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154.

 

SEDUTA DI MARTEDÌ 19 NOVEMBRE 2013

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE COSTI

 

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è raggiungibile dalla Ricerca oggetti

 

OGGETTO 4545

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Misure di adeguamento degli assetti istituzionali in materia sanitaria. Istituzione dell'Azienda USL della Romagna. Partecipazione della Regione Emilia-Romagna all'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico "Irst S.r.l."» (Testo Base) (79)

(Continuazione discussione e approvazione)

OGGETTO 4662

Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Bartolini, Bazzoni e Lombardi: «Riordino degli assetti istituzionali in materia sanitaria. "Istituzione delle Aziende USL Bologna, Estense ed Emilia"»

(Abbinato)

(Ordine del giorno oggetto 4545-4662/1 - Presentazione, dichiarazioni di voto e approvazione) (98)

PRESIDENTE (Costi)

DONINI (Fed. della Sinistra)

NALDI (SEL-Verdi)

MAZZOTTI (PD)

NOÈ (UDC)

CASADEI (PD)

LUSENTI, assessore

NOÈ (UDC)

PARIANI (PD)

BARTOLINI (PDL)

MANFREDINI (Lega Nord)

NOÈ (UDC)

LUSENTI, assessore

DEFRANCESCHI (Mov. 5 Stelle)

DONINI (Fed. della Sinistra)

BAZZONI (PDL)

CAVALLI (Lega Nord)

NALDI (SEL-Verdi)

NOÈ (UDC)

PRESIDENTE (Costi)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Votazioni elettroniche oggetto 4545

Emendamenti all’oggetto 4545

Ordine del giorno oggetto 4545-4662/1

 

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE COSTI

 

La seduta ha inizio alle ore 15,16

 

PRESIDENTE (Costi): Dichiaro aperta la centocinquantaquattresima seduta della IX legislatura dell’Assemblea legislativa.

Ha comunicato di non poter partecipare alla seduta per motivi istituzionali ai sensi dell’art. 65, comma 2, del Regolamento interno, il presidente della Giunta Vasco Errani.

Hanno comunicato di non poter essere presenti alla seduta pomeridiana per impegni istituzionali l'assessore Bianchi e l'assessore Melucci; hanno inoltre comunicato l’assenza alla seduta i consiglieri Carini, Mandini e Monari.

 

OGGETTO 4545

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Misure di adeguamento degli assetti istituzionali in materia sanitaria. Istituzione dell'Azienda USL della Romagna. Partecipazione della Regione Emilia-Romagna all'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico "Irst S.r.l."» (Testo Base) (79)

(Continuazione discussione e approvazione)

 

OGGETTO 4662

Progetto di legge d'iniziativa dei consiglieri Bartolini, Bazzoni e Lombardi: «Riordino degli assetti istituzionali in materia sanitaria. "Istituzione delle Aziende USL Bologna, Estense ed Emilia"»

(Abbinato)

(Ordine del giorno oggetto 4545-4662/1 - Presentazione, dichiarazioni di voto e approvazione) (98)

 

PRESIDENTE (Costi): Riprendiamo il dibattito generale.

Ha chiesto di parlare la consigliera Donini. Ne ha facoltà.

 

DONINI: Grazie, presidente. Ho ascoltato il dibattito che ha iniziato a svilupparsi questa mattina e molte considerazioni di alcuni consiglieri regionali che mi hanno preceduto coprono in parte le riflessioni che volevo fare qui in occasione di questo importante dibattito.

Come è stato già sottolineato dalla collega Meo, è chiaro che siamo in una fase di estrema difficoltà e, in virtù del de-finanziamento progressivo del Fondo sanitario nazionale, la riduzione di risorse a disposizione del sistema rischia di mettere in discussione - ed è una preoccupazione vera - il livello di qualità e le garanzie anche costituzionali che fino adesso il sistema sanitario regionale ha offerto.

Questo è un tema del quale occuparci ed è importante, quindi colgo l'occasione della presenza qui, al nostro dibattito, anche dell'assessore Lusenti per rappresentargli, lo dico con modestia, il mio punto di vista, ma anche la spinta e l'auspicio che, nel lavoro che si sta facendo in seno alla Conferenza delle Regioni in rapporto con il Ministero della Salute, prevalga questa posizione, che è molto sostenuta, delle Regioni, che è quella, appunto, di rivendicare una quota di finanziamento del Fondo sanitario nazionale adeguata al bisogno di salute delle nostre comunità. Bisogno che cresce nel corso del tempo proprio perché all'interno di una dinamica di crisi è evidente che ci si ammala di più, quindi il bisogno sanitario, il bisogno di salute non si decrementa, ahimè, ma ha bisogno sistematicamente di essere garantito, soddisfatto e garantito attraverso l'offerta pubblica dei servizi.

Sono anni che la logica è quella dei tagli lineari, fino ad assistere ad una vera e propria anomalia nel quadro delle politiche sanitarie nazionali perché ricordo a tutti che il Fondo sanitario nazionale offerto al sistema per il 2013 era, per la prima volta dall'istituzione del Fondo sanitario nazionale (1978), inferiore a quello dell'anno precedente, senza considerare che il costo della vita e i costi che riguardano la produzione dei servizi sanitari sono in costante aumento.

È chiaro che ogni riforma, ogni cambiamento, ogni obiettivo di innovazione, in una situazione in cui le risorse sono calanti, può generare preoccupazione ed apprensione, perché se da un lato sono convinta che per essere all'altezza dei bisogni di salute delle nostre comunità dobbiamo essere in grado di inserire nel sistema i risultati dell'innovazione e della ricerca, dei risultati che le reti cliniche, con le loro elaborazioni, forniscono al sistema, sono anche convinta che per farlo bene bisognerebbe avere denaro da investire ed è difficile farlo in una situazione in cui di risorse in più sicuramente non ce ne sono.

In questa dinamica considero straordinariamente positivo l'annuncio della Giunta regionale, relativamente al bilancio di previsione per il prossimo anno, di mantenere intatta la previsione del contributo sia per il fondo sanitario regionale che per il fondo per la non autosufficienza. Ripeto, non è un fatto scontato ed è un fatto che in più c'entra, secondo me, con la discussione che affrontiamo oggi sulla fusione delle Aziende.

Bisogno crescente, risorse calanti e bisogno di qualificare ulteriormente il nostro sistema dei servizi per mettere a disposizione delle nostre comunità le migliori prestazioni possibili offerte dal livello di studio, dalla ricerca, da ciò che in qualche maniera ci spinge all'innovazione, e bisogno di farlo attraverso operazioni che non sottraggano garanzie alle nostre comunità e ai cittadini. Ecco perché la garanzia di mantenere inalterato il fondo sanitario regionale per tutta la Regione e contestualmente la quota di riparto che tocca alle realtà romagnole è una precondizione fondamentale per affrontare questa discussione e in qualche maniera connotarla nel modo giusto.

È evidente che abbiamo bisogno di fare un'operazione che razionalizzi una serie di costi ed è evidente che costi di produzione così diversificati a parità di servizi, per esempio nelle quattro realtà delle Aziende regionali della Romagna, non sono più spiegabili alla luce dei nuovi bisogni. Così come non è spiegabile perché, per esempio - lo dico senza volermi attrarre le ire di qualche associazione sindacale di categoria - un medico di Medicina generale, in virtù del contratto decentrato di un'Azienda sanitaria, guadagni dieci euro in più per assistito all'anno rispetto al medico di Medicina generale che fa lo stesso mestiere ma che è disciplinato e gode di una contrattazione decentrata aziendale di un'altra azienda vicina, collegata.

Dico questo per fare un esempio, ma ne potrei fare moltissimi altri. Sono esempi di costi che probabilmente, se rivisti e corretti, senza cancellare diritti acquisti e senza escludere nell'eventuale contrattazione e discussione il rapporto con le parti sindacali, ci permetterebbero di recuperare risorse che sono per noi fondamentali e necessarie per fare quelle cose che dicevo prima: continuare a garantire i servizi e non garantire un esistente che consideriamo come una sorta di fotografia statica, ma impegnarci a migliorarlo sempre di più investendo in innovazione e ricerca.

Ci sono dati che dicono - e mi hanno convinto perché sono dati anche oggettivamente misurabili, messi a disposizione della discussione - che un semplice allineamento dei costi di amministrazione generale che riguardano le quattro Aziende sanitarie e l'allineamento a quella che sarà - e la discussione sarà fatta a livello locale - la performance relativamente ai costi di produzione ci permette di prevedere, per esempio, un recupero di finanziamento da reinvestire su quel territorio, non da tenere in qualche cassaforte in Regione come qualcuno ha ipotizzato, pari a circa 30-40 milioni di euro, e sono previsioni pessimistiche. Non sarà un automatismo, ma questa è una prospettiva in una situazione in cui, per esempio, per quello che riguarda l'Azienda di Cesena abbiamo considerato molto positivo il fatto che la Regione una settimana fa abbia ripartito, con il riparto del fondo sanitario per la non autosufficienza, 18 milioni di euro. Non sono quisquiglie neanche queste, sono risorse fondamentali di cui il sistema ha bisogno.

Questa iniziativa l'abbiamo recepita come richiesta delle Conferenze socio-sanitarie. Ricordo a tutti e a me stessa, ribadendo cose che da quest'Aula ho detto più volte, che a fronte di quella che dal mio punto di vista è stata una controriforma del Sistema sanitario nazionale, la famosa "riforma De Lorenzo" (che sancì la nascita delle Aziende sanitarie e dell'aziendalizzazione della sanità e che stabilì nel 1992 il ruolo dei direttori generali e le modalità con le quali questi dovevano essere individuati e messi al lavoro), la Regione Emilia-Romagna, appena ha potuto esercitare fino in fondo il ruolo che la Costituzione le offriva dopo la modifica del Titolo V della Costituzione, nel 2004 ha approvato una legge regionale che ha cercato di creare un meccanismo di riequilibrio democratico nel sistema. Noi siamo l'unica Regione d'Italia che ha per legge il governo delle politiche sanitarie affidato al sistema delle autonomie locali, con una legge, la legge 29/2004, che stabilisce, istituendole, che il livello delle Conferenze socio-sanitarie ha il compito di dare gli indirizzi ed approvare gli atti aziendali e i piani attuativi locali o le politiche sanitarie territoriali, dando alle realtà locali questa importantissima funzione.

La legge 29/2004 dice molte cose. È stato anche un utile esercizio di ripasso, secondo me, non solo per noi consiglieri, ma anche per il sistema delle autonomie locali, dei sindaci, dei consiglieri comunali impegnati in questo processo, riguardare i contenuti di quella legge che io considero ancora una legge innovativa ed una legge importante. Tutto si può rivedere, si può perfezionare, ma è una legge che contiene gli strumenti per garantire per quanto possibile un governo partecipato all'elaborazione delle politiche sanitarie.

La legge 29 sancisce, per esempio, che è dovere delle Conferenze coinvolgere i Consigli comunali (comma 2 dell'articolo 5 della legge 29), che il sistema delle Conferenze funziona sulla base di regolamenti interni che si devono ispirare a criteri di massima rappresentatività, che la Conferenza ha il compito di raccogliere i punti di vista attraverso lo strumento del consenso. Tutti elementi che probabilmente, con il passare degli anni, non sono stati adeguatamente valorizzati, mi viene da dire sulla base di alcune considerazioni che ho sentito fare nei mesi scorsi sulla stampa da parte anche di alcuni rappresentanti di amministrazioni locali, di qualche sindaco, non tutti, di qualche amministratore locale.

Cosa fa la Regione e che cosa fanno i sistemi delle autonomie locali in un modello che è quello del decentramento e del coinvolgimento della collegialità, in un modo di concepire la relazione tra i diversi ruoli che è distintivo, che è nostro, di questa Regione? La Regione garantisce il finanziamento (questo è di sua competenza); ogni anno dà degli obiettivi alle Aziende sanitarie, obiettivi che devono essere coerenti ad un piano socio-sanitario regionale che abbiamo aggiornato recentemente; mette a disposizione il sapere, la relazione; supporta le iniziative, i sistemi tecnici (abbiamo anche l'agenzia che ha un compito importante per la formazione) per l'elaborazione di nuove linee di azione.

Il sistema delle autonomie locali decide quali sono i bisogni delle proprie comunità attraverso la ricognizione dei bisogni. Sulla base di questa ricognizione, di questo censimento, dà gli indirizzi alle Aziende sanitarie e le Aziende sanitarie propongono una risposta a questi bisogni e poi c'è l'approvazione da parte delle Conferenze.

È in questo modo che funziona il sistema e non funzionerà in maniera diversa per la Romagna - anche se di Aziende sanitarie, anziché quattro, ce ne sarà una sola - rispetto a come funziona per Bologna, per Reggio Emilia, per Piacenza e per le altre realtà regionali. Non stiamo facendo un sistema a parte, stiamo applicando regole organizzative che valgono per tutto il sistema sanitario regionale, attraverso un provvedimento, che è quello che stiamo esaminando, che non scardina e non modifica le precedenti leggi regionali.

C'è la necessità di modificare la legge 29 perché qualcuno ritiene che debba essere più adeguata alle novità, ai nuovi bisogni del sistema? Si discuterà di questo aspetto. C'è da rivedere l'affidamento delle responsabilità rispetto all'organizzazione del sistema sanitario regionale per quanto di competenza delle Regioni? Non lo so. Se si apre quel tipo di discussione, contribuiremo a quel tipo di discussione, ma non è la discussione di oggi.

Oggi, con questa legge, istituiamo, da quattro, un'unica Azienda e diciamo che quell'Azienda funzionerà come tutte le altre Aziende dell'Emilia-Romagna attraverso una nuova Conferenza socio-sanitaria. Per nessuna Azienda dell'Emilia-Romagna è la Regione Emilia-Romagna che stabilisce come devono funzionare le Conferenze. Ogni Conferenza socio-sanitaria, attraverso l'elaborazione di un proprio regolamento, autodetermina il proprio modo di funzionare, chiaramente nel rispetto dei concetti, direi, fondamentali, alla base di un sistema democratico, questo è un elemento fondamentale.

Nella legge, durante l'iter in Commissione - e qui ringrazio sia il relatore che i colleghi commissari - abbiamo rafforzato alcuni elementi che erano rimasti all'interno della discussione che si è sviluppata in mesi nei territori coinvolti, attraverso molti incontri di consultazione tra i soggetti coinvolti (le amministrazioni locali, le direzioni generali e sanitarie, il sistema sindacale e delle parti sociali, il mondo dell'associazionismo e del volontariato). Ciò che in qualche maniera abbiamo recepito dall'esito di queste consultazioni, anche alla luce delle osservazioni che sono pervenute in Assemblea dopo l'udienza conoscitiva, era la necessità di rafforzare ciò che in legge era già previsto, ciò che è previsto dalla legge 29, cioè gli istituti della partecipazione democratica. Faccio notare che abbiamo modificato gli articoli che in qualche maniera chiamavano in causa la necessità dell'elaborazione del regolamento di funzionamento della Conferenza socio-sanitaria inserendo tra gli obiettivi e tra le finalità anche quella della partecipazione dei cittadini e delle comunità. Abbiamo ribadito la necessità di garantire un raccordo con i Consigli comunali.

Quando parliamo dei distretti, realtà sulle quali investiamo moltissimo e che diventano la maglia base del sistema della programmazione del governo dei servizi sanitari e socio-sanitari, il luogo dell'integrazione socio-sanitaria, la dimensione territoriale che abbiamo individuato anche in altre leggi (la legge del riordino delle ASP, la legge del riordino territoriale), la maglia del reticolo istituzionale del nostro territorio, questi distretti devono garantire la partecipazione dei cittadini.

All'interno della dimensione distrettuale bisogna trovare quelle forme, che è impensabile collocare a dimensione aziendale, che garantiscono la presenza costante e la valorizzazione dell'associazionismo e del volontariato. Va pensato un modello che porti a livello distrettuale, per esempio, i comitati consultivi degli utenti, i comitati misti. Va considerata la necessità che il regolamento di funzionamento sia delle Conferenze, sia delle assemblee distrettuali consenta norme che facilitino l'informazione diretta ai cittadini, l'accesso diretto all'informazione e la possibilità di esprimere, partecipando, un loro punto di vista o un loro consenso alle decisioni prese, anche attraverso l'organizzazione di forme dirette di partecipazione e di consultazione.

Ce ne sono di esperienze, ho girato un po' per i territori romagnoli in questi mesi durante le discussioni e vi posso dire che ci sono realtà e amministrazioni che hanno organizzato assemblee pubbliche, pubblici confronti dove è stato possibile ascoltare i diversi punti di vista e confrontarsi.

Queste modalità sono necessarie in una fase in cui c'è bisogno di convincerci reciprocamente delle necessità nuove per essere all'altezza della sfida che abbiamo davanti. È sempre più pesante la responsabilità sulle spalle di pochi di scelte che sono fondamentali e che riguardano la qualità della vita delle persone.

Insieme alla legge presenteremo un documento per indirizzare la Giunta regionale a garantire ulteriormente, in questo processo, una serie di cose. Questa scelta non è fatta nella logica del taglio e del ridimensionamento dei servizi offerti dal territorio. È un territorio ricco, è un territorio che sta progressivamente affrancandosi dalla dipendenza dal territorio bolognese e che sta guadagnando progressivamente l'autosufficienza per le prestazioni specialistiche di primo, secondo e auspico anche di terzo livello nel giro di poco tempo. Chiediamo la garanzia che non ci sia una riduzione del finanziamento regionale, che continui ad esserci l'impegno a sostenere quelle realtà che sono in piano di rientro (per esempio la realtà forlivese, cosa che il collega Bartolini non dice mai nelle sue vibranti dichiarazioni). Affermiamo la necessità di procedere con l'inclusione, con il coinvolgimento, con la collegialità; di non rivedere alcune previsioni che sono legate alla necessità di migliorare tutta l'intera rete assistenziale. Chiediamo l'impegno a proseguire con la costruzione dei nuclei di cure primarie, delle Case della salute, perché nessuno di noi pensa "diritto alla salute uguale ospedale" perché questa è una visione troppo sanitaria del concetto di salute, la salute è altro, è fatta di politiche di prevenzione, è fatta di una serie di scelte che devono garantire la prossimità, la vicinanza, il primo livello deve essere offerto dal territorio. Queste sono le cose che chiediamo e sono i contenuti che dovranno esserci nell'atto aziendale.

Chiudo, Presidente. Molti colleghi dicono: io voto questa legge se a fianco di questa legge c'è l'atto aziendale. Io, se ci fosse l'atto aziendale, non la voterei. Dico una cosa che può sembrare eclatante, ma non esiste che la Regione cali un atto aziendale dal livello regionale, non esiste questa possibilità dal mio punto di vista, non solo perché è in contrasto alla legge 29, ma anche perché sarebbe sbagliato. L'atto aziendale, che contiene l'indicazione sulla distribuzione dei servizi e il dettaglio sul sistema sanitario locale, è dal territorio che deve venire fuori e deve essere il risultato di una discussione partecipata e coinvolta che risponda davvero a dei bisogni reali, non a quelli che a distanza possono essere previsti ed interpretati. Auspico che ci sia la possibilità di discutere dell'atto aziendale, che ci siano dei momenti di raccordo e di coinvolgimento anche dell'Assemblea legislativa, che esista un meccanismo di monitoraggio che porti la discussione, attraverso la Commissione assembleare o attraverso l'Assemblea, di nuovo a noi, ma in una relazione che dal basso, così come è iniziata, ci solleciti a tener conto della pluralità dei bisogni e dei nuovi bisogni che nel corso del tempo maturano. Grazie.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliera Donini.

Ha chiesto di parlare il consigliere Naldi. Ne ha facoltà.

 

NALDI: Grazie, presidente. Premetto che spero di essere all'altezza delle aspettative che ha alimentato il consigliere Bartolini sulla mia capacità critica di Sinistra. Non è un compito facile, ci proverò. Comincio con il dire che Bartolini è molto critico in Romagna, invece è molto possibilista nel resto del mondo. Io cerco di avere una visione un po' più d'insieme, se ci riesco.

Vorrei partire con un riferimento molto stretto all'articolo 1 di questa legge, "Oggetto e finalità", laddove si dice che "la fusione vuole assicurare forme di integrazione funzionali e strutturali idonee a garantire misure di razionalizzazione e snellimento amministrativo per il contenimento della spesa pubblica e si propone obiettivi di riduzione degli apparati burocratici necessari per far fronte ai tagli delle risorse. Tutto ciò induce al ripensamento dei modelli organizzativi". Penso che questi siano obiettivi ambiziosi, molto complessi e difficilmente interpretabili. Il problema è: la fusione serve per fare questo? Bene, ma come si fa per fare questo? Non c'è una sola one best way. La one best way è la modalità con la quale è stato imposto a tutto il mondo il taylorismo: si può fare solo così perché l'unica organizzazione del lavoro razionale è quella che decido io, cioè in quel caso l'impresa. Io dico che non c'è una sola one best way. Il problema è come si fanno queste cose e adesso cerco di spiegarmi meglio.

Penso che nel momento in cui decidiamo e votiamo l'unificazione, dovremmo avere la possibilità di determinare anche i fondamenti del processo di riorganizzazione, comprendere e determinare in maniera concreta che cosa può comportare questo processo di riorganizzazione, in particolar modo in termini di salvaguardia e di valorizzazione dei servizi e del personale, perché non tutto il personale è personale definibile come "apparato burocratico", anzi, solo una piccola parte del personale è definibile come tale. Credo che dovremmo capire con quali modalità partecipative verrà gestito questo processo, questa riorganizzazione.

Ho cercato di porre questi elementi di riflessione fin dalle riunioni della Commissione perché a mio parere correva il rischio di uscirne, e ne è in gran parte uscita, una discussione ideologica, molto ideologica, tra neo-sostenitori del "grande è più razionale" e neo-sostenitori del " piccolo è bello". Io penso che ci sia un problema non scontato, assolutamente non scontato, che è quello di definire, ragionandoci insieme con tutti gli elementi a disposizione, qual è la dimensione ottimale dell'ASL, qual è il giusto rapporto tra l'efficacia determinata da processi di razionalizzazione e l'efficacia determinata dal controllo sociale, dal controllo democratico decentrato.

Non sono mai stato un cultore del "piccolo è bello", però ritengo che l'esperienza concreta di questi ultimi anni dimostri che organizzazioni troppo centralizzate hanno determinato dei problemi di rapporto con i cittadini enormi e li possiamo riscontrare in tutti i campi anche della nostra attività. Vorrei ricordare che quando i cittadini di San Benedetto del Querceto telefonarono ad Hera per dire che c'era una fuga di gas e si sono trovati di fronte un inconsapevole call-center, poi si è riscontrato qualche problema nella gestione di quella vicenda così tragica.

In Commissione ho cercato di dare un contributo per superare questa discussione che a mio parere correva il rischio di essere fatta di slogan a sostegno di teorie organizzative che nella mia vita di sindacalista ho incontrato centinaia di volte e che però ho visto anche tante volte passare di moda in fretta e rovesciarsi: siamo passati dall'integrazione verticale a quella orizzontale, all'organizzazione piatta, all'out-sourcing, al decentramento.

Qui stiamo parlando di Aziende sanitarie, io avevo chiesto innanzitutto se si poteva avere un piano industriale proprio perché parliamo di Azienda sanitaria e avevo chiesto anche se era possibile avere un bilancio della unificazione dell'ASL di Bologna a dieci anni dalla sua realizzazione. Sul piano industriale mi è stata anche fatta un'obiezione di tipo semantico-politico, nel senso che mi è stato detto che non si può parlare di piano industriale in sanità. Poi però leggo nella relazione del collega Piva che le quattro Aziende hanno realizzato forme di produzione coordinata di servizi (centrale operativa 118, officina trasfusionale, laboratorio di Pievesistina, magazzino unico). Se questo non è piano industriale, non so come possa essere definito.

Però l'obiezione vera, quella sostanziale e formale al tempo stesso, che mi è stata mossa è che non spetta al Consiglio decidere del piano di riorganizzazione. Quindi - e qui c'è il cuore vero della mia obiezione critica - siamo chiamati a prendere una decisione dirimente senza poterne condizionare le modalità agli strumenti fondamentali per la propria realizzazione.

Mentre facevamo questa discussione, nei territori interessati si è scatenata una bagarre dei sindaci tutta sul tema della governance, su chi sceglierà il futuro direttore, chi determinerà il baricentro del nuovo potere, ovvero il baricentro e la distribuzione nel territorio dei servizi.

Io posso dire che il mio problema, anzi, il nostro problema, non è quello di capire se ha ragione il sindaco di Forlì o se ha ragione il sindaco di Cesena o quello di Ravenna, ma il nostro problema è capire cosa ne consegue dal nostro atto per i cittadini in materia di assistenza socio-sanitaria ed ospedaliera. Per questo sarebbe stato indispensabile, a mio parere, come complemento decisivo di questo progetto di legge, un piano organizzativo o almeno i suoi capisaldi.

L'altro aspetto è quello che il processo partecipativo non si può ridurre a fare il tifo per l'uno o per l'altro sindaco, ma ha bisogno di strumenti reali, vivi, che consentano effettivamente ai cittadini di partecipare. Questo, è vero, è uno degli elementi che è stato alla base del confronto positivo tra le organizzazioni sindacali e le Conferenze delle amministrazioni locali.

Ho cercato ancora comunque di dare un contributo nella direzione che sto cercando di sostenere attraverso alcuni emendamenti all'articolo 4 per dare alla governance un vero fondamento partecipativo e all'articolo 5 per valorizzare le funzioni sanitarie territoriali garantendo distribuzione e accessibilità di strutture e servizi adeguati sul territorio.

Infine vorrei esprimere alcune considerazioni sul documento di valutazione dell'esito dell'unificazione dell'ASL di Bologna. Qui devo dare una notizia, mi rendo conto che i miei colleghi non ne erano a conoscenza. L'Assessorato mi ha fatto avere otto giorni fa un documento di valutazione. Di questo devo ringraziare l'assessore, sono lusingato del fatto che mi sia stato fornito questo documento che avevo chiesto. Devo anche dire che io ho una concezione un po' meno privatistica, nel senso che mi sarebbe piaciuto che questo documento potesse essere consultabile e potesse essere discusso da parte del Consiglio o quantomeno della Commissione.

Il documento è nel complesso ben fatto, contiene molti dati che meritavano di essere approfonditi probabilmente con più tempo di quanto io ho potuto avere a disposizione. Ripeto, soprattutto mi dispiace che non sia stato possibile utilizzarlo per una discussione nel Consiglio, quindi adesso devo dire delle cose su un documento che credo qui abbiamo letto io e l'assessore e non so quanti altri, perciò necessariamente sarò anche molto sintetico per non parlare di cose che non sono conosciute dai più di quest'Aula.

Il documento fa una cronistoria delle tappe che sono susseguite al processo di unificazione ed è vero, per esempio, che può essere considerato anche tranquillizzante rispetto a dei timori molto forti sul fatto che siano serviti due o tre anni semplicemente per comprendere qual era l'articolazione delle realtà delle tre ASL costituende. Poi questo documento va avanti e analizza le diverse tappe. Parla soprattutto dei benefici di bilancio che indubbiamente sono derivati dall'unificazione, dei molti risparmi ottenuti grazie a questo processo di riorganizzazione, alcuni dei quali è discutibile che siano legati semplicemente all'unificazione, ma credo che sarebbe stato utile approfondire se i risparmi effettivamente sono stati ottenuti grazie alla riorganizzazione maggiormente razionale, alle economie di scala, all'accentramento di funzioni amministrative, all'eliminazione di ridondanze, tutte cose che vengono richiamate dal documento, o se invece non siano stati ottenuti grazie semplicemente ad una riduzione del personale e grazie anche al contributo decisivo dato dalla riduzione del personale anche infermieristico che c'è stata. Quindi, come vedete, le cose sarebbero state abbastanza complesse e interessanti da analizzare.

Convengo che l'analisi delle conseguenze del processo di unificazione dell'ASL di Bologna evidenza aspetti positivi in termini di costi e di omogeneizzazione e integrazione dei servizi nel territorio, ma in qualche modo lascia capire anche dov'è che si sono fatti sacrifici. Se mi permettete, qui corriamo il rischio troppo facilmente di alimentare l'illusione nei cittadini, anzi, forse più che un'illusione è una convinzione molto diffusa tra i cittadini, che anche il sistema sanitario sia pieno di sprechi di tutti i tipi e che quindi si può far fronte ai tagli che vengono dallo Stato centrale semplicemente razionalizzando. Questa, secondo me, corre il rischio veramente di essere una politica sbagliata, che tra l'altro qui ripercorriamo anche su altri terreni perché stiamo cercando di dire che anche in materia di tagli di trasferimenti agli enti locali si può ovviare con la fusione dei Comuni. Stiamo dando un'enfasi enorme a processi di razionalizzazione per contenere la spesa pubblica, che saranno sicuramente da fare, ma non credo che siano in grado di contrastare il taglio dei servizi che è dato da dei tagli così pesanti dei trasferimenti per la spesa sociale, per una riduzione complessiva della spesa sociale, che è la vera causa che ci sta creando questa drammaticità dei problemi.

A mio parere, ripeto, credo che sarebbe stato necessario un percorso diverso, un percorso che avesse consentito effettivamente di valutare le criticità e di esprimere fino in fondo un indirizzo reale su come queste misure di razionalizzazione potranno essere effettuate ed attuate senza provocare una riduzione dei servizi per i cittadini.

Mi auguro che le mie osservazioni critiche, le mie preoccupazioni riguardo alle modalità con le quali abbiamo varato questo piano di unificazione si possono rivelare non fondate o soltanto in parte fondate. Mi auguro che il processo partecipativo, il confronto con i sindacati, il confronto con le comunità locali, possa porre rimedio a dei pericoli insiti nelle cose che qui ho cercato di descrivere, però per me rimane fondamentale il punto che, in qualità di consiglieri regionali e come Consiglio regionale, nel momento in cui dobbiamo esprimerci su una cosa importante qual è il processo di unificazione di quattro Asl, con tutto quello che ne consegue, dovremmo essere in grado anche di controllarne gli effetti, cosa che, a mio parere, dal testo che rimane in discussione, non è dato sapere. In tal senso, non vi è un elemento di certezza.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliere Naldi.

Ha chiesto di intervenire il consigliere Mazzotti. Ne ha facoltà.

 

MAZZOTTI: Grazie, presidente.

La relazione introduttiva del consigliere e relatore Piva e gli interventi, in particolare quello della consigliera Donini, mi facilitano lo sviluppo di alcune considerazioni di merito che vorrei qui evidenziare.

La prima è di carattere generale. Andiamo ad approvare una legge che rappresenta un punto avanzato di innovazione del sistema sanitario della nostra Regione. È una legge che istituisce una nuova azienda; è una legge ampiamente condivisa, essendo stata ampiamente discussa e valutata sul territorio. Questo nel rispetto delle prerogative proprie dei processi di costruzione degli iter legislativi nella Regione Emilia-Romagna. Non a caso, proprio ieri, vi è stata l’adesione, attraverso la sottoscrizione di un documento da parte di tutti i settantacinque sindaci delle quattro conferenze territoriali socio-sanitarie delle province interessate, al processo in atto. Vi è stata, inoltre, la sottoscrizione - e penso che questo rappresenti un fatto positivo e significativo - sempre da parte delle amministrazioni locali, quindi dei sindaci che hanno una responsabilità importante per quel territorio, su mandato delle proprie assemblee elettive, di un documento che fissa già l'impostazione del sistema di governance e di assunzione delle decisioni all'interno della nuova azienda unica romagnola. Vi è stata, altresì, la sottoscrizione di un importante accordo tra le conferenze territoriali socio-sanitarie e le organizzazioni sindacali per disciplinare, sulla base del confronto tra le parti, e rendicontare i processi sindacali che sono necessari per tutto l’anno 2014, che si presenta come un anno costituente la nuova azienda sanitaria.

Siamo dunque di fronte ad un provvedimento importante e innovativo, che di ordinario assume un aspetto, laddove ordinario non è un elemento di banalizzazione, l'aspetto ordinario è quello dell'applicazione delle normative vigenti in ambito di organizzazione sanitaria. Ci si muove all'interno e nell'ambito della legge regionale n. 29, e la costituzione della nuova azienda avviene sulla base di principi già assodati e definiti, che sono stati testati nel corso di questi anni, che hanno dimostrato la loro validità, e che consentono alla Regione di avere un sistema sanitario, che è impostato - unico in Italia - con la piena partecipazione e collaborazione dei sistemi territoriali locali e degli enti, in particolare, affidando loro funzioni e compiti, attraverso le conferenze sociali e sanitarie, attraverso i comitati di distretto, che sono riconducibili a quel processo di integrazione tra le politiche, che è uno dei punti di forza della programmazione sanitaria e, più in generale, delle politiche dell’Emilia-Romagna.

È ordinario, quindi, ma non è solo ordinario, nel senso che vi è un punto che ribadisce un aspetto di cooperazione istituzionale da mettere in valore. Il punto straordinario è che questo lavoro avviene in una fase sicuramente complessa, in una fase delicata per il sistema sanitario nazionale, non solo regionale. Ebbene, noi qui - penso che possiamo sottolinearlo - non procediamo all'istituzione dell'azienda sanitaria romagnola perché abbiamo un problema di risorse, oppure semplicemente perché abbiamo un problema di taglio delle risorse, che pure in questi anni è avvenuto, come giustamente segnaliamo per la sanità nazionale, come giustamente segnaliamo nella risoluzione che abbiamo presentato. No, noi proponiamo l'istituzione della nuova azienda perché quella taglia, quella dimensione, quelle economie di scala che determiniamo sono la giusta taglia per affrontare le nuove sfide che i bisogni sanitari, epidemiologici e sociali di quel territorio ci propongono, e per mettere nelle condizioni tutti i cittadini di quel territorio di potere contare, d’ora in poi, su servizi sanitari adeguati, su eccellenze che altrimenti non potrebbero avere, su un’agibilità dei servizi di base territoriali e di prossimità che siano una rete più organica, più organizzata, più forte rispetto a quella che attualmente le aziende hanno saputo garantire.

È dunque straordinario il modo attraverso il quale affrontiamo la grande scommessa, la grande sfida che ha di fronte il Sistema sanitario nazionale e regionale, che è quella della sostenibilità. E la affrontiamo ribadendo i principi che stanno alla base dell'idea del Sistema sanitario dell'Emilia Romagna, un sistema universale, equo e solidale. Noi affrontiamo la sfida dicendo che, a fronte di risorse che calano rispetto al bisogno, possiamo garantire e sviluppare azioni che, ottimizzandone l'uso, mettono in valore le risposte che si possono dare. In tal senso, la sanità non è solo un costo, ma è anche un importante investimento; è un investimento non solo per le professionalità che mette in moto, ma anche per l'indotto che determina sul versante della ricerca e dell'innovazione, sul versante anche dei processi industriali che determina.

L’ottimizzazione delle risorse che noi andiamo a proporre, attraverso questo passo istitutivo della nuova azienda, rappresenta inoltre un'anticipazione di processi che bisogna comunque mettere in atto. Parliamoci chiaramente: la nuova legge di stabilità, se verrà approvata, così com'è stato annunciato, produrrà, dovrà produrre - questo è l'impegno - un incremento di oltre 2 miliardi del Fondo sanitario nazionale. Questo sarebbe un fatto positivo, il passaggio a 109 miliardi 900 milioni del Fondo sanitario nazionale, che consentirebbe di evitare l'introduzione, già prevista, di nuovi ticket sanitari, e consentirebbe alle regioni di poter finalmente, ancorché in un quadro di ristrettezze che permane, di programmare l'organizzazione e l'erogazione dei servizi e delle prestazioni sanitarie nell’ambito di un quadro di certezze che è mancato in tutti questi anni. Spero ed auspico che questo determini anche la possibilità della sottoscrizione del patto per la salute, cioè di una condizione all'interno della quale l'intero sistema, attraverso la garanzia dei livelli essenziali di assistenza, attraverso la garanzia del mantenimento dei servizi e della qualità degli stessi, tra Governo e regioni, si realizzi questa intesa.

Il tema della sostenibilità è la vera sfida che abbiamo di fronte, una sfida che chiama in causa le ragioni della qualità del sistema, ma soprattutto dell'universalità del sistema, cioè dare a tutti, indipendentemente dalla condizione economica e sociale di ciascuno, le stesse condizioni di salute, ebbene, questa sfida la si vince, se siamo in grado di dimostrare che il sistema pubblico è più efficiente e capace di corrispondere ai bisogni che la gente propone. Se ci attardiamo a pensare che tale sfida non esista e che ci siano degli angoli in cui si possono mantenere e perpetuare, in ogni situazione, investimenti e condizioni che invece non è possibile mantenere, sul versante delle tecnologie, sul versante della professionalità, compiamo un atto che va contro le finalità del servizio sanitario nazionale. Non rendiamo un servizio ai cittadini, se pensiamo che il sistema, così com'è, non debba essere modificato, mentre per potere corrispondere ai nuovi bisogni ha bisogno dell’introduzione di forti innovazioni, anche sul versante organizzativo e funzionale.

Si colloca in questo quadro l'Asl della Romagna, che andrebbe istituita anche se le condizioni economiche fossero migliori di quelle attuali, e sarà un'esperienza che servirà a tutto il sistema, non credo solo a quello dell'Emilia-Romagna. Ci sono alcune caratteristiche particolari della nuova azienda che si va a determinare. Io ne ho sempre sottolineata una: oltre alla grande dimensione, oltre al fatto (da non sottovalutare) che non nasce per decisionismo regionale, ma nasce con un percorso di partecipazione, la novità che sottolineo è il fatto che è un'azienda di oltre 1 milione 100 mila abitanti, con 75 comuni, con quel fatturato di cui avete detto, che non ha al suo interno alcuna azienda ospedaliera, ma è un'azienda nella quale proprio la costruzione del sistema delle aziende romagnole ha fatto sì che l'integrazione tra l'ospedale e il territorio avvenisse all'interno delle singole aziende.

Quest’impianto viene mantenuto, il che consente di affrontare il rapporto tra produttori di cure ospedaliere e acquirenti di tali cure, che sono i territori, che sono i distretti, in un quadro di integrazione ancora più forte rispetto a quello che la singola azienda ha messo in campo finora, con la possibilità - e questa è una sfida - di fare in modo che i servizi territoriali, i distretti che rappresentano il cuore di questo progetto, dove il cuore è la prossimità del servizio, da mettere in forte relazione con la qualità, siano lo snodo nel quale si sviluppa quella partecipazione di cui si parla, ma che non è una partecipazione assembleare, è una partecipazione consapevole con gli enti locali, e che attraverso queste forme sia possibile sperimentare, in corso d'opera, come indicano i sindaci, come indichiamo nell'ordine del giorno, delle forme particolari di maggiore autonomia dal punto di vista distrettuale, in una logica di rete. Far sì che con questo fatto - ospedali e territori insieme - ci sia la possibilità di costruire una rete ospedaliera all'interno della quale tutti i servizi che attualmente sono presenti in Romagna trovino una loro vocazione a rete.

Nessun ospedale è messo in discussione, chi lo dice sbaglia, fa dell'allarmismo, soprattutto nella rete degli ospedali principali che compongono la dimensione a rete del sistema. Penso ai tre ospedali della provincia di Ravenna, penso agli ospedali di Cesena, penso all'ospedale di Forlì, all'ospedale di Rimini e all’ospedale di Riccione. Quegli ospedali che con una prossima classificazione che andrà fatta a livello nazionale, ma che sarà giusto fare a livello regionale, rappresentano la rete all'interno della quale si dipana una specializzazione di funzioni e all'interno della quale ognuna delle funzioni serve a garantire l’aumento della qualità per tutti i cittadini, e che consente ai romagnoli, ai cittadini di queste quattro province, di avere a disposizione specialità (mettendosi insieme), terzi livelli che attualmente da soli non potrebbero avere, e che potranno avere migliorando le risorse. L'esperienza finora condotta con i 118, con i laboratori di Pievesestina, con le altre occasioni di integrazioni che sono state fatte, lo dimostra. Si arriva all'azienda perché si è visto che quelle esperienze sono positive. Quelle esperienze hanno aperto una strada fattibile ad un percorso che va costruito e rafforzato ulteriormente.

Infatti, si partirà da lì, si partirà dalle funzioni che non sono propriamente sanitarie. Si partirà, come giustamente diceva la consigliera Donini, da quella parte dei servizi amministrativi per i quali vi è una differenza di costo di produzione che non è spiegabile. Si farà in modo che questo comporti una maggiore destinazione di risorse rispetto a quelle attualmente a disposizione per i servizi sanitari e per le funzioni di salute, di tutela della salute dei cittadini e delle comunità. Si farà in modo che la logistica, le modalità di erogazione dei servizi, tutto quello che non è prettamente cura, prevenzione e riabilitazione per i cittadini trovi una dimensione di scala che sia diversa. Il tema della mobilità all'interno dell’azienda che viene superato, e da questo punto di vista i dati di cui diceva il collega Bartolini stamattina non sono veri, anzi mi farebbe piacere che andasse a consultarli con maggiore attenzione, in particolare in relazione ai presidi ospedalieri della provincia di Ravenna. Insomma, si costruirà un sistema nel quale ci sono delle forti innovazioni da mettere in campo.

Un'ultima cosa: bisognerà gestire questo passaggio. Perché se l’anno è costituente, è un anno costituente. A chi è affidata questa gestione? Da questo punto di vista, chiariamo un aspetto, non costruiamo degli equivoci. Possiamo chiamare come ci pare l'atto aziendale. Lo vogliamo chiamare piano industriale? Secondo me, è improprio, ma chiamiamolo pure piano industriale. In ogni caso, l'atto aziendale è uno strumento - lo dice la parola stessa - che è in capo all'azienda, che ha una funzione, un compito preciso, che deve essere predisposto, discusso e verificato con le conferenze territoriali, sociali e sanitarie, quindi in una chiave di condivisione importante, che avrà il compito di procedere agli aspetti organizzativi che sono definiti. Quali sono gli obiettivi? Ma gli obiettivi sono quelli indicati dal piano, dai piani attuativi locali e dallo stesso atto aziendale. Quali sono? Sono quelli di garantire i livelli essenziali di assistenza, di salute e di prestazioni definiti dalle normative nazionali e regionali, ed anche da quelle locali. Ne vogliamo discutere? Certo, prepariamo anche una risoluzione che dica che indirizziamo quest'atto aziendale, che indirizziamo questi passaggi attraverso dei fini che vengono indicati, però lasciando spazio al territorio, alle dinamiche aziendali, alle dinamiche che riguardano i professionisti, che riguardano gli operatori che devono essere valorizzati, lasciamogli lo spazio per la costruzione di questo processo. Un'azienda così funziona se vi è la condivisione e la partecipazione prima di tutto di coloro che ci lavorano, dei professionisti, dei medici, degli infermieri, degli operatori sanitari, di tutti coloro che sono in prima linea e che devono condividere e procedere nell’attuazione di progetti innovativi che riguardano la loro vita e la loro professione.

In questo senso, penso che sia sbagliato non cogliere quest’importante aspetto che noi introduciamo con la legge, e che sia anche giusto sottolineare nuovamente il fatto che, non a caso, tutte le amministrazione sono d'accordo.

Concludo il mio intervento con un aspetto che riguarda il mio territorio. In questo contesto, ogni azienda arriva alla fusione con le sue prerogative. Giustamente, vi sarà una fase di passaggio che andrà gestita e governata. L'azienda di Ravenna, in questo momento, d'intesa con la conferenza di Ravenna e con i sindaci del nostro territorio, ha deciso un proprio percorso, una propria azione che è pienamente in sintonia con il processo che andiamo a definire, e che introduce proprio in quel sistema territoriale delle importanti innovazioni che puntano alla qualità e al miglioramento dell’offerta sanitaria, non ridurranno nessun tipo di offerta, ma la ripropongono in una dimensione più articolata, anche sul versante organizzativo, basti pensare all'organizzazione per piattaforme del sistema ospedaliero, alle nuove forme di integrazione a livello distrettuale. Ebbene, lì siamo ad un punto del dibattito che, non a caso, ha suscitato più polemiche che altrove, forse perché è un punto di dibattito che si colloca già nella veste avanzata di come sciogliere certi nodi. Abbiamo visto che è possibile. Si tratta di un contributo utile per la nuova azienda, e penso che, anche dal punto di vista metodologico, possa essere utile per affrontare pienamente, con il massimo della condivisione e della partecipazione, il processo che si aprirà nel 2014. Grazie.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliere Mazzotti.

Ha chiesto di intervenire la consigliera Noè. Ne ha facoltà.

 

NOÈ: Grazie, presidente.

Vorrei definire questa legge su cui stiamo ragionando - mi congratulo con il collega Mazzotti che ha fatto una disamina davvero molto articolata - dicendo semplicemente che, a mio avviso, questa legge probabilmente può essere considerata come una delle più importanti riforme che siano state fatte negli ultimi anni da parte di questa Assemblea legislativa, una riforma che si pone in modo antesignano rispetto ad altri esempi che vanno in questa direzione, quindi è anche un’assunzione di responsabilità su come questo progetto sarà impostato.

In linea di principio vedo positivamente questo progetto che si propone di razionalizzare il sistema socio-sanitario, che vuole mettere in rete tutte le specialità mediche e cliniche, in un'ottica di area vasta, peraltro in un contesto congiunturale che impone una razionalizzazione ed un contenimento della spesa sanitaria.

Pertanto, di primo acchito, guardo a questo progetto come ad una grande opportunità per i cittadini romagnoli. Però questo non mi esime dal fare le seguenti considerazioni. La partecipazione democratica dei territori a questo progetto di legge è ricondotta alla conferenza socio-sanitaria unica, cioè a questo soggetto composto dalla pluralità, dalla totalità dei rappresentanti dei territori, dei 75 comuni di area vasta, due tra i più importanti dei quali, fra alcuni mesi, in rinnovo, e comunque comuni che tendenzialmente, nella maggior parte dei casi, per non dire nella totalità dei casi, sono riconducibili alla maggioranza di centro-sinistra.

Pertanto, vorrei dire che la rappresentanza di questa conferenza socio-sanitaria è una rappresentanza pressoché unilaterale, pressoché di una parte, che quindi lascia veramente poco spazio alla rappresentanza delle minoranze. Ecco perché, dal mio punto di vista, la gestione, in una fase iniziale, istitutiva di un processo così importante, secondo me, in questa fase, rischia di essere comunque alquanto sbilanciata.

Su questo passaggio dello sbilanciamento mi soffermerò decisamente quando entreremo nella disamina dell'articolato, in particolare quando discuteremo l'articolo 6, come accennavo poc’anzi al collega Piva e alla collega Pariani, cioè laddove effettivamente, nel momento in cui si va a definire il programma socio-sanitario dell'Asl unica romagnola, vedo che la concertazione delle scelte che dovranno essere assunte e che quindi riguardano il programma di questo progetto sarebbe stato opportuno ed auspicabile che fosse stato fatto, comunque che fosse previsto, ma non voglio ancora demordere perché siamo ancora in sede di approvazione di questa legge, coinvolgendo tutte le parti sociali di quel territorio. Lo dico proprio perché questa Regione da sempre si caratterizza, si fregia - secondo me, giustamente - del fatto che le scelte vengano sempre assunte con tutte le parti sociali, così come ha peraltro ribadito il Presidente Errani nel suo programma di governo, con riferimento alla sua amministrazione. Non a caso, in queste ore, quando si discute anche del programma di attrattività della Regione, quindi non stiamo parlando di un particolare da poco, ma stiamo parlando del programma della crescita della Regione Emilia-Romagna, di come la si può rendere sempre più attrattiva, ebbene, vedo che per questa crescita sostenibile, intelligente ed inclusiva, così come viene definita, si cerca di coinvolgere tutte le parti sociali. Invece, a proposito del sistema sanitario, che rappresenta oltre il 70 per cento della voce che questa Regione gestisce e che comunque rappresenta uno dei temi più importanti che rientrano nelle nostre competenze, ci ritroviamo a prendere atto che questa concertazione debba essere fatta esclusivamente - stando al dettato normativo - con le organizzazioni sindacali.

Non voglio farlo adesso perché non mi sembra pertinente dal momento che siamo in discussione generale, però, devo dire che, durante la pausa pranzo, ho riletto tutto il verbale che riporta gli interventi che sono stati fatti nel corso dell'udienza conoscitiva, dai quali forse mi sono data alcune spiegazioni sul perché in questa riforma, che io considero una delle più importanti dei due mandati che almeno io ho avuto occasione di presiedere, vedo che effettivamente la concertazione viene limitata solamente alle organizzazioni sindacali. Ripeto, penso di averne trovato la spiegazione nel verbale che dopo citerò.

Mi fa piacere che nel corso della discussione sia stato anche riconosciuto che il Sistema sanitario nazionale, e di conseguenza regionale, è un sistema integrato e che quindi nella complementarietà di cui ben si onora questa Regione avendo delle forme di ospedalità privata che rappresentano veramente delle eccellenze importanti, che la stessa Regione ha ritenuto opportuno accreditare, convenzionare, coinvolgere e integrare nel sistema sanitario, mi fa piacere - dicevo - che, però, a seguito di un emendamento, non da stesura iniziale, si sia precisato che comunque il progetto avrebbe coinvolto tutto il sistema fatto da ospedalità pubblica e privata con la giunta accreditata. Rimando alle discussione delle norme alcuni dettagli che ho chiesto di approfondire attraverso la presentazione di due emendamenti.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliera Noè.

Ha chiesto di intervenire il consigliere Casadei. Ne ha facoltà.

 

CASADEI: Grazie, presidente.

Solo alcune riflessioni, alla luce dell'esito di un percorso, perché di questo si tratta, come è stato sottolineato dai colleghi in diverse occasioni, credo anche con l'opportuna enfasi, un percorso che, ovviamente, ha richiesto una complessità e fasi di discussione molto accese, ma credo che, proprio per l'importanza dell'atto che andiamo a votare, fosse necessario mettere a fuoco anche le criticità, i nodi e il fatto che ogni territorio abbia apportato un contributo in questa direzione. Alla luce dell'esito del percorso che, appunto, va a concludersi, credo che debba essere ritenuto un contributo rilevante.

Voglio soffermarmi soltanto su tre punti, che sono peraltro ben richiamati nella risoluzione che abbiamo presentato, che credo rappresenti un ulteriore tassello del mosaico. È stato detto più volte: c'è la legge istituente, ci sono degli atti, secondo me, di grande rilievo politico che ieri sono stati approvati, come il patto vincolante degli amministratori, questa carta di intenti sottoscritta dagli amministratori dei territori, e l'approvazione del documento dei sindacati.

La cosa che mi preme sottolineare, anche rispetto ai colleghi che hanno parlato dei rischi con toni diversi, l'idea della razionalizzazione come chiave di lettura dell'atto in discussione, ma anche - lo diceva il collega Bartolini - il fatto che ci siano delle cavie che, in qualche modo, si sottopongono ad una sperimentazione che comporta dei rischi e dei pericoli, ecco, io vorrei ribaltare il ragionamento perché molto spesso la discussione - penso a quella pubblica e a quella sulla stampa - ha richiamato, in maniera molto ricorrente, questi aspetti che credo invece rappresentino un errore di impostazione. E spiego perché. Perché questa non è assolutamente una progettualità che nasce da atti e situazioni recenti. Questo atto si innesta in un percorso, ed oserei dire in una tradizione di sperimentazioni, che è l’area vasta romagnola, e credo peraltro che ne rappresenti il giusto compimento in termini di costruzione di un sistema.

In una fase del dibattito, badate, anche sul territorio, qualcuno proponeva, in termini proprio di razionalizzazione, la fusione dell'Asl di Forlì con quella di Cesena, ed in quel caso sì, presa in quei termini, l'operazione poteva essere derubricata quale mero atto di razionalizzazione o di risparmio. Ma proprio per non cadere in questo contesto e proprio in quella fase della discussione, è stata rilanciata l'idea dell'Asl unica della Romagna, che, badate bene - anche qui il linguaggio giornalistico può essere forviante - non è una "ausl-ona", perché è grande, accentrata e magari burocraticamente elefantiaca. No, è il contrario: questo progetto, questo atto istituente illustra un progetto di sistema, e quindi - certo - anche di coordinamento, e questa è una fusione, ma che prevede una strutturazione molto articolata sul piano territoriale. I distretti come maglie di un sistema, e aggiungo - e qui c'è anche un impegno ulteriore - un sistema di rete che dovrà prevedere - lo diciamo nella risoluzione - la pratica realizzazione di altre forme di organizzazione di servizi, a partire dalle maglie dei distretti che sono i nuclei di cure primarie e le case della salute, perché quelle sono forme che stanno all'interno di questa architettura e che garantiscono - lo dicevano bene i colleghi Mazzotti, Donini ed altri che sono intervenuti - una maggiore qualità dei servizi ed una prossimità adeguata ai bisogni di cura. Ecco perché è forviante leggere esclusivamente questo progetto, che ha certamente anche ambizioni di innovazione, come una mera opera di razionalizzazione o, come sottolineava il collega Naldi, come una possibile contrapposizione tra Asl grande e Asl piccola. No, non è questo il termine della discussione.

Chiudo sull'altro punto che è stato richiamato più volte: la Romagna in qualche modo come territorio figlio di un dio minore su cui fare sperimentazioni dagli esiti incerti. No, qui la Romagna si propone - come ha già fatto con tutto il percorso dell'area vasta - come laboratorio di sperimentazione concreta che può costituire un esempio su cui ritagliare altri esempi di sistema territoriale non solo all'interno della scala regionale, ma all'interno di una scala molto più ampia. Perché? Perché serve la sperimentazione, serve l'innovazione, e certo facendo i conti anche con le criticità, ma credo che serva, se si vuole ambire a governare i processi e ad essere forza di cambiamento, indicare nuove vie e nuove progettualità. Credo che quest’operazione lo faccia in maniera molto chiara, laddove parla - e l’abbiamo sottolineato nella risoluzione che sottoponiamo all'attenzione dell'Aula - di un progetto di sistema che mira, prima di tutto, all'implementazione e all'adeguatezza dei servizi rispetto ai bisogni di cura, e laddove si sottolinea che le economie di gestione e anche di risparmio che deriveranno dalla costruzione del sistema e dalla sua nuova articolazione andranno investite in qualità e quantità dei servizi. Perché questo processo sia rigoroso, efficiente e ovviamente faccia i conti, prendendole sul serio, con le possibili criticità che non possono non esserci in un disegno così ampio e di grande riforma, occorre certamente - l'hanno sottolineato alcuni colleghi, in particolare la collega Donini - che ci sia costantemente, in progress, un'azione di monitoraggio. Credo che, rispetto a questo punto, sia importante ribadire i diversi ruoli che andranno a giocare le diverse realtà. Certamente i sindaci e le amministrazioni del territorio, che credo abbiano dato già ieri una buona dimostrazione di condivisione, ma servirà il ruolo dell'Assemblea legislativa e della commissione competente, così come serviranno i soggetti della partecipazione che sono ammessi ai sensi della legislazione regionale. Perché? Perché più occhi insieme possono vedere, monitorare e, in qualche modo, indicare a che punto si è nello stadio di avanzamento e di realizzazione dopo l'approvazione della legge istituente.

Ebbene, credo che questo rappresenti un ulteriore elemento di garanzia che dimostra come nulla sia lasciato al caso e come la pluralità degli strumenti che vengono offerti dalla legge, dai patti politici sottoscritti, dagli strumenti dell'Assemblea legislativa e della commissione siano - appunto - garanzie del fatto che questo progetto, questo grande progetto di trasformazione, forse non di semplice riforma, è qualcosa che merita di essere sostenuto, ed io lo dico con convinzione, avendo attraversato anche le criticità ed i problemi, penso alle questioni della governance che nel territorio forlivesi sono state più volte poste dagli amministratori locali, penso anche a come si sia riusciti a garantire quel principio di collegialità e di territorialità nell'assunzione delle decisioni, che segnano il fatto che con l'Asl unica di Romagna non siamo né all'interno di un mero processo di razionalizzazione né davanti a cavie che, in maniera diffidente, si avvicinano al laboratorio con rischi straordinari, ma siamo di fronte ad un disegno che va a compimento, che ha richiesto molte energie e molte forze, e che richiederà molte energie e molte forze nel suo processo di sviluppo, di realizzazione concreta ed anche di costante monitoraggio dei processi. Grazie.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliere Casadei.

Non essendovi altri iscritti a parlare, do la parola all'assessore Lusenti per la chiusura del dibattito generale. Prego.

 

LUSENTI, assessore: Grazie, presidente.

È stato ricordato nei diversi interventi che si sono succeduti nel corso dei lavori odierni su questa proposta di legge, che questo è un testo tra i più significativi di questa legislatura.

Ebbene, io non so se è vero in modo specifico, di sicuro lo è nella misura in cui le politiche sanitarie e i diritti dei cittadini a cui queste politiche si dedicano sono tra gli elementi più significativi e fondanti delle politiche del governo regionale.

Parto quindi da una dimensione regionale per fare alcune considerazioni che poi svilupperò in modo più specifico e dettagliato sulla Romagna e sull’istituenda azienda unica della Romagna. In questi anni, le politiche sanitarie che traducono una visione generale di questa Regione hanno avuto una rotta chiara, centrata sulla difesa dei diritti delle persone, diritti costituzionalmente garantiti, centrata sul massimo grado di integrazione istituzionale, territoriale, tra professioni, politiche volte a garantire il massimo grado di equità, ed infine a sollecitare, promuovere e progettare tutta l'innovazione necessaria non solo a difendere i buoni risultati raggiunti dal servizio sanitario regionale, ma anche a conseguirne di ulteriormente ambiziosi in un quadro generale difficile e avverso. Di questa visione generale e del perseguimento di questi obbiettivi sono testimonianza non i risultati di bilancio e di equilibrio, che pure mantengono uno standard tra i più elevati in questo Paese, ma sono testimonianza e certificazione i risultati in termini di garanzia dei livelli essenziali di assistenza, che certificano la posizione di questa Regione come la prima in Italia, venti punti davanti alla seconda, che è la Lombardia, nella garanzia dei livelli essenziali di assistenza. E questo è l'esito della costante - anno dopo anno - certificazione da parte del Ministero della Salute e del Ministero dell'Economia e delle Finanze.

Questi risultati non sono garantiti per sempre. Non solo non sono garantiti per sempre dalle condizioni congiunturali e critiche, ma non sono garantiti per sempre dalle condizioni di cambiamento profondo con cui dobbiamo fare i conti. Non vi è alcun ambito, non vi è alcun tema, non vi è alcuno spazio che sia attraversato da cambiamenti così radicali e così veloci come le organizzazioni sanitarie. Cambiamenti sociali, demografici, cambiamenti tecnologici, organizzativi, di identità professionale. È con questi cambiamenti che bisogna fare i conti, avendo come stella polare, come guida la capacità di affrontare i problemi in un'ottica di innovazione e cambiamento rivolta al futuro, a preparare il futuro, a costruire il futuro, non a subire i cambiamenti in una condizione di pura resistenza ad una congiuntura di scarse risorse.

In questo - ed ho finito il quadro generale - non ci facciamo confondere, non mescoliamo tutto con il contrario di tutto. Le politiche nazionali sono le politiche nazionali, e ciascuno, pro quota e per il suo tempo, ne porta la responsabilità. Il definanziamento del Fondo sanitario nazionale che arriva nella nostra Regione risponde a logiche che non abbiamo mai condiviso. La definizione di standard sui posti letto definito da leggi nazionali risponde a logiche contro le quali ci battiamo e che non abbiamo condiviso. Non bisogna scambiare la causa con l'effetto. E nelle sedi nazionali, noi cerchiamo di opporci a scelte che non condividiamo e di contrastare, mitigare e modificare le conseguenze di scelte nazionali, quando esse producono effetti a livello regionale.

In questo quadro si inserisce questo progetto di legge, che è un progetto di legge di innovazione, di sviluppo e di crescita, che non parte e non ha come principale obiettivo quello di conseguire dei risparmi, perché risparmi non ne vogliamo fare, continueremo a spendere fino all'ultimo euro che ci viene reso disponibile dai finanziamenti nazionali e dai finanziamenti aggiuntivi che il bilancio di questa Regione rende disponibili per garantire dei livelli di assistenza eccedenti i livelli essenziali nazionali. Questo obiettivo, come è scritto nel comma 1 dell'articolo 1 della legge, correttamente citato, e non come è stato fatto nella discussione di oggi, è l’obiettivo di assicurare e potenziare, in condizioni di qualità, omogeneità ed appropriatezza, i servizi di tutela della salute nell’interesse delle persone e della collettività, non per risparmiare.

Questi ragionamenti partono e si declinano dalle condizioni territoriali date, che sinteticamente - forse in modo troppo sintetico - centro su due punti. Il primo: il territorio romagnolo, le quattro aziende romagnole hanno strutturalmente una condizione di fragilità, di debolezza non legata alla disponibilità di risorse, ma legata alle dimensioni, legata alle concentrazioni di casistiche e volumi di attività, legata alla disponibilità e alla frammentazione tecnologica; hanno condizioni di fragilità rispetto ad obiettivi di ulteriore crescita e ulteriore sviluppo. Quattro aziende piccole, senza nessuna azienda ospedaliera universitaria che, al netto di tutte le difficoltà dei rapporti con l’istituzioni università, si porta dietro di per sé delle competenze distintive e delle qualificazioni di attività che in quel territorio altrimenti non sono garantite.

Pertanto, per proseguire nel percorso di crescita, di rafforzamento e di costruzione di una rete di servizi che garantisca a quei cittadini non i servizi di base, non i servizi intermedi, ma tutta la gamma di servizi, fino a quelli che si concentrano su popolazioni più rare e minoritarie, tenere insieme e integrare è una necessità non legata a condizioni economiche.

La seconda considerazione che guida questo progetto è che i livelli di integrazione strutturale e funzionale raggiunti in quel territorio, che sono livelli avanzatissimi, quando viene citato, ed è stato correttamente citato a titolo di esempio, il laboratorio unico, bisogna anche aggiungere "il più grande d'Italia", quando si parla dell'officina trasfusionale, bisogna dire "la più grande d'Italia", quando si parla del magazzino unico, bisogna dire "il secondo d'Italia", dopo che, la settimana scorsa, è stato inaugurato quello dell'area Vasta Emilia Nord, che è diventato il primo d'Italia e d'Europa. Di queste dimensioni bisogna avere consapevolezza, del valore di questi processi di integrazione e del rango che hanno nel quadro nazionale e internazionale, non solo guardare il giardino di casa dal buco della serratura ed esemplificare tutto su una logica aneddotica, miope e parziale.

Non ci avrebbe portato più avanti il modello di integrazione tra quattro aziende piccole. Ciò che è stato fatto è il massimo che si può ottenere da quel setting organizzativo. Per fare di più, per ottenere di più, non per spendere di meno, ma per avere obiettivi più ambiziosi di qualificazione dei servizi e di garanzia dei livelli più elevati di assistenza, bisogna fare un altro passo. E quel territorio si è dimostrato non solo consapevole di questa necessità, ma anche capace di promuovere questa scelta.

Anche da questo punto di vista, vi è una capacità che è il confronto aperto, durato più di due anni, un confronto in cui ciascuno ha espresso la propria posizione in modo critico e in modo dialettico, al termine del quale si è arrivati a sintesi importantissime. Lasciatemele citare perché non sono neanche state ricordate tutte. Un percorso di più di due anni, decine di incontri, un tavolo di regia regionale, decine di incontri a livello territoriale. Il 29 luglio viene sottoscritto un protocollo sulle relazioni sindacali tra le quattro conferenze e le organizzazioni sindacali di quel territorio. Ieri la dichiarazione di principi che farà da guida alla definizione del regolamento di funzionamento della conferenze, che quindi guiderà la definizione dei modi della governance. Sempre ieri l'approvazione del protocollo tra le conferenze e le organizzazioni sindacali sui principi. E di nuovo l'affidamento alla conferenza, come è di regola in applicazione della legge n. 29, della definizione dell'atto aziendale, a cui seguirà la programmazione distrettuale, in un rapporto con quei territori che non può essere sostituito e surrogato da scelte, queste sì che sarebbero calate dall'alto, né della Giunta né dall'Assemblea legislativa. I dibattiti sulla separazione tra funzione di programmazione e controllo e gestione li abbiamo fatti più di dieci anni fa. Non si decidono qui le strutture complesse. Non si dice qui l'organizzazione dei servizi sul territorio. Si affermano dei principi costituenti che in quel territorio, nel confronto tra le conferenze che devono approvare la programmazione territoriale, sia l'atto aziendale, sia il piano attuativo locale, sia i piani per la salute distrettuali, si pongono in una posizione di confronto con la direzione aziendale e giungono a delle sintesi. Non "la direzione impone", non è così in nessun territorio di questa Regione, in applicazione di una legge che ormai ha dieci anni, quando nel resto del Paese l'impianto e l'applicazione di tutta la sequenza legislativa nazionale del servizio sanitario fa sì che le aziende sanitarie ospedaliere siano delle semplici agenzie succursali del governo regionale. Un livello di partecipazione territoriale che non ha pari in nessuna regione, e che in quel territorio andrà ulteriormente rafforzato valorizzando il ruolo dei distretti, che sono la maglia di base che consente, da un lato, di garantire tutto il setting assistenziale primario, a cui in quelle dimensioni si può aggiungere qualsiasi secondo o terzo ulteriore livello.

Queste riflessioni si concentrano nell'articolato, nei documenti che sono stati approvati e condivisi all'unanimità in quel territorio, ed anche nel testo della risoluzione che ho letto e apprezzo in alcune scelte. La programmazione. Non voglio ripetere quanto ho appena finito di dire. La programmazione regionale è una cosa e la programmazione territoriale è un'altra. Non vogliamo e non possiamo appropriarci del livello di programmazione territoriale, che è affidato al confronto territoriale. La governance. La governance è definita da una cornice legislativa nazionale e regionale che risale alla legge n. 29. La governance e il modo di funzionamento della conferenza territoriale devono essere decisi dagli enti locali, da chi rappresenta e governa quel territorio, non possono essere definiti dalla Regione. Sarebbe un’invasione di campo, un’imposizione inaccettabile, alla quale giustamente chi oggi lamenta un’operazione di neocentralizzazione si opporrebbe. Ma quale neocentralizzazione? Il modo vero per governare da Bologna alla Romagna non è mantenere quattro aziende piccole, deboli e fragili. Questo è il modo vero. Abdicare a questa potestà legata alla power spending è costruire lì un'azienda che avrà dimensione, forza e solidità da porre condizioni, non da accettarne.

La partecipazione e il confronto. Le forme di partecipazione e confronto sono uguali in tutte le aziende. Non ci inventiamo un altro modello; lì non definiamo una sperimentazione. Affermiamo in modo più articolato sui distretti un modello di partecipazione molto forte, molto ampio, condiviso dalle organizzazioni sindacali, che non si può estendere in modo indistinto e confondente a qualsiasi forma di rappresentanza sociale.

Infine, fatemi ricordare un aspetto che oggi non è stato citato negli interventi e che invece è bene ricordare per ragioni di valore e di costruzione di una prospettiva. La legge costituisce l'azienda sanitaria della Romagna, ma fa fare un ulteriore passo avanti all'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico di Meldola, definendo un aumento di capitale, costruendo la partecipazione, con questo aumento di capitale, della Regione alla compagine dei soci, quindi rafforzando la partecipazione pubblica e affidando a quel luogo dedicato alla ricerca, alla innovazione e alla regia di aspetti di assistenza che concentrano popolazioni minoritarie una coorte di popolazione che nessun altro Istituto di ricovero e cura in Italia ha, nessun altro Istituto dispone dal punto di vista della ricerca epidemiologica, dell'innovazione dei modelli assistenziali di cura in oncologia di una popolazione di riferimento di 1 milione 100 mila abitanti.

Pertanto, anche da questo punto di vista, non si tratta di scelte finalizzate a recuperare risorse, ma di scelte finalizzate a costruire un ulteriore sviluppo. Certo, non dobbiamo dimenticarlo, le risorse che utilizza il Servizio sanitario nazionale servono a garantire i diritti dei cittadini, ma sono le risorse dei cittadini, e noi abbiamo l'obbligo di gestirle nel modo più corretto e più efficiente possibile. Ed anche in questa direzione questa scelta, in condizioni generali difficili, ci consente margini di recupero da spostare da condizioni di parziale inefficienza sul piano amministrativo e gestionale alla linea del fronte, all'assistenza, alla cura dei pazienti.

Questo è il fine di questa legge, questi sono gli obiettivi che persegue. Usciamo da una logica di pura conservazione, di atterrito continuismo, secondo la quale tutto ciò che facciamo deve essere conservato e cambiare è sempre un problema. Ebbene, il servizio sanitario di questa Regione ha la sua forza, quella forza che l'ha guidato in questo decenni, non nella capacità di gestire, ma nella capacità visionaria di identificare un orizzonte, una meta più ambiziosa e più importante del resto del Paese, e di fare da guida al resto del Paese.

Questa è una scelta che segnerà la rotta, che guiderà scelte su cui molte altre regioni si indirizzeranno, se vorranno garantire, come noi vogliamo, i diritti dei cittadini a questi livelli di qualità e di sicurezza. Grazie.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, assessore Lusenti.

Nomino scrutatori i consiglieri Paruolo, Alessandrini e Cavalli.

Passiamo all'esame dell'articolato della legge.

Come sapete, sono stati presentati sette emendamenti, che avete già avuto, pertanto siete già in grado di conoscere le proposte in modo preciso e molto puntuale.

Partiamo dall'articolo 1 su cui insistono due emendamenti:

l'emendamento 5 a firma dei consiglieri Noè, Lombardi, Bazzoni, Leoni, Filippi, Manfredini, Bartolini Alberto Vecchi e Pollastri;

l'emendamento 4 a firma dei consiglieri Bazzoni, Bartolini e Lombardi.

È aperto il dibattito generale congiunto su emendamenti e articolo.

Ha chiesto di intervenire la consigliera Noè. Ne ha facoltà.

 

NOÈ: Grazie, presidente.

Con l'emendamento in questione, almeno per quanto riguarda quello che ho presentato io, da un lato, si mira a riconoscere quello che già oggi è il sistema sanitario regionale, cioè un sistema composto da una parte pubblica e da una ospedalità privata, che ovviamente contribuisce a fornire servizi di qualità e di eccellenza a favore della tutela dei cittadini.

Pertanto chiedo che l'emendamento consenta di ribadire questo passaggio, per cui al termine del secondo comma dell'articolo 1, dopo le parole "del servizio sanitario regionale dell'Emilia-Romagna" di aggiungere il seguente periodo: "che gli obiettivi di cui al comma 1 sono altresì perseguiti attraverso gli erogatori privati accreditati che sono parte integrante del servizio sanitario regionale e concorrono con gli erogatori pubblici alla piena realizzazione di un servizio di tutela della salute nell'interesse della collettività". Grazie.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliera Noè.

Non essendovi altri iscritti, dichiaro chiuso il battito generale.

Siamo alle dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di intervenire la consigliera Pariani. Ne ha facoltà.

 

PARIANI: Grazie, presidente.

Intervengo perché considero la legge che stiamo approvando uno dei provvedimenti più rilevanti di questa legislatura. Lo dico perché credo che al fondo di questa scelta ci siano tutti i valori e le modalità con cui questa Regione interviene e legifera nel rapporto con le istituzioni locali, e nella profonda convinzione che per noi la priorità è la salvaguardia dei servizi sanitari sul territorio, unita all'idea che i servizi si difendono se siamo in grado di produrre una profonda innovazione.

Io parto dalla considerazione - lo voglio dire - che trovo contraddittoria la presentazione del progetto di legge da parte dei colleghi del Pdl. Da un lato, ci si dice che stiamo facendo male in Romagna; dall'altro, anche nel loro progetto di legge si prende a riferimento il tema dell’unificazione delle Asl per esportare dall'alto, senza alcuna discussione nei territori, quel modello in tutto il resto della Regione Emilia-Romagna. Questo non è il modo con cui noi intendiamo un'azione di governo capace di intercettare il consenso dei cittadini, dei territori e di tutti coloro che lavorano nel comparto della sanità. Noi pensiamo che l'innovazione si produca a partire dal lavoro concreto nei servizi, e non si produca dall'alto, con una legge che riprende come fotocopia ciò che avviene in tutta la Regione.

Pertanto, no a questa logica, ma sì ad una logica di valorizzazione del lavoro che è partito con un’indicazione molto importante del piano territoriale regionale e che riguarda la programmazione e la pianificazione nelle aree vaste in sanità e che ci ha consentito di svolgere, a partire dalle ASL della Romagna, un percorso che ha dato, come già ricordava l’assessore Lusenti, profondi e importantissimi risultati producendo alcune tra le innovazioni più importanti nella sanità del Paese.

Vogliamo partire da qui e dal fatto che ciò è stato prodotto grazie al lavoro costante di confronto nei territori e con la partecipazione delle comunità locali. Vogliamo partire da qui proponendo un modello che continua ad avere nelle comunità locali e nelle istituzioni locali il faro rispetto a cui la programmazione sociale e sanitaria di questa Regione si concretizza nell’attuazione dell’innovazione dei servizi in tutto il territorio. Vogliamo considerare appunto che, come dice spesso l’assessore Lusenti, la sanità rappresenta uno dei giacimenti di conoscenze e di innovazioni più importanti in questa Regione, non solo per la qualità e il numero di interventi e di valorizzazione dei lavoratori e dell’intervento che tutti gli operatori portano in questo processo di innovazione ma anche perché noi siamo in grado di produrre tramite l’innovazione organizzativa anche una profonda capacità di innovazione in tutto ciò che rappresenta salute nei confronti dei cittadini, in tutto ciò che rappresenti innovazione clinica.

Non è solo un fatto tecnologico ma anche un fatto organizzativo. Lo dico semplicemente anche solo ricordando che cosa ha significato in termini di innovazione clinica aver costituito il laboratorio come Pievesestina nel confronto anche clinico di ciò che avveniva nelle diverse ASL del territorio rispetto ai percorsi di cura, rispetto all’utilizzo degli esami di laboratorio, e tutto ciò lo possiamo vedere anche in ciò che le aree vaste hanno dato in termini di reti cliniche e capacità di innovazione da questo punto di vista.

Questo percorso è decisivo, soprattutto in un’ASL che, come ricordava l’Assessore, non aveva al proprio interno un’azienda ospedaliera e quindi quella capacità di attrazione anche di percorsi di qualità che magari altre realtà con aziende ospedaliere al proprio interno avevano e quindi, per noi, questo è un atto decisivo per costruire le condizioni non perché siamo sotto scacco rispetto ai tagli ma perché abbiamo prodotto i percorsi utili a costruire innovazione per fare, a partire dal territorio della Romagna, interventi capaci di guardare al futuro dei servizi sanitari di questa Regione con innovazione e qualità.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliera Pariani.

Facciamo il punto sull’ordine dei lavori. Non siamo in dichiarazione di voto sull’intero progetto di legge, ma in dichiarazione di voto rispetto agli emendamenti e all’articolo.

Siamo all’articolo 1, dichiarazioni di voto congiunte su articolo 1, emendamento 5 ed emendamento 4.

Se nessun altro consigliere chiede di intervenire, metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 5, a firma dei consiglieri Noè e altri.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’emendamento 5 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 4, a firma dei consiglieri Bazzoni, Bartolini e Lombardi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’emendamento 4 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 1.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’art. 1 è approvato.

Passiamo all’articolo 2.

Apro il dibattito generale. Non ci sono interventi, per cui apro le dichiarazioni di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 2.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’art. 2 è approvato.

Passiamo all’articolo 3.

Apro il dibattito generale. Non ci sono interventi, per cui apro le dichiarazioni di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 3.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’art. 3 è approvato.

Passiamo all’articolo 4, sul quale insistono l’emendamento 1 e l’emendamento 2, entrambi a firma del consigliere Naldi.

Apro la discussione generale sui due emendamenti. Non ci sono interventi, per cui apro le dichiarazioni di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 1, a firma del consigliere Naldi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’emendamento 1 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 2, a firma del consigliere Naldi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’emendamento 2 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 4.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’art. 4 è approvato.

Passiamo all’articolo 5, sul quale insistono due emendamenti, il 7 e il 3. L’emendamento 7 è a firma dei consiglieri Bazzoni, Bartolini e Lombardi mentre il 3 è a firma del consigliere Naldi.

Apro il dibattito generale sull’articolo 5 e sui due emendamenti.

Ha chiesto di parlare il consigliere Bartolini. Ne ha facoltà.

 

BARTOLINI: Grazie, presidente. Con questo emendamento noi chiediamo che non siano i direttori generali uscenti, quelli attualmente in carica o nominati politicamente perché sono di nomina della Giunta, a stabilire quale sarà la sede legale provvisoria perché questa è una scelta importante per il territorio perché sebbene provvisoria sappiamo benissimo che in Italia spesso il provvisorio diventa definitivo, quindi demandare una scelta di cotanta importanza a dei direttori generali noi lo reputiamo che sia un modo per scavalcare quello che invece deve essere un processo politico fatto dai sindaci che rappresentano il territorio e che devono trovare il giusto equilibrio per indicare coerentemente e quindi già con un’idea di insieme quale dovrà essere la sede provvisoria ma, ripeto, spesso il provvisorio in Italia diventa definitivo.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliere Bartolini.

Apro le dichiarazioni di voto.

Ha chiesto di parlare il consigliere Manfredini. Ne ha facoltà.

 

MANFREDINI: Grazie, presidente. Se qualche collega dai banchi della maggioranza, e l’assessore Lusenti con la sua finale relazione, ha cercato di convincerci sulla bontà di questa legge non ha fatto bene il proprio lavoro. Abbiamo sentito affermare che questo provvedimento di portata straordinaria interesserà oltre un milione di utenti in un territorio con caratteristiche diversissime.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliere Manfredini.

Dichiarazioni di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 7, a firma del consiglieri Bazzoni, Lombardi e Bartolini.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’emendamento 7 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 3, a firma del consigliere Naldi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’emendamento 3 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 5.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’art. 5 è approvato.

Passiamo all’articolo 6, sul quale insiste un emendamento, precisamente il 6, presentato dai consiglieri Noè, Lombardi, Bazzoni, Leoni, Filippi, Manfredini, Bartolini, Alberto Vecchi e Pollastri. La consigliera Noè e il consigliere Bazzoni su questo emendamento hanno presentato un subemendamento, il n. 8.

Apro il dibattito generale sull’art. 6, l’emendamento 6 e il subemendamento 8.

Ha chiesto di parlare la consigliera Noè. Ne ha facoltà.

 

NOÈ: Grazie, presidente. Non è masochismo il voler emendare un articolo e poi sub-emendarlo ma c’è una ragione nel senso che vorrei effettivamente con i colleghi Consiglieri capire se ci può essere la disponibilità a far sì che questo programma socio-sanitario che coinvolgerà la Regione Emilia-Romagna può essere oggetto di confronto in alcune parti con le intere parti sociali e non relegato semplicemente a un confronto con le sole organizzazioni sindacali. Ho visto che voi avete sottoscritto una risoluzione che addirittura al primo punto invita la Giunta ad assicurare che nel governo della nuova azienda le relazioni istituzionali disciplinate dalla legge 29 avvengano attraverso anche la piena e costante partecipazione delle comunità locali ai processi di programmazione e di valutazione dei servizi e della loro gestione, però vorrei ricordarvi che chi oggi per mio conto si permette di sollecitare che il confronto su questa materia avvenga con tutte le parti sociali e avevo anche chiesto che questo potesse anche discendere da una modifica della legge 29, che però non la si è voluta in questa sede modificare, perché in questa sede la direzione ha detto che dobbiamo intervenire esclusivamente sulla materia che stiamo normando, vorrei anche invitarvi a pensare che se questo è stato l’atteggiamento avuto dalla direzione rispetto a questa sollecitazione che voi oggi ribadite al primo punto, consideratela vana, e quello che io però vi chiedo al di là delle disposizioni della legge 29, siccome nel mio emendamento chiedevo che la concertazione sulle scelte che riguardano questo programma avvenisse con il coinvolgimento e il confronto di tutte le parti sociali, quindi non meramente delle sole organizzazioni sindacali, vi chiedo, ed è questo il compromesso che io stessa ho cercato di trovare con la proposta del sub-emendamento, disponendo in questa maniera: l’articolo 6, colleghi, dice che il perseguimento degli obiettivi della presente legge, i processi di programmazione dei servizi sanitari e socio-sanitari nel territorio della Romagna, nonché la definizione degli assetti organizzativi e lo svolgimento degli adempimenti necessari avvengono attraverso il confronto e la concertazione con le organizzazioni sindacali.

Vi chiedo almeno quella parte che riguarda il perseguimento degli obiettivi e i processi di programmazione, quindi che stanno a monte, vogliamo cercare di definirli e di concertarli con tutte quelle parti sociali che insistono sul territorio? Vi confesso che quando ho visto questa impostazione che si prefigge l’obiettivo che tutto deve essere concertato con le organizzazioni sindacali, mi sono andata a riguardare anche un po’ l’intervento di alcuni relatori che ci sono stati nell’audizione. C’è questo signor Claudio Aurigemma, segretario ANAAO dell’Emilia-Romagna che a questo proposito si pone anche in una maniera un po’ discutibile perché dice che è un problema quello del rispetto delle regole sindacali che in queste vicende non è stato rispettato. La COSMED non è stata convocata ai tavoli confederali, e siccome non li hanno convocati hanno mandato una diffida ai sei direttori generali. Sembra di vivere in un mondo grottesco in cui chi ha il diritto di sedere non viene chiamato e Confindustria dice: "Scusate, ma con le organizzazioni sindacali c’entro anche io" e si è terrorizzati dal dover discutere dei fondi contrattuali con Confindustria non per le persone ma ovviamente perché non ne ha titolo. È logico che al tavolo in cui decidono gli indirizzi Confindustria ci deve stare, come sta al Governo quando chiama il Governo, negli indirizzi di politica sociale in quanto parte sociale, ma nei tavoli in cui si decidono altre cose tipo l’organizzazione dei servizi ci stanno i professionisti.

Vorrei ricordarvi, cari colleghi, che questa spesa sanitaria la Regione la sostiene anche e in gran parte con l’IRAP, che è quella imposta che oggi tutto il mondo produttivo versa e che viene destinata esclusivamente per finanziare la spesa sanitaria. Mi sembra un po’ paradossale che i soggetti che oggi chiedono, quale componente di un’ospedalità privata che fa parte di un sistema integrato del sistema sanitario regionale, e che quindi finanzia con l’IRAP la sanità, non siano consultati nel momento in cui si fanno delle scelte che sono correlate alla resa di servizi socio-sanitari in quell’ambito territoriale. È per questo che ho sdoppiato. Vogliamo almeno questi soggetti che concorrono alla resa di un servizio coinvolgerli nella fase di programmazione mentre rilasciare a quella che è la mera organizzazione al solo confronto con le organizzazioni sindacali? Con una Regione che fa della concertazione con tutte le parti sociali, soprattutto nella legge sull’attrattività che stiamo discutendo dove tutti vengono messi insieme, questa cosa non è possibile. Siccome parlando con alcuni Consiglieri questa proposta mi sembrava condivisibile e lo stesso relatore l’ha giudicata positivamente, vi chiedo di riflettere soprattutto in questo momento cercando di coinvolgere chi ce lo chiede.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliera Noè.

Vi prego di rimanere nei cinque minuti.

Ha chiesto di parlare l’assessore Lusenti. Ne ha facoltà.

 

LUSENTI, assessore: Grazie, presidente. Su questa proposta di emendamento e sul tema che è sotteso, perché penso che sia necessario comprenderlo in tutta la sua ampiezza, il confronto nelle sedi di programmazione, di definizione dell’assetto dei servizi, attraverso anche modalità concertative, in applicazione della legge 29 è garantito in tutte le aziende sanitarie alle organizzazioni sindacali. Dopo dirò qualcosa anche sulla piccola disputa confederazioni, funzione pubblica, categorie e quali confederazioni. Allargare questo confronto che arriva anche alla concertazione a una categoria indistinta e indefinita che chiamiamo parti sociali introdurrebbe un elemento di confusione ingovernabile. Nel confronto con le aziende sanitarie, e in questo caso con l’azienda sanitaria, e con le conferenze territoriali, chi sono le parti sociali? Io capisco bene la parte sociale alla quale pensa e fa riferimento la consigliera Noè e aggiungo su quel versante Confindustria, Farmindustria, Federfarma, Assobiomedica, Farmacie Comunali. Ma sono solo queste le parti sociali e le rappresentanze dei malati e le associazioni scientifiche dei medici e gli ordini e i collegi e le Charity e le Onlus? Quanti sono e quali sono le infinite parti sociali che possono stare in sanità sotto questo titolo generico, perché non c’è nessuna norma né nazionale né regionale che definisce quali sono le parti sociali, quindi aggiungere questo ulteriore confronto confonderebbe grandemente il quadro, evidenzierebbe soprattutto l’elenco degli esclusi perché ci sarebbe sempre un’associazione, un’aggregazione, una qualche forma di volontariato di partecipazione sociale che si sentirebbe esclusa dal fatto che non è ricompresa in questo inesistente elenco di parti sociali.

Secondo e ulteriore elemento di disorientamento e di confusione: non lo si può mica fare solo per l’azienda della Romagna il confronto con queste indistinte parti sociali ma bisognerebbe garantirlo a tutte le aziende del servizio sanitario dell’Emilia-Romagna e al confronto con tutte le conferenze territoriali dell’Emilia-Romagna. Amplificheremmo all’infinito in modo indefinito e indefinibile un livello di confronto che invece sino ad ora, perché non è mai stato questo tema evocato in altre sedi e in altre occasioni, è chiaro, definito e funzionale.

Un’ultima precisazione sul tema sollevato nell’udienza conoscitiva dal dott. Aurigemma. Questo è un tema tecnico di relazioni sindacali, di accreditamento di confederazioni e che sta dentro tutta a una dialettica molto parziale tra confederazioni generali (CGIL, CISL e UIL) e confederazioni della dirigenza del pubblico impiego che non rappresentano in modo esteso e universale i cittadini ma che rappresentano a livello sovra-categoriale la dirigenza del pubblico impiego. Non ha nulla a che vedere questa vicenda, che è nota e verrà risolta con un protocollo regionale che stiamo definendo con queste confederazioni del pubblico impiego, con la rappresentanza più generale e non definibile delle cosiddette parti sociali.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, assessore Lusenti.

Chiudo il dibattito il generale e apro le dichiarazioni di voto sull’emendamento, sul subemendamento e sull’articolo 6. Non risultano iscritti a parlare in dichiarazione di voto.

La consigliera Noè ha fatto richiesta di votazione mediante dispositivo elettronico per emendamento, subemendamento e articolo.

Si proceda alla votazione del subemendamento 8, a firma dei consiglieri Noè e Bazzoni, con l’uso del dispositivo elettronico, a scrutinio palese, con la registrazione dei nomi.

 

(Si procede alla votazione)

 

PRESIDENTE (Costi): Comunico l’esito della votazione:

 

 

Presenti

 

36

Assenti

 

14

Votanti

 

35

Favorevoli

 

10

Contrari

 

25

Astenuti

 

--

 

PRESIDENTE (Costi): Il subemendamento 8 è respinto.

Si proceda alla votazione dell’emendamento 6, a firma dei consiglieri Noè, Lombardi, Bazzoni, Leoni, Filippi, Manfredini, Bartolini, Alberto Vecchi e Pollastri, con l’uso del dispositivo elettronico, a scrutinio palese, con la registrazione dei nomi.

 

(Si procede alla votazione)

 

PRESIDENTE (Costi): Comunico l’esito della votazione:

 

Presenti

 

34

Assenti

 

16

Votanti

 

33

Favorevoli

 

9

Contrari

 

24

Astenuti

 

--

 

PRESIDENTE (Costi): L’emendamento 6 è respinto.

Si proceda alla votazione dell'art. 6, con l’uso del dispositivo elettronico, a scrutinio palese, con la registrazione dei nomi.

 

(Si procede alla votazione)

 

PRESIDENTE (Costi): Comunico l’esito della votazione:

 

Presenti

 

35

Assenti

 

15

Votanti

 

35

Favorevoli

 

25

Contrari

 

9

Astenuti

 

1

 

PRESIDENTE (Costi): L’art. 6 è approvato.

Passiamo all’art. 7.

Apro il dibattito generale. Non ci sono interventi in dibattito generale, per cui apro le dichiarazioni di voto.

Nessuno chiede di intervenire, pertanto metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 7.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’art. 7 è approvato.

Passiamo all’articolo 8.

Apro il dibattito generale. Non ci sono interventi, per cui apro le dichiarazioni di voto.

Nessuno chiede di intervenire, pertanto metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 8.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’art. 8 è approvato.

Passiamo all’articolo 9.

Apro il dibattito generale. Non ci sono interventi, per cui apro le dichiarazioni di voto.

Nessuno chiede di intervenire, pertanto metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 9.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’art. 9 è approvato.

Abbiamo esaurito l’esame dell’articolato. Passiamo alle dichiarazioni di voto congiunte sull’intero testo di legge e sull’ordine del giorno oggetto 4545-4662/1, a firma dei consiglieri Donini, Piva, Mazzotti, Casadei, Alessandrini, Barbati, Zoffoli, Pariani, Fiammenghi, Sconciaforni e Riva.

Ha chiesto di parlare il consigliere Defranceschi. Ne ha facoltà.

 

DEFRANCESCHI: Grazie, presidente. Un lungo dibattito che mi ha anche stupito perché riuscire a discutere così tanto di quasi nulla non è facile, nel senso che oggi abbiamo assistito alla descrizione di una cornice in cui manca assolutamente il quadro. L’unica cosa interessante che ho avuto modo di sentire è l’auto-confessione di un Consigliere del PD che ci ha detto che questa è la prima cosa che si fa dopo anni di sterilità amministrativa e legislativa in Emilia-Romagna, ed è vero anche che qui oggi abbiamo parlato di qualcosa che forse un giorno andremo a vedere del quale non sappiamo i risultati e del quale faremo il monitoraggio a posteriori, basandosi sempre sul fatto, che ormai è una litania di questa Regione, che non decidiamo noi ma decide il territorio. In realtà questo è l’antico sistema per cui delegando al territorio noi ne perdiamo assolutamente il controllo e nei mille rivoli del territorio si perde anche la partecipazione a questo dibattito e alla preparazione di questa legge.

Non possiamo raccontarci la favoletta che il territorio ha partecipato, che hanno partecipato i sindaci, che hanno partecipato le parti sociali perché a oggi credo che sia chiaro a chiunque che all’interno delle conferenze sanitarie i sindaci non contano nulla o, meglio, contano come contano i sindaci nell’amministrazione di società quali Hera, perché la realtà, e questa la si legge quotidianamente sui giornali, è che i sindaci imparano dalle dichiarazioni dei dirigenti dell’ASL di cosa accadrà nell’ospedale del loro territorio. Dopodiché, quando si trovano a confrontarsi in conferenza dei servizi si sentono raccontare questioni tecniche, quando intervengono si sentono dire che quelle sono questioni politiche che non vanno affrontate in quella sede non con loro, e sta di fatto che alla fine decidono sostanzialmente i dirigenti su mandato e la realtà è che in questo modo ormai stiamo consegnando la nostra sanità pubblica, perché l’unica che è riuscito a fare l’Assessore nella sua replica al dibattito generale è stata quella di raccontarci la solita storia dell’eccellenza dell’Emilia-Romagna senza entrare nel merito di quello che è, perché non c’è merito in questo progetto di legge, e oggi stiamo andando, e credo che sia sotto gli occhi di tutti, verso una sanità privata sul modello lombardo perdendo anche quelle eccellenze e perdendo anche tutto il lavoro che era stato fatto.

Il privato lo gestiamo e gestiamo le aziende pubbliche e la managerialità dell’azienda quando ci fa comodo, quando fa comodo in un dibattito le ASL devono essere gestite come delle aziende e quando fa comodo per un altro argomento, sempre abbastanza sterile, sono semplicemente dei luoghi in cui si fa sanità e un servizio per il pubblico, a seconda della convenienza, per cui se qualcuno osa chiedere se di questo progetto di legge c’è un piano economico, perché sentirsi sempre raccontare di risparmi senza poi vederne uno ricorda un po’ la legge che è stata fatta sui parchi, si parlava di tanti risparmi e di questi ancora non se ne sono visti.

Resta il fatto che stiamo facendo un progetto di un qualcosa in cui ognuno si racconta, e sulla carta possiamo anche essere d’accordo che andremo a risparmiare, e certo che se si fondono dei servizi si va a risparmiare, ma di questo non vi è traccia perché verrà fatto a livello locale e perché l’ASL non è un’azienda.

Allora chiediamo qual è il piano di sviluppo dei servizi, perché se non è un’azienda ma un fornitore di servizi vorremmo sapere quali sono i servizi dell’ASL della Romagna. Il nulla, lo zero, le solite garanzie e le solite promesse. La gente è preoccupata di questi progetti di legge come di altri per il semplice fatto che le promesse stanno a zero e forse è anche un po’ stufa. Sono stufi per esempio in Valmarecchia, che quando avevano scelto di venire in Emilia-Romagna gli erano state fatte delle promesse e oggi man mano si sta svuotando pezzettino per pezzettino l’ospedale in modo che dell’ospedale rimarrà la scritta fuori, ma non era questo che gli era stato promesso quando dovevano venire da noi. Non è questo che è stato promesso dal Presidente Errani, dagli Assessori del tempo e dai sindaci dei vari territori, quando il Presidente Errani per vincere queste elezioni andava in giro nei tre mesi antecedenti la campagna elettorale a inaugurare tutta una serie di ospedali, che oggi si stanno svuotando di ogni servizio.

Lei ha citato questi termini che si usano nelle aziende di cui si riempiono la bocca i vari responsabili dei marketing di ogni azienda, della vision, della visione, e non c’è assolutamente nulla del genere in questa legge. Non c’è nessuna visione, c’è una scatola vuota che avete cercato di riempire con i soliti contenuti e slogan che forse valevano nel 2010 e che oggi non esistono più.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliere Defranceschi.

Ha chiesto di parlare la consigliera Donini. Ne ha facoltà.

 

DONINI: Grazie, presidente. Ho deciso di intervenire di nuovo utilizzando i cinque minuti della dichiarazione di voto stimolata dalle contraddizioni che il collega Defranceschi nei suoi cinque minuti ci ha messo a disposizione. Vorrei sapere da lui se dobbiamo avere più centralismo regionale, e quindi occupare tutti gli spazi, oppure se in qualche maniera dobbiamo continuare a spingere per definire un livello di responsabilità che coinvolga il territorio attribuendo a livello territoriale la responsabilità a sua volta, attraverso gli strumenti che abbiamo a disposizione e rafforzati in questa legge, il compito di coinvolgere i cittadini, l’associazionismo e tutti coloro i quali vogliono occuparsi della cosa pubblica. O l’una o l’altra cosa.

Seconda contraddizione: io darei ragione al consigliere Defranceschi se noi fossimo all’anno zero e se all’improvviso c’è una sorta di tabula rasa e noi ci troviamo senza un servizio sanitario, senza un ospedale e senza un presidio sanitario territoriale in Romagna e dovessimo decidere come partire. Il suo intervento rappresenta una realtà che non è quella che io vivo perché la nostra porzione di regione offre - non voglio citare Bartolini che sembra la bandiera della romagnolità - una rete diffusa di servizi che si è negli ultimi anni qualificata e assunto un preciso obiettivo e una precisa direzione, ossia quella dell’autosufficienza malgrado la mancanza dell’università e una serie di elementi di contesto che sono stati ampiamente descritti nel dibattito generale e che vuole recuperare un gap che c’è rispetto ad altre realtà regionali e qui, ripeto, non siamo a un contenitore vuoto ma è in corso da anni una sperimentazione faticosa, da verificare e monitorare, peraltro abbiamo chiesto verifica e monitoraggio puntuale, attraverso la gestione già associata di molte funzioni come il 118 unico e laboratorio.

Sapete come funziona questa realtà già condivisa tra le quattro aziende? Attraverso una sorta di intesa tra i quattro direttori generali che tra loro decidono e coordinano chi di volta in volta ha la responsabilità di fare una scelta e di procedere con alcune forniture piuttosto che altre in un sistema in cui, secondo me, la sperimentazione ha già dato tutto ed è difficilmente permeabile alla partecipazione democratica e questo attuale sistema che io non voglio che continui che rende difficile più che altrove il lavoro delle conferenze socio-sanitarie perché quando arriva una proposta già istruita, condivisa, verificata e validata dai quattro direttori generali che devono coordinarsi all’interno del sistema area vasta, sebbene la Regione due anni fa sia intervenuta per migliorare la regolamentazione dei rapporti interni ad area vasta qualche difficoltà c’è, fanno fatica le conferenze a trovare quei margini di discussione che vanno garantiti al potere locale e ai territori locali.

Io ritengo che non siamo all’anno zero, che ci sono già una serie di sperimentazioni con funzioni che hanno prodotto dei risultati, altre che vanno rafforzate e possono produrne ulteriori, non solo risultati in termini di valore economico e di risparmio ma in termini di qualificazione dell’offerta dei servizi, ma lo devo ricordare io che da quando lavoriamo in area vasta si muore meno di infarto nella nostra porzione di territorio regionale perché siamo riusciti a creare la rete dell’emodinamica, che prima non c’era, e siamo riusciti ad affrancarci anche dal bisogno di ricorrere alla prestazione privata offerta, senza nulla togliere alla grande eccellenza che rappresenta la realtà privata che lì c’è sul territorio? Io ritengo che il pubblico debba dotarsi degli strumenti per affrancarsi dalla relazione col privato quando è obbligata perché non c’è una risposta analoga di carattere pubblico.

Il consigliere Bartolini chiede perché solo in Romagna: perché sono dieci anni che stiamo sperimentando il funzionamento dell’area vasta Romagna in sanità con la condivisione. Abbiamo la rete dell’oncologia. Io me lo ricordo quando cinque - sei anni per curarsi si andava al Policlinico di Modena o a Bologna perché da noi non c’era la risposta, se non per alcune patologie di carattere oncologico e adesso con la rete dell’oncologia siamo in grado di affrontare sicuramente il tema del protocollo individuale e delle terapie individuali per questi casi, e potrei metterne in fila molte di queste cose. È chiaro che siamo preoccupati, perché non saremmo responsabili delle nostre azioni se non ci ponessimo il problema di ottenere delle pre-condizioni.

Allora il documento di indirizzo aggiunge a ciò che nell’articolo 5 della legge è attribuito alla Giunta regionale, cioè il compito di elaborare una serie di atti, circolari, regolamenti e di indirizzi perché il nuovo atto aziendale sia orientato in un certo modo, noi come Assemblea, con tutta la nostra autorevolezza, mettiamo in fila dei ragionamenti e chiediamo delle garanzie. Collega Naldi, chiediamo che ci sia un impegno per creare da subito la rete dei servizi territoriali (case della salute e quanto serve a rafforzare la rete e il collegamento ospedale - territorio) chiediamo che non un euro venga tolto al sistema sanitario regionale e ci conforta l’informazione che il 2014 non avrà riduzioni in questa regione grazie al bilancio della Regione, e non ai fondi stanziati a livello nazionale, a garanzia della prossimità e dell’accessibilità dei servizi e la garanzia che questo processo di fusione sia monitorato contestualmente e che l’Assemblea legislativa attraverso la Commissione o alle forme che decideremo sia coinvolta nella verifica e nel monitoraggio e, soprattutto, che davvero seriamente gli strumenti della partecipazione democratica, anche dei cittadini, ai processi di definizione delle politiche sanitarie territoriali sia vera e sia piena.

Questo è il completamento secondo me della proposta di legge e vi chiedo anche di considerare il voto favorevole all’ordine del giorno collegato.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliera Donini.

Ha chiesto di parlare il consigliere Bazzoni. Ne ha facoltà.

 

BAZZONI: Grazie, presidente. Abbiamo analizzato a fondo questa proposta di legge della Giunta, ci siamo confrontati con diversi attori del sistema sanitario, abbiamo evidenziato con i nostri emendamenti le criticità presenti nella legge e la parte di questa non omogenea. Abbiamo indicato come la non totale aderenza di questa proposta alla legge n. 24 del 2004 creasse dei problemi di governance e di come fosse necessario mantenere in testa ai sindaci responsabilità e autonomia nelle forme di governo della conferenza sociale sanitaria. Il documento firmato ieri proprio dai sindaci dimostra che ci avevamo visto lungo. Abbiamo indicato una discriminazione importante: se davvero si è convinti che questa nuova organizzazione sanitaria sia foriera di risparmi e di maggiore efficienza non si capisce la non applicazione al territorio dell’Emilia. Oggi votiamo senza avere nessuna indicazione sul progetto, sui costi o dei risparmi legati a questa operazione. Siamo certi che se la Giunta non individuerà un direttore generale innovatore e leader, ovvero un supercommissario, rischiamo di rimanere impantanati per almeno tre anni. Per questo motivo non voteremo a favore del progetto pur condividendo qualche sua parte come quella dell’IRST di Meldola. Grazie.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliere Bazzoni.

Ha chiesto di parlare il consigliere Cavalli. Ne ha facoltà.

 

CAVALLI: Grazie, presidente. Questo provvedimento di portata straordinaria che interesserà oltre un milione di utenti e un territorio con caratteristiche diversissime non rincorre l’emergenza ma gioca d’anticipo. Rispetto a cosa? Forse a possibili difficoltà future? Non si poteva agire diversamente invece che approntare una legge solo istitutiva dell’USL unica ma farne una che comprendesse anche la parte organizzativa corredata a un piano industriale, che manca, che permettesse di capire cosa effettivamente accadrà sul territorio? Quali risparmi effettivi si faranno? Che cosa sarà del personale e via dicendo con una lunghissima serie di dubbi che sono stati sollevati oggi? Badate bene, non sono solo le opposizioni ma anche parte della sinistra, dei sindacati, dei medici e tante realtà sul territorio, ma ciò che più colpisce è la gente. Non ne sa nulla. C’è stato un sondaggio fatto in sede locale che chiedeva ai cittadini se fossero informati sull’USL unica ma nessuno sapeva nulla.

Quando si parla di scelte partecipate molto care alla sinistra sempre dai banchi della maggioranza si è detto "speriamo che questa scelta si dimostri in futuro lungimirante". Ma quando si fa una legge così importante non si può solo sperare che vada bene. Un amministratore deve avere una buona dose di certezze basate su dati inoppugnabili, che quello che va a votare porti dei benefici prima alla gente e poi ai conti pubblici. Parliamo di gente, di persone che hanno bisogno assoluto dei servizi dell’USL e degli ospedali. Ricordo che l’approvazione di questa legge sarà solo di tipo fiduciario. Dovremmo votare sulla fiducia di un piano industriale che non c’è, magari sarà ben noto nelle segrete stanze dell’Assessorato, ma per ora non si deve conoscere. Chissà perché. Non sarà perché ci sono le amministrazioni di mezzo? I mal di pancia in Romagna ci sono, cari colleghi e caro Assessore, e sono tanti, non solo nelle forze di opposizione ma tra i vostri stessi elettori operatori del settore. Basta leggere i giornali che ci informano anche per esempio che il laboratorio unico di Pievesestina di Cesena non è stato poi un affare così redditizio per le casse della sanità, checché ne dicano i colleghi di maggioranza, oltre a destare molti interrogativi per come è stato gestito.

Queste le domande rimaste senza risposta: in quale modo saranno strutturati i servizi? Perché l’interesse primario sembra rivolto solo ai nuovi apparati di potere e di governo, cioè il direttore generale, la sede dell’USL anziché ai servizi delle persone?

L’approvazione di questa legge dimostra come l’attenzione della maggioranza politica regionale, anche quella più a sinistra, sia rivolta all’apparato aziendale da controllare in modo totale e non è rivolta ai problemi veri che si possono aspettare dai cittadini e di certo non sarà la corposissima risoluzione che sembra redatta appositamente per salvare il salvabile di una decisione affrettata e impopolare, a giustificare e legittimare l’approvazione di questa legge, a legittimare il fatto che si saltano a piedi pari i vari problemi come il ruolo dei pazienti al centro da anni nelle promesse di Assessori, direttori, Consiglieri regionali, sindaci ma del tutto marginale e ininfluente.

Questa non è una scelta di modernizzare ma una scelta conservatrice e regressiva e lontanissima dalla società civile che qualcuno qui dentro dai banchi della maggioranza dice di voler difendere perché si riduce tutto a una questione organizzativa. Alla fine noi crediamo che questa sanità romagnola sarà meno equa, meno accessibile, molto più costosa e si sarà perso tempo. Ma sono altrettanto sicuro che al di là dei disagi e delle ricadute negative che saranno registrate dalla gente e dagli operatori la vostra propaganda ci impedirà di capire la reale portata negativa di questa riforma, perché di assoluto ci sarà soltanto qualcosa e sarà il dominio e il controllo della politica sulla sanità romagnola. Il nostro voto è contrario. Grazie.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliere Cavalli.

Ha chiesto di parlare il consigliere Naldi. Ne ha facoltà.

 

NALDI: Grazie, presidente. Comincio col dichiarare il mio voto di astensione sulla proposta di legge perché ritengo sbagliato esprimere a priori un giudizio negativo su un processo di unificazione che può avere esiti diversi e mi auguro, al di là di questo mio voto, che ai cittadini possa offrire esiti positivi, perché è quella la cosa importante, ma al tempo stesso, come ho detto forse qui e prima ancora in Commissione fino alla noia, non ravvedo le condizioni di merito, ovvero di conseguenze concrete sulla vita delle persone per esprimere un voto positivo. Il consigliere Mazzotti faceva riferimento alla taglia giusta, ma non mi basta che sia lui a definire la taglia giusta.

Anche attraverso l’analisi comparativa dell’esperienza dell’unificazione dell’ASL di Bologna avrei voluto condividere i criteri più cogenti per applicare, mettere in pratica e implementare la razionalizzazione che è insita in questa proposta di legge. Questo lo dico soprattutto come osservazione positiva all’Assessore, che non mi avrebbe spaventato condividere di più, qualcosa di più concreto di quanto non sia semplicemente un atto che proclama l’unificazione, naturalmente a condizione che mi fosse stata data la possibilità di comprendere che questo non pregiudicava le condizioni concrete della salute dei cittadini.

Aggiungo la mia opinione anche sulla risoluzione. La risoluzione da un certo punto in poi, esattamente da dove inizia "Con l’auspicio che" fino alla fine, esprime degli indirizzi sia di merito sia di metodo partecipativi che sono dal mio punto di vista condivisibili, anche molto, e comunque mi fa piacere che appartengono a una sensibilità diffusa nella maggioranza di quest’Aula. Però ci sono due aspetti che fanno sì che io non possa condividere neanche la risoluzione, perché essa inizia al primo "considera" esprimendo un giudizio positivo sulla legge istitutiva dell’ASL unica quale parte sostanziale di un processo più complessivo e dal momento che ho detto le cose di cui prima faccio fatica a condividere questo. Poi c’è un altro aspetto che vorrei rimarcare: quando c’è scritto, all’inizio della seconda pagina, nel capoverso che inizia con "sottolinea" che si riafferma l’esigenza di mantenere l’offerta dei servizi a fronte di risorse comunque decrescenti, trovo questo punto molto problematico perché in primo luogo mi sembra un po’ velleitario dire che a fronte di risorse decrescenti noi vogliamo mantenere i servizi e in secondo luogo non mi sento di condividere un giudizio col quale diamo per scontato che le risorse siano decrescenti, perché le risorse in sanità sono state prima tagliate dal Governo Berlusconi e la forza politica alla quale appartengo non era d’accordo e poi sono state tagliate dal Governo Monti e la forza politica alla quale appartengo non era d’accordo, quindi non vedo perché dovrei condividere un testo dove si dà per scontato che le risorse siano comunque decrescenti e che noi con straordinari giochi pirotecnici di razionalizzazione garantiamo comunque i servizi. Secondo me in questo senso è velleitaria questa affermazione e non mi sento per questo di condividerla.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliere Naldi.

Ha chiesto di parlare la consigliera Noè. Ne ha facoltà.

 

NOÈ: Grazie, presidente. Di fronte a questo progetto di legge voterò con un voto di astensione perché considero intanto forse una delle poche volte dove la Regione Emilia-Romagna con coraggio decide di affrontare un tema non di poco conto come il riassetto socio-sanitario di una particolare zona, la Romagna, che sicuramente con questo provvedimento assumerà ancora di più i suoi connotati di regione con caratteristiche ad hoc, però secondo me è un modo nuovo anche di ragionare rispetto all’esigenza di razionalizzare un sistema, di mettere in rete specialità mediche ma anche specialità cliniche, di fronte anche all’esigenza di contenere la spesa sanitaria, però ci sono alcuni aspetti che, ripeto, come ho annunciato in discussione generale, non mi convincono particolarmente.

Ho provato una profonda delusione nel momento in cui a fronte di questo tema, un tema che viene affrontato in modo innovativo e sperimentale, perché è uno dei primi casi che si muove in questa direzione, vedere che alcuni soggetti siano comunque tagliati fuori dalla fase programmatica.

Mi permetto semplicemente di ricordare, visto che comunque l’Assessore ha voluto precisare a seguito del mio emendamento alcuni passaggi, che laddove da parte sua c’era una difficoltà a connotare il termine di forze sociali, se forze sociali non fosse andato bene ma fossero andati beni altri termini, così come organizzazioni sindacali invece serve a connotare chiaramente alcuni soggetti, le forze sociali a cui fa riferimento il Presidente Errani quando convoca determinati tavoli, penso alle liste del CNEL fra i soggetti che vengono convocati, sicuramente le organizzazioni dei malati non sono presenti, però senza allora andare a questi riferimenti che oggi rappresentano dei riferimenti certi per chi si pone l’obiettivo di concertare, bastava all’interno della stessa legge andare all’articolo 4 dove, quando noi parliamo dell’atto aziendale, l’atto aziendale è adottato dal nuovo direttore generale, specificando chiaramente sempre con la concertazione delle organizzazioni sindacali, e dalle rappresentanze associative. Questa era un’altra modalità per identificare quei soggetti che chiedevano semplicemente di partecipare a questa fase programmatoria, però forse alcune organizzazioni dietro minaccia hanno fatto capire chiaramente che se loro non c’erano potevano minacciare seriamente la creazione di questo progetto e altre no. Forse probabilmente quello che ho intuito, ma l’ho intuito già in altre occasioni, è che in determinati contesti non bisogna strappare col sindacato perché il sindacato sicuramente rappresenta un interlocutore importante sotto tanti punti di vista.

Mi dispiace perché questo non è assolutamente democratico, ma non è assolutamente democratico rispetto a chi nei confronti di tanti soggetti, quelli di cui lei ha capito chiaramente, sono soggetti che sono soggetti attivi nel sistema integrato sanitario regionale ma oltre a essere soggetti attivi sono soggetti che pagano l’IRAP e che quindi concorrono finanziariamente alla produzione di quelle risorse per mantenere questo sistema sanitario.

Per questa ragione provo delle delusioni a fronte di un coraggio che comunque io apprezzo e quindi in sintesi il mio voto è di astensione. Grazie.

 

PRESIDENTE (Costi): Grazie, consigliera Noè.

Se nessun altro consigliere chiede di parlare metto in votazione, per alzata di mano, l’ordine del giorno oggetto 4545-4662/1, a firma dei consiglieri Donini, Piva, Mazzotti, Casadei, Alessandrini, Barbati, Zoffoli, Pariani, Fiammenghi, Sconciaforni e Riva.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Costi): L’ordine del giorno è approvato.

Se nessun consigliere chiede di intervenire, si proceda alla votazione dell'intero testo di legge, con l'uso del dispositivo elettronico, a scrutinio palese, con la registrazione dei nomi.

 

(Si procede alla votazione)

 

PRESIDENTE (Costi): Comunico l’esito della votazione:

 

Presenti

 

36

Assenti

 

14

Favorevoli

 

25

Contrari

 

9

Astenuti

 

2

 

PRESIDENTE (Costi): Proclamo approvata la legge riguardante «Misure di adeguamento degli assetti istituzionali in materia sanitaria. Istituzione dell’Azienda unità sanitaria locale della Romagna. Partecipazione della Regione Emilia-Romagna all’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico "Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori" s.r.l.»

Sciogliamo la seduta di oggi. Domani mattina vi chiedo di essere puntuali alle 9.30 le interrogazioni. Grazie a tutti i colleghi e anche al pubblico presente.

 

La seduta è tolta.

 

La seduta ha termine alle ore 18,02

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Enrico AIMI, Tiziano ALESSANDRINI, Liana BARBATI, Marco BARBIERI, Luca BARTOLINI, Gianguido BAZZONI, Manes BERNARDINI, Galeazzo BIGNAMI, Stefano BONACCINI, Cinzia CAMORALI, Thomas CASADEI, Stefano CAVALLI, Roberto CORRADI, Palma COSTI, Andrea DEFRANCESCHI, Monica DONINI, Gabriele FERRARI, Valdimiro FIAMMENGHI, Fabio FILIPPI, Roberto GARBI, Franco GRILLINI, Andrea LEONI, Marco LOMBARDI, Mauro MALAGUTI, Mauro MANFREDINI, Paola MARANI, Mario MAZZOTTI, Gabriella MEO, Roberto MONTANARI, Roberta MORI, Rita MORICONI, Antonio MUMOLO, Gian Guido NALDI, Silvia NOÈ, Giuseppe Eugenio PAGANI, Anna PARIANI, Giuseppe PARUOLO, Roberto PIVA, Andrea POLLASTRI, Matteo RIVA, Roberto SCONCIAFORNI, Luciana SERRI, Alberto VECCHI, Luciano VECCHI, Damiano ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta il sottosegretario alla Presidenza Alfredo BERTELLI; gli assessori: Donatella BORTOLAZZI, Paola GAZZOLO, Carlo LUSENTI, Teresa MARZOCCHI, Gian Carlo MUZZARELLI, Tiberio RABBONI, Simonetta SALIERA.

 

Ha comunicato di non poter partecipare alla seduta per motivi istituzionali ai sensi dell’art.65, comma 2, del Regolamento interno, il presidente della Giunta Vasco ERRANI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta gli assessori Patrizio BIANCHI e Maurizio MELUCCI e i consiglieri Marco CARINI, Sandro MANDINI e Marco MONARI.

 

Votazioni elettroniche

 

OGGETTO 4545

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Misure di adeguamento degli assetti istituzionali in materia sanitaria. Istituzione dell'Azienda USL della Romagna. Partecipazione della Regione Emilia-Romagna all'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico "Irst S.r.l."» (Testo Base) (79)

 

Votazione subemendamento 8, a firma dei consiglieri Noè e Bazzoni

 

Presenti: 36

 

Favorevoli: 10

Enrico AIMI, Luca BARTOLINI, Gianguido BAZZONI, Galeazzo BIGNAMI, Stefano CAVALLI, Roberto CORRADI, Andrea DEFRANCESCHI, Andrea LEONI, Mauro MANFREDINI, Silvia NOÈ.

 

Contrari: 25

Tiziano ALESSANDRINI, Marco BARBIERI, Stefano BONACCINI, Thomas CASADEI, Monica DONINI, Gabriele FERRARI, Valdimiro FIAMMENGHI, Roberto GARBI, Franco GRILLINI, Paola MARANI, Mario MAZZOTTI, Gabriella MEO, Roberto MONTANARI, Roberta MORI, Rita MORICONI, Antonio MUMOLO, Gian Guido NALDI, Giuseppe Eugenio PAGANI, Anna PARIANI, Roberto PIVA, Matteo RIVA, Roberto SCONCIAFORNI, Luciana SERRI, Luciano VECCHI, Damiano ZOFFOLI.

 

Non votanti: 1

Palma COSTI.

 

Assenti: 14

Liana BARBATI, Manes BERNARDINI, Cinzia CAMORALI, Marco CARINI, Vasco ERRANI, Giovanni FAVIA, Fabio FILIPPI, Marco LOMBARDI, Mauro MALAGUTI, Sandro MANDINI, Marco MONARI, Giuseppe PARUOLO, Andrea POLLASTRI, Alberto VECCHI.

 

Votazione emendamento 6, a firma dei consiglieri Noè, Lombardi, Bazzoni, Leoni, Filippi, Manfredini, Bartolini, Alberto Vecchi e Pollastri

 

Presenti: 34

 

Favorevoli: 9

Enrico AIMI, Luca BARTOLINI, Gianguido BAZZONI, Galeazzo BIGNAMI, Stefano CAVALLI, Andrea DEFRANCESCHI, Andrea LEONI, Mauro MANFREDINI, Silvia NOÈ.

 

Contrari: 24

Tiziano ALESSANDRINI, Marco BARBIERI, Thomas CASADEI, Monica DONINI, Gabriele FERRARI, Valdimiro FIAMMENGHI, Roberto GARBI, Franco GRILLINI, Paola MARANI, Mario MAZZOTTI, Roberto MONTANARI, Roberta MORI, Rita MORICONI, Antonio MUMOLO, Gian Guido NALDI, Giuseppe Eugenio PAGANI, Anna PARIANI, Giuseppe PARUOLO, Roberto PIVA, Matteo RIVA, Roberto SCONCIAFORNI, Luciana SERRI, Luciano VECCHI, Damiano ZOFFOLI.

 

Non votanti: 1

Palma COSTI.

 

Assenti: 16

Liana BARBATI, Manes BERNARDINI, Stefano BONACCINI, Cinzia CAMORALI, Marco CARINI, Roberto CORRADI, Vasco ERRANI, Giovanni FAVIA, Fabio FILIPPI, Marco LOMBARDI, Mauro MALAGUTI, Sandro MANDINI, Gabriella MEO, Marco MONARI, Andrea POLLASTRI, Alberto VECCHI.

 

Votazione articolo 6

 

Presenti. 35

 

Favorevoli: 25

Tiziano ALESSANDRINI, Marco BARBIERI, Stefano BONACCINI, Thomas CASADEI, Palma COSTI, Monica DONINI, Gabriele FERRARI, Valdimiro FIAMMENGHI, Roberto GARBI, Franco GRILLINI, Paola MARANI, Mario MAZZOTTI, Roberto MONTANARI, Roberta MORI, Rita MORICONI, Antonio MUMOLO, Giuseppe Eugenio PAGANI, Anna PARIANI, Giuseppe PARUOLO, Roberto PIVA, Matteo RIVA, Roberto SCONCIAFORNI, Luciana SERRI, Luciano VECCHI, Damiano ZOFFOLI.

 

Contrari: 9

Enrico AIMI, Luca BARTOLINI, Gianguido BAZZONI, Galeazzo BIGNAMI, Stefano CAVALLI, Andrea DEFRANCESCHI, Andrea LEONI, Gabriella MEO, Silvia NOÈ.

 

Astenuti: 1

Gian Guido NALDI.

 

Assenti: 15

Liana BARBATI, Manes BERNARDINI, Cinzia CAMORALI, Marco CARINI, Roberto CORRADI, Vasco ERRANI, Giovanni FAVIA, Fabio FILIPPI, Marco LOMBARDI, Mauro MALAGUTI, Sandro MANDINI, Mauro MANFREDINI, Marco MONARI, Andrea POLLASTRI, Alberto VECCHI.

 

Votazione finale progetto di legge

 

Presenti: 36

 

Favorevoli: 25

Tiziano ALESSANDRINI, Marco BARBIERI, Stefano BONACCINI, Thomas CASADEI, Palma COSTI, Monica DONINI, Gabriele FERRARI, Valdimiro FIAMMENGHI, Roberto GARBI, Franco GRILLINI, Paola MARANI, Mario MAZZOTTI, Roberto MONTANARI, Roberta MORI, Rita MORICONI, Antonio MUMOLO, Giuseppe Eugenio PAGANI, Anna PARIANI, Giuseppe PARUOLO, Roberto PIVA, Matteo RIVA, Roberto SCONCIAFORNI, Luciana SERRI, Luciano VECCHI, Damiano ZOFFOLI.

 

Contrari: 9

Enrico AIMI, Luca BARTOLINI, Gianguido BAZZONI, Galeazzo BIGNAMI, Stefano CAVALLI, Andrea DEFRANCESCHI, Andrea LEONI, Gabriella MEO, Alberto VECCHI.

 

Astenuti: 2

Gian Guido NALDI, Silvia NOÈ.

 

Assenti: 14

Liana BARBATI, Manes BERNARDINI, Cinzia CAMORALI, Marco CARINI, Roberto CORRADI, Vasco ERRANI, Giovanni FAVIA, Fabio FILIPPI, Marco LOMBARDI, Mauro MALAGUTI, Sandro MANDINI, Mauro MANFREDINI, Marco MONARI, Andrea POLLASTRI.

 

Emendamenti

 

OGGETTO 4545 "Progetto di legge d'iniziativa della Giunta: «Misure di adeguamento degli assetti istituzionali in materia sanitaria. Istituzione dell'Azienda USL della Romagna. Partecipazione della Regione Emilia-Romagna all'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico "Irst S.r.l."»" (Testo Base) (79)

 

Emendamento 1, a firma del consigliere Naldi:

«Emendamento all’art. 4 ("Conferenza territoriale sociale e sanitaria della Romagna e Comitati di Distretto")

Al comma 3, dopo le parole "Misure di sviluppo e norme di interpretazione autentica in materia di Aziende pubbliche di servizi alla persona.", inserire le parole "A tal fine le decisioni della Conferenza territoriale sociale e sanitaria della Romagna, vengono assunte dalla maggioranza qualificata di almeno 2/3 degli Enti locali che compongono la Conferenza stessa".»

(Respinto)

 

Emendamento 2, a firma del consigliere Naldi:

«Emendamento all’art. 4 ("Conferenza territoriale sociale e sanitaria della Romagna e Comitati di Distretto")

Al comma 3 dopo le parole "dei cittadini e degli utenti", inserire le parole "anche secondo quanto previsto dalla L.R. 3/2010".»

(Respinto)

 

Emendamento 3, a firma del consigliere Naldi:

«Emendamento all’art. 5 ("Disposizioni per l’avvio operativo dell’Azienda USL della Romagna")

Al comma 4 lettera b) dopo le parole "per il suo processo di progressiva realizzazione" aggiungere le parole "nel quale dovranno comunque acquistare rilevanza le funzioni sanitarie territoriali che dovranno essere implementate ed incentivate fin dall’inizio del processo, garantendo alla popolazione un’equa distribuzione ed accessibilità di strutture e servizi qualitativamente adeguati su tutto il territorio".»

(Respinto)

 

Emendamento 4, a firma dei consiglieri Bazzoni, Bartolini e Lombardi:

«Art. 1 comma 5: "5. La Regione Emilia-Romagna si impegna in seno alla Conferenza Regione-Università di cui alla Legge regionale 24 marzo 2004 n. 6 Riforma del sistema amministrativo regionale e locale. Unione Europea e relazioni internazionali. Innovazione e semplificazione. Rapporti con l’Università a promuovere la clinicizzazione per i corsi di laurea di alcune specialità valorizzando le eccellenze sanitarie presenti nel territorio ricompreso nella AUSL della Romagna".»

(Respinto)

 

Emendamento 5, a firma dei consiglieri Noè, Lombardi, Bazzoni, Leoni, Filippi, Manfredini, Bartolini, Alberto Vecchi e Pollastri:

«Al termine del comma 2, dell’art. 1, dopo le parole "del Servizio Sanitario Regionale dell’Emilia-Romagna" è aggiunto il seguente periodo: "Gli obiettivi di cui al comma 1 sono altresì perseguiti attraverso gli erogatori privati accreditati, che sono parti integranti del Servizio Sanitario Regionale e concorrono, con gli erogatori pubblici, alla piena realizzazione di un servizio di tutela della salute nell’interesse della collettività".»

(Respinto)

 

Emendamento 6, a firma dei consiglieri Noè, Lombardi, Bazzoni, Leoni, Filippi, Manfredini, Bartolini, Alberto Vecchi e Pollastri:

«Modificare l’art. 6, comma 1, sostituendo le parole "organizzazioni sindacali" con le parole "parti sociali".»

(Respinto)

 

Emendamento 7, a firma dei consiglieri Bazzoni, Bartolini e Lombardi:

«Art. 5, comma 1, dopo le parole "propedeutici alla costituzione dell’Azienda unica…" eliminare le parole ", i Direttori generali individuano la sede legale provvisoria di riferimento ed…".»

(Respinto)

 

Subemendamento 8, all’emendamento 6, a firma dei consiglieri Noè e Bazzoni:

«Aggiungere dopo le parole "socio-sanitari nel territorio della Romagna…" le parole "avvengono con il confronto delle parti sociali" e sostituire "nonché" con la parola "mentre".»

(Respinto)

 

Ordine del giorno

 

Oggetto n. 4545-4662/1 - Ordine del giorno proposto dai consiglieri Donini, Piva, Mazzotti, Casadei, Alessandrini, Barbati, Zoffoli, Pariani, Fiammenghi, Sconciaforni e Riva, sull'istituzione dell'Azienda USL della Romagna.

 

«L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna

 

all'atto di approvare la legge istitutiva dell'ASL unica della Romagna.

 

Considera

 

tale scelta parte sostanziale di un processo di forte innovazione nell'organizzazione del Sistema Sanitario Regionale che si fonda sui principi dell'universalità, dell'equità e della solidarietà che punta a migliorare il sistema dell'offerta sanitaria pubblica in direzione dell'integrazione, della qualità, della prossimità e dell'accessibilità.

 

Ritiene

 

che occorra finalmente garantire al Sistema Sanitario Nazionale quella certezza nelle risorse assegnate superando la fase della riduzione effettiva dei fondi avvenuta negli ultimi anni e mettere in condizione il sistema di far fronte appieno alle nuove domande e ai nuovi bisogni di salute che i cambiamenti demografici, sociali, ambientali ed epidemiologici propongono.

 

Chiede al Parlamento

 

di assicurare al SSN una attribuzione di risorse sufficiente a garantire la piena erogazione dei servizi e delle prestazioni e ad evitare il ricorso ai nuovi tickets sanitari previsti.

 

Chiede al Governo

 

di accogliere le proposte delle Regioni relative al riparto dei fondi 2013 e di procedere alla sottoscrizione condivisa del Patto per la Salute.

 

Apprezza

 

la decisione della Giunta regionale dell'Emilia-Romagna di proporre per il 2014 una disponibilità di fondi alla Sanità e al Fondo per la non autosufficienza pari a quella del 2013.

 

Sottolinea

 

come l'esigenza di mantenere l’offerta dei servizi, la qualità e la sostenibilità del SSR a fronte di risorse comunque decrescenti, impone a livello nazionale e regionale l'adozione di processi di riorganizzazione istituzionale, concentrazione ed integrazione di apparati, servizi e funzioni e l'avvio di politiche di razionalizzazione dei modelli organizzativi preposti all'erogazione delle prestazioni sanitarie, come la istituzione dell'Azienda unica della Romagna.

 

Considerato che

 

la qualificazione dei servizi sanitari nella Regione Emilia-Romagna è un processo iniziato fin dalla fine degli anni ’90, frutto di una programmazione sanitaria orientata allo sviluppo della rete dei servizi rispondente alle esigenze specifiche dei diversi territori;

 

l’analisi del sistema esistente dei servizi sanitari delle Aziende sanitarie della Romagna evidenzia un alto grado di diffusione territoriale, un livello di qualità equamente assicurato in tutto il territorio romagnolo e sovrapponibile a quello medio regionale;

 

le province romagnole rappresentano una comunità che ha da tempo sperimentato un sistema di programmazione dei servizi sociali e sanitari fortemente integrato con i servizi del territorio;

 

la qualificazione che i servizi delle ASL romagnole hanno realizzato nel tempo (nuovi servizi specialistici, nuove strutture, nuove tecnologie) è considerata dalle comunità locali come un patrimonio conquistato e da salvaguardare quale riconoscimento della rilevanza sociale del territorio e della fondatezza dei bisogni.

 

Preso atto che

 

le quattro aziende afferenti all’Area Vasta Romagna hanno già realizzato una parziale fusione strutturale dei servizi allo scopo di conseguire un miglioramento qualitativo e tecnico del processo assistenziale attraverso:

 

- la costituzione di gruppi professionali ad hoc per concertare le politiche di erogazione dei servizi sanitari specifici;

 

- la realizzazione di forme di produzione coordinata di servizi la cui gestione operativa è stata affidata di volta in volta ad una delle aziende;

 

sono in atto, altresì, dei processi di concentrazione strutturale delle funzioni tecnico-amministrative;

 

l’integrazione delle attività delle aziende ha dato luogo alla nascita di importanti servizi quali il laboratorio analisi, l’officina trasfusionale, la centrale unica del 118, ecc., oltre alla nascita e allo sviluppo dell’IRST di Meldola, recentemente riconosciuto come IRCCS, quale nodo delle attività oncologiche afferenti alle aziende sanitarie delle province romagnole;

 

nell’ambito del confronto avvenuto tra la Regione e le Conferenze Territoriali Sociali e Sanitarie della Romagna, è stato condiviso l’obiettivo della costituzione dell’Azienda sanitaria unica della Romagna e la previsione di una Conferenza Territoriale Sociale e Sanitaria unica che, in rappresentanza della pluralità dei territori, garantendo adeguate forme di rappresentanza democratica, ne detenga le funzioni di indirizzo, programmazione e vigilanza secondo il sistema disciplinato a livello regionale.

 

Vista

 

l’approvazione unanime da parte delle quattro Conferenze socio-sanitarie del territorio delle Province romagnole riunitesi in seduta congiunta il 18 novembre 2013;

 

della "carta d’intenti" per la stesura del regolamento di funzionamento della nuova Conferenza conseguente il processo di fusione delle quattro Aziende sanitarie;

 

del "protocollo" con le parti sindacali che contiene i principi ispirativi l’atto aziendale della nuova Azienda sanitaria.

 

Ritenuto che

 

contestualmente all’approvazione del progetto di legge sulla costituzione dell’Azienda unica della Romagna, sia utile e necessario fissare alcuni principi organizzativi nell’ambito dei quali dovranno esplicarsi le competenze di indirizzo della Giunta regionale e di organizzazione  e gestione da parte dei soggetti competenti nell’Azienda unica;

 

sia necessario garantire che il processo di riordino debba farsi carico di non disperdere un patrimonio importante rappresentato dall’avvenuta piena identificazione delle popolazioni locali con i servizi e con il livello qualitativo raggiunto dagli stessi.

 

Con l’auspicio che

 

la nascita dell’Ausl unica della Romagna rappresenti una reale possibilità di sviluppo e di miglioramento del territorio stesso, considerando anche la necessità di implementare la rete dei trasporti per facilitare i collegamenti e per evitare che la riorganizzazione dei servizi sanitari possa rappresentare una difficoltà per i cittadini e le comunità locali, evitando che nel territorio delle province interessate il servizio sanitario subisca tagli o ridimensionamenti delle prestazioni offerte.

 

Chiede alla Giunta

 

l’impegno di indirizzare il riordino delle aziende sanitarie della Romagna secondo i seguenti principi:

 

- assicurare nel governo della nuova azienda le relazioni istituzionali disciplinate dalla legge 29/2004 attraverso la piena e costante partecipazione delle comunità locali ai processi di programmazione e di valutazione dei servizi e della loro gestione;

 

- perseguire gradualmente la ridefinizione della rete assistenziale e di quella ospedaliera, garantendo contestualmente l’implementazione dei servizi territoriali esistenti attraverso la realizzazione dei nuclei di cure primarie, delle Case della Salute, rimuovendo quegli ostacoli che ne hanno impedito finora la diffusione generalizzata;

 

- vigilare affinché la qualità dei servizi sia adeguata allo stato delle conoscenze del momento e della massima efficacia ed efficienza nell’assolvimento dei bisogni;

 

- assicurare un’articolazione organizzativa che garantisca condizioni di prossimità ed equa accessibilità ai servizi ed operare per la massima valorizzazione del ruolo dei Distretti socio sanitari, da intendersi come "maglia base" di una rete di servizi territoriali integrati, all’interno della quale garantire l’intera gamma dell’assistenza primaria alla persona e in base alla quale strutturare l’articolazione dell’azienda unica, pensando, ad esempio, ad un’azienda organizzata per "divisioni distrettuali"; allo scopo il Distretto dovrà essere dotato di margini di autonomia finanziaria, programmatoria, tecnica e gestionale, per garantire l'intera gamma dei servizi, integrandoli con quelli erogati dalla rete ospedaliera e dall'assistenza primaria;

 

- garantire l’equità del contributo alla nuova azienda da parte delle aziende sanitarie confluenti per ridurre il rischio che quelle realtà che oggi si trovano in condizione di equilibrio si sentano ulteriormente chiamate a sostenere gli effetti di piani di rientro di altre aziende che non sono ancora conclusi;

 

- valorizzare sempre più i percorsi di integrazione avviati fra le aziende e i servizi e delle funzioni di eccellenza di portata romagnola e regionale già consolidate, e confermare - compatibilmente con la programmazione regionale della rete ospedaliera e dei servizi - l’assetto distributivo esistente sia per le discipline specialistiche, sia per le attività distintive di livello ospedaliero e territoriale (secondo il modello "hub&spoke"), al fine di offrire la migliore qualità e di determinare  la tendenziale autosufficienza della Romagna per le prestazioni di terzo livello oggi non garantite direttamente da strutture pubbliche;

 

- stabilire che la riorganizzazione dei servizi dovrà intervenire - ferma restando la salvaguardia dei diritti acquisiti delle lavoratrici e dei lavoratori - essenzialmente sui servizi non sanitari, che possono essere utilizzati da tutte le aziende e la cui localizzazione non influenza l’accessibilità e la qualità dei servizi alla persona; 

 

- supportare l’intero processo di riorganizzazione adottando provvedimenti volti alla tutela e alla crescita professionale della base occupazionale, sfruttando tutte le leve di gestione delle risorse umane in grado di sostenere i cambiamenti che inevitabilmente interesseranno una parte non irrilevante del personale (formazione, sistema incentivante anche integrato con parte delle economie di gestione generate dalla riorganizzazione, informatizzazione, ecc.);

 

- garantire che le economie di gestione che su base pluriennale si libereranno - attraverso la riduzione di costi generali di amministrazione, l’allineamento dei costi di produzione, il risparmio delle spese relative ai costi di transizione attualmente in essere fra le 4 ASL romagnole per i contratti di fornitura - saranno utilizzate per potenziare la qualità e la quantità dei servizi sanitari offerti ai cittadini;

 

- monitorare l’andamento del processo riorganizzativo e l’impatto sul territorio, coinvolgendo, oltre all’Assemblea legislativa, in specie la Commissione competente, anche le comunità locali e i soggetti della partecipazione ammessi ai sensi della legislazione regionale.

Approvato a maggioranza dei presenti nella seduta pomeridiana del 19 novembre 2013»

 

 

LA PRESIDENTE

I SEGRETARI

Costi

Corradi - Meo

 

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