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Legislatura X - Progetto di legge (testo presentato : concluso/decaduto)

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Oggetto n. 9570
Presentato in data: 19/12/2019
Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri: "'Allontanamento zero': Interventi a sostegno della genitorialità e norme per la prevenzione degli allontanamenti". A firma del Consigliere: Facci

Presentatori:

Facci

Testo:

 

“Allontanamento zero”: interventi a sostegno della genitorialità e norme per la prevenzione degli allontanamenti”.

 


RELAZIONE

 

La Legge regionale 12 marzo 2003, n. 2 “Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la  realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali, all’art. 9 “Politiche familiari sostiene il ruolo essenziale della famiglia nella formazione e cura delle persone e nella promozione della coesione sociale, valorizza i compiti che le famiglie svolgono sia nella vita quotidiana, sia nei momenti di difficoltà e disagio legati all’assunzione di responsabilità di cura”.

 

In attuazione di tali principi e della normativa di riferimento nazionale (L. 184/83 “Diritto del minore ad una famiglia”) la Regione Emilia – Romagna, nel corso degli anni, ha dedicato particolare attenzione e specifici provvedimenti regionali volti ad assicurare il diritto di tutti i minori a crescere nell’ambito della propria famiglia e, qualora ciò non sia possibile, ad essere accolti in affidamento etero – famigliare, presso una comunità.

Di particolare rilievo, a livello nazionale, sono le linee di indirizzo adottate ai sensi dell’art. 9, comma2, lettera c) del decreto legislativo 28 Agosto 1997, n. 281 tra il Governo, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano, e ratificate in Conferenza Unificata il 21/12/2017, “per l’intervento con bambini e famiglie in situazioni di vulnerabilità – promozione della genitorialità positiva, a seguito dell’emanazione di alcune raccomandazioni europee di invito agli Stati membri a implementare azioni specifiche nei confronti della famiglia.

 

Tali linee di indirizzo nazionali si rivolgono ad amministratori, decisori politici, professionisti del pubblico e del privato sociale, attori delle reti sociali e delle associazioni impegnati, a vario titolo, con bambini e famiglie in situazione di vulnerabilità: Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha inteso con l’emanazione delle suddette linee di indirizzo favorire un diffuso investimento nell’infanzia e nella genitorialità, promuovendo innovazione nell’intervento con le famiglie vulnerabili da parte del sistema dei servizi titolari questa funzione, garantendone armonizzazione nelle diverse aree geografiche e nei di versi assetti organizzativi dei servizi presenti nel Paese.

 

Il punto centrale delle linee di indirizzo si focalizza sulla prevenzione dell’istituzionalizzazione attraverso il sostegno della genitorialità, con l’obbiettivo di proporre interventi profondamente innovativi, accogliendo la sfida del sostegno alla famiglia d’origine e della promozione di una “genitorialità positiva”, in grado di dare risposta ai bisogni di sviluppo del bambino anche in situazioni problematiche e di vulnerabilità psico-socio-economica, anche in coerenza con quanto previsto dalle “Linee guida per la valutazione multidimensionale”, approvate dalla Conferenza permanente Stato Regioni e Province Autonome.

 

Il problema da affrontare è sicuramente nazionale e solo nuove politiche di promozione e sostegno alle famiglie in situazione di fragilità o inadeguatezza potranno favorire l’esercizio  delle loro funzioni educative e di cura e la permanenza dei minori all’interno del proprio nucleo di origine, creando e ricreando  condizioni adeguate alla loro crescita, consentendo il superamento della situazione di difficoltà.

 

La finalità degli interventi è il sostegno alla famiglia di origine affinché questa, anche con il supporto della rete parentale e degli enti o associazioni senza  fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie, riesca ad esprimere appieno le proprie risorse potenziali, assicurando un ambiente idoneo a consentire la crescita armonica del minore nella propria famiglia. Il testo del disegno di legge si sviluppa con la finalità esclusiva della tutela del superiore interesse dei minori, in ottemperanza alle indicazioni internazionali di cui alla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176 e valorizza il contributo di esperienza dei servizi che hanno il compito istituzionale della presa in carico dei nuclei familiari in difficoltà e delle associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie.

 

ANALISI DEGLI ARTICOLI

 

L’art. 1 stabilisce le finalità e i principi generali che l’Amministrazione regionale si pone con il presente disegno di legge, che prevede, la tutela del diritto del minore a crescere nell’ambito della propria famiglia, rimuovendo gli ostacoli che si frappongono alla sua realizzazione anche attraverso un’opera di sostegno economico, sociale psicologico ai genitori e, in mancanza di essi, ai parenti entro il quarto grado, senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell’orientamento.

 

L’art. 2 stabilisce che, nel territorio regionale, l’allontanamento  di un minore dal nucleo famigliare di origine per cause di fragilità o inadeguatezza genitoriale può essere praticato solo successivamente all’attuazione di un progetto educativo famigliare (P.E.F) pertinente e dettagliato, costruito con la famiglia, contente obbiettivi di cambiamento e miglioramento delle relazioni famigliari possibili e verificabili.

 

Finalità di tali interventi è il sostegno alla famiglia di origine affinché questa, anche con il supporto della rete parentale e degli enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie, riesca ad esprimere appieno le proprie risorse potenziali, assicurando un ambiente idoneo a consentire la crescita armonica del minore nella propria famiglia.

 

L’art. 3 declina le politiche regionali finalizzate ad assicurare il diritto del minore alla propria famiglia d’origine, mettendo a sistema e consolidando le pratiche professionali più qualificate ed ampiamente sperimentate nel territorio regionale.

 

L’art. 4 individua le azioni fondamentali, di competenza della regione e del sistema dei servizi sociali di cui alla Lr. 2/2003, da perseguire per attuare il diritto dei minori a crescere ed essere educati nell’ambito della propria famiglia di origine, e, nei casi in cui ciò non sia possibile, le misure organizzative dei servizi di affidamento famigliare.

 

L’art. 5 ribadisce il principio che le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà parentale non possono essere motivo di allontanamento del minore dalla propria famiglia: per conseguire tale obbiettivo sono disposti interventi di sostegno e di aiuto di tipo economico, domiciliare, educativo a favore delle famiglie di origine del minore, con impegno economico almeno pari alla retta in presidio o al contributo all’affido eventualmente erogabile, attraverso la predisposizione di un progetto educativo famigliare (PEF), come definito nei suoi contenuti fondamentali all’art.2.

 

L’art. 6 elenca i principali interventi di sostegno alle famiglie, con carattere prioritario e preventivo rispetto all’allontanamento del minore dal nucleo famigliare.

 

Parallelamente agli interventi di competenza dei servizi sociali, ai sensi della L.R. 2/2003 sono altresì previsti interventi di sostegno da assicurarsi da parte dei Comuni, di concerto con gli enti e i soggetti competenti, nei seguenti casi: indigenza economica, sfratto per morosità, mancanza di sistemazione abitativa.

In linea con quanto previsto dalla normativa nazionale in materia, si stabilisce che, qualora non sia sufficiente il sostegno famigliare, è previlegiato l’affidamento famigliare fino al quarto grado di parentela, diurno e residenziale. Ove ciò non risulti possibile, nel superiore ed esclusivo interesse del minore, si provvederà all’affidamento etero famigliare.

L’art. 7 prevede che debba essere garantita una valutazione multidisciplinare della situazione di disagio famigliare e del minore: a tal fine, viene evidenziata l’importanza che la relazione dei servizi sociali comprendano tutti gli elementi di analisi e valutazione necessari, provenienti da altri soggetti che siano in contatto con il minore e la sua famiglia. In quest’ambito si sottolinea altresì il ruolo dei servizi di psicologia nell’attività di valutazione sullo stato psicologico del minore e nell’attività psicoterapeutica a sostegno del nucleo.

Ai sensi dell’art. 8 la Regione favorisce interventi di assistenza e mediazione famigliare, presenti da enti locali singoli o associati e da associazioni e organizzazioni di volontariato iscritte al registro nazionale unico del terzo settore che hanno come finalità la permanenza del minore nella famiglia d’origine e la tutela dei minori e delle famiglie.

 

L’art. 9 individua i criteri in base hai quali viene disposto l’affidamento famigliare ed etero famigliare, qualora il coinvolgimento della comunità famigliare siano al quarto grado di parentela dia esito negativo, debitamente documentato.

 

I servizi sociali, di concerto con i sevizi sanitari, fin dalla fase di selezione delle coppie e dei singoli disponibili all’affidamento, seguono lo svolgimento dell’affidamento conducendo verifiche trimestrali con gli operatori coinvolti nel progetto, le famiglie ed il minore, prevedendo anche l’opportunità di incontri tra famiglia d’origine e famiglia affidataria, qualora non ci siano indicazioni diverse da parte dell’Autorità Giudiziaria.

 

I servizi sono infine chiamati ad individuare un operatore con funzioni di “operatore dell’affido temporaneo” che possa seguire le fasi di rientro e di accompagnamento del minore nella propria famiglia di origine.

 

L’art. 10 impegna la Regione a valutare l’inserimento dei minori in strutture semi-residenziali e residenziali, quale intervento da disporre in via residuale e eccezionale e definisce modalità e contenuti dei progetti educativi famigliari, che dovranno anche descrivere indicatori di esito e di efficacia degli interventi attuati dalle strutture in cui il minore è inserito, in favore del suo rientro in famiglia. La Giunta regionale, inoltre, con propria deliberazione, entro 180 giorni, avvia la revisione dei requisiti strutturali, gestionali ed organizzativi e la definizione delle tariffe delle strutture residenziali e semi-residenziali per minori tenendo conto che i presidi per minori, fatto salvo il progressivo superamento dei presidi 0/5 anni come previsto dall’art. 3, si articolano in fasce di età 6/10 anni, 11/14 e 15/17 anni.

 

L’art. 11 sancisce l’istituzione all’interno dell’Osservatorio regionale per l’infanzia adolescenza e giovani (di cui alla legge regionale 14/2008) di una struttura permanente di monitoraggio sull’allontanamento dei minori, che avrà il compito di verificare la casistica, le attività, prestazioni sociali e sanitarie, allo scopo di programmare gli interventi idonei.

 

L’art. 12 demanda alla giunta regionale, informata la commissione consiliare competente, l’approvazione con propria deliberazione delle linee guida di attuazione degli articoli 4,5,6,7,8 e 9.

 

L’art. 13 introduce la clausola valutativa con attenzione specifica a tutti gli aspetti di attuazione della nuova legge.

 

L’art. 14 prevede la norma transitoria legata all’adozione della presente legge.

 

L’art. 15 prevede la descrizione della dotazione finanziaria derivante dall’applicazione della presente legge oltre alla loro cumulabilità con entrate diverse. Si veda inoltre  l’apposita analisi tecnico-finanziaria di seguito riportata.

 


Art. 1

Finalità e principi generali

 

1. La Regione Emilia-Romagna con la presente legge, tutela il diritto del minore a crescere nell’ambito della propria famiglia naturale, secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184 e successive modificazioni, rimuovendo gli ostacoli che si frappongono alla sua realizzazione anche attraverso un'opera di sostegno economico, sociale e psicologico ai genitori e, in mancanza di essi, ai parenti entro il quarto grado.

 

2. Ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della legge n. 184/1983, il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento.

 

3. Per minore si intende, ai sensi della legge 27 maggio 1991, n. 176 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989), ogni essere umano avente un'età inferiore a diciotto anni.

 

Art. 2

Allontanamento zero

 

1. Nella regione l’allontanamento di un minore dal nucleo famigliare di origine per cause di incapacità o inadeguatezza genitoriale può essere praticato solo successivamente all’attuazione di un Progetto Educativo Individualizzato (P.E.I.) che abbia almeno la durata semestrale, di interventi di recupero della capacità genitoriale della famiglia originaria e dalla rimozione delle cause che impediscono l’esercizio della sua funzione educativa e di cura.

 

2. Fatte salve diverse prescrizioni dell’autorità giudiziaria competente, prima di attivare l’allontanamento di un minore, i servizi sociali di cui alla L.R. 2/2003 e s.m.i. pongono prioritariamente in essere tutti gli interventi di assistenza socio-educativa territoriale, assistenza domiciliare, assistenza economica e attività di socializzazione di inserimento e reinserimento sociale, di sostegno a favore della famiglia d’origine, affinché questa, anche con il supporto della rete parentale e degli enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie, riesca ad esprimere appieno le proprie risorse potenziali, assicurando un ambiente idoneo a consentire il permanere del minore al proprio interno.

 

Art. 3

Diritto del minore alla propria famiglia naturale

 

1. Per evitare la separazione dei minori dal nucleo e dalla comunità familiare di origine, al fine di consentire alle famiglie naturali di esprimere appieno le proprie risorse e potenzialità e di assicurare un ambiente idoneo alla crescita del minore, con la presente legge la regione potenzia o avvia politiche finalizzate a:

 

a) prevenzione dell’allontanamento realizzando interventi di sostegno alla genitorialità;

 

b) coinvolgimento della comunità familiare fino al quarto grado di parentela;

 

c) progressivo contenimento degli inserimenti in struttura;

 

d) progressivo superamento dell’inserimento in struttura residenziale dei minori della fascia 0/5 anni;

 

e) progettazione di azioni innovative nel settore dell’accoglienza familiare;

 

f) contenimento dei periodi di inserimento in struttura;

 

g) rientro del minore nella famiglia naturale, garantito in tempi il più possibile brevi nel rispetto del principio di continuità dei rapporti familiari/parentali.

 

Art. 4

Azioni

 

1. La regione definisce le modalità organizzative per attuare prioritariamente il diritto dei minori di crescere ed essere educati nell’ambito della propria famiglia naturale e, per i casi in cui la famiglia di origine non è in grado di provvedere alla sua crescita ed educazione, predispone le misure organizzative dei servizi di affidamento famigliare nell’ambito del piano di zona di cui alla L.R. 2/2003 e s.m.i. e delle risorse finanziarie disponibili.

 

2. La regione, attraverso il sistema dei servizi sociali di cui alla L.R. 2/2003 e s.m.i. provvede a:

 

a) sostenere con gli interventi di cui alla presente legge i nuclei famigliari a rischio al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nella famiglia d’origine;

 

b) promuovere protocolli di intesa tra Enti locali, Istituzioni ed ogni altro soggetto operante nella tutela dei minori e a sostegno della famiglia naturale, diretti alla realizzazione di reti e sistemi articolati di assistenza in modo omogeneo sul territorio regionale;

 

c) destinare una quota non inferiore al 50% delle risorse del sistema integrato dei servizi sociali e delle politiche familiari per le misure di prevenzione all’allontanamento della presente legge;

 

d) disporre l’affidamento famigliare quando la famiglia di origine e la comunità familiare fino al quarto grado di parentela non è in grado di provvedere alla crescita e all’educazione del minore, esercitando le funzioni in abbinamento fra il minore e la famiglia o al singolo affidatario più adeguati per caratteristiche ai suoi bisogni, alle propensioni e abitudini personali;

 

e) mantenere i rapporti con l’autorità giudiziaria competente;

 

f) promuovere iniziative di formazione, aggiornamento e consulenza per gli operatori coinvolti in azioni di affidamento famigliare;

 

g) seguire lo svolgimento dell’affidamento conducendo con verifiche periodiche fra gli operatori coinvolti nel progetto, le famiglie ed il minore, prevedendo anche l’opportunità di incontri tra famiglia d’origine e famiglia affidataria;

 

h) svolgere le fasi di rientro e di accompagnamento del minore nella propria famiglia.

 

Art. 5

Impossibilità di allontanamento del minore per indigenza

del nucleo familiare di origine

 

1. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere motivo di allontanamento del minore dalla propria famiglia.

 

2. Per conseguire gli obiettivi di cui al comma 1 e garantire i diritti del minore a crescere nella famiglia naturale, sono disposti interventi di sostegno e di aiuto di tipo economico, domiciliare, educativo a favore della famiglia di origine del minore almeno pari alla retta in presidio o al contributo all’affido eventualmente erogabile.

 

3. Il Progetto Educativo Individualizzato di cui all’articolo 2 deve espressamente prevedere misure di sostegno economico alla famiglia e interventi a supporto della genitorialità qualora siano presenti minori di età compresa tra i zero e i tre anni in coerenza con quanto definito dal D.Lgs 4 convertito in L. 26 del 29 marzo 2019.

 

4. Nei casi previsti dal comma precedente sono individuati quali strumenti per la definizione del Progetto Educativo Individualizzato le “Linee guida per la valutazione multidimensionale”, così come approvate dalla Conferenza permanente Stato Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano.

 

Art. 6

Interventi di sostegno alla famiglia

 

1. Il sistema regionale dei servizi sociali di cui alla L.R. 2/2003 e s.m.i. attua interventi di assistenza domiciliare, rivolti al sostegno di persone e famiglie non in grado di provvedere autonomamente alle esigenze della vita quotidiana propria e degli eventuali minori a carico e mirati al soddisfacimento di esigenze personali, domestiche, relazionali, educative e riabilitative, con simultanea attivazione obbligatoria di un progetto formale di recupero o rafforzamento per la famiglia di origine.

 

2. Laddove non è sufficiente il sostegno familiare è privilegiato l’affidamento familiare fino al quarto grado di parentela, diurno o residenziale. Soltanto dopo aver coinvolto la comunità familiare con esito negativo certificato si provvederà all’affido extra-familiare.

 

3. La Regione, anche in concerto con Enti e associazioni, promuove e sostiene progetti sperimentali e percorsi di aiuto per la famiglia di origine finalizzati ad un minor ricorso all’allontanamento minorile e ad un più veloce rientro famigliare dei minori allontanati.

 

4. I Comuni pongono in essere interventi di sostegno ai nuclei familiari con minori nei seguenti casi:

 

a) indigenza economica;

 

b) sfratto per morosità;

 

c) mancanza di sistemazione abitativa.

 

5. Gli interventi di sostegno consistono in interventi economici e abitativi idonei a permettere il mantenimento del minore nell’ambito del nucleo familiare.

 

6. Gli interventi di cui al comma precedente hanno carattere prioritario rispetto agli interventi comportanti l’allontanamento del minore dal nucleo familiare.

 

Art. 7

Interventi multidisciplinari di valutazione

 

1. Al fine di veder garantita una valutazione multidisciplinare della situazione di disagio familiare e del minore le relazioni dei servizi sociali dovranno essere necessariamente suffragate da  relazioni dell’autorità scolastica e da altri soggetti terzi che siano a contatto con il minore (associazioni sportive, enti religiosi, etc).

 

2. In ogni Azienda Sanitaria Locale del territorio regionale i servizi di psicologia realizzano una propria valutazione sullo stato psicologico del minore e svolgono attività  psicoterapeutica, al fine di rinforzare le capacità del nucleo familiare.

 

Art. 8

Programmi di assistenza e mediazione familiare

 

1. La Regione per le finalità di cui all'articolo 2, favorisce programmi di assistenza e mediazione familiare presentati:

 

a) da enti locali singoli o associati;

 

b) da associazioni e organizzazioni di volontariato iscritte al registro nazionale unico del terzo settore che hanno come finalità la permanenza del minore nella famiglia naturale.

 

2. I programmi possono prevedere:

 

a) soluzioni abitative, anche temporanee, nelle quali viene ospitato a tariffa agevolata la famiglia che si trova in condizioni di grave difficoltà economica;

 

b) percorsi di supporto psicologico diretti al superamento del disagio, al recupero della propria autonomia ed al mantenimento del ruolo genitoriale.

 

Art. 9

Criteri per l’affidamento familiare

 

1. Laddove non si rilevi sufficiente il sostegno familiare fornito dalla rete dei servizi sociali e sanitari, in collaborazione con enti ed associazioni, ed emerga come necessaria la collocazione extra familiare dei minori, viene privilegiato l’affidamento familiare fino al quarto grado di parentela, diurno o residenziale. Solo qualora il coinvolgimento della comunità familiare sino al quarto grado di parentela dia esito negativo si provvederà all’affido extra-familiare. L’esito negativo deve essere certificato tramite la predisposizione di relazioni scritte relative al percorso effettuato.

 

2. La selezione delle famiglie affidatarie dovrà essere realizzata attraverso procedure di carattere sociale e psicologico, identificabili e documentabili.

 

3. Il minore privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno dovutamente certificati e relazionati di cui al comma 1 dell’articolo 2, è affidato alla famiglia preferibilmente con figli minori o ad una persona singola in grado di garantirgli l’educazione, l’istruzione, la serenità, le relazioni affettive e lo sviluppo psico-fisico di cui ha bisogno.

 

4. Ogni famiglia affidataria può ospitare all’interno del proprio nucleo famigliare non più di due minori, salvo che non debba ospitare un numero maggiore di fratelli e sorelle.

 

5. Nel caso in cui l’affidamento interessi fratelli e o sorelle, gli stessi dovranno essere affidati allo stesso nucleo familiare.

 

6. I servizi sociali seguono lo svolgimento dell’affidamento conducendo verifiche trimestrali con gli operatori coinvolti nel progetto, le famiglie ed il minore, prevedendo anche l’opportunità di incontri tra famiglia d’origine e famiglia affidataria.

 

7. I servizi sociali di concerto con i servizi sanitari adottano iniziative volte a garantire la temporaneità dell’affidamento istituendo la figura dell’operatore dell’affido temporaneo, che possa seguire le fasi di rientro e di accompagnamento del minore nella propria famiglia naturale.

 

Art. 10

Strutture residenziali e semiresidenziali per minori

 

1. Il sistema dei servizi socio-assistenziali di cui alla L.R. 2/2003 e s.m.i. valuta l’inserimento dei minori in strutture semi-residenziali e residenziali quale intervento da disporre in via residuale ed eccezionale, solo laddove gli interventi di prevenzione e sostegno alla famiglia d’origine, nonché la ricerca di soluzioni di accoglienza in affido famigliare (a familiari fino al quarto grado di parentela, residenziale, diurno, a tempo parziale, a famiglie o singoli) non siano praticabili, nel superiore interesse del minore ed esclusivamente nel rispetto dei tempi massimi di permanenza previsti.

 

2. I Progetti Educativi Individualizzati (P.E.I.) intesi come progetti sviluppati dai servizi territoriali e delle azioni volte ad affrontare la complessità della situazione del minore e/o della sua famiglia, devono indicare con chiarezza:

 

a) gli obiettivi terapeutici da perseguire con l’inserimento del minore nel programma;

 

b) gli obiettivi di cambiamento da raggiungere dovranno essere identificati in modo da essere significativi, raggiungibili, osservabili e misurabili;

 

c) la durata degli inserimenti.

 

3. Nel P.E.I. devono essere descritti gli indicatori di esito e di efficacia degli interventi attuati dalle strutture in cui il minore è inserito; tali indicatori dovranno rispondere a metodologie standardizzate e legittimate da un punto di vista tecnico scientifico, secondo quanto indicato dalle linee guida regionali.

 

4. Le relazioni di verifica periodica dei P.E.I. devono essere comunicate e condivise con i genitori naturali del minore, qualora non sussistano provvedimenti contrari delle autorità giudiziarie.

 

5. I servizi socio-assistenziali, provvedono, a stilare un Piano educativo finalizzato al rientro del minore nella famiglia naturale entro 30 giorni dall’allontanamento.

 

6. La Regione implementa le procedure necessarie a tutelare e garantire l’assenza di conflitto di interessi tra le professionalità operanti nel servizio pubblico sociale e sanitario coinvolti nei processi di affido e collocazione extra-familiare dei minori.

 

7. La giunta regionale, con propria deliberazione, entro 180 giorni, stabilisce i requisiti strutturali, gestionali ed organizzativi e le tariffe delle strutture residenziali e semi-residenziali per minori tenendo conto che i presidi per minori si articolano in fasce di età 0/6 anni, 7/12 anni e 13/17 anni.

 

Art. 11

Osservatorio sugli allontanamenti di minori

 

1. L’Osservatorio regionale per l’infanzia, adolescenza e giovani, di cui all’art. 7 L.R. 14/2008, istituisce al proprio interno, entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, una struttura permanente di monitoraggio delle fattispecie di allontanamento di minori dalle loro famiglie naturali, con il compito di verificare e classificare la casistica, le attività, le prestazioni sociali e sanitarie, allo scopo di programmare gli interventi necessari ed idonei. Le rilevazioni devono riguardare:

 

a) numero di minori allontanati dal nucleo familiare;

 

b) motivo dell’allontanamento;

 

c) soggetto segnalatore per cui è nato il percorso di allontanamento;

 

d) soggetto che ha ospitato il minore allontanato: famiglia affidataria della comunità familiare, famiglia affidataria extra-familiare, comunità residenziale, comunità psichiatrica per minori, casa famiglia etc.

 

e) tempo di permanenza all’interno delle strutture di cui alla lettera d);

 

f) rientro nella comunità familiare dopo l’allontanamento;

 

g) numero di allontanamenti avvenuti in ogni singolo anno divisi per i singoli Enti gestori dei servizi sociali delle funzioni socio-assistenziali;

 

h) attività interventi realizzati dagli Enti gestori dei servizi sociali;

 

i) interventi realizzati  dai servizi sanitari;

 

l) spesa complessiva annuale distinta per tipologia di interventi attuati: permanenza nelle strutture residenziali, contributo concesso alle famiglie affidatarie, assistenza domiciliare o ogni tipo di attività finalizzata ad evitare l’allontanamento del minore dal suo nucleo familiare.

 

2. Gli Enti gestori dei servizi socio-assistenziali di cui alla L.R. 2/2003 e s.m.i. trimestralmente, secondo il calendario e le modalità definite dalla Direzione regionale competente, trasmettono all’osservatorio copia anonimizzate dei decreti di allontanamento e relative relazioni, nonché i dati di cui al comma 1.

 

3. Nel caso di inadempienza nella trasmissione dei dati di cui ai commi precedenti gli enti gestori subiranno una decurtazione del fondo indistinto destinato alle politiche sociali del 10%.

 

Art. 12

Adempimenti amministrativi

 

1. La giunta regionale approva con propria deliberazione, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le linee guida di attuazione degli articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 9, informata la commissione consiliare competente.

 

Art. 13

Clausola valutativa

 

1. La Giunta regionale, con cadenza biennale presenta al Consiglio regionale una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, evidenziando i risultati ottenuti nella tutela del diritto del minore a crescere prioritariamente nell’ambito della propria famiglia naturale.

 

2. La direzione regionale competente per materia svolge un’azione di monitoraggio dell’impiego delle risorse assegnate per le finalità di cui alla presente legge, nonché dei programmi di cui all’art. 8.

 

Art. 14

Norma transitoria

 

1.La percentuale di cui all’articolo 4 comma 2 lettera c) è determinata nella misura del 20% per l’anno 2020, e 40% a partire dall’anno 2021.

 

Art 15

Disposizioni finanziarie

 

1. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 4, comma 2, lettera c) e dell’art. 14, comma 1, quantificati per l’anno 2020 in € 9.000.000 e per l’anno 2021 in € 12.000.000 la Regione fa fronte con le risorse già allocate nella missione 12 (Diritti sociali, politiche sociali e famiglia), programma 1 (Interventi per l’infanzia e i minori e per asili nido), Titolo 1 (spese correnti)  del bilancio di previsione finanziario 2020-2022”.

 

2. Alla ripartizione delle risorse, per il finanziamento di progetti e interventi da realizzare in attuazione della presente legge, si provvede annualmente con apposito provvedimento della Giunta regionale.

 

2. I finanziamenti concessi ai sensi della presente legge sono cumulabili con quelli previsti da altre normative statali, regionali o comunitarie, purché da queste non diversamente stabilito, secondo le procedure e le modalità previste dalle norme medesime.

 

Art 16

Clausola di invarianza e/o neutralità finanziaria

 

1. Dalla presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio regionale.

 

 

 

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