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Legislatura IX - Commissione VII - Verbale del 13/07/2012 antimeridiano

    Testo

                                Verbale n. 11
    Seduta del 13 luglio 2012
    Il giorno 13 luglio 2012 alle ore 10,28 si è riunita presso la sede
    dell'Assemblea legislativa in Bologna, Viale A. Moro n. 50 la
    Commissione per la promozione di condizioni di piena parità tra
    donne e uomini, convocata con nota prot. n. 26029 del 06/07/2012.
    Partecipano alla seduta i commissari:
    Cognome e nome Qualifica Gruppo Voto
    MORI Roberta Presidente Partito Democratico 6 presente
    MALAGUTI Mauro Vicepreside PDL - Popolo della 6 presente
    nte Libertà
    MEO Gabriella Vicepreside Sinistra Ecologia e 2 assente
    nte Libertà - Idee Verdi
    BAZZONI Gianguido Componente PDL - Popolo della 5 assente
    Libertà
    CASADEI Thomas Componente Partito Democratico 4 presente
    COSTI Palma Componente Partito Democratico 5 presente
    DEFRANCESCHI Componente Movimento 5 Stelle 2 assente
    Andrea Beppegrillo.it
    DONINI Monica Componente Federazione Della 2 presente
    Sinistra
    GRILLINI Franco Componente Italia dei Valori - 3 presente
    Lista Di Pietro
    MANFREDINI Mauro Componente Lega Nord Padania 4 assente
    Emilia e Romagna
    MORICONI Rita Componente Partito Democratico 5 presente
    NOE' Silvia Componente UDC - Unione di Centro 1 assente
    PARIANI Anna Componente Partito Democratico 4 assente
    RIVA Matteo Componente Misto 1 assente
    Il consigliere Giovanni FAVIA sostituisce Defranceschi.
    Hanno partecipato ai lavori della commissione: Desi BRUNO (Garante
    delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà
    personale); Cinzia MONARI, e Rossella VECCHI (Servizio Istituti di
    garanzia, diritti e cittadinanza attiva); Antonella BUSETTO
    (Servizio Segreteria e Affari generali della Giunta, Affari Generali
    della Presidenza, Pari Opportunità); Rudi GHEDINI (Servizio
    Informazione e Comunicazione Istituzionale A.L.).
    Presiede la seduta: Roberta MORI
    Assiste il segretario: Adolfo ZAULI
    Resocontista: Adolfo ZAULI
    La presidente MORI dichiara aperta la seduta alle ore 10,28.
    Sono, altresì, presenti i consiglieri Casadei, Costi, Donini,
    Malaguti e Moriconi.
    La presidente MORI mette in votazione l'approvazione dei verbali n.
    9 del 22 giugno 2012 e n. 10 del 29 giugno 2012.
    Con distinte votazioni di uguale esito la commissione approva i
    verbali all'unanimità dei presenti.
    DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI FINALIZZATE MERAMENTE ALLA
    COMPRENSIONE DEL TESTO
    - Incontro con la Garante delle persone sottoposte a misure
    restrittive della libertà personale Avv. Desi Bruno sulla situazione
    penitenziaria in Emilia-Romagna, con particolare riferimento alle
    problematiche di genere che ne derivano. Proposte conseguenti.
    Presidente MORI - Ringraziamo per la presenza e la disponibilità
    l'avv. Desi Bruno. Volevo specificare la peculiarità e la
    precisazione di questo incontro dal momento che la garante ha già
    relazionato e ha già contribuito nella seduta congiunta delle
    Commissioni Statuto e Regolamento e Politiche per la salute
    rispetto al rapporto annuale della relazione sulla situazione
    penitenziaria in E-R 2011, fra l'altro contribuendo con integrazioni
    conoscitive e informative molto interessanti. In quella seduta
    congiunta però il tema delle pari opportunità, il tema del femminile
    e di tutte le conseguenze della tensione femminile per quello che
    riguarda le politiche di genere carcerarie è rimasto molto sullo
    sfondo e quindi abbiamo pensato, legando a integrazione queste due
    sedute, di specificamente interessarcene per avere un quadro
    completo ed eventualmente avere anche prospettive di miglioramento
    su cui poter lavorare. In questo senso infatti quando scriviamo
    proposte conseguenti l'assunzione delle informazioni odierne ci darà
    la possibilità eventualmente di redigere un impegno apposito una
    risoluzione apposita con le informazioni molto specifiche e
    peculiari che la nostra garante ci darà.
    BRUNO - Grazie dell'invito. Effettivamente alla seduta dell'altra
    commissione non è stato affrontato in modo specifico questo tema.
    Direi che si può partire da questa considerazione: che
    fortunatamente il numero delle donne detenute continua a essere
    percentualmente molto poco significativo rispetto al numero dei
    detenuti uomini. L'ordine di grandezza a livello nazionale è del
    4-5%, fortunatamente siamo davanti ad un fenomeno continua a essere
    un fenomeno contenuto, che però ha una sua consistenza. Per quanto
    riguarda l'Emilia-Romagna il dato a fine maggio era di 142 donne
    presenti in alcuni degli istituti della Regione, abbiamo sezioni
    femminili a Forlì, a Bologna, che rappresenta la sezione più
    significativa, a Modena, a Reggio Emilia, a Piacenza. E in queste
    sedi ci sono sezioni presso istituti penitenziari, non sono a
    carattere solo femminile. Ovviamente la scelta di istituire delle
    sezioni presso gli istituti maschili dipende dal fatto che il numero
    è così di solito contenuto, che solo in alcuni casi in tutto il
    territorio nazionale è stata fatta una scelta diversa. Mi viene in
    mente Empoli che è un istituto a custodia attenuata che è solo
    femminile.
    Entra il consigliere GRILLINI.
    Questi sono i numeri, il dato rispetto alla differenziazione tra
    donne straniere e italiane è leggermente diverso rispetto alla
    popolazione maschile, nel senso che c'è una sorta di equilibrio:
    metà donne sono italiane metà sono provenienti da altri paesi,
    mentre invece per quanto riguarda la detenzione maschile il numero
    degli stranieri è in questa regione è molto significativo con punte
    fino al 70%. Un altro dato che va rimarcato riguarda la casa
    circondariale della Dozza in cui esisteva una sezione di alta
    sicurezza, di cui circa 10/12 posti ospitavano donne imputate o
    condannate per reati associativi o che avevano vicende legate ad
    associazioni di stampo camorristico o mafioso. Questa sezione nel
    2009 è stata chiusa, fortunatamente perché c'era un problema
    igienico-sanitario pesante, oltre al fatto che la sezione di alta
    sicurezza comportava un isolamento poco compatibile con la parte
    femminile dell'istituto che invece non era soggetto a questo tipo di
    restrizioni. Nella regione non abbiamo quindi donne detenute
    condannate con caratteristiche di questo tipo, cioè con legami
    presunti o accertati con la criminalità organizzata. Inoltre il
    reparto chiuso potrebbe essere destinato all'apertura di un asilo
    all'interno del carcere. Si tratta di una scelta che dal mio punto
    di vista non è per nulla condivisibile, ma su questo si può
    ragionare. La popolazione detenuta femminile è caratterizzata da
    persone con reati legati allo spaccio, a vicende di prostituzione,
    reati contro il patrimonio ed anche vicende molto pesanti come
    delitti contro la persona. Non mi riferisco solo al caso noto
    stranoto della sig. Franzoni, ma anche ad altre vicende che pongono
    poi una serie d'interrogativi sul trattamento di queste donne
    autrici di delitti a volte in ambito famigliare, portatrici di un
    disagio molto forte che richiede un livello di attenzione
    particolare. Ci sono donne con problemi di tossico dipendenza e
    donne portatrici di disagio psichico.
    Entra il consigliere FAVIA (in sostituzione di Defranceschi).
    La sezione femminile si caratterizza in modo diverso da quella
    femminile perché le modalità con cui vive il carcere una donna sono
    molto diverse da quelle di un uomo. Per la donna è molto più
    difficile affrontare la reclusione ed è più frequente l'aspetto
    depressivo, soprattutto laddove ci sono figli rimasti fuori. In
    questo caso è molto difficile anche per gli uomini ma di solito i
    padri hanno figure femminili, madri, mogli o compagne che si
    occupano dei figli. Nella maggior parte dei casi invece alle madri
    in carcere corrisponde fuori una situazione di abbandono ed è
    frequente che questo si concretizzi in perdita della potestà
    genitoriale e quindi si aprano dei procedimenti di affido, di
    distacco e di adozione. C'è poi una percentuale costante di donne
    che trasportano droga dal Sudamerica, le cosiddette ovulatrici e
    quasi sempre si tratta di donne con molti figli che non avevano
    altra soluzione che tentare questa strada. Per le donne c'è anche
    maggiore difficoltà a interagire con le istituzioni, ma credo che al
    tempo stesso, a parte persone con particolari problematiche
    psico-patologiche, per le donne detenute la possibilità di pensare a
    forme di custodia attenuata sarebbe un ragionamento importante da
    fare. Ci sono anche delle piccole sezioni con 10-20 donne dove
    ritengo l'esperimento andrebbe fatto - la possibilità di considerare
    un'ipotesi di detenzione più aperta come peraltro viene indicato
    dalle ultime circolari del Dipartimento dell'amministrazione
    penitenziale - perché di solito le donne detenute non danno
    problematiche di ordine pubblico o di sicurezza o di cattivo
    comportamento all'interno del carcere che invece riguarda gli
    uomini. E' vero altresì che le donne, almeno questo è un dato
    positivo, non subiscono il problema del sovraffollamento. Rispetto a
    circuiti di media sicurezza con possibilità di aprire per più ore le
    celle anche durante il giorno, certamente credo che per la
    detenzione femminile andrebbe sperimentato e in alcune carceri
    questo ragionamento già viene fatto. Sulla presenza di bambini in
    carcere, fortunatamente questa regione non conosce presenze
    significative, nel senso che spesso, per lunghi periodi non ci sono
    bambini in carcere. In tutta Italia ce ne sono circa 60 e di recente
    è stata emanata una legge che prevede l'istituzione di case
    famiglia, luoghi di accoglienza per madri con bambini. La soglia
    della possibile permanenza di bambini all'interno del carcere è
    stata portata da 3 a 6 anni, nell'idea che per un bambino
    l'importante è stare vicino alla propria madre e non perderla, ma
    nello stesso tempo vivere in un ambiente adeguato. In questo senso
    si è prevista l'istituzione di queste case famiglia che in qualche
    modo ricalcano l'esperienza milanese dell'ICAM che ha dato ottimi
    risultati. Questa legge però, già in vigore dal 2011, da una parte
    innalza l'età dei bambini ma dall'altra rinvia al 2014 la
    costruzione di queste case per cui si sono create, non in
    Emilia-Romagna, ma in altre parti d'Italia, situazioni con bambini
    oltre i tre anni in carcere. Ci sono pone inoltre il problema, data
    la diminuzione delle risorse, con quali soldi saranno costruite
    queste case di accoglienza, pur previste dall'ultima normativa. La
    legge 40 del 2001 ha previsto ulteriormente, alcune forme di
    detenzione domiciliare, anche per donne che hanno commesso gravi
    reati per poter stare vicino ai propri figli fuori dal carcere.
    Anche in questo caso il tema è costruire delle strutture di
    accoglienza adatte. In Emilia-Romagna abbiamo due esperienze: una di
    Calamosco, nella struttura messa a disposizione da Don Nicolini che
    accoglie donne, anche con bambini e poi la Papa Giovanni XXIII che
    ha dato da tempo questa disponibilità. Questo non ha risolto del
    tutto il problema perché al di là del fatto che la legge prevede la
    costruzione di strutture adeguate, abbiamo un problema: ci sono
    bambini che accompagnano madri Rom e in questi casi, nella fase di
    custodia cautelare, è nella discrezione del giudice negare, pur in
    presenza di figli minori di tre anni, gli arresti domiciliari in
    caso di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, il che accade
    quasi sempre. Un altro dato di criticità è il fatto che le donne
    hanno più difficoltà sia nell'ambito di corsi di formazione sia per
    quanto riguarda la scuola. È stata fatta due giorni fa un'audizione
    nella competente commissione del Comune di Bologna dove l'insegnante
    del Keynes, che è l'istituto superiore che fa i corsi all'interno
    della Dozza, lamentava il fatto che per le donne non ci sono corsi
    d'istruzione superiore. A Bologna c'è il nucleo più importante di
    detenzione femminile: sono circa a 60. Le insegnanti sono
    disponibili a fare volontariato per accompagnare come privatiste, ma
    ci sono una serie di difficoltà. Difficoltà sul versante scuola ci
    sono in tutte le sezioni femminili della regione, giustificato dallo
    scarso numero di detenute, per cui per l'ufficio scolastico
    regionale l'invio di insegnanti in queste realtà è troppo oneroso
    rispetto al numero delle persone che frequenterebbero i corsi, anche
    in ragione del fatto che una classe che si forma in carcere non è
    una classe che resta identica dal primo giorno all'ultimo. Anche per
    la formazione per attività lavorative, ci sono delle difficoltà, ma
    il tema dello studio resta quello più problematico. Ho fatto un
    comunicato stampa sul rilancio della sartoria aperta all'interno del
    carcere della Dozza dove lavorano quattro donne e sta facendo
    un'attività egregia e andrebbe aiutata e la richiesta fatta al
    Comune è quella di aprire un piccolo punto vendita. Anche il
    problema della salute e del corpo assume connotati particolari.
    All'interno del carcere ci sono donne sieropositive e
    tossicodipendenti. Si stanno incrementando le attività di
    prevenzione e d'indirizzo formativo rispetto alle possibilità di
    cura del proprio corpo. Queste attività sono organizzate dalla
    sanità carceraria e vengono fatti degli appositi incontri di
    medicina preventiva. Per concludere c'è anche il tema degli incontri
    delle mamme detenute con i bambini che sono fuori. Ci sono dei
    progetti in regione per cercare di costruire luoghi idonei. Il
    carcere della Dozza aveva fatto una convenzione con Telefono Azzurro
    per poter curare i bambini all'interno del carcere ma questa
    convenzione si è interrotta. Non affronto il tema del carcere
    minorile perché non ci sono donne all'istituto penale minorile. Era
    stata costruita un'ala del carcere per dedicarla a donne detenute
    minorenni, ma poi c'è stato un ripensamento ed è stata una delle
    vicende anomale di tutta la ristrutturazione del Pratello. Può
    esserci qualche passaggio al centro di prima accoglienza nel caso di
    arresti di donne minorenni, ma poi vengono collocare altrove. Le
    donne minorenni detenute in tutta Italia sono molto poche, circa una
    cinquantina di casi. Credo che sia doveroso fare un accenno anche al
    passaggio delle donne al centro d'identificazione o di espulsione.
    Mentre il CIE di Modena conosce poco frequente, nel corso del 2011
    sono passate 4 donne poi mandate in altri centri, il CIE di Bologna
    si caratterizza per una presenza importante di donne. Il CIE di
    Bologna ha 95 posti disponibili: 50 per gli uomini e 45 per le
    donne. A differenza di quello che avviene per gli uomini, è
    difficile trovare al CIE donne che provengono dal carcere. Si tratta
    per la maggior parte di donne che non hanno commesso reati ma sono
    irregolari sul territorio. La maggior parte proviene dal mondo della
    prostituzione ma la peculiarità è che molte sono vittime di tratta o
    sono persone offese in procedimenti penali che le riguardano per
    essere vittime della prostituzione. Si viene quindi a creare questa
    commistione che è assolutamente inaccettabile: a volte è successo
    che al CIE ci fossero donne con a pochi metri i loro sfruttatori. Al
    CIE possono usufruire dell'ausilio di un'associazione che è SOS
    donna che valuta la possibilità di intraprendere percorsi al senso
    dell'art. 18 della legge dell'immigrazione, cioè quella che
    riconosce a chi ha fatto denuncia, la possibilità di un permesso che
    consente di rimanere sul territorio. SOS donna è in contatto con
    Casa delle Donne. Altro tema importante è quello relativo alla
    presenza: al 10 luglio 2012 al CIE di Bologna sono state trattenute
    127 donne solo 4 provenienti dal carcere; 38 hanno chiesto la
    protezione internazionale (per aver subito violenze famigliari e
    sociali molto forti); 45 hanno avuto il permesso di soggiorno, cioè
    sono persone regolari che hanno perduto il permesso di soggiorno.
    Può capitare perché si perde il lavoro e la Bossi-Fini prevede che
    dopo sei mesi si perde anche il permesso di soggiorno. È una
    situazione molto grave perché vengono immediatamente espulse e
    rimandate in paesi dove non hanno più niente. Ci sono anche casi di
    donne nate in Italia ma che non sono cittadine: abbiamo avuto il
    caso di una giovanissima che era stata nel carcere minorile; poi
    aveva fatto un corso di reintegrazione, ma nonostante per i minori
    sia previsto un permesso di soggiorno, i servizi sociali avevano
    avuto dei problemi e la sua domanda era rimasta chiusa in un
    cassetto e la ragazza si è trovata al CIE. Adesso la situazione si è
    risolta, ma stava per tornare in Bosnia dove non erano nati neanche
    i suoi genitori. Ci sono poi una serie di badanti che hanno sempre
    lavorato in Italia irregolarmente e che hanno costruito, sebbene ai
    margini, un loro percorso senza commettere reati e si trovano a
    un'età non più giovanissima a dover tornare nel loro paese. Ogni
    storia è una storia enorme e pesante. Vi segnalo come presenze
    significative anche 10 cinesi e 41 nigeriane. La presenza cinese nei
    CIE è recente, sono soprattutto giovanissime. Ovviamente qua sono
    arrivare per essere sfruttate da un punto di vista lavorativo, ma
    c'è anche un altro problema. L'identificazione viene fatta
    interpellando il consolato cinese, ma di solito questo purtroppo o
    non risponde o risponde no, non sappiamo chi sia questa persona e
    quindi poiché nel CIE la permanenza è consentita fino a 18 mesi,
    trascorso questo termine esce ma non è nessuno e, fermata, torna di
    nuovo al CIE perché nessuno la identificherà mai. È un problema
    serio perché il numero di queste persone è in aumento. Vi citavo
    questo caso perché la Cina non se le riprende queste persone; è
    difficile e quindi queste, ne ha tanti, non li vuole, per varie
    ragioni. E questo significa che ci sono alcune persone - i numeri
    anche qua non sono stratosferici-, però quando si fa un ragionamento
    sui Centri d'identificazione ed espulsione dobbiamo anche ragionare
    su questo perché una metà delle persone che entrano vengono espulse,
    ma ce n'è una metà che per varie ragioni l'espulsione non riesce e
    quindi vi volevo segnalare anche questo tema delle donne che sono
    prive della possibilità di essere identificate. Questo succede poi
    anche agli uomini, però ecco vi segnalo questa presenza di donne
    cinesi perché sono donne; in particolare queste lavoranti in nero
    che a un certo punto vengono trovate e vengono portate lì. Questo
    era un po' il quadro che mi sento di rappresentarvi.
    Presidente MORI - Ringraziamo per questa prima relazione a cui farei
    seguire se i colleghi sono d'accordo qualche riflessione o qualche
    approfondimento, visto che gli spunti sono stati diversi e quindi
    direi molto utili. C'è qualcuno che vuole intervenire?
    Consigliere GRILLINI - Intanto per un'osservazione che sarà banale e
    che forse si evince già dai dati che sono stati dati e cioè che
    generalmente negli istituti di detenzione le donne rappresentano una
    percentuale molto minore dei maschi. Non so qual è la proporzione, 4
    o 5%. Allora, quando noi discutiamo di differenze di genere
    bisognerebbe che discutessimo di questa questione che a me pare la
    questione nodale: perché il 95% dei detenuti sono uomini? Perché il
    5% solo - e metto solo tra virgolette - sono donne? La mia opinione
    è che esista una propensione all'aggressività - e quindi anche a
    delinquere, ad avere comportamenti illegali, illeciti, a commettere
    reati - molto maggiore nella popolazione maschile che non in quella
    femminile. Questo ovviamente è un discorso che ci porterebbe
    lontano, soprattutto ci porterebbe a quello che è il luogo centrale
    dell'educazione, della trasmissione del ruolo , che è l'educazione
    nella prima infanzia tanto in famiglia quanto nella scuola. Sapete
    che ormai la moderna psicologia ha superato la concezione gentiliana
    - Gentile era il ministro fascista della cultura e dell'istruzione,
    persona peraltro molto colta - che diceva che il cervello di un
    bambino, visto che qui si parla anche di bambini nelle carceri, è
    una specie di pongo da modellare: si è scoperto che non è così;
    soprattutto si è scoperto che l'età centrale per l'acquisizione del
    carattere va dagli zero ai 6 - 8 anni, a 8 anni i giochi sono fatti.
    A 8 anni il carattere che uno si ritrova se lo ritroverà per tutta
    la vita. Non a caso i miei colleghi psicologi buona parte del loro
    lavoro terapeutico è rivolto a scavare nella vita su ciò che è
    successo dagli zero agli 8 anni. In quel periodo si trasmette il
    ruolo. La preoccupazione ossessiva che noi sentiamo ogni giorno -
    adesso c'è un dibattito che ovviamente non c'entra nulla con la
    discussione che stiamo facendo: ci vuole il padre e la madre , una
    famiglia è composta da un maschio e da una femmina , senza il padre
    e la madre non si trasmette l'identità - in realtà la preoccupazione
    è la mancanza di trasmissione del ruolo; vale a dire del ruolo
    aggressivo nel bambino-maschio e del ruolo passivo, rassegnato nella
    donna. Detto questo è probabile che esistano anche delle
    caratteristiche innate, genetiche, che sono tipiche della differenza
    o della diversità, come direbbe se non sbaglio la collega Donini,
    che è intervenuta all'ultima riunione. Sta di fatto che
    probabilmente ci sono anche delle caratteristiche altre, ascritte,
    sulla prevalenza dell'atteggiamento violento dei maschi sulle donne.
    Tutto questo per dire che anche i bambini che sono in carcere sono
    un problema assai rilevante perché se nella fase cruciale di
    formazione del carattere e dell'identità quello che conosce un
    minore è il carcere, ci possiamo immaginare nella vita futura questa
    poveretta o questo poveretto che tipo d'identità che tipo di
    carattere che tipo di psicologia e quindi di salute mentale possa
    realizzare avendo un'infanzia carcerata. E quindi la presenza di una
    legge che prevede strutture alternative è sacrosanta, poi ovviamente
    i momenti di crisi economica, la mancanza di risorse - io ogni tanto
    visito gli istituti di detenzione e si vede che siamo di fronte,
    tutti quanti li visitiamo visto che abbiamo come funzione
    istituzionale anche questa possibilità che a volte secondo me è
    anche un dovere - vediamo bene cosa significa la cronica mancanza di
    risorse. Cronica mancanza di risorse significa cronica difficoltà ad
    attuare quello che dovrebbe essere il compito fondamentale di un
    istituto di detenzione, cioè il recupero e la rieducazione del
    detenuto alla società civile, mentre sappiamo - ce lo siamo detti
    tante volte - che invece in mancanza di tutto ciò gli istituti di
    detenzione diventano una scuola di crimine non una scuola di
    recupero e di rieducazione. E quindi quella di fornire a queste
    bambine e a questi bambini delle strutture alternative a me pare
    decisivo, perché il rischio è che lì ci sia un'educazione al crimine
    fin dalla più tenera età; dopo poi è molto difficile da recuperare
    al crimine, all'idea di detenzione, all'idea di reato, all'idea che
    è normale che succeda quella cosa lì e non quello che sta
    all'esterno degli istituti di detenzione. Quindi l'impegno a trovare
    delle forme alternative per queste detenute e i loro figli a me pare
    assolutamente decisivo.
    Consigliera DONINI - Avvocato Bruno grazie. Apprezzo molto oggi,
    così come è stata durante i lavori della IV e della VI commissione
    sulla relazione annuale, l'ottica con la quale lei osserva il
    fenomeno e ce lo riporta perché è stimolante. Due domande, sto
    proprio sul tema specifico tralasciando considerazioni che condivido
    - quelle che ha fatto il collega Grillini che sono considerazioni di
    carattere generale e sociologiche antropologiche culturali sulle
    quali è chiaro che dovremmo stimolare una ricerca e una riflessione
    e anche i conseguenti rimedi. Sul tema specifico: lei ha i dati per
    esempio relativamente all'incidenza del fenomeno dei suicidi nella
    popolazione femminile come percentuale? E' evidente che il rischio
    di patologia psichiatrica per le donne ristrette è, e ce l'ha
    spiegato, più probabile e più presente; e per esempio: da qualche
    tempo funziona a Piacenza questo centro di osservazione psichiatrica
    che sta iniziando a funzionare, non so se abbiamo i dati dei
    passaggi per evitare, chiaramente è nato il centro di osservazione
    psichiatrica a Piacenza per evitare il cattivo costume dell'invio
    per esempio all'OPG di Reggio Emilia di persone che manifestavano
    gravi patologie psichiatriche che intervenivano durante il periodo
    della detenzione; stiamo monitorandolo per capire se effettivamente
    è stata una scelta che aiuta quella complessa serie di progetti che
    attorno all'OPG, per il superamento degli OPG stiamo cercando di
    attivare, questa è appunto una domanda; se questo tipo di
    problematiche sanitarie legate all'incidenza delle malattie
    psichiatriche se produce o le conseguenze per esempio di una
    percentuale di suicidi specificatamente in confronto, pur essendo
    più basso Il numero della popolazione carceraria femminile rispetto
    a quella degli uomini e se c'è se si inizia a registrare per esempio
    una presenza all'osservazione di Piacenza, se ci sono già questi
    dati perché so che la cosa sta partendo. La seconda specifica,
    perché lei l'ha accennato nella sua relazione, ma mi interesserebbe
    su questo avere una riflessione, riguarda la Dozza e riguarda questo
    progetto di convertire la vecchia sezione femminile chiusa qualche
    anno fa' in asilo nido o in struttura. A parte che son d'accordo, so
    che lei nel passaggio ha detto una battuta che io assolutamente
    condivido e quello è un progetto da respingere perché allude a
    un'idea che è sbagliata. I lavori che si fanno, la legge successiva
    del 2011 dice altro; dice che bisogna creare delle condizioni perché
    i bambini vivano la maggior possibile delle normalità. Per quel che
    riguarda i servizi educativi si dovrebbe spingere a utilizzare
    quelli esterni al carcere, non crearli. Ma questo progetto di cui si
    parla da anni e di cui l'amministrazione della Dozza rilancia o
    racconta a che cosa è collegato? All'idea di ricostituire in seno
    alla Dozza una sezione specifica di carcere minorile? Cioè si fa un
    nido perché si pensa di accogliere madri dentro al carcere, quindi
    proprio in contrasto con le indicazioni della recente normativa a
    giustificare per esempio la presenza di un servizio di quel genere.
    Se può aiutarci a connotarla un po' meglio quest'idea e nella testa
    di chi l'ha pensata che tipo di valenza di fatto ha? Perché io credo
    che sia palese una contraddizione tra quel progetto che
    probabilmente sarà abbandonato, presumo anche alla luce della
    recente normativa che individua altre soluzioni: le case famiglia,
    le case di accoglienza esterne. Però vorrei capire, siamo abituati a
    volte al permanere delle contraddizioni e a trovare contestualmente
    l'una e l'altra cosa in piedi. Grazie.
    Consigliere CASADEI - Innanzi tutto un ringraziamento per la
    dettagliata descrizione e analisi dei problemi, che mi sembra sia
    frutto di un lavoro molto accurato e di cui c'era un grande bisogno
    anche per noi per avere dettagliatamente il quadro di un problema
    che molto spesso è ai margini dell'attenzione. Io volevo soffermarmi
    su due questioni particolari che mi preoccupano molto, anche perché
    sono emerse molto bene dall'analisi, cioè il fatto che tutti quegli
    strumenti o quelle buone pratiche che consentono di pensare oltre la
    detenzione, quindi al periodo che in qualche modo succederà a quello
    della detenzione rischiano di infrangersi rispetto a delle
    difficoltà di natura economica: sto pensando alla buonissima pratica
    della sartoria della Dozza e al tema dell'istruzione come strumento
    fondamentale di rieducazione in qualche modo e di recupero dei
    detenuti. Ecco, io penso che su questo anche come commissione
    potremmo cercare di svolgere un ruolo perché se proprio quelle
    esperienze che consentono di riconsegnare alla speranza persone che
    hanno commesso reati sono in crisi non resta che una desolante
    registrazione di quello che è il duro dato della pena commessa. E su
    questo volevo segnalare due ipotesi di lavoro: la prima per quanto
    riguarda i corsi d'istruzione mi chiedo se non si possa pensare a un
    raccordo con il nostro sistema regionale di formazione e istruzione
    professionale, che consente una maggiore flessibilità e anche
    percorsi personalizzati che potrebbero in qualche modo connettersi
    anche alla specificità delle persone che si ritrovano con dei
    percorsi naturalmente frammentari e legati alla specificità del
    periodo trascorso in carcere. E quindi su questo io chiederei un
    approfondimento se è possibile sia all'avvocatessa Bruno sia alla
    commissione, cioè per capire se è possibile pensare a dei percorsi
    personalizzati attraverso le nuove opportunità che consente il
    nostro nuovo sistema d'istruzione e formazione professionale, che è
    frutto peraltro di una legge recente che va nella direzione proprio
    della flessibilità e della personalizzazione dei percorsi. Questo
    per i ragazzi e le ragazze che si ritrovano in una condizione extra
    carcere, ma forse potremmo vedere se c'è la possibilità di un
    incrocio. Per quello che riguarda la sartoria penso che
    simbolicamente sarebbe molto importante forse una nostra visita come
    commissione, anche per segnalare l'importanza appunto di quello che
    veniva descritto come un luogo dove appunto ci sono competenze
    acquisite e c'è un lavoro che richiama quello di una piccola impresa
    al femminile, che se capisco bene produce prodotti di una certa
    qualità, e credo che anche simbolicamente sarebbe importante
    segnalare quanto questi percorsi siano elemento fondamentale di una
    società che pensa al recupero, e anche qui magari interrogarci su
    quali possano essere degli strumenti di supporto di un'esperienza
    che a mio avviso dovrebbe essere in difficoltà, ma dovrebbe essere
    incentivata e supportata e diventare in qualche modo non l'eccezione
    ma la regola per chi si ritrova nel contesto carcerario. Su questo
    magari sarebbe interessante anche capire -chiedo anche ovviamente
    alla garante- se ha alcune idee su come concretamente si può
    supportare questo tipo di esperienza per non dover constatare tra
    qualche tempo che ciò che è sicuramente una buona pratica per
    ragioni economiche cessa in qualche modo perché cessa anche una
    speranza di recupero e di riappropriazione della cittadinanza per
    chi si ritrova per un periodo della propria vita nel contesto
    dell'istituzione totale.
    Consigliera COSTI - Anch'io ringrazio la dottoressa Bruno, la
    ringrazio anche perché è stata chiarissima nell'esposizione e devo
    dire che mentre parlava mi faceva un po' rivivere quello che vedo
    quando frequento - adesso io frequento soprattutto la parte modenese
    e quindi sia il carcere di Modena e anche il CIE di Modena anche se
    il CIE di Modena obiettivamente, anche l'ultima visita, non ha delle
    donne. Credo anche che la riflessione che faceva Franco su questo
    interrogarsi del come mai sia una riflessione molto seria e molto
    attenta, ma io oggi mi volevo concentrare su una riflessione che
    segue un po' quello che diceva adesso Casadei: noi pensiamo a queste
    persone, noi ne parliamo sempre in termini generali, sono detenute,
    ristrette, eccetera. Poi quando vai là e uno parla scopri che sono
    delle donne con dei vissuti molto particolari molto difficili, anche
    molto dolorosi, quindi sia che siano in carcere con dei bambini sia
    che siano in carcere senza i bambini perché poi i bambini li hanno a
    casa, che effettivamente anche visivamente danno un'impressione
    completamente diversa: Modena se uno frequenta i bracci maschili
    sono una cosa indecente, se uno frequenta quello femminile è tutto
    pulito è lindo, ci sono le copertine colorate; sono due mondi
    completamente diversi che sono giustamente l'espressione di persone
    completamente diverse. Io credo che il compito nostro, ed è per
    quello che io seguo il ragionamento che faceva prima il collega
    Casadei, sia quello come commissione di capire un attimo come noi
    concretamente riusciamo a fare un passo in avanti rispetto a quel
    livello di civiltà che noi tutti auspichiamo perché noi qui stiamo
    parlando di civiltà e soprattutto di diritti delle persone. Perché
    io a volte ho l'impressione che dietro a questo tema della mancanza
    dei soldi, che certamente è vero e stiamo vivendo uno dei momenti
    più difficili più complicati e tutto quello che vogliamo, però a
    volte forse avremmo bisogno anche di utilizzare un pochino di più
    anche l'inventiva, voglio dire l'inventiva. Noi abbiamo costruito in
    questi anni grazie al lavoro poi fatto da chi mi ha preceduto perché
    questa regione credo che sul tema dei carceri ha fatto di tutto e di
    più, se ne sta occupando, mi fa piacere che anch'io ho visto questa
    differenza da quando il Servizio sanitario regionale si occupa dei
    detenuti e delle detenute, la differenza che c'è proprio in termini
    di servizio. Ecco, io credo che alcune riflessioni per capire come
    possiamo contribuire al miglioramento dei diritti di queste persone
    io credo che noi dobbiamo tentare di farlo. Uno certamente è il tema
    dell'istruzione perché anche a me quando io sono andata in carcere
    il tema dell'istruzione, del poter utilizzare questo pezzo di vita
    -l'altra cosa che mi ha colpito è che mentre spesso gli uomini mi
    dicevano: io sono dentro e non ho fatto niente , le donne mi
    dicevano: io so benissimo che ho sbagliato, io lo so che ho un
    qualcosa da pagare rispetto alla società, ma il pagarlo non vuol
    dire che io non possa aspirare a una vita normale, che io non possa
    trovare anche in questo momento un elemento che mi arricchisce che
    quando esco sono molto migliore anche di prima di commettere il
    reato . L'istruzione è un tema fondamentale, cioè quindi credo che
    su quest'istruzione - io sono d'accordo con Thomas - un qualche
    approfondimento. Io non dico che noi risolveremo tutto il mondo,
    anche perché il sistema carcerario non dipende da noi, dipende a
    livello nazionale, credo che questo è un tema che noi dobbiamo
    continuare a porre; dobbiamo pressare a livello nazionale il governo
    su questo tema e anche il parlamento e anche i diversi sistemi
    dirigenziali che poi sovrintendono le carceri. L'altro tema credo
    che sia quello del lavoro. Questo è l'altro grande tema che vale
    certamente per gli uomini, adesso io mi soffermo sul tema femminile
    perché credo che effettivamente qui c'è un pezzo di, sono persone
    che possono effettivamente essere recuperate completamente e anche
    in tempi non lunghissimi se gli si danno delle opportunità, e
    possono anche costituire delle buone pratiche anche di auto
    sostentamento o quant'altro: questa della sartoria credo che sia
    particolarmente importante. Se penso ad altre esperienze che si
    erano tentate di fare a Modena sul versante maschile, ma che poi
    vengono abbandonate, non si capisce perché, io credo più per
    burocrazia che per impossibilità vera e reale. Ecco, io credo che su
    questo tema del lavoro, della sartoria ma anche di altri eventuali
    progetti che possono essere messi in piedi, io credo che noi
    dovremmo provare a capire sia all'interno delle istituzioni, ma
    anche mobilitando le reti esterne; quindi io sto pensando a reti
    esterne che non sono semplicemente di volontariato ma anche soggetti
    che hanno comunque dei ruoli imprenditoriali, credo che questi siano
    temi che dobbiamo tentare perché credo, ripeto: sono persone e
    comunque vivono questo pezzo, non è che gli si dia un'altra
    opportunità. Insomma io continuo - quando mi parlava prima la
    dottoressa delle cinesi - io continuo a ringraziare visto l'anno in
    cui sono nata di essere nata qui, ma questo è casuale, che se ero in
    Cina forse ero uno di quei pezzi di donne che oggi mancano nelle
    anagrafi cinesi, perché comunque la selezione c'è stata. Io non
    posso pensare che altre donne come me, che vivono il problema della
    maternità, il problema dei figli, il problema degli affetti e anche
    altri temi oggi non possano avere un po' di speranza in più rispetto
    a quella che hanno oggi. Questo vale anche chiaramente per
    l'applicazione delle leggi. Allora, io credo che sia fondamentale -
    è vero, non possiamo far stare dei bambini all'interno di un
    carcere, ma per i bambini oltre che per le madri - noi rispetto a
    questo tema che è una battaglia di civiltà della case famiglia o
    comunque di modalità alternative perché adesso chiamiamole case
    famiglia, ma di modalità alternative; oltretutto io non sono neanche
    convinta che costino di più perché non è vero e anche su questo
    forse chiedere che il ministero faccia delle analisi comparate dei
    costi: di che cosa costa un carcere e di che cosa costa un sistema
    alternativo, io credo che sia uno degli altri elementi importanti su
    cui noi dobbiamo spingere. Termino solo con due cose. Il primo: è
    chiaro che tra gli sfortunati e le sfortunate continuo a vedere che
    ci sono sempre dei soggetti che sono più deboli di altri; allora
    anche questo tema qui delle madri rom e dei bambini credo che sia
    uno di quegli altri temi - che lo so benissimo che è scomodo perché
    in questo paese tutto ciò che è scomodo è bene che noi lo
    cancelliamo e non lo diciamo - però visto che tutte le esperienze
    che son state fatte all'interno dei comuni dove l'integrazione vera
    è stata fatta. Come si dice: noi abbiamo seconde e terze generazioni
    che comunque rappresentano dei cittadini perfettamente integrati, io
    credo che anche qui noi un'attenzione la dobbiamo assolutamente
    porre e anche cercare di capire rispetto a competenze che non sono
    nostre, perché non siamo noi che approviamo o neghiamo il
    domiciliare a queste persone, ma quale tipo di pressione anche
    istituzionale o politico noi possiamo fare perché questo
    effettivamente avvenga il meno possibile; perché io continuo a dire:
    non c'è solo la madre in questo caso, ci sono anche i bambini e i
    bambini credo che non abbiano nessuna colpa, anche lì hanno avuto la
    fortuna o la sfortuna di nascere lì o da un'altra parte. L'ultimo
    tema è quello del CIE. Ecco, anche questo credo sia uno di quegli
    elementi che ci dovrebbe far riflettere tantissimo. Su questo ognuno
    di noi ha le posizioni rispetto alla Bossi-Fini e quant'altro, credo
    però che rispetto alle donne effettivamente si stiano esercitando
    delle ingiustizie molto più pesanti e molto più gravi rispetto al
    tema degli uomini. Perché è vero, io ho conosciuto badanti che hanno
    perso il lavoro, che hanno i figli in Italia, quindi erano
    perfettamente identificate erano perfettamente integrate; vorrei
    anche dire: sono persone che han tenuto dietro i nostri vecchi a cui
    noi non ci teniamo più dietro, quindi bisogna anche che ce lo
    diciamo - e che dopo un tot hanno subito un trattamento che credo
    non sia neanche un trattamento civile. Allora credo che anche sul
    CIE sarebbe giusto che noi come commissione facessimo un
    approfondimento rispetto ad alcuni temi, riuscissimo anche qui a
    mettere in atto delle azioni o anche degli atti che ci possano
    aiutare a superare un problema che, ripeto, lo vedo molto più
    ingiusto. Perché anche questo delle prostitute, che sono vittime tre
    volte, perché sono vittime perché sono state portate con la tratta
    in Italia, sono state vendute, sono state prese, sono state messe
    nel CIE, vengono rimandate là, semmai vengono rimesse in mano agli
    stessi sfruttatori di prima perché anche questo c'è; ecco, io credo
    che anche questo tema debba avere un trattamento completamente
    diverso. Qui oltretutto ci sono anche dei meccanismi di legge,
    bisogna che noi riusciamo a far mettere in campo tutta una serie
    d'iniziative di consapevolezze che permettano effettivamente a
    queste donne di non essere vittime tre volte. Oltre al problema di
    quelli che là rischiano anche la pena, anche la vita perché ci sono
    donne che sono anche fuoriuscite per motivi un po' più gravi
    rispetto alla semplice, dico semplice anche se credo che sia invece
    un dramma, alla semplice prostituzione. Quindi su questi temi credo
    che noi come commissione dobbiamo non solo tenere alta la vigilanza
    e analizzare che è fondamentale, ma anche capire quali strumenti
    possiamo poi mettere in atto per cercare di contribuire adesso qui e
    ora.
    Consigliere FAVIA - Molto sinteticamente per il verbale per
    sottolineare che ho provato imbarazzo nel sentire alcune
    dichiarazioni della consigliera Costi che dipingono in maniera
    altamente superficiale ai limiti dello stereotipo le distinzioni tra
    uomini e donne. Io ho visitato sia i reparti femminili che maschili:
    ci son dei problemi strutturali e ho provato imbarazzo nel sentir
    dire che le donne son le donne e gli uomini sono uomini e di
    collegare a quello la differenza, la mancanza di gravi criticità che
    ci sono nel reparto maschile rispetto a quello femminile. Stessa
    cosa per il modo in queste persone, perché per me son persone,
    vivono la detenzione; non c'è una maniera apriori costruttiva delle
    donne di viverla riconoscendo gli errori e apriori una maniera
    negativa degli uomini che dicono non abbiam fatto niente ; ho
    provato veramente imbarazzo per queste frasi; ha ascoltato le mie
    parole consigliera Donini? Semplicemente per il verbale mi dissocio
    poi ognuno avrà le sue opinioni, per me esistono le persone e tali
    sono, aldilà degli stereotipi e delle diversità che comunque ci
    sono, ma ricollegare quello alle situazioni dei reparti mi sembra
    veramente superficiale. Detto questo ho idea di dove vada a parare
    questa discussione dove più o meno tutti sostengono le stesse cose,
    ma secondo me non porta da nessuna parte: le regioni possono
    finanziare degli interventi, io ho cercato un po' di controllare e
    di fare un po' di comparazione tra quello che fanno altre regioni e
    la nostra. Piuttosto che far discorsi per lavarci la coscienza forse
    è meglio che cerchiamo di fare un'azione politica sulla Giunta per
    far sì che investano, se ci teniamo a migliorare le condizioni di
    vita di queste persone che han dei problemi concreti, assolutamente
    concreti; molte volte piccoli problemi quotidiani che potrebbero
    essere superati con poco, ma che nell'indifferenza più totale aldilà
    dei bei discorsi continuano ad avere.
    Consigliere CASADEI - Molto schematicamente solo per dire al collega
    Favia che mi pare che qui nessuno abbia fatto discorsi per lavarsi
    la coscienza, son state fatte alcune proposte concrete, è stato
    richiesto di esaminare alcuni percorsi, non ho sentito nessuna
    proposta dal collega Favia e se vogliamo dedicare un'altra seduta
    della commissione per approfondire progetti concreti, anche quelli
    di altre regioni penso che ci sia la massima disponibilità da parte
    di tutti e in questa regione mi pare anche che con l'istituzione
    della garante e col lavoro che viene svolto si stia affrontando in
    maniera molto seria questioni che riguardano appunto le persone in
    carne ed ossa e nessuno tra i colleghi, maggioranza e opposizione,
    fa discorsi per lavarsi la coscienza; mi sembra questo uno
    stereotipo che il collega Favia quando vuole sminuire il lavoro dei
    colleghi utilizza in commissione, mi dissocio da questo, ribadisco,
    anche appunto per il verbale, che qui siamo tutti per lavorare in
    maniera costruttiva e anche per dare risposte concrete ai problemi
    che esaminiamo.
    Consigliera COSTI - Solo per ribadire alcune cose. Dunque, mi
    dispiace consigliere Favia, ma su questa posizione, sempre per il
    verbale, sul tema delle donne e della differenza ci sono delle
    valutazioni molto diverse tra me e lei; queste valutazioni
    continuano a emergere su tutti gli oggetti, compreso in questa
    commissione. Io capisco anche che il mio intervento le è stato molto
    utile per poter dire qualche cosa visto che lei non ha ascoltato la
    relazione della garante presente perché è arrivato esattamente alle
    11 meno 5 minuti, alle 11,03 è nuovamente uscito, è rientrato alle
    11,12, rientrato alle 11,40, quindi io capisco che il mio intervento
    le serve molto. Oltretutto io ho fatto delle proposte concrete,
    concrete e oggettive e continuo a rimanere convinta che volenti o
    nolenti le donne e gli uomini sono diversi, non ho detto migliori,
    ho detto semplicemente che siamo diversi.
    Consigliere FAVIA - Premetto, consigliera Costi, che io non sono
    commissario di questa commissione, quindi sto già facendo molto di
    più di quello che fanno i suoi colleghi che oggi non son presenti,
    ma son stato chiamato all'ultimo momento perché il mio collega ha
    avuto un problema. Ma ho anche frequentato questa commissione per
    impegno personale, per interesse al tema pur non essendo
    commissario. Questo proprio per precisare a rigore di verbale; poi
    se vogliamo vedere il tempo che noi singoli consiglieri passiamo in
    commissione, le presenze, i dati son pubblici, non facciamo la gara,
    ma mi impegno molto di più di quello che si può impegnare lei a
    livello di presenza in commissione. Chiuso il tema della presenza in
    commissione. Purtroppo lei non ha detto che gli uomini e le donne
    son diversi, cosa che condivido; ha detto una cosa ben precisa che
    io le ho ripetuto, che lei mi dispiace non ha smentito, mi dispiace
    ne aveva l'occasione per precisare il suo pensiero. Quello che ha
    detto è a verbale e mi farò consegnare la trascrizione esatta, così
    vedremo cosa ne pensano le persone di queste sue frasi, che io,
    ripeto, ritengo imbarazzanti. Si, le proposte a parole si fanno, non
    ho detto questo, ho detto che poi manca la concretezza, manca la
    concretezza da una giunta che voi e non io, che voi rappresentate a
    livello politico, si vede nel bilancio perché il resto son
    chiacchiere: le tue priorità si capiscono dai soldi che metti nei
    vari capitoli di spesa a bilancio. Se per voi è più importante
    investire sulla Consulta degli emiliano-romagnoli che magari mettere
    quel milione di euro da altre parti è una scelta politica - dico
    quella perché è famosa, ma io ne potrei citare tante altre, dai
    costi della politica ad altre tematiche. Quindi io ho guardato i
    progetti concreti, non è, questa è la Commissione Pari Opportunità,
    ci son delle commissioni competenti in cui possiamo parlare, ma sa:
    quando si fanno proposte poi per motivi sempre della famosa bandiera
    ci si vede bocciate la maggior parte delle stesse, uno evita, uno
    cerca di fare delle denunce sperando che qualcosa attecchisca.
    Comunque, ripeto, se vogliamo andare nella commissione competente io
    per i colloqui che ho avuto coi detenuti qualche tema qualche
    difficoltà che andrebbe superata investendo soldi regionali come
    altre regioni han fatto volentieri.
    Consigliera DONINI - Questa commissione, che si è assunta il compito
    perché la legge istitutiva che abbiamo votato in aula gli dà questo
    mandato di svolgere un ruolo d'inchiesta sui vari aspetti della
    condizione femminile, ha il merito di insegnarci un metodo di lavoro
    che può valer la pena utilizzare anche per le commissioni di
    carattere permanente, quelle tradizionali della nostra assemblea,
    perché va al concreto. E ascoltando le comunicazioni, ascoltando le
    informazioni si predispone il testo di un documento d'indirizzo dove
    si mettono in fila le cose concrete che dal nostro punto di vista
    nelle varie questioni dobbiamo fare. Io ho apprezzato moltissimo il
    lavoro lungo e dettagliato che è stato fatto per esempio sulla
    sanità di genere, che ci mostra di essere anche anticipatori a una
    riflessione che riguarda molte cose, che in questa commissione è
    stata fatta, e il lavoro che si sta facendo proprio di
    rendicontazione e di trasformazione di questo lavoro in documenti
    d'indirizzo; per cui non mi sento di accettare l'idea che son
    chiacchiere. In merito alla discussione della commissione di merito,
    Giovanni ti ricordo che noi abbiamo deciso di fare insieme una
    congiunta la settimana scorsa proprio sulla relazione dettagliata,
    integrata peraltro anche sulla parte specifica in sanità con
    documentazioni e valutazioni di dettaglio, il 3 luglio scorso, c'è
    stato dibattito, c'è stata l'occasione di chiedere e di verificare
    per esempio come la spesa regionale che tipo di risultato può
    produrre; è una competenza anche della VI Commissione, non abbiamo
    fatto mistero che delle criticità ci sono, abbiamo segnalato la
    necessità di investire di più, di investire meglio. È stata una
    discussione lunga articolata, che ha toccato molti punti e sono
    stati una serie gli interventi dei colleghi commissari e anche lì si
    è usciti dagli stereotipi, non c'è stato un atteggiamento indulgente
    nei confronti della giunta, ma quello impegnato di chi vuole
    monitorare seguire controllare. Per cui su questo tema anche
    specifico dove è vero: ci sono altre esperienze nelle altre realtà
    regionali, per carità, ma c'è una diversa distribuzione delle realtà
    penitenziarie, cioè voglio dire: fai fatica a comparare una regione
    e un altra in maniera astratta, se non hai la possibilità di
    indagare in maniera dettagliata il fenomeno in questo caso; il
    compito della relazione è quello di darci dei dati che ci permettano
    di connotare con chiarezza il fenomeno nella nostra regione, ripeto,
    questa è una regione che ha una legge regionale, è stata
    un'iniziativa assembleare e non della giunta il volere la legge
    regionale; è stato allora un lavoro grosso anche di riflessione fra
    noi, la legge l'abbiamo cambiata prima di istituire formalmente la
    figura dei garanti; quindi c'è stata un'occasione di riflessione,
    c'è una tradizione nostra di presenza su queste questioni. Cosi come
    sulle vicende dei CIE io ricordo che la legge regionale
    sull'integrazione sociale dei migranti, la prima legge regionale che
    prevedeva il monitoraggio dei CIE con un protocollo con le
    prefetture che mai le prefetture han voluto sottoscrivere; che hanno
    creato le condizioni di creare un vero e proprio conflitto
    istituzionale di questa regione nei confronti del ministero e degli
    apparati dello stato. Tanto è vero che io suggerisco, ed è un tema
    politico, se può essere preso in considerazione in un eventuale
    documento d'indirizzo della nostra commissione, presidente Mori, e
    poi ripeto si apra una discussione appunto fra noi: dato che qui c'è
    un tema di rapporti di relazioni politiche difficoltoso, dato che i
    CIE sono i luoghi più opachi che esistano in questo paese, un
    consigliere regionale non può entrare in un CIE, mentre invece mi
    posso presentare - ognuno di noi - in qualunque carcere
    dell'Emilia-Romagna e possiamo entrare senza avviso in qualunque
    momento, io credo che ci sono le condizioni per proporre l'adesione
    formale a una serie d'iniziative di movimenti di reti come fateci
    entrare per esempio e attualmente la rete che si è venuta a creare
    relativamente al tema dei CIE, alla quale hanno aderito dalla
    Federazione nazionale della stampa a moltissime realtà di carattere
    istituzionale; cioè di iniziare ad assumere come Assemblea
    Legislativa anche degli impegni formali perché i tempi - le
    questioni dette non le ripeto - sono tali da vivere perennemente non
    a posto con se stessi sapendo che sul nostro territorio ci sono
    molti luoghi - due specificatamente se ci riferiamo al CIE - dove si
    vive perennemente la sospensione dei diritti umani e dove le persone
    vivono in condizioni - aldilà della condivisione o meno della legge
    che il CIE ha istituiti - nel mio caso è evidente insomma la
    posizione è nota, ma per chiunque sul fronte del rispetto dei
    diritti umani la questione interroga le coscienze. Questo penso si
    possa condividere con qualche iniziativa forte, io credo che
    estendere l'attività del garante anche a quei luoghi lì sia stata
    una scelta che abbiamo fatto come Assemblea Legislativa, è una
    scelta complicata appunto non facile, ma è una scelta importante che
    connota questa regione, diversamente da altre, come una regione
    appunto impegnata politicamente ed anche sostanzialmente su alcuni
    temi. Liquidarla con un po' di supponenza la riflessione che qui si
    fa come chiacchiere inutili, come volontà di mascherare le
    inadempienze le omissioni e le carenze, come giudizio generico, come
    dire, a me indigna un po' di più perché veramente quasi appunto è
    sbagliata veramente sbagliata dell'eventuale considerazione che
    ognuno di noi fa; io ho condiviso le cose che ha detto la Palma
    Costi, posso anche condividere in parte o non in parte alcune
    considerazioni che attengono a una cultura anche personale, a delle
    esperienze di carattere personale. Ma io non mi permetto onestamente
    di utilizzare dei contenuti liquidatori e anche, ripeto, non
    rispettosi del lavoro di tanti in questa regione; ma avete idea di
    quanti anni prima che nascessero le nostre formazioni politiche - ci
    metto anche la mia- si sbattono all'interno dei carceri -che ha
    molti anni peraltro - reti realtà di associazioni di volontariato,
    di persone con le quali è facile attivare delle relazioni. Non direi
    mai: ho parlato con tre detenuti e so tutto quel che c'è da sapere,
    non lo dico mai sebbene abbia come tutti le mie relazioni, perché
    ritengo che la riflessione vada fatta sempre mettendosi in
    discussione, allargando la riflessione, documentandosi e
    approfondendo. Questo vale per qualunque cosa perché altrimenti è
    facile la vita, è facilissimo, ci vuole ben poco tempo; basta la
    telefonata, uno acquisisce e pensa di sapere tutto quello che c'è da
    sapere indipendentemente appunto da una serie di altre necessità
    analitiche di contesto che proprio noi perché abbiamo voluto il
    garante abbiamo ritenuto di aver bisogno di acquisire giorno per
    giorno.
    Consigliere MALAGUTI - A parte che io premetto che faccio fatica a
    capire tutti i discorsi che sono stati fatti sulla differenza; è
    chiaro che l'uomo è più violento della donna, cioè fin dai tempi
    delle caverne l'uomo andava a procacciarsi il cibo, c'è una
    differenza fisica che ha portato anche delle conseguenze. Quindi poi
    per fortuna nel corso della storia la violenza è diminuita, perché
    se studiamo la storia vediamo che per fortuna, però l'uomo per
    differenza fisica è portato ad altre cose rispetto che la donna. Se
    tu studi i tempi dei romani,per esempio, la violenza è diminuita;
    diciamo dove c'è stata l'evoluzione della democrazia la violenza è
    diminuita. Se noi guardiamo sul nostro territorio andando indietro
    nella storia basta studiare la nostra storia per vedere che c'è una
    diminuzione della violenza; basta leggere i tempi di Costantino o
    prima ancora. Ma aldilà di questo, che sono discorsi; le carceri
    sono dei micro macro cosmi molto delicati che vivono su equilibri
    particolarmente delicati; andare dentro le carceri non e facile;
    bisogna entrare in punta di piedi; ci vanno dentro quelle
    associazioni che hanno dei percorsi storici, che hanno l'esperienza
    per poter andare dentro e poter capire la mentalità di chi è
    sottoposto a custodia. Perche ci sono delle mentalità lì dentro che
    per chi è fuori non sono facili da comprendere; ad esempio una
    mentalità comune dei detenuti è quella di essere più furbi degli
    altri, quindi loro ragionano e spesso il motivo per cui sono lì
    dentro è quello perché pensavano di poter prevaricare in base.
    Quindi, voglio dire, allora se vogliamo parlare di qualcosa di
    concreto dobbiamo finanziare quelle associazioni che hanno
    esperienza in merito perché sennò. Non è facile entrare dentro le
    carceri, entrare non dico fisicamente con una visita che un
    consigliere regionale può fare che quando è uscito lascia il tempo
    che trova, ma entrare per costruire qualche cosa dentro è molto
    difficile perché ci sono degli equilibri delicatissimi che vanno
    rispettati e per fare ciò occorre una esperienza che deve essere
    maturata nel corso degli anni. Allora in questo forse -riprendo
    quello che diceva il consigliere Favia- se noi non investiamo anche
    economicamente su quelle associazioni che io so che hanno ben pochi
    proventi da parte degli enti pubblici allora si fa fatica a fare
    qualcosa di concreto perché noi non abbiamo il know how per poter
    entrare e fare qualcosa di concreto nelle carceri. Ce l'hanno certe
    associazioni e quelle sono associazioni su cui noi dobbiamo puntare
    se vogliamo avere dei risultati dal punto di vista culturale e dal
    punto di vista anche materiale di avere dei benefici concreti
    all'interno di un mondo che ha molte molte problematiche.
    Presidente MORI - Grazie collega Malaguti, una breve replica
    rispetto agli elementi che sono emersi stando soprattutto sugli
    aspetti tecnici, poi per le conclusioni le chiediamo di rimanere per
    poter socializzare insieme eventuali proposte. Grazie.
    BRUNO - Provo a rispondere alle domande che mi sono state fatte.
    Allora la domanda su Piacenza, il carcere di Piacenza. c'é un
    reparto di osservazione psichiatrica diciamo nuovissimo con
    strutture sanitarie all'avanguardia e con un'equipe medica pronta a
    lavorare; il reparto non ha ancora iniziato il suo percorso, questo
    è il dato. Io ho scritto ed è intervenuto anche l'assessore alla
    sanità e sono andata anche a vederlo questo reparto che non è ancora
    partito; l'ostacolo sembrerebbe essere la mancata assegnazione di
    personale di agenti di custodia, mancherebbero i sei agenti. Il
    problema è dell'amministrazione carceraria, dice che sta per
    risolvere il problema, ma questo è un tema che non è ancora risolto.
    Personalmente speravo che con la chiusura della casa di lavoro di
    Saliceta, quindi con il recupero tra virgolette degli agenti di
    custodia e gli impiegati - parte sono stati mandati a Modena - si
    potesse far partire questo reparto. A oggi il reparto però non è
    funzionante e questo è certamente un male e questo è uno dei compiti
    che io ho: sono andata a Roma apposta sulla regione e una delle
    questioni che ho posto è questa ovviamente dell'apertura di questo
    reparto di osservazione psichiatrica, che dovrebbe aiutare nelle
    intenzioni questo tipo di problematica. Per quanto riguarda la
    questione dei suicidi. Noi in Italia abbiamo avuto di recente un
    caso di suicidio di una donna detenuta tossicodipendente con due
    figli fuori, quindi è un caso molto recente. Non sono fortunatamente
    -si rimane ancora più stupiti perché capita raramente, nonostante ci
    sia il ragionamento sulla depressione a cui prima facevo riferimento
    anche se casi di tentato suicidio, anche al carcere della Dozza due
    anni fa -ce ne sono stati due-, poi ci sono delle cose che non
    vengono assolutamente fuori. Due tentativi di suicidio, peraltro con
    l'intervento delle altre detenute, ci sono dei dati che non so se
    per fortuna o meno non sempre trapelano. Quindi la realtà vera e
    degli atti di autolesionismo e dei tentativi di suicidio non è un
    dato cosi come dire noto. Abbiamo avuto stamattina notizia di un
    altro tentativo di suicidio al carcere della Dozza, che la do come
    informazione, ma è un dato che non è emerso. Anche qui sono
    situazioni di particolare disagio, al maschile questo. Quindi questo
    e un tema, Piacenza è un tema che resta aperto anche se su questo
    poi si dovrebbe aprire tutto un altro ragionamento se il reparto di
    osservazione psichiatrico all'interno del carcere, come dire, basta,
    va bene, si vedrà. Ecco perché è un tema molto se la
    psichiatrizzazione del carcere poi avrà degli effetti importanti o
    alla chiusura dell'O.P.G. si potrebbero accompagnare anche degli
    effetti collaterali negativi, ma questa non è la sede, né parleremo
    in altra sede. L'asilo nuovo al carcere della Dozza. L'informazione
    sull'asilo è un'informazione che mi viene informalmente
    dall'amministrazione penitenziaria. Voi sapete che tutto è sempre
    molto come dire difficile da definire anche nelle informazioni che
    vengono date dall'amministrazione penitenziaria. Sta di fatto che lì
    è vuoto; l'idea potrebbe essere questa, personalmente, ma questa è
    la mia posizione: penso che sia sbagliato aprire l'asilo nido al
    carcere della Dozza vuoi perché le presenze o bambini non ce ne sono
    o c'è n'è uno o ce ne sono due, credo siano situazioni che debbano
    essere risolte e possono essere risolte in altro modo.
    Significherebbe investire delle risorse importanti perché vorrebbe
    dire che un reparto, un pessimo dove entravano scarafaggi e
    quant'altro per essere molto chiari e per questo è stato chiuso,
    deve essere rimesso a posto e costruire un asilo nido e dovrebbe
    essere assegnato del personale di polizia penitenziaria in un
    momento in cui sappiamo che il problema degli organici è quello che
    è. Quindi personalmente non credo che sia un soluzione né utile né
    economicamente apprezzabile; ovviamente questo aprirebbe una
    struttura impegnativa per affrontare dei casi che possono e devono
    essere affrontati in altro modo; se si investe come la legge impone
    sulla custodia attenuata o sulle case famiglia e ci sono in regione
    delle strutture che già possono rispetto al numero dei bambini che
    transitano nelle carceri della regione non c'è bisogno a mio parere
    di impegnarsi su questo fronte. Resta ovviamente il tema delle
    detenute ROM a cui prima facevo riferimento dove lì può esserci un
    ostacolo di ordine giuridico, che però non è inaffrontabile e
    insuperabile per le ragioni che ci siamo già detti. La questione
    dell'istruzione. Facevo prima riferimento al problema
    dell'istruzione che è un problema su cui io ho investito per quelle
    che sono le mie possibilità. Sia l'istituto scolastico regionale sia
    i due assessori competenti e l'assessora alle politiche sociali se
    ha dato il suo impegno per monitorare la situazione esistente nei
    vari istituti per capire qual è il numero come dire degli insegnanti
    mancanti e le persone che restano fuori dai corsi d'istruzione,
    anche facendo riferimento alla possibilità di utilizzare gli ultimi
    strumenti normativi per vedere di mettere a regime questa
    situazione. Però il dato c'è e riguardo la popolazione femminile,
    dicevamo prima, la domanda era sulle donne detenute, a Bologna manca
    la scuola superiore e soltanto tramite gli insegnanti che fanno
    volontariato riescono a fare dei percorsi di accompagnamento; manca
    l'istituto regionale, ha detto molto chiaramente a un incontro,
    figuriamoci,- ora ve lo traduco- figuriamoci se ci poniamo il
    problema della mancanza di insegnanti in carcere dove le classi sono
    particolarmente, sono passati da sei a tre nella sezione maschile;
    ci sono delle classi che fanno tutti i cinque anni; quindi c'è un
    problema denunciato ripetutamente di mancanza e di persone che
    restano fuori dal percorso dell'istruzione perché non c'è la fanno.
    Stessa cosa, una questione che qualcuno forse l'ha letta l'ho posta:
    al carcere di Piacenza non c'è proprio l'istruzione superiore, per
    esempio, che non è un carcere di poco conto; lì bisognerebbe proprio
    cominciare a prevedere delle classi. Quindi su questo ovviamente
    come dire io lancio un appello: su questo bisogna che noi
    assolutamente che si intervenga per risolvere questa situazione in
    un momento in cui poi c'è anche il tema del lavoro che è in
    particolare sofferenza. Ma prima facevo riferimento all'esperienza
    della sartoria rispetto alla detenzione femminile. Il progetto che
    si chiama gomito a gomito , tramite una cooperativa sociale,
    tramite un corso di formazione ha dato, ci sono tre detenute che
    sono state assunte e una sta per essere assunta in borsa lavoro.
    Sulle borse lavoro non è qua, però si apre un altro capitolo delle
    poche risorse che vengono destinate perché sono sempre meno le borse
    lavoro destinate ai detenuti; questo è un dato di realtà. Questa
    cooperativa sociale che lavora dentro il carcere, che è riuscita ad
    assumere tre detenute più assunte non in borsa lavoro, assunte;
    questo lavoro consiste in borse grembiuli, produce abiti, prodotti
    di sartoria; sono ottimi prodotti di sartoria, vi invito ad andare,
    a fare degli acquisti, a pubblicizzarla; ci sono due banchetti
    sconosciuti, è per questo che abbiamo fatto il comunicato stampa
    dicendo: sappiate che a Bologna ci sono questi prodotti e al comune
    di Bologna ho chiesto di aprire un negozio, di dare un posto dove la
    gente possa andare a comprare questa cose che sono di ottima fattura
    e consentono a questa impresa di sopravvivere e continuare a dare
    lavoro e magari di incrementare un'attività lavorativa per queste
    donne che stanno facendo quest'ottimo lavoro; c'e andata anche la
    ministra Severino, son tutti molto entusiasti, però che non succeda
    come è successo per la tipografia del carcere dove sono stata, come
    dire, nonostante tutti gli sforzi quando ero garante nel comune di
    Bologna, per un periodo ero anche riuscita a fare arrivare una serie
    di commesse, dopodiché -enti locali compresi- mi dispiace dirlo,
    sono cessate le commesse e la tipografia ha chiuso sostanzialmente i
    battenti. Allora, dove ci sono responsabilità degli enti locali, ma
    anche della cooperativa che non ha voluto fare nessun investimento
    comprando, aggiornando i macchinari; questo ve lo do cosi come
    accenno poi magari ne parleremo in altra sede della questione
    lavoro. Però questa, visto che è partita, c'è un grande entusiasmo,
    la vita di queste donne è cambiata da quando lavora, può anche
    provvedere ai propri bisogni, ci sono le cose che abbiamo già detto,
    credo che sia uno strumento da valorizzare; anche perché questo è
    uno dei pochi casi unitamente ad un altro che vi cito che riguarda
    Bologna ma ce ne sono anche altre virtuosi, pochi, ma ce ne sono in
    regione dove la formazione è legata al lavoro. Cioè chi si forma
    lavora, non viene formato e poi non succede niente, perché il
    problema su cui credo sia più un tema che la giunta debba
    affrontare: quando si danno le risorse agli enti di formazione deve
    esserci un ritorno perché la formazione deve portare al lavoro; la
    formazione e basta di questi tempi si fa molta fatica come dire a
    considerarlo un fatto virtuoso. Vi cito solo l'officina che ha
    aperto sempre alla Dozza dove si sono messe insieme l'Aldini
    Valeriani, IMA, Minguzzi, hanno assunto 12 detenuti che lavorano in
    una bellissima officina; sono stati formati continuano la formazione
    e lavorano: la strada è questa; non la formazione, come dire,
    campata su cose. Poi non so se ho detto tutto: sul CIE, se servono
    ci sono i dati anche degli sportelli psicologici, dello sportello
    psicologico che affronta le tematiche di cui abbiamo parlato, ci
    sono i dati; sicuramente questo è un tema che può essere
    ulteriormente approfondito. Dico solo, ma questo ovviamente è il mio
    punto di vista, l'ingresso al CIE è un ingresso come dire, in realtà
    in questa regione ci si entra al CIE, a Bologna con una certa
    facilità, cioè la prefettura autorizza; è un po' più difficile la
    situazione di Modena per altre ragioni, però il tema che io volevo
    porre è aldilà di questo, aldilà del fatto che deve essere un posto
    trasparente. Adesso dovremmo essere di nuovo in un regime di
    normalità. La questione che prima vi avevo posto rispetto alle
    persone senza identità perché questo è un tema importante, cioè in
    questo territorio ci sono persone che -abbiamo parlato delle donne,
    ma riguarda ovviamente anche la popolazione maschile per alcuni
    aspetti che passa attraverso il CIE - ci sono delle persone che
    restano senza identità e che fanno il percorso che vi ho descritto e
    credo sia difficile non occuparsi di questo tipo di persone
    dopodiché le scelte le opzioni possono essere varie, però queste
    sono persone proprio dimenticate. Credo di aver risposto.
    Presidente MORI - Grazie. Io andrei, se i colleghi e le colleghe lo
    consentono, verso la conclusione della commissione cercando di
    tirare un po' le somme anche rispetto alle riflessioni che sono
    state fatte. In primo luogo partirei con una questione diciamo di
    forma, mozione d'ordine. Se sentirò ancora in commissione valutare
    l'assenza dei commissari con rilievo politico, allora io mi trovo
    costretta a inizio di ogni commissione a giustificare i colleghi
    assenti perché altrimenti diventa impegnativo, insomma non è giusto,
    per cui Pariani si è fatta male e si giustifica, Meo si è
    giustificata, Manfredini si è giustificato, diciamo per
    problematiche puntuali, per cui -questo lo premetto perché, visto
    che siamo colleghi tutti attenti e molto impegnati nelle nostre
    cose, insomma, quando facevo il Sindaco la giustificazione era una
    giustificazione che escludeva poi strumentalizzazioni politiche
    rispetto all'assenza, no? Quindi diciamo io di volta in volta, se
    questo è il tema, io poi puntualmente giustifico gli assenti per
    evitare questioni puntuali. Per quanto riguarda invece il tema delle
    competenze e obiettivi concreti io sono molto certa del fatto che la
    nostra commissione non avendo budget di riferimento, non avendo
    poteri esecutivi ha una funzione da svolgere molto politica, molto
    di pressione, molto trasversale, che parte dal fatto che ciascun
    commissario si assuma il protagonismo delle azioni positive a
    supporto dell'uguaglianza paritaria che devo dire: fino ad ora è
    stata fatta una massima sintesi attraverso risoluzioni impegnative,
    che è un po' anche la rappresentazione concreta d'indirizzi che
    forzano un po' il sistema, che promuovono diciamo i diritti in modo
    concreto perche poi le ricadute sono concrete. Però sarebbe banale e
    comunque non esaustivo chiudere il tema con indirizzi politici e
    basta; anzi direi che forse con questa commissione abbiamo anche
    avviato modalità un po' diverse no? e quindi sopralluoghi nei centri
    antiviolenza, quindi un'agenda che mette insieme il territorio e
    quindi le azioni concrete sul territorio antidiscriminatorie con
    elementi politici insomma di proposizione effettiva. In questo senso
    con i vice presidenti avevamo proprio valutato il fatto che da
    settembre appunto perché il terremoto aveva sospeso un attimo
    l'opportunità di recarci anche in alcuni punti per osservare e
    meglio apprendere per poi essere più autenticamente rappresentanti
    dei bisogni, cioè nel senso che quando la trasferta è assunta come
    trasferta di commissione non è visibilità di uno di due o di tre per
    dire: sono andato e ho fatto; che è legittimo, che è protagonismo
    politico, eccetera. Quando la commissione si muove rispetto a
    visite, sopralluoghi, eccetera ha poi una responsabilità politico
    istituzionale di dar corso a un esito, no? Perché altrimenti siamo
    veramente molto attaccabili e non mi permetterei mai di esporre la
    commissione a visite a sopralluoghi eccetera senza poi darvi un
    seguito propositivo perché questo metterebbe in difficoltà
    l'istituzione regione, non soltanto i singoli consiglieri. Quindi in
    questo senso credo anche la giusta considerazione di eventuali
    visite rispetto alle carceri, rispetto ai luoghi che riterremo, la
    valuteremo se voi siete d'accordo dopo un primo approfondimento
    rispetto ai punti che oggi sono emersi. Cioè mi piacerebbe che
    quando la commissione produrrà una visita o metterà in agenda una
    visita sarà anche per poter in qualche modo confrontarsi e
    relazionarsi con proposte o impegni politici, che in qualche modo
    possono avere una corrispondenza. Questo lo dico perché appunto
    ciascuno di noi poi singolarmente può andare nelle carceri, può
    andare dove vuole, la Commissione però ha una responsabilità in più
    quando si muove come commissione, quindi appunto insieme ai vice
    presidenti anche su questo avevamo pensato e su altre cose - Centro
    anti violenza eccetera- di mettere insieme un calendario da
    settembre da sottoporvi poi per una valutazione collettiva che possa
    essere anche assunta come impegno di lavoro. Secondo elemento ci
    siamo detti: come possiamo agire? Questa commissione ha una funzione
    trasversale di stimolo fortissimo per cui se voi siete d'accordo e
    mi autorizzate, rispetto ai termini di criticità che sono emersi,
    prima ancora della risoluzione, -questo è un altro tema-, però voi
    avete visto di solito le risoluzioni quando i temi sono abbastanza
    chiari con obiettivi certi e percorsi dati le sviluppiamo e le
    promuoviamo e approviamo anche in seduta. Qui c'era bisogno per
    l'articolazione anche la delicatezza - la richiamava il vice
    presidente Malaguti - di approfondire dati. stato dell'arte anche
    dei nostri assessorati, perché la garante ovviamente è un elemento
    di garanzia, ma noi abbiamo bisogno anche di approfondire lo stato
    dell'arte dei nostri assessorati; se siete d'accordo rispetto agli
    elementi che sono emersi dal punto di vista dei corsi d'istruzione e
    formazione, la necessità eccetera, assumerei informazioni rispetto
    agli assessorati Marzocchi-Bianchi-Bortolazzi, perché poi tutti e
    tre rispetto a diverse competenze -alcune più di garanzia sulle
    parità, altre un po' più specifiche, Lusenti rispetto al tema di
    competenza specifico rispetto a questo ambito: come promuovere
    meglio il tema dell'istruzione della formazione, che poi non è
    nient'altro che un pezzo delle politiche sociali nel senso che
    l'intervento in carcere non è fine a se stesso; dovrebbe proprio
    rendere alla comunità soggetti migliori formati e meno socialmente
    pericolosi o comunque insomma se non andiamo al pericolo però,
    insomma, tendenzialmente inseriti. Quindi è veramente un pezzo delle
    politiche sociali, dopodiché è chiaro che le risorse sono limitate
    ed è difficile se non siamo adeguati per il sistema ordinario
    figuriamoci per quello carcerario rispetto all'adeguatezza delle
    funzioni. Ma questo non ci deve però dissuadere dal fatto,
    rassegnarci dal fatto di promuovere il meglio insomma, per ottenere
    il meglio dalla rieducazione che è ancora un principio
    costituzionale, quindi su questo non è che uno può essere d'accordo
    o meno: c'è ed è quello. Per cui su questo farei un passaggio di
    assunzione d'informazione per assolvere agli elementi che si diceva
    di fare un po' il punto. Anche su il fatto che ci sono tantissimi
    precari dell'istruzione e della formazione che credo ambirebbero per
    progettualità specifica e anche non così costose in termini di
    risorse, invece poter dare il loro contributo e la propria
    professionalità in ambiti non certo di privilegio ma che comunque
    sono utili alla società, piuttosto che starsene ai margini del
    sistema come spesso accade. Se voi poi siete d'accordo, assunti
    tutti questi elementi di approfondimento con l'ufficio di
    presidenza, quindi con Gabriella Meo e Mauro Malaguti appronteremmo
    un impegno, una risoluzione d'indirizzi all'esito ovviamente
    dell'informazione anche assunti dagli assessorati e anche dai
    presidenti di commissione; perché, credo, dal presidente Pagani,
    credo la presidente Donini ci possono dare una mano dal punto di
    vista del merito degli indirizzi politici ad avviare un
    approfondimento e anche una pressione politica importante. Su questi
    punti redigeremmo una proposta che poi vi sottoporremmo alla prima
    occasione utile, fatti tutti questi approfondimenti. Può essere
    questo un elemento che riassume la giornata odierna anche in termini
    di canovaccio di lavoro di cui poi dare ovviamente rendicontazione
    nelle prossime volte? Posso ritenermi quindi su queste proposte in
    evoluzione e ovviamente alla successiva diamo esito? Va bene? Allora
    io ringrazio ancora la garante Avv. Desi Bruno e auguro ai colleghi
    buon weekend.
    La presidente MORI dichiara chiusa la seduta alle ore 12,23.
    Approvato nella seduta del 12 ottobre 2012.
    Il Segretario La Presidente
    Adolfo Zauli Roberta Mori
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