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110.

 

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 14 DICEMBRE 2016

 

(ANTIMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile sul sito dell’Assemblea

 

OGGETTO 2079

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mondaino, Montegridolfo e Saludecio nella Provincia di Rimini»

(Continuazione discussione e reiezione)

(Ordine del giorno 2079/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Dichiarazioni di voto e approvazione)

 

OGGETTO 3627

Risoluzione per impegnare la Giunta e l’Assemblea a non approvare il progetto di legge relativo alla fusione dei Comuni di Mondaino, Montegridolfo e Saludecio, a verificare l'iter di fusione per incorporazione fra i Comuni di Mondaino e Montegridolfo, apportando inoltre modifiche alla legge regionale n. 24/1996, riguardanti la fattispecie in cui "… l'esito del referendum sia favorevole alla fusione solo in una parte dei Comuni interessati...". A firma dei Consiglieri: Bertani, Sensoli

(Continuazione discussione e reiezione)

PRESIDENTE (Saliera)

TARUFFI (SEL)

BERTANI (M5S)

POMPIGNOLI (LN)

FOTI (FdI)

PRUCCOLI (PD)

ROSSI NADIA (PD)

SENSOLI (M5S)

BIGNAMI (FI)

ROSSI NADIA (PD)

SENSOLI (M5S)

POMPIGNOLI (LN)

CALIANDRO (PD)

BERTANI (M5S)

 

Sull’ordine dei lavori

PRESIDENTE (Saliera)

FOTI (FdI)

TARUFFI (SEL)

RANCAN (LN)

CALIANDRO (PD)

 

OGGETTO 2164

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Fontanelice nella Città metropolitana di Bologna»

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza, dichiarazioni di voto e reiezione)

(Ordine del giorno 2164/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Presentazione, dichiarazioni di voto e approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

POLI, relatore della Commissione

MARCHETTI Daniele, relatore di minoranza

POLI (PD)

PICCININI (M5S)

POLI (PD)

 

OGGETTO 2304

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Bettola, Farini e Ferriere nella Provincia di Piacenza»

(Reiezione)

(Ordine del giorno 2304/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Presentazione e approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

MOLINARI, relatore della Commissione

RANCAN, relatore di minoranza

 

OGGETTO 2305

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Ponte dell'Olio e Vigolzone nella Provincia di Piacenza»

(Discussione e reiezione)

(Ordine del giorno 2305/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Presentazione, dichiarazioni di voto e approvazione)

PRESIDENTE (Saliera)

TARASCONI, relatrice della Commissione

FOTI, relatore di minoranza

PETITTI, assessore

 

OGGETTO 3023

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: «Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito». A firma dei Consiglieri: Taruffi, Caliandro, Torri, Calvano, Marchetti Francesca, Prodi, Mori, Mumolo, Rossi Nadia, Lori, Iotti, Poli, Serri, Ravaioli, Campedelli, Bagnari, Sabattini, Zoffoli (Testo base) (49)

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

(Ordine del giorno 3023/1 oggetto 3716 - Presentazione)

 

OGGETTO 680

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: «Misure regionali denominate Reddito di cittadinanza». A firma dei Consiglieri: Gibertoni, Bertani, Piccinini, Sassi, Sensoli

PRESIDENTE (Saliera)

CALIANDRO, relatore della Commissione

GIBERTONI, relatrice di minoranza

TARUFFI (SEL)

PRESIDENTE (Saliera)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Votazioni elettroniche oggetti 2079/1 - 3627

Ordini del giorno “Non passaggio all’esame degli articoli” 2079/1 - 2164/1 - 2304/1 - 2305/1

 

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

La seduta ha inizio alle ore 10,12

 

PRESIDENTE (Saliera): Dichiaro aperta la centodecima seduta della X legislatura dell’Assemblea legislativa.

Hanno comunicato di non poter partecipare gli assessori Bianchi, Donini e Venturi.

 

OGGETTO 2079

Progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mondaino, Montegridolfo e Saludecio nella Provincia di Rimini»

(Continuazione discussione e reiezione)

(Ordine del giorno 2079/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Dichiarazioni di voto e approvazione)

 

OGGETTO 3627

Risoluzione per impegnare la Giunta e l’Assemblea a non approvare il progetto di legge relativo alla fusione dei Comuni di Mondaino, Montegridolfo e Saludecio, a verificare l'iter di fusione per incorporazione fra i Comuni di Mondaino e Montegridolfo, apportando inoltre modifiche alla legge regionale n. 24/1996, riguardanti la fattispecie in cui "… l'esito del referendum sia favorevole alla fusione solo in una parte dei Comuni interessati...". A firma dei Consiglieri: Bertani, Sensoli

(Continuazione discussione e reiezione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Torniamo sull’oggetto sospeso ieri, l’oggetto 2079, con la risoluzione collegata 3627. Il titolo è “Istituzione del nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mondaino, Montegridolfo e Saludecio nella Provincia di Rimini”.

Riprendiamo il lavoro dal dibattito generale. Si sono iscritti a parlare i consiglieri Taruffi, Bertani, Pompignoli e Rossi Nadia.

Darei subito la parola al consigliere Taruffi. Prego.

 

TARUFFI: Grazie, presidente. Nel dibattito di ieri, che abbiamo dedicato per buona parte alle fusioni, sono emerse alcune posizioni che ormai conosciamo reciprocamente, perché non è la prima volta che le rappresentiamo in aula, in Commissione, nei vari dibattiti che abbiamo avuto.

Credo siano emerse con chiarezza alcune linee che sono poi quelle che i vari Gruppi hanno portato avanti e stanno portando avanti su questo tema nel corso di questa legislatura. Sul progetto di legge specifico, del quale ci stiamo occupando adesso con chiarezza, vorrei dire due cose.

La prima, quando a luglio abbiamo modificato – torno su un concetto che ho espresso anche ieri – la legge di riferimento per quanto riguarda i processi di fusione, secondo me, abbiamo un po’ ecceduto nel tentativo di determinare tutte le casistiche e prevedere tutte le possibilità in modo dettagliato, perché poi la realtà, come sempre, è un pochino più complessa, un pochino più articolata, pone qualche problematicità in più e chiede alla politica e alle Istituzioni di risolvere le contraddizioni, di scioglierle in qualche modo e di portare a compimento processi che sono stati avviati e che però richiedono in qualche modo di risolvere alcune contraddizioni che la realtà pone.

Non credo che le contraddizioni e gli elementi di difficoltà che esistono possano essere risolti con una legge che dettaglia in modo preciso tutte le casistiche, perché tutte le casistiche non saranno mai previste. Nessuna legge potrà prevedere tutte le casistiche. Quindi, il margine di decisione che, secondo me, spetta all’Assemblea io credo sia un elemento positivo che andrebbe valorizzato, senza ovviamente calpestare le volontà che le comunità esprimono e le cose che ci siamo detti e ripetuti più volte. Però, una linea di indirizzo bisognerà pur darsela e da questo punto di vista io mi sento di condividere le riflessioni che faceva il collega Pruccoli ieri in tarda serata proprio perché io penso che noi dovremmo dire chiaramente quali sono le linee sulle quali si muove l’Assemblea e che poi cerchiamo di portare avanti nei vari processi.

Tutto questo per dire che noi come Gruppo sosterremo e condivideremo le posizioni che l’intera maggioranza esprimerà pur con qualche dubbio, pur con qualche riserva, pur con qualche perplessità, perché se è pur vero che esiste un’autonomia che non può mai essere calpestata di un Ente locale è anche vero, però, che questo percorso e questo processo rischia in qualche modo di segnare precedenti o di entrare in contraddizione con percorsi e scelte che sono state fatte in passato. Questo significa che non si deve tener conto della volontà espressa da una comunità o dalla Amministrazione comunale di quella comunità? Certo che no, però, ritorno a quello che dicevo ieri. Noi con chiarezza dobbiamo dire che quando partono i processi di fusione le Amministrazioni che fanno i progetti e che chiedono alla Regione di partire devono farlo con attenzione, con cura e valutando per bene tutti gli aspetti.

Credo che noi potremmo aiutare le Amministrazioni che vogliono partire con questi progetti chiedendo loro, come dicevo ieri, di presentarsi qui avendo già acquisito l’espressione dei cittadini attraverso il referendum.

Io penso che la modifica che noi potremo fare, e lo ribadisco, alla legge, data l’esperienza che abbiamo, potrebbe essere proprio questa.

Faccio un esempio. Nel caso specifico se le tre Amministrazioni avessero esperito il referendum prima di presentare la richiesta del percorso oggi noi non ci troveremmo in nessun imbarazzo, perché avremmo già a monte l’indicazione precisa sulla quale muoverci. Questo potrebbe essere un elemento che credo in qualche modo potrebbe rispondere anche alle sollecitazioni e alle proposte che hanno avanzato i colleghi del Movimento 5 Stelle e credo potrebbe essere utile per tutti. Questa è una possibile soluzione. In alternativa, io credo che in casi simili, come quello del quale stiamo discutendo, fermarsi rappresenti un problema che non va sottovalutato.

Ribadisco che voteremo insieme al resto della maggioranza, però queste cose ci tenevo a dirle oggi per domani, perché io penso che noi dovremmo continuare a discutere di fusioni, noi credo che dovremo continuare a sostenere i processi che partono dai territori che ci chiedono progetti di legge di fusione dei Comuni, perché credo sia la strada giusta, specie per i Comuni più piccoli. Lo dico anche sulla base di quella che è stata la mia esperienza di amministratore in un piccolo Comune di una zona peraltro di montagna, perché i piccoli Comuni – e quando parlo di piccoli Comuni parlo di Comuni sotto i 5.000 abitanti, forse anche qualcosa in più –, e sicuramente i Comuni sotto i 5.000 abitanti, oggi come oggi fanno molta fatica a erogare servizi di qualità, efficienti, efficaci, eccetera, eccetera.

Questa è una realtà che noi non possiamo trascurare. Significa che bisogna fare fusioni a tutti i costi in tutte le parti? No, però significa anche che se l’obiettivo della pubblica amministrazione nel suo complesso è quello di erogare servizi ai cittadini io prima ancora del tema economico, che il collega Pompignoli sottolinea sempre in tutti i suoi interventi, prima ancora del tema economico, sottolineo il tema concreto dell’erogazione dei servizi.

Le fusioni vanno fatte, dal mio punto di vista, dal nostro punto di vista, perché consentono all’Amministrazione che viene fuori di avere una struttura migliore, più idonea per erogare servizi ai cittadini. Questo perché nei Comuni sotto i 5.000 abitanti alle volte manca anche il personale per dare servizi e alcune aree sono completamente scoperte.

Non possiamo far finta di non sapere che è così e non possiamo girarci dall’altra parte. Una risposta la dobbiamo dare, senza arrivare all’eccesso, all’estremo di scrivere per legge che i Comuni sotto i 5.000 abitanti sono chiusi, cosa che pure avremo la titolarità di fare, senza arrivare a quegli estremi penso che una strada la possiamo comunque tracciare.

Ci tenevo a questo passaggio. Come Gruppo abbiamo mantenuto sempre un atteggiamento molto coerente, perché abbiamo sostenuto i processi di fusione, ci siamo fermati laddove era necessario fermarci e abbiamo mantenuto gli impegni che avevamo preso sul territorio, come ha ricordato ieri il collega Torri per quanto riguarda la fusione di Campegine, Gattatico e Sant’Ilario nel reggiano e allo stesso modo, in questo caso, ci fermeremo a malincuore, ma riteniamo che questo caso in qualche modo segnali una problematica che non può essere risolta dicendo che ci fermiamo e poi ne riparleremo.

La casistica che stiamo esaminando in questo progetto di legge merita una risposta diversa. Io, come ho detto ieri e come ho ripetuto stamattina, penso che quella che ho suggerito potrebbe essere una soluzione. Penso che potremmo lavorarci tutti insieme, però quelli dei processi di fusione sono percorsi che una volta che abbiamo interrotto non ripartono il giorno dopo. Passeranno anni prima che si torni a discutere di fusioni in quel territorio.

Io non credo che questo faccia il bene di quelle comunità. Abbiamo spiegato male le ragioni, gli amministratori hanno avuto troppo da fare? Ci sono tante ragioni per le quali i referendum possono andare male, però l’assunzione di responsabilità collettiva che dobbiamo darci, secondo me, è quella di non mettere in discussione, come ha fatto qualcuno velatamente, le fusioni in quanto tali, ma al massimo gli strumenti e le modalità attraverso le quali sono state esperite, perché i processi di fusione, secondo me, lo dico chiaramente, sono, soprattutto per i Comuni più piccoli, processi ineludibili.

Non bisogna fare forzature, come ho detto ieri, però neanche fermarsi al primo scoglio, perché altrimenti rischiamo di assumere un atteggiamento ondivago che produce un po’ di confusione sui territori e che alla fine rischia di non produrre più fusioni. Se non gestiamo con cura questi processi e questi passaggi e non ci spieghiamo bene il rischio vero è che di fusioni, da qui ai prossimi anni, rischiamo di non averne più, producendo un danno alle nostre comunità, così l’ho detta fino in fondo.

Come ho detto all’inizio, ci atterremo a quelle che sono le valutazioni espresse in seno alla maggioranza, comunque palesando qualche perplessità e qualche malumore.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Taruffi.

La parola al consigliere Bertani. Ricordo che ha sedici minuti.

 

BERTANI: Grazie, presidente. Intanto comincio dall’ultimo che ha parlato e poi un po’ alla volta affronto tutte le obiezioni che sono state sollevate.

Consigliere Taruffi, lei dice che non bisogna mettere tutte le casistiche in legge, ma nella legge di luglio ne avete messe tante di casistiche e tutte fatte per aggirare in qualche modo la volontà espressa dai cittadini nei referendum.

Nel caso di Saludecio anche a noi dispiace che quella fusione non si faccia, però vi specifico che in base al combinato disposto di quel famoso ordine del giorno che fu abbinato alla legge approvata a luglio, in cui si diceva “a tenere conto del parere dei Consigli comunali in cui l’esito del referendum risultasse avverso la proposta di fusione”, parlavamo di questi referendum ai quali non si poteva applicare la nuova legge, e poi si prendeva l’impegno di modificare all’interno del collegato del bilancio di previsione 2017 quella stessa legge tenendo conto di un parere non vincolante del Consiglio comunale; voleva dire che se il Consiglio comunale di Saludecio avesse dato l’assenso alla fusione, noi oggi ci saremmo trovati qui a votare favorevolmente a quella fusione nonostante i cittadini di Saludecio avessero votato no. Questa sarebbe stata una forzatura. Ci dovete spiegare cosa volete fare da qui in avanti, perché adesso, secondo me saggiamente, ci state ripensando, però non è ben chiaro. Ci state ripensando? Arriviamo a pensarci per bene, perché se voi ci dite che le fusioni le volete fare, ascoltiamo i cittadini, poi però se il risultato dei cittadini non ci piace le fusioni le facciamo lo stesso, allora su questo noi non siamo d’accordo.

Mi rivolgo adesso al consigliere Pruccoli. Io sono convinto che l’espressione che loro ebbero – lui e la consigliera Rossi – che quella fusione andava fatta comunque, a me sembra abbastanza chiara, perché con un comunicato stampa mettono in guardia tutti i colleghi amministratori del territorio per dire che bisogna andare in Consiglio comunale ad approvare comunque la fusione. Invece, bisogna ascoltare anche i cittadini che non hanno votato, i cittadini di Saludecio che sul momento non hanno ritenuto di esprimersi, e noi non possiamo interpretare che cosa volevano fare. Hanno deciso di non esprimersi. Qui bisogna che chiariamo che cos’è un referendum e che cosa vuol dire consultare i cittadini.

Qui, invece, vengo ora agli spunti, per cui ringrazio il consigliere Pruccoli, sui quali va fatta una riflessione. Che cos’è la democrazia diretta e che cos’è la democrazia rappresentativa? È ovvio che noi viviamo in una democrazia rappresentativa, ma noi come Movimento 5 Stelle spingiamo perché ci muoviamo verso una democrazia diretta. Nella democrazia diretta vuol dire che il cittadino è reso più responsabile delle sue scelte. Se, però, voi ci dite “Io ti consulto, ma poi del tuo parere non ne tengo conto”, e qui veniamo anche alla legge sulla partecipazione sulla quale vogliamo vedere dove andiamo a finire, a quel punto la democrazia la andiamo a indebolire, perché a me sembra che voi vogliate fare come quel tale che diceva: “Basta con questi partiti lontani dall’elettorato, basta con questi partiti distaccati dall’elettorato. È ora di cambiare. Cambiamo l’elettorato”. No, cambiamo chi ascolta i cittadini, perché è quello il metodo. Cosa deve fare chi amministra? Deve decidere per forza che le fusioni si fanno? No, deve porre tutte le condizioni per cui la fusione sia conveniente e la discussione si ampia e approfondita.

A quel punto abbiamo fatto il nostro dovere. Dopodiché la parola, secondo noi, passa ai cittadini e non si possono costringere le comunità locali a subire una decisione. Questo è quello che noi diciamo fin dall’inizio.

Le fusioni hanno un valore, va dato incentivo alle fusioni, soprattutto per i Comuni più piccoli, quelli che anche voi chiamate i Comuni polvere, ma di lì bisogna partire, non cercando in tutti i modi di aggirare tutte le volte questa questione.

La paura della democrazia diretta è la paura di chi poi dice: “Decide Barabba” e poi si sceglie Barabba. Io non ritengo che la strada sia quella. Penso che dando ai cittadini maggiore responsabilità i cittadini si comportino più responsabilmente. È un valore che aumenta la forza della democrazia.

Qualcuno ebbe a dire che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre che sono state sperimentate sinora. È ovvio che la democrazia è perfettibile, perché né la rappresentativa né la diretta ad oggi sono il massimo, perché ci sono tutta una serie di condizioni che sono la formazione, l’informazione, il senso di appartenenza a una comunità, il rispetto verso le Istituzioni, che non ci sono per tante condizioni. Dobbiamo lavorare insieme per andare verso quelle condizioni, altrimenti la nostra democrazia non sarà mai compiuta.

Se insistiamo a dire ai cittadini che ascoltiamo il loro parere e poi facciamo quello che ci pare, quella democrazia non sarà mai compiuta. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bertani.

Do la parola al consigliere Pompignoli. Le ricordo che ha ancora sedici minuti a disposizione. Prego, consigliere Pompignoli.

 

POMPIGNOLI: Grazie, presidente. Sedici minuti sono tantissimi.

Farò qualche osservazione in merito alle parole del consigliere Pruccoli ieri e quelle di oggi del collega Taruffi. Solo alcune precisazioni. Il referendum prima dell’avvio del procedimento di legge di fusione è sicuramente un qualcosa di necessario. Lo abbiamo espresso già ieri in diversi dibattiti. È ovvio che, però, è già nella legge. Quindi, occorre tutt’al più spingere, quando si decide di avviare un processo di fusione, sul fatto che si faccia un referendum prima, perché è già previsto nella legge, e non invece successivamente.

Non occorre una modifica della legge sulle fusioni perché questo tipo di procedimento è già inserito nella stessa legge. Quindi, se si vuole fare il referendum prima lo si può tranquillamente fare perché la legge lo prevede.

Il problema è che il PD spinge, invece, per avviare già un percorso legato allo studio di fattibilità piuttosto che all’avvio del progetto di legge, per arrivare poi, successivamente, al referendum. Così si tiene un attimo il pallino nelle mani valutando l’esito del referendum per poi far decidere comunque all’Assemblea legislativa su quelle che sono le sorti dei Comuni.

Torno alle parole del collega Pruccoli e anche del consigliere Taruffi di ieri, perché nessuno di noi ha mai detto che le fusioni sono calate dall’alto. Nessuno l’ha mai detto. Le fusioni non sono calate dall’alto. Quello che noi contestiamo, o almeno, quello che contesto io, è la legge sulle fusioni. Occorre apportare delle modifiche, occorre fermarsi, occorre vedere come modificarla. A quel punto, trovata la quadra su questo tipo di legge, si potrà andare avanti, però nessuno ha parlato di leggi calate dall’alto.

Diceva ieri il consigliere Pruccoli che non è mai uscito dalla sua bocca o dalla sua tastiera alcun riferimento al fatto che quella fusione su Montegridolfo, Saludecio e Mondaino, dovesse andare avanti. Leggo alcuni titoli della rassegna stampa di quel tempo (parliamo di dopo il referendum). Resto del Carlino di Rimini del 21 ottobre del 2016: “il PD pressa il Sindaco: la fusione vada avanti”; “Nadia Rossi e Giorgio Pruccoli: nonostante la volontà popolare testimoniata dal referendum, va ribadito però che la maggioranza assoluta dei votanti dei Comuni ha detto sì. Su di loro – minaccia – peserebbe la responsabilità della rinuncia e del progressivo impoverimento delle nostre comunità. Si tratta di un percorso obbligatorio e quindi inarrestabile”: dichiarazioni di Nadia Rossi e Giorgio Pruccoli del 21 ottobre 2016.

Ora, che non mi si venga a dire che il PD locale non fosse a favore di quella fusione, e solo dopo la mozione di censura e quelle dichiarazioni dette da Bonaccini si è tornati indietro a quella che era la volontà del PD locale di andare avanti su quella fusione. Minaccia ai Comuni, minaccia ai Sindaci: lo avete scritto qua.

 

(interruzioni della consigliera Nadia Rossi)

 

Se non sono minacce quelle che ho letto, consigliera Rossi! La responsabilità cade su di voi, per quello che state facendo. Se non sono minacce queste, le dovete ammazzare? Non ho mica capito.

Le leggi calate dall’alto cioè sono le vostre, non sono le nostre. Spingere su quella fusione è stata una vostra volontà, non una nostra volontà. Bisogna dare un tono modesto alla legge sulle fusioni, cercare di fare quadrato e capire esattamente come farle, senza andare a spingere, e qui la politica c’entra, è questa la politica del PD locale, nello stare fuori da quelle che sono invece le volontà dei cittadini. Voi volevate prevaricare una volontà espressa dai referendum, e questa prevaricazione vi ha portato poi, una volta che è stata espressa la volontà popolare, a tornare indietro, forse per paura di qualcosa.

Altro titolo: “fusione fredda, toni apocalittici per evitare il peggio”. Ora, sono parole uscite dalle testate giornalistiche, a firma Pruccoli-Rossi. Io non so che cosa abbia visto ieri il consigliere Pruccoli, quando ha detto “da me non è uscita alcuna parola in favore di quella fusione”. Questi sono i titoli dei giornali, o eventualmente bisognava querelare i giornali perché evidentemente le frasi che vi hanno attribuito erano assolutamente non veritiere.

Io però di smentite non ne ho mai viste, da questo punto di vista. La smentita è arrivata oggi, cioè ieri: “non facciamo la fusione perché rispettiamo la volontà popolare”. Sul punto è inutile che ripetiamo sempre le stesse cose quando parliamo di fusioni. Occorre fermarsi, lo abbiamo chiesto in più occasioni anche con la mozione di censura. Vediamo di riguardare quella legge, di non farla frettolosamente, di indicare in quella legge i vari casi e, sulla base di quello che verrà fuori, allora i Comuni potranno tranquillamente decidere che cosa fare, se fondersi o meno.

Altro ed ultimo problema, e concludo, in risposta a quello che diceva il consigliere Taruffi. Mentre io sostengo sostanzialmente che le fusioni sono solo per un incentivo economico, lui dice assolutamente no. Se non ci fosse questo incentivo economico, io non credo che i Comuni avrebbero così tanta volontà di fondersi. I Comuni si fondono perché non hanno più soldi, non offrono più servizi, ed è chiaro che la fusione è l’unico strumento che consente loro di avere incentivi e finanziamenti regionali e statali e lo svincolo del Patto di stabilità. Se non ci fosse quel tipo di occasione, è evidente che il Comune non avrebbe la volontà di fondersi. Lo fa per necessità, non lo fa per una volontà di aggregare due comunità, o tre comunità. La necessità quindi è la priorità delle fusioni, cioè l’incentivo economico è la priorità affinché i Comuni decidano di scegliere quel percorso perché non ce la fanno più, non hanno più soldi, non riescono più a offrire servizi ai cittadini, quindi è necessario arrivare a questo punto.

Facciamo una prova, diciamo che al Comune non viene dato nulla e vediamo quanti Comuni faranno richiesta di fusione: questo è quello che le chiedo io.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Pompignoli.

La parola al consigliere Foti. Ne ha facoltà.

 

FOTI: Signora presidente, io penso che sia abbastanza fuori luogo fare grandi disquisizioni su quale tipo di democrazia deve prevalere nell’interpretazione dei dati elettorali o nei dati referendari. Anche perché penso che una delle poche forme di democrazia diretta – perché questa è la democrazia diretta – è l’elezione diretta del Sindaco, che è uno dei pochi soggetti che viene eletto direttamente dai cittadini, assieme, una volta, al presidente della Provincia. Sapete infatti che il presidente della Regione è indicato e il presidente del Consiglio non possiamo neanche dire che è più indicato: è una mascherina, perché il candidato premier è l’unico che non ha fatto il premier in questa legislatura. Poveretto, ha fatto un incontro coi grillini in streaming, e poi ha preso su ed è andato a casa: fine delle trasmissioni. Così è finita l’avventura del candidato bettolese Bersani.

Io penso invece che si dovrebbe più correttamente cercare di fare due valutazioni. Primo: se vogliamo evitare delle procedure inutili, allora dobbiamo chiedere che anziché presentare dei programmi di fusione alla Regione per vedere se sta in piedi una cosa, l’altra o l’altra ancora, i Comuni che si vogliono fondere, svolgano subito il referendum, in modo tale che nella fase successiva, sono solo adempimenti amministrativi. Perché dico questo? Innanzitutto, non è che il referendum sia una gentile concessione di chissà chi, ma è previsto nella Costituzione. È uno dei tanti referendum non disciplinati da leggi dello Stato, nonostante sia previsto dalla Costituzione, non è neppure disciplinato, alla fine, dalle leggi regionali, perché manco il quorum è stato fissato, sicché in questo Paese si possono fondere i Comuni con i voti di un cittadino, si può cambiare la Costituzione con il voto di un cittadino, ma se una provincia vuol passare da una regione all’altra, deve svolgere un referendum al quale – udite, udite – partecipa il 50 per cento più uno degli iscritti nelle liste elettorali.

Una volta che il cittadino si è nobilmente espresso e il referendum dovesse esser valido, per essere valida la forma di passaggio da una regione all’altra della provincia, ci vuole il parere favorevole della Regione, cosiddetta “cedente”, e il parere favorevole dell’altra Regione “acquirente”.

In questo guazzabuglio di norme nelle quali penso che il voto del cittadino sia sempre uno, ma l’interpretazione e l’applicazione di quel vuoto è quantomeno variabile, io penso che la vera decisione vada assunta subito. Quindi, i Consigli comunali propongono la fusione ai cittadini e una volta che il referendum passa (o non passa, è problema dei Consigli), viene alla Regione per gli atti successivi.

Qual è il motivo di molte fusioni? Probabilmente, principalmente economico. Come dissi in uno dei primi interventi che ebbi a svolgere in quest’aula: i matrimoni di interesse non sempre riescono. Tanto è vero questo, che finita la prima serie di matrimoni di interesse, la prima coppia che è scoppiata, cioè Borgonovo-Ziano, si è portata dietro una serie di referendum negativi, per cui oggi possiamo dire che su sei referendum, uno soltanto passa in provincia di Ferrara.

Questo è anche frutto, però, di scelte iniziali. La legge infatti, prevede che vi sia il referendum. La Costituzione dice “che si svolga il referendum”, non dice “che vi sia un referendum con esito positivo”. Quando noi abbiamo voluto interpretare, e nella precedente consiliatura si è voluta interpretare questa norma, bisognava avere l’unico coraggio di dire che i referendum si interpretano nel loro risultato, come si interpreta il referendum a livello nazionale, con un quorum e con la maggioranza di un voto in più.

Lo dissi allora e nessuno mi ascoltò, ma Cassandra a volte aveva anche ragione. Se dovessimo applicare lo stesso criterio applicativo di questa Assemblea legislativa al risultato costituzionale, noi dovremmo dire che in Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e in Toscana, è entrata in vigore la Costituzione voluta da Renzi; nelle altre Regioni no. Noi allo stesso modo ci siamo comportati nell’esame dei risultati referendari.

Potrebbe essere un’idea: uno Stato autenticamente federale dice che rimane una Costituzione di princìpi e poi una Costituzione aggiuntiva che ognuno accetta o non accetta.

Io penso allora che noi dovremmo fare una scelta di campo anche su questo. Qual è l’anello debole delle nostre scelte? Che ogni Consiglio comunale ha già deciso di attivare la procedura di fusione. Qui entra in gioco un’equazione che sconsiglierei di fare. L’organo rappresentativo dei cittadini è il Consiglio comunale. Ma se noi diciamo che dopo che il Consiglio ha deciso, non avendo sentito i cittadini, noi teniamo per buono solo il parere dei cittadini, di fatto abbiamo commissariato il Consiglio comunale. Ecco perché io dico che la decisione va assunta all’inizio, non che il Consiglio comunale delibera di attivare la procedura di fusione.

Il Consiglio comunale dice: posto che il nostro Consiglio avrebbe intenzione di fondersi con A, B e C, chiediamo ai cittadini cosa ne pensano. I cittadini dicono di no; benissimo, il Consiglio comunale ratifica il risultato elettorale. Ma se noi andiamo avanti con questi procedimenti, scusatemi – assessore Petitti, gliel’ho detto in Commissione e glielo ripeto qua –, c’è il motivo non molto nobile dei soldi, ma c’è anche il motivo, magari non molto nobile ma vero, che a legislazione vigente, soprattutto quando si mettono assieme quattro Comuni, di cui due molto piccoli e due decisamente più importanti, i due più piccoli, improvvisamente, sulla strada, iniziano a pensare che con l’attuale sistema di elezione dei Consigli comunali rischiano di non avere rappresentanza, di non avere più un assessore, neppure un consigliere. Questa è una delle argomentazioni che più di ogni altra viene utilizzata per dire no alla fusione. Dicono: noi non conterremo più niente, diventeremo una frazione del Comune principale che avrà tutte le opere più importanti e noi non avremo nulla.

Io allora mi permetto di dire che so benissimo che la materia dell’elezione dei Consigli comunali non è materia affidata alle Regioni, ma ci vuole una norma di una legge statale che preveda che nel caso di fusioni sia indicato anche il sistema di elezione che i Comuni che vogliono fondersi accettano, cioè, o un proporzionale come c’era prima, con l’elezione del Sindaco da parte del Consiglio comunale, e col proporzionale non ci sarebbe problema, perché in questo caso tutte le comunità inizialmente esistenti vengono rappresentate; oppure, se scelgono il maggioritario, si sa benissimo cosa avviene con una lista maggioritaria e a preferenza unica. Oggi, tra l’altro è leggermente migliorata, la situazione, con la possibilità della doppia preferenza alla persona di altro sesso, ma quando c’era la preferenza unica anche nella scelta tranchant uomo-donna, le comunità piccole avevano pochissime possibilità di eleggere un proprio rappresentante.

Detto questo, e concludo, sulla vicenda dei soldi, è l’impostazione politica che è sbagliata, perché l’obiezione che viene più naturale e a cui diventa difficile saper rispondere, è: ma se voi avete i soldi, perché ce li date solo se ci mettiamo assieme, anziché darceli ugualmente, se restiamo divisi?

Ecco perché io dico che ci vuole una logica premiale ma che non venga ritenuta il motore della scelta. Il motore della scelta potrebbe essere, tanto per essere chiari, una legge nazionale che prevede che i Comuni che non riescono ad assolvere ad alcune funzioni. Soprattutto dopo l’avvento delle Regioni, voi sapete che vi è stata una serie di compiti, di cui si è spogliato lo Stato, che sono stati via via delegati. Ma vi sono dei Comuni che oggi non riescono neanche ad assolvere la funzione tipica del Comune, che è quella dell’anagrafe. Quando tu hai dei Comuni con uno, due dipendenti, se si ammala un dipendente, in quei giorni, succede che non si rilasciano neanche certificati.

Occorrono allora dei princìpi qualitativi e quantitativi minimali, perché si possa dire – attenzione – che esiste il Comune o che esiste il Municipio? Penso alla vicenda delle carte di identità: anche questa l’ho sentita spiegare dal Sindaco di Valsamoggia. Non vorrei ricorrere nel turpiloquio, ma pare che più che una carta d’identità, sia una specie di rogito: tu oggi sei residente nel Comune di Valsamoggia, ma prima ci mettiamo la tua residenza vera, che è il Comune originario, per cui diventi residente nel territorio Pinco Pallino nel Comune di Valsamoggia. In altre parole, è l’unico modo per non far capire più dove uno è residente. Badate, vi sono questi problemi, che non sono affatto irrilevanti. Vi faccio presente, ad esempio, che patenti, libretti di circolazione delle auto e quant’altro hanno un problema legato alla residenza. Quando si cambia residenza, bisogna comunicarlo e occorre procedere a tutta una serie di aggiornamenti.

Anche in questo caso il problema deve essere la distinzione tra il Comune di residenza e il municipio di appartenenza, perché a mio avviso c’è un municipio, ma possono rimanere ugualmente i Comuni che c’erano prima, dal momento che è la struttura amministrativa che viene fusa, non il territorio, se non nell’estensione dei confini amministrativi.

Nella nostra regione già sono state fatte numerose fusioni. Del resto, se si paragona la percentuale del numero dei Comuni fusi rispetto al numero dei Comuni esistenti, la percentuale è piuttosto alta. Tuttavia, se si vuole arrivare alle fusioni, che si facciano soprattutto nelle zone dove c’è bisogno. Infatti, forse qualcuno non si è accorto che passano fusioni importanti di Comuni che diventano corposi, mentre in altre province, come la mia, dove non c’è un Comune sopra i 15.000 abitanti – l’unico che ha più di 15.000 abitanti è il capoluogo – e dove c’è un’estensione territoriale immensa, se si va avanti così, non ne passa una di fusione. Oggi bocciamo due fusioni e cinque Comuni, l’altra volta abbiamo bocciato una fusione e due Comuni, dunque sette Comuni su quarantasette – parliamo del 20 per cento dei Comuni – hanno già bocciato la fusione. Peraltro, è in itinere la fusione tra Caminata, Pecorara e Nibbiano, per cui arriviamo a dieci Comuni su quarantasette. Poi altri non avevano bisogno, salvo la Val Trebbia, di fusioni.

In definitiva, rischiamo di trovarci in mano con quelle fusioni che, sì, sono importanti come macronumeri, ma non risolvono il problema della dispersione dei servizi territoriali e della qualità dell’amministrazione offerta. Ecco, mi permetterei di dire che, prima di dare il la a nuove procedure di fusione, sarebbe opportuno fare una riflessione quantomeno per vedere le carte prima e non dopo. Oltretutto, visto che la Regione paga gli studi di fattibilità, se poi non si fanno le fusioni, non è bello. Anche quello diventa comodo: facciamo una delibera, non ci costa niente, se ci va bene prendiamo dei soldi, se ci va male pace.

Io, allora, suggerisco di procedere in questo modo: proposta di fusione secca, referendum tra i cittadini, decisione finale. Peraltro, in questo caso la decisione sarebbe molto semplice. Infatti, se, ad esempio, un Comune decide di non starci, mentre gli altri Comuni confermano con delibera di voler andare avanti ugualmente, visto che hanno ricevuto il parere dei cittadini, gli altri Comuni vanno avanti nella fusione. D’altronde, vorrei sapere se nella democrazia diretta c’è il diritto di veto. C’è il diritto di dissentire, ma non il diritto di veto. Quindi, un Comune può ben dire, una volta acquisito il parere dei cittadini, che si tira indietro, ma se gli altri Comuni sono d’accordo e sono contermini potranno andare avanti, o no? Me lo chiedo. Soprattutto se il progetto non è stato ancora fatto, viene ancora meglio, perché a quel punto si può calibrare il progetto su quelli che già ci stanno. Poi vedremo se sta in piedi il progetto a due Comuni e non a tre, o a quattro e non a cinque. Anche questo lo dobbiamo chiarire.

Ecco perché io ritengo che oggi il discorso debba essere quello di mettere un attimo in sonno questa facilità che pensavamo potesse derivare dalle nuove definizioni dell’interpretazione dei risultati referendari e prevedere una norma tagliola che richieda innanzitutto cosa ne pensa l’opinione pubblica e poi preveda eventualmente il finanziamento del progetto di fusione, in modo tale che ognuno si assuma le proprie responsabilità e si eviti che gli stessi sindaci che hanno votato le fusioni in Consiglio comunale si sveglino una mattina e diventino i capi dell’opposizione alla fusione. Diversamente, diventa piuttosto difficile interpretare le volontà dei singoli.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

La parola al consigliere Pruccoli. Ha a disposizione dieci minuti.

 

PRUCCOLI: Grazie, presidente. Vorrei fare alcune precisazioni, dato che sono stato tirato in ballo direttamente rispetto all’intervento di ieri.

La responsabilità ai cittadini – credevo di essere stato chiaro ieri, ma lo ribadisco meglio oggi – io credo che non si possa trasferire integralmente. Non possiamo affibbiargliela tutta. Ci vorrà, io dico anche in maniera predominante, una corresponsabilità delle Istituzioni, le quali non hanno come unica motivazione di esistere quella di svolgere una mera funzione notarile. La nostra legge già contempla un sistema ampiamente partecipativo: prevede la partecipazione dei cittadini, e non solo sulla carta, perché i referendum si tengono. Anche quando magari la partecipazione non è così ampia come sarebbe augurabile, abbiamo visto che pure è diventato dirimente l’esito del referendum. Insomma, questa Regione non è andata avanti su nessun progetto di legge, se non quello della Valsamoggia nella precedente legislatura. In ogni caso, in quella circostanza c’è stato un ri-pronunciamento da parte delle Amministrazioni, che evidentemente sono riuscite a stringere un patto post-referendario con le proprie comunità, con senso di responsabilità.

Per quanto riguarda tutta la polemica del “detto o non detto”, io ho chiaramente ribadito – e tutto il mondo politico riminese conosce qual è stata la mia posizione fin dall’indomani del referendum – che allo stato delle cose, con la legge che abbiamo, con quel rimando alle Amministrazioni e con l’intenzione ben chiara da parte del Consiglio comunale di Saludecio di blindare il voto referendario, era ben chiaro fin da subito che non si sarebbe potuto andare avanti. Questo però – e l’ho ribadito anche ieri – non mi impedisce e non mi inibisce nel manifestare tutta la mia preoccupazione per l’arresto di quel processo di fusione.

A tal riguardo, desidero dare lettura testuale di quanto pubblicato, anche recentemente, sulla stampa. D’altronde, estrapolarne una parte sarebbe un esercizio non corretto, mentre provare a dare il senso integrale di ciò che abbiamo cercato di dire credo sia utile a tutti. Dicevamo e scrivevamo: “Quello delle aggregazioni istituzionali e delle fusioni dei piccoli Comuni è un progetto indispensabile per lo sviluppo dei nostri territori e per dare un futuro di prosperità alle nostre comunità”. Lo ripeto e lo ribadisco. “Si tratta di un percorso obbligato e, quindi, inarrestabile, ovviamente in quella logica, per dare un futuro e una prosperità alle nostre comunità. Le battute di arresto non farebbero altro che allungare l’agonia di un sistema che è alle corde”. L’ho detto ieri e lo ripeto oggi. “Dalla capacità di avviare certi processi virtuosi e dalla forza e dal coraggio di portarli fino in fondo si misura la qualità e l’adeguatezza di una classe dirigente. Da soli non siamo nessuno. Noi amministratori pubblici tocchiamo ogni giorno con mano ciò che bolle in pentola, quali sono le opportunità e quali le condizioni da mettere in campo per poterle cogliere”. Terminavamo, quindi, semplicemente con un appello al sindaco e agli amministratori di Saludecio: “Pensate se non ricorra il caso di valutare l’esito referendario in maniera politica”. Lo ripeto, c’è un tema che questa Assemblea non vuole affrontare, in particolare su questo progetto di legge, ma che credo tutti ci dobbiamo porre anche per il futuro. “Stiamo rispettando una maggioranza, che è la maggioranza di Saludecio e dei cittadini, che si è espressa”. C’è un’altra maggioranza, però, che in questo momento vede deluse le proprie aspettative, che è quella complessiva. È chiaro, finché questo non viene eventualmente codificato in legge, non possiamo fare altrimenti, quindi – lo ripeto – facciamo bene a fermarci. Tuttavia, la riflessione che abbiamo davanti tutti quanti è proprio quella: quale maggioranza rispettiamo. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Pruccoli.

A conclusione della discussione generale, darei la parola alla consigliera Nadia Rossi in qualità di relatrice della Commissione e perché l’ha chiesta.

 

ROSSI Nadia: Grazie, presidente. Spero sia a conclusione, visto che gli animi sono stati piuttosto accesi anche durante questo dibattito, che tra l’altro è iniziato ieri sera, allorquando ho ascoltato diverse affermazioni, a partire da quelle del consigliere Pompignoli, con il quale mi vorrei congratulare per le sue doti da oratore, che probabilmente funzionano in altre aule ma non necessariamente in questa.

Io credo che anche quello che ha detto lei prima dia l’idea di quanto ho dichiarato ieri, ovvero che questa Regione crede nel percorso di fusione dei Comuni, questa maggioranza crede nel percorso di fusione dei Comuni, io e il consigliere Pruccoli crediamo nei progetti di fusione e abbiamo creduto anche nel progetto di fusione che in questo caso ha coinvolto i Comuni di Mondaino, Montegridolfo e Saludecio, e non abbiamo mai cambiato rotta, mai cambiato idea, né prima né dopo il referendum.

Ciò che è accaduto quella sera ci ha portato un dato chiaro. La sera del 16 ottobre il 61,5 per cento della popolazione dei tre Comuni ha votato a favore della fusione, mentre il 38,5 per cento ha votato contro. Questa, consigliere Bertani, io la chiamo democrazia partecipativa, esattamente come avete interpretato voi il voto del 4 dicembre a livello nazionale. Di certo, non muta il risultato di un referendum anche se sono su due diverse scale di grandezza.

Posso comprendere il disagio della Lega, un disagio che probabilmente nasce dal fatto che si dica di sì alle fusioni, ma a geometria variabile. Questo lo dimostra chiaramente ciò che è accaduto nella Regione Lombardia. Lo aveva citato, se non sbaglio, il consigliere Mumolo durante l’esperienza della Valsamoggia, quando ha portato ad esempio in quest’Aula una fusione che è stata portata a termine e che più o meno rispecchia, ma al contrario, la fusione dei nostri tre Comuni del riminese. Questo accadeva nel Comasco, in occasione della fusione dei Comuni di Gravedona, Consiglio di Rumo e Germasino, dove il “no” aveva prevalso nei due Comuni maggiori, Consiglio di Rumo e Gravedona, mentre il “sì” nel Comune minore, Germasino. Ebbene, dopo oltre due ore di dibattito all’interno dell’Assemblea regionale, a voto segreto – ripeto, a voto segreto, questo è il metodo – la fusione è andata avanti con quarantasei voti favorevoli, ventiquattro contrari e tre astenuti. Evidentemente è questo il modus operandi che ci consiglia la Lega.

Quando si parla di democrazia, bisogna avere ben chiaro di che cosa si tratta. Quando ci siamo trovati, domenica sera, con un risultato così netto del 61 per cento dei votanti a favore della fusione, era ovvio auspicare un percorso che portasse a termine questo intento, intento che avevano manifestato i Comuni nelle delibere per chiedere la fusione, intento che ha questa Regione nel perseguire quel percorso di incentivazione rispetto alle fusioni nel territorio regionale. La differenza è che, al contrario di quello che è accaduto in Valsamoggia, dove i sindaci dei Comuni dove ha prevalso il “no” hanno, comunque, lasciato libera disponibilità e responsabilità alla Regione di poter proseguire in quel percorso e, quindi, anche di poterlo concludere, proprio nell’ottica e nell’idea del nostro programma di mandato e soprattutto per il valore che per noi hanno le fusioni, nei giorni successivi – ecco perché anche l’assessore Petitti, la sera stessa, si era raccomandata e si era, insieme a noi, sbilanciata verso la chiusura di quel percorso in favore della fusione – ciò che è accaduto ci ha ovviamente impedito di portarlo a termine: un’Assemblea, in Consiglio comunale, all’unanimità, con il suo sindaco, i suoi assessori e i suoi consiglieri, ha espresso chiara contrarietà alla fusione. Il Comune principale, dove tra l’altro il “no” ha prevalso, aveva manifestato il suo dissenso alla fusione. Anche questa è democrazia, come affermava il consigliere Pruccoli.

Quindi, a quel punto bisogna decidere se rispettare la democrazia rappresentativa del referendum o la democrazia rappresentativa, come sosteneva il consigliere Foti, del sindaco eletto, della sua Giunta e del suo Consiglio. Ebbene, noi abbiamo compiuto la nostra scelta, come ho sottolineato ieri – e anche qui il consigliere Pompignoli ha travisato, ovviamente a suo favore, perché non sono mai uscite quelle parole dalla mia bocca –, e la decisione assunta da questa maggioranza ha tenuto conto di questo risultato. Del resto, il presidente Bonaccini, durante il suo intervento nella scorsa seduta assembleare, ha sottolineato l’importanza delle fusioni per la nostra regione e, comunque, ha ribadito nel suo stesso programma di mandato, quale presidente del Partito Democratico, che rispecchia la maggioranza di quest’aula, che avrebbe rispettato la volontà popolare. Noi a questo ci siamo attenuti, prima e dopo.

Vi confesso che ho trovato un po’ inquietante l’uscita del consigliere Bertani, quando ha dichiarato che “i referendum sulle fusioni falliscono quando non c’è informazione e coinvolgimento dei cittadini fin dall’inizio del percorso, ben prima del referendum, ma già in fase preparatoria. Quindi – come, tra l’altro, ha detto sia ieri che oggi –, se si calano dall’alto decisioni prese nelle segrete stanze e si utilizza il solito ricatto dei soldi per influenzare il voto, i cittadini rispondono ‘no’”. Sinceramente, sentire certe frasi da un movimento o un partito che nel suo programma di mandato a livello nazionale impone la fusione ai Comuni che hanno meno di 5.000 abitanti mi fa specie.

Ancora, considerato che il Comune di Montegridolfo è riuscito a raggiungere una percentuale bulgara (oserei dire), ovverosia il 92,89 per cento dei voti a favore della fusione, dove il vicesindaco è grillino, sentirsi smentire così, rispetto al lavoro che lui ha compiuto, insieme alla sua Giunta, al suo sindaco e agli amministratori del suo territorio, da un consigliere regionale credo che non gli sia piaciuto affatto.

Non penso che questo sia l’atteggiamento giusto. Ritengo che il percorso, come ho avuto modo di ribadire ieri, dei tre Comuni, iniziato ben prima – e i risultati in alcuni casi lo dimostrano – del 2014, dove alcuni Comuni, non tutti e tre, avevano già inserito nel programma di mandato l’intenzione di riuscire a fondersi, sia quello più corretto e più giusto, che in questo caso ha portato questo tipo di risultato, che purtroppo non si riesce a tenere in considerazione fino in fondo.

Nessuno ha dichiarato che i Consigli comunali – anche questa è stata un’affermazione del collega – devono passare attraverso una delibera di Giunta votata. Questo non è stato detto da nessuno. Lo hanno fatto. Lo ha fatto anche Montegridolfo, chiedendo alla Regione di andare avanti. Quindi, il Vicesindaco grillino, il Sindaco, la sua Giunta e i suoi consiglieri comunali hanno votato una delibera all’unanimità con la quale chiedono alla Regione di proseguire il percorso di fusione.

Qui va di moda uno sport che – ripeto – a noi non piace. Ci assumiamo senz’altro le responsabilità di quello che abbiamo detto prima e dopo, ma vorrei far notare che si tratta di una responsabilità lineare, una volontà pulita. Siamo a favore delle fusioni, ma rispettiamo la volontà dei territori, cosa che non è accaduta, in questo caso, nel Comune di Montegridolfo, dove il Vicesindaco grillino ha votato a favore del perseguimento di questo percorso, mentre in Regione siamo contrari. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Nadia Rossi.

La parola alla relatrice di minoranza, Sensoli.

 

SENSOLI: Grazie, presidente. I punti sono diversi. Innanzitutto, non esiste nessuna Amministrazione 5 Stelle, purtroppo, in quei Comuni. Un conto è avere un’Amministrazione 5 Stelle, un conto è avere eventualmente dei simpatizzanti. Comunque, noi ci rapportiamo con chiunque abbia qualche cosa da dirci. Altro conto è dire: “Peccato che ci sia stato un risultato negativo”. Di questo, ovviamente, ce ne dispiace.

Il punto di partenza e il punto finale di questa discussione sono identici per noi e per il Partito democratico. Peccato che il percorso nel mezzo sia completamente diverso. Se partiamo dal punto di partenza in cui diciamo “bene le fusioni, siamo favorevoli alle fusioni”, un voto finale contrario a una fusione a tre, perché, comunque, un Comune si è espresso in maniera contraria, quindi non si può imporre ad un Comune una fusione quando i propri cittadini hanno espresso parere contrario, a questo punto inizia un percorso diverso. Il Partito democratico, finché il Consiglio comunale non si è espresso, era e continuava ad essere favorevole al percorso di fusione, imponendo una decisione contro la volontà espressa dai cittadini. Poi il Consiglio comunale si è espresso in maniera negativa. Allora le dinamiche di partito hanno imposto una retromarcia.

Mi dispiace anche sentir dire dal consigliere Pruccoli: “Mah, sì, i cittadini li coinvolgiamo, però non diamo loro tutta la responsabilità”. A questo punto, lei non è un rappresentante dei cittadini. Lei si sente un tutore dei cittadini che non ritiene in grado di decidere in maniera adeguata delle proprie sorti.

Qui ci sta anche il percorso d’informazione. Il consigliere Foti prima ha detto delle cose molto importanti. Il percorso deve partire ben prima della decisione di un Consiglio comunale. E ritorna anche il fatto della progettualità. Ingolosire i cittadini solo con degli incentivi economici non ha alcun senso. Il timore, da parte dei cittadini, che quei soldi vengano sprecati porta, come risultato, l’attuale situazione dei tre Comuni di cui discutiamo e per i quali stiamo votando. Questa è la sostanziale differenza: il coinvolgimento, il famoso concetto di convincimento dei cittadini e non di imposizione verso i cittadini, concetto che abbiamo espresso in altri ambiti, ma che è sempre e comunque valido.

Il processo di partecipazione, evidentemente, non ha funzionato. Fatevi qualche domanda. Se i consiglieri Rossi e Pruccoli fossero venuti all’incontro che è stato fatto a Saludecio, ormai alla scadenza della campagna referendaria, avrebbero potuto notare che erano presenti – le ho contate – diciannove persone.

 

ROSSI Nadia: Io c’ero!

 

SENSOLI: Io c’ero. Non l’ho vista. Allora eravamo venti. Non l’ho vista.

Questo significa che i cittadini di Saludecio non si sono sentiti coinvolti. Invece, quando sono chiamati a votare su cose importanti e vengono coinvolti in maniera adeguata e con il giusto lasso di tempo, dimostrano tutto l’interesse. Non si può paragonare il risultato del referendum costituzionale al risultato del referendum sulla fusione di tre Comuni. È un paragone che non sta assolutamente in piedi. Non si può fare questo paragone solo perché si tratta di referendum. Sono due cose completamente diverse. È come dire: “Va beh, almeno vuol dire che abbiamo il 40 per cento dell’elettorato”. Non sta in piedi.

Aggiungo al mio intervento anche la dichiarazione di voto. Come avevo già detto, voteremo in maniera contraria semplicemente perché non possiamo imporre a un Comune, che si è pronunciato in maniera negativa, di fondersi insieme ad altri due. Secondo noi, la strada da seguire era un’altra. Speriamo che questo serva da lezione per poter intraprendere una strada diversa quando si parlerà nuovamente di fusioni.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Sensoli.

È iscritto il consigliere Bignami, al quale darei la parola già in dichiarazione di voto, in quanto la discussione generale era già conclusa con la replica delle due relatrici.

Apriamo le dichiarazioni di voto sia sull’ordine del giorno sia sulla risoluzione oggetto 3267.

La parola al consigliere Bignami.

 

BIGNAMI: Grazie, presidente. Visto che chi parla è sempre stato contrario alle forzature in ambito di fusioni, non trovo nulla di scandaloso nel dare atto alla maggioranza di aver compiuto una scelta coraggiosa nel decidere di fermarsi su un progetto a fronte di un voto, certo, espresso all’unanimità da parte di un Consiglio comunale che, però, in passato non aveva trovato, nella legislatura scorsa, un analogo riscontro quando la maggioranza dei cittadini dei due Comuni – torniamo sempre al primario esperimento di Valsamoggia – avevano detto “no”.

Quindi, non ritengo né sbagliato né eccessivamente generoso, ma, al contrario, riterrei rischioso non dare atto alla maggioranza di questa scelta. Perché riterrei rischioso non dare atto? Se andiamo su una logica di contrapposizione politica, anche in questa sede, chi rischia di uscirne con le ossa rotte è la stessa comunità che, magari, un domani, trovandosi nella medesima situazione, visto che oggi si imputa al Partito Democratico la scelta – ripeto – coraggiosa di tornare indietro su un progetto e un processo che poteva tranquillamente portare a casa, mettendo la palla in rete e passando sopra, come purtroppo è avvenuto nella precedente legislatura, anche la volontà dei cittadini, se oggi noi non dessimo atto di ciò al Partito Democratico creeremmo un precedente pericoloso e un domani il Partito Democratico potrebbe dirci: “Avete voluto forzare la volta prima? Portate a casa i risultati la volta dopo”.

Dico questo non per aprire un canale di dialogo, che, purtroppo, su questi temi è evidentemente tagliato da una ricaduta di consenso territoriale che implica che anche le battaglie sulle fusioni vengano strumentalizzate da quelle forze politiche che cercano di agganciare sacche di consenso che, diversamente, sfuggirebbero loro rimanendo all’interno di quel perimetro partitico e politico che normalmente, invece, determina la dinamica di confronto all’interno della realtà locale. Il fatto che ci siano esponenti grillini, del 5 Stelle, della destra, della sinistra, di sopra o di sotto che variano la propria posizione rispetto alla rappresentanza in Assemblea legislativa lo trovo assolutamente fisiologico e endemico. Chi vive in un territorio e compie scelte di amministrazione comunale, inevitabilmente avrà come punto di riferimento un’azione comunale. Chi siede in ambito regionale dovrà alzare un orizzonte più ampio e compiere scelte a livello regionale.

Dico questo perché anche a me è capitato di avere rappresentanti sul territorio che si esprimevano in un modo rispetto ai processi di fusione, salvo poi, in questa sede, assumere altre posizioni. Credo che la rappresentanza vada anche proiettata sul livello istituzionale in cui quella rappresentanza stessa deve svolgersi. Quindi, non ci trovo nulla di scandaloso nella diversificazione di posizioni né trovo – devo dire la verità – nulla di scandaloso nel chiedere, come ha fatto giustamente il collega Pompignoli, di riaprire una riflessione complessiva su un congegno generale che governi i processi di fusione, che oggi rischiano di imballare un sistema rispetto al quale, per l’ennesima volta, Forza Italia esprime una posizione di sostegno alle fusioni come strumento di ottimizzazione della spesa pubblica, di risparmio di risorse, di snellimento burocratico, di taglio di rami secchi, di risparmi per i cittadini, di semplificazione nella rappresentanza politico-amministrativa, ma non quando questo viene vissuto, come purtroppo è accaduto, come un tentativo, una sorta di Giano bifronte, di ampliare il peso politico dello spazio partitico occupato dai partiti di maggioranza che, inevitabilmente, allargando i confini numerici e territoriali degli Enti locali, hanno un peso politico maggiore in grado di elidere quelle forme di rappresentanza democratica che per noi, invece, sono insostituibili anche e soprattutto in territori di Provincia come quelli che sono stati coinvolti dal voto.

Perché ho voluto fare questa premessa? Mi scuso, perché forse sarebbe stata più adatta a una discussione generale piuttosto che a una dichiarazione di voto. Rispetto alla proposta che ci viene formulata, evidentemente, voteremo a favore. Inoltre, auspichiamo che da questo atout, in cui – lo ripeto – abbiamo apprezzato la finalità con cui la maggioranza ha deciso di aprire non all’opposizione in questa sede, ma all’espressione di un Consiglio comunale che, all’unanimità, si è espresso per bloccare il processo, auspichiamo – dicevo – che da questo atout, da questo spiraglio si possa riaprire una discussione pacata, concreta e, penso, leale, al fine di rivedere quel processo che abbiamo già rivisto a luglio che, a nostro modo di vedere, presenta criticità che, se non affrontate, porteranno nuovamente a situazioni simili in questa sede, quindi a discutere e a confrontarsi, temo, non sempre con lo stesso spirito di trasparenza e lealtà che si dovrebbe mantenere in un contesto amministrativo.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bignami.

Non ho altri iscritti in dichiarazione di voto.

La parola alla consigliera Nadia Rossi, prego.

 

ROSSI Nadia: Solo per ribadire due concetti. Il primo è di non procedere nel percorso di fusione, richiesto precedentemente in quest’Aula, riguardante questi tre Comuni. Il secondo serve per ricordare – così come ho dichiarato ieri – che già il presidente Bonaccini, durante il suo intervento nell’ultima Assemblea, aveva anticipato la volontà di rimettere mano alla norma per raggiungere l’obiettivo di un percorso più orientato verso le fusioni, tenendo in considerazione sempre, ovviamente, la voce del territorio e dei cittadini. Nel momento in cui faranno partire questo processo all’interno dei loro Consigli comunali, che sia un processo un pelino più deciso, convincente e anche indirizzato. Anche io credo sia indubbiamente una cosa utile.

Se tutte le forze politiche all’interno di quest’aula sono d’accordo sulla questione delle fusioni, non potranno prescindere dal collaborare e lavorare insieme per ottenere un risultato unitario e ovvio, oserei dire.

A questo punto, considerate le espressioni ascoltate, sia ieri che oggi, rispetto a tutti i progetti di legge di queste fusioni, sembra che tutti siamo orientati verso questo percorso. Bisogna, però, saperlo dimostrare, saper collaborare e saper scrivere nero su bianco quello che è opportuno modificare per raggiungere l’obiettivo.

Con questa dichiarazione esprimo il voto contrario a una risoluzione collegata a questo progetto di legge, che chiede, in questa fase, come è accaduto in altri progetti di legge e come accade anche al collegato, di modificare la legge sulle fusioni. Per non fare un pasticcio, bisogna riprendere in mano la legge e capire che tipo di strada intraprendere per modificarla al meglio. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Nadia Rossi.

La parola alla consigliera Sensoli. A seguire, il consigliere Pompignoli.

 

SENSOLI: Grazie, presidente. Intervengo per ribadire il nostro voto contrario e per prendere atto della dichiarazione appena fatta, di una sorta di ammissione che, comunque, questa legge presenta alcune criticità. Ovviamente, noi siamo disponibili a lavorarci, come lo siamo stati nel momento della discussione della legge sulle fusioni. Abbiamo già scritto mesi fa, nero su bianco, le nostre proposte.

Alla luce delle dichiarazioni del presidente Bonaccini, che ormai ogni venti giorni si dichiara disponibile a rimettere mano a delle leggi che non funzionano, ci verrebbe da esortare la Giunta, il Partito democratico ad ascoltare un po’ di più le opposizioni quando si è in fase di discussione delle leggi, invece di promulgare delle leggi scritte male per poi dire: “Eventualmente, ci rimettiamo mano”. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Sensoli.

La parola al consigliere Pompignoli.

 

POMPIGNOLI: Grazie, presidente. Il nostro voto, ovviamente, è in senso negativo alla fusione. Colgo l’occasione per ribadire l’assoluta disponibilità a rivedere la legge sulle fusioni. Chiaramente, se ci aveste dato retta a luglio, questa discussione, approvando il nostro progetto di legge, sarebbe stata sicuramente evitabile. Quindi, ci saremmo risparmiati un giorno e mezzo di discussione sul progetto di legge sulle fusioni.

Se la collaborazione c’è, ci deve essere, noi ci siamo, però non deve essere a senso unico: voi imponete, noi proponiamo delle cose e voi le bocciate. Ascoltateci, a questo punto. Vedrete che la collaborazione ci sarà, però non deve essere una collaborazione a senso unico: si impone, e basta.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Pompignoli.

Non ho altri iscritti per dichiarazione di voto.

Nomino scrutatori i consiglieri Paruolo, Serri e Bertani. No, la consigliera Serri non è presente. Quindi, nomino la consigliera Zappaterra.

Prego, consigliere Caliandro.

 

CALIANDRO: Presidente, posso chiedere il voto elettronico, per favore?

 

PRESIDENTE (Saliera): Il voto elettronico sia sulla votazione sull’ordine del giorno sia sulla votazione sulla risoluzione?

 

CALIANDRO: No, solo sull’ordine del giorno.

 

BERTANI: Anche sulla risoluzione.

 

PRESIDENTE (Saliera): Anche sulla risoluzione, va bene.

Se nessun consigliere chiede di intervenire, si proceda alla votazione dell’ordine del giorno 2079/1 “Non passaggio all’esame degli articoli”, a firma del consigliere Poli, con l’uso del dispositivo elettronico.

 

(Si procede alla votazione con dispositivo elettronico, a scrutinio palese,

con registrazione dei nomi)

 

PRESIDENTE (Saliera): Comunico l’esito della votazione:

 

Presenti

 

41

Assenti

 

9

Votanti

 

40

Favorevoli

 

40

Contrari

 

--

Astenuti

 

--

 

PRESIDENTE (Saliera): L’ordine del giorno 2079/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” è approvato.

Ho visto iscritto il consigliere Poli. È un errore?

 

(interruzioni)

 

PRESIDENTE (Saliera): D’accordo. Può cancellarsi? Bene.

Se nessun consigliere chiede di intervenire, si proceda alla votazione della risoluzione, oggetto 3627, a firma dei consiglieri Bertani e Sensoli, con l’uso del dispositivo elettronico.

 

(Si procede alla votazione con dispositivo elettronico, a scrutinio palese,

con registrazione dei nomi)

 

PRESIDENTE (Saliera): Comunico l’esito della votazione:

 

Presenti

 

43

Assenti

 

7

Votanti

 

42

Favorevoli

 

13

Contrari

 

29

Astenuti

 

--

 

PRESIDENTE (Saliera): La risoluzione oggetto 3627 è respinta.

 

Sull’ordine dei lavori

 

PRESIDENTE (Saliera): Il consigliere Foti ha chiesto la parola.

 

FOTI: Presidente, chiedo se possiamo finire tutte le fusioni, tanto la discussione l’abbiamo sviluppata sul Comune oggetto di maggiore attenzione politico-mediatica, quindi sulle altre il risultato lo sappiamo, è scontato. Se tutti sono d’accordo, non discutiamo e in due minuti le togliamo tutte.

 

PRESIDENTE (Saliera): Sentita la proposta del consigliere Foti, visto che avevo una richiesta, a firma del consigliere Taruffi, di inversione, chiedo semplicemente al collega Taruffi se è del parere di ritirare l’inversione alle condizioni che il collega Foti ha esposto.

Consigliere Taruffi, prego.

 

TARUFFI: Siccome dobbiamo poi votare solo il non passaggio all’ordine del giorno, lo votiamo, tanto l’abbiamo già esaminato anche in Commissione, perché altrimenti poi questo progetto di legge corre il rischio di…

 

(interruzioni)

 

Va bene.

 

PRESIDENTE (Saliera): Quindi, è un sì. Va bene. Concedo un quarto d’ora.

Grazie, consigliere Taruffi.

Passiamo all’oggetto 2164: Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Fontanelice nella Città metropolitana di Bologna»

 

(interruzioni)

 

Consigliere Rancan, prego.

 

RANCAN: Presidente, intervengo sull’ordine dei lavori.

Facendo un confronto con i colleghi e anche con la Giunta, l’assessore Petitti voleva intervenire. Se si vuol discutere del reddito e le fusioni poi passarle più avanti, e quelle di Piacenza eventualmente il 20, per me non ci sono problemi. Se va bene anche agli altri…

 

(interruzioni)

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Rancan.

Adesso procediamo nell’ordine e cerchiamo di attenerci a ciò che abbiamo appena detto.

Consigliere Caliandro, prego.

 

CALIANDRO: Grazie, presidente. Occorre che diamo una forma e una regola al verso cui ci stiamo organizzando. Vogliamo rispettare l’impegno dei relatori delle leggi e dell’assessore Petitti di poter intervenire sul tema delle fusioni che hanno articolato, ma allo stesso tempo abbiamo in calendario, ormai rinviata e messa da parte, una legge molto importante.

Quindi, l’accordo che io chiedo alla maggioranza e alle minoranze è che questo provvedimento venga votato oggi. Se acconsentiamo a questa modalità, ci impegniamo a risolvere questa discussione nell’arco della mattinata e iniziare immediatamente i lavori fino all’approvazione ad oggi pomeriggio del provvedimento legislativo.

 

(interruzioni)

 

Parlavo del REIS. Così voi avete il tempo di poter fare questa discussione che si deve esaurire necessariamente in mattinata e vi impegnate a garantire, insieme a noi, la discussione pomeridiana. A queste condizioni pacta sunt servanda.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Caliandro.

 

OGGETTO 2164

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Fontanelice nella Città metropolitana di Bologna»

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza, dichiarazioni di voto e reiezione)

(Ordine del giorno 2164/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Presentazione, dichiarazioni di voto e approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Procediamo con le fusioni.

Siamo sull’oggetto 2164. Il relatore della Commissione è il consigliere Roberto Poli, che ha preannunciato di svolgere la relazione orale.

Il relatore di minoranza è il consigliere Daniele Marchetti. Anche lui ha preannunciato di svolgere la relazione orale.

Il progetto di legge è composto da 7 articoli. Su tale oggetto insiste un ordine del giorno, numero 2164/1, di non passaggio all’esame dell’articolato, a firma del consigliere Poli.

La parola al relatore della Commissione, Roberto Poli.

 

POLI, relatore della Commissione: Grazie, presidente. Provo a dare subito l’esempio rispetto ai tempi. Faccio solo un brevissimo commento. Andrò dopo in corridoio un minuto a pensare dove sbaglio, perché ho condiviso in larga misura l’intervento del collega Bignami, sia dal punto di vista istituzionale che dal punto di vista politico. Ha detto cose, secondo me, importanti anche rispetto al tipo di discussione che abbiamo fatto da ieri pomeriggio fino ad arrivare alla tarda mattinata di questa mattina.

Detto questo, per quello che riguarda il progetto di fusione dei tre Comuni di cui io sono relatore, come ho detto in Commissione, faccio i complimenti al collega Marchetti, perché credo che sia importante che noi proviamo a rasserenare gli animi dopo l’esito referendario.

Come ho detto anche durante la campagna referendaria, il giorno dopo quelle comunità, che sono anche piccole, devono trovare le ragioni per stare insieme piuttosto che le ragioni di uno scontro e di una divisione ulteriore. Potrei argomentare a lungo sulle motivazioni portate anche da chi era contrario alla fusione. Casomai un minuto potrò farlo in dichiarazione di voto, ma nel nostro caso l’esito della consultazione referendaria è assolutamente chiaro ed inequivocabile, non si presta ad interpretazioni di sorta e quindi il risultato finale è che la maggioranza dei no ha prevalso sui sì e che in due Comuni ha vinto il no.

Questo è un processo di fusione che, come ho detto due secondi dopo il risultato del referendum, si sarebbe bloccato e così, di fatto, è.

Credo che si rispetti puntualmente e senza nessun tipo di interpretazione di nessun genere l’esito della consultazione dei cittadini, che ha dato il risultato che richiamavo prima.

Adesso credo che occorra che tutti noi lavoriamo a sostegno di quelle comunità, perché comunque i problemi e le difficoltà dei Comuni piccolini restano e l’impegno di tutti credo sia quello di dare una mano affinché possano rispondere nel modo migliore ai bisogni dei loro cittadini.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Poli.

La parola al relatore di minoranza, Daniele Marchetti. Prego.

 

MARCHETTI Daniele, relatore di minoranza: Grazie, presidente. Oggi mettiamo un po’ la pietra tombale su questo processo di fusione. Se ne stava già parlando da diversi anni, perché l’idea di fondere comunque i Comuni della Vallata del Santerno ha origini antiche. Parliamo di dieci anni fa, più o meno, quando addirittura all’inizio era compreso anche Castel del Rio, il quarto Comune all’interno di questo progetto che poi si è sfilato. Comunque, come ha ricordato il relatore di maggioranza Poli, i cittadini si sono espressi in modo chiaro. Il no ha prevalso nei Comuni di Borgo Tossignano e Fontanelice. Dove ha vinto il sì, a Casalfiumanese, il divario è stato davvero minimo, anche se un po’ ha sorpreso, perché comunque era il Comune che era stato individuato come il municipio principale, quello che sarebbe rimasto. In fin dei conti, però, era un po’ un finale già scritto.

Noi l’avevamo detto con certezza e con assoluta tranquillità la volta scorsa. Quando votammo l’indizione del referendum eravamo sicuri che la volontà dei cittadini sarebbe stata contraria a questo processo di fusione, non perché siamo dei geni, ma perché stiamo parlando di Comuni che fanno parte già del Circondario imolese e che quindi hanno già esternalizzato diverse competenze, diversi uffici a questo ente di secondo grado. Pertanto, il processo di fusione veniva visto, ed effettivamente era così, come un ulteriore depotenziamento di quelli che sarebbero poi diventati gli ex municipi sul territorio. Credo che questa comunque sia stata una valutazione che avevate fatto anche voi. Sapevate benissimo che sarebbe stata un’operazione rischiosa, ma evidentemente c’erano altre logiche dietro del tutto legittime.

Con il relatore di maggioranza non abbiamo mai avuto problemi. Ognuno ha portato avanti le sue ragioni, come era previsto dal nostro ruolo di relatori del progetto di legge.

Il fatto di portare avanti questo processo era dettato dal fatto che non è garantita alla prossima tornata delle elezioni amministrative la vostra vittoria, ad esempio, nel Comune di Borgo Tossignano dove l’ultima volta avete vinto per una manciata di voti, e per questo dovete ringraziare il Movimento 5 Stelle che si era un po’ imposto e si era messo di traverso in questa tornata elettorale in quel Comune dove noi avevamo deciso di fare un passo indietro per non passare da terzi incomodi che avrebbero comunque portato acqua al mulino del PD.

Comunque, avete vinto. Non è garantita la prossima volta e quindi, secondo noi, secondo la nostra lettura, avete cercato comunque di ridisegnare i confini amministrativi di questo territorio per cercare di mantenere l’Amministrazione su l’intera Vallata del Santerno.

I cittadini hanno deciso con la loro testa. Noi abbiamo fatto attività sul territorio andando a spiegare le nostre ragioni. La volontà mi sembra abbastanza chiara. Devo soltanto fare un appunto, così come ho fatto in Commissione. Sul sito istituzionale della Regione, se non era per una nostra segnalazione al CORECOM, sarebbero rimasti comunque dei documenti, del materiale pro-fusione Vallata del Santerno, che quindi mostra un atteggiamento non proprio imparziale come dovrebbe essere quello della Regione che, a livello istituzionale, dovrebbe essere un po’ super partes. Invece, non è stato così, noi abbiamo fatto la nostra segnalazione.

Per fortuna il materiale è stato tolto e per fortuna i cittadini hanno deciso, come dicevo prima, con la loro testa e hanno messo la parola “fine” su questo processo di fusione che era stato mosso, a nostro avviso, non tanto per il bene della comunità o per il bene dei cittadini, ma piuttosto per altre logiche politiche che si nascondevano dietro, ripeto del tutto legittime, ma che non avrebbero portato nulla ai residenti di quei territori che sono già stati privati di pezzi di loro autonomia tramite il Circondario imolese.

Noi come Lega Nord prendiamo atto della volontà popolare. Eravamo già contrari a questo processo di fusione in precedenza e quindi oggi, a maggior ragione, voteremo ancora più convintamente “no” al processo di fusione della Vallata del Santerno.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Daniele Marchetti.

Possiamo passare alla discussione generale. Non ho nessun iscritto in discussione generale su questo argomento. Passiamo alle dichiarazioni di voto sull’ordine del giorno 2164/1. Cinque minuti per Gruppo. Si tratta del non passaggio all’esame degli articoli.

La parola al consigliere Poli, prego.

 

POLI: Grazie, presidente. Naturalmente voteremo a favore del non passaggio all’esame dell’articolato.

Permettetemi una brevissima considerazione perché le questioni sarebbero davvero tante. Si parla di riordino, una vicenda molto complessa che viene da molto lontano. Voglio solo ricordare qui che, se non sbaglio, per i Comuni sotto i 3.000 abitanti al 31 dicembre scade la proroga rispetto all’obbligo delle gestioni associate. Io credo che chi ha fatto campagna contro la fusione della nostra valle abbia fatto una scelta, questa sì, politica con l’obiettivo di indebolire i sindaci e con un elemento di possibilità in più di vincere le amministrative al prossimo giro. Non so se sarà così perché la politica da un giorno all’altro ha dei profondi cambiamenti. Lo conferma l’affermazione del collega Marchetti a cui do atto di essersi comportato, come credo anche per quanto mi riguarda in maniera molto tranquilla e molto serena durante la campagna referendaria, e se sono venute affermazioni forti devo dire non da lui, da qualcun altro sì però, ho scoperto adesso di un’alleanza inedita nel Comune di Borgo Tossignano dove la Lega Nord non ha presentato la lista per dare una possibilità in più ai 5 Stelle.

Nel 2019, quando ci saranno le elezioni amministrative, mi aspetto una lista unica Lega Nord e Movimento 5 Stelle per poter battere il PD.

Dopodiché, il tema di questa campagna elettorale, di questa campagna referendaria è stato, al di là del merito del processo di fusione, dare un colpo al Partito Democratico. Io non so se voi governerete, cosa che non mi auguro, un giorno quelle comunità. Ovviamente non me lo auguro. Allora vi renderete conto che questa battaglia politica, a prescindere dalle prospettive di quelle comunità, è stata un grave errore e dovrete spiegarlo a quelle comunità. È andata così. Non credo sia stata la scelta giusta. Penso che la fusione sarebbe stata la scelta migliore per quelle comunità, per mille ragioni, ma l’espressione del voto dei cittadini è stata chiara e quindi ci fermiamo qui.

In futuro si vedrà. Intanto i Comuni continuano a fare i conti con difficoltà molto grandi e molto forti che forse la fusione avrebbe aiutato, non dico a risolvere, ma sicuramente ad attenuare.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Poli.

La parola alla consigliera Piccinini.

 

PICCININI: Grazie, presidente. La nostra posizione è abbastanza chiara. Rispetteremo ovviamente la volontà dei cittadini. Non eravamo pregiudizialmente contrari a questa fusione, però, a un certo punto, abbiamo rilevato diverse criticità rispetto a questo processo per quanto riguarda soprattutto il metodo. Soprattutto abbiamo palesato il nostro “no”. Abbiamo fatto campagna non pro-fusione nel momento in cui in questa sede fu presentato quel famoso emendamento che, di fatto, attua tutti quei meccanismi per cui si andrà a fusione in ogni caso. Quindi, ci è sembrata un po’ una presa in giro rispetto a un procedimento che era già in corso e che si temeva fosse applicato anche sulla fusione in corso, oltre a diverse criticità e soprattutto rispetto a un metodo che noi non abbiamo condiviso.

Non voglio qui entrare in polemica con nessuno, perché comunque le nostre rilevazioni le abbiamo fatte anche a livello territoriale e quindi il referendum è stato fatto.

Piuttosto che dovermi sentire in dovere di spiegare ai cittadini, consiglierei eventualmente al Partito Democratico di chiedere ai cittadini e di chiedersi il perché questa fusione non è andata avanti.

Noi rispetteremo l’esito popolare e voteremo a favore del non passaggio all’articolato. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Piccinini.

Non ho alcun iscritto in dichiarazione di voto.

 

POLI: Scusi, presidente. Non so se posso intervenire. Mi dica lei se posso parlare. Ho già fatto la dichiarazione di voto, ma ho ancora del tempo.

 

PRESIDENTE (Saliera): No.

 

POLI: Perfetto.

 

PRESIDENTE (Saliera): Ci sono altre dichiarazioni di voto? No.

Possiamo procedere alla votazione sull’ordine del giorno 2164/1.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’ordine del giorno 2164/1 “Non passaggio all’esame degli articoli”.

 

(È approvato all’unanimità dei presenti)

 

PRESIDENTE (Saliera): L’ordine del giorno 2164/1 è approvato.

 

OGGETTO 2304

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Bettola, Farini e Ferriere nella Provincia di Piacenza»

(Reiezione)

(Ordine del giorno 2304/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Presentazione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Procediamo con l’oggetto 2304: Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Bettola, Farini e Ferriere nella Provincia di Piacenza”.

Il testo è stato licenziato dalla Commissione nella seduta del 6 dicembre 2016 con parere contrario.

Il relatore della Commissione è il consigliere Gian Luigi Molinari, che ha preannunciato di svolgere relazione orale. Anche il consigliere, relatore di minoranza, Matteo Rancan, ha preannunciato di svolgere relazione orale.

Su tale oggetto insiste l’ordine del giorno 2304/1 “Non passaggio all’esame degli articoli”, a firma del consigliere Poli.

Prego. La parola al relatore della Commissione, consigliere Gian Luigi Molinari.

 

MOLINARI, relatore della Commissione: Rinuncio all’intervento.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Molinari.

La parola al relatore di minoranza, Matteo Rancan.

 

RANCAN, relatore di minoranza: Rinuncio all’intervento.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Rancan.

Apro la discussione generale. Nessun intervento in discussione generale.

Apro le dichiarazioni di voto sull’ordine del giorno 2304/1 “Non passaggio all’esame degli articoli”. Nessuna dichiarazione di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’ordine del giorno 2304/1 “Non passaggio all’esame degli articoli”.

 

(È approvato all’unanimità dei presenti)

 

PRESIDENTE (Saliera): L’ordine del giorno 2304/1 è approvato.

 

OGGETTO 2305

Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Ponte dell'Olio e Vigolzone nella Provincia di Piacenza»

(Discussione e reiezione)

(Ordine del giorno 2305/1 “Non passaggio all’esame degli articoli” - Presentazione, dichiarazioni di voto e approvazione)

 

PRESIDENTE (Saliera): Passiamo all’oggetto 2305: Progetto di legge d’iniziativa della Giunta, recante “Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Ponte dell'Olio e Vigolzone nella Provincia di Piacenza”.

È stato esaminato nella seduta del 6 dicembre 2016 dalla prima Commissione, con parere contrario. La relatrice della Commissione, consigliera Katia Tarasconi, ha preannunciato di svolgere relazione orale, così come il relatore di minoranza, consigliere Tommaso Foti.

Su tale oggetto insiste l’ordine del giorno 2305/1 “Non passaggio all’esame degli articoli”, a firma del consigliere Poli.

La parola alla relatrice della Commissione, consigliera Katia Tarasconi.

 

TARASCONI, relatrice della Commissione: Rinuncio all’intervento. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Tarasconi.

Ha rinunciato.

La parola al relatore di minoranza, consigliere Tommaso Foti.

 

FOTI, relatore di minoranza: Rinuncio all’intervento.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

Ha rinunciato all’intervento.

Apro la discussione generale. Nessuna richiesta di intervento.

Per l’eventuale conclusione della Giunta, do la parola all’assessore Petitti. Prego.

 

PETITTI, assessore: Grazie, presidente. Alcune rapidissime considerazioni, perché credo che questa discussione svolta ieri e oggi sull’esito dei referendum, in realtà ci deve portare a capire insieme come intraprendere la strada che inevitabilmente, anche sulla base di tutto quello che è emerso nel dibattito, dovrà vedere delle modifiche della legge legata alle fusioni dei Comuni.

Alcune considerazioni, però, dicevo, sono necessarie. È stato sottolineato, e si è corretto il tiro rispetto ad alcune cose che sono emerse, il fatto che noi comunque offriamo un’opportunità ai territori, visto che in alcuni interventi si è detto che questo processo calato dall’alto ha avuto un esito negativo.

È evidente che questo non è vero, poiché si offre proprio un’opportunità ai territori e alle amministrazioni che continuamente si rivolgono alla Regione per intraprendere i percorsi di fusione. Credo che questo sia necessario sottolinearlo perché tutt’ora noi abbiamo una serie di Comuni che stanno chiedendo alla Regione di avviare gli studi di fattibilità.

Serve, allora, porre questo esito referendario sotto la giusta luce di una questione di merito. Inevitabilmente, in moltissimi interventi, questo è emerso. Riguarda il tema della partecipazione, e io dico anche di una giusta consapevolezza che deve emergere dai territori, dai cittadini, nel momento in cui si esprimono col voto referendario sulla scelta legata alle fusioni.

È chiaro che tutti gli strumenti che sono stati posti con i vari ordini del giorno dalle forze politiche sono elementi che io credo dovranno rientrare nel dibattito che poi, in maniera anche approfondita realizzeremo sul percorso delle fusioni. Dico che sono elementi importanti che chiaramente riguardano anche gli strumenti che noi abbiamo già messo in campo.

Voi sapete che quest’anno abbiamo attivato maggiormente oltre agli studi di fattibilità anche tutti i percorsi informativi e partecipativi sulle fusioni. È chiaro che in quella fase siamo anche riusciti a coinvolgere maggiormente i cittadini. Il tema del referendum consuntivo o propositivo, veniva ricordato dal consigliere Foti ma anche da altri consiglieri, rimane un elemento rispetto al quale responsabilizzare di questa scelta non soltanto le amministrazioni che si rivolgono alla Regione ma gli stessi cittadini e la stessa comunità. È ovvio anche che siccome l’elemento vero è la consapevolezza di questa scelta, anche un referendum propositivo, questo lo dico appunto al consigliere Foti, ha la necessità di avere buone ragioni di conoscenza di questa scelta. È anche ovvio che tutte le proposte che sono state avanzate, penso alle risoluzioni del Movimento 5 Stelle, rispetto al fatto che questi esiti referendari potrebbero avere in qualche modo, dopo la consultazione, anche una scelta diversa rispetto all’aggregazione dei Comuni, non soltanto per legge non è possibile perché in qualche modo in contrasto con l’articolo 133 della Costituzione, ma è anche chiaro che rischia, nel momento in cui noi andiamo a coinvolgere i cittadini sul voto, di non porre con chiarezza l’esito referendario.

Le questioni su come realizzare e sviluppare in futuro un referendum che possa in qualche modo non soltanto vedere un’ampia partecipazione, ma ancora una volta, porre al centro la questione della strategicità delle fusioni su cui io mi sento di dire in modo trasversale, che è stata sottolineata l’importanza di questo strumento, la validità non soltanto rispetto alle ricadute economiche che ci saranno nei prossimi anni, ma rispetto ad una serie di strumenti, veniva detto anche questo da diversi consiglieri, non solo di maggioranza ma anche di minoranza, sul tema ovviamente di come riusciremo ad implementare i servizi, di come riusciremo in qualche modo anche a ridurre la pressione fiscale in quegli stessi Comuni, perché questi sono gli esiti e le ricadute positive che si sono già realizzate nelle nove fusioni realizzate nella nostra Regione.

Io credo, appunto, che il modo in cui accompagneremo i prossimi processi è la chiave su cui dovremo anche modificare tutto il percorso normativo su cui stiamo lavorando e rispetto al quale è evidente che anche le considerazioni di questo dibattito su questi sei progetti di legge, ci hanno portato elementi importanti.

Quello che mi sento di dire è che serve comunque anche una coerenza politica rispetto a questa scelta. Come è stato ricordato, non soltanto non ha colore politico il voler procedere rispetto al progetto di fusione, perché sono amministrazioni che in qualche modo hanno abbracciato questa scelta e che riguardano sia forze politiche di centrodestra che di centrosinistra e liste civiche, ma ci sono considerazioni appunto di merito che devono in qualche modo riportare al centro le ragioni per cui noi stiamo costruendo, io dico, anche un processo di riordino istituzionale, che non soltanto riguarda le fusioni, ma anche tutto il lavoro sulle unioni dei Comuni che deve interrogarci in modo importante.

Il dibattito legato a queste sei fusioni, quindi, rimette in campo, io credo, un ragionamento importante, su cui noi siamo impegnati e saremo impegnati anche attraverso il lavoro della Commissione e dell’Assemblea nell’individuare quei giusti strumenti in cui il tema del referendum, non soltanto per la lettura, ovviamente del risultato referendario, perché è chiaro a tutti che la volontà dei cittadini, la volontà popolare vale come principio cardine, non è prerogativa di nessuno il rispetto della volontà popolare, ma chiaramente, lo riteniamo noi, prima di tutti, elemento di grande forza. Ritengo che questo voto e anche il dibattito che si è riaperto sui territori e anche ovviamente in Regione, ci debba far rimettere al centro il tema della partecipazione di una giusta informazione sulla scelta che si va a compiere.

Il lavoro che ci attende quindi andrà in questa direzione e insieme al tema delle fusioni rimetterà in campo anche questo nuovo lavoro che stiamo realizzando sul tema delle unioni dei Comuni.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, assessore Petitti.

Possiamo procedere con la dichiarazione di voto sull’ordine del giorno 2305/1.

Non ci sono iscritti sulla dichiarazione di voto. Passiamo direttamente alla votazione.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’ordine del giorno 2305/1 “Non passaggio all’esame degli articoli”

 

(È approvato all’unanimità dei presenti)

 

PRESIDENTE (Saliera): L’ordine del giorno 2305/1 è approvato.

 

OGGETTO 3023

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: «Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito». A firma dei Consiglieri: Taruffi, Caliandro, Torri, Calvano, Marchetti Francesca, Prodi, Mori, Mumolo, Rossi Nadia, Lori, Iotti, Poli, Serri, Ravaioli, Campedelli, Bagnari, Sabattini, Zoffoli (Testo base) (49)

(Relazione della Commissione, relazione di minoranza e discussione)

(Ordine del giorno 3023/1 oggetto 3716 - Presentazione)

 

OGGETTO 680

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: «Misure regionali denominate Reddito di cittadinanza». A firma dei Consiglieri: Gibertoni, Bertani, Piccinini, Sassi, Sensoli

 

PRESIDENTE (Saliera): Procediamo con l’oggetto 3023, a cui è abbinato l’oggetto 680.

Il testo che è il n. 5 del 2016 è stato licenziato dalla Commissione Politiche per la salute e politiche sociali nella seduta del 6 dicembre 2016, con il seguente titolo: “Misure di contrasto alla povertà e sostegno al reddito”. Il progetto di legge è composto da 12 articoli.

Il relatore della Commissione, consigliere Stefano Caliandro, ha preannunciato di svolgere relazione orale, così come la relatrice di minoranza, consigliera Giulia Gibertoni.

Il Consiglio delle Autonomie locali ha espresso parere favorevole.

Su tale oggetto sono pervenute 36 proposte di emendamento, una a firma del consigliere Foti, dieci a firma dei consiglieri Sensoli e Bertani, una a firma del consigliere Alleva, quattro a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Fabbri e Delmonte, tre a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro, diciassette a firma della consigliera Gibertoni.

È altresì pervenuto l’ordine del giorno n. 3023/1, a firma dei consiglieri Caliandro, Taruffi, Bagnari, Serri, Campedelli, Prodi, Rossi Nadia, Mumolo, Sabattini, Torri, Marchetti Francesca, Zoffoli, Calvano, Poli, Lori, Bessi, Ravaioli e Mori.

Apriamo il procedimento di discussione con la relazione del consigliere Stefano Caliandro, che ha venti minuti. Prego.

 

CALIANDRO, relatore della Commissione: Grazie, presidente. Oggi è una giornata particolare, una giornata in cui questa Regione ha la possibilità, perché ha scelto di farlo, di stabilire un ordine di priorità nella propria azione di governo. L’Emilia-Romagna, nel corso degli anni, nel corso di questo mandato, ha fatto molto per gli ultimi. Si è impegnata a fare molto: penso al fondo per la non autosufficienza, penso ai servizi per la sanità. Si tratta di numeri, di dati. Si tratta di pezzi di società.

Con questo provvedimento, che ha come primo firmatario il consigliere Igor Taruffi, e che è stato fortemente sostenuto dal presidente Bonaccini e dalla vicepresidente Gualmini, questa Regione segna, a mio giudizio, un tratto distintivo e politico-programmatico: stabilisce che nell’ordine delle priorità di questo mandato, nell’ordine delle priorità del nostro modo di fare amministrazione, abbiamo recepito quello che è il monito che da tante parti viene: quello di non lasciare solo gli ultimi. La solitudine di cui parla Zuppi, la solitudine delle persone, quello stato di postazione di fronte al quale gli ultimi si trovano.

E allora questo provvedimento non vi è dubbio che abbia preso le mosse grazie ad un impegno che nel bilancio dell’anno scorso il consigliere Taruffi e il consigliere Torri hanno chiesto che diventasse un impegno della maggioranza. Si è articolato, abbiamo discusso, abbiamo incontrato tante persone, ci siamo confrontati con tanti, diversi punti di vista.

La vicepresidente Gualmini ha seguito passo dopo passo questo rapporto, creando un rapporto sinergico tra l’azione del Consiglio e quella della Giunta, tutti orientati a stabilire che la nostra priorità è la difesa delle persone più in difficoltà, che questo mandato è il mandato della responsabilità.

Quando si leggono le statistiche, penso al rapporto Caritas, ai dati Istat, al recentissimo dell’11 dicembre, dossier di Openpolis ed ActionAid sullo stato di povertà di questo Paese, si ha la fotografia di un esercito di poveri – un esercito: 4,600 milioni di persone vivono in stato di povertà assoluta, 8,5 milioni di persone vivono in stato di povertà relativa; il 28,7 per cento della popolazione italiana è a rischio di povertà. Questi sono i dati di una catastrofe, a cui la risposta non può essere soltanto econometrica o economicista, ma deve, a mio giudizio, valutare il proprio indice di intervento nell’azione politica, facendo tesoro del concetto dell’indice di Gini, che studia le diseguaglianze nella differenza tra ricchezza e povertà e lo studia anche e soprattutto per i Paesi più sviluppati.

Quelli di voi che avranno il piacere e il desiderio di confrontarsi con questo tema, potranno senza dubbio verificare come questa situazione sia una situazione che non è nuova. I Paesi più industrializzati hanno un indice di Gini maggiore. Il concetto di disuguaglianza è quel concetto che prevarica maggiormente le persone più deboli.

Questa relazione volutamente cerca di interpretare la ratio legis del provvedimento, e non anche l’articolato, che pure tante volte abbiamo affrontato. Io credo, e questo è il concetto intorno al quale si muove tutto il provvedimento, che questo provvedimento abbia riscosso il sostegno delle associazioni che si occupano di povertà, perché ha accolto i princìpi fondamentali della Costituzione repubblicana. Molto spesso si dice che questa Repubblica ha degli articoli che sono insostituibili, irrinunciabili, non oggetto di trattativa politica. Bene, questa legge tiene presente questi stessi valori. Penso all’articolo 1, o all’articolo 4: la differenza tra il concetto di “fondata sul lavoro” e il concetto di “pretesa al lavoro”.

Quando i Padri costituenti, penso a Dossetti, a Togliatti o a Costantino Mortati, giurista che ha realizzato l’articolo 1, hanno specificato il concetto di “fondata sul lavoro”, hanno stabilito il concetto ispiratore di questo provvedimento: il fatto che non ci potesse essere una distinzione con i lavoratori, ma dovesse essere il lavoro stesso il valore intorno al quale costruire una società più equa. Al punto che si diceva, nei lavori preparatori dell’articolo 1, che si sarebbe potuti arrivare a non attribuire il diritto di voto a coloro i quali non si impegnavano per il miglioramento della società nella quale avrebbero dovuto vivere. È questo il senso della misura proattiva che noi offriamo alla discussione e all’approvazione di questa Assemblea: un dovere di responsabilità che noi abbiamo nei confronti degli ultimi, ma che le persone fragili hanno il dovere di impegnarsi a superare. Questo scambio è presente nella normativa. Questo scambio è il sale di questo intervento.

Non siamo dunque di fronte a un provvedimento assistenzialista, siamo di fronte a un provvedimento di responsabilità.

Mi piace pensare, ed è stato oggetto degli incontri che abbiamo avuto in questi giorni, che le parole che molto spesso vengono mutuate dal Papa, facciano parte anche nel DNA del nostro dibattito. Nell’incontro mondiale dei movimenti popolari dell’ottobre 2014, Papa Francesco dice che non esiste peggior povertà materiale di quella che non permette di guadagnarsi il pane e priva della dignità del lavoro. Bene, è questo il concetto: noi vogliamo ridare dignità alle persone, alle donne e agli uomini, offrendo loro la possibilità di uscire da quello stato di fragilità. La legge n. 14, che pure questa Assemblea ha già approvato ormai da un anno, è stato il preludio di questo intervento. Questo intervento si propone una dimensione diversa, una dimensione universalistica. Per questo motivo, non ce ne vogliano gli altri consiglieri animati da buone intenzioni, che ci chiedono di superare il concetto universalista, noi abbiamo scelto di fare un provvedimento che abbia due consapevolezze.

L’ambito nel quale possiamo operare non è grande. La forza del provvedimento sta nel fatto che da oggi la Regione Emilia-Romagna ha un capitolo di bilancio nuovo, totalmente dedicato, senza aver tagliato nessun servizio e senza aver tagliato nessuna opportunità. Questo ci rende unici. Questa unicità si accompagna, però, al bisogno – da qui il motivo per il quale con il consigliere Taruffi abbiamo presentato un ordine del giorno – di allargare le maglie di questa possibilità di intervento.

In questo Paese si è mossa e si muove un’alleanza contro le povertà che ha fatto proprio il dibattito su quale debba essere la priorità di intervento. L’Italia e la Grecia sono le uniche due Nazioni senza una legislazione sui temi dell’inclusione sociale e della lotta alle povertà. Se vogliamo essere europei, quindi, l’impegno che dobbiamo prendere è di dare seguito alle associazioni che si sono impegnate nella campagna contro le povertà.

I numeri sono ostinati, si dice, e io di questo sono fortemente convinto. Se i numeri sono ostinati, non vi è dubbio che tra la posta, i soldi, il denaro che siamo disposti a mettere come Regione e quello che lo Stato ha messo siamo in grado, tutto sommato, di coprire un terzo del fabbisogno. Noi abbiamo questa consapevolezza. Quel terzo, evidentemente, però, deve essere un monito. Rinnovo l’appello, anche se so che per ragioni tattiche o politiche non verrà raccolto. Ad ogni modo, sono certo che le persone che si impegnano in politica – non ho dubbi che tutti i consiglieri di questa Assemblea lo facciano genuinamente – sentono il dovere morale di intervenire sui temi della povertà.

L’obiettivo lanciato da Caritas e dalle alleanze contro la povertà, quello di stanziare 2 miliardi di euro per un intervento legislativo nazionale, richiede uno sforzo che solo il PD non è in grado di garantire. Il REIS, il traguardo del 2018, credo che dovremmo tagliarlo insieme. Ho apprezzato il modo in cui la relatrice Gibertoni si è confrontata, con franchezza e onestà intellettuale, sul tema. Abbiamo posizioni diverse. In alcuni casi, siamo riusciti a trovare una sintesi; in altri, anche per una questione di vocazione legislativa, non siamo riusciti a trovare punti di incontro, ma siamo mossi dallo stesso spirito, quello di farci carico delle debolezze.

Forse il punto più importante del provvedimento è la consapevolezza delle varie facce della fragilità. Il provvedimento è multidimensionale perché ha la consapevolezza della necessità di creare un’offerta maggiore per le persone e le famiglie in difficoltà. Il provvedimento è universalistico perché è perfettamente consapevole che in questo Paese gli uomini e le donne sole sono ancora più deboli di fronte alle povertà.

In questi mesi che hanno accompagnato la discussione intorno al provvedimento ho incontrato tante persone impegnate nella lotta alla povertà. L’encomio maggiore che abbiamo ottenuto è stato quello di comprendere che il reddito non è l’unico modo di degradazione delle persone. Esiste una degradazione culturale, una privazione sociale del ruolo che porta verso la disillusione rispetto alla possibilità di uscire dalla crisi. Il fatto che questa Regione abbia quasi il 43 per cento di giovani coppie in stato di povertà assoluta è la cifra del nostro obiettivo.

La retorica porterebbe a dire che tutti ce la possono fare. In realtà, la solidarietà, la giustizia sociale è proprio quella che ti permette di comprendere quando un traguardo è raggiungibile e quando non lo è. Non tutti possono farcela, ma il fatto che non tutti possono farcela non può essere il modo in cui ci sentiamo chiamati fuori da questa responsabilità.

Dobbiamo impegnarci affinché chi ce la può fare, attraverso i nostri Sindaci, attraverso i nostri operatori, possa avere gli strumenti. Per questo considero di grande importanza l’incontro che abbiamo promosso con l’ANCI, con il CAL per cercare di creare una rete attraverso i fondi PON di oltre 10 milioni di euro, per fotografare e aiutare le persone in difficoltà.

I Sindaci mi hanno detto che non dobbiamo conoscere i poveri dei nostri Comuni. Le conosciamo tutte le persone in difficoltà. Ci servono strumenti. Noi pensiamo di aver offerto uno strumento. Non abbiamo identificato l’unica soluzione. Sulle soluzioni siamo disposti a discutere. Sulle priorità no, e le priorità per noi sono gli ultimi.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Caliandro.

La parola alla relatrice di minoranza, consigliera Gibertoni. Prego.

 

GIBERTONI, relatrice di minoranza: Grazie, presidente. Abbiamo avuto da subito, effettivamente, qualche opinione diversa sul modo di intendere un reddito di cittadinanza, di solidarietà o di garanzia. Certo è che questa Assemblea – credo anche la Giunta – non può negare che il tema, alla fine, è entrato nel dibattito. A distanza di due anni dal nostro insediamento è diventata una questione centrale, anche in seguito al protocollo del nostro atto, circa un anno e mezzo fa, che effettivamente ha fatto in modo che anche la maggioranza prendesse una posizione.

Molti in quest’Aula credo conoscano anche il progetto di legge nazionale, quindi la misura di reddito di cittadinanza intesa dal Movimento 5 Stelle come un tema di particolare efficacia, come un tema innovativo. Immagino che altri abbiano, invece, soltanto l’intento di approvare un provvedimento, qualunque esso sia, per poter dire di averlo fatto. Ce ne saranno altri ancora che lo vedranno addirittura come un provvedimento ostile, quindi non in linea con il loro pensiero.

Io non mi sento certamente di demonizzare chi si contrappone a un progetto di legge con sue ricette diverse e, per certi versi, alternative, però certamente mi sento di disapprovare chi addirittura non vuole una misura di reddito di cittadinanza, ma cerca, alcune volte, di dare la sembianza di una misura simile a qualcosa di diverso che, tuttavia, ha qualche elemento in comune.

Noi ci siamo spesi sul tema del reddito di cittadinanza presentando all’inizio una risoluzione che ne chiedeva l’urgenza, poi riversata in un atto della maggioranza. Ci siamo spesi presentando per primi un progetto di legge, che purtroppo non è stato possibile discutere, ma che, tramite gli emendamenti che abbiamo presentato in Commissione e che anche oggi presentiamo, ricorda alla maggioranza i punti cardine del reddito di cittadinanza che volevamo per i cittadini emiliano-romagnoli: una misura che non prevede una forma di elemosina, che non prevede una forma di assistenzialismo o una misura semplicemente caritatevole, ma una misura volta a rendere effettivo ed efficace il diritto al lavoro, una misura, quindi, di sostegno in un Paese che – come è stato ricordato – a differenza di altri Paesi europei non prevede ancora forme continuate di sostegno per persone espulse dal processo lavorativo, dal mondo produttivo o, addirittura, mai entrate nel mondo produttivo.

Quando abbiamo analizzato in Commissione il progetto di legge proposto dalla maggioranza, definito “Reddito di solidarietà”, avevamo già una riflessione avviata da lungo tempo, quindi proposte sostanziali. Allora, certamente, l’iniziativa c’è stata. Siamo davvero aperti al dialogo e al confronto su questo tema, perché – è bene anche ricordarlo – il reddito di cittadinanza o, comunque, questa forma di reddito di solidarietà non ci risulta parte del programma elettorale della maggioranza di questa legislatura. Quindi, siamo perlomeno soddisfatti di poter dire di aver portato il tema all’attenzione e di aver fatto aprire gli occhi alla maggioranza.

Quando il Governo, per inseguire il Movimento 5 Stelle a livello nazionale, ha reso disponibili risorse per la povertà, purtroppo poche in rapporto alle reali necessità, in Commissione, con un emendamento a un atto della maggioranza, siamo riusciti a vincolare le risorse a favore della misura intesa come reddito di cittadinanza.

Restano certamente tanti punti di non contatto. Il fatto, ad esempio, che qualsiasi forma di indennità assistenziale per le persone con disabilità o, peggio, ammortizzatori sociali o indennità connesse alla disoccupazione siano incompatibili con il reddito di solidarietà, quindi escludano, di fatto, una reale forma di integrazione al lavoro di questo strumento e impediscano, quindi, l’accesso allo strumento per molti altri possibili fruitori.

Vi è, poi, una fotografia. È stata richiamata prima. Si tratta di una fotografia importante, quella che ricorda un raddoppio dei cittadini italiani considerabili con la definizione, che ormai normalizziamo, di “poveri”, che raggiungono, ormai, quasi la popolazione dell’Emilia-Romagna. Quindi, ben più che un esercito. Un intero territorio di poveri a cui dobbiamo per forza dare non soltanto un sostegno, ma una possibilità di rientro, di dignità e, quindi, di autorealizzazione, di autonomia, non soltanto di assistenzialismo all’interno della nostra vita sociale, occupazionale e culturale. Questa è una fotografia grave, una fotografia urgente. Su questo siamo stati sempre tutti d’accordo in Commissione, in udienza conoscitiva. Lo saremo anche oggi, ne sono convinta. Eppure, dovremmo essere anche d’accordo nel dirci che questo progetto di legge presentato dalla maggioranza non risponde al bisogno rappresentato da questa fotografia. È un primo passo che non risponde certamente al bisogno di una fotografia così grave e così urgente.

La popolazione povera è in aumento. Anche la popolazione quasi povera è in aumento. Si può essere poveri, anche in Emilia-Romagna, con una casa e un lavoro. Quindi, si può avere una casa di proprietà, si può avere un lavoro, addirittura, eppure si può essere considerati poveri o quasi poveri. La povertà, a questo punto, purtroppo, è diventata una prospettiva reale, una prospettiva normale. Anche i vari contratti atipici hanno creato poveri atipici. Certamente, con la normalizzazione, con l’idea che percepiamo normalmente in merito ai contratti atipici, anche quei poveri sono diventati normali. Quindi, è diventato normale cominciare a pensare che esiste il concetto di mal occupazione, il concetto di povertà e il concetto di quasi povertà, pur accompagnata ad una residenza, all’appoggio in una casa e a un lavoro.

La parola “mal occupazione” la dobbiamo avere ben presente, perché corrisponde a una condizione reddituale connessa anche con l’essere occupati. È un fenomeno nuovo che si traduce nel concetto di “lavoro povero”, chiaramente presente nei dati che mostrano, sì, una disoccupazione statistica in calo, ma che evidenziano certamente anche un incessante impiego dei voucher, la ripresa del ricorso a contratti a tempo determinato, oppure, peggio di questi, le partite IVA obbligate, che, nello stesso tempo, rivelano che non cresce il PIL, non cresce il reddito delle famiglie. Quindi, una fotografia che ci mostra una Regione che ha necessità urgente di dare delle risposte ad una situazione così grave. Il reddito da lavoro, incredibilmente, gravemente, pur essendo una priorità – deve essere una priorità di tutta l’Assemblea legislativa e della Giunta – non rappresenta più la strada principale per uscire dalla povertà. Questo è un cambiamento di gravità incredibile che, probabilmente, anche soltanto fino a una decina d’anni fa, non era prevedibile, immagino, neppure dai sociologi e non certamente dalla classe politica.

Eppure adesso, pur ritenendo ancora prioritario l’inserimento lavorativo e l’aumento dell’occupazione, ma un’occupazione – come abbiamo detto – considerata mala occupazione, anche il reddito da lavoro non rappresenta una possibilità definitiva per uscire da una condizione di povertà o di quasi povertà.

Su questo fatto occorre ragionare. Abbiamo letto anche la ricerca commissionata dalla Giunta all’Università di Modena, che rileva dati molto importanti, e lo fa in un modo molto sensato. In base a questi dati, in Veneto e in Lombardia la situazione è un po’ diversa.

Che cosa abbiamo davanti? Abbiamo davanti un primo passo che, però, deve avviare tutti noi a un ripensamento complessivo delle logiche di welfare. Noi siamo convinti che le politiche regionali di contrasto alla povertà e per l’occupazione debbano anche essere inserite in una logica integrata certamente con le misure nazionali, ma anche con le misure europee. Proprio per questo, quindi, siamo certi che un palliativo ancora limitato, come quello che viene proposto oggi, non sarà definitivo. Però, se tutti ragioneremo con serietà, ad esempio attorno all’utilizzo delle risorse europee e a un ridisegno del welfare regionale, nel cui ambito questo può essere visto soltanto come un primo piccolo tassello sperimentale, da verificare, come chiediamo ufficialmente oggi ad un anno dall’approvazione, in modo da capire che cosa avrà funzionato e che cosa avrà funzionato meno nel procedimento, forse raggiungeremo una consapevolezza maggiore di come integrare le politiche e le misure, ossia, in primo luogo, interrogarsi su che tipo di welfare possiamo dare, che tipo di welfare possiamo contribuire a ridisegnare insieme, capire se sia possibile anche riprogettarlo, trasformare i tanti interventi che lo compongono in una logica nuova, anche con interventi che possano essere sostitutivi di interventi che, di fatto, in questa regione sono già presenti, ma dispersi in tanti rivoli che nessuno, per adesso, ha mai provveduto ad accorpare in un unico procedimento.

Noi abbiamo, ad esempio, guardato uno studio esemplificativo di altri. Questo, in realtà, è del 2013, quindi non recentissimo, ma neanche perso nel passato. Tale studio ricorda che, più o meno, in Emilia-Romagna per interventi ai servizi sociali si arriva a una spesa di 500 milioni per i comuni. 500 milioni sono anche di più rispetto a quanto noi ipotizzavamo per un vero reddito di cittadinanza regionale. Parliamo di circa il doppio di quanto ipotizzavamo.

A nostro parere, se c’è il coraggio, se c’è la volontà politica di inaugurare, di varare un vero reddito di sostegno, un vero reddito di garanzia e di inclusione, anche lavorativa, bisogna partire anche da tutti quei mille rivoli in cui già tanti provvedimenti sociali sono, in qualche modo, dispersi e mai accorpati, mai ottimizzati, mai riprogettati, ridisegnati in una nuova forma di welfare. In quel caso, avevamo già tutti i fondi possibili disponibili per inaugurare e varare un vero reddito di cittadinanza, che sarebbe stata una soluzione effettiva senza bisogno di questo che io considero un anno di sperimentazione.

Noi chiediamo che tra un anno si ritorni in Aula e si facciano le dovute verifiche rispetto al reddito di solidarietà proposto oggi dalla maggioranza. A quel punto, di fatto, anche integrandoci con misure nazionali ed europee, non ci sarebbe stato bisogno di molto altro, se non ridisegnare cose già disponibili.

Affrontando il merito del provvedimento, vediamo anche parti che sono state recepite o, comunque, un impianto che non è completamente dissimile dalla nostra proposta di un anno e mezzo fa. Per esempio, c’è la compresenza degli strumenti di attivazione sociale, di supporto all’inserimento lavorativo, di indennità economiche. Si insiste sull’integrazione di ruoli e di funzioni fra Comuni e centri per l’impiego. Nella stessa articolazione del provvedimento, in princìpi e disposizioni generali e in un successivo Regolamento che affronti e sciolga anche le complessità della legge, noi rinveniamo in ogni caso l’accoglimento di una serie di proposte di sostanza che rappresentavano lo scheletro e i princìpi cardine, perlomeno, del nostro progetto di legge.

Le categorie dei destinatari, però, sono, nella migliore delle ipotesi, ancora una piccola estensione dei beneficiari del SIA nazionale. Questo è un punto che noi vediamo criticamente. Nonostante l’impianto di fondo previsto dal progetto del Movimento 5 Stelle sia ripreso, al di là dell’architettura interna e di alcuni blocchi concettuali, di cui rendiamo merito, perché sono stati effettivamente accolti, per gli strumenti di attuazione, per il processo, per le specifiche, secondo noi, ci sono ancora una serie di passi da fare, che si potranno compiere anche verificando l’attuazione concreta.

Un ultimo aspetto nettamente più evidente nel nostro progetto è sicuramente quello che riguarda una maggiore attenzione da dedicare alla nuova povertà di chi ha già un lavoro. Analogie ce ne sono, ma ci sono anche profonde differenze. Non soltanto il SIA nazionale, certamente applicato in questa Regione, affronta un’estensione più piccola di quella a cui si rivolgeva potenzialmente il nostro progetto di legge. Una misura come il SIA non poggia, infatti, su una reale prospettiva, di suo, all’inserimento lavorativo, cioè alla vera fonte primaria, la prima fonte, ancorché non sempre sufficiente, di fuoriuscita da una condizione di povertà o di quasi povertà. Però, il fatto stesso di considerare le indennità di disoccupazione come incompatibili con il reddito di solidarietà significa escludere dall’intervento proprio le categorie di persone che più di altre potrebbero essere accompagnate da una seria attuazione di questo provvedimento all’uscita dalla condizione di povertà verso una condizione di lavoro dignitoso e sufficiente a mantenersi. Il principale agente delle azioni dirette a fuoriuscire dalla povertà e ricostruire la propria dignità viene, a volte, abbandonato a se stesso.

In altri termini, il provvedimento pensato dalla maggioranza rischia addirittura di risultare a volte non utilizzabile, non fruibile, ossia non speso in una Regione come la nostra caratterizzata da una forte presenza di persone povere fra i giovani e anche fra gli adulti.

Il nostro progetto di legge, nella consapevolezza sia della gravità del problema sia delle caratteristiche della povertà nella nostra Regione, si prefiggeva di individuare un percorso diretto di cui, però, noi oggi vogliamo vedere la presentazione del progetto di legge della maggioranza come un primo passo verso una riprogettazione del welfare che possa partire nella congiuntura più ampia delle forze politiche, anche tenendo presente le buone pratiche, di cui alcune sono state esemplificate in udienza conoscitiva. Penso che questa sia una scelta comune peraltro a quanto avvenuto in Trentino, in Alto Adige, a quanto sembra di leggere in filigrana all’inizio almeno nella legge del Friuli, a quanto è avvenuto in tutti i Paesi europei che annoverano nel proprio strumentario di politiche di coesione sociale e di inclusione lavorativa strumenti che possono essere reti di solidarietà, di garanzia, di inserimento.

È una scelta che ci sembra anche in sintonia con le ambizioni che la Regione Emilia-Romagna ha avuto fino a un certo punto, che oggi vogliamo credere non siano totalmente scomparse.

Il risultato prodotto dai due Gruppi consiliari di maggioranza, però, nei fatti, possiamo vederlo non come un’azione di supporto e sostegno a povertà e nuove povertà definitivo, ma come l’avvio di un discorso che vogliamo veder crescere giorno per giorno, con precise scadenze per verificare l’efficacia e il funzionamento.

Merita particolare attenzione a questo riguardo il fatto che per la maggioranza il reddito di solidarietà è incompatibile con interventi economici che erano già classicamente orientati verso persone che non lavorano, ma che avrebbero voluto lavorare. Prima citavo l’indennità di disoccupazione. Questa è una scelta che resta opposta non soltanto alla nostra, ma anche a un ragionamento di buon senso, di incentivazione e supporto all’occupazione.

Partendo anche dallo studio affidato all’Università di Modena, dobbiamo ripartire chiedendoci oggi quali sono le caratteristiche della povertà in Emilia-Romagna, quindi un posto dove abbiamo detto, stando anche allo studio dell’Università, che chi è povero lo è di più anche rispetto alle regioni confinanti. Citavamo il Veneto e la Lombardia, se si eccettua effettivamente il Piemonte. Parliamo di una regione dove c’erano ambizioni, c’era una tradizione che si può ancora riprendere se la riflessione viene accolta da tutte le forze politiche. È un posto dove, a fronte della presenza di un lavoratore nel nucleo familiare in condizioni di povertà, non si riesce a migliorare per nulla lo stato di difficoltà.

La condizione, quindi, anche dei poveri che lavorano è particolarmente grave e la nostra povertà in Emilia-Romagna ha il volto di chi, pur lavorando, non ce la fa, perché il lavoro ancora paga poco, è precario e i costi del vivere sono altissimi ed è anche alta la percentuale certamente di persone relativamente qualificate tra le persone in difficoltà. Eppure, lo studio svolto dall’Università indica in qualche modo una strada, esattamente come le nostre proposte volevano indicare un impegno all’agenda politica della Giunta.

Lo studio dell’Università viene in parte smentito dalle scelte del progetto di legge presentato alla fine dalla maggioranza e in qualche modo anche gli impegni, se di lungo periodo, vengono disattesi. Infatti, il PDL che oggi entra in Aula ha accolto qualche modifica, ha accolto qualche emendamento. Altri li presenteremo nel corso della mattinata. Ci teniamo ancora a pensare di poter modificare, di poter far convergere la maggioranza che in questo momento presenta un progetto di legge imperfetto o comunque non sufficiente a costituire una soluzione in un provvedimento serio e capace di percorrere una strada che non dia per scontata l’esistenza della povertà – questo ce lo siamo detti durante le varie discussioni –, che non contribuisca in nessun modo a rendere una categoria in Emilia-Romagna, quella del povero, o a dirsi che c’è qualcuno per cui non si potrà mai fare nulla, che c’è qualcuno che non potrà mai veramente uscire dalla soglia di povertà, che non potrà mai essere davvero riavviato al lavoro, proprio perché ci siamo detti (l’abbiamo detto subito dopo il nostro insediamento e ci sembrava che la maggioranza ci seguisse) che nessuno dovrebbe essere lasciato solo.

Quindi, se questo è vero, allora né si può categorizzare la povertà come normale in Emilia-Romagna né si può pensare che chi lavora non riesca comunque a uscire da una condizione di difficoltà e neppure che si dia per scontato che ci sia qualcuno per cui non si potrà mai fare nulla.

Noi oggi riproporremo gli emendamenti che intervengono rispetto a singole scelte di sostanza, proposte nella struttura e nell’impianto del nostro PDL. Chiediamo, quindi, una radicale inversione di rotta a partire da una riflessione comune.

I nostri emendamenti sono finalizzati – li vedremo dopo – a riportare l’intervento di contrasto della povertà e di attivazione sociale e lavorativa dei beneficiari ad un livello che sia consono al livello di una Regione come l’Emilia-Romagna.

Siamo consapevoli certamente che il progetto comporta un ripensamento del welfare regionale, ma siamo anche convinti che serva proprio a questo.

Immaginiamo una parziale sordità della maggioranza in questo, ma ugualmente non rinunciamo. Ci sembra questa una battaglia da condurre fino in fondo, con l’intento di migliorare un provvedimento che in parte è insufficiente. Nello stesso tempo, sappiamo che è un compito difficile, sappiamo che non si ridisegna un welfare in una giornata, anche se la discussione ormai tra Commissioni, discussioni piccole o allargate, va avanti da un anno e mezzo circa.

Questo è certamente un compito difficile e su questo chiediamo massima serietà. Non siamo in grado su questo di poter in nessun modo far calare l’attenzione. Chiediamo massima serietà e massimo impegno e ci auguriamo che si possa fare ancora la discussione questa mattina su alcune caratteristiche di sostanza, in particolare su una su cui abbiamo presentato un emendamento nuovo questa mattina, che riguarda la soglia ISEE, e sul carattere sperimentale di questo provvedimento.

La maggioranza l’ha ricordato con frequenza a parole. Ha detto che questo ha carattere sperimentale. È un avvio, e su questo siamo d’accordo. Un avvio di discussione è meglio che niente, ma dato che non possiamo accontentarci del meglio che niente si parla marginalmente di sperimentazione, lo si fa all’articolo 4 inviando ad azioni di monitoraggio e alla clausola valutativa, però è un punto ancora scritto con una certa reticenza, reso anche meno significativo da alcuni interventi prodotti nel passaggio in Commissione e pure su questo punto non transigiamo.

Se il carattere è sperimentale, che un esperimento sia e che si torni in aula, da qui ad un anno, per vedere come si è tenuto fede all’impegno di verificare l’efficacia e come questo progetto di legge, ancora oggi debole, possa essere parte di un percorso in cui tutti ci impegniamo per riscrivere il welfare in questa Regione. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliera Gibertoni.

Discussione generale. La parola al consigliere Taruffi.

 

TARUFFI: Grazie, presidente. Innanzitutto vorrei ringraziare il consigliere Marchetti per la gentilezza di avermi ceduto la parola.

Il progetto di legge di oggi è stato voluto fortemente dai Gruppi di maggioranza, da me come primo firmatario e dal collega Torri come Gruppo SEL. In qualche modo questo progetto di legge segna un elemento di innovazione importante per questa Regione per i contenuti sui quali ha già detto il relatore di maggioranza Caliandro, che ringrazio per il lavoro svolto, per la disponibilità e per l’attenzione con la quale ci siamo relazionati in questi mesi ormai, ma dobbiamo rivendicare tutti come importante il fatto che sia un provvedimento, un progetto di legge di iniziativa dell’Assemblea, d’iniziativa dei consiglieri e che quindi riporta un pochino all’Assemblea quello che è il ruolo principale dell’Assemblea stessa, cioè la proposizione e l’approvazione di testi di legge.

Nel ricordare come siamo arrivati a questo passaggio, al testo di oggi, credo sia utile ricordare a tutti che siamo partiti da una risoluzione datata aprile 2014 che testualmente impegnava “la Giunta a stanziare le risorse ad aprile 2015 (parliamo del bilancio 2016) per finanziare la legge e impegnava l’Assemblea a fare la legge sul reddito”.

Siamo arrivati alla fine del 2016 e stiamo per approvare il testo di legge. Credo che in qualche modo possiamo rivendicare il fatto di aver mantenuto fede ad un impegno preso in aula dai Gruppi. Lo faccio subito e poi lo farò anche alla fine, perché ci tengo.

Personalmente ringrazio la Giunta, la vicepresidente Gualmini e il presidente Bonaccini che hanno mantenuto l’impegno che avevano assunto con l’approvazione di quella risoluzione e che hanno, come noi, portato avanti in questo progetto di legge.

Stanziare le risorse a bilancio, i 35 milioni che noi mettiamo come Regione nel bilancio di quest’anno e nei prossimi – e su questo due parole dopo le dirò – non era né scontato, né dovuto, né semplice.

Quando si è di fronte a passaggi così, credo sia importante sottolinearlo come valore comune, perché abbiamo fatto e stiamo facendo, secondo me, un’operazione importante che, come sempre, quando si fanno operazioni importanti non ha un solo protagonista, non c’è solo uno che è titolare dei meriti, ma di solito si vince o si fanno delle cose positive in squadra. Questo credo sia un insegnamento che ci ha dato anche l’ultimo referendum che abbiamo visto. Quando qualcuno pensa di potercela fare da solo poi è il risultato che va a sbattere. Nessuno basta a se stesso, in politica come nel resto della vita. Quando si arriva a compiere un risultato come quello che io credo stiamo compiendo oggi i meriti vanno suddivisi e vanno riconosciuti a chi li ha.

Per questo voglio sottolineare quello che per me è stato un passaggio importante nell’intergruppo che abbiamo costruito, che ha dato il là ai vari progetti di legge che poi sono arrivati, sia quello del Movimento 5 Stelle che quello dei Gruppi SEL e PD.

Siamo di fronte a una situazione di crisi che interroga profondamente la politica e le Istituzioni, crisi economica, crisi sociale. La politica e le Istituzioni devono dare risposte. Ovviamente la prima è la principale risposta per consentire alle persone di uscire dalle situazioni di fragilità, di sofferenza e di povertà, una povertà che non è più solo strisciante, ma che attanaglia ormai una parte sempre crescente della società nella nostra regione come nel Paese. Ovviamente la prima risposta è quella di cercare le condizioni per creare occupazione, perché ovviamente è il lavoro che consente alle persone di uscire dalla situazione di povertà, di fragilità e di difficoltà sociale.

Il valore del lavoro è fondamentale non solo dal punto di vista economico, come sappiamo, ma anche dal punto di vista della dignità delle persone. Ovviamente siamo consapevoli, però, del fatto che il lavoro e l’occupazione non si creano per legge, perché al massimo si possono creare le condizioni per costruire investimenti e favorire il rilancio dell’occupazione, però, per legge, si può tentare, almeno in parte, di redistribuire le risorse e cercare di farlo guardando a quelli che hanno meno, alle persone che hanno redditi molto bassi, alle persone che veramente sono al di sotto di quella soglia di povertà che non consente loro di vivere una vita dignitosa.

Questi sono obiettivi molto ambiziosi e siamo consapevoli, perché non siamo sciocchi, né stolti, che il progetto di legge che oggi stiamo esaminando non può da solo risolvere tutti i problemi e non è certo la panacea di tutti i mali. Segna, però, un punto importante per questa regione e credo non solo per questa regione, perché afferma un principio fondamentale e alle volte dall’affermazione dei principi dopo si riescono anche a trovare le risposte per rendere concreto e completo quel principio che si va affermando.

Noi oggi diciamo che esiste una soglia di reddito al di sotto della quale le Istituzioni pubbliche intervengono per aiutare economicamente le persone che sono in quella condizione. Non mi appassiono mai ai dibattiti nominalistici, quindi non mi interessa stabilire che tipo di reddito sia quello che stiamo introducendo nel nostro ordinamento regionale. Mi interessa, però, una cosa chiara. Stabiliamo con questa legge, con questo progetto, quello che ho detto: esiste una soglia al di sotto della quale le Istituzioni pubbliche intervengono per aiutare economicamente le persone che sono in difficoltà.

Quella soglia potrà variare e se e quando ci saranno le possibilità per modificarla si potrà anche farlo, però il principio è affermato. Affermiamo, insieme a questo principio, anche un altro: alle persone che sono in difficoltà e che sono in una condizione di fragilità chiediamo di far parte, insieme ovviamente alle Istituzioni che dovranno farsene carico, di un percorso per provare a uscire dalla condizione di fragilità, di difficoltà e di povertà.

Non è un provvedimento che ha valenze una tantum, non è assistenzialismo fine a se stesso, ma ha due caratteristiche per noi molto importanti. La prima caratteristica è quella di avere una valenza universalistica, perché noi ci rivolgiamo a tutti i cittadini di questa regione, che sono residenti in questa regione e alle persone che sono difficoltà e diciamo loro: “Proviamo a essere al vostro fianco, proviamo a darvi una mano, proviamo a costruire insieme un percorso per uscire dalla vostra condizione di difficoltà e di fragilità”. Ovviamente quando dico “noi” intendo dire il sistema nel suo complesso e quindi un ruolo importante avranno anche le Amministrazioni comunali, i servizi sociali dei Comuni che abbiamo incontrato, con i quali ci siamo confrontati e che ci hanno riconosciuto – ovviamente anche qui uso il plurale non a caso – il merito, dopo tanti anni, di aver fatto un intervento espansivo in un ambito, quello del welfare, che ha subito negli anni spesso purtroppo tagli e riduzioni di spesa.

Le Amministrazioni che abbiamo incontrato, i soggetti che poi dovranno concretamente dare gambe a questo progetto, hanno indubbiamente apprezzato questo progetto di legge e ci hanno anche segnalato le difficoltà che, anche qui, con grande laicità e con grande trasparenza, sappiamo che potranno esserci e che per questo vogliamo verificare in un percorso continuativo anche in stretto rapporto con la Giunta che dovrà poi approvare il regolamento attuativo della legge per verificare che effettivamente le cose che abbiamo scritto in legge trovino concreta applicazione nella realtà e che il sistema pubblico, nel suo insieme, riesca, ancora una volta, a dare una risposta alle persone più deboli di questa regione.

Dico “ancora una volta” perché questo provvedimento, che è evidentemente innovativo, introduce innovazioni importanti a partire dall’istituzione di un nuovo capitolo di spesa nel bilancio della Regione. Si tratta di un provvedimento innovativo che, però, si inserisce in un solco che è quello della tradizione amministrativa di questa Regione, che è una tradizione importante che ha sempre cercato di dare risposte alle persone più deboli. Direi forse che è il solco più vero della tradizione amministrativa che ereditiamo da chi ci ha preceduto.

Le caratteristiche di questo progetto di legge e anche le risorse che abbiamo stanziato e che possono apparire non sufficienti a dare risposta alla platea di persone che vivono oggi nella nostra regione vivono in una condizione di povertà è comunque uno sforzo importante, molto significativo e ripeto ancora una volta strutturale; caratteristica fondamentale che distingue i provvedimenti una tantum, la distribuzione di risorse a pioggia, da un progetto, da una modalità di fare politica e da una modalità di vivere e pensare le Istituzioni.

Oggi apriamo un percorso. Non siamo così ingenui da pensare che questo sia il punto d’arrivo. Questo è il punto di partenza di un percorso che, insieme, dovremo verificare, potremo verificare e abbiamo la responsabilità di portare avanti anche, perché no, se la realtà ci dimostrerà che sarà necessario modificare. Quando si fa un progetto di legge, quando si fa una legge innovativa, quando si introduce un principio, quando si afferma un principio, bisogna avere l’umiltà di sapere che si può correggere, perché la realtà spesso è più complicata di come la possiamo immaginare o come pensiamo di poterla disegnare.

Pertanto, sia sulle soglie sia sulla valutazione della legge c’è da parte nostra, da parte di chi ha sottoscritto quel progetto di legge e lo ha portato avanti, la disponibilità a ragionare, a correggere, a modificare, però penso anche che ci sia, da parte di quest’aula, la necessità di riconoscersi reciprocamente un lavoro importante, perché ribadisco, questo progetto di legge è nato qui, è nato da dati che ho ricordato, che abbiamo discusso e votato insieme, è proseguito nel confronto che abbiamo fatto in Commissione, nel confronto, ovviamente, con la Giunta, però penso che oggi segniamo un punto importante.

Sarà poi la realtà a dirci se effettivamente avremo fatto tutto bene o se, come può darsi, dovremmo correggere qualcosa. Però su questi temi, invece di ricordarsi e di ricordarci chi ha fatto prima che cosa, penso che dobbiamo e possiamo avere l’orgoglio di dire che insieme stiamo introducendo un’innovazione nel panorama dell’ordinamento legislativo regionale che può anche essere un punto di riferimento, e lo voglio dire con chiarezza, per il panorama nazionale. Alla situazione di crisi e di scollamento che si registrano nella società, questo può essere un segnale importante che può aprire un percorso anche per le politiche nazionali. È evidente infatti, e anche qui lo dico con chiarezza, che noi ci agganciamo a un progetto del Governo, qualunque sia, dal quale peraltro prenderemo risorse, però lo ampliamo e lo miglioriamo. Penso che il pacchetto complessivo possa rappresentare veramente un punto di riferimento e un laboratorio per l’intero Paese, che è poi quello che ha sempre fatto la nostra Regione. La tradizione migliore dell’Emilia-Romagna è stata sempre questa: quella di essere in qualche modo guida e punto di riferimento per gli altri. Lo abbiamo fatto spesso e dobbiamo continuare a fare.

Avremo modo dopo di discutere e di valutare tutto l’articolato. Io concludo, e lo faccio davvero con sincerità, a nome del nostro Gruppo, a nome del Gruppo SEL. Ringrazio non formalmente i colleghi di maggioranza, tutti, con i quali abbiamo fatto una discussione vera, una discussione, credo positiva, importante, senza nascondere le varie e diverse sensibilità. Li voglio ringraziare perché hanno dimostrato che effettivamente in questa Regione c’è la possibilità di continuare a pensare a un centrosinistra, lo voglio dire con chiarezza, che governa insieme e con buoni risultati. Ringrazio, come ho detto, la vicepresidente Gualmini, perché ha dimostrato anch’ella disponibilità nel ragionare insieme. Come ho detto all’inizio, chiudo con lui, col presidente, perché ad onor del vero, a parola data, impegno mantenuto. E siccome non sempre, anzi, ultimamente spesso, non sono stato d’accordo con lui su scelte politiche magari più generali, in questo caso non posso non riconoscere la disponibilità, la correttezza e la franchezza con le quali abbiamo condotto insieme quello che, ripeto, secondo me è un ottimo punto di partenza per la nostra Regione, che dà un segnale chiaro di quello che dovrebbe essere, secondo me, il modo di governare e di guardare alle condizioni reali del Paese.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Taruffi.

Vista l’ora, sono le 12,56, non darei ora la parola al consigliere Daniele Marchetti, ma in apertura. Arrivederci a dopo. Alle ore 14 c’è la riunione con i Capigruppo, alle ore 13 l’Ufficio di Presidenza.

 

La seduta è tolta.

 

La seduta ha termine alle ore 12,56

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Enrico AIMI, Piergiovanni ALLEVA, Mirco BAGNARI, Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Gianni BESSI, Galeazzo BIGNAMI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Gabriele DELMONTE, Alan FABBRI, Tommaso FOTI, Giulia GIBERTONI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

il sottosegretario alla Presidenza Andrea ROSSI;

gli assessori: Simona CASELLI, Andrea CORSINI, Palma COSTI, Paola GAZZOLO, Elisabetta GUALMINI, Massimo MEZZETTI, Emma PETITTI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta gli assessori Patrizio BIANCHI, Raffaele DONINI e Sergio VENTURI.

 

Votazioni elettroniche

 

OGGETTO 2079/1 “Ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli, del progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mondaino, Montegridolfo e Saludecio nella Provincia di Rimini». A firma del consigliere Poli

 

Presenti: 41

 

Favorevoli: 40

Mirco BAGNARI, Andrea BERTANI, Gianni BESSI, Galeazzo BIGNAMI, Stefano BONACCINI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Alan FABBRI, Tommaso FOTI, Giulia GIBERTONI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Andrea ROSSI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Non votanti: 1

Simonetta SALIERA.

 

Assenti: 9

Enrico AIMI, Piergiovanni ALLEVA, Stefano BARGI, Gabriele DELMONTE, Massimo IOTTI, Gian Luigi MOLINARI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Katia TARASCONI.

 

OGGETTO 3627 “Risoluzione per impegnare la Giunta e l’Assemblea a non approvare il progetto di legge relativo alla fusione dei Comuni di Mondaino, Montegridolfo e Saludecio, a verificare l'iter di fusione per incorporazione fra i Comuni di Mondaino e Montegridolfo, apportando inoltre modifiche alla legge regionale n. 24/1996, riguardanti la fattispecie in cui "… l'esito del referendum sia favorevole alla fusione solo in una parte dei Comuni interessati...". A firma dei Consiglieri: Bertani, Sensoli”

 

Presenti: 43

 

Favorevoli: 13

Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Alan FABBRI, Tommaso FOTI, Giulia GIBERTONI, Andrea LIVERANI, Daniele MARCHETTI, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Massimiliano POMPIGNOLI, Matteo RANCAN, Gian Luca SASSI, Raffaella SENSOLI.

 

Contrari: 29

Mirco BAGNARI, Gianni BESSI, Stefano BONACCINI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Barbara LORI, Francesca MARCHETTI, Gian Luigi MOLINARI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Roberto POLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Andrea ROSSI, Nadia ROSSI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Non votanti: 1

Simonetta SALIERA.

 

Assenti. 7

Enrico AIMI, Piergiovanni ALLEVA, Galeazzo BIGNAMI, Gabriele DELMONTE, Massimo IOTTI, Fabio RAINIERI, Luca SABATTINI.

 

Ordini del giorno

 

OGGETTO 2079/1 “Ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli, del progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Mondaino, Montegridolfo e Saludecio nella Provincia di Rimini». A firma del consigliere Poli

 

«L’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna

 

Visto il progetto di legge di cui all’oggetto;

 

Considerato il parere contrario espresso in sede referente dalla Commissione assembleare “Bilancio, Affari generali ed istituzionali”;

 

Ritenuto di condividere le argomentazioni che hanno portato al parere contrario della Commissione assembleare;

 

Ai sensi dell’art. 92 del Regolamento

 

delibera

 

il non passaggio all’esame degli articoli.»

(Approvato)

 

OGGETTO 2164/1 “Ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli, del progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Borgo Tossignano, Casalfiumanese e Fontanelice nella Città metropolitana di Bologna». A firma del consigliere Poli

 

«L’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna

 

Visto il progetto di legge di cui all’oggetto;

 

Considerato il parere contrario espresso in sede referente dalla Commissione assembleare “Bilancio, Affari generali ed istituzionali”;

 

Ritenuto di condividere le argomentazioni che hanno portato al parere contrario della Commissione assembleare;

 

Ai sensi dell’art. 92 del Regolamento

 

delibera

 

il non passaggio all’esame degli articoli.»

(Approvato)

 

OGGETTO 2304/1 “Ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli, del progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Bettola, Farini e Ferriere nella Provincia di Piacenza». A firma del consigliere Poli

 

«L’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna

 

Visto il progetto di legge di cui all’oggetto;

 

Considerato il parere contrario espresso in sede referente dalla Commissione assembleare “Bilancio, Affari generali ed istituzionali”;

 

Ritenuto di condividere le argomentazioni che hanno portato al parere contrario della Commissione assembleare;

 

Ai sensi dell’art. 92 del Regolamento

 

delibera

 

il non passaggio all’esame degli articoli.»

(Approvato)

 

OGGETTO 2305/1 “Ordine del giorno di non passaggio all’esame degli articoli, del progetto di legge d’iniziativa della Giunta recante: «Istituzione di nuovo Comune mediante fusione dei Comuni di Ponte dell’Olio e Vigolzone nella Provincia di Piacenza». A firma del consigliere Poli

 

«L’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna

 

Visto il progetto di legge di cui all’oggetto;

 

Considerato il parere contrario espresso in sede referente dalla Commissione assembleare “Bilancio, Affari generali ed istituzionali”;

 

Ritenuto di condividere le argomentazioni che hanno portato al parere contrario della Commissione assembleare;

 

Ai sensi dell’art. 92 del Regolamento

 

delibera

 

il non passaggio all’esame degli articoli.»

(Approvato)

 

 

LA PRESIDENTE

I SEGRETARI

Saliera

Rancan - Torri

 

 

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