Testo:
Interrogazione a risposta scritta
Visti
l’articolo 117 della Costituzione che indica fra le materie di legislazione concorrente quelle relative alla “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali”;
il decreto legge 22 gennaio 2004, n. 42 e ss.mm.ii., recante “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, ed in particolare gli artt. 6 e 7 che regolano le attività della funzione della valorizzazione e fruizione pubblica del patrimonio culturale, ivi comprendendo interventi di sostegno per la conservazione e la promozione, in forme compatibili e di rispetto con la tutela, favorendo altresì la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, e che fissa i criteri di collaborazione tra il Ministero, le Regioni e gli altri enti pubblici territoriali che perseguono il coordinamento, l’armonizzazione e l’integrazione delle attività di valorizzazione dei beni pubblici;
la legge regionale 24 marzo 2000, n. 18 recante “Norme in materia di biblioteche, archivi storici, musei e beni culturali” e in particolare l’articolo 2, comma 1, lettera a) ai sensi del quale la Regione “favorisce lo sviluppo degli istituti culturali attraverso forme di collaborazione tra gli stessi e con lo Stato, le Università, gli Enti locali, le Fondazioni bancarie ed altri enti pubblici e privati, promuovendo l’autonomia gestionale nelle forme più appropriate a seconda delle caratteristiche dei singoli beni e istituti culturali e delle esigenze di conservazione e valorizzazione degli stessi”;
la legge regionale 26 novembre 2020, n. 7, recante “Riordino istituzionale e dell’esercizio delle funzioni regionali nel settore del patrimonio culturale. Abrogazioni delle leggi regionali 10 aprile 1995, n. 29 e 1° dicembre 1998 n. 40 e modifica di leggi regionali”;
lo Statuto regionale, ed in particolare: l’art. 2 (Obiettivi), nel quale è stabilito che la Regione ispiri prioritariamente la propria azione, tra gli altri, ai seguenti obiettivi: il riconoscimento e la valorizzazione delle identità culturali e delle tradizioni storiche che caratterizzano le comunità residenti nel proprio territorio;
premesso che
la prima linea ferroviaria in Emilia-Romagna, la Milano-Bologna, è stata inaugurata nel 1859, da allora la rete ferroviaria, sull’attuale territorio regionale, si è sempre più estesa, sia ad opera dello Stato (che subentrava alle reti private concessionarie nazionali nel 1905), sia ad opera di altri concessionari locali, purtroppo, molte linee concesse sono state soppresse a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso e alcune tratte non sono state ricostruite dopo i danni della II Guerra Mondiale, altre ancora non sono state mai completate;
nella nostra regione, a partire dagli anni Settanta dell’800, si sviluppano anche le reti tranviarie urbane ed extraurbane, di cui le province dell’Emilia-Romagna erano particolarmente ricche;
la conservazione e il riconoscimento del patrimonio ferroviario in Italia è una pratica ancora piuttosto recente, infatti, nel nostro Paese, esistono soltanto una quindicina di musei ferroviari di cui la maggior parte ha una valenza esclusivamente locale, essendo nati per volontà di gruppi o associazioni di volontariato ed essendo legati alla salvaguardia di una particolare linea ferroviaria, come spesso è avvenuto, almeno all’inizio, anche in contesti stranieri che si sono poi evoluti, però, in realtà che, per importanza e riscontro di pubblico, hanno superato i confini nazionali;
in questa ottica e vista la disponibilità di parecchi veicoli storici, risalenti anche agli Anni Trenta del ‘900 o precedenti e di una area, non più utilizzata attualmente dalla società Trenitalia - TPER per le esigenze dell’esercizio ferroviario, ubicata a Modena, con un fabbricato Deposito-Officina, si potrebbe istituire un Museo storico ferroviario e tranviario e una Fondazione per la gestione dello stesso, con il fine della valorizzazione del patrimonio storico e tecnico, ferroviario e tranviario, con evidenti ritorni in di salvaguardia della memoria e arricchimento culturale e in termini turistici, evitando la dispersione di questo patrimonio e scongiurando il rischio sempre più concreto di una sua scomparsa definitiva;
considerato che
la suddetta Fondazione ed il Museo, che ricomprenderebbe in una cornice unica anche piccole realtà disperse già presenti sul territorio regionale, ma attualmente scollegate le une dalle altre, potrebbero avere sede in Modena nel complesso degli edifici di Piazza Dante, altresì noti come “Stazione Piccola”, compreso l’ex-Deposito e l’Officina di manutenzione rotabili e tutte le aree circostanti non necessarie all’esercizio della linea ferroviaria Modena-Sassuolo;
la Fondazione, alla luce del forte legame esistente tra la storia del trasporto tranviario e ferroviario in Emilia-Romagna, potrebbe essere costituita mediante legge regionale e diverrebbe ente strumentale dell’Amministrazione regionale per preservare, valorizzare e consegnare integro, a vantaggio anche delle generazioni future, un patrimonio di storia e di tecnica, simbolo del progresso e strumento di rafforzamento dell'unità regionale, sarebbero parte di detto patrimonio storico, tecnico e industriale i treni storici ancora funzionanti, simboleggiando l’evoluzione del trasporto ferroviario regionale, testimoniando i traguardi e le eccellenze tecniche conseguiti dal settore ferroviario in decenni e decenni di esperienza e rappresentando quello che è stato un modo di viaggiare fondamentale per intere generazioni;
nel dettaglio sarebbero patrimonio del Museo e della Fondazione: i treni storici non in esercizio e i musei ferroviari che rappresentano il luogo della memoria delle Ferrovie dell’Emilia-Romagna, i veicoli tranviari storici, funzionanti e non, ancora esistenti che abbiano fatto servizio o siano in qualche maniera collegati all’Emilia-Romagna, i fabbricati, ivi compresi i depositi locomotive, le rimesse e le officine di manutenzione, e gli apparati di sicurezza non più utilizzati per l’esercizio, i fondi archivistici, le biblioteche ed il ricchissimo patrimonio di foto, filmati e registrazioni che costituiscono consistenti ed importanti depositi di dati sulla storia regionale, tracciando un ritratto autentico della società regionale, dei suoi costumi, dei suoi cambiamenti, dalla prima metà dell’Ottocento ad oggi;
la Fondazione, coadiuvata da apposito Comitato Scientifico, potrebbe agire in prima persona per l’esercizio del parco rotabili storici ovvero affidare lo stesso, tramite accordi, ad imprese ferroviarie, comunque contribuendo a promuovere la conoscenza dei mezzi “tram” e “treno”, unitamente a manifestazioni di tipo culturale, eventi ed iniziative a carattere sociale e commerciale, a beneficio anche delle comunità e del territorio regionale.
Interroga la Giunta regionale per sapere:
se non ritenga opportuna e necessaria, in generale, una valorizzazione dell’ingente patrimonio, esistente a livello regionale, sia in termini di rotabili ferroviari e tranviari che di infrastrutture, ancorché dismessi o non più utilizzati, così come di tutte le testimonianze dell’esercizio ferroviario e tranviario, con oltre un secolo e mezzo di storia alle spalle sul territorio regionale;
se, in quest’ottica, non ritenga necessario lavorare per l’istituzione di un Museo e di una Fondazione, che potrebbero avere sede a Modena, nel complesso degli edifici di Piazza Dante, altresì noti come “Stazione Piccola”, compreso l’ex-Deposito e l’Officina di manutenzione rotabili e tutte le aree circostanti non necessarie all’esercizio ferroviario.