Testo:
INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA
PREMESSO CHE
- l’accordo con il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, le Province i Comuni e le Comunità montane sul documento concernente «Linee di indirizzo per la promozione ed il miglioramento della qualità della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali nel percorso nascita e per la riduzione del taglio cesareo» n. 137/CV del 16 dicembre 2010 definisce nel numero di cinquecento i parti minimi necessari per ogni punto nascita, al fine di garantire sicurezza e salute sia delle madri che dei neonati;
- è fondamentale responsabilità degli enti preposti rispettare le indicazioni e le decisioni che comportano la garanzia di sicurezza soprattutto nell’ambito della salute;
- i punti nascita della Regione Emilia-Romagna grazie alla professionalità del personale impiegato ed alle caratteristiche degli immobili e delle attrezzature possono essere certificate dalle AUSL, non avendo fino ad oggi manifestato criticità e risposto pienamente ai requisiti di accreditamento ottimali, per garantire sicurezza anche in presenza di meno di cinquecento parti.
CONSIDERATO CHE
- di recente l’Assessore al Welfare della Regione Lombardia, ha affermato pubblicamente che “sono state concesse le deroghe ai punti nascita di Sondalo (Sondrio), Chiavenna (Sondrio) e Gravedona (Como) per via del disagio orografico del territorio, e dei tempi di percorrenza superiori a un’ora per raggiungere il primo presidio utile, anche in condizioni meteo favorevoli” questo grazie al fatto che la Regione Lombardia ha richiesto e ottenuto delle deroghe per mantenere in attività i punti nascite di zone geograficamente disagiate, anche se questi non raggiungono il limite minimo fissato dalla Conferenza Stato Regioni nel 2010 di 500 parti all’anno;
- le soluzioni avanzate dalla Regione Lombardia per ottenere le deroghe suddette si basano su assunti similare a quanto contenuto nelle risoluzioni n. 576 e 1667, presentate dal Gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle Emilia-Romagna ad inizio legislatura, consistente in una “richiesta di deroga al Ministero per tutti i punti nascita che ricorrono nelle condizioni di cui al decreto ministeriale di deroga emanato dal Ministero della Salute in data 11 novembre, con il quale si apre alla possibilità̀ di sperimentazione in aree montane di punti nascite inferiori ai 500 parti annui, a condizione che vengano mantenuti gli standard di qualità e di sicurezza previsti dalla normativa, tenuto conto che rispetto alla qualità nazionale dei punti nascita quelli presenti in Emilia-Romagna sono generalmente di qualità superiore, come emerge da tutti gli studi esistenti, grazie soprattutto grande professionalità degli operatori sanitari”.. “ad agire nella Conferenza Stato-Regioni in ordine all’Accordo sulla salute firmato del 2010, affinché la normativa in essere sia adeguata alle esigenze della popolazione, in particolare nei territori montani, in cui ai fini del mantenimento dei punti nascita bisognerebbe prendere in considerazione non il numero dei parti effettuati nella struttura, ma bensì il numero di parti effettuati dal personale che opera nella struttura e la sua esperienza professionale, esperienza che può essere mantenuta su valori elevati con vari sistemi che escludono la chiusura dei punti nascita per le realtà con difficoltà orografiche, valutando, quindi, sulla base dei requisiti più ampi e che comprendano gli aspetti territoriali, dei livelli professionali, strutturali e tecnologici e non avendo come discrimine essenziale il solo riferimento numerico dei parti annui”;
- in particolare le deroghe concesse alla Regione Lombardia, per mantenere in attività i punti nascite di zone geograficamente disagiate, anche se questi non raggiungono il limite minimo fissato dalla Conferenza Stato Regioni nel 2010 di 500 parti all’anno, sono state fondate sull’assunto, sostenuto dal Gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle Emilia-Romagna ad inizio legislatura, che bisognerebbe prendere in considerazione non il numero dei parti effettuati nelle strutture, ma bensì il numero di parti effettuati dal personale che opera nelle strutture e la sua esperienza professionale, che può essere mantenuta su valori elevati con vari sistemi che escludono la chiusura dei punti nascita per le realtà disagiate per ragioni orografiche, facendo una valutazione sulla base dei requisiti più ampi e che comprendano gli aspetti territoriali, dei livelli professionali, strutturali e tecnologici senza avere come discrimine essenziale il solo riferimento numerico dei parti annui;
CONSTATATO CHE
le medesime condizioni che sono state prese in considerazione dal Ministero della Salute per la concessione delle deroghe suddette per la Regione Lombardia ricorrono per punti nascita delle zone montane e disagiate della Regione Emilia-Romagna.
TUTTO CIÒ PREMESSO
IMTERROGA LA GIUNTA REGIONALE E L’ASSESSORE COMPTETENTE
- se non ritenga opportuno predisporre in brevissimo tempo una proposta di deroga al Ministero della Salute, che possa tenere conto non soltanto delle condizioni orografiche, ma che valuti infrastrutture, competenze specialistiche del personale, dotazioni tecnologiche, affinché si superi l’eventuale chiusura dei punti nascita che non raggiungono il limite minimo fissato dalla Conferenza Stato Regioni nel 2010 di 500 parti all’anno, sulla base delle deroghe già concesse dal Ministero ad altre Regioni.
La Consigliera
(Raffaella Sensoli)