2 assente
nte Libertà - Idee Verdi
BAZZONI Gianguido Componente PDL - Popolo della 5 assente
Libertà
CASADEI Thomas Componente Partito Democratico 4 presente
COSTI Palma Componente Partito Democratico 5 presente
DEFRANCESCHI Componente Movimento 5 Stelle 2 assente
Andrea Beppegrillo.it
DONINI Monica Componente Federazione Della 2 presente
Sinistra
GRILLINI Franco Componente Italia dei Valori - 3 presente
Lista Di Pietro
MANFREDINI Mauro Componente Lega Nord Padania 4 assente
Emilia e Romagna
MORICONI Rita Componente Partito Democratico 5 presente
NOE' Silvia Componente UDC - Unione di Centro 1 assente
PARIANI Anna Componente Partito Democratico 4 assente
RIVA Matteo Componente Misto 1 assente
Il consigliere Giovanni FAVIA sostituisce Defranceschi.
Hanno partecipato ai lavori della commissione: Desi BRUNO (Garante
delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà
personale); Cinzia MONARI, e Rossella VECCHI (Servizio Istituti di
garanzia, diritti e cittadinanza attiva); Antonella BUSETTO
(Servizio Segreteria e Affari generali della Giunta, Affari Generali
della Presidenza, Pari Opportunità); Rudi GHEDINI (Servizio
Informazione e Comunicazione Istituzionale A.L.).
Presiede la seduta: Roberta MORI
Assiste il segretario: Adolfo ZAULI
Resocontista: Adolfo ZAULI
La presidente MORI dichiara aperta la seduta alle ore 10,28.
Sono, altresì, presenti i consiglieri Casadei, Costi, Donini,
Malaguti e Moriconi.
La presidente MORI mette in votazione l'approvazione dei verbali n.
9 del 22 giugno 2012 e n. 10 del 29 giugno 2012.
Con distinte votazioni di uguale esito la commissione approva i
verbali all'unanimità dei presenti.
DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI FINALIZZATE MERAMENTE ALLA
COMPRENSIONE DEL TESTO
- Incontro con la Garante delle persone sottoposte a misure
restrittive della libertà personale Avv. Desi Bruno sulla situazione
penitenziaria in Emilia-Romagna, con particolare riferimento alle
problematiche di genere che ne derivano. Proposte conseguenti.
Presidente MORI - Ringraziamo per la presenza e la disponibilità
l'avv. Desi Bruno. Volevo specificare la peculiarità e la
precisazione di questo incontro dal momento che la garante ha già
relazionato e ha già contribuito nella seduta congiunta delle
Commissioni Statuto e Regolamento e Politiche per la salute
rispetto al rapporto annuale della relazione sulla situazione
penitenziaria in E-R 2011, fra l'altro contribuendo con integrazioni
conoscitive e informative molto interessanti. In quella seduta
congiunta però il tema delle pari opportunità, il tema del femminile
e di tutte le conseguenze della tensione femminile per quello che
riguarda le politiche di genere carcerarie è rimasto molto sullo
sfondo e quindi abbiamo pensato, legando a integrazione queste due
sedute, di specificamente interessarcene per avere un quadro
completo ed eventualmente avere anche prospettive di miglioramento
su cui poter lavorare. In questo senso infatti quando scriviamo
proposte conseguenti l'assunzione delle informazioni odierne ci darà
la possibilità eventualmente di redigere un impegno apposito una
risoluzione apposita con le informazioni molto specifiche e
peculiari che la nostra garante ci darà.
BRUNO - Grazie dell'invito. Effettivamente alla seduta dell'altra
commissione non è stato affrontato in modo specifico questo tema.
Direi che si può partire da questa considerazione: che
fortunatamente il numero delle donne detenute continua a essere
percentualmente molto poco significativo rispetto al numero dei
detenuti uomini. L'ordine di grandezza a livello nazionale è del
4-5%, fortunatamente siamo davanti ad un fenomeno continua a essere
un fenomeno contenuto, che però ha una sua consistenza. Per quanto
riguarda l'Emilia-Romagna il dato a fine maggio era di 142 donne
presenti in alcuni degli istituti della Regione, abbiamo sezioni
femminili a Forlì, a Bologna, che rappresenta la sezione più
significativa, a Modena, a Reggio Emilia, a Piacenza. E in queste
sedi ci sono sezioni presso istituti penitenziari, non sono a
carattere solo femminile. Ovviamente la scelta di istituire delle
sezioni presso gli istituti maschili dipende dal fatto che il numero
è così di solito contenuto, che solo in alcuni casi in tutto il
territorio nazionale è stata fatta una scelta diversa. Mi viene in
mente Empoli che è un istituto a custodia attenuata che è solo
femminile.
Entra il consigliere GRILLINI.
Questi sono i numeri, il dato rispetto alla differenziazione tra
donne straniere e italiane è leggermente diverso rispetto alla
popolazione maschile, nel senso che c'è una sorta di equilibrio:
metà donne sono italiane metà sono provenienti da altri paesi,
mentre invece per quanto riguarda la detenzione maschile il numero
degli stranieri è in questa regione è molto significativo con punte
fino al 70%. Un altro dato che va rimarcato riguarda la casa
circondariale della Dozza in cui esisteva una sezione di alta
sicurezza, di cui circa 10/12 posti ospitavano donne imputate o
condannate per reati associativi o che avevano vicende legate ad
associazioni di stampo camorristico o mafioso. Questa sezione nel
2009 è stata chiusa, fortunatamente perché c'era un problema
igienico-sanitario pesante, oltre al fatto che la sezione di alta
sicurezza comportava un isolamento poco compatibile con la parte
femminile dell'istituto che invece non era soggetto a questo tipo di
restrizioni. Nella regione non abbiamo quindi donne detenute
condannate con caratteristiche di questo tipo, cioè con legami
presunti o accertati con la criminalità organizzata. Inoltre il
reparto chiuso potrebbe essere destinato all'apertura di un asilo
all'interno del carcere. Si tratta di una scelta che dal mio punto
di vista non è per nulla condivisibile, ma su questo si può
ragionare. La popolazione detenuta femminile è caratterizzata da
persone con reati legati allo spaccio, a vicende di prostituzione,
reati contro il patrimonio ed anche vicende molto pesanti come
delitti contro la persona. Non mi riferisco solo al caso noto
stranoto della sig. Franzoni, ma anche ad altre vicende che pongono
poi una serie d'interrogativi sul trattamento di queste donne
autrici di delitti a volte in ambito famigliare, portatrici di un
disagio molto forte che richiede un livello di attenzione
particolare. Ci sono donne con problemi di tossico dipendenza e
donne portatrici di disagio psichico.
Entra il consigliere FAVIA (in sostituzione di Defranceschi).
La sezione femminile si caratterizza in modo diverso da quella
femminile perché le modalità con cui vive il carcere una donna sono
molto diverse da quelle di un uomo. Per la donna è molto più
difficile affrontare la reclusione ed è più frequente l'aspetto
depressivo, soprattutto laddove ci sono figli rimasti fuori. In
questo caso è molto difficile anche per gli uomini ma di solito i
padri hanno figure femminili, madri, mogli o compagne che si
occupano dei figli. Nella maggior parte dei casi invece alle madri
in carcere corrisponde fuori una situazione di abbandono ed è
frequente che questo si concretizzi in perdita della potestà
genitoriale e quindi si aprano dei procedimenti di affido, di
distacco e di adozione. C'è poi una percentuale costante di donne
che trasportano droga dal Sudamerica, le cosiddette ovulatrici e
quasi sempre si tratta di donne con molti figli che non avevano
altra soluzione che tentare questa strada. Per le donne c'è anche
maggiore difficoltà a interagire con le istituzioni, ma credo che al
tempo stesso, a parte persone con particolari problematiche
psico-patologiche, per le donne detenute la possibilità di pensare a
forme di custodia attenuata sarebbe un ragionamento importante da
fare. Ci sono anche delle piccole sezioni con 10-20 donne dove
ritengo l'esperimento andrebbe fatto - la possibilità di considerare
un'ipotesi di detenzione più aperta come peraltro viene indicato
dalle ultime circolari del Dipartimento dell'amministrazione
penitenziale - perché di solito le donne detenute non danno
problematiche di ordine pubblico o di sicurezza o di cattivo
comportamento all'interno del carcere che invece riguarda gli
uomini. E' vero altresì che le donne, almeno questo è un dato
positivo, non subiscono il problema del sovraffollamento. Rispetto a
circuiti di media sicurezza con possibilità di aprire per più ore le
celle anche durante il giorno, certamente credo che per la
detenzione femminile andrebbe sperimentato e in alcune carceri
questo ragionamento già viene fatto. Sulla presenza di bambini in
carcere, fortunatamente questa regione non conosce presenze
significative, nel senso che spesso, per lunghi periodi non ci sono
bambini in carcere. In tutta Italia ce ne sono circa 60 e di recente
è stata emanata una legge che prevede l'istituzione di case
famiglia, luoghi di accoglienza per madri con bambini. La soglia
della possibile permanenza di bambini all'interno del carcere è
stata portata da 3 a 6 anni, nell'idea che per un bambino
l'importante è stare vicino alla propria madre e non perderla, ma
nello stesso tempo vivere in un ambiente adeguato. In questo senso
si è prevista l'istituzione di queste case famiglia che in qualche
modo ricalcano l'esperienza milanese dell'ICAM che ha dato ottimi
risultati. Questa legge però, già in vigore dal 2011, da una parte
innalza l'età dei bambini ma dall'altra rinvia al 2014 la
costruzione di queste case per cui si sono create, non in
Emilia-Romagna, ma in altre parti d'Italia, situazioni con bambini
oltre i tre anni in carcere. Ci sono pone inoltre il problema, data
la diminuzione delle risorse, con quali soldi saranno costruite
queste case di accoglienza, pur previste dall'ultima normativa. La
legge 40 del 2001 ha previsto ulteriormente, alcune forme di
detenzione domiciliare, anche per donne che hanno commesso gravi
reati per poter stare vicino ai propri figli fuori dal carcere.
Anche in questo caso il tema è costruire delle strutture di
accoglienza adatte. In Emilia-Romagna abbiamo due esperienze: una di
Calamosco, nella struttura messa a disposizione da Don Nicolini che
accoglie donne, anche con bambini e poi la Papa Giovanni XXIII che
ha dato da tempo questa disponibilità. Questo non ha risolto del
tutto il problema perché al di là del fatto che la legge prevede la
costruzione di strutture adeguate, abbiamo un problema: ci sono
bambini che accompagnano madri Rom e in questi casi, nella fase di
custodia cautelare, è nella discrezione del giudice negare, pur in
presenza di figli minori di tre anni, gli arresti domiciliari in
caso di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, il che accade
quasi sempre. Un altro dato di criticità è il fatto che le donne
hanno più difficoltà sia nell'ambito di corsi di formazione sia per
quanto riguarda la scuola. È stata fatta due giorni fa un'audizione
nella competente commissione del Comune di Bologna dove l'insegnante
del Keynes, che è l'istituto superiore che fa i corsi all'interno
della Dozza, lamentava il fatto che per le donne non ci sono corsi
d'istruzione superiore. A Bologna c'è il nucleo più importante di
detenzione femminile: sono circa a 60. Le insegnanti sono
disponibili a fare volontariato per accompagnare come privatiste, ma
ci sono una serie di difficoltà. Difficoltà sul versante scuola ci
sono in tutte le sezioni femminili della regione, giustificato dallo
scarso numero di detenute, per cui per l'ufficio scolastico
regionale l'invio di insegnanti in queste realtà è troppo oneroso
rispetto al numero delle persone che frequenterebbero i corsi, anche
in ragione del fatto che una classe che si forma in carcere non è
una classe che resta identica dal primo giorno all'ultimo. Anche per
la formazione per attività lavorative, ci sono delle difficoltà, ma
il tema dello studio resta quello più problematico. Ho fatto un
comunicato stampa sul rilancio della sartoria aperta all'interno del
carcere della Dozza dove lavorano quattro donne e sta facendo
un'attività egregia e andrebbe aiutata e la richiesta fatta al
Comune è quella di aprire un piccolo punto vendita. Anche il
problema della salute e del corpo assume connotati particolari.
All'interno del carcere ci sono donne sieropositive e
tossicodipendenti. Si stanno incrementando le attività di
prevenzione e d'indirizzo formativo rispetto alle possibilità di
cura del proprio corpo. Queste attività sono organizzate dalla
sanità carceraria e vengono fatti degli appositi incontri di
medicina preventiva. Per concludere c'è anche il tema degli incontri
delle mamme detenute con i bambini che sono fuori. Ci sono dei
progetti in regione per cercare di costruire luoghi idonei. Il
carcere della Dozza aveva fatto una convenzione con Telefono Azzurro
per poter curare i bambini all'interno del carcere ma questa
convenzione si è interrotta. Non affronto il tema del carcere
minorile perché non ci sono donne all'istituto penale minorile. Era
stata costruita un'ala del carcere per dedicarla a donne detenute
minorenni, ma poi c'è stato un ripensamento ed è stata una delle
vicende anomale di tutta la ristrutturazione del Pratello. Può
esserci qualche passaggio al centro di prima accoglienza nel caso di
arresti di donne minorenni, ma poi vengono collocare altrove. Le
donne minorenni detenute in tutta Italia sono molto poche, circa una
cinquantina di casi. Credo che sia doveroso fare un accenno anche al
passaggio delle donne al centro d'identificazione o di espulsione.
Mentre il CIE di Modena conosce poco frequente, nel corso del 2011
sono passate 4 donne poi mandate in altri centri, il CIE di Bologna
si caratterizza per una presenza importante di donne. Il CIE di
Bologna ha 95 posti disponibili: 50 per gli uomini e 45 per le
donne. A differenza di quello che avviene per gli uomini, è
difficile trovare al CIE donne che provengono dal carcere. Si tratta
per la maggior parte di donne che non hanno commesso reati ma sono
irregolari sul territorio. La maggior parte proviene dal mondo della
prostituzione ma la peculiarità è che molte sono vittime di tratta o
sono persone offese in procedimenti penali che le riguardano per
essere vittime della prostituzione. Si viene quindi a creare questa
commistione che è assolutamente inaccettabile: a volte è successo
che al CIE ci fossero donne con a pochi metri i loro sfruttatori. Al
CIE possono usufruire dell'ausilio di un'associazione che è SOS
donna che valuta la possibilità di intraprendere percorsi al senso
dell'art. 18 della legge dell'immigrazione, cioè quella che
riconosce a chi ha fatto denuncia, la possibilità di un permesso che
consente di rimanere sul territorio. SOS donna è in contatto con
Casa delle Donne. Altro tema importante è quello relativo alla
presenza: al 10 luglio 2012 al CIE di Bologna sono state trattenute
127 donne solo 4 provenienti dal carcere; 38 hanno chiesto la
protezione internazionale (per aver subito violenze famigliari e
sociali molto forti); 45 hanno avuto il permesso di soggiorno, cioè
sono persone regolari che hanno perduto il permesso di soggiorno.
Può capitare perché si perde il lavoro e la Bossi-Fini prevede che
dopo sei mesi si perde anche il permesso di soggiorno. È una
situazione molto grave perché vengono immediatamente espulse e
rimandate in paesi dove non hanno più niente. Ci sono anche casi di
donne nate in Italia ma che non sono cittadine: abbiamo avuto il
caso di una giovanissima che era stata nel carcere minorile; poi
aveva fatto un corso di reintegrazione, ma nonostante per i minori
sia previsto un permesso di soggiorno, i servizi sociali avevano
avuto dei problemi e la sua domanda era rimasta chiusa in un
cassetto e la ragazza si è trovata al CIE. Adesso la situazione si è
risolta, ma stava per tornare in Bosnia dove non erano nati neanche
i suoi genitori. Ci sono poi una serie di badanti che hanno sempre
lavorato in Italia irregolarmente e che hanno costruito, sebbene ai
margini, un loro percorso senza commettere reati e si trovano a
un'età non più giovanissima a dover tornare nel loro paese. Ogni
storia è una storia enorme e pesante. Vi segnalo come presenze
significative anche 10 cinesi e 41 nigeriane. La presenza cinese nei
CIE è recente, sono soprattutto giovanissime. Ovviamente qua sono
arrivare per essere sfruttate da un punto di vista lavorativo, ma
c'è anche un altro problema. L'identificazione viene fatta
interpellando il consolato cinese, ma di solito questo purtroppo o
non risponde o risponde no, non sappiamo chi sia questa persona e
quindi poiché nel CIE la permanenza è consentita fino a 18 mesi,
trascorso questo termine esce ma non è nessuno e, fermata, torna di
nuovo al CIE perché nessuno la identificherà mai. È un problema
serio perché il numero di queste persone è in aumento. Vi citavo
questo caso perché la Cina non se le riprende queste persone; è
difficile e quindi queste, ne ha tanti, non li vuole, per varie
ragioni. E questo significa che ci sono alcune persone - i numeri
anche qua non sono stratosferici-, però quando si fa un ragionamento
sui Centri d'identificazione ed espulsione dobbiamo anche ragionare
su questo perché una metà delle persone che entrano vengono espulse,
ma ce n'è una metà che per varie ragioni l'espulsione non riesce e
quindi vi volevo segnalare anche questo tema delle donne che sono
prive della possibilità di essere identificate. Questo succede poi
anche agli uomini, però ecco vi segnalo questa presenza di donne
cinesi perché sono donne; in particolare queste lavoranti in nero
che a un certo punto vengono trovate e vengono portate lì. Questo
era un po' il quadro che mi sento di rappresentarvi.
Presidente MORI - Ringraziamo per questa prima relazione a cui farei
seguire se i colleghi sono d'accordo qualche riflessione o qualche
approfondimento, visto che gli spunti sono stati diversi e quindi
direi molto utili. C'è qualcuno che vuole intervenire?
Consigliere GRILLINI - Intanto per un'osservazione che sarà banale e
che forse si evince già dai dati che sono stati dati e cioè che
generalmente negli istituti di detenzione le donne rappresentano una
percentuale molto minore dei maschi. Non so qual è la proporzione, 4
o 5%. Allora, quando noi discutiamo di differenze di genere
bisognerebbe che discutessimo di questa questione che a me pare la
questione nodale: perché il 95% dei detenuti sono uomini? Perché il
5% solo - e metto solo tra virgolette - sono donne? La mia opinione
è che esista una propensione all'aggressività - e quindi anche a
delinquere, ad avere comportamenti illegali, illeciti, a commettere
reati - molto maggiore nella popolazione maschile che non in quella
femminile. Questo ovviamente è un discorso che ci porterebbe
lontano, soprattutto ci porterebbe a quello che è il luogo centrale
dell'educazione, della trasmissione del ruolo , che è l'educazione
nella prima infanzia tanto in famiglia quanto nella scuola. Sapete
che ormai la moderna psicologia ha superato la concezione gentiliana
- Gentile era il ministro fascista della cultura e dell'istruzione,
persona peraltro molto colta - che diceva che il cervello di un
bambino, visto che qui si parla anche di bambini nelle carceri, è
una specie di pongo da modellare: si è scoperto che non è così;
soprattutto si è scoperto che l'età centrale per l'acquisizione del
carattere va dagli zero ai 6 - 8 anni, a 8 anni i giochi sono fatti.
A 8 anni il carattere che uno si ritrova se lo ritroverà per tutta
la vita. Non a caso i miei colleghi psicologi buona parte del loro
lavoro terapeutico è rivolto a scavare nella vita su ciò che è
successo dagli zero agli 8 anni. In quel periodo si trasmette il
ruolo. La preoccupazione ossessiva che noi sentiamo ogni giorno -
adesso c'è un dibattito che ovviamente non c'entra nulla con la
discussione che stiamo facendo: ci vuole il padre e la madre , una
famiglia è composta da un maschio e da una femmina , senza il padre
e la madre non si trasmette l'identità - in realtà la preoccupazione
è la mancanza di trasmissione del ruolo; vale a dire del ruolo
aggressivo nel bambino-maschio e del ruolo passivo, rassegnato nella
donna. Detto questo è probabile che esistano anche delle
caratteristiche innate, genetiche, che sono tipiche della differenza
o della diversità, come direbbe se non sbaglio la collega Donini,
che è intervenuta all'ultima riunione. Sta di fatto che
probabilmente ci sono anche delle caratteristiche altre, ascritte,
sulla prevalenza dell'atteggiamento violento dei maschi sulle donne.
Tutto questo per dire che anche i bambini che sono in carcere sono
un problema assai rilevante perché se nella fase cruciale di
formazione del carattere e dell'identità quello che conosce un
minore è il carcere, ci possiamo immaginare nella vita futura questa
poveretta o questo poveretto che tipo d'identità che tipo di
carattere che tipo di psicologia e quindi di salute mentale possa
realizzare avendo un'infanzia carcerata. E quindi la presenza di una
legge che prevede strutture alternative è sacrosanta, poi ovviamente
i momenti di crisi economica, la mancanza di risorse - io ogni tanto
visito gli istituti di detenzione e si vede che siamo di fronte,
tutti quanti li visitiamo visto che abbiamo come funzione
istituzionale anche questa possibilità che a volte secondo me è
anche un dovere - vediamo bene cosa significa la cronica mancanza di
risorse. Cronica mancanza di risorse significa cronica difficoltà ad
attuare quello che dovrebbe essere il compito fondamentale di un
istituto di detenzione, cioè il recupero e la rieducazione del
detenuto alla società civile, mentre sappiamo - ce lo siamo detti
tante volte - che invece in mancanza di tutto ciò gli istituti di
detenzione diventano una scuola di crimine non una scuola di
recupero e di rieducazione. E quindi quella di fornire a queste
bambine e a questi bambini delle strutture alternative a me pare
decisivo, perché il rischio è che lì ci sia un'educazione al crimine
fin dalla più tenera età; dopo poi è molto difficile da recuperare
al crimine, all'idea di detenzione, all'idea di reato, all'idea che
è normale che succeda quella cosa lì e non quello che sta
all'esterno degli istituti di detenzione. Quindi l'impegno a trovare
delle forme alternative per queste detenute e i loro figli a me pare
assolutamente decisivo.
Consigliera DONINI - Avvocato Bruno grazie. Apprezzo molto oggi,
così come è stata durante i lavori della IV e della VI commissione
sulla relazione annuale, l'ottica con la quale lei osserva il
fenomeno e ce lo riporta perché è stimolante. Due domande, sto
proprio sul tema specifico tralasciando considerazioni che condivido
- quelle che ha fatto il collega Grillini che sono considerazioni di
carattere generale e sociologiche antropologiche culturali sulle
quali è chiaro che dovremmo stimolare una ricerca e una riflessione
e anche i conseguenti rimedi. Sul tema specifico: lei ha i dati per
esempio relativamente all'incidenza del fenomeno dei suicidi nella
popolazione femminile come percentuale? E' evidente che il rischio
di patologia psichiatrica per le donne ristrette è, e ce l'ha
spiegato, più probabile e più presente; e per esempio: da qualche
tempo funziona a Piacenza questo centro di osservazione psichiatrica
che sta iniziando a funzionare, non so se abbiamo i dati dei
passaggi per evitare, chiaramente è nato il centro di osservazione
psichiatrica a Piacenza per evitare il cattivo costume dell'invio
per esempio all'OPG di Reggio Emilia di persone che manifestavano
gravi patologie psichiatriche che intervenivano durante il periodo
della detenzione; stiamo monitorandolo per capire se effettivamente
è stata una scelta che aiuta quella complessa serie di progetti che
attorno all'OPG, per il superamento degli OPG stiamo cercando di
attivare, questa è appunto una domanda; se questo tipo di
problematiche sanitarie legate all'incidenza delle malattie
psichiatriche se produce o le conseguenze per esempio di una
percentuale di suicidi specificatamente in confronto, pur essendo
più basso Il numero della popolazione carceraria femminile rispetto
a quella degli uomini e se c'è se si inizia a registrare per esempio
una presenza all'osservazione di Piacenza, se ci sono già questi
dati perché so che la cosa sta partendo. La seconda specifica,
perché lei l'ha accennato nella sua relazione, ma mi interesserebbe
su questo avere una riflessione, riguarda la Dozza e riguarda questo
progetto di convertire la vecchia sezione femminile chiusa qualche
anno fa' in asilo nido o in struttura. A parte che son d'accordo, so
che lei nel passaggio ha detto una battuta che io assolutamente
condivido e quello è un progetto da respingere perché allude a
un'idea che è sbagliata. I lavori che si fanno, la legge successiva
del 2011 dice altro; dice che bisogna creare delle condizioni perché
i bambini vivano la maggior possibile delle normalità. Per quel che
riguarda i servizi educativi si dovrebbe spingere a utilizzare
quelli esterni al carcere, non crearli. Ma questo progetto di cui si
parla da anni e di cui l'amministrazione della Dozza rilancia o
racconta a che cosa è collegato? All'idea di ricostituire in seno
alla Dozza una sezione specifica di carcere minorile? Cioè si fa un
nido perché si pensa di accogliere madri dentro al carcere, quindi
proprio in contrasto con le indicazioni della recente normativa a
giustificare per esempio la presenza di un servizio di quel genere.
Se può aiutarci a connotarla un po' meglio quest'idea e nella testa
di chi l'ha pensata che tipo di valenza di fatto ha? Perché io credo
che sia palese una contraddizione tra quel progetto che
probabilmente sarà abbandonato, presumo anche alla luce della
recente normativa che individua altre soluzioni: le case famiglia,
le case di accoglienza esterne. Però vorrei capire, siamo abituati a
volte al permanere delle contraddizioni e a trovare contestualmente
l'una e l'altra cosa in piedi. Grazie.
Consigliere CASADEI - Innanzi tutto un ringraziamento per la
dettagliata descrizione e analisi dei problemi, che mi sembra sia
frutto di un lavoro molto accurato e di cui c'era un grande bisogno
anche per noi per avere dettagliatamente il quadro di un problema
che molto spesso è ai margini dell'attenzione. Io volevo soffermarmi
su due questioni particolari che mi preoccupano molto, anche perché
sono emerse molto bene dall'analisi, cioè il fatto che tutti quegli
strumenti o quelle buone pratiche che consentono di pensare oltre la
detenzione, quindi al periodo che in qualche modo succederà a quello
della detenzione rischiano di infrangersi rispetto a delle
difficoltà di natura economica: sto pensando alla buonissima pratica
della sartoria della Dozza e al tema dell'istruzione come strumento
fondamentale di rieducazione in qualche modo e di recupero dei
detenuti. Ecco, io penso che su questo anche come commissione
potremmo cercare di svolgere un ruolo perché se proprio quelle
esperienze che consentono di riconsegnare alla speranza persone che
hanno commesso reati sono in crisi non resta che una desolante
registrazione di quello che è il duro dato della pena commessa. E su
questo volevo segnalare due ipotesi di lavoro: la prima per quanto
riguarda i corsi d'istruzione mi chiedo se non si possa pensare a un
raccordo con il nostro sistema regionale di formazione e istruzione
professionale, che consente una maggiore flessibilità e anche
percorsi personalizzati che potrebbero in qualche modo connettersi
anche alla specificità delle persone che si ritrovano con dei
percorsi naturalmente frammentari e legati alla specificità del
periodo trascorso in carcere. E quindi su questo io chiederei un
approfondimento se è possibile sia all'avvocatessa Bruno sia alla
commissione, cioè per capire se è possibile pensare a dei percorsi
personalizzati attraverso le nuove opportunità che consente il
nostro nuovo sistema d'istruzione e formazione professionale, che è
frutto peraltro di una legge recente che va nella direzione proprio
della flessibilità e della personalizzazione dei percorsi. Questo
per i ragazzi e le ragazze che si ritrovano in una condizione extra
carcere, ma forse potremmo vedere se c'è la possibilità di un
incrocio. Per quello che riguarda la sartoria penso che
simbolicamente sarebbe molto importante forse una nostra visita come
commissione, anche per segnalare l'importanza appunto di quello che
veniva descritto come un luogo dove appunto ci sono competenze
acquisite e c'è un lavoro che richiama quello di una piccola impresa
al femminile, che se capisco bene produce prodotti di una certa
qualità, e credo che anche simbolicamente sarebbe importante
segnalare quanto questi percorsi siano elemento fondamentale di una
società che pensa al recupero, e anche qui magari interrogarci su
quali possano essere degli strumenti di supporto di un'esperienza
che a mio avviso dovrebbe essere in difficoltà, ma dovrebbe essere
incentivata e supportata e diventare in qualche modo non l'eccezione
ma la regola per chi si ritrova nel contesto carcerario. Su questo
magari sarebbe interessante anche capire -chiedo anche ovviamente
alla garante- se ha alcune idee su come concretamente si può
supportare questo tipo di esperienza per non dover constatare tra
qualche tempo che ciò che è sicuramente una buona pratica per
ragioni economiche cessa in qualche modo perché cessa anche una
speranza di recupero e di riappropriazione della cittadinanza per
chi si ritrova per un periodo della propria vita nel contesto
dell'istituzione totale.
Consigliera COSTI - Anch'io ringrazio la dottoressa Bruno, la
ringrazio anche perché è stata chiarissima nell'esposizione e devo
dire che mentre parlava mi faceva un po' rivivere quello che vedo
quando frequento - adesso io frequento soprattutto la parte modenese
e quindi sia il carcere di Modena e anche il CIE di Modena anche se
il CIE di Modena obiettivamente, anche l'ultima visita, non ha delle
donne. Credo anche che la riflessione che faceva Franco su questo
interrogarsi del come mai sia una riflessione molto seria e molto
attenta, ma io oggi mi volevo concentrare su una riflessione che
segue un po' quello che diceva adesso Casadei: noi pensiamo a queste
persone, noi ne parliamo sempre in termini generali, sono detenute,
ristrette, eccetera. Poi quando vai là e uno parla scopri che sono
delle donne con dei vissuti molto particolari molto difficili, anche
molto dolorosi, quindi sia che siano in carcere con dei bambini sia
che siano in carcere senza i bambini perché poi i bambini li hanno a
casa, che effettivamente anche visivamente danno un'impressione
completamente diversa: Modena se uno frequenta i bracci maschili
sono una cosa indecente, se uno frequenta quello femminile è tutto
pulito è lindo, ci sono le copertine colorate; sono due mondi
completamente diversi che sono giustamente l'espressione di persone
completamente diverse. Io credo che il compito nostro, ed è per
quello che io seguo il ragionamento che faceva prima il collega
Casadei, sia quello come commissione di capire un attimo come noi
concretamente riusciamo a fare un passo in avanti rispetto a quel
livello di civiltà che noi tutti auspichiamo perché noi qui stiamo
parlando di civiltà e soprattutto di diritti delle persone. Perché
io a volte ho l'impressione che dietro a questo tema della mancanza
dei soldi, che certamente è vero e stiamo vivendo uno dei momenti
più difficili più complicati e tutto quello che vogliamo, però a
volte forse avremmo bisogno anche di utilizzare un pochino di più
anche l'inventiva, voglio dire l'inventiva. Noi abbiamo costruito in
questi anni grazie al lavoro poi fatto da chi mi ha preceduto perché
questa regione credo che sul tema dei carceri ha fatto di tutto e di
più, se ne sta occupando, mi fa piacere che anch'io ho visto questa
differenza da quando il Servizio sanitario regionale si occupa dei
detenuti e delle detenute, la differenza che c'è proprio in termini
di servizio. Ecco, io credo che alcune riflessioni per capire come
possiamo contribuire al miglioramento dei diritti di queste persone
io credo che noi dobbiamo tentare di farlo. Uno certamente è il tema
dell'istruzione perché anche a me quando io sono andata in carcere
il tema dell'istruzione, del poter utilizzare questo pezzo di vita
-l'altra cosa che mi ha colpito è che mentre spesso gli uomini mi
dicevano: io sono dentro e non ho fatto niente , le donne mi
dicevano: io so benissimo che ho sbagliato, io lo so che ho un
qualcosa da pagare rispetto alla società, ma il pagarlo non vuol
dire che io non possa aspirare a una vita normale, che io non possa
trovare anche in questo momento un elemento che mi arricchisce che
quando esco sono molto migliore anche di prima di commettere il
reato . L'istruzione è un tema fondamentale, cioè quindi credo che
su quest'istruzione - io sono d'accordo con Thomas - un qualche
approfondimento. Io non dico che noi risolveremo tutto il mondo,
anche perché il sistema carcerario non dipende da noi, dipende a
livello nazionale, credo che questo è un tema che noi dobbiamo
continuare a porre; dobbiamo pressare a livello nazionale il governo
su questo tema e anche il parlamento e anche i diversi sistemi
dirigenziali che poi sovrintendono le carceri. L'altro tema credo
che sia quello del lavoro. Questo è l'altro grande tema che vale
certamente per gli uomini, adesso io mi soffermo sul tema femminile
perché credo che effettivamente qui c'è un pezzo di, sono persone
che possono effettivamente essere recuperate completamente e anche
in tempi non lunghissimi se gli si danno delle opportunità, e
possono anche costituire delle buone pratiche anche di auto
sostentamento o quant'altro: questa della sartoria credo che sia
particolarmente importante. Se penso ad altre esperienze che si
erano tentate di fare a Modena sul versante maschile, ma che poi
vengono abbandonate, non si capisce perché, io credo più per
burocrazia che per impossibilità vera e reale. Ecco, io credo che su
questo tema del lavoro, della sartoria ma anche di altri eventuali
progetti che possono essere messi in piedi, io credo che noi
dovremmo provare a capire sia all'interno delle istituzioni, ma
anche mobilitando le reti esterne; quindi io sto pensando a reti
esterne che non sono semplicemente di volontariato ma anche soggetti
che hanno comunque dei ruoli imprenditoriali, credo che questi siano
temi che dobbiamo tentare perché credo, ripeto: sono persone e
comunque vivono questo pezzo, non è che gli si dia un'altra
opportunità. Insomma io continuo - quando mi parlava prima la
dottoressa delle cinesi - io continuo a ringraziare visto l'anno in
cui sono nata di essere nata qui, ma questo è casuale, che se ero in
Cina forse ero uno di quei pezzi di donne che oggi mancano nelle
anagrafi cinesi, perché comunque la selezione c'è stata. Io non
posso pensare che altre donne come me, che vivono il problema della
maternità, il problema dei figli, il problema degli affetti e anche
altri temi oggi non possano avere un po' di speranza in più rispetto
a quella che hanno oggi. Questo vale anche chiaramente per
l'applicazione delle leggi. Allora, io credo che sia fondamentale -
è vero, non possiamo far stare dei bambini all'interno di un
carcere, ma per i bambini oltre che per le madri - noi rispetto a
questo tema che è una battaglia di civiltà della case famiglia o
comunque di modalità alternative perché adesso chiamiamole case
famiglia, ma di modalità alternative; oltretutto io non sono neanche
convinta che costino di più perché non è vero e anche su questo
forse chiedere che il ministero faccia delle analisi comparate dei
costi: di che cosa costa un carcere e di che cosa costa un sistema
alternativo, io credo che sia uno degli altri elementi importanti su
cui noi dobbiamo spingere. Termino solo con due cose. Il primo: è
chiaro che tra gli sfortunati e le sfortunate continuo a vedere che
ci sono sempre dei soggetti che sono più deboli di altri; allora
anche questo tema qui delle madri rom e dei bambini credo che sia
uno di quegli altri temi - che lo so benissimo che è scomodo perché
in questo paese tutto ciò che è scomodo è bene che noi lo
cancelliamo e non lo diciamo - però visto che tutte le esperienze
che son state fatte all'interno dei comuni dove l'integrazione vera
è stata fatta. Come si dice: noi abbiamo seconde e terze generazioni
che comunque rappresentano dei cittadini perfettamente integrati, io
credo che anche qui noi un'attenzione la dobbiamo assolutamente
porre e anche cercare di capire rispetto a competenze che non sono
nostre, perché non siamo noi che approviamo o neghiamo il
domiciliare a queste persone, ma quale tipo di pressione anche
istituzionale o politico noi possiamo fare perché questo
effettivamente avvenga il meno possibile; perché io continuo a dire:
non c'è solo la madre in questo caso, ci sono anche i bambini e i
bambini credo che non abbiano nessuna colpa, anche lì hanno avuto la
fortuna o la sfortuna di nascere lì o da un'altra parte. L'ultimo
tema è quello del CIE. Ecco, anche questo credo sia uno di quegli
elementi che ci dovrebbe far riflettere tantissimo. Su questo ognuno
di noi ha le posizioni rispetto alla Bossi-Fini e quant'altro, credo
però che rispetto alle donne effettivamente si stiano esercitando
delle ingiustizie molto più pesanti e molto più gravi rispetto al
tema degli uomini. Perché è vero, io ho conosciuto badanti che hanno
perso il lavoro, che hanno i figli in Italia, quindi erano
perfettamente identificate erano perfettamente integrate; vorrei
anche dire: sono persone che han tenuto dietro i nostri vecchi a cui
noi non ci teniamo più dietro, quindi bisogna anche che ce lo
diciamo - e che dopo un tot hanno subito un trattamento che credo
non sia neanche un trattamento civile. Allora credo che anche sul
CIE sarebbe giusto che noi come commissione facessimo un
approfondimento rispetto ad alcuni temi, riuscissimo anche qui a
mettere in atto delle azioni o anche degli atti che ci possano
aiutare a superare un problema che, ripeto, lo vedo molto più
ingiusto. Perché anche questo delle prostitute, che sono vittime tre
volte, perché sono vittime perché sono state portate con la tratta
in Italia, sono state vendute, sono state prese, sono state messe
nel CIE, vengono rimandate là, semmai vengono rimesse in mano agli
stessi sfruttatori di prima perché anche questo c'è; ecco, io credo
che anche questo tema debba avere un trattamento completamente
diverso. Qui oltretutto ci sono anche dei meccanismi di legge,
bisogna che noi riusciamo a far mettere in campo tutta una serie
d'iniziative di consapevolezze che permettano effettivamente a
queste donne di non essere vittime tre volte. Oltre al problema di
quelli che là rischiano anche la pena, anche la vita perché ci sono
donne che sono anche fuoriuscite per motivi un po' più gravi
rispetto alla semplice, dico semplice anche se credo che sia invece
un dramma, alla semplice prostituzione. Quindi su questi temi credo
che noi come commissione dobbiamo non solo tenere alta la vigilanza
e analizzare che è fondamentale, ma anche capire quali strumenti
possiamo poi mettere in atto per cercare di contribuire adesso qui e
ora.
Consigliere FAVIA - Molto sinteticamente per il verbale per
sottolineare che ho provato imbarazzo nel sentire alcune
dichiarazioni della consigliera Costi che dipingono in maniera
altamente superficiale ai limiti dello stereotipo le distinzioni tra
uomini e donne. Io ho visitato sia i reparti femminili che maschili:
ci son dei problemi strutturali e ho provato imbarazzo nel sentir
dire che le donne son le donne e gli uomini sono uomini e di
collegare a quello la differenza, la mancanza di gravi criticità che
ci sono nel reparto maschile rispetto a quello femminile. Stessa
cosa per il modo in queste persone, perché per me son persone,
vivono la detenzione; non c'è una maniera apriori costruttiva delle
donne di viverla riconoscendo gli errori e apriori una maniera
negativa degli uomini che dicono non abbiam fatto niente ; ho
provato veramente imbarazzo per queste frasi; ha ascoltato le mie
parole consigliera Donini? Semplicemente per il verbale mi dissocio
poi ognuno avrà le sue opinioni, per me esistono le persone e tali
sono, aldilà degli stereotipi e delle diversità che comunque ci
sono, ma ricollegare quello alle situazioni dei reparti mi sembra
veramente superficiale. Detto questo ho idea di dove vada a parare
questa discussione dove più o meno tutti sostengono le stesse cose,
ma secondo me non porta da nessuna parte: le regioni possono
finanziare degli interventi, io ho cercato un po' di controllare e
di fare un po' di comparazione tra quello che fanno altre regioni e
la nostra. Piuttosto che far discorsi per lavarci la coscienza forse
è meglio che cerchiamo di fare un'azione politica sulla Giunta per
far sì che investano, se ci teniamo a migliorare le condizioni di
vita di queste persone che han dei problemi concreti, assolutamente
concreti; molte volte piccoli problemi quotidiani che potrebbero
essere superati con poco, ma che nell'indifferenza più totale aldilà
dei bei discorsi continuano ad avere.
Consigliere CASADEI - Molto schematicamente solo per dire al collega
Favia che mi pare che qui nessuno abbia fatto discorsi per lavarsi
la coscienza, son state fatte alcune proposte concrete, è stato
richiesto di esaminare alcuni percorsi, non ho sentito nessuna
proposta dal collega Favia e se vogliamo dedicare un'altra seduta
della commissione per approfondire progetti concreti, anche quelli
di altre regioni penso che ci sia la massima disponibilità da parte
di tutti e in questa regione mi pare anche che con l'istituzione
della garante e col lavoro che viene svolto si stia affrontando in
maniera molto seria questioni che riguardano appunto le persone in
carne ed ossa e nessuno tra i colleghi, maggioranza e opposizione,
fa discorsi per lavarsi la coscienza; mi sembra questo uno
stereotipo che il collega Favia quando vuole sminuire il lavoro dei
colleghi utilizza in commissione, mi dissocio da questo, ribadisco,
anche appunto per il verbale, che qui siamo tutti per lavorare in
maniera costruttiva e anche per dare risposte concrete ai problemi
che esaminiamo.
Consigliera COSTI - Solo per ribadire alcune cose. Dunque, mi
dispiace consigliere Favia, ma su questa posizione, sempre per il
verbale, sul tema delle donne e della differenza ci sono delle
valutazioni molto diverse tra me e lei; queste valutazioni
continuano a emergere su tutti gli oggetti, compreso in questa
commissione. Io capisco anche che il mio intervento le è stato molto
utile per poter dire qualche cosa visto che lei non ha ascoltato la
relazione della garante presente perché è arrivato esattamente alle
11 meno 5 minuti, alle 11,03 è nuovamente uscito, è rientrato alle
11,12, rientrato alle 11,40, quindi io capisco che il mio intervento
le serve molto. Oltretutto io ho fatto delle proposte concrete,
concrete e oggettive e continuo a rimanere convinta che volenti o
nolenti le donne e gli uomini sono diversi, non ho detto migliori,
ho detto semplicemente che siamo diversi.
Consigliere FAVIA - Premetto, consigliera Costi, che io non sono
commissario di questa commissione, quindi sto già facendo molto di
più di quello che fanno i suoi colleghi che oggi non son presenti,
ma son stato chiamato all'ultimo momento perché il mio collega ha
avuto un problema. Ma ho anche frequentato questa commissione per
impegno personale, per interesse al tema pur non essendo
commissario. Questo proprio per precisare a rigore di verbale; poi
se vogliamo vedere il tempo che noi singoli consiglieri passiamo in
commissione, le presenze, i dati son pubblici, non facciamo la gara,
ma mi impegno molto di più di quello che si può impegnare lei a
livello di presenza in commissione. Chiuso il tema della presenza in
commissione. Purtroppo lei non ha detto che gli uomini e le donne
son diversi, cosa che condivido; ha detto una cosa ben precisa che
io le ho ripetuto, che lei mi dispiace non ha smentito, mi dispiace
ne aveva l'occasione per precisare il suo pensiero. Quello che ha
detto è a verbale e mi farò consegnare la trascrizione esatta, così
vedremo cosa ne pensano le persone di queste sue frasi, che io,
ripeto, ritengo imbarazzanti. Si, le proposte a parole si fanno, non
ho detto questo, ho detto che poi manca la concretezza, manca la
concretezza da una giunta che voi e non io, che voi rappresentate a
livello politico, si vede nel bilancio perché il resto son
chiacchiere: le tue priorità si capiscono dai soldi che metti nei
vari capitoli di spesa a bilancio. Se per voi è più importante
investire sulla Consulta degli emiliano-romagnoli che magari mettere
quel milione di euro da altre parti è una scelta politica - dico
quella perché è famosa, ma io ne potrei citare tante altre, dai
costi della politica ad altre tematiche. Quindi io ho guardato i
progetti concreti, non è, questa è la Commissione Pari Opportunità,
ci son delle commissioni competenti in cui possiamo parlare, ma sa:
quando si fanno proposte poi per motivi sempre della famosa bandiera
ci si vede bocciate la maggior parte delle stesse, uno evita, uno
cerca di fare delle denunce sperando che qualcosa attecchisca.
Comunque, ripeto, se vogliamo andare nella commissione competente io
per i colloqui che ho avuto coi detenuti qualche tema qualche
difficoltà che andrebbe superata investendo soldi regionali come
altre regioni han fatto volentieri.
Consigliera DONINI - Questa commissione, che si è assunta il compito
perché la legge istitutiva che abbiamo votato in aula gli dà questo
mandato di svolgere un ruolo d'inchiesta sui vari aspetti della
condizione femminile, ha il merito di insegnarci un metodo di lavoro
che può valer la pena utilizzare anche per le commissioni di
carattere permanente, quelle tradizionali della nostra assemblea,
perché va al concreto. E ascoltando le comunicazioni, ascoltando le
informazioni si predispone il testo di un documento d'indirizzo dove
si mettono in fila le cose concrete che dal nostro punto di vista
nelle varie questioni dobbiamo fare. Io ho apprezzato moltissimo il
lavoro lungo e dettagliato che è stato fatto per esempio sulla
sanità di genere, che ci mostra di essere anche anticipatori a una
riflessione che riguarda molte cose, che in questa commissione è
stata fatta, e il lavoro che si sta facendo proprio di
rendicontazione e di trasformazione di questo lavoro in documenti
d'indirizzo; per cui non mi sento di accettare l'idea che son
chiacchiere. In merito alla discussione della commissione di merito,
Giovanni ti ricordo che noi abbiamo deciso di fare insieme una
congiunta la settimana scorsa proprio sulla relazione dettagliata,
integrata peraltro anche sulla parte specifica in sanità con
documentazioni e valutazioni di dettaglio, il 3 luglio scorso, c'è
stato dibattito, c'è stata l'occasione di chiedere e di verificare
per esempio come la spesa regionale che tipo di risultato può
produrre; è una competenza anche della VI Commissione, non abbiamo
fatto mistero che delle criticità ci sono, abbiamo segnalato la
necessità di investire di più, di investire meglio. È stata una
discussione lunga articolata, che ha toccato molti punti e sono
stati una serie gli interventi dei colleghi commissari e anche lì si
è usciti dagli stereotipi, non c'è stato un atteggiamento indulgente
nei confronti della giunta, ma quello impegnato di chi vuole
monitorare seguire controllare. Per cui su questo tema anche
specifico dove è vero: ci sono altre esperienze nelle altre realtà
regionali, per carità, ma c'è una diversa distribuzione delle realtà
penitenziarie, cioè voglio dire: fai fatica a comparare una regione
e un altra in maniera astratta, se non hai la possibilità di
indagare in maniera dettagliata il fenomeno in questo caso; il
compito della relazione è quello di darci dei dati che ci permettano
di connotare con chiarezza il fenomeno nella nostra regione, ripeto,
questa è una regione che ha una legge regionale, è stata
un'iniziativa assembleare e non della giunta il volere la legge
regionale; è stato allora un lavoro grosso anche di riflessione fra
noi, la legge l'abbiamo cambiata prima di istituire formalmente la
figura dei garanti; quindi c'è stata un'occasione di riflessione,
c'è una tradizione nostra di presenza su queste questioni. Cosi come
sulle vicende dei CIE io ricordo che la legge regionale
sull'integrazione sociale dei migranti, la prima legge regionale che
prevedeva il monitoraggio dei CIE con un protocollo con le
prefetture che mai le prefetture han voluto sottoscrivere; che hanno
creato le condizioni di creare un vero e proprio conflitto
istituzionale di questa regione nei confronti del ministero e degli
apparati dello stato. Tanto è vero che io suggerisco, ed è un tema
politico, se può essere preso in considerazione in un eventuale
documento d'indirizzo della nostra commissione, presidente Mori, e
poi ripeto si apra una discussione appunto fra noi: dato che qui c'è
un tema di rapporti di relazioni politiche difficoltoso, dato che i
CIE sono i luoghi più opachi che esistano in questo paese, un
consigliere regionale non può entrare in un CIE, mentre invece mi
posso presentare - ognuno di noi - in qualunque carcere
dell'Emilia-Romagna e possiamo entrare senza avviso in qualunque
momento, io credo che ci sono le condizioni per proporre l'adesione
formale a una serie d'iniziative di movimenti di reti come fateci
entrare per esempio e attualmente la rete che si è venuta a creare
relativamente al tema dei CIE, alla quale hanno aderito dalla
Federazione nazionale della stampa a moltissime realtà di carattere
istituzionale; cioè di iniziare ad assumere come Assemblea
Legislativa anche degli impegni formali perché i tempi - le
questioni dette non le ripeto - sono tali da vivere perennemente non
a posto con se stessi sapendo che sul nostro territorio ci sono
molti luoghi - due specificatamente se ci riferiamo al CIE - dove si
vive perennemente la sospensione dei diritti umani e dove le persone
vivono in condizioni - aldilà della condivisione o meno della legge
che il CIE ha istituiti - nel mio caso è evidente insomma la
posizione è nota, ma per chiunque sul fronte del rispetto dei
diritti umani la questione interroga le coscienze. Questo penso si
possa condividere con qualche iniziativa forte, io credo che
estendere l'attività del garante anche a quei luoghi lì sia stata
una scelta che abbiamo fatto come Assemblea Legislativa, è una
scelta complicata appunto non facile, ma è una scelta importante che
connota questa regione, diversamente da altre, come una regione
appunto impegnata politicamente ed anche sostanzialmente su alcuni
temi. Liquidarla con un po' di supponenza la riflessione che qui si
fa come chiacchiere inutili, come volontà di mascherare le
inadempienze le omissioni e le carenze, come giudizio generico, come
dire, a me indigna un po' di più perché veramente quasi appunto è
sbagliata veramente sbagliata dell'eventuale considerazione che
ognuno di noi fa; io ho condiviso le cose che ha detto la Palma
Costi, posso anche condividere in parte o non in parte alcune
considerazioni che attengono a una cultura anche personale, a delle
esperienze di carattere personale. Ma io non mi permetto onestamente
di utilizzare dei contenuti liquidatori e anche, ripeto, non
rispettosi del lavoro di tanti in questa regione; ma avete idea di
quanti anni prima che nascessero le nostre formazioni politiche - ci
metto anche la mia- si sbattono all'interno dei carceri -che ha
molti anni peraltro - reti realtà di associazioni di volontariato,
di persone con le quali è facile attivare delle relazioni. Non direi
mai: ho parlato con tre detenuti e so tutto quel che c'è da sapere,
non lo dico mai sebbene abbia come tutti le mie relazioni, perché
ritengo che la riflessione vada fatta sempre mettendosi in
discussione, allargando la riflessione, documentandosi e
approfondendo. Questo vale per qualunque cosa perché altrimenti è
facile la vita, è facilissimo, ci vuole ben poco tempo; basta la
telefonata, uno acquisisce e pensa di sapere tutto quello che c'è da
sapere indipendentemente appunto da una serie di altre necessità
analitiche di contesto che proprio noi perché abbiamo voluto il
garante abbiamo ritenuto di aver bisogno di acquisire giorno per
giorno.
Consigliere MALAGUTI - A parte che io premetto che faccio fatica a
capire tutti i discorsi che sono stati fatti sulla differenza; è
chiaro che l'uomo è più violento della donna, cioè fin dai tempi
delle caverne l'uomo andava a procacciarsi il cibo, c'è una
differenza fisica che ha portato anche delle conseguenze. Quindi poi
per fortuna nel corso della storia la violenza è diminuita, perché
se studiamo la storia vediamo che per fortuna, però l'uomo per
differenza fisica è portato ad altre cose rispetto che la donna. Se
tu studi i tempi dei romani,per esempio, la violenza è diminuita;
diciamo dove c'è stata l'evoluzione della democrazia la violenza è
diminuita. Se noi guardiamo sul nostro territorio andando indietro
nella storia basta studiare la nostra storia per vedere che c'è una
diminuzione della violenza; basta leggere i tempi di Costantino o
prima ancora. Ma aldilà di questo, che sono discorsi; le carceri
sono dei micro macro cosmi molto delicati che vivono su equilibri
particolarmente delicati; andare dentro le carceri non e facile;
bisogna entrare in punta di piedi; ci vanno dentro quelle
associazioni che hanno dei percorsi storici, che hanno l'esperienza
per poter andare dentro e poter capire la mentalità di chi è
sottoposto a custodia. Perche ci sono delle mentalità lì dentro che
per chi è fuori non sono facili da comprendere; ad esempio una
mentalità comune dei detenuti è quella di essere più furbi degli
altri, quindi loro ragionano e spesso il motivo per cui sono lì
dentro è quello perché pensavano di poter prevaricare in base.
Quindi, voglio dire, allora se vogliamo parlare di qualcosa di
concreto dobbiamo finanziare quelle associazioni che hanno
esperienza in merito perché sennò. Non è facile entrare dentro le
carceri, entrare non dico fisicamente con una visita che un
consigliere regionale può fare che quando è uscito lascia il tempo
che trova, ma entrare per costruire qualche cosa dentro è molto
difficile perché ci sono degli equilibri delicatissimi che vanno
rispettati e per fare ciò occorre una esperienza che deve essere
maturata nel corso degli anni. Allora in questo forse -riprendo
quello che diceva il consigliere Favia- se noi non investiamo anche
economicamente su quelle associazioni che io so che hanno ben pochi
proventi da parte degli enti pubblici allora si fa fatica a fare
qualcosa di concreto perché noi non abbiamo il know how per poter
entrare e fare qualcosa di concreto nelle carceri. Ce l'hanno certe
associazioni e quelle sono associazioni su cui noi dobbiamo puntare
se vogliamo avere dei risultati dal punto di vista culturale e dal
punto di vista anche materiale di avere dei benefici concreti
all'interno di un mondo che ha molte molte problematiche.
Presidente MORI - Grazie collega Malaguti, una breve replica
rispetto agli elementi che sono emersi stando soprattutto sugli
aspetti tecnici, poi per le conclusioni le chiediamo di rimanere per
poter socializzare insieme eventuali proposte. Grazie.
BRUNO - Provo a rispondere alle domande che mi sono state fatte.
Allora la domanda su Piacenza, il carcere di Piacenza. c'é un
reparto di osservazione psichiatrica diciamo nuovissimo con
strutture sanitarie all'avanguardia e con un'equipe medica pronta a
lavorare; il reparto non ha ancora iniziato il suo percorso, questo
è il dato. Io ho scritto ed è intervenuto anche l'assessore alla
sanità e sono andata anche a vederlo questo reparto che non è ancora
partito; l'ostacolo sembrerebbe essere la mancata assegnazione di
personale di agenti di custodia, mancherebbero i sei agenti. Il
problema è dell'amministrazione carceraria, dice che sta per
risolvere il problema, ma questo è un tema che non è ancora risolto.
Personalmente speravo che con la chiusura della casa di lavoro di
Saliceta, quindi con il recupero tra virgolette degli agenti di
custodia e gli impiegati - parte sono stati mandati a Modena - si
potesse far partire questo reparto. A oggi il reparto però non è
funzionante e questo è certamente un male e questo è uno dei compiti
che io ho: sono andata a Roma apposta sulla regione e una delle
questioni che ho posto è questa ovviamente dell'apertura di questo
reparto di osservazione psichiatrica, che dovrebbe aiutare nelle
intenzioni questo tipo di problematica. Per quanto riguarda la
questione dei suicidi. Noi in Italia abbiamo avuto di recente un
caso di suicidio di una donna detenuta tossicodipendente con due
figli fuori, quindi è un caso molto recente. Non sono fortunatamente
-si rimane ancora più stupiti perché capita raramente, nonostante ci
sia il ragionamento sulla depressione a cui prima facevo riferimento
anche se casi di tentato suicidio, anche al carcere della Dozza due
anni fa -ce ne sono stati due-, poi ci sono delle cose che non
vengono assolutamente fuori. Due tentativi di suicidio, peraltro con
l'intervento delle altre detenute, ci sono dei dati che non so se
per fortuna o meno non sempre trapelano. Quindi la realtà vera e
degli atti di autolesionismo e dei tentativi di suicidio non è un
dato cosi come dire noto. Abbiamo avuto stamattina notizia di un
altro tentativo di suicidio al carcere della Dozza, che la do come
informazione, ma è un dato che non è emerso. Anche qui sono
situazioni di particolare disagio, al maschile questo. Quindi questo
e un tema, Piacenza è un tema che resta aperto anche se su questo
poi si dovrebbe aprire tutto un altro ragionamento se il reparto di
osservazione psichiatrico all'interno del carcere, come dire, basta,
va bene, si vedrà. Ecco perché è un tema molto se la
psichiatrizzazione del carcere poi avrà degli effetti importanti o
alla chiusura dell'O.P.G. si potrebbero accompagnare anche degli
effetti collaterali negativi, ma questa non è la sede, né parleremo
in altra sede. L'asilo nuovo al carcere della Dozza. L'informazione
sull'asilo è un'informazione che mi viene informalmente
dall'amministrazione penitenziaria. Voi sapete che tutto è sempre
molto come dire difficile da definire anche nelle informazioni che
vengono date dall'amministrazione penitenziaria. Sta di fatto che lì
è vuoto; l'idea potrebbe essere questa, personalmente, ma questa è
la mia posizione: penso che sia sbagliato aprire l'asilo nido al
carcere della Dozza vuoi perché le presenze o bambini non ce ne sono
o c'è n'è uno o ce ne sono due, credo siano situazioni che debbano
essere risolte e possono essere risolte in altro modo.
Significherebbe investire delle risorse importanti perché vorrebbe
dire che un reparto, un pessimo dove entravano scarafaggi e
quant'altro per essere molto chiari e per questo è stato chiuso,
deve essere rimesso a posto e costruire un asilo nido e dovrebbe
essere assegnato del personale di polizia penitenziaria in un
momento in cui sappiamo che il problema degli organici è quello che
è. Quindi personalmente non credo che sia un soluzione né utile né
economicamente apprezzabile; ovviamente questo aprirebbe una
struttura impegnativa per affrontare dei casi che possono e devono
essere affrontati in altro modo; se si investe come la legge impone
sulla custodia attenuata o sulle case famiglia e ci sono in regione
delle strutture che già possono rispetto al numero dei bambini che
transitano nelle carceri della regione non c'è bisogno a mio parere
di impegnarsi su questo fronte. Resta ovviamente il tema delle
detenute ROM a cui prima facevo riferimento dove lì può esserci un
ostacolo di ordine giuridico, che però non è inaffrontabile e
insuperabile per le ragioni che ci siamo già detti. La questione
dell'istruzione. Facevo prima riferimento al problema
dell'istruzione che è un problema su cui io ho investito per quelle
che sono le mie possibilità. Sia l'istituto scolastico regionale sia
i due assessori competenti e l'assessora alle politiche sociali se
ha dato il suo impegno per monitorare la situazione esistente nei
vari istituti per capire qual è il numero come dire degli insegnanti
mancanti e le persone che restano fuori dai corsi d'istruzione,
anche facendo riferimento alla possibilità di utilizzare gli ultimi
strumenti normativi per vedere di mettere a regime questa
situazione. Però il dato c'è e riguardo la popolazione femminile,
dicevamo prima, la domanda era sulle donne detenute, a Bologna manca
la scuola superiore e soltanto tramite gli insegnanti che fanno
volontariato riescono a fare dei percorsi di accompagnamento; manca
l'istituto regionale, ha detto molto chiaramente a un incontro,
figuriamoci,- ora ve lo traduco- figuriamoci se ci poniamo il
problema della mancanza di insegnanti in carcere dove le classi sono
particolarmente, sono passati da sei a tre nella sezione maschile;
ci sono delle classi che fanno tutti i cinque anni; quindi c'è un
problema denunciato ripetutamente di mancanza e di persone che
restano fuori dal percorso dell'istruzione perché non c'è la fanno.
Stessa cosa, una questione che qualcuno forse l'ha letta l'ho posta:
al carcere di Piacenza non c'è proprio l'istruzione superiore, per
esempio, che non è un carcere di poco conto; lì bisognerebbe proprio
cominciare a prevedere delle classi. Quindi su questo ovviamente
come dire io lancio un appello: su questo bisogna che noi
assolutamente che si intervenga per risolvere questa situazione in
un momento in cui poi c'è anche il tema del lavoro che è in
particolare sofferenza. Ma prima facevo riferimento all'esperienza
della sartoria rispetto alla detenzione femminile. Il progetto che
si chiama gomito a gomito , tramite una cooperativa sociale,
tramite un corso di formazione ha dato, ci sono tre detenute che
sono state assunte e una sta per essere assunta in borsa lavoro.
Sulle borse lavoro non è qua, però si apre un altro capitolo delle
poche risorse che vengono destinate perché sono sempre meno le borse
lavoro destinate ai detenuti; questo è un dato di realtà. Questa
cooperativa sociale che lavora dentro il carcere, che è riuscita ad
assumere tre detenute più assunte non in borsa lavoro, assunte;
questo lavoro consiste in borse grembiuli, produce abiti, prodotti
di sartoria; sono ottimi prodotti di sartoria, vi invito ad andare,
a fare degli acquisti, a pubblicizzarla; ci sono due banchetti
sconosciuti, è per questo che abbiamo fatto il comunicato stampa
dicendo: sappiate che a Bologna ci sono questi prodotti e al comune
di Bologna ho chiesto di aprire un negozio, di dare un posto dove la
gente possa andare a comprare questa cose che sono di ottima fattura
e consentono a questa impresa di sopravvivere e continuare a dare
lavoro e magari di incrementare un'attività lavorativa per queste
donne che stanno facendo quest'ottimo lavoro; c'e andata anche la
ministra Severino, son tutti molto entusiasti, però che non succeda
come è successo per la tipografia del carcere dove sono stata, come
dire, nonostante tutti gli sforzi quando ero garante nel comune di
Bologna, per un periodo ero anche riuscita a fare arrivare una serie
di commesse, dopodiché -enti locali compresi- mi dispiace dirlo,
sono cessate le commesse e la tipografia ha chiuso sostanzialmente i
battenti. Allora, dove ci sono responsabilità degli enti locali, ma
anche della cooperativa che non ha voluto fare nessun investimento
comprando, aggiornando i macchinari; questo ve lo do cosi come
accenno poi magari ne parleremo in altra sede della questione
lavoro. Però questa, visto che è partita, c'è un grande entusiasmo,
la vita di queste donne è cambiata da quando lavora, può anche
provvedere ai propri bisogni, ci sono le cose che abbiamo già detto,
credo che sia uno strumento da valorizzare; anche perché questo è
uno dei pochi casi unitamente ad un altro che vi cito che riguarda
Bologna ma ce ne sono anche altre virtuosi, pochi, ma ce ne sono in
regione dove la formazione è legata al lavoro. Cioè chi si forma
lavora, non viene formato e poi non succede niente, perché il
problema su cui credo sia più un tema che la giunta debba
affrontare: quando si danno le risorse agli enti di formazione deve
esserci un ritorno perché la formazione deve portare al lavoro; la
formazione e basta di questi tempi si fa molta fatica come dire a
considerarlo un fatto virtuoso. Vi cito solo l'officina che ha
aperto sempre alla Dozza dove si sono messe insieme l'Aldini
Valeriani, IMA, Minguzzi, hanno assunto 12 detenuti che lavorano in
una bellissima officina; sono stati formati continuano la formazione
e lavorano: la strada è questa; non la formazione, come dire,
campata su cose. Poi non so se ho detto tutto: sul CIE, se servono
ci sono i dati anche degli sportelli psicologici, dello sportello
psicologico che affronta le tematiche di cui abbiamo parlato, ci
sono i dati; sicuramente questo è un tema che può essere
ulteriormente approfondito. Dico solo, ma questo ovviamente è il mio
punto di vista, l'ingresso al CIE è un ingresso come dire, in realtà
in questa regione ci si entra al CIE, a Bologna con una certa
facilità, cioè la prefettura autorizza; è un po' più difficile la
situazione di Modena per altre ragioni, però il tema che io volevo
porre è aldilà di questo, aldilà del fatto che deve essere un posto
trasparente. Adesso dovremmo essere di nuovo in un regime di
normalità. La questione che prima vi avevo posto rispetto alle
persone senza identità perché questo è un tema importante, cioè in
questo territorio ci sono persone che -abbiamo parlato delle donne,
ma riguarda ovviamente anche la popolazione maschile per alcuni
aspetti che passa attraverso il CIE - ci sono delle persone che
restano senza identità e che fanno il percorso che vi ho descritto e
credo sia difficile non occuparsi di questo tipo di persone
dopodiché le scelte le opzioni possono essere varie, però queste
sono persone proprio dimenticate. Credo di aver risposto.
Presidente MORI - Grazie. Io andrei, se i colleghi e le colleghe lo
consentono, verso la conclusione della commissione cercando di
tirare un po' le somme anche rispetto alle riflessioni che sono
state fatte. In primo luogo partirei con una questione diciamo di
forma, mozione d'ordine. Se sentirò ancora in commissione valutare
l'assenza dei commissari con rilievo politico, allora io mi trovo
costretta a inizio di ogni commissione a giustificare i colleghi
assenti perché altrimenti diventa impegnativo, insomma non è giusto,
per cui Pariani si è fatta male e si giustifica, Meo si è
giustificata, Manfredini si è giustificato, diciamo per
problematiche puntuali, per cui -questo lo premetto perché, visto
che siamo colleghi tutti attenti e molto impegnati nelle nostre
cose, insomma, quando facevo il Sindaco la giustificazione era una
giustificazione che escludeva poi strumentalizzazioni politiche
rispetto all'assenza, no? Quindi diciamo io di volta in volta, se
questo è il tema, io poi puntualmente giustifico gli assenti per
evitare questioni puntuali. Per quanto riguarda invece il tema delle
competenze e obiettivi concreti io sono molto certa del fatto che la
nostra commissione non avendo budget di riferimento, non avendo
poteri esecutivi ha una funzione da svolgere molto politica, molto
di pressione, molto trasversale, che parte dal fatto che ciascun
commissario si assuma il protagonismo delle azioni positive a
supporto dell'uguaglianza paritaria che devo dire: fino ad ora è
stata fatta una massima sintesi attraverso risoluzioni impegnative,
che è un po' anche la rappresentazione concreta d'indirizzi che
forzano un po' il sistema, che promuovono diciamo i diritti in modo
concreto perche poi le ricadute sono concrete. Però sarebbe banale e
comunque non esaustivo chiudere il tema con indirizzi politici e
basta; anzi direi che forse con questa commissione abbiamo anche
avviato modalità un po' diverse no? e quindi sopralluoghi nei centri
antiviolenza, quindi un'agenda che mette insieme il territorio e
quindi le azioni concrete sul territorio antidiscriminatorie con
elementi politici insomma di proposizione effettiva. In questo senso
con i vice presidenti avevamo proprio valutato il fatto che da
settembre appunto perché il terremoto aveva sospeso un attimo
l'opportunità di recarci anche in alcuni punti per osservare e
meglio apprendere per poi essere più autenticamente rappresentanti
dei bisogni, cioè nel senso che quando la trasferta è assunta come
trasferta di commissione non è visibilità di uno di due o di tre per
dire: sono andato e ho fatto; che è legittimo, che è protagonismo
politico, eccetera. Quando la commissione si muove rispetto a
visite, sopralluoghi, eccetera ha poi una responsabilità politico
istituzionale di dar corso a un esito, no? Perché altrimenti siamo
veramente molto attaccabili e non mi permetterei mai di esporre la
commissione a visite a sopralluoghi eccetera senza poi darvi un
seguito propositivo perché questo metterebbe in difficoltà
l'istituzione regione, non soltanto i singoli consiglieri. Quindi in
questo senso credo anche la giusta considerazione di eventuali
visite rispetto alle carceri, rispetto ai luoghi che riterremo, la
valuteremo se voi siete d'accordo dopo un primo approfondimento
rispetto ai punti che oggi sono emersi. Cioè mi piacerebbe che
quando la commissione produrrà una visita o metterà in agenda una
visita sarà anche per poter in qualche modo confrontarsi e
relazionarsi con proposte o impegni politici, che in qualche modo
possono avere una corrispondenza. Questo lo dico perché appunto
ciascuno di noi poi singolarmente può andare nelle carceri, può
andare dove vuole, la Commissione però ha una responsabilità in più
quando si muove come commissione, quindi appunto insieme ai vice
presidenti anche su questo avevamo pensato e su altre cose - Centro
anti violenza eccetera- di mettere insieme un calendario da
settembre da sottoporvi poi per una valutazione collettiva che possa
essere anche assunta come impegno di lavoro. Secondo elemento ci
siamo detti: come possiamo agire? Questa commissione ha una funzione
trasversale di stimolo fortissimo per cui se voi siete d'accordo e
mi autorizzate, rispetto ai termini di criticità che sono emersi,
prima ancora della risoluzione, -questo è un altro tema-, però voi
avete visto di solito le risoluzioni quando i temi sono abbastanza
chiari con obiettivi certi e percorsi dati le sviluppiamo e le
promuoviamo e approviamo anche in seduta. Qui c'era bisogno per
l'articolazione anche la delicatezza - la richiamava il vice
presidente Malaguti - di approfondire dati. stato dell'arte anche
dei nostri assessorati, perché la garante ovviamente è un elemento
di garanzia, ma noi abbiamo bisogno anche di approfondire lo stato
dell'arte dei nostri assessorati; se siete d'accordo rispetto agli
elementi che sono emersi dal punto di vista dei corsi d'istruzione e
formazione, la necessità eccetera, assumerei informazioni rispetto
agli assessorati Marzocchi-Bianchi-Bortolazzi, perché poi tutti e
tre rispetto a diverse competenze -alcune più di garanzia sulle
parità, altre un po' più specifiche, Lusenti rispetto al tema di
competenza specifico rispetto a questo ambito: come promuovere
meglio il tema dell'istruzione della formazione, che poi non è
nient'altro che un pezzo delle politiche sociali nel senso che
l'intervento in carcere non è fine a se stesso; dovrebbe proprio
rendere alla comunità soggetti migliori formati e meno socialmente
pericolosi o comunque insomma se non andiamo al pericolo però,
insomma, tendenzialmente inseriti. Quindi è veramente un pezzo delle
politiche sociali, dopodiché è chiaro che le risorse sono limitate
ed è difficile se non siamo adeguati per il sistema ordinario
figuriamoci per quello carcerario rispetto all'adeguatezza delle
funzioni. Ma questo non ci deve però dissuadere dal fatto,
rassegnarci dal fatto di promuovere il meglio insomma, per ottenere
il meglio dalla rieducazione che è ancora un principio
costituzionale, quindi su questo non è che uno può essere d'accordo
o meno: c'è ed è quello. Per cui su questo farei un passaggio di
assunzione d'informazione per assolvere agli elementi che si diceva
di fare un po' il punto. Anche su il fatto che ci sono tantissimi
precari dell'istruzione e della formazione che credo ambirebbero per
progettualità specifica e anche non così costose in termini di
risorse, invece poter dare il loro contributo e la propria
professionalità in ambiti non certo di privilegio ma che comunque
sono utili alla società, piuttosto che starsene ai margini del
sistema come spesso accade. Se voi poi siete d'accordo, assunti
tutti questi elementi di approfondimento con l'ufficio di
presidenza, quindi con Gabriella Meo e Mauro Malaguti appronteremmo
un impegno, una risoluzione d'indirizzi all'esito ovviamente
dell'informazione anche assunti dagli assessorati e anche dai
presidenti di commissione; perché, credo, dal presidente Pagani,
credo la presidente Donini ci possono dare una mano dal punto di
vista del merito degli indirizzi politici ad avviare un
approfondimento e anche una pressione politica importante. Su questi
punti redigeremmo una proposta che poi vi sottoporremmo alla prima
occasione utile, fatti tutti questi approfondimenti. Può essere
questo un elemento che riassume la giornata odierna anche in termini
di canovaccio di lavoro di cui poi dare ovviamente rendicontazione
nelle prossime volte? Posso ritenermi quindi su queste proposte in
evoluzione e ovviamente alla successiva diamo esito? Va bene? Allora
io ringrazio ancora la garante Avv. Desi Bruno e auguro ai colleghi
buon weekend.
La presidente MORI dichiara chiusa la seduta alle ore 12,23.
Approvato nella seduta del 12 ottobre 2012.
Il Segretario La Presidente
Adolfo Zauli Roberta Mori