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113.
SEDUTA DI MERCOLEDÌ 19 DICEMBRE 2012
(ANTIMERIDIANA)
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RICHETTI
Indice
Aggiornamento della seduta
PRESIDENTE (Richetti)
OGGETTO 3358
Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Legge finanziaria regionale adottata a norma dell'art. 40 della L.R. 15/11/2001, n. 40 in coincidenza con l'approvazione del bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 2013 e del bilancio pluriennale 2013-2015» (53)
(Relazione della Commissione, relazione di minoranza, discussione, conclusioni ed esame articolato)
OGGETTO 3359
Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 2013 e Bilancio pluriennale 2013-2015» (54)
(Relazione della Commissione, relazione di minoranza, discussione e conclusioni)
(Ordine del giorno oggetto 3358-3359/1 - Presentazione) (70)
(Ordine del giorno oggetto 3358-3359/2 - Presentazione) (71)
PRESIDENTE (Richetti)
VECCHI Luciano, relatore della Commissione
LOMBARDI, relatore di minoranza
VILLANI (PDL)
ALESSANDRINI (PD)
MANFREDINI (Lega Nord)
GRILLINI (Italia dei Valori)
DONINI (Fed. della Sinistra)
MORICONI (PD)
SALIERA, vicepresidente della Giunta
BARBATI (Italia dei Valori)
Allegato
Partecipanti alla seduta
Allegato A
Atti esaminati nel corso della seduta
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE RICHETTI
La seduta ha inizio alle ore 9,41
PRESIDENTE (Richetti): Dichiaro aperta la centotredicesima seduta della IX legislatura dell'Assemblea legislativa.
Siamo convocati in seduta contingentata per le leggi di bilancio.
Diamo comunicazione dell’assenza del presidente Errani, ai sensi dell’articolo 65, comma 2 del Regolamento interno dell’Assemblea, che, quindi, in caso di votazione viene conteggiato fra i presenti al solo fine del numero legale.
Ha comunicato di non poter partecipare alla seduta odierna la consigliera Meo.
Aggiornamento della seduta
PRESIDENTE (Richetti): Non è presente in Aula il relatore di minoranza, pertanto aggiorniamo la nostra seduta alle ore 10.
(La seduta, sospesa alle ore 9,42, è ripresa alle ore 10)
OGGETTO 3358
Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Legge finanziaria regionale adottata a norma dell'art. 40 della L.R. 15/11/2001, n. 40 in coincidenza con l'approvazione del bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 2013 e del bilancio pluriennale 2013-2015» (53) (Relazione della Commissione, relazione di minoranza, discussione, conclusioni ed esame articolato)
OGGETTO 3359
Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l'esercizio finanziario 2013 e Bilancio pluriennale 2013-2015» (54) (Relazione della Commissione, relazione di minoranza, discussione e conclusioni)
(Ordine del giorno oggetto 3358-3359/1 - Presentazione) (70)
(Ordine del giorno oggetto 3358-3359/2 - Presentazione) (71)
PRESIDENTE (Richetti): Apriamo i lavori della nostra seduta.
L’Assemblea è convocata in sessione unica ed esclusiva di bilancio, organizzata a norma degli articoli 99 e 20 del Regolamento, con contingentamento dei tempi stabilito in 6 ore e 30 minuti. L’esame è relativo agli oggetti 3358, riguardante il progetto di legge di iniziativa della Giunta: "Legge finanziaria regionale adottata a norma dell’articolo 40 della legge regionale n. 40 del 2001, in coincidenza con l’approvazione del bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l’esercizio finanziario 2013 e del bilancio pluriennale 2013-2015" e 3359, progetto di legge di iniziativa della Giunta: "Bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l’esercizio finanziario 2013 e Bilancio pluriennale 2013-2015".
I progetti di legge si compongono rispettivamente di 44 e 22 articoli.
Il relatore della Commissione è il consigliere Luciano Vecchi che ha presentato relazione scritta, così come il relatore di minoranza, il consigliere Marco Lombardi.
La parola al consigliere Luciano Vecchi per la relazione.
VECCHI Luciano, relatore della Commissione: Grazie, presidente.
Come sempre mi limiterò ad alcune considerazioni, rinviando poi l’approccio al dettaglio del bilancio della legge finanziaria alla relazione scritta che ho presentato e che è stata distribuita.
Il primo dato che occorre affrontare nella predisposizione del bilancio per il 2013 e di quello pluriennale per il 2013-2015 è una situazione di crescente difficoltà, dovuta a vari fattori legati sia alla situazione esterna, con il perdurare di una crisi internazionale ed europea molto seria, sia alla crisi economica e sociale italiana che all’aggravarsi delle condizioni finanziarie in cui sono sempre più costrette ad operare le Amministrazioni regionali e locali.
La redazione del bilancio avviene quindi in un contesto dagli scenari estremamente complessi e difficili nello scenario europeo e nazionale ma anche regionale: la perdurante crisi economica, una ripresa lenta e lunga e tutta da consolidare, gli eventi sismici che hanno colpito la nostra Regione.
C’è grande incertezza anche per determinare il quadro delle risorse regionali disponibili, a causa del susseguirsi di manovre correttive dei conti pubblici da parte del Governo centrale. Ne discende una grande difficoltà a prevedere interventi da destinare a misure anticrisi, al sostegno dell’occupazione ed al rilancio dell’economia regionale, per altro credo che saremo una delle poche Regioni che riuscirà ad adottare nei tempi previsti il bilancio previsionale.
Le manovre statali tese al risanamento finanziario stanno significando nella realtà dei fatti un taglio ai servizi essenziali per i cittadini, poiché il taglio lineare delle risorse, in particolare quello iniziato nell’anno 2010, soprattutto nei comparti della sanità e del trasporto pubblico locale, crea una situazione sempre meno sostenibile anche per il nostro sistema regionale.
Si aggiunga a queste valutazioni che il decennio appena trascorso è stato particolarmente pesante per il comparto produttivo del sistema Italia. L’ingresso nell’euro e la fine della svalutazione competitiva, misure indispensabili e positive, non sono state accompagnate da scelte stringenti di riforma del sistema e da adeguate politiche per l’innovazione e la crescita e tutto ciò ha contribuito a produrre, con la concorrenza dell’aumento della speculazione finanziaria, una riduzione della capacità competitiva del Paese; ciò ha portato complessivamente ad una caduta degli investimenti in innovazione tecnologica e nella capitalizzazione delle imprese, con l’aumento dell’esportazione di capitali.
Il 2013 dovrà essere, auspicabilmente, l’anno entro il quale il nuovo Governo nazionale dovrà operare per ridare centralità alla produzione. Una politica industriale "integralmente ecologica", più forza e maggiori prospettive per le piccole e medie imprese, maggiore sostegno all’economia reale e alle forze che la promuovono, la riduzione dei crescenti squilibri sociali e territoriali saranno il primo grande test politico e culturale che il Governo nazionale, legittimato dalle urne in primavera, dovrà sperimentare.
Il quadro generale continua a segnare la persistente difficoltà, nell’ambito dell’Unione Europea, di determinare o di contribuire a determinare una svolta nella situazione economica e sociale e di consolidamento delle garanzie rivolte ai debiti sovrani, che sono uno degli elementi di difficoltà, che poi, a cascata, pesa sull’intero territorio dell’Unione, in maniera particolare sui Paesi più deboli o periferici, tra i quali il nostro.
In particolare, l’area dell’euro ha risentito fortemente della crisi del debito pubblico dei paesi periferici, dell’assenza di sistemi sovranazionali di controllo e garanzia bancaria e della mancanza di un unitario e coeso sostegno politico all’adozione delle misure di intervento necessarie. Le politiche di austerità hanno avuto un effetto recessivo su consumi ed investimenti e di conseguenza sul mercato del lavoro. Le prospettive di crescita per l’Area Euro sono estremamente contenute (+0,7 per cento) e sono state riviste al ribasso rispetto alle previsioni elaborate in aprile e questo dimostra quanto la situazione sia debole ed incerta. I paesi dell’Unione monetaria evidenziano uno scenario moderatamente recessivo, dovuto al calo della crescita tedesca, alla stagnazione dell’economia francese e agli andamenti recessivi previsti per Spagna e Italia, che sono maggiormente vulnerabili alle turbolenze finanziarie legate al debito sovrano.
La politica, dunque, deve agire per recidere il legame tra rischio bancario e il rischio sovrano, accrescendo l’omogeneità della zona Euro superando la segmentazione del settore bancario con una vera unione bancaria europea. Pilastro della nuova unione bancaria deve essere la supervisione del sistema bancario nelle mani della Bce su cui il Parlamento europeo sta lavorando dalla fine dell’estate e sui cui lo stesso Consiglio europeo si è espresso nei giorni scorsi.
Per proiettare l’Europa fuori dalla crisi occorrerà agire le leve della ridefinizione della riforma dell’Euro, dando corpo alle scelte già effettuate del fiscal compact fino a prevedere la condivisione effettiva e democratica di parte della sovranità degli Stati membri. Al governo finanziario e monetario si dovranno accompagnare, a livello dell’Unione Europea, scelte stringenti rivolte alla crescita, all’innovazione e ad affrontare con coraggio e lungimiranza le sfide di un tessuto sociale che, altrimenti, rischia di sfibrarsi in maniera inaccettabile.
Da questo punto di vista, i quattro pilastri, giustamente indicati dalla Commissione europea nel proprio Blueprint, cioè unione bancaria e un quadro di bilancio integrato e il coordinamento delle politiche economiche e la democratizzazione, dovranno necessariamente essere aggiunti ad un solido pilastro sociale e la costruzione di strumenti per una efficace ed innovativa politica industriale europea. Per altro si pone un problema effettivo di sovranità politica in Europa: sovranità politica reale vuol dire riallacciare la legittimazione democratica della decisione, con strumenti effettivamente in grado di implementare le decisioni. Parliamo di una politica che riesca a regolare e ad indirizzare, un politica che abbia un suo meccanismo di partecipazione, quindi democratica, una politica che sappia esercitare un controllo democratico sui fenomeni di globalizzazione che ora non esiste e se la finanza è il caso più eclatante, c’è anche quello delle bilance commerciali e del lavoro che non deve diventare oggetto di una guerra nel mondo; fenomeni che arrivano alla porta di casa dei cittadini e a cui finora non si sono date risposte efficaci, a cominciare da quelle che riguardano anche il contesto internazionale e le questioni della pace e della guerra.
La situazione dell’economia italiana è caratterizzata ormai da parecchi trimestri - diciamo da qualche anno - da una recessione e quindi con una domanda crescente sia dal punto di vista sociale che dal punto di vista economico di meccanismi, sia di protezione, che anticiclici. E una situazione dell’economia regionale fortemente segnata, peraltro, dagli eventi sismici del maggio scorso, oltre che dal fatto di far parte di un ambito nazionale ed europeo segnato dalla crisi e dal calo della domanda interna, in cui i segnali di difficoltà del mercato del lavoro, l’aumento dell’utilizzo degli ammortizzatori sociali e le difficoltà del sistema delle imprese di affrontare la situazione sono evidenti, pur con alcuni segnali positivi, in maniera particolare per i comparti che lavorano per l’export che ci dicono peraltro come l’investimento sulle eccellenze sia premiante. Tuttavia questo avviene in un quadro di complessità crescenti.
In questo contesto, si inserisce una situazione della finanza pubblica che, in un’opera assolutamente condivisibile di messa in sicurezza dei conti pubblici, ormai da qualche anno ha scaricato in maniera determinante sul sistema delle autonomie regionali e locali le manovre di aggiustamento che non sono state per niente selettive, sia dal punto di vista degli strumenti, sia dei settori e dei soggetti coinvolti e pesano con grande forza sulle capacità e sulle possibilità di intervento del sistema delle autonomie locali, causando seri problemi, tra l’altro, alla vitalità delle stesse imprese locali.
Nel secondo trimestre 2012 vi è stato un calo del PIL dello 0,8 per cento rispetto al trimestre precedente e del 2,6 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2011. Nell’ambito dell’Unione Europea solo Portogallo e Grecia hanno registrato un andamento peggiore. Tutti i centri di previsione concordano nel prevedere una diminuzione del PIL superiore al 2 per cento. Rispetto alla serie storica che arriva fino all’inizio della crisi internazionale, vi è stato poi un inasprimento, ridotto solo negli ultimi mesi, a medio e lungo termine dei tassi di interesse del debito pubblico e questo comporterà un esborso, per gli effetti cumulati, per interessi passivi superiore agli 86 miliardi nel 2012 contro gli oltre 78 miliardi dell’anno precedente. Il più grave problema della finanza pubblica si conferma, senza dubbio, l’abnorme consistenza del debito che a luglio 2012, a causa della riduzione del PIL, era superiore del 3 per cento rispetto a quello di luglio 2011. In questo scenario l’attenzione alla riduzione dello spread - e quindi dei costi di gestione del debito pubblico - si conferma come condizione indispensabile per dare una svolta positiva alle prospettive del Paese.
Il Governo ha varato diversi provvedimenti per dare segnali positivi ai mercati sulla volontà dell’Italia di risanare i propri conti e far fronte ai propri debiti. Si è stimato che gli effetti di tali politiche dovrebbero determinare una diminuzione dell’indebitamento netto che verrebbe portato al 2,6 per cento del PIL invece che al 3,9 per cento del 2011, rientrando così nella soglia del 3 per cento prevista dal trattato di Maastricht. Anche il fabbisogno della Pubblica Amministrazione risulta diminuito rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente.
A livello nazionale il PIL nel 2013 dovrebbe aumentare solo dello 0,1 per cento, confermando così la situazione recessiva del 2012. Nel 2014 si prevede un aumento più consistente, ma comunque stimato nell’ordine di poco più dell'1 per cento, quindi di entità moderata. Il mercato del lavoro, stante questi numeri, vedrà nel biennio 2013-2014 un tasso di disoccupazione superiore all'11 per cento, un livello che non si vedeva dal 1998.
Per quanto riguarda nello specifico l’economia regionale, lo scenario presenta connotati decisamente recessivi, ed è la prima volta che accade in sintonia con i numeri nazionali, con una diminuzione reale del PIL del 2,5 per cento in forte peggioramento rispetto alla stima che era stata elaborata in primavera. Anche la Banca d’Italia nell’aggiornamento congiunturale ha sottolineato un ulteriore indebolimento dell’attività economica dell’Emilia-Romagna, nella prima parte del 2012, in linea con tutte le altre principali regioni del Nord. La domanda e la produzione hanno segnato una contrazione in tutti i comparti dell’industria, e l’elevata incertezza sulle prospettive economiche e l’esistenza di capacità produttiva inutilizzata hanno limitato i progetti di investimento per l’anno in corso ma hanno pesato, sicuramente e in maniera determinante - ed è questo che ha fatto rispetto ai numeri e alle percentuali una differenza significativa - gli eventi sismici che hanno colpito le province di Modena, Bologna, Reggio Emilia e Ferrara nel maggio scorso e che hanno colpito il cuore produttivo ed industriale della nostra regione e dell’intero Paese.
Solo l’andamento delle esportazioni ha avuto un effetto positivo sull’attività economica e produttiva. Anche se in rallentamento rispetto all’anno precedente, in regione si è mantenuto più dinamico rispetto alla media nazionale. L’edilizia permane in uno stato di crisi, sia nella componente residenziale che in quella pubblica. Nel 2012 si sta quindi verificando una marcata flessione che vanifica i progressi che si erano avuti nel biennio 2010-2011 e che determina un livello di PIL appena superiore a quello del 2009, quando si sono avvertiti maggiormente gli effetti della crisi originatasi negli Stati Uniti. Nel 2013 si prevede un lieve recupero del PIL regionale intorno allo 0,5 per cento, superiore a quello nazionale e in linea con quello del Nord Est. Tuttavia, nonostante ciò, il PIL nel 2013 sarebbe ancora inferiore di circa 7 punti percentuali rispetto a quello del 2007, anno precedente all’inizio della crisi.
Si prevede poi una ulteriore riduzione, del 3,8 per cento della domanda interna, in maniera particolare per il calo degli investimenti fissi lordi e dei consumi delle famiglie. Stesso andamento si vedrà, o si rischierà di vedere, sul mercato del lavoro che nella prima parte dell’anno, prima, cioè, degli eventi sismici, è stato in Emilia-Romagna meno negativo di quello che avevano delineato le previsioni, anzi, nel primo semestre l’occupazione aveva visto un aumento dello 0,3 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in maniera particolare grazie all’aumento dell’occupazione femminile. Il livello e il tasso di occupazione sono comunque inferiori sia a quello dell’inizio del 2009 che a quello del 2008 e questo fa capire quanto la crisi abbia influito pesantemente anche sul tessuto sociale e produttivo della nostra Regione.
Queste tensioni sul mercato del lavoro sono destinate a protrarsi negli anni, nonostante un lieve miglioramento del PIL previsto per il 2013. Le stime, in assenza di interventi e di norme nazionali diverse, prevedono che per il 2013 vi sarà in Regione una ulteriore diminuzione degli occupati (-0,7 per cento), che sarà assorbita solo in parte (+0,5 per cento) nell’anno successivo, quindi portando la nostra Regione ad un tasso di disoccupazione attorno all'8,5 per cento.
Nell’anno in corso si registra un aumento del ricorso agli ammortizzatori sociali. Anche le liste di mobilità sono aumentate nel primo trimestre dell’anno dell'1,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011. In modo analogo vi è stata una crescita del numero delle domande di disoccupazione e del numero di licenziati per esubero di personale iscritti nelle liste di mobilità.
Il numero delle imprese attive della Regione iscritte al Registro gestito dalle Camere di Commercio da dicembre 2011 è in diminuzione. In controtendenza si distinguono le imprese promosse da cittadini stranieri che sono aumentate del 4,8 per cento, a fronte della diminuzione dell'1,3 per cento che ha riguardato le altre imprese. Stanno manifestando una certa tenuta le imprese femminili, cioè dirette da donne, il cui calo è solo dello 0,1 per cento.
Secondo i dati di Banca Italia, nel corso dei primi otto mesi dell’anno, la consistenza dei prestiti si è ridotta. All’ulteriore calo del credito alle imprese, più accentuato in Regione rispetto alla media nazionale, si è aggiunto in corso d’anno quello dei finanziamenti alle famiglie consumatrici.
Per quanto riguarda i rapporti finanziari tra i diversi livelli di governo e le manovre di finanza pubblica, cito soltanto quello che è stato il giudizio di cui abbiamo parlato qualche settimana fa della Corte dei Conti, sezione dell’Emilia-Romagna, secondo la quale per l’esercizio 2013 permangono rafforzate le incertezze che pregiudicano la definizione di un quadro organico di spese compatibili con le risorse programmate, aumentando il rischio di dover far fronte ad eventuali scostamenti fra spese previste e spese effettive, ricorrendo alla leva fiscale.
Tale stato di cose discende dalle vicende normative che hanno caratterizzato la finanza delle Regioni negli ultimi anni, con una significativa flessione delle risorse destinate al finanziamento delle funzioni attribuite alle Regioni e senza aver ancora definito il quadro delle entrate tributarie regionali, dei trasferimenti e dei meccanismi di perequazione. Ossia manca un chiaro assetto delle relazioni finanziarie tra i diversi livelli di governo e l’apertura di una reale autonomia di entrata regionale.
Anche sul fronte del finanziamento della spesa per il Servizio Sanitario Nazionale, che assorbe circa il 75 per cento delle risorse correnti dei bilanci delle Regioni (sulla carta, perché in realtà assorbe più dell'80 per cento), si assiste a ripetute manovre correttive che riducono sensibilmente il livello dei finanziamenti previsti e dispongono tagli di spesa incidenti, principalmente, sul personale sanitario, sulla farmaceutica e sulla rete ospedaliera.
Il versante delle entrate del bilancio di tutte le Regioni è caratterizzato, ancora una volta, dall’incertezza sul sistema di finanziamento e dall’opacità del meccanismo perequativo che hanno reso ancor più difficoltosa l’individuazione delle risorse da destinare al finanziamento degli interventi e delle attività istituzionali.
Da questo punto di vista, rimando alla relazione scritta il numero di misure adottate a cominciare dal luglio 2010 che hanno modificato non soltanto le quantità dei trasferimenti, ma che hanno continuamente modificato il sistema di regole e parametri, hanno colpito profondamente la struttura stessa dei bilanci regionali e, soprattutto, hanno colpito la capacità di fare quella programmazione condivisa con le parti sociali e con gli enti territoriali che ha contraddistinto e che continua, per quanto è possibile, a contraddistinguere il nostro sistema regionale. A questo si è aggiunta l'ultima manovra con la spending review di un taglio ulteriore di 700 milioni di euro per le Regioni a statuto ordinario, oltre al taglio di 900 milioni nel comparto della sanità, oltretutto con effetto retroattivo per l’anno 2012, che sono stati giustamente considerati dalla Conferenza delle Regioni come insostenibili e necessitanti di modifiche rapide e certe.
Gli ulteriori tagli di bilancio previsti in ambito sanitario minano l’equilibrio di bilancio sia delle Regioni, che attualmente sono in equilibrio, sia di quelle che hanno già intrapreso la via del risanamento.
Per il trasporto pubblico locale è stravolto completamente lo spirito dell’Accordo Governo-Regioni del 21 dicembre 2011 in cui si concordava di sottoscrivere un Patto sul Trasporto Pubblico Locale, dove fossero definite le modalità di fiscalizzazione delle risorse per il TPL, in attuazione del D.lgs. 68/2011 sul federalismo fiscale. C’è da aggiungere che il continuo stravolgimento delle articolazioni istituzionali del Paese - vedi, ad esempio, la sconcertante vicenda delle Province - pone anche seri problemi di utilizzo razionale e programmato delle risorse finanziarie.
Nel corso dei lavori condotti come sempre dalla I Commissione assembleare (e mi permetto di ringraziare ancora una volta il presidente Marco Lombardi che, oltre ad essere autorevolissimo relatore di minoranza, ne conduce brillantemente i lavori), questi si sono, come tutti gli anni, articolati anche attraverso una significativa udienza conoscitiva, nella quale tutte le associazioni ed organizzazioni che sono intervenute hanno osservato che la proposta di bilancio che stiamo esaminando dimostra che la Regione Emilia-Romagna è sicuramente tra le più virtuose del Paese. Tutti hanno apprezzato il senso di responsabilità che sta dimostrando di avere la Regione nel non inasprire la pressione fiscale su famiglie e imprese ed il tentativo di mantenere e salvaguardare la coesione sociale.
I temi che hanno suscitato più interesse e sui quali sono emersi i contributi sono sanità, trasporto pubblico locale, interventi post sisma. Tra i temi emersi in quella sede vi sono quelli relativi ai costi amministrativi, alle procedure burocratiche ed amministrative, al contenimento delle spese relative al funzionamento delle istituzioni. È stato chiesto di potenziare il patrimonio dei Consorzi fidi, facendo sì che vi sia un rapporto diretto tra Consorzi fidi e Fondo centrale di garanzia, di modo tale da alleggerire i Consorzi fidi stessi che prestano garanzie per le imprese al sistema bancario.
Il tema dei ritardi di pagamento della pubblica amministrazione è stato risottolineato alla luce dei contenuti della legge di stabilità in corso di approvazione che prevede il recepimento della relativa direttiva europea.
Tra le aziende che gestiscono servizi pubblici locali, è emerso l’invito ad affrontare seriamente il tema della riduzione di risorse per il sistema del TPL, poiché, in assenza di governo del processo, è concreto il rischio di non riuscire a garantire la fase di riorganizzazione, tutelando l’occupazione e la tenuta generale del sistema.
Infine le aziende che erogano servizi pubblici, nel cratere del sisma di maggio, hanno sottolineato come in questi mesi abbiano continuato ad assicurare i servizi con maggiori spese nel momento dell'emergenza, seppure in costanza del rinvio del pagamento delle utenze. Tutto questo complessivamente per i quattro settori energia elettrica, gas, acqua e rifiuti per i sei mesi previsti ha comportato per queste aziende un impegno di 400 milioni di euro. Significative sono state, in particolare, le indicazioni proposte dal tavolo regionale dell’imprenditoria che richiedono soprattutto una forte integrazione tra scelte istituzionali e di bilancio e comportamento degli attori economici e finanziari, a cominciare dal sistema bancario.
Come giusta tradizione, il bilancio regionale per il 2013 si impronta a criteri di correttezza giuridica e finanziaria, di equilibrio contabile reale, come riconosciuto anche dalla Corte dei Conti, di definizione chiara delle priorità politiche, di valutazione di impatto su cittadini ed imprese.
Sul bilancio regionale del 2013 pesano gli oltre 370 milioni di euro in meno di trasferimenti statali per il 2013 sul 2012, che si sommano ai tagli degli anni precedenti, di cui circa 260 sulla sanità ed altri 110 su tutti gli altri settori delle politiche regionali.
Rispetto al 2010, in termini reali, le risorse effettive a disposizione di una Regione, pur virtuosa come la nostra, sono diminuite di oltre 1 miliardo di euro e di oltre 2 miliardi se si considerano anche i tagli agli enti locali che incidono sulle politiche comuni.
Pur in un quadro di incertezze sulla normativa statale di riferimento, questa Regione ha fatto la scelta giusta di evitare l’esercizio provvisorio e, quindi, si è inteso approvare il bilancio nei termini previsti e si è tenuto conto, evidentemente, nella predisposizione del bilancio stesso, anche se questo è sempre più complesso, delle disposizioni statali in vigore.
Lo stock del debito a carico della Regione si riduce ulteriormente rispetto all’anno precedente di oltre 60 milioni di euro, confermando la Regione Emilia-Romagna tra le regioni a statuto ordinario come quella che presenta il più basso indebitamento pro capite e il più basso indebitamento su PIL regionale.
Per il 2013 la Regione Emilia-Romagna manterrà invariata la propria leva fiscale autonoma, pur garantendo l’obiettivo prioritario di salvaguardare il livello dei servizi da assicurare alla comunità regionale. A tal fine si è proceduto ad un’accurata e ulteriore revisione e razionalizzazione delle spese di funzionamento, al fine di ottimizzare l’utilizzo delle risorse disponibili a sostegno degli interventi operativi di settore, evitando la logica dei tagli lineari e concentrando le risorse disponibili in particolare agli interventi di carattere sociale e socio-sanitario; per altro, mentre l’indebitamento di Regioni ed Enti locali in Italia sta pur lievemente diminuendo, continua ad aumentare quello delle Amministrazioni centrali dello Stato.
Per quanto riguarda la spesa di funzionamento della macchina regionale si rafforzano le azioni di riordino, razionalizzazione e contenimento già realizzate negli scorsi anni. Le riduzioni di spesa si accompagnano a misure per l’innalzamento dell’efficienza, concentrandosi sulla semplificazione amministrativa, sull’alleggerimento delle procedure burocratiche e sulla ricerca di un costante miglioramento della governance.
La spesa di funzionamento prevista per il bilancio 2013 risulta inferiore di oltre il 4 per cento rispetto a quella dell’anno precedente e, nel complesso, la "macchina regionale", compresa la gestione del personale, pesa per poco più del 2 per cento sul bilancio complessivo, confermando l’Emilia-Romagna come Regione più virtuosa in Italia.
Nel complesso il bilancio di previsione 2013 individua cinque priorità politiche ed operative su cui concentrare la spesa:
1. garantire la qualità e gli standard delle politiche socio-sanitarie e delle politiche di assistenza alla persona;
2. consolidare gli interventi sullo stato sociale al fine di tutelare il potere di acquisto di salari, pensioni e redditi già duramente provati da una spirale inflazionistica pesante e dalla crisi;
3. ribadire in maniera forte l’importanza della scuola e della formazione, avendo ben chiaro il valore dell’autonomia scolastica e dell’impegno nei progetti innovativi;
4. mantenere e potenziare gli interventi a favore delle politiche di mobilità in un’ottica di sviluppo sostenibile;
5. dare adeguato sostegno al sistema delle imprese per garantire un sufficiente accesso al credito e in tal modo creare un volano per sostenere la produzione e quindi la ripresa.
Dopo gli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, tutta la struttura regionale si è immediatamente attivata per avviare gli interventi urgenti per la messa in sicurezza di luoghi ed edifici, per la realizzazione di opere provvisionali e per avviare il complesso processo di ricostruzione di cui abbiamo parlato anche ieri nel momento dell’adozione della legge sulla ricostruzione. La struttura regionale e quella commissariale sono impegnate non soltanto nella gestione dei miliardi di euro messi a disposizione direttamente ed extrabilancio regionale per la ricostruzione, ma anche nelle risorse che, a cominciare dal bilancio di assestamento dell’anno scorso e, prima ancora, dall’utilizzo delle poste esistenti di bilancio, abbiamo messo a disposizione per quell’opera, che riteniamo prioritaria, di ricostruzione e rilancio del cratere. Ed è per questo motivo che anche per il bilancio 2013, per fronteggiare l’emergenza derivante dagli eventi sismici, in ogni settore dell’amministrazione regionale si darà priorità agli interventi nelle aree colpite dal terremoto.
Avendo esaurito il tempo a disposizione, non entrerò nel dettaglio, che è contenuto per altro nella relazione scritta, delle scelte di bilancio che discendono dalle scelte politiche di priorità. Voglio solo sottolineare come, sulla base di tutti gli elementi che ho menzionato, è opinione del vostro relatore che, anche per l’anno 2013, il bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna risponda, pur in una situazione di difficoltà crescenti, ai caratteri di oculatezza amministrativa e di qualità ed efficacia dell’azione politica che caratterizzano l’azione del sistema delle istituzioni territoriali della nostra Regione. Ed è per tali motivi che si invita l’Assemblea legislativa ad adottare gli strumenti legislativi (bilancio e legge finanziaria) che permettono la realizzazione del bilancio annuale 2013 e pluriennale 2013-2015 della Regione Emilia-Romagna.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Luciano Vecchi.
La parola per la relazione al relatore di minoranza, consigliere Lombardi. Prego.
LOMBARDI, relatore di minoranza: Grazie, presidente.
Anche quest’anno il Bilancio di previsione e la Legge finanziaria regionale vanno inquadrati in un contesto nazionale ed internazionale da cui non si può prescindere per offrire corrette valutazioni anche in ordine alle previsioni che ci riguardano più da vicino.
Il quadro internazionale, pur nella sua complessità e novità di dinamiche, ci consegna uno scenario abbastanza chiaro.
L’economia mondiale cresce, anche se meno di qualche anno fa, trascinata dai nuovi Paesi emergenti e dall’America che ha saputo superare la crisi del 2008.
Per i primi, i motivi dello sviluppo sono principalmente di ordine economico, sociale e demografico; per l’America il motivo principale è costituito dal fatto che fino ad oggi ha usato il debito pubblico e la possibilità di stampare moneta per finanziare la crescita.
Oggi gli Stati Uniti hanno un rapporto debito PIL del 120 per cento con un deficit del 10 per cento, mentre l’area euro ha un rapporto debito PIL del 90 per cento, con un deficit medio del 3 per cento, ma, nonostante ciò, l’euro non è credibile e quindi l’Europa è in crisi, il dollaro è ridiventato credibile e per ora l’America si è ripresa dalla crisi.
Prima di passare brevemente all’esame della situazione europea, mi soffermerei per un attimo sul concetto di "credibilità" citato più volte in ogni contesto economico e spesso associato, con significati diversi, sia alla figura di Berlusconi che di Monti.
Mi pare evidente che, al di là di ogni pretestuosa polemica, l’accezione economica del termine "credibilità" non si debba riferire alle caratteristiche personali di questo o quel Premier, ma bensì alle probabilità di tenuta di questa o quella economia in base ai suoi fondamentali ed alle sue prospettive, soprattutto in rapporto ad eventi esterni ad essa, e spesso da questa non controllabili.
Ridurre la credibilità di una economia ai rapporti più o meno cordiali con la Merkel o alle vicende private di Berlusconi o alla sobrietà di Monti rappresenta una evidente caricatura della realtà. E proprio il famigerato spread è la cartina di tornasole di ciò che sto dicendo. Era oltre i 500 punti base nel novembre 2011 con il Governo Berlusconi, quando il giornale di Confindustria titolava a caratteri cubitali "FATE PRESTO" aprendo la strada al Governo tecnico; è sceso nei primi mesi del 2012 per effetto degli acquisti di debito pubblico stimolato dal finanziamento della BCE alle banche italiane; è risalito oltre quota 500 da maggio a giugno 2012 nonostante la sobrietà ed il rigore di Monti; è ridisceso alle quotazioni attuali grazie alla posizione di Draghi che, senza spendere un euro, ha semplicemente detto - e qui c’entra la credibilità - che la BCE avrebbe fatto tutto il necessario per difendere l’euro.
Certo, ogni Paese deve poi metterci del suo per migliorare la situazione, ma proprio per questo stento a condividere il giudizio di chi enfatizza l’operato del Presidente Monti, confrontandolo con il presunto disastro del Governo Berlusconi, perché se andiamo a guardare tutti i fondamentali economici, dalla crescita del PIL all’aumento del debito pubblico, al tasso di disoccupazione, all’aumento della pressione fiscale, quelli di oggi sono tutti più negativi di quelli del Governo Berlusconi.
È indubbio poi che il Presidente Monti sia gradito alla Merkel più di quanto non lo fosse Berlusconi, in quanto questi contestava alla Germania di approfittare della crisi del debito di alcuni Paesi europei (Grecia, Portogallo, Spagna ed Italia) per guadagnare sugli interessi del proprio debito pubblico.
Se vogliamo davvero creare gli Stati Uniti d’Europa, noi non possiamo pretendere che altri paghino i nostri debiti, ma possiamo certamente pretendere che con lo stesso spirito solidale con cui aiutiamo i Paesi più arretrati dell’area euro, non consentiamo che la Germania finanzi le proprie imprese con larghezza ed a tassi irrisori, speculando sul differenziale di spread che lei stessa contribuisce a creare.
Monti ha accettato questo stato di cose supinamente e spremendo gli italiani, Berlusconi no, e per questo era meno simpatico alla Merkel ed ai salotti buoni della finanza europea.
Insisto su queste analisi di fondo perché, come ha più volte affermato anche l’onorevole Bersani, oggi in politica bisogna dire la verità anche se a volte non ci piace. Ed io raccogliendo l’invito vorrei si condividesse il fatto che le scelte economiche del Governo Berlusconi possono essere criticabili o meno, ma non sono state la causa della crisi ed il cambio di Governo si è reso necessario non perché l’abolizione dell’ICI o della tassa di successione avesse aumentato il buco di bilancio, ma perché la finanza nazionale ed internazionale, attaccando il nostro ingente debito pubblico, spingeva per un Governo di unità nazionale capace di prendere decisioni impopolari, più nell’interesse del sistema finanziario che dei cittadini e delle imprese italiane.
Per quanto riguarda lo scenario regionale, chi ritiene che la mia analisi sia troppo di parte, vorrei leggesse la relazione di accompagnamento al Bilancio regionale 2013 che recita testualmente: "nel 2012 si sta quindi verificando una marcata flessione del PIL regionale, che vanifica i lievi progressi che si erano avuti nel biennio 2010-2011 e che determina un livello del PIL appena superiore a quello del 2009 quando si sono avvertiti maggiormente gli effetti della crisi originatasi negli Stati Uniti".
Tradotto significa che in Emilia-Romagna abbiamo avuto un momento di difficoltà nel corso del 2009, dipendente dalla crisi statunitense, ci siamo ripresi nel biennio 2010-2011 grazie alle nostre imprese, ma certamente anche con l’apporto delle politiche del Governo Berlusconi e posso dire anche della Giunta Errani, siamo ripiombati nella crisi nel 2012 nonostante, ma qualcuno potrebbe dire a causa, del Governo dei Tecnici.
Ovviamente sulla previsione di diminuzione del 2,5 per cento del PIL regionale incide fortemente il terremoto, che ha colpito una zona molto pregiata del nostro territorio, ma proprio la ricostruzione, se sapremo incentivarla con misure di semplificazione e di sburocratizzazione, e salvaguardarla dall’inquinamento della criminalità organizzata, potrà costituire un importante volano di ripresa dell’economia regionale ed anche del PIL nazionale.
Tutti i settori economici della nostra Regione prevedono nel 2013 segni negativi, e conseguentemente l’occupazione, seppure con dati inferiori al previsto, si preannuncia in diminuzione.
Ecco perché gli interventi di politica economica e sociale che la Regione può mettere in campo oggi assumono un rilievo essenziale non accessorio rispetto al contesto generale.
A conclusione di questa premessa, in merito agli scenari internazionali, nazionali e regionali, vorrei proporre alcune considerazioni di fondo riprese anche dalla relazione della Giunta.
La prima. Se al precedente Governo si poteva rimproverare di aver portato avanti una riforma federalista dello Stato un po’ raffazzonata e poco organica, a questo Governo si deve imputare il fatto di voler riaccentrare il potere a livello statale, non in virtù di una critica al precedente modello, ma in ossequio ad una concezione di Stato secondo la quale è meglio limitare la democrazia, delegando il governo della Cosa pubblica ad un gruppo di professori illuminati. Questo concetto antidemocratico, in altri tempi insostenibile, oggi può essere pericolosamente sostenuto sull’onda dell’antipolitica e della presunta lotta agli sprechi.
La seconda considerazione. Questo Governo tecnico è stato assolutamente incapace di superare il criterio dei tagli lineari agli Enti Locali ed alle Regioni, dimostrando da un lato quanto tale manovra sia difficile, rivalutando in questo senso Tremonti, dall’altro ponendo dei dubbi sulle qualità accademiche di uno stuolo di professori incapaci di trovare soluzioni minimamente innovative ai problemi atavici della nostra finanza pubblica.
Da ultimo, venendo alla nostra realtà specifica, segnalo una preoccupazione relativa alla riforma regionale in corso, in tema di riallocazione delle funzioni amministrative e delle gestioni associate delle stesse. Non corriamo il rischio di ripetere gli errori che il Governo fa con noi. I modelli di gestione che noi proponiamo devono dimostrare, nei fatti, una reale convenienza economica a cui possono, ed anzi devono piegarsi, meri interessi campanilistici. Dobbiamo preoccuparci di far comprendere ai nostri Comuni che non si tratta di una manovra politica per punire o limitare le amministrazioni "non amiche", ma di un percorso per migliorare l’efficienza degli Enti Pubblici a vantaggio dei cittadini. Quindi questo processo va spiegato con cura e condiviso il più possibile, fornendo dati e numeri più che tesi ideologiche o, peggio, valutazioni partitiche.
Al momento della redazione del Bilancio 2013, credo che qualche assessore o qualche dirigente, se non addirittura il presidente Errani, abbia pensato: ridateci Tremonti.
I tagli del Governo tecnico sono certamente più "stupidi", più "lineari" e più "pesanti" di quelli del Governo precedente, che spesso si è limitato a tagliare su preventivati aumenti.
I tagli di Tremonti hanno costretto una Regione virtuosa come la nostra ad utilizzare in maniera più proficua gli avanzi di amministrazione, ed alla fine la società civile e le imprese hanno semplicemente dovuto subire i pianti della Giunta regionale in occasione del bilancio preventivo per poi scoprire a consuntivo che le risorse per loro non erano cambiate di molto.
Monti, viceversa, ha veramente e pesantemente ridotto la capacità finanziaria di una Regione come la nostra, senza tenere in alcun conto la nostra buona gestione rispetto a Regioni dalle gestioni impresentabili.
A tal proposito è utile evidenziare immediatamente come l’avanzo netto di amministrazione sia passato da 1,714 miliardi di euro del 2010 a 544,83 milioni di euro previsti per il 2013, attestando quella pratica virtuosa a cui facevo riferimento.
Inoltre è opportuno evidenziare come le entrate previste per il 2013 ammontino a 13 miliardi 237 milioni di euro e per la prima volta il totale di tutte le entrate della Regione, al netto dell’avanzo, delle alienazioni patrimoniali e dei cosiddetti mutui a pareggio, vedrà una flessione reale.
Negli esercizi precedenti ci sono stati minori trasferimenti statali, molto enfatizzati dalla Giunta e dalla maggioranza in quest’Aula, ma le entrate proprie della Regione, cioè le risorse disponibili per i sui scopi istituzionali, non erano mai diminuite rispetto all’esercizio passato, essendo state bilanciate dall’aumento di altre entrate. Ovviamente, nel valutare il fatto che tali risorse passano da 10,2 miliardi di euro del 2012 a 10,1 miliardi di euro nel 2013, bisognerà tener conto che in ogni caso il limite imposto dal tetto di spesa previsto dal patto di stabilità non avrebbe consentito spese ulteriori, ma resta il dato che per la prima volta scende realmente la disponibilità economica della Regione per la spesa corrente operativa che costituisce il suo "core business", da 10,4 miliardi di euro a 10,1 miliardi di euro della previsione 2013.
Allo stesso tempo va segnalato come, se da un lato diminuisce la previsione di entrata per Assegnazioni Statali correnti (da circa 417 milioni a circa 360 milioni nel 2013) aumenta notevolmente la previsione di assegnazioni statali in conto capitale (da 44 milioni nel 2012 a 276 milioni nel 2013) e questo dato va valutato alla luce della considerazione che, al di là della qualificazione dell’entrata, molto ampia è la discrezionalità della Regione anche sull’utilizzo delle entrate in conto capitale.
Certamente positivo è poi l’ulteriore contenimento delle spese di funzionamento che nel 2013 prevedono una riduzione del 4,5 per cento, con un risparmio di 12 milioni di euro sull’esercizio precedente, dove la riduzione operata ai costi dell’Assemblea legislativa incide per l’8 per cento. A tal proposito, occorre verificare che la giusta riduzione di spese in questo momento superflue non ponga a rischio l’operatività dell’Assemblea ed in particolare delle minoranze che, senza adeguati mezzi economici ed adeguate risorse umane, vedono fortemente compromesse le loro prerogative, credo ancora tutelate dallo Statuto, dalla Legge e dalla Costituzione.
Vorrei inoltre che prima o poi si spiegasse perché la Giunta, in questo particolare momento di crisi, persegue la costante riduzione del nostro debito, che anche per il 2013 prevede di abbassare di 60,64 milioni di euro, confermando la Regione Emilia-Romagna tra le regioni con il più basso indebitamento pro capite ed il più basso rapporto debito PIL.
Questo dato, che indubbiamente piace alla Corte dei Conti ed alle Agenzie di Rating, andrebbe meglio spiegato e meglio verificato. Se si tratta di quote ordinarie di ammortamento ed interessi del vecchio mutuo acceso nel 2000 per ripianare i debiti del sistema sanitario, mi sembrerebbe un intervento dovuto e neppure da evidenziare. Se invece si tratta di una scelta della Giunta per accelerare la riduzione del debito, mi sembra inopportuna in questo momento ed in presenza di una esposizione debitoria della Regione ben al di sotto dei limiti consentiti. 60,64 milioni di euro sono una somma importante che se fosse oggetto di una allocazione discrezionale della Giunta, a mio avviso, andrebbe immessa nel circuito operativo della Regione a sostegno delle famiglie e delle imprese.
Insisto anche nella mia consueta richiesta di dati più leggibili e di schede di raffronto con gli esercizi precedenti più omogenei perché, altrimenti, diventa estremamente difficile farsi un’idea del bilancio senza parametri di confronto.
Venendo più nello specifico, dal raffronto che artigianalmente ho provato a fare tra gli stanziamenti previsti nel preventivo 2012 e nel preventivo 2013, si nota immediatamente come le spese stanziate per aree di intervento omogenee nel prossimo esercizio siano tutte in diminuzione, tranne quelle relative all'area Affari Generali (+ 56 milioni di euro) e Oneri generali non attribuiti (+ 318 milioni di euro), sulle quali evidentemente è necessario un approfondimento per meglio comprenderne la composizione.
Analizzando ulteriormente le singole voci di bilancio, emergono poi altri dati interessanti che dimostrano come, nonostante tutto, la possibilità di manovra della Regione sia ancora ampia e quindi inviterei le Associazioni di categoria, gli Enti locali e la società civile nel suo complesso a non essere troppo accondiscendenti nei confronti dei tagli preventivati dalla Giunta, ma a proporre con decisione le loro ragioni.
Esclusa la sanità, infatti, gli stanziamenti degli assessorati sul 2013 sono complessivamente maggiori di circa 70 milioni di euro a quelli del 2012 e le diminuzioni di quasi tutti i singoli assessorati sono compensate da un aumento, anche in questo caso da approfondire, dello stanziamento relativo all’assessorato della vicepresidente Saliera che passa dalla previsione 2012 di 1,371 miliardi di euro a quella 2013 di 1,603 miliardi di euro, con un incremento di circa 291 milioni di euro.
Se consideriamo, ad esempio, che l’assessorato Attività produttive e Piano energetico, Economia verde subisce una riduzione nella previsione 2013 di circa 100 milioni di euro, e tutti gli altri sono ritoccati in ribasso, è chiaro che una spiegazione sull’incremento dello stanziamento all’assessorato Finanze, Europa, Sistema delle Autonomie, Servizi Pubblici locali e Politiche per la sicurezza va data.
Nel prossimo esercizio un discorso a parte merita il tema sanità. Mai nessun altro Governo ha tagliato così tanto in questo settore, ma è bene ricordare che l’ammontare complessivo del Fondo Sanitario Nazionale per il 2013, dopo gli interventi legislativi intervenuti, ammonta a 112,327 miliardi di euro contro i 113 miliardi del 2012, quindi il taglio risulta enorme rispetto a quanto le regioni si aspettavano secondo una programmazione "normale" prima del 2011, mentre risulta affrontabile rispetto allo storico effettivamente erogato.
La grande ed ingiusta anomalia, poco comprensibile da parte di un Governo che si definisce tecnico, è che la riduzione colpisce in maniera indiscriminata, tagliando sia chi è stato oculato, riducendo all’osso gli sprechi, sia chi ha scialacquato senza ritegno.
Esaminando i numeri e le dichiarazioni della Giunta in tema di sanità, la necessità di una migliore esposizione dei numeri risulta evidente. Da un lato il bilancio di previsione 2012 prevedeva per la nostra Regione un riparto del Fondo Sanitario Nazionale pari a 8 miliardi 59 milioni di euro; dall’altro, il bilancio di previsione 2013 prevede per la stessa voce 7 miliardi 700 milioni di euro, con una diminuzione di 359 milioni di euro.
Nel comunicato ufficiale dopo l’approvazione del bilancio preventivo in Giunta, si parla di 260 milioni di tagli alla sanità per cui, nella relazione oggi alla nostra attenzione, sarebbe stato opportuno indicare se il dato previsionale del 2012 era stato poi modificato a consuntivo, in modo da far risultare il dato diffuso dalla Giunta.
In ogni caso, ciò che conta è che la copertura del taglio alla sanità avvenga attraverso una opportuna riorganizzazione del sistema sanitario e della spesa nel perimetro pubblico, senza penalizzare gli ospedali privati accreditati che già hanno, in virtù di precedenti accordi, una riduzione del loro budget predeterminata dalla spending review. Fare cassa strozzando ulteriormente queste realtà significherebbe mettere a rischio numerose aziende, produrre ulteriore disoccupazione, offrire un servizio peggiore ai cittadini.
A questo punto, dopo tanto parlare di tagli, si potrebbero anche ipotizzare ulteriori possibili entrate per ridurre i tagli o per aumentare qualche investimento.
In primo luogo sarebbe interessante sapere se nel bilancio 2013 si è tenuto conto del risparmio conseguente alla legge regionale sul risarcimento diretto dei danni in sanità che consente un notevole risparmio sul premio delle polizze.
In secondo luogo, si potrebbe riprendere l’esame sull’opportunità da parte della Regione di continuare ad investire risorse in partecipazioni azionarie non strategiche o in evidente perdita di gestione, utilizzando il criterio della sussidiarietà, dando sostegno ad esperienze già esistenti nella società che offrono risposte private a bisogni di natura pubblica.
In terzo luogo, si potrebbe rivedere la partita degli incentivi alle imprese per valutare se un potenziamento del consorzio fidi, con conseguente ampliamento del ricorso al credito agevolato, non sia più utile per accompagnare fuori dalla crisi le nostre imprese.
Inoltre, per ottenere ingenti risparmi, andrebbe certamente implementato l’uso della centrale acquisti regionale Intercent-ER sia in ambito generale che soprattutto sanitario, visto che un decreto governativo prevede forme premiali, a valere sulle risorse del Fondo Sanitario Nazionale, per le regioni che fanno acquisti di beni e servizi per almeno il 70 per cento tramite committenza regionale. Ed in ogni caso, visto che attualmente l’incidenza delle convenzioni Intercent-ER incide su spese per 726 milioni di euro a fronte di un totale di spesa annua delle ASL di 2 miliardi 135 milioni di euro, la possibilità di risparmio sulla spesa sanitaria della Regione ha ancora ampi margini di miglioramento.
Infine, come ho avuto modo di dire in altre occasioni, una "spending review" regionale sui 150 milioni di euro previsti in bilancio per le prestazioni extra-LEA certamente produrrebbe risparmi significativi senza incidere sulle buone pratiche presenti all’interno di questa iniziativa.
Da ultimo, riprendo la questione già citata a proposito della riduzione dello stock del debito per 60,64 milioni di euro per invitare la Giunta, ed anche la società civile interessata, a riflettere sulla opportunità di un tale intervento in questo momento. Siamo tra le regioni più virtuose quanto ad indebitamento, le spese in conto interessi previste per il 2013 ammontano a "soli" 31 milioni di euro; vi è la necessità di intervenire con un ulteriore abbattimento del debito, o piuttosto si possono usare queste risorse per ridurre i tagli od aumentare gli investimenti anticiclici?
Di fronte ai tagli soprattutto in sanità, ad una prevedibile caduta del PIL regionale del 2,5 per cento e ad un incremento della disoccupazione sul nostro territorio, e dovendo far fronte all’emergenza terremoto e magari anche ricordandosi delle aziende colpite dall’emergenza neve, credo che un ripensamento rispetto alla pur encomiabile strategia di riduzione del debito regionale debba essere fatto.
Le ipotesi da me formulate, ovviamente tutte da verificare ed approfondire nella loro praticabilità, indicano però ancora una volta come non sia più opportuno per questa Giunta riproporre un modello di bilancio standardizzato e sempre uguale a sé stesso, privo di quell’innovazione che spesso dal "palazzo" si pretende dalle nostre imprese, ma che poi, quando si tratta di applicarla al proprio interno, viene frenata, se non travolta, dalla pratica tesa ad una burocratica conservazione.
PRESIDENTE (Richetti): La ringrazio, consigliere Lombardi.
Le comunico che ha utilizzato 25 dei 30 minuti che aveva a disposizione, mentre il consigliere Luciano Vecchi ne ha utilizzati 27.
Ricordo che i tempi complessivamente a disposizione dei gruppi, in sede sia di discussione generale, sia di dichiarazione di voto, sia di intervento sull'articolato sono i seguenti: Partito Democratico 84 minuti, Popolo della Libertà 48 minuti, Lega Nord 28 minuti, Italia dei Valori 25 minuti, Federazione della Sinistra 22 minuti, Movimento 5 Stelle 22 minuti, Sinistra Ecologia Libertà - Idee Verdi 22 minuti, UDC 20 minuti, Gruppo Misto 20 minuti.
È iscritto a parlare il consigliere Villani. Ne ha facoltà.
VILLANI: La ringrazio, presidente. Intervengo dopo la relazione del presidente Lombardi, che è stata, come al solito, molto accurata e ha evidenziato bene nei numeri quanto questa legge finanziaria ripercorra le vecchie vie, che ingessano il bilancio di questa Regione, certamente in un contesto economico molto diverso rispetto a quello che abbiamo vissuto solo pochi anni fa, ma - oserei dire - con gli antichi vizi che caratterizzano questa impostazione.
È chiaro che il quadro economico nel quale ci troviamo a vivere oggi è ancora pesantemente condizionato da quella tempesta che, partendo dalla crisi dei debiti sovrani, dalle tensioni sull'euro, dall'aumento esponenziale dei differenziali dei titoli di Stato, ci fa appunto presagire che anche il prossimo anno che sta arrivando sarà particolarmente difficile per la finanza pubblica, quindi particolarmente difficile anche per la nostra Regione. In questo contesto è chiaro che il problema che abbiamo davanti è quello della crescita ed è il problema principale, più urgente da affrontare, tanto nel contesto nazionale, tanto in quello regionale, vista la capacità ancora molto importante di manovra dal punto di vista della leva finanziaria, che, come ha evidenziato il collega Lombardi, è di una certa consistenza.
È chiaro che nel nostro Paese il problema della crescita è acuito da una pressione fiscale estremamente elevata. Noi siamo purtroppo i primi in Europa per pressione fiscale ed è un primato che certamente non ci fa onore come Paese, ma che, come detto, acuisce in termini molto significativi la lunga fase recessiva, che stiamo vivendo e che si protrarrà sicuramente quantomeno per il primo semestre dell'anno prossimo, sapendo però che al di là di qualche piccolissimo segnale, tutti gli indicatori economici e sociali vanno in quella direzione, hanno davanti a sé un segno meno.
Le misure adottate dal Governo Monti, la spending review, il fiscal compact vanno indubbiamente nella direzione di contenere la spesa pubblica, anche se con scarsissimo successo, visto l'ulteriore innalzamento di debito pubblico che ci è stato comunicato soltanto pochi giorni fa. È chiaro che questi scarsi risultati ci inducono a sostenere che tutta questa serie di iniziative non hanno prodotto il risultato per conseguire il quale sono state attivate, ma hanno certamente aggravato la situazione dal punto di vista occupazionale, del rapporto debito-PIL e in modo più diffuso dal punto di vista della tenuta sociale di questo Paese. Mentre la portata della revisione della spesa è stata in qualche modo compresa, se non accolta con favore, comunque accettata dai nostri cittadini, certamente non si può dire la stessa cosa rispetto al patto di bilancio, vale a dire alla ratifica del trattato internazionale, che vincola il nostro bilancio ai parametri stabiliti in altra sede, con un obbligo per tutti i paesi che hanno un debito pubblico superiore al 60 per cento del PIL di rientrare entro tale soglia nel giro di venti anni, riducendo naturalmente quella quota di un ventesimo ogni anno e di introdurre nel proprio ordinamento il vincolo del pareggio di bilancio.
Si tratta per l'Italia di un impegno molto oneroso, pari a circa 45 miliardi di euro all'anno, che in tempi di recessione ovviamente avrà un impatto sociale oserei dire devastante. Questo è il prezzo che noi paghiamo alla Germania per aver attivato lo scudo anti spread. I tagli lineari adottati dal Governo Monti, come è già stato sottolineato, stanno avendo degli effetti molto negativi su settori della nostra società, che noi definiamo di grande rilevanza. Pensiamo alla sanità, ai trasporti, alle politiche sociali, pensiamo soprattutto al sostegno dell'economia. Gli eccessivi vincoli di bilancio ovviamente stanno deprimendo in modo molto sensibile e del tutto evidente anche lo sviluppo locale dei nostri territori, con una ricaduta negativa sulla capacità di investimento sui territori, quindi con un bilancio assai negativo dal punto di vista occupazionale e del benessere delle nostre comunità.
La crescita del nostro Paese, la ricerca di uno sviluppo più legato all'ambiente, alla qualità, alla sostenibilità non può che venire da una nuova stagione di leale collaborazione fra Stato, Enti locali, Regioni. In questo senso qualche passo in avanti è stato compiuto, ma riteniamo che indubbiamente si possa fare molto di più e che questa Regione debba da questo punto di vista adottare politiche che vadano decisamente in questa direzione. Per risanare la finanza pubblica è indispensabile coinvolgere le istituzioni territoriali e non far calare dall'alto iniziative che mettono gli enti locali in forti difficoltà nel rapporto con i cittadini, cosa che purtroppo si sta verificando, senza che vi sia stata una necessaria previa partecipazione a decisioni, che sono calate dall'alto e che hanno effetti negativi anche nel rispetto delle istituzioni da parte del nostro corpo sociale.
Il decentramento, l'autonomia, la responsabilità sono l'unica ricetta per la crisi economica e per la crescita del Paese. Solo l'apertura di una vera stagione di autonomia e di concreto rinnovamento del sistema istituzionale locale, volta a favorire un uso più razionale delle risorse umane e finanziarie, un migliore coordinamento, una maggiore efficienza dell'attività amministrativa svolta ai diversi livelli istituzionali potrà evitare il ritorno ad un centralismo rischioso, inefficiente, poco attento alle reali esigenze dei territori.
Noi affermiamo che l'antidoto a questo modo di governare i territori, seppur tanto evocato anche in molte iniziative legislative prese in quest'Assemblea, cioè la sussidiarietà, il sostegno al protagonismo della società civile, assai raramente è veramente e pienamente utilizzato.
Per la nostra Regione le risorse sono sempre più limitate. Abbiamo ascoltato i numeri. È di questi giorni anche il dato molto preoccupante di un calo consistente del PIL regionale del 2,6 per cento, che è chiaramente il risultato di diverse concause, non ultima ovviamente l'evento straordinario, che una parte importante dal punto di vista delle attività produttive ed economiche di questa regione ha subito con l'evento sismico. Vi saranno quindi minori entrate fiscali, conseguentemente le risorse disponibili saranno minori. Noi pertanto crediamo che la Regione debba prioritariamente impegnarsi a contenere con maggiore efficienza la spesa pubblica, selezionando quelle voci su cui in base a poche e chiare priorità strategiche concentrare gli investimenti per lo sviluppo e incentivando sempre di più la collaborazione sussidiaria fra pubblico e privato.
In Emilia-Romagna si deve applicare questo principio - ne abbiamo parlato tante volte - in tanti settori importanti della vita della nostra comunità, ma il risultato pratico è ancora molto modesto. Mai come oggi è urgente una rivoluzione del welfare. Se vogliamo mantenere un impianto universalistico, occorre che si lavori adeguatamente ad una riorganizzazione complessiva del sistema, che sia in grado di mantenere la qualità dei servizi erogati, in un contesto di risorse che diminuiscono, abbattendo decisamente quelle sacche di sprechi e di autoreferenzialità, che questo sistema non solo nasconde, ma evidenzia in ogni attività che è in grado di esercitare. Questo significa mantenere un sistema di servizi sociali adeguato alle necessità dei nostri cittadini, così come una sanità che deve essere in grado di mantenersi rispetto all'atteggiamento universalistico, pur in un contesto di risorse calanti.
Occorre sostanzialmente, volendo enunciare un concetto che racchiude in sé tutte queste azioni che si possono realizzare, passare dalla vecchia logica del sostegno all'offerta, alla moderna impostazione che supporta la domanda. Occorre operare nei diversi settori per incrementare la qualità dell'offerta dei servizi e lo si deve fare stimolando decisamente una più vasta e autentica cooperazione tra soggetti diversi, pubblici e privati, con regole precise e ferrei meccanismi di accreditamento, di controllo e di valutazione dei risultati di tutte le attività in capo a soggetti e istituzioni pubbliche. Questo è l'unico modo per far sì che l'esercizio di questo protagonismo civile e sociale, al di là delle ingessature della macchina amministrativa pubblica, possa veramente esprimere la sua capacità di mantenere il livello dei servizi in modo adeguato.
Nel momento in cui si chiede alla politica assunzione di responsabilità, impegno e rinnovamento della rappresentanza per una governance partecipata ed una gestione dell'amministrazione efficace ed efficiente, oltre che ovviamente trasparente ed economica a salvaguardia dell'interesse collettivo, si legifera nella direzione che va verso l'eliminazione delle sedi, degli organi di rappresentanza politica e istituzionale più vicini alla comunità e radicati sul territorio. Il rischio di un trasferimento di sovranità è del tutto evidente. Occorre che da questo punto di vista si identifichino quelle risorse necessarie per un riordino, che sia omogeneo e che vada incontro alle esigenze delle comunità.
Penso ad un riordino che renda possibile l'abbattimento di quelle duplicazioni, che in contesti di scarsa presenza antropica diventano un volano di spesa eccessivo, che rasenta lo spreco, ma è chiaro che questo deve essere un percorso supportato adeguatamente dal punto di vista economico. Pur essendo questo enunciato e preso in carico dalla finanziaria, debbo dire che le risorse allocate per questo percorso sono assai modeste.
Queste sono a grandi linee quelle che noi riteniamo essere azioni, che hanno una valenza dal punto di vista economico e che attingono anche alla necessità di risorse, che in questa legge finanziaria sono assolutamente modeste.
Veniamo ora ad uno dei settori, che, dando luogo al 75-78 per cento della spesa corrente, rappresenta ovviamente il cuore e la sostanza di ogni legge finanziaria. In questo contesto noi abbiamo una legge di stabilità, che prevede un taglio complessivo per la sanità regionale di circa 160 milioni di euro. Per non mettere quindi in discussione quell'impianto universalistico, cui abbiamo fatto riferimento, il sistema sanitario emiliano-romagnolo deve certamente effettuare un cambiamento, rispetto a quella che è stata la storia di un sistema sanitario che ha certamente espresso un'adeguata qualità dei servizi e che ha alcune peculiarità, che lo pongono per certi aspetti anche all'avanguardia nel nostro Paese.
L'amministrazione regionale deve quindi risolutamente completare la lotta agli sprechi, la razionalizzazione delle spese, il contenimento dei costi gestionali, la riorganizzazione del sistema e, torno a ripetere, conseguire una maggiore integrazione sussidiaria tra pubblico e privato. Ci sono margini di intervento ancora molto ampi e non sono quelli evidenziati in questa finanziaria, nell'ambito della quale si afferma che rispetto al 2012 sarà operato un taglio del 10 per cento sui servizi non sanitari, nel contesto della spesa sanitaria. Questo vuol dire che andremo ancora toccare quei servizi, di cui godono i pazienti in ospedale? In altri termini, non daremo più la bottiglietta d'acqua ai degenti o incideremo ancora sul vitto, che ha livelli di criticità che si stanno evidenziando in tutte le nostre strutture ospedaliere? Non è questo il sistema, non è questo il modo. Occorre invece operare un taglio deciso su decine e decine di primariati assolutamente inefficienti, molto spesso doppioni di realtà già esistenti e altrettanto molto spesso creati per esigenze di carriera di qualcuno, cioè per esigenze clientelari, con tutto ciò che a questo consegue: reparti con un primario e cinque posti letto. Tutto questo succede anche in questa Regione.
Ritengo che occorra incidere in questa direzione, oltre che alleggerire una gestione amministrativa, che è appesantita, è poco elastica e provoca uno spreco di risorse per incapacità: come è stato sottolineato, non si fa ricorso agli strumenti per l'acquisto in un modo più efficiente di beni e servizi, il che porterebbe sicuramente a dei risparmi consistenti.
La gestione centralista e poco sussidiaria della sanità in Emilia-Romagna ha nel tempo ovviamente consolidato elevati costi strutturali. Ricordiamo che stiamo pagando ancora per l'ammortamento dei mutui, che l'ex assessore Bissoni per miliardi e miliardi di allora vecchie lire stipulò per fare il punto della situazione del debito di una sanità che continuava ad accumulare debiti. È stata tirata una riga, ma tutti i cittadini emiliano-romagnoli continuano a pagare l'ammortamento di quel mutuo e continueranno a farlo probabilmente per un'altra generazione. Non dimentichiamo tutto questo: occorre che si acceleri su una rivisitazione del sistema, che ha pure funzionato e continua a erogare servizi di buona qualità, ma che va rivisto, perché, come qualcuno ha sostenuto, se vogliamo mantenere l'impianto solidaristico e universalistico del servizio sanitario nazionale, dobbiamo renderci conto che esso non è più economicamente sostenibile così come è e se questo concetto è applicabile a livello nazionale, a maggior ragione deve essere applicato in questa Regione.
I finanziamenti dei servizi extra LEA e l'equilibrio di bilancio sono previsti 150 milioni di euro: quanto per i primi e quanto per il secondo? Considerando che nel bilancio previsionale viene stanziata una quota parte regionale per ricoprire disavanzi di Asl e degli Istituti ortopedici Rizzoli, pari al 18,9 milioni di euro, a quanto ammonta questo deficit della sanità emiliano-romagnola? Ne sentiamo parlare da diverso tempo, ma non ne abbiamo la contezza esatta, perché anche nelle pieghe di questa finanziaria si adottano, come vi ho evidenziato, iniziative che richiedono risorse per ripianare, quindi in questo contesto credo che ci sia assolutamente molto che si debba e che si possa fare per mantenere, come ho enunciato, una qualità dei servizi adeguata. Poi ci sono naturalmente i vecchi vizi, più legati alle necessità della politica che non delle comunità. Ritorniamo a parlare di istituzioni, che riteniamo assolutamente inutili, ma che per il loro funzionamento necessitano di risorse. Penso al milione di euro che serve per il Circondario di Imola, del quale abbiamo chiesto l'abolizione, perché abbiamo visto che non ha sostanzialmente prodotto alcun effetto positivo per quelle comunità, ma ci impegna dal punto di vista economico. C'è poi naturalmente il mantenimento di quelli che noi definiamo "carrozzoni" in senso lato, cioè fuori dall'accezione che si dà a questo termine, comunque l'appesantimento di strutture che, rispetto al costo-beneficio, non stanno dimostrando la capacità di mantenersi in adeguato equilibrio, anzi… Penso alla FER: si autorizza la partecipazione ad un eventuale aumento di capitale fino a 20 milioni perché nel 2014 verrà messa a gara la gestione della rete regionale per cercare di superare un gap tra servizio nazionale e servizio locale. È del tutto evidente a quelle migliaia e migliaia di cittadini pendolari che si debbono muovere per arrivare ai posti di lavoro, piuttosto che ai luoghi di educazione e di studio, una gestione, che, come abbiamo avuto modo anche in questi anni di evidenziare, non è certamente razionale, con appesantimenti burocratici importanti, con risorse che vanno a dare risposte a carriere già disegnate, rispetto a ruoli dirigenziali, mentre nella sostanza basta andare nelle piccole stazioni della rete locale per rendersi conto di quanto sia scadente il servizio e di quanto ci si renda conto che questo servizio, anziché migliorare in costanza di aumento di risorse, quando va bene si mantiene su un livello stazionario, di scarsa efficienza e qualità.
Circa i mutui, viene autorizzata l'accensione di un nuovo mutuo o richiesta di prestito obbligazionario finalizzato al pareggio di entrate e uscite per 417 milioni di euro. Vengono rinnovate le autorizzazioni per l'accensione di mutui o richieste di prestiti obbligazionari per 440 milioni e per 1 miliardo 560 milioni di euro. Gli oneri per le rate di ammortamento dei mutui ammontano a circa 220 milioni di euro annui, dal 2014 al 2043. In sostanza si tratta di un indebitamento di circa 2 miliardi di euro, finalizzato, torno a ripeterlo, alla sanità e in parte anche alla ricostruzione post-sisma.
Pensiamo questo perché nella legge finanziaria ci sono molte enunciazioni, che molto spesso sono assai generiche, per cui si parla di iniziative, rispetto alle quali o si era già in cammino e non si ha un consuntivo e si prosegue su quel cammino, o genericamente si parla di nuove iniziative, la cui sostanza è però difficile da intravedere.
C'è poi questo servizio per il debito, che deve far fronte a questa ingente somma che deve essere ammortizzata, a fronte di un avanzo amministrativo relativo al 2012 per competenza di circa 2 miliardi di euro. Anche su questo versante, lo sottolineiamo ogni anno, c'è qualcosa che non funziona.
Sempre per rimanere nel vecchio sistema, nei vecchi vizi, c'è il sistema aeroportuale, per il quale si spendono molte risorse pubbliche, si sono create addirittura società che sono poi miseramente fallite. Pensiamo a quello che è successo a Forlì, dove la Regione ha gettato dalla finestra molti soldi pubblici, a fronte di una situazione in cui in una qualsiasi azienda normale si sarebbe visto che il piano industriale pluriennale non reggeva, ma si è insistito e si è andati a deragliare. Anche per questo non si pone in qualche modo il problema per razionalizzare quello che è previsto nel sistema aeroportuale e magari si recuperano risorse per l'aeroporto di Rimini, che necessita di una ricapitalizzazione di 15 milioni di euro, di cui cinque a breve termine. Quindi saranno naturalmente risorse che la Regione dovrà impiegare, però non capiamo sostanzialmente in quale quadro di riorganizzazione e di razionalizzazione.
Veniamo poi ad una delle perle di questa ingessatura rispetto ai vecchi schemi. Anche il mondo dell'associazionismo imprenditoriale di questa Regione chiede da molti anni che venga soppressa la Ervet: non riusciamo capire che cosa stia facendo, a fronte di risorse economiche molto significative, che anche in questa occasione sono reiterate. Si stanziano 22 milioni di euro nel prossimo triennio per questa società in house, che opera o dovrebbe operare come agenzia di sviluppo territoriale e supporto dell'ente. Capite che da questa definizione fumosa, un po' opaca, che dice tutto e niente, deriva la necessità di avere chiarezza. Stiamo dicendo da alcuni anni che questa agenzia non è più sopportabile, rispetto ad all'operatività della quale sostanzialmente nulla si sa. È un'agenzia che il sistema produttivo di questa Regione chiede venga definitivamente archiviata, ma abbiamo ancora per il prossimo triennio circa 7 milioni all'anno per l'attività della medesima. Riteniamo che quello dell'Ervet sia un paradigma, un esempio molto pregnante rispetto a quello che la Regione fa ma che - riteniamo - non dovrebbe fare.
In questa finanziaria evidentemente vi sono delle discrasie molto, molto significative. Non possiamo considerare che per la prima impresa regionale dell'Emilia-Romagna, cioè il turismo, è allocata una quantità di risorse a nostro modo di vedere esigua, pari a quella per le politiche sulle attività sportive e ricreative e per gli spazi giovanili. Crediamo che questa, che è veramente l'attività produttiva più significativa, avrebbe dovuto essere adeguatamente sostenuta.
Ci sono poi delle voci in cui costantemente si fa riferimento al sostegno alla produzione. Ritengo che questa sia una fase storica, nella quale la bassa intensità e un ulteriore significativo abbassamento della capacità di consumo delle nostre popolazioni avrebbero dovuto consigliare di attuare politiche a sostegno del consumo. Soltanto così riparte il Paese, dunque anche la Regione Emilia-Romagna. Quel calo del 2,6 per cento del PIL, in costanza di un andamento dell'export, che comunque si mantiene con un segno positivo, il problema vero è questo. Allora qui sì che avrebbero dovuto essere allocate risorse per abbattere costi sui servizi, sulle tariffe, di modo che nelle nostre comunità, detto in parole molto povere, girasse una maggiore quantità di moneta. Infatti, se non ripartono i consumi, possiamo continuare, come fate voi, perché non avete forse avvertito la necessità di questo cambiamento importante a sostenere la produzione, ma la produzione significa mantenere i prodotti nei magazzini, se non c'è la ripresa dei consumi interni.
Abbiamo un comparto importantissimo della nostra economia regionale, che è quello dell'agroindustria: per la prima volta l'industria alimentare, che ha un volano di spesa che complessivamente nel Paese supera i cento miliardi di euro, si è registrato un abbassamento dell'1,5 per cento della spesa alimentare. Credo che questo sia un segnale che forse avrebbe dovuto essere colto e a nostro modo di vedere avrebbero dovuto essere assunte iniziative in questo contesto, che spingessero in qualche modo la capacità di consumo delle nostre comunità, dei nostri cittadini, ad un livello più significativo.
Queste sono le considerazioni che ci sentiamo di fare su questa legge finanziaria, con soltanto alcune incongruenze, che sono quelle più macroscopiche. Le ho fatte per evidenziare come siamo in un contesto di rigidità storica rispetto alla ristrutturazione di questa legge, nonostante il contesto economico del Paese sia assolutamente cambiato, con tinte fosche, che non lasciano intravedere assolutamente quella lucina che qualcuno vede in fondo al tunnel, che anche a livello governativo ogni tanto esce, ma che molti oramai pensano sia la luce di un grande treno che sta avanzando molto velocemente.
Mi piace chiudere, perché in questa Regione giustamente si parla molto di lotta alla criminalità, di un impegno sociale rispetto alle infiltrazioni malavitose, di cui purtroppo i segnali sono evidenti a tutti i livelli, in quanto non è più un fenomeno circoscritto in alcune aree geografiche, ma ha assunto una dimensione molto più diffusa. C'è un problema di sicurezza delle nostre città, che si sta acuendo. È uno degli indicatori importanti, che purtroppo accompagnano tutte le crisi economiche, quindi anche quella che stiamo vivendo. La necessità di un presidio maggiore del territorio è evidente ed è richiesta degli enti locali. Poi ci troviamo a vedere che per quanto riguarda le tematiche della sicurezza, del controllo del territorio e della necessità anche di un contrasto che venga da iniziative sostenute economicamente da questa Regione, su questo comparto troviamo soltanto 332 mila euro per la legge riguardante le misure di prevenzione contro la criminalità organizzata e mafiosa, per la sicurezza.
Questo per chiudere è il ridicolo atteggiamento di una finanziaria, rispetto ad un problema che tutti voi sottolineate come assai urgente, che tocca tutta la nostra comunità, non soltanto i singoli, ma anche e soprattutto il mondo delle imprese.
PRESIDENTE (Richetti): La ringrazio, consigliere Villani, al PDL restano 16 minuti.
È iscritto a parlare il consigliere Alessandrini. Ne ha facoltà.
ALESSANDRINI: Presidente, voglio svolgere alcune considerazioni, ribadendo anzitutto la piena condivisione sulla relazione del collega Luciano Vecchi, che ha collocato il bilancio in un quadro completo che raffigura pienamente la situazione in cui dobbiamo operare. È una situazione che mostra le gravi difficoltà in cui navigano l’economia, le imprese, le famiglie, le Regioni, le autonomie locali per via della diminuzione delle risorse finanziarie disponibili. È questo un quadro che - ce lo indica il Censis con il suo ultimo rapporto - mette in evidenza, ad esempio, la rabbia come il sentimento più diffuso tra gli italiani. Penso che sia difficile rispondere a questo sentimento solo in termini di vincoli dettati soprattutto dall’austerità e dal rigore. E quando il cosiddetto ceto medio cede alla crisi, significa che le famiglie non hanno più la capacità di produrre reddito ed è così che i consumi reali pro capite di fatto sono crollati e sono scesi ai livelli del 1997.
Di chi è la responsabilità di questa situazione? Bisogna chiederselo e cercare di dare una risposta oggettiva evitando le scorciatoie. Ad esempio, la relazione di minoranza scagiona dalle responsabilità il precedente Governo e sottolinea che con il governo Monti i fondamentali economici, cioè la crescita, il PIL, il debito pubblico, la disoccupazione, la pressione fiscale sono tutti peggiorati.
Io credo che onestà intellettuale vorrebbe si dicesse che questa situazione si è determinata prima di tutto per l’inerzia e per la negazione del gravissimo fenomeno della crisi e per i mancati provvedimenti per affrontarla e combatterla; credo che questi siano tutti i veri elementi, che hanno purtroppo portato l’Italia sull’orlo del baratro e soprattutto a perdere di credibilità prima di tutto verso i partners e poi verso il mondo in generale, quindi a dover subire le imposizioni dell’Europa, che sono state tradotte nella famosa lettera della BCE al Governo italiano, il quale si è giustamente impegnato a darvi corso.
Bisogna che ci capiamo su questo, nel senso che il Governo attuale ha certo la responsabilità dell’attuazione di quel diktat, ma, anche se esso non ci fosse stato, avremmo avuto comunque, senza alcun dubbio, l’obbligo di realizzare una manovra pesante per consentire di risolvere i problemi dell’Italia; di dare il via alla risalita per recuperare la credibilità che, in qualche modo, abbiamo perduto.
Dove sta il limite? Il limite del governo Monti c’è stato obiettivamente, ma credo sia stato anzitutto nella insufficienza di equità, posto che ha caricato il peso del risanamento soprattutto sulle classi più deboli e nei tagli indiscriminati - questo è l’altro punto importante - fatti gravare prima di tutto sulle Regioni, sulle autonomie locali, penalizzando di fatto anche soggetti virtuosi ed i servizi per i cittadini, a cominciare dalla scuola e dalla sanità. L’altro limite risiede - credo sia giusto ribadirlo - nell’incapacità o comunque nel non avere creduto alla necessità di adottare provvedimenti più incisivi per favorire un minimo di crescita e di sviluppo anche dove e quando non necessitavano risorse fresche, come ad esempio nel caso di una equilibrata e moderata modifica del Patto di stabilità per gli Enti Locali virtuosi.
Questo il quadro che vogliamo cambiare con il prossimo Governo, evidentemente ci differenzia rispetto alla relazione di minoranza del consigliere Lombardi, che credo contenga pure alcuni spunti condivisibili, come ad esempio quando parla della denuncia della cultura della continuità dei tagli lineari o della cultura del neocentralismo, per quello che riguarda il Governo centrale, ma anche quando fa riferimento alla necessità di utilizzare maggiormente Intercent-ER in ambito regionale, ad esempio quando parliamo di sanità. Credo che siano spunti positivi che vanno tenuti nella dovuta considerazione.
Abbiamo detto che questo bilancio cade in una fase di grandi difficoltà economiche determinate da una crisi, che una parte degli economisti aveva prospettato a doppia VV. Vi è stata la caduta nel 2008 determinata dalla bolla finanziaria negli Stati Uniti, la risalita nel primo semestre 2011 e poi il tonfo nel secondo semestre dello stesso anno, determinato dai debiti sovrani di alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia. Questa situazione si è poi protratta pesantemente nell’anno in corso e avrà una coda lunga nel 2013, se badiamo agli studi di determinati osservatori, come quello di Confindustria che vede un PIL pari a - 1,1 percento, quindi un dato ancora molto preoccupante. Da qui, credo sia giusto sottolineare che l’Europa non ha fatto quanto sarebbe stato necessario, ritardando quindi la ripresa, e ribadire la necessità di invertire tale tendenza.
Per quanto riguarda l’Italia, spero che il prossimo Governo dia corso ad una seria politica industriale, che coniughi sviluppo e sostenibilità e che dia più forti prospettive alle piccole e medie imprese e presti più attenzione agli squilibri sociali e territoriali, che pure sono numerosi. Certo, l’Emilia-Romagna non è meno in difficoltà dell’Italia nel suo complesso, perché è segnata purtroppo dagli eventi sismici che hanno aggravato le questioni legate al mercato del lavoro, alla crisi dell’impresa, al ricorso agli ammortizzatori sociali. Non bastano certo i segnali positivi che giungono dai comparti che operano con l’export o quelli dei settori anticiclici, come l’agroalimentare, che peraltro non risolvono il tema della redditività dell’anello più debole della filiera, che è appunto il produttore agricolo.
Ci stiamo sempre più avvitando in un circolo vizioso in cui, come lo Stato, anche le Regioni diminuiscono la capacità di essere volano per l’economia e per la crescita. E il giudizio positivo sul bilancio va dato perché le decisioni politiche che stanno alla base della sua stesura, nei numeri, pur non avendo potuto evitare di conteggiare i minori trasferimenti statali per 370 milioni tra sanità ed altri settori, hanno però mantenuto la barra ferma su alcuni punti: l’invarianza della leva fiscale sulle voci di entrata che sono in capo alla Regione; la salvaguardia del livello dei servizi per le comunità regionali, pur conoscendo tutti i problemi che avremo, anche con il contributo di un’ulteriore riduzione delle spese di funzionamento; la rinuncia alla linea dei tagli lineari e la concentrazione delle risorse sui settori più importanti per i cittadini e per le imprese.
Non voglio ora ripetere le cinque priorità annunciate nella relazione del collega Luciano Vecchi; dico solo che rappresentano un buon esempio di capacità di governo in una fase molto difficile. Mi limito, pertanto, ad alcune considerazioni veloci sull’ultima priorità, cioè sul sostegno allo sviluppo dell’economia regionale. Si tratta di sostegno all’economia e sostegno allo sviluppo che peraltro io non scinderei troppo dai temi che riguardano il welfare e la sanità, settori su cui la Regione carica di suo 150 milioni per sopperire ai tagli nazionali. Questi settori, secondo me, hanno un ruolo positivo nell’ambito dello sviluppo territoriale.
Le risorse messe a disposizione per lo sviluppo sono sicuramente importanti, ma assolutamente insufficienti perché il 2013 rappresenta l’anno di avvio del nuovo piano triennale delle attività produttive, del nuovo piano per la ricerca industriale, della ricerca sostenimento industriale, del trasferimento tecnologico ed è anche il secondo anno di attuazione del piano energetico regionale. È un anno importante anche per il POR FESR 2007-2013, che si trova nella fase di piena attuazione della programmazione. Sarà un anno importante anche per tutto quello che riguarda la ricostruzione. E non penso che a questa Regione si debba rivolgere una osservazione negativa sul tema della legalità, perché in questa Regione abbiamo fatto delle cose veramente importanti e per fortuna le abbiamo fatte già all’inizio della legislatura, il che ci ha consentito oggi di avere tutti gli strumenti applicando appieno la legge n. 11, in maniera tale da potere tenere le infiltrazioni lontane da questa Regione. Poi, lo sappiamo anche noi che ci sono, non è che stanno lì a pensare che in Emilia-Romagna non devono venire, anzi. Quello dell’Emilia-Romagna è un territorio privilegiato proprio perché vi è un tessuto importante, un’economia ricca, al di là delle difficoltà. Da questo punto di vista credo che non abbiamo niente da invidiare a nessuno. Dobbiamo continuare su questa strada e mettere a punto tutto quello che ci serve per andare in quella direzione, ma ci siamo pienamente.
Credo che uno sforzo eccezionale sia rivolto, anche se sono cosciente che servirebbe molto di più, sia ai temi dell’internazionalizzazione, sia al sostegno dei progetti d’impresa, mentre si avvia un percorso di sostegno articolato alla creazione di nuove imprese.
Io cerco sempre di essere attento anche alle osservazioni che arrivano dagli amici dell’opposizione. Ho ascoltato prima anche il consigliere Villani che poneva la questione dell’Ervet. Io credo che dovremmo tutti renderci conto che in questo caso discutiamo non di un orpello, ma di una società che ci aiuta prima di tutto ad intercettare delle risorse esterne, a partire da quelle europee. E noi, secondo me, non possiamo ritrarci da tutto. Dobbiamo invece esporci, dobbiamo osare di più, soprattutto in una situazione di grande difficoltà come questa; non chiuderci nel nostro recinto, ma gettare ponti per collegarci sempre di più con l’Europa e con il resto del mondo.
Sappiamo che l’assessorato alle Attività produttive sta lavorando sul tema dell’attrattività e dell’appetibilità della nostra Regione. È un’azione che credo tutti ritengano possa dare un contributo decisivo allo sviluppo, soprattutto se riusciremo a costituire un fondo dedicato. Chiudo con questo. Penso che sia importante che i temi dello sviluppo siano stati messi prima di tutto tra le cinque priorità; questo è decisivo perché nelle difficoltà dobbiamo prendere atto, positivamente in questo caso, che comunque ci sono delle imprese che hanno progetti pronti, con programmi di investimento che però sono fermi e che, se riattivati, potrebbero dare una spinta importante allo sviluppo e all’occupazione di questa Regione. Quindi, noi dobbiamo fare di tutto per rimettere in moto nuovamente il circolo virtuoso fiducia ed investimenti anche in questa realtà.
Per l’insieme di queste ragioni, do il mio assenso convinto al preventivo per l'esercizio finanziario 2013, al bilancio poliennale 2013-2015, con l’auspicio che si determini un quadro politico, nazionale prima di tutto, che riporti la politica alla guida del Governo superando l’esperienza dei tecnici, per dare nuova attenzione alle Regioni ed alle autonomie locali sul piano della capacità di spesa e quindi della responsabilità di spendere meglio. Questo starebbe alla base di qualsiasi discorso e riferimento al tema del federalismo.
PRESIDENTE (Richetti): Ringrazio il consigliere Alessandrini, che ha utilizzato 15 minuti del tempo a disposizione del Gruppo del PD.
È iscritto a parlare il consigliere Manfredini. Ne ha facoltà.
MANFREDINI: Presidente, mi hanno appena consegnato un emendamento, il 21. Non so chi lo ha firmato, ma sicuramente lo voteremo: in sostanza stabilisce che la Giunta regionale verifica "quali tra le società che svolgono attività prevalente in favore della Regione non mantengono attualmente i requisiti di cui al comma 3". Questa è una richiesta che abbiamo formulato e ribadiamo da tempo e faccio i complimenti in questo caso alla Giunta.
Ascoltiamo anche oggi le ben note lamentele che questa maggioranza si esercita ad ufficializzare da molti anni a questa parte, ogni volta che si affrontano i temi di bilancio e di risorse da destinare ai servizi per i cittadini. Si attribuisce la colpa alle ristrettezze ed al perdurare della crisi economica, alla ripresa che non c’è, agli eventi sismici che hanno colpito la Regione. Per la maggioranza di quest’Aula vale sempre l’alibi "piove, Governo ladro!" e mai si sente il coraggio di ammettere che qui non si è capaci di dispensare fino in fondo le dinamiche di bilancio e di attuare una sana riorganizzazione dei centri di spesa e delle gestioni di settore. Restano sacche assai dispendiose e discutibili in termini di efficacia della spesa regionale: oltre 56 milioni di euro in più previsti per gli affari generali, quasi 319 milioni di euro in più previsti per gli oneri non detraibili, maggiori stanziamenti per gli assessorati, eccetera.
Quando poi si spulciano le delibere di Giunta o capitoli specifici dell'imponente bilancio regionale, saltano agli occhi sacche di spesa che non sono assolutamente condivisibili da parte nostra. Risorse a fiotti vanno per scopi assai discutibili e senz’altro al di fuori delle competenze regionali, come ad esempio i contributi per iniziative nei paesi in via di sviluppo quali Brasile, Mozambico, Palestina, Romania. Per esempio, un’associazione bolognese, per citarne una fra le tante, è tra i beneficiari del bilancio regionale per intraprendere discutibili progetti in questi luoghi, sono stati e continuano ad essere concessi contributi: abbiamo contato quasi 2 milioni di euro negli ultimi cinque anni. Piuttosto che finanziare istituzioni sociali per interventi di cooperazione internazionale con i paesi in via di sviluppo, preferiremmo che la Regione finanziasse piuttosto progetti locali ed investisse sulle proprie giovani generazioni, soprattutto quando si va a finanziare progetti per paesi come il Brasile, che sono ormai tutto tranne che sottosviluppati e vantano anzi una crescita del PIL che il Governo Monti si sogna.
Se è vero che sono discutibili ed aspramente criticabili i tagli lineari del Governo Monti - così come ha ben evidenziato il collega Lombardi - lo sono anche i parametri, i capitoli di bilancio disseminati qua e là che la Giunta intende continuare a finanziare per spese che poco o nulla hanno a che fare con il benessere, l’occupazione, l’istruzione e l'assistenza della comunità regionale. Il Governo Monti ha avuto effetti disastrosi. Voi lo sapete perché lo avete sempre appoggiato e qui nessuno della maggioranza ha il coraggio di riconoscere i danni economici e gli effetti negativi sulla recessione generale, che stiamo vivendo e che non accenna a diminuire.
Se il buongiorno si vede dal mattino, dopo i tagli, il calo del PIL, il terremoto che ha messo in ginocchio la nostra Regione non oso prevedere come sarà il prossimo bilancio regionale, che risentirà pesantemente di tutti questi effetti negativi. Oltretutto il Governo Monti, nemico degli italiani ed amico delle banche, ha praticamente affossato tutti i processi di autonomia che le Regioni italiane avevano intrapreso con investimenti ed aspettative fin dall’approvazione della Carta Costituzionale. A Monti sono bastate poche norme per distruggere quanto persone ed istituzioni avevano costruito dal 1970 ad oggi.
Stessa criticabile gestione regionale - come ho denunciato più volte - riguarda la gestione degli enti partecipati. Questa mattina, come dice Benigni, godo come un maiale.
PRESIDENTE (Richetti): Consigliere Manfredini, dica che è felice!
MANFREDINI: Sì, presidente, sono felice. Ci sono altre sacche di spese e di costi che sfuggono ad un preciso controllo e soprattutto alle regole pubbliche trasparenti di contabilità pubblica. Assunzioni di personale mediante pubblico concorso, selezioni trasparenti per l’affidamento di incarichi. Mi pare che sotto questi aspetti - caro Presidente, cara Assessore - ci sia ancora molto lavoro onesto da compiere. Non serve a molto continuare a sbandierare le virtù delle Regioni, quando sappiamo tutti che molte dinamiche organizzative e carriere sono state dettate da logiche che non possono più essere giustificabili e sostenibili. Abbiamo letto non più tardi di qualche giorno fa su autorevoli quotidiani vicini ai dirigenti, di carriere ben poco edificanti, altri sintomi che si aggiungono a scandali relativi al personale legato a Delbono, Bersani, Solaroli, per citare i più noti degli esponenti politici. Su questo, continueremo a mantenere alta la nostra attenzione, così come sulle partecipate e su tutti i finanziamenti a fondo perduto della Regione concessi a società, in pratica senza garanzia alcuna. Lo ha scritto e lo ha osservato la Sezione regionale di controllo della Corte dei Conti e su questo nessuno di voi ha risposto per dare motivate giustificazioni.
Siamo inoltre fortemente contrari alla distribuzione finanziaria prevista nel bilancio, che prevede lo sviluppo economico come area di intervento marginale per il settore delle attività produttive, considerato anche meno degli organi istituzionali per gli affari generali. Cala il PIL, in modo più evidente qui da noi a causa della crisi e soprattutto del terremoto, ed anche su questo non sono messe in campo dalla Regione ricette concrete e precise, come è stato evidenziato anche nella seduta di ieri. Inoltre il bilancio regionale non soltanto considera delle "cenerentole" le attività produttive che ho citato, ma le penalizza ulteriormente e le condanna spesso all’insolvenza, dovuta ai ritardi eclatanti dei tempi di pagamento. Se qualche lieve miglioramento è stato compiuto, è del tutto insufficiente a garantire la necessaria liquidità delle aziende creditrici della pubblica amministrazione. Né ho letto nelle varie relazioni del bilancio quali siano le ricette o i provvedimenti che la Regione Emilia-Romagna intende mettere in atto per pagare e per allinearsi ai sessanta giorni massimi di tempo previsti dall’Unione Europea.
Crediamo che l’agricoltura, il turismo e il commercio non debbano restare le cenerentole di una Regione, che vuole fare del proprio territorio e della propria accoglienza un punto di forte appeal. Da ultimo, contesto quei capitoli calderone, che considero un rifugium peccatorum, come ad esempio quello relativo agli oneri generali non attribuibili a residui passivi. Centinaia di milioni di euro che non rendono chiaramente la natura della spesa.
È urgente ed improcrastinabile rivedere complessivamente il sistema sanitario, che oggi fagocita la quasi totalità del bilancio e che in prospettiva non mi sembra più sostenibile. Come Lega Nord da tempo proponiamo soglie di assistenza più mirate, perché non è più possibile garantire tutto a tutti e tutto gratis ad ampie fasce di popolazione, cui non si richiede alcuna contribuzione, né a loro personalmente, né ai loro paesi stranieri d’origine.
Che dire di un continuo generico citare di immigrati, di popolazioni straniere in maniera trasversale in tutti i settori di intervento? La vera palestra di queste acrobazie riguarda ad esempio l'utopico capitolo del contrasto alla povertà ed all’esclusione sociale, di cui i veri beneficiari non sono i capifamiglia disoccupati e sul lastrico, ma i detenuti soprattutto extracomunitari, in gran maggioranza al nord e nemmeno citati come tali, ma nobilitati dalla sinistra in "persone ristrette negli istituti penitenziari regionali".
In soldoni, fra area, carcere e povertà da tre anni a questa parte abbiamo incrementi di centinaia di migliaia di euro, arrivando ad uscite di oltre 7 milioni. In un momento come questo, di grave crisi economica e sociale, la Giunta deve prendere coraggio e compiere delle scelte su questi temi, altrimenti i cittadini, quelli veri, non capiranno e continueranno ad aumentare lo scetticismo e la contestazione nei confronti della politica. Siamo tutti consapevoli dell’abuso inevitabile di certi servizi e prestazioni, quindi chiediamo alla Giunta regionale di ripensare i meccanismi di prestazioni sanitarie più adeguate alle capacità effettive del sistema sanitario, ponendo attenzione alla popolazione emiliano-romagnola, che nel tempo ha contribuito a questo sistema, da cui legittimamente si attende efficienza e qualità.
Signori miei, ci rendiamo conto che la spesa sanitaria da noi è tra le più alte? Si tratta di 1.757 euro pro capite, mentre la media italiana è 1.688 con un trend di crescita rivelatosi superiore al 27 per cento dal 2001 in poi? Ci rendiamo conto che peggiora sempre più il rapporto tra la parte attiva e quella non attiva della popolazione residente e cioè i minori ed i pensionati? Se nel 1990 c’erano 44 persone non attive su 100, oggi il rapporto è ancora più negativo, cioè 54 su 100. Sono pronto a scommettere che tra molti anni, voi della Giunta vi pentirete di avere innescato questi processi, quando avrete in mano un servizio pubblico non più sostenibile economicamente nemmeno per i ricoveri degli stranieri, per i quali siamo terzi in Italia.
Come fate a trovare risorse, ad esempio, per un sempre maggior numero di anziani depressi ed impoveriti e con deficit funzionali che affollano i pronto soccorso, soprattutto nei centri più grandi? Da padano, dico che la sanità di molte regioni meridionali è allo sfacelo per sprechi e fenomeni di mala gestione; ne sono un esempio l’Abruzzo e il Lazio, che con i loro debiti ed il loro malfunzionamento stanno affossando tutto il sistema. C’è da augurarsi che l’Emilia-Romagna non vada altrettanto in dissesto per implosioni interne e non soltanto nella gestione ospedaliera, ma in tutte le gestioni sociali. Occorrono fatti ed occorre coraggio per aiutare la popolazione emiliano-romagnola in difficoltà e capace di realizzare economia e produttività. Se così non sarà, tra breve, con un bilancio del genere, è evidente che non potremo più aiutare nessuno.
Il collega Lombardi, in conclusione, ha rivolto una critica per come amministrate i soldi regionali. Io voglio essere più chiaro e concludo ricordando a tutti voi che stiamo parlando di un bilancio, quello della Regione, generato da soldi pubblici e sul quale abbiamo delle responsabilità di fronte ai cittadini. Se si trattasse di un’azienda privata, certe elargizioni non sarebbero consentite e gli amministratori sarebbero mandati a casa. Invece di tagliare sui settori essenziali, che vanno invece mantenuti (scuola, sanità, eccetera), dovreste tagliare sui tanti sprechi di denaro generati dalla ricerca di un consenso, che non esito a definire clientelare e che caratterizza questa Regione ormai da sessant’anni. Potete permettervelo perché i soldi non sono vostri, ma la collettività emiliano-romagnola, che ha prodotto queste risorse, non merita di vederle dissipate in questo modo.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Manfredini.
Il consigliere Manfredini ha utilizzato 13 minuti dei 28 a disposizione della Lega Nord, per cui ne restano 15.
Anticipo che per le ore 13,00 è convocata la Conferenza dei Capigruppo per fare il punto sulla gestione dei lavori dell’Aula.
È iscritto a parlare il consigliere Grillini. Ne ha facoltà.
GRILLINI: Intervengo su un aspetto particolare della legge finanziaria, cioè sull’articolo 32, che istituisce il Comitato unico di Garanzia per le pari opportunità, la valutazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni sia a livello regionale che negli altri enti pubblici dipendenti dalla Regione.
Si tratta di un adempimento rispetto al quale la Regione è in pesante ritardo. Noi avevamo sollecitato quest’adempimento con un’interrogazione il 4 settembre, a cui aveva risposto l’assessore Bortolazzi, che ringrazio per l'impegno che evidentemente ha profuso se adesso siamo a discutere di questo tema nell'ambito della legge finanziaria.
Vi è anche un pronunciamento della Commissione Pari Opportunità, presieduta dalla consigliera Mori, commissione in cui è stata fatta una discussione su questo terreno, nel corso della quale ho sollecitato quest'adempimento, che è relativo ad un decreto legislativo del 2001, come modificato dall'articolo 21 nel 2010, e così via. Si tratta, quindi, di un comitato che sarebbe dovuto entrare in funzione entro il 2011. Insomma, possiamo dire che finalmente si adempie ad un articolo di legge. Pensate che erano previste perfino delle sanzioni per il mancato adempimento di questa norma.
La costituzione dei comitati unici di garanzia rappresenta, a mio parere, senza illudersi che basti un comitato per cancellare atteggiamenti discriminatori, atteggiamenti sessisti, e così via, uno strumento molto importante anche dal punto di vista educativo.
Peccato che la stessa cosa non si possa fare anche nel settore privato. Speriamo che, nella prossima legislatura, qualche parlamentare, visto che qualcuno di noi è in procinto di sedere a Montecitorio o a Palazzo Madama, intenda estendere quest’organismo anche al settore privato, perché, mentre nella Pubblica Amministrazione una forte presenza sindacale, una sensibilità particolare, finora ha consentito di intervenire su questa materia, non dappertutto, ovviamente, non in modo omogeneo, com'è facile immaginare, nel settore privato, ahimè, questo non succede, e le discriminazioni per motivi di genere, di carattere sessista o per motivi derivanti dall'orientamento sessuale, sono molto frequenti e, ovviamente, se ci fossero organismi di questo tipo anche nelle aziende private, sarebbe un fatto assai rilevante. Il mio invito, dunque, è rivolto ai colleghi che, nella prossima legislatura, sederanno in Parlamento, affinché si occupino di questo tema in modo efficace e magari anche rapido.
Il fatto che la nostra legge finanziaria lo preveda, e preveda la sua costituzione in accordo con l'Ufficio di Presidenza e con l'Assemblea, quindi l'Assemblea stessa giocherà un ruolo rilevante da questo punto di vista, mi pare assai importante. Ovviamente, la partita si giocherà nella sua composizione, che dovrà essere una composizione paritetica tra donne e uomini, e dovrà essere una composizione riguardante tutto lo spettro della lotta alle discriminazioni.
Abbiamo visto che non è prevista una data precisa di scadenza o di entrata in funzione dei comitati unici di garanzia. Su questa materia avevo pensato di presentare un emendamento alla legge finanziaria, ma ho rinunciato perché, a mio parere, la buona volontà espressa da quest'articolo, che in qualche modo vorremmo fare conoscere, così come tutto il resto che di buono vi è in questa legge finanziaria, che noi approveremo, perlomeno noi daremo un voto favorevole, complessivamente, dicevo che dobbiamo rendere noto il fatto che contenga un elemento importante e rilevante in termini di avanzamento.
Oltretutto, la costituzione dei comitati unici di garanzia non riguarda solo la Regione ma riguarda tutti gli enti collegati, gli enti di gestione, le Aziende sanitarie. Da questo punto di vista, molti enti hanno già provveduto: la provincia di Bologna, di Forlì, di Reggio Emilia, Cesena, Modena, Parma, Piacenza. Non reputo opportuno dare lettura di tutto l’elenco che ho sottomano, ma in tanti l’hanno già costituito, all'appello mancava la Regione Emilia-Romagna.
È ovvio che questo organismo, per essere operativo, e non essere solo uno dei tanti organismi che si costituiscono e che poi rimangono solo sulla carta e che non operano adeguatamente ed efficacemente, dovrà collaborare con altre istituzioni, penso per esempio all’UNAR, sulla quale di recente è intervenuta quest'Assemblea perché un brusco avvicendamento dovuto alla spending review rischiava di interrompere un positivo lavoro svolto finora, ed all'ufficio nazionale contro le discriminazioni, che lavora presso il Ministero per le Pari opportunità, che di recente ha visto la nomina di un bravo direttore, che conosciamo da tempo, il signor De Giorgi, ufficio che sta già collaborando con gli altri comitati unici di garanzia stabiliti altrove, con la sottoscrizione di apposite convenzioni e accordi. Penso che anche noi dovremmo collaborare con quest'ufficio per rendere sempre più efficace questo lavoro.
Recentemente l'Istat ha compiuto uno studio sulle discriminazioni e sulla percezione delle stesse nel nostro Paese dal quale è emerso che una percentuale molto rilevante di cittadini ritiene di essere stata discriminata almeno una volta nella vita, ovviamente soprattutto di sesso femminile. L'intervento in questo materia, quindi, deve essere un intervento assai deciso, assai puntuale, efficace - perché no? -, con corsi di formazione dei dirigenti e degli stessi dipendenti, magari rivolti anche all'esterno. L'esistenza di un comitato di questo tipo, di un organismo di questo tipo non implica semplicemente un lavoro di monitoraggio sull'atteggiamento della nostra Amministrazione, ma può essere anche un utile strumento di intervento presso l'esterno.
Da questo punto di vista, devo esprimere tutta la mia soddisfazione ed i miei complimenti all'assessore Bortolazzi, perché la legge finanziaria interviene su questo tema, e finalmente anche da noi potrà vedere la luce questo importante strumento di intervento e di lavoro. Grazie.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Grillini.
Ha chiesto di intervenire la consigliera Donini. Ne ha facoltà.
DONINI: Grazie, presidente. Vorrei utilizzare una parte del tempo riservato in questo dibattito al nostro gruppo per affrontare, nella discussione sulla legge finanziaria e sulla legge di bilancio della nostra Regione, il tema specifico riguardante la tenuta del nostro sistema sanitario regionale, riservando, se lo ritiene, al mio capogruppo il tempo per la dichiarazione di voto generale e complessiva sulle due manovre che stiamo discutendo.
A proposito del tema sanitario, è stato presentato - e già distribuito ai consiglieri - un ordine del giorno collegato a questa discussione, che verrà messo in votazione, sottoscritto da tutta la maggioranza, perché si ritiene che, su questo punto specifico, sia necessario fare una riflessione approfondita che parta da una serie di principi che riteniamo importante riaffermare e definire.
Peraltro, ieri, il Presidente Errani, nella relazione sul documento economico e finanziario della Regione, proprio sul tema della sanità e del rischio di emergenza che si sta venendo a creare nel Paese, per cause molto chiare, che cercherò brevemente di enunciare, ha dedicato uno spazio importante non solo per esprimere il suo punto di vista, che io condivido e che ho molto apprezzato, ma anche per riportare molto correttamente all'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna la posizione assunta, in maniera estremamente trasversale, dal sistema delle Regioni italiane all'interno della propria Conferenza nazionale, soprattutto all'interno degli spazi della Conferenza Stato-Regioni, fino ad arrivare a presentare un emendamento, anzi una serie di emendamenti condivisa dal sistema delle Regioni offerti al Parlamento e alla Commissione Bilancio di Camera e Senato, nella discussione in corso sull’approvazione della fiducia, ahimè, relativamente alla legge di stabilità.
Che cosa sta avvenendo in questo Paese da un paio d'anni a questa parte, anche se i prodromi di queste iniziative si possono leggere da lontano? Che progressivamente, per la prima volta dall'inizio della storia dell'istituzione del fondo sanitario nazionale, istituzione avvenuta nel ’78 con la legge nazionale, in attuazione dell'articolo 32 della Costituzione, quindi una legge che io considero obbligata da parte del legislatore nazionale, ebbene, per la prima volta da allora, il finanziamento al fondo sanitario nazionale è previsto in notevole riduzione dal 2013 fino al 2015, il triennio di pertinenza delle manovre che si stanno discutendo, addirittura revocando completamente tutti i criteri contenuti nel patto per la salute precedente, quello del triennio 2010-2012, che prevedevano, non un significativo incremento anno dopo anno del fondo nazionale, ma sicuramente almeno l'indicizzazione.
A mio avviso, siamo di fronte ad una vera e propria emergenza democratica, perché il fatto di de-finanziare il fondo nazionale, peraltro nella misura prevista, che proverò ad enunciare, mette gravemente in discussione in questo Paese la possibilità di rivendicare ciò che l'articolo 32 della Costituzione sancisce, ossia il diritto alla salute da parte delle persone. E farlo nel corso di una grave crisi economica, occupazionale, sociale, come quella che stiamo vivendo, è ancora peggio, proprio perché quando si sta male, ed è oggettivo il malessere diffuso che esiste nella nostra società, (i dati dell'Istat resi noti in questi giorni esprimono in maniera estremamente brutale ed oggettiva qual è l'effetto dell'impoverimento nel nostro Paese e quanti sono gli esclusi - dal punto di vista psicologico, sociale, relazionale, economico), è evidente - e direi che non è necessario argomentarlo tanto - che il bisogno sanitario cresce, il bisogno di curarsi cresce, nascono e purtroppo diventano evidenti nuove patologie. In una situazione come questa sottrarre al sistema risorse fondamentali è un grave atto, che noi riteniamo unilaterale e abbastanza spregiudicato, se a ciò, ahimè, si aggiungono anche considerazioni dette o non dette, ma purtroppo registrate, relativamente all'idea che la sanità, così come la pensiamo noi, anche se in realtà la pensa così la Costituzione e la legge del ’78, pubblica, universalistica, solidaristica, finanziata con la fiscalità generale, questa è la sanità prevista per la Repubblica italiana, da Monti ad altri, dichiarazioni relativamente all’insostenibilità e alla necessità di superare questo tipo di sistema.
Non voglio citare troppi dati in questa mia esposizione, ma in questo Paese non vi è un'adeguata informazione perché vince un certo tipo di propaganda, su questo come su mille altre cose.
Se andassimo a vedere i dati oggettivi relativamente alla spesa sanitaria dei Paesi OCSE o dei Paesi dell'Unione Europea, scopriremmo che l'incidenza della spesa sanitaria in Italia pro capite - e mi dispiace che il consigliere Manfredini sia uscito dall'Aula - è sotto la media europea.
Se potessimo discutere pubblicamente, diffondendo l'esito di alcune ricerche, non svolte da qualche organizzazione faziosa, ma fatte da istituzioni internazionali che hanno il compito di fare comparazioni e valutazioni, scopriremmo che la sanità italiana è considerata la migliore al mondo o tra le migliori al mondo, al secondo posto, disputandosi la leadership con il Canada, e che in Italia il sistema sanitario regionale dell'Emilia-Romagna, sulla base di una serie di parametri di carattere oggettivi e di indicatori, è il migliore. Invece questi governi, il Governo Berlusconi e, in totale continuità da questo punto di vista, il Governo Monti, trattano tutti come se fossero uguali a tutti, applicando la logica dei tagli lineari, indipendentemente dalla qualità del sistema, e indipendentemente dagli sforzi che ogni sistema territoriale o regionale può avere più o meno fatto per introdurre progressivamente, nel corso degli anni, provvedimenti atti al controllo di gestione, al controllo di spesa, alla razionalizzazione, alla riorganizzazione del sistema.
Non sfugge a nessuno, infatti, che il sistema sanitario non è una realtà statica o una fotografia, e che progressivamente vanno immessi nel sistema i risultati delle innovazioni tecnologiche, i risultati della ricerca, per mettere a disposizione servizi davvero qualitativamente efficaci e in grado di garantire sempre meglio la salute delle nostre comunità. Interventi che, ahimè, non si fanno solo nella logica dei tagli e delle riduzioni, perché la vera innovazione si introduce attraverso l'investimento, a partire dall'investimento sulla ricerca.
Nel sistema dell'Emilia-Romagna verranno a mancare - ed entro nel merito - in seguito ai provvedimenti, che cito: manovra 2011 del Governo Berlusconi, spending review del Governo Monti, legge di stabilità, legge finanziaria, attualmente in discussione in Parlamento, del Governo Monti, per il 2013, è previsto un taglio oggettivo ed in valore assoluto di 86 milioni di euro, ai quali però va aggiunta tutta una serie di voci di incremento dei costi, che sono costi ineluttabili. Per esempio: nell'anno 2013 ci costerà 120 milioni di euro il trend dei costi di produzione delle Aziende sanitarie regionali ad esclusione del costo del personale soggetto a limitazioni poste dalla normativa di settore. Questi costi maggiori, stimabili in 120 milioni di euro, sono anche comprensivi dell'aumento dell'Iva, perché non sfugge a nessuno che si paga l'Iva anche relativamente alla produzione sanitaria della nostra Regione. Inoltre, dal 2011, sono in vigore nuove modalità di verifica dell'equilibrio e della stabilità di gestione del servizio sanitario regionale, che, a decorrere dall'anno 2013, prevede il finanziamento degli ammortamenti non sterilizzati pregressi, addirittura degli anni 2011 e 2010, nell'arco temporale di 25 anni, il che aggiunge per l'Emilia-Romagna un onere di 40 milioni di euro. Inoltre, in virtù di una legge approvata recentemente, la necessità di finanziare - sentite, perché a me è sembrata una cosa abbastanza singolare - gli indennizzi agli emo-trasfusi non ricade più sul sistema nazionale, ma solo a livello regionale come imposizione, aggiungendo un onere di 20 milioni di euro.
Se non ci fossero i 150 milioni di euro messi dal bilancio regionale alla sanità emiliano-romagnola, in seguito al combinato disposto delle manovre tra il 2011 e il 2012, verrebbero a mancare 410 milioni di euro. I 150 milioni di euro messi, come scelta coraggiosa e molto apprezzata, riducono - se così si può dire - a 260 milioni di euro il debito sanitario del nostro sistema regionale. La cosa incredibile è l'obbligo di rientrare entro il 2013.
Ebbene, vorrei denunciare - e vorrei che fosse chiaro a tutti - che anche all'interno di un sistema stabile, perché l'Emilia-Romagna è in equilibrio di bilancio per quel che attiene alla spesa sanitaria, sebbene abbia raggiunto gli obiettivi previsti di volta in volta dagli standard nazionali e contenuti nei patti per la salute, e abbia fatto scelte di razionalizzazione negli anni sulla farmaceutica, sulla centrale unica degli acquisti, sulle esperienze di arie vaste (ne potrei citare molte) e quindi avere raggiunto gli obiettivi con tanto di certificazioni del MEF, del Ministero e riconoscimenti, questa imposizione scaricata sul bilancio di esercizio del 2013 crea il rischio che l'Emilia-Romagna possa andare in piano di rientro.
Se questo Governo non recupera un po' di razionalità, di equità - non saprei come dire -, di consapevolezza, di giustizia, di civiltà, nel modo col quale interviene, rischia di mandare una realtà come l'Emilia-Romagna per quel che attiene al sistema sanitario regionale in piano di rientro, e sapete che cosa vuol dire piano di rientro? Vuol dire l'applicazione automatica di tasse, di ticket, di addizionali Irpef, finanche il commissariamento. Questa è la condizione nella quale noi versiamo, oltre alla necessità di dover operare per rientrare di 260 milioni di euro.
Ho messo in fila questi argomenti in questo mio appassionato intervento, che sono anche scritti in quest'ordine del giorno come premessa. Direi che le richieste contenute nell'ordine del giorno sono implicite e collegate a quanto ho detto: la richiesta al Parlamento, al Governo, affinché riveda le previsioni di tagli contenute nella legge di stabilità e ripristini i meccanismi previsti nel vecchio piano per la salute, che non è di un secolo fa, è il piano 2010-2012; e noi, come Assemblea legislativa, ci diamo una serie di indirizzi che rivolgiamo alla Giunta regionale, che sono i seguenti: evitare di applicare, a fronte della necessità di recuperare risorse, tasse e nuovi ticket sui nostri cittadini in una situazione di così grave difficoltà; di operare evitando la riduzione dei servizi; di non rinunciare a proseguire nelle azioni di innovazione e di qualificazione del sistema sanitario regionale, quali la riorganizzazione del modello di assistenza ospedaliera per intensità di cura e per intensità assistenziale, il riordino delle cure primarie, la diffusione delle case della salute; di coinvolgere, però, tutti gli attori del sistema regionale - e quando dico tutti gli attori mi riferisco alle organizzazioni sindacali, agli operatori del nostro sistema sanitario, alle realtà con le quali la Regione Emilia-Romagna, come sistema pubblico, è convenzionata, e quindi anche alle realtà dell’ospedalità privata, proprio perché la Regione, insieme con questi soggetti, nella definizione di tutte le misure aggiuntive necessarie a mantenere l'equilibrio dell'intero modello sanitario, davvero persegua l'obiettivo di mantenere l'equilibrio che attualmente conosciamo nel sistema sanitario, e faccia questo lavoro in maniera aperta, condivisa e concertata; di destinare al fondo sanitario regionale le risorse che risultassero disponibili nel corso dell'anno, sapendo bene che di emergenze ce ne sono molte, che i tagli subiti dal bilancio regionale sono tanti, i temi illustrati dalla relazione approfondita e, come sempre, pregevole e acuta ed anche abbastanza di sinistra del collega Luciano Vecchi, adeguatamente di sinistra, ma anche quella frutto del lavoro serio del collega Lombardi - non lo dico per piaggeria, perché apprezzo sempre quando i lavori vengono svolti con spirito di collaborazione e di servizio, oltretutto fornendo dei contenuti che mi hanno permesso di comprendere e che quindi mi hanno alimentata nella conoscenza e stimolata nell'approfondimento di alcuni tempi -, dicevo, so bene che c’è anche ben altro, ma è evidente che uno dei ruoli costituzionali e statutari di questa Regione si esplica soprattutto nella diffusione dei servizi sociali, sociosanitari, assistenziali, e che la riduzione così significativa, si parla di un volume di tagli del fondo sanitario nazionale di 30 miliardi di euro, questo è il valore complessivo, ci interroga davvero sul senso che ha il nostro essere qui, sul senso che ha il sistema delle Regioni così come l'abbiamo conosciuto.
Pertanto, la rivendicazione è forte, l'appello, secondo me, è necessario, l'allarme ha ragione d'essere, contestualmente l'impegno e il lavoro perché tutto ciò non produca un ulteriore serio colpo al sistema e si riproduca, come scarico ulteriore di sacrifici e di sofferenza, nelle nostre comunità.
In Commissione di recente è stato portato un dato riguardante l'accesso alle richieste di prestazioni diagnostiche e specialistiche nella nostra Regione, un dato che dà conto di un calo legato all'applicazione dei ticket aggiuntivi, probabilmente legato al contesto particolare che stiamo vivendo. Questo calo di richieste di prestazioni si spiega in due modi: da un lato chi può ricorre all’ospedalità privata non convenzionata tout court; da un altro lato chi non può - e sono sempre di più - rinuncia a curarsi, perché non ha i soldi neanche per affrontare l'iter della diagnostica e della specialistica. Questa è una cosa che ci riguarda, per cui sottolineo l'importanza dell'approvazione di questo documento di indirizzo allegato al bilancio. Grazie.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliera Donini.
Ha chiesto di intervenire la consigliera Moriconi. Ne ha facoltà.
MORICONI: Grazie, presidente. Nel confermare il voto favorevole al provvedimento, desideravo cogliere le sollecitazioni provenienti dalle piccole e medie imprese che operano nei territori colpiti dal terremoto, con la piena consapevolezza e il grande apprezzamento per gli sforzi che la nostra Regione e il Commissario Errani hanno compiuto, e stanno ancora compiendo, per far fronte alle drammatiche conseguenze create da questa calamità.
Esprimo, quindi, l'auspicio che la Giunta regionale ponga in essere tutti gli strumenti necessari per agevolare il più possibile le necessità di ricostruzione e di ripresa di queste aziende, con particolare riferimento all'entità e ai termini di pagamenti dell'Irap. Grazie.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliera Moriconi.
Non vi sono altri iscritti a parlare in discussione generale, che chiudiamo dando la parola alla vicepresidente della Giunta Saliera. Prego.
SALIERA, vicepresidente della Giunta: Grazie, presidente.
La nostra discussione, forse anche a differenza degli altri anni, si svolge nel contesto di un quadro pienamente recessivo, recessione di cui siamo tutti consapevoli, e quindi tutto assume una dimensione diversa e, per alcuni aspetti, ci troviamo complessivamente impreparati.
In tal senso, credo che tutti condividiamo l’idea che occorra riformare lo Stato, facendo in modo che costi di meno, che sia più efficace, con un debito sovrano in calo, ma siamo altrettanto consapevoli che tutto questo è possibile a fronte di un PIL non certo in calo, ma a fronte di un PIL in crescita, di un Paese che lavora, che ha la possibilità e l'opportunità di lavorare, anche di acquistare, con politiche di sostegno industriale. Sappiamo che tutto questo, ormai da troppi anni, non è nelle corde e nelle priorità dei governi che si sono succeduti, non ultimo quello di questi ultimi mesi.
Ho ascoltato attentamente le vostre osservazioni in tal senso, alle quali rispondo dicendo che la Regione Emilia-Romagna vuole tentare di riformarsi, e le parole che ho sentito stamattina vanno esattamente in questa direzione, e quindi so di poter contare sull'aiuto di tutta l'Assemblea per fare tutto ciò che sta nelle nostre mani.
Vorremmo tutti che il 2013 rechi con sé una discussione seria, approfondita circa una riforma strutturale e complessiva dello Stato, sulla sua efficacia, sui rapporti e gli elementi base della Costituzione. Sappiamo che questa riforma, o quella che ci verrà proposta, dovrà essere patrimonio del Parlamento, e quindi l'auspicio è che ci sia e che esamini tutte le articolazioni dello Stato, dal Parlamento, come e quale riforma dello stesso Parlamento, con una chiarezza a monte, dichiarando apertamente se vogliamo uno Stato fondato su un centralismo forte o su un decentramento, perché sono ormai troppo anni che si accavallano e si intrecciano in modo perverso azioni ed espressioni di federalismo con azioni concrete di centralismo. Bisogna, quindi, riuscire definitivamente, una volta per tutte, a scegliere. Sto parlando del Parlamento, ovviamente. Per noi, a fronte di una scelta chiara, sarebbe, nel bene o nel male, coerentemente o meno con le nostre opinioni, sicuramente più facile operare anche un’autoriforma.
Detto questo, la proposta che vedrete, ma che avete già discusso in Commissione, è proprio quella di portarci avanti coi lavori, proseguire l'analisi iniziata sulle funzioni, capire a fondo dove ci sono doppioni, ridondanze, dove ci sono sprechi di tempo, di costi, e avere un'idea consapevole della situazione reale, senza infingimenti, per riuscire a fare noi, nel nostro sistema regionale, con le nostre autonomie, ovviamente insieme con loro, insieme con le forze sociali, i sindacati, e in un confronto con le organizzazioni produttive. Da un lato avere la consapevolezza, ma avere e condividere degli obiettivi con grande responsabilità. Una riforma che deve vedere un processo rivolto alla crescita, allo sviluppo della nostra Regione. Sappiamo bene che avere un territorio appetibile passa da questo. È uno degli aspetti fondamentali in un rapporto certo, in tempi definiti, fra cittadino e pubblica amministrazione. A tale scopo, la Giunta continuerà nel suo impegno, forte del vostro appoggio, contando sulla vostra collaborazione e sulle vostre idee.
A questo punto si innesta il discorso - penso che avremo modo di discuterne già nel pomeriggio - sulle economie di scala, ma con un concetto diverso dal "tutti sono uguali", dai tagli lineari, piuttosto individuando bene chi deve fare che cosa e col massimo dell’efficacia, quindi dal basso provare a fare tutto ciò che possiamo fare.
Bilancio e legge finanziaria. Al di là della consapevolezza dei tagli, in particolare sulle Regioni, dall'estate del 2010, col decreto legislativo n. 78, che, come sapete e come avete già detto anche voi stamattina, ha azzerato i trasferimenti delle leggi Bassanini, per 390 milioni di euro, a cui adesso si aggiungono altri 110 milioni complessivi, fra tagli e minori entrate, e quindi, in tre anni, sono 500 milioni in meno, in aggiunta ai 31 milioni di euro del fondo della non autosufficienza, meno 410 milioni sulla sanità, di cui il bilancio prevede 150 milioni. Vi sono, quindi, da recuperare, in termini riorganizzativi, 260 milioni di euro. È dal bilancio di previsione del 2011 che un aspetto fondamentale di lavoro è stato il taglio sul nostro funzionamento, come rivedere la spesa, come spendere di meno e funzionare ugualmente. Negli anni scorsi i tagli operati sono stati più di 50 milioni complessivi. Voi capirete che, di anno in anno, si restringe la possibilità, perché diventano spese quasi incomprimibili, comunque anche quest'anno saranno tagliati altri 14 milioni, che si aggiungono agli altri 50. Dobbiamo, quindi, capire che, sì, il tema delle missioni e delle spese, tutte quelle di funzionamento, all’interno delle quali, però, ci sono anche quei contributi che normalmente andavano al territorio, a sostegno dell'iniziativa di un determinato paese, di un'associazione culturale, di un festival culturale, qualche sagra, che per quel determinato territorio vuol dire mettere in evidenza un prodotto tipico, e quindi si tratta di economia locale. Ebbene, via via tutto questo si è azzerato. Sul territorio, quindi, dovremo fare i conti anche con questi aspetti.
Ma le azioni, che sono il fondamento del bilancio, considerato che, come diceva il consigliere Lombardi, in realtà noi abbiamo poco più di 10 miliardi in termini di spese operative, quelle che si rivolgono ai settori, di cui circa 9 miliardi vanno sul settore socio-sanitario, si riducono a poco più di 1 miliardo. Pertanto, il tentativo, che ancora una volta si cerca di fare, anche attraverso il lavoro di confronto al tavolo per il patto per la crescita e lo sviluppo, è quello di concentrare e avere sempre presente, per quelle che possono essere le nostre leve, il tema della crescita e del lavoro, attraverso un sostegno della domanda interna. A tal proposito, era il consigliere Villani che poc’anzi diceva di prestare attenzione alla domanda interna? Ma la domanda interna si stimola cercando di sostenere l'occupazione, diminuendo il più possibile la precarietà, quindi la sicurezza verso il futuro, o perlomeno più certezze, l'occupazione, e quindi nelle aziende in crisi tutto il sistema degli ammortizzatori, il sostegno allo stato sociale, quindi al welfare, perché a ricaduta vi è anche un volano di aziende piccole e grandi che possono lavorare e quindi creare occupazione, oltre al sostegno, ovviamente, in termini di qualità del vivere quotidiano.
L'altro aspetto è lo sviluppo, quindi crescita produttiva. Una parte, quindi, è il sostegno alla domanda interna, l’atra parte è sviluppo, e quindi risorse per l’internazionalizzazione, per far conoscere i nostri prodotti, far fare rete d'impresa. Abbiamo aziende piccole che fanno prodotti particolari, di nicchia, che però hanno bisogno di una rete perché siano conosciuti, quindi bisogna supportare le aziende in questo. Innovazione, ricerca, mantenere quel grande patrimonio di idee, penso ad esempio all'alta tecnologia che esprimiamo nella nostra Regione, per riuscire sempre ad innovare e ad essere, per forza, per i prodotti che produciamo, per la loro particolarità, presenti nel mondo. E, naturalmente, il sostegno al credito, quindi i ConFidi e un fondo di rotazione di garanzia per le aziende.
Naturalmente, non possiamo dimenticare il TPL, con tutti gli interrogativi che abbiamo di anno in anno. Vi ricordo l'intervento del Presidente Errani di ieri su questo specifico argomento, quindi, a seconda di come verrà approvata la legge di stabilità, ci saranno grandissimi punti interrogativi sulla qualità del servizio pubblico regionale.
Il tema della sanità, che giustamente tutti avete toccato, che ha richiesto risorse e che, a mio avviso, richiederà altre risorse nel prossimo anno. Si potrà agire su molte leve per riorganizzare, per ripensare, ma anche per mantenere dei livelli tali che assicurino comunque il diritto universale alla salute. Pertanto, sulla sanità, l'assessore Lusenti ha aperto diversi tavoli per riuscire a trovare, nel muovere una complessità di leve, un'armonia complessiva. Non sarà facile, vi ritroverete nelle commissioni e, probabilmente, anche in altri luoghi a discutere, perché la questione della sanità è una sfida veramente importante.
A questo punto, desidero ricollegarmi ad alcune domande un po' più puntuali. Ad esempio, il relatore Lombardi poneva degli interrogativi circa l’INTERCENT-ER. Abbiamo avuto modo di discutere di INTERCENT-ER in commissione, abbiamo fatto notare qual è stata l'evoluzione per gli acquisti di beni e servizi per la sanità. L'obiettivo di fare aumentare ulteriormente gli acquisti in questo settore tramite INTERCENT-ER vede anche una decisione recente, che vi è stata descritta in commissione dalla direzione organizzazione, di una scelta di competenze, che deve dare risultati ulteriori in questo settore.
Ma veniamo ad altri aspetti. Molto si è detto sul tema dello stock del debito. Dobbiamo cercare di distinguere fra lo stock di debito esistente e le possibilità di nuovi indebitamenti. Lo stock di debito è la naturale evoluzione connessa ai piani di ammortamento dei mutui contratti nel 2001 sui temi della sanità, quelli che conosciamo tutti. Lo stock di debito diminuisce annualmente secondo i piani di ammortamento, ma soprattutto perché noi non abbiamo contratto alcun nuovo indebitamento, in quanto siamo riusciti a finanziarci con l'utilizzo di cassa, della nostra cassa. Questa capacità non incide sulla possibilità di nuovi indebitamenti da finalizzare alle politiche di investimento. Le possibilità di nuovo indebitamento si sono fortemente limitate e contratte per la manovra finanziaria del 2011, che ha notevolmente abbassato i parametri, in termini percentuali. Infatti, oggi, la possibilità di indebitamento ammonta al 20 per cento delle entrate proprie. Le nostre entrate, peraltro, stanno calando, com'è noto, come per quasi tutti gli enti, pertanto cala anche la potenzialità di indebitamento. In passato avevamo una potenzialità del 25 per cento, che nel 2011 è calata al 20 per cento, con le entrate che diminuiscono complessivamente. Con il bilancio 2013 non sono stati previsti, come ho descritto in commissione, nuovi margini di indebitamento, piuttosto si è assicurato che tutto il margine che potevamo avere andasse per riconfermare la programmazione dal 2012 al 2014, per circa 2 miliardi di euro. Pertanto, non abbiamo ridotto la possibilità di indebitamento, ma stiamo utilizzando al massimo tale possibilità, senza creare indebitamento in termini di costo, perché utilizziamo, con un lavoro continuo da parte del nostro servizio, i margini di cassa. Speriamo di poter continuare in futuro, perché anche la cassa, in generale, ha un problema naturale, direi.
Le spese in conto interesse sono rappresentate dai contributi regionali che diamo ai Comuni o ai privati, a seconda delle tipologie dei bandi, per pagare i loro indebitamenti, cioè anziché essere un contributo in conto capitale è un contributo in conto interesse.
Per quanto riguarda lo stanziamento che lei, consigliere Lombardi, ha giustamente annotato sull'Assessorato finanze, Europa, e via discorrendo, sì, quest'anno vi è un aumento non di spesa ma semplicemente perché ci sono fondi speciali che vengono inseriti all'interno di quella direzione. Mi riferisco, ad esempio, ai fondi FAS che, per oltre 200 milioni, che sono stati iscritti lì per essere, di volta in volta, traslati verso le direzioni e gli assessorati specifici, competenti, quindi l'insieme è cresciuto di 200 milioni, ma stiamo parlando dei fondi FAS, che, appunto, andranno verso altri settori. Vi è, inoltre, un fondo speciale di 82 milioni, che dovrà andare allo Stato (siamo in attesa di capire esattamente come), che sono i tagli, ma dato che noi non abbiamo più trasferimenti, come avevo spiegato in commissione, noi abbiamo un'uscita, sotto forma di capitolo verso lo Stato, che ammonta a 82 milioni di euro, che sono collocati all'interno di questa voce. Per quanto attiene alla voce complessiva a cui lei aveva fatto riferimento, dal punto di vista operativo, le azioni che possiamo attuare nel 2013, rispetto al 2012, soffrono una mancanza di oltre 3 milioni.
L'avanzo di amministrazione è in gran parte già destinato al POR, per altri vincoli statali, che sono tutte risorse programmate ma non ancora aggiunte alla fase dell'impegno di spesa, in alcuni casi anche per i limiti del patto di stabilità.
Un ultimo accenno. Tema della sicurezza e contrasto al crimine organizzato. In calo, sì, rispetto alla potenzialità di spesa dell’anno scorso, come in tante altre azioni, ovviamente, i tagli prendono del posto. Ciononostante, vorrei informarvi semplicemente che la legge è stata subito attivata con un fondo, abbiamo attivato su quel fondo - perché la legge è del 2011, quindi nel 2012 - otto accordi con le associazioni che, a livello regionale, si occupano di contrasto alle mafie; quaranta accordi (quando dico accordi voglio dire progetti) con Comuni, università, scuole superiori, con i quali abbiamo dei progetti condivisi, dove una parte è la stessa Regione. Adesso ne stiamo approvando altri dodici. Complessivamente, stiamo lavorando su otto beni confiscati a livello regionale, per far sì che entrino in un utilizzo pubblico, di tutti. Tali accordi hanno avuto come effetto il fatto che, nel 2012, 20 mila ragazzi delle scuole medie, superiori e dell’università hanno potuto conoscere, avere informazioni, andare a visitare i beni confiscati, ragionare, fare degli incontri, avere un'idea di come si muovono le mafie sul territorio. Dal punto di vista delle aziende, 4000 operatori si sono formati attraverso le associazioni; 200 Comuni sono interessati e coinvolti.
Credo che tutto questo rappresenti un bel volano culturale di presa di coscienza, per capire come il fenomeno mafioso si stia muovendo nella nostra Regione, molte volte non facile da capire subito, da individuare, ma molto, molto pericoloso, perché comincia ad esservi un radicamento forte sugli affari, non un controllo del territorio, ma un radicamento forte, col quale dobbiamo comunque avere a che fare. Gli osservatori, il nostro osservatorio, quello che partirà nei prossimi mesi, gli osservatori che alcuni Comuni, situati al centro di un territorio che soffre storicamente di una certa presenza di questo tipo, sono tutti in contatto, naturalmente, con le forze dell'ordine e, finalmente, dall'anno scorso, con la DIA di Bologna, che sta dando ottimi risultati, ovviamente per quanto riguarda le indagini e le ricerche, che non possono essere di nostra competenza, ma l'integrazione delle informazioni, proprio dal basso, quelle delle polizie municipali, i cambi di residenza, i cambi di proprietà commerciale, sono dati utilissimi per fare sistema.
Come sempre, vi ringrazio per il vostro contributo, per la vostra attenzione, per la vostra serietà nell'affrontare questi temi e per il vostro aiuto. Buon lavoro. Grazie.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, vicepresidente Saliera.
È chiusa la discussione generale congiunta.
Passiamo all'esame dell'articolato relativo alla legge Finanziaria, oggetto 3358, sul quale sono stati presentati quattro emendamenti:
uno a firma dei consiglieri Mazzotti, Corradi, Aimi, Bartolini, Meo e Mandini;
uno a firma del consigliere Lombardi;
due a firma della vicepresidente Saliera.
Prima di dare inizio all'esame dell'articolato, nomino scrutatori la consigliera Costi, la consigliera Moriconi e il consigliere Cavalli.
Pongo in discussione l'art. 1. È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 1.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 1 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 2.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 2.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 2 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 3.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 3.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 3 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 4.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 4.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 4 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 5.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 5.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 5 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 6.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 6.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 6 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 7.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 7.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 7 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 8.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 8.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 8 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 9.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 9.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 9 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 10.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 10.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 10 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 11.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 11.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 11 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 12.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 12.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 12 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 13.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 13.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 13 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 14.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 14.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 14 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 15.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 15.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 15 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 16.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 16.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 16 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 17.
È aperta la discussione generale. Non ci sono interventi.
Siamo alle dichiarazioni di voto. Non ci sono interventi.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 17.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 17 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 18, su cui è stato presentato l'emendamento 2, a firma del consigliere Lombardi.
È aperta la discussione generale congiunta su articolo ed emendamento.
Ha chiesto di intervenire la consigliera Barbati. Ne ha facoltà.
BARBATI: Grazie, presidente. Non voglio portare via troppo tempo, intervengo per una cosa abbastanza veloce ma che ci tenevo a ricordare. Ieri abbiamo approvato una risoluzione che chiede di destinare delle risorse dedicate alla ludopatia. Credo che sia un passaggio molto importante, perché abbiamo visto che il decreto Balduzzi non stanzia alcun fondo, mentre la Regione ha fatto molte cose in merito alla ludopatia. Grazie.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliera Barbati.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Lombardi. Ne ha facoltà.
LOMBARDI: Grazie, presidente. Per illustrare brevemente quest'emendamento, che propone l’aggiunta all'articolo 18 di un comma, che praticamente richiama un accordo regionale già in atto fra la Regione e le strutture ospedaliere private, un accordo ripreso da una delibera di Giunta, che praticamente stabilisce di vincolare il budget dedicato a queste strutture private, ovviamente convenzionate con il sistema sanitario regionale, parametrandolo alla variazione che subirà negli anni il fondo nazionale della sanità indirizzato alla Regione Emilia-Romagna. Pertanto, già in quest’accordo è prevista l'eventuale riduzione di questo budget in base alla riduzione che il fondo sanitario nazionale subirà.
Con quest’emendamento intendo vincolarlo a quell’accordo, perché il rischio è che altrimenti la Regione, nel reperimento di risorse per arrivare a far fronte alla riduzione complessiva del fondo sanitario nazionale, intenda ridurre ulteriormente questo budget, mettendo quindi in pericolo la sopravvivenza di queste strutture che, è bene ricordarlo, offrono occupazione, economie di scala e offrono anche un servizio reale ai cittadini. Grazie.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Lombardi.
Chiedo scusa, colleghi, ma leggendo l'emendamento mi pare di capire che forse il consigliere Lombardi intendeva collegarlo all'articolo 19 e non all’articolo 18, in quanto fa riferimento ad un comma 3, mentre l'articolo 18 consta di un solo comma.
Ebbene, per non proseguire una discussione che rischia di non vedere tutti consapevoli, applichiamo d’ufficio l'emendamento 2 all’articolo 19, mentre l’articolo 18 rimane un articolo semplice, su cui è aperta la discussione generale. È chiaro a tutti?
Non essendovi altri iscritti a parlare, è chiusa la discussione generale.
Siamo alle dichiarazioni di voto sull'articolo 18. Non essendovi interventi, metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 18.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 18 è approvato.
Pongo in discussione l'articolo 19, su cui è stato presentato l'emendamento 2, che il consigliere Lombardi ha già illustrato nel suo precedente intervento.
È aperta la discussione generale congiunta su articolo ed emendamento.
Ha chiesto di intervenire il consigliere Luciano Vecchi. Ne ha facoltà.
VECCHI Luciano: Grazie, presidente. Pur comprendendo lo spirito e le intenzioni con cui il consigliere Lombardi ha presentato quest'emendamento, tuttavia, devo esprimere parere contrario, per due ragioni. In primo luogo perché fa riferimento al concetto di preventivi di spesa, un concetto che non è mai stato disciplinato da legge regionale; in secondo luogo, perché se ci si riferisce al concetto di budget, il budget in questo caso per la remunerazione di prestazioni fornite dalla sanità privata non è un impegno di spesa, ma è un tetto, un limite massimo a disposizione delle Asl, dei direttori generali e della struttura generale, che può essere speso come può non essere speso.
Pertanto, pur comprendendo le motivazioni del consigliere Lombardi, da un punto di vista tecnico oltreché operativo, esprimo parere contrario a quest'emendamento. Grazie.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliere Vecchi.
Ha chiesto di intervenire la consigliera Donini. Ne ha facoltà.
DONINI: Grazie, presidente. Oltre alle argomentazioni del collega Vecchi, che condivido, motivo il mio voto contrario all’emendamento del collega Lombardi con la seguente riflessione: non è detto che in questo modo si faccia l'interesse del sistema dell'ospedalità privata del nostro territorio, parte integrante del sistema sanitario regionale, sono la prima ad affermarlo, perché non è automatico che l'intervento che farà l'assessorato regionale, spero in maniera concertata, tocchi il livello dei budget, ma la discussione in corso è legata alle tariffe e al tema tariffario, all’istituzione di un'eventuale tariffa regionale e, purtroppo, all'obbligo derivante dalla spending review, per cui bisognerebbe individuare correttamente la relazione causa/effetto che obbliga l'applicazione della tariffa unica di riferimento, che è quella nazionale. Probabilmente, in questa Regione, non toccando i budget, si riuscirà a recuperare quanto sulle politiche tariffarie ci viene imposto dal Governo nazionale, per cui l'emendamento 2 non è conveniente anche da questo punto di vista. Grazie.
PRESIDENTE (Richetti): Grazie, consigliera Donini.
È chiusa la discussione generale.
Siamo alle dichiarazioni di voto su articolo ed emendamento.
Non essendovi interventi, metto in votazione, per alzata di mano, l'emendamento 2, a firma del consigliere Lombardi.
(È respinto a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'emendamento 2 è respinto.
Metto in votazione, per alzata di mano, l'articolo 19, così come non emendato.
(È approvato a maggioranza)
PRESIDENTE (Richetti): L'articolo 19 è approvato.
A questo punto, sospendiamo i nostri lavori, che riprenderemo alle ore 15,00 a partire dall'articolo 20, mi raccomando sulla presenza del numero legale in Aula per poter procedere alla votazione.
Colleghi, vi ricordo che è adesso convocata la Conferenza dei Presidenti dei gruppi nella saletta a fianco.
La seduta è tolta.
La seduta ha termine alle ore 13,03
ALLEGATO
Partecipanti alla seduta
Numero consiglieri assegnati alla Regione: 50
Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:
Enrico AIMI, Tiziano ALESSANDRINI, Liana BARBATI, Marco BARBIERI, Luca BARTOLINI, Gianguido BAZZONI, Manes BERNARDINI, Galeazzo BIGNAMI, Stefano BONACCINI, Marco CARINI, Thomas CASADEI, Stefano CAVALLI, Roberto CORRADI, Palma COSTI, Monica DONINI, Gabriele FERRARI, Fabio FILIPPI, Roberto GARBI, Franco GRILLINI, Andrea LEONI, Marco LOMBARDI, Mauro MALAGUTI, Sandro MANDINI, Mauro MANFREDINI, Paola MARANI, Mario MAZZOTTI, Marco MONARI, Roberto MONTANARI, Roberta MORI, Rita MORICONI, Antonio MUMOLO, Gian Guido NALDI, Silvia NOÈ, Giuseppe Eugenio PAGANI, Anna PARIANI, Giuseppe PARUOLO, Roberto PIVA, Andrea POLLASTRI, Matteo RICHETTI, Matteo RIVA, Roberto SCONCIAFORNI, Alberto VECCHI, Luciano VECCHI, Luigi Giuseppe VILLANI, Damiano ZOFFOLI.
Hanno partecipato alla seduta il sottosegretario alla Presidenza Alfredo BERTELLI;
gli assessori: Donatella BORTOLAZZI, Sabrina FREDA, Paola GAZZOLO, Teresa MARZOCCHI, Massimo MEZZETTI, Gian Carlo MUZZARELLI, Alfredo PERI, Simonetta SALIERA.
Ha comunicato di non poter partecipare alla seduta per motivi istituzionali ai sensi dell'art. 65, comma 2, del Regolamento interno, il presidente della Giunta Vasco ERRANI.
Ha comunicato di non poter partecipare alla seduta la consigliera Gabriella MEO.
IL PRESIDENTE
IL SEGRETARIO
Richetti
Corradi
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