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Legislatura XI - Atto ispettivo ogg. n. 8273

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Oggetto:
Testo presentato:
8273 - Interpellanza per sapere se la Giunta ritenga necessario attivare politiche regionali specifiche con l'obiettivo di azzerare il divario retributivo di genere, con trasparenza salariale, incentivazione dell'occupazione femminile e del reinserimento lavorativo, investimenti nella formazione specifica e continua per donne di ogni età. A firma della Consigliera: Gibertoni

Testo:

Interpellanza

 

Visti

 

        il Patto per il lavoro e il clima di cui alla delibera di Giunta regionale 14 dicembre 2020, n. 1899, recante “Approvazione del “Patto per il lavoro e per il clima””, nonché le delibere di Giunta regionale: 1558/2021, 1694/2021, 820/2022, di aggiornamento dei firmatari del Patto e n. 1533 del 19 settembre 2022, recante “Approvazione della strategia attuativa del Patto per il lavoro e per il clima: “Tutela della salute e sicurezza sul lavoro””, in particolare, il punto 3.1 “LO SVILUPPO È SOSTENIBILE O NON È” laddove si afferma “Condividiamo lesigenza di progettare politiche strutturali … che contrastino le diseguaglianze di genere puntando alla piena parità, … Emergono, ad esempio, una maggiore disoccupazione femminile, un marcato divario salariale di genere, … ”, il punto 6.3 “EMILIA-ROMAGNA, REGIONE DEI DIRITTI E DEI DOVERI” laddove si afferma “Riteniamo che laumento delle diseguaglianze rappresenti un ostacolo allo sviluppo. I divari sociali, quelli economici e territoriali, quelli di genere e generazionali configgono con la nostra idea di democrazia e giustizia sociale e penalizzano lintera collettività, impedendone una crescita equilibrata e sostenibile.” e nelle “Linee di intervento” laddove si prevede “In collaborazione con il Tavolo regionale permanente per le politiche di genere e il diffuso associazionismo attivo sui temi dei diritti civili, sociali e di genere, progettare politiche innovative che promuovano: la qualità e la stabilità del lavoro femminile; leliminazione dei divari salariali di genere; i percorsi di carriera; la formazione in tutte le discipline; limprenditoria femminile; la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro anche attraverso un rafforzamento della rete dei servizi; la migliore distribuzione del carico di cura; interventi in materia di orari e tempi delle città; il contrasto a tutte le discriminazioni e alla violenza di genere e omobitransfobica.”;

        la Direttiva (UE) 2023/970 del Parlamento e del Consiglio, del 10 maggio 2023, volta a rafforzare l’applicazione del principio di parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso la trasparenza retributiva e i relativi meccanismi di applicazione;

        lo Statuto della Regione Emilia-Romagna, in particolare, l’articolo 2, comma 1, lettera b che individua tra gli obiettivi prioritari che ispirano la sua attività amministrativa “il perseguimento della parità giuridica, sociale ed economica fra donne e uomini e la rimozione degli ostacoli che impediscono la piena realizzazione di tale principio”;

        la legge regionale 27 giugno 2014, n. 6, recante “Legge quadro per la parità e contro le discriminazioni di genere”, in particolare il Titolo VI “Lavoro e occupazione femminile” e l’art. 27, comma 2 che prevede che “La Regione in particolare promuove l'autonomia economica delle donne che hanno subito violenza e si impegna a contrastare il fenomeno delle donne con fragilità sociale, economica ed occupazionale, assumendo, nei limiti della propria competenza, l'incentivazione dell'occupazione femminile, la qualità del lavoro delle donne, la parità salariale, l'orientamento formativo e l'inserimento delle ragazze nel mondo del lavoro, come elementi qualificanti il sistema regionale e le politiche del lavoro”;

 

premesso che

 

        esiste tutt’oggi un persistente e grave divario retributivo di genere che a livello dell’Unione europea si attesta, nel 2021, al 12,7%, con variazioni significative tra gli stati membri, infatti, nel 2018, nell’Unione europea le donne hanno guadagnato il 14,8 % in meno degli uomini, se si confronta la retribuzione lorda oraria media, mediamente questo divario retributivo di genere è presente in tutti gli Stati membri, ma varia da Paese a Paese.

        queste percentuali testimoniano il divario retributivo fra donne e uomini in termini di paga oraria ma non danno una lettura completa del fenomeno, fornendo un quadro generale delle diseguaglianze di genere, perché non riescono a rendere in cifre la segregazione di genere a livello occupazionale, così come i fattori culturali, legali, sociali ed economici che vanno molto oltre la mera questione di un'uguale retribuzione per un uguale lavoro;

        a livello del nostro paese e soprattutto del nostro territorio regionale abbiamo che il divario retributivo di genere è molto significativo: mediamente le donne under 35 in Emilia-Romagna hanno retribuzioni medie orarie di 15,5 euro inferiori rispetto agli uomini (il dato nazionale è di 13,3 euro) mentre per le over 35 il divario si fa più che doppio e pari a 37 euro (a livello nazionale il divario risulta di 32,4 euro medi giornalieri in meno per le donne over 35);

        restringendo l’analisi al solo capoluogo regionale abbiamo che il reddito imponibile medio degli uomini a Bologna, nel 2019, è pari a 30.276 euro e risulta ancora superiore del 43% rispetto al reddito imponibile medio femminile, pari a 21.167 euro, mentre il reddito mediano è invece risultato per gli uomini di 22.494 euro e per le donne di 17.934, quindi, il 25,4% in più per gli uomini, dato quest’ultimo che in 17 anni è sceso di 12,4 punti percentuali (nel 2002 la differenza era addirittura del 37,8% a favore degli uomini);

 

considerato che

 

        sebbene ci siano percentuali in diminuzione il divario retributivo di genere continua a seguire una traiettoria precisa: aumenta con il progredire della carriera, ovvero al momento della pensione diventa massimo, con il risultato che in tutte le aree del nostro Paese, e la regione Emilia-Romagna non fa eccezione, il differenziale tra gli stipendi di uomini e di donne si amplia sempre di più man mano che ci si avvicina all'età della pensione e questo è ancora più vero proprio per le mansioni più alte, di impiegata o dirigente, e nella parte più ricca del Paese, nel Nord, infatti nel Nord-Ovest, per esempio, tra i colletti bianchi il divario stipendiale di genere è 8 %, tra i quindici e i ventinove anni, e cresce fino al 35,4 % poco tempo prima del ritiro dall’attività lavorativa, con le conseguenze gravissime anche sul lato pensionistico;

        questo peggioramento del divario retributivo di genere che si ritrova tra i lavoratori a fine carriera e nelle professioni più remunerative è qualcosa di peculiare dell’Italia e ovviamente viene riscontrato anche per i laureati, infatti, chi ha un titolo universitario prima di andare in pensione ha uno stipendio notevolmente più alto di un diplomato, ma nel nostro Paese (e ancora una volta anche nella nostra regione) questo è molto più vero per gli uomini, con un più 93,7%, che per le donne, con un più 45,5% mentre in paesi come Francia e Germania, invece, il maggior guadagno di una laureata rispetto a una diplomata è rispettivamente dell’83,6% e del 60% e nell’Unione Europea (UE) in media del 59,7%, inoltre anche in questo caso le donne italiane con una laurea  prendono solo il 69% dello stipendio di un uomo con lo stesso titolo e la stessa età, mentre per le donne europee la media è del 78,6 % infine al contrario per le diplomate e per chi non ha neanche completato le scuole superiori il divario è decisamente inferiore;

        ma c’è anche dell’altro, ed quello che accade a partire da un giorno dopo il diploma o la laurea, quando gli studenti e le studentesse sono alla pari, e hanno alle spalle lo stesso background e anzi, le donne ottengono normalmente votazioni migliori dei compagni, eppure fin da subito, dal primo anno, le donne tendono a venire assunte molto più spesso degli uomini con un contratto precario, e meno con uno tempo pieno e indeterminato, sia nel caso delle diplomate che delle laureate, sia in generale anche se il confronto è realizzato tra lavoratori dello stesso settore e allo stesso modo è meno frequente che le donne trovino posto in mansioni per le competenze più richieste e retribuite;

        questi dati sono ancora più pesanti nel momento della pensione, infatti, l’analisi dei dati ha permesso di rilevare che su 16,1 milioni circa di pensionati nel nostro Paese nel 2022, il 52% sono di genere femminile; queste però hanno percepito solo il 44% dei redditi pensionistici, ovvero euro 141 miliardi, con un importo medio mensile pari a euro 1.416, del 36% inferiore rispetto a quello maschile, inoltre, il 70% dei percettori nella classe più alta (oltre i 3.000 euro mensili) è di genere maschile e questo deriva da una differenza nella tipologia di prestazione percepita, infatti, nel 2022, il 50% degli uomini riceve una pensione anticipata, cioè quelle di importo più elevato in media, contro il 20% delle donne, mentre queste ultime sono prevalenti nelle pensioni ai superstiti e tali divari emergono anche considerando gli importi medi delle prestazioni, con un vantaggio maschile medio di oltre il 60% ( 1.430 euro contro 884 euro, nel 2022), e nel numero di prestazioni pro-capite (mediamente maggiore per le donne), infine, emergono profonde differenze di genere negli importi anche a parità di tipologia di prestazione, soprattutto per prestazioni di vecchiaia e invalidità con un divario del 50%, mentre i trattamenti assistenziali, legati a situazioni di disagio economico e con tetti massimi relativamente contenuti, hanno valori simili, in media.

 

Interpella la Giunta regionale per sapere:

 

        se non ritenga necessario attivare politiche regionali specifiche con l’obiettivo di azzerare il divario retributivo di genere, con trasparenza salariale, incentivazione dell’occupazione femminile e del reinserimento lavorativo, investimenti nella formazione specifica e continua per donne di ogni età, con coinvolgimenti del più ampio numero di aziende e realtà, anche a partire da concreti impegni per i firmatari del Patto per il lavoro e per il clima, ed utilizzando al meglio le nuove tecnologie e la possibilità di certificazioni ad hoc.

 

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