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111.

 

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 14 DICEMBRE 2016

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

INDI DELLA VICEPRESIDENTE SONCINI

 

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile sul sito dell’Assemblea

 

OGGETTO 3023

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito". A firma dei Consiglieri: Taruffi, Caliandro, Torri, Calvano, Marchetti Francesca, Prodi, Mori, Mumolo, Rossi Nadia, Lori, Iotti, Poli, Serri, Ravaioli, Campedelli, Bagnari, Sabattini, Zoffoli (Testo base) (49)

(Continuazione discussione, esame articolato, dichiarazioni di voto e approvazione)

(Ordine del giorno 3023/1 oggetto 3716 - Discussione e approvazione)

 

OGGETTO 680

Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Misure regionali denominate Reddito di cittadinanza". A firma dei Consiglieri: Gibertoni, Bertani, Piccinini, Sassi, Sensoli

PRESIDENTE (Saliera)

MARCHETTI Daniele (LN)

PARUOLO (PD)

ALLEVA (Altra ER)

POMPIGNOLI (LN)

BARGI (LN)

FOTI (FdI)

CALVANO (PD)

PRESIDENTE (Soncini)

SASSI (M5S)

TORRI (SEL)

FABBRI (LN)

MUMOLO (PD)

CALIANDRO (PD)

BONACCINI, presidente della Giunta

GUALMINI, vicepresidente della Giunta

MARCHETTI Daniele (LN)

MARCHETTI Daniele (LN)

GIBERTONI (M5S)

AIMI (FI)

GIBERTONI (M5S)

GIBERTONI (M5S)

BERTANI (M5S)

CALIANDRO (PD)

GIBERTONI (M5S)

TARUFFI (SEL)

BERTANI (M5S)

CALIANDRO (PD)

PRESIDENTE (Soncini)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Votazione elettronica oggetto 3023

Emendamenti oggetto 3023 - 3716

Comunicazione prescritta dall’articolo 69 del Regolamento interno

 

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE SALIERA

 

La seduta ha inizio alle ore 15,18

 

PRESIDENTE (Saliera): Dichiaro aperta la centoundicesima seduta della X legislatura dell’Assemblea legislativa.

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta gli assessori Donini, Venturi e il consigliere Molinari.

 

OGGETTO 3023

Progetto di legge d’iniziativa Consiglieri recante: «Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito». A firma dei Consiglieri: Taruffi, Caliandro, Torri, Calvano, Marchetti Francesca, Prodi, Mori, Mumolo, Rossi Nadia, Lori, Iotti, Poli, Serri, Ravaioli, Campedelli, Bagnari, Sabattini, Zoffoli (Testo base) (49)

(Continuazione discussione, esame articolato, dichiarazioni di voto e approvazione)

(Ordine del giorno 3023/1 oggetto 3716 - Discussione e approvazione)

 

OGGETTO 680

Progetto di legge d’iniziativa Consiglieri recante: “Misure regionali denominate Reddito di cittadinanza”. A firma dei Consiglieri: Gibertoni, Bertani, Piccinini, Sassi, Sensoli

 

PRESIDENTE (Saliera): È in discussione l’oggetto 3023 abbinato all’oggetto 680.

Siamo nella fase di discussione generale. Darei la parola al consigliere Daniele Marchetti. Prego.

 

MARCHETTI Daniele: Grazie, presidente. Ho seguito fin dal principio questo progetto di legge. Con questo strumento che mettiamo in campo, a mio avviso, abbiamo perso una grande occasione come Assemblea legislativa. Abbiamo perso l’occasione di mettere in campo, finalmente, uno strumento che potesse aiutare prima i cittadini emiliano-romagnoli, prima la nostra gente in difficoltà.

Noi, come Lega Nord, ci siamo dichiarati fin dal principio disponibili a dialogare su questo tema. Sfido chiunque a dire il contrario. Tanto è vero che presentammo fin dal principio, fin dalla prima seduta, se non sbaglio, le nostre proposte e le nostre idee. Purtroppo, non abbiamo trovato la stessa disponibilità da parte vostra. Non mi riferisco agli emendamenti che potevano rappresentare un ostacolo a livello politico. Comunque, ognuno ha le proprie posizioni e, magari, ci sono proposte che non possono essere accolte dalla controparte per ovvie ragioni.

Ad ogni modo, abbiamo presentato alcuni emendamenti puramente di buonsenso. Vi spiegherò anche quali sono le proposte che abbiamo presentato in Commissione e che abbiamo ripresentato oggi qui in aula. Noi abbiamo presentato fin da subito soltanto quattro emendamenti, per dare l’idea di voler migliorare questo testo, senza stravolgerlo completamente. Con i nostri emendamenti chiedevamo, innanzitutto, di aumentare il reddito ISEE annuo da 3.000 a 7.500 euro. Quello che avete individuato, secondo noi, è un reddito troppo basso. Basterebbe lavorare, ad esempio, un mese per sforare completamente. Per dirla tutta, è abbastanza ovvio che un parametro di questo tipo andrà a favorire per l’ennesima volta – anche con questo strumento – i cittadini stranieri lasciando da parte i cittadini emiliano-romagnoli, che riusciranno a beneficiare in minima parte di questo strumento.

Dinanzi alla nostra proposta, avete detto che si trattava di una scelta dettata dalla disponibilità economica non eccessiva. A quel punto, vi abbiamo proposto di innalzare contestualmente anche gli anni di residenza minimi per accedere a questo strumento. Vi abbiamo chiesto di portare gli anni di residenzialità storica da due a cinque, ribilanciando un po’ il tutto e restringendo il cerchio d’azione e la fascia di popolazione che potrebbe beneficiare di questo strumento. Anche questo ci è stato bocciato.

Non ci siamo limitati a presentare soltanto queste due proposte. Abbiamo presentato anche altri due emendamenti. Penso, ad esempio, a quello con cui chiedevamo la certificazione dai Paesi di provenienza dei cittadini extra UE che faranno richiesta di accesso a questo strumento. Questo perché, come Paese, noi non possiamo controllare l’effettiva situazione economica e patrimoniale in Paesi che non appartengono all’Unione Europea. Abbiamo chiesto semplicemente, come prevede un decreto del presidente della Repubblica, di acquisire dal Paese di origine la certificazione che attesti effettivamente la reale situazione patrimoniale ed economica. Ci pare una richiesta di buonsenso. Quando un cittadino emiliano-romagnolo presenta un’autocertificazione, come Istituzione, possiamo comunque controllare se effettivamente quanto ha dichiarato corrisponde al vero. Questo non lo possiamo fare per i cittadini extra UE, perché non possiamo controllare le autocertificazioni se non abbiamo in mano una certificazione vera e propria del Paese di origine da cui provengono.

Abbiamo chiesto – questo ha dell’incredibile; non capisco per quale motivo vi siate opposti – di escludere per sempre da questo strumento i cittadini che presentano documentazioni false e mendaci per accedere al reddito di solidarietà. Noi crediamo fermamente che chi vuol fare il furbo, soprattutto, come in questo caso, sulla pelle dei più deboli, debba essere punito. Come Istituzione, dobbiamo dare l’esempio. Non possiamo concedere soltanto qualche mese di bonus e dopo dire: “Okay, puoi riprovarci”. Se hai cercato di fare il furbo, devi rimanere fuori. Assolutamente.

Se questa è la vostra idea di aiuto per i cittadini più deboli, noi ve la lasciamo tutta. Abbiamo provato in tutti i modi a correggere il tiro. Come ho detto all’inizio, capisco che non potevate accogliere tutti gli emendamenti, ma perlomeno quelli con cui chiedevamo di mettere da parte definitivamente i furbetti potevate farli passare. Non capisco per quale motivo dobbiamo mantenere aperte le porte a chi cerca di accaparrarsi un aiuto che, magari, poteva andare ad un cittadino che ne aveva realmente bisogno. Invece, no. Tutte le porte chiuse. Tutte le nostre proposte sono state respinte. Non abbiamo trovato la stessa disponibilità a dialogare, come abbiamo fatto noi fin dal principio. Ad ogni modo, noi li abbiamo ripresentati oggi. Speriamo che qualcosa possa cambiare, anche se ne dubito.

In chiusura, rispondo al relatore di maggioranza, Caliandro, il quale ha detto che tutti quanti sicuramente abbiamo la volontà di aiutare i cittadini che hanno bisogno. Certamente, anche noi abbiamo questa volontà. Però, proprio perché – mi riallaccio, qui, ad alcune dichiarazioni che sono state fatte da più parti – le risorse non sono illimitate, ci sono priorità da rispettare. Per noi, la priorità è aiutare prima i nostri cittadini, prima gli emiliano-romagnoli, poi il resto del mondo. So che è un concetto a voi lontano, ma per noi è così. Abbiamo provato ad inserire questi concetti nel progetto di legge. Ce li avete bocciati. Noi vi lasciamo questo strumento. Tra un anno, magari, ci ritroveremo a fare le somme e vedremo chi aveva ragione e chi no.

L’ordine del giorno allegato rappresenta, comunque, un primo passo da parte vostra. Mettete un attimo le mani avanti dicendo: “Okay, tra un anno riconsideriamo gli strumenti e capiamo se sono da rivedere oppure no”. Come Lega Nord, valuteremo come votarlo. Ripeto: rappresenta, comunque, un passo avanti nella direzione che diciamo noi. Al momento attuale, così com’è, questo strumento non è assolutamente condivisibile da parte nostra. Impostato in questa maniera, il nostro timore è che a beneficiarne saranno soprattutto i cittadini stranieri, anziché i cittadini emiliano-romagnoli.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Daniele Marchetti.

La parola al consigliere Paruolo.

 

PARUOLO: Grazie, presidente. Il tema della povertà, purtroppo, è di stringente attualità. Viviamo in un mondo interessato da fenomeni di immensa portata, come la globalizzazione, l’innovazione tecnologica, le migrazioni, il cambiamento climatico (per citarne solo alcuni dei principali), fenomeni che hanno innescato trasformazioni su ampia scala, tuttora in corso, in settori chiave dell’economia, del lavoro, dei prezzi al consumo, con importanti risvolti in termini sociali e culturali.

Nel nostro Paese, tali cambiamenti, insieme alla stagnazione politica e alla conseguente mancanza di riforme, hanno avuto un peso importante nella lunga crisi economica culminata nel 2011. La stagione di riforme che ha caratterizzato gli ultimi tre anni, riportandoci dal segno meno al segno più in economia, è, peraltro, già a rischio. Ma questo è un altro discorso.

La povertà ci interpella e richiede da parte nostra risposte adeguate. Di fronte ad essa siamo, anzitutto, chiamati a condividere un pensiero comune e a liberarci, se possibile, da illusioni, scorciatoie, tentazioni di strumentalizzazione. Anzitutto, credo che sarebbe un’illusione terribile delegare completamente la soluzione al mercato senza cogliere l’impetuosa crescita delle disuguaglianze, che tendono a concentrare potere e ricchezza nelle mani di pochi e ad ampliare il divario che esiste fra essi e le moltitudini, causando l’aumento del numero di coloro che sono o si percepiscono poveri e lo schiacciamento dei ceti medi.

Parimenti illusorio sarebbe pensare di risolvere i problemi con un approccio puramente conservatore, come se le soluzioni trovate nel secolo scorso potessero continuare ad applicarsi anche nel mutato quadro economico e sociale, ovvero considerando le risorse a disposizione come se fossero una invariante.

Infine, se l’approccio conservatore è inadeguato, a maggior ragione lo è quello che tende a spostare tutto quanto nella categoria dei diritti da esigere, ovviamente lasciando ampiamente spopolata la categoria dei doveri.

Dire che casa e reddito sono diritti di cittadinanza, quindi implicitamente affermare che ci si possa limitare ad esigerli, non è una soluzione, e non soltanto perché mancano le necessarie coperture economiche. È chiaro che casa e reddito sono elementi di base per vivere una vita dignitosa, ma un conto è promuoverli per tutti in un quadro coerente di diritti e di doveri, ben altro conto è immaginarli come semplice riscossione di un diritto di cittadinanza. Continuare ad affermarlo spinge verso una deriva culturale che si va diffondendo e che non ci aiuta.

Non dobbiamo, poi, stupirci se c’è chi pensa che sia un diritto occupare abusivamente le case sfitte e spinge persone in difficoltà a farlo, se c’è chi li induce a rifiutare proposte per giocare al rialzo con le Istituzioni, se c’è chi giustifica le occupazioni e, ancora, c’è chi pensa che verificare i requisiti di chi risiede in case pubbliche sia un inopportuno accanimento. C’è chi affitta un’abitazione e poi si fa assistere da avvocati specializzati in modo da evitare di pagare l’affitto senza, per questo, essere sfrattato. Gli esempi sono tanti e potrei continuare.

Anche sulla promessa del reddito di cittadinanza corriamo, a mio avviso, analoghi rischi. È facile prometterlo per catturare consensi, ma il rischio è che passi un messaggio che invita a una deresponsabilizzazione. Dico di più: il rischio è assecondare la tendenza adolescenziale che sta contaminando, da diversi punti di vista, la nostra società. Ricorderete il giovane protagonista di “Jack Frusciante è uscito dal gruppo” che si chiede perché mai dovrebbe studiare, sacrificando la propria serenità, se l’obiettivo finale è lavorare per guadagnare soldi che, in fondo, servirebbero proprio per divertirsi, obiettivo che può raggiungere direttamente senza dover studiare e, poi, lavorare, ma semplicemente usufruendo delle risorse dei genitori. Proporre un reddito di cittadinanza come diritto semplicemente esigibile, rinunciando a inserirlo in un contesto di doveri e di impegni, comporta il rischio di percorrere una strada analoga.

Il tema che pongo – vorrei essere chiaro – non è quello di non aiutare le persone che vivono momenti di difficoltà, le persone che hanno perso il lavoro, le persone che, per vari motivi, hanno bisogno di aiuto. Credo che sia nostro dovere farlo, ma, oltre al loro bisogno materiale, dobbiamo prestare attenzione anche al bisogno di senso, al bisogno di giocare un ruolo positivo all’interno della comunità. In questo ci viene incontro l’articolo 1 della nostra Costituzione, quando ci dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Questo ci ricorda che il primo aiuto da dare a chi, pur essendo abile, non ha un lavoro è proprio trovarne uno e, con esso, il proprio posto nella società. Diritti e doveri vanno insieme. È anzitutto una questione di dignità.

Bene, quindi, che la legge di cui stiamo discutendo contempli il finanziamento di progetti personalizzati di reinserimento, un modo per aiutare, entro un orizzonte temporale limitato, persone che vivono situazioni di difficoltà a rialzarsi e a camminare con le proprie gambe.

Per i motivi che ho cercato di esprimere, con altrettanta franchezza dico che non apprezzo che si dipinga questo provvedimento come una forma più o meno mascherata di reddito minimo. Non ho firmato il progetto di legge proprio per il dubbio che qualcuno lo voglia presentare come tale o spingere ad applicarlo in quella direzione. Ho presentato diversi emendamenti proprio per rendere chiaro che il progetto di inserimento di cui parla la legge non dovrà e non potrà essere un proforma, un pezzo di carta da interpretare come una mera esigenza burocratica.

Manifesto fin d’ora l’intenzione di vigilare sull’applicazione. Credo che, come hanno detto anche altri, ma forse per motivi diversi, il primo anno di applicazione sarà, nei fatti, una sperimentazione di questa legge. Stiamo impegnando su questo fronte una fetta significativa del nostro bilancio. Se riusciremo a realizzare uno strumento efficace per sostenere persone che si trovano nel disagio e nella povertà, sostenerle a fare un cammino che consenta loro di uscire da questa situazione e tornare a essere autosufficienti, avremo conseguito lo scopo che ci stiamo prefiggendo e io ne sarò molto contento. Viceversa, se questo strumento dovesse ridursi a un surrogato di reddito minimo, dico fin d’ora che in quel caso faremmo meglio a destinare queste risorse a modalità diverse e più efficaci per contrastare la povertà e aiutare coloro che sono in situazione di bisogno. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Paruolo.

La parola al consigliere Alleva.

 

ALLEVA: La prima considerazione che mi viene in mente è che anche un cammino di mille miglia comincia con un passo. Da questo punto di vista, non posso che essere lieto che sia stato presentato dall’Assemblea questo progetto di legge, da due consiglieri molto valorosi, che sono anche dei cari amici. Il dibattito che ne è seguito è stato sicuramente interessante. Vi hanno partecipato tante forze politiche. Soprattutto, ha fornito un grosso contributo la relatrice di minoranza, che parimenti ringrazio.

Voglio sottolineare che le due novità più importanti sono rappresentate dal fatto che, finalmente, vi è un capitolo di spesa, in un bilancio regionale, che riguarda questo reddito di solidarietà – qualcuno lo vorrà avvicinare al reddito minimo garantito; qualcun altro, invece, lo vorrà allontanare; abbiamo ascoltato il collega Paruolo – e dal fatto che, comunque, rispetto al SIA, i proponenti hanno colto la necessità di andare verso una universalizzazione, per quanto possibile, della misura.

Tuttavia, dobbiamo guardare le cose con obiettività. Il punto principale a me sembra questo: non possiamo ritenere che ci si trovi di fronte a una misura come questa, considerata una misura di inserimento, una misura proattiva, quando vi è, per l’appunto, una pretesa di universalità. Le due cose, in realtà, non concordano. Non tutta la popolazione, non tutte le fasce di età hanno le stesse esigenze. Quando si dice che si tratta di una misura che mira all’inserimento, tant’è vero che è a tempo determinato e prevede uno stop di sei mesi, si dice qualche cosa che teoricamente può valere per i giovani, per gli occupabili, ma molto di meno per coloro che sono in un’età fuori dal mercato del lavoro, ultracinquantacinquenni, fra i 55 e i 64 anni. Ci sono 15.000 disoccupati in queste condizioni in Emilia-Romagna.

Mi sembra che questa misura, in realtà, rischi di essere dispersiva, pur nella modestia delle risorse (una modestia relativa). Evidentemente, se deve essere destinata a tutte le situazioni lavorative, anche a quelle delle famiglie, giustamente, mononucleari, il timore è che ci si ritrovi, alla fine, davanti a sussidi a pioggia, mascherati da misura proattiva. Non si vedono, in realtà, strumenti nuovi in grado di portare a un inserimento lavorativo.

Io ho gli stessi timori, visti dall’altra parte, però, dell’oratore che mi ha preceduto. Ho il timore, cioè, che ci sia una genuflessione davanti all’icona della misura finalizzata al reperimento del lavoro, all’inserimento lavorativo, ben sapendo, però, che questo sarà difficilmente realizzabile. Lo dico, soprattutto, per una parte della popolazione che pure viene compresa.

Credo che, nel ripensare – perché dovremo ripensarla – questa materia, bisognerebbe pensare a una specializzazione nell’universalità. Cosa significa? Significa che a certe parti della nostra popolazione dobbiamo dare – non mi vergogno a dirlo – soprattutto un reddito, un reddito sicuro, ben più alto, fra l’altro. Non si tratta di “elemosina”. Questa parola non esiste. Esiste la parola “sicurezza sociale”, e questa è dovuta, come stabilisce, tra l’altro, l’articolo 38 della Costituzione. Non è stato realizzato, e deve essere realizzato.

Per certe fasce di popolazione ho presentato un emendamento. Per chi ha più di 55 anni non ha senso presentare una misura a termine, con interruzione. È una vessazione senza ragione. Per gli altri, lo sforzo deve essere quello di garantire un reddito da lavoro. A tal proposito, per quanto riguarda gli strumenti, non ho letto, francamente, niente di nuovo, niente di interessante. Gli strumenti dovranno essere altri. Dovremmo cercare, effettivamente, di trovare un sistema. Io ho pensato ai contratti di solidarietà espansivi per dare lavoro ai giovani. Questo consentirà di concentrare queste risorse sulle fasce più anziane della popolazione, sulle fasce più bisognose. Non c’è da meravigliarsi se, alla fine, avremo un’affermazione di principio che, forse, non troverà applicazione concreta. È il punto debole, secondo me, della proposta. Non potrebbe non esserlo.

Quindi, non potendo muoverci nella direzione maxi del reddito garantito a tutti, per il semplice fatto di esistere, che non è una prospettiva utopistica, almeno troviamo modi specializzati per dare a tutti coloro che sono in condizioni di povertà e di bisogno ciò di cui hanno necessità: un reddito per alcuni e un reddito da lavoro per altri. Grazie.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Alleva.

La parola al consigliere Pompignoli. Prego.

 

POMPIGNOLI: Grazie, presidente. Il tema che stiamo affrontando è sicuramente importante. Cercare di trovare misure alla povertà è un problema che deve necessariamente essere affrontato. Tuttavia, non ritengo che questo progetto di legge debba essere sostenuto da chi la povertà l’ha creata mediante scelte scellerate del Governo attuale, che ha fatto in modo di aumentare i numeri della povertà indicati dal consigliere Caliandro nella relazione introduttiva al progetto di legge.

Io ho ascoltato il consigliere Caliandro, il quale, all’inizio della relazione, ha parlato di un provvedimento per gli ultimi. Si tratta degli ultimi arrivati? Sosteniamo ancora, nonostante i soldi che spendiamo come Stato, gli extracomunitari? Questa è una legge fatta ad hoc per loro? È questo che non riesco a comprendere. Gli emendamenti proposti – come diceva il consigliere Marchetti – sono di buonsenso. Prima ci siamo noi e poi vengono gli altri. Prima dobbiamo sostenere gli emiliano-romagnoli e poi gli altri.

Consentire un reddito di solidarietà a chi ha un ISEE sotto i 3.000 euro e a chi ha una residenza superiore a due anni è come consentire e dare soldi a chi è in Italia da poco tempo o a chi è venuto in Italia per lucrare sul welfare o sul bilancio regionale. Questo è ciò che non riesco a comprendere, come gli emendamenti da noi proposti siano stati esclusi, disattesi e per niente valutati. Se il principio di collaborazione – come chiedeva prima la consigliera Rossi sulla riforma della legge sulle fusioni – è quello di dire “collaboriamo tutti insieme”, io vi dico “collaboriamo, ma ascoltateci”. Non deve essere una collaborazione a senso unico. Il nostro contributo serviva per far arrivare questo progetto di legge a quelle persone che, effettivamente, avevano bisogno. Così non è stato. Così non è. Credo sia un provvedimento per gli ultimi arrivati, non sicuramente un provvedimento in grado di incrementare e diminuire la povertà in Italia, anche in Emilia-Romagna.

È necessario cercare di ottenere un qualcosa che vada incontro alle esigenze di chi ha meno rispetto a chi ha di più. Questo è evidente, ma non deve passare attraverso questo progetto di legge. Deve passare attraverso politiche diverse in grado di accrescere e far crescere il lavoro, far crescere i servizi, non sicuramente elargendo soldi a chi, effettivamente, di questi soldi non ne dovrebbe usufruire.

Gli emendamenti proposti – immagino che la loro bocciatura in quest’aula verrà rinnovata – fanno in modo che, ovviamente, questo progetto di legge non vada nella direzione da noi prospettata.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Pompignoli.

La parola al consigliere Bargi. Prego.

 

BARGI: Anch’io voglio fornire un contributo, senza ripetere quanto detto dai miei colleghi Marchetti e Pompignoli, un po’ meno sul progetto di legge e più sul principio ad esso sottostante.

Ne sono convinto: noi dobbiamo garantire ai nostri cittadini servizi che vadano anche incontro alle fasce più deboli, in questo caso ai più poveri, almeno per quanto riguarda questo provvedimento. Sono, altresì, convinto che il nostro primo obiettivo non sia tanto quello di mettere pezze alla povertà, quanto quello di intervenire per far sì che la nostra società possa essere più dinamica, che le risorse possano circolare maggiormente e che i nostri cittadini possano autosostenersi. Questo è un concetto, a mio avviso, fondamentale. Finché noi non lavoreremo per raggiungere questo obiettivo o faremo fatica a riconoscere alcuni capisaldi nelle proposte avanzate in sede di discussione sui vari provvedimenti in quest’aula già dall’anno scorso, ma che hanno interessato particolarmente quest’anno, noi non riusciremo a venirne fuori.

Ovviamente, la nostra economia, oggi, risente molto del periodo di stagnazione che ci tiriamo dietro ormai da qualche anno, dopo la crisi del 2008. Abbiamo visto che il PIL regionale sul 2016 è dato a un punto di crescita percentuale (un punto e rotti), mentre l’anno scorso cresceva del 4,4-4,8. Giusto per fare un piccolo raffronto sul fatto che, magari, in un determinato anno la crescita è più positiva. Ci si crede e qui dentro si sostiene che stiamo recuperando, che stiamo uscendo fuori dal pantano, ma scopriamo che, in realtà, questa crescita non è così entusiasmante. Non c’è da festeggiare o da stappare bottiglie.

Nei primi sei mesi dell’anno 2016 l’occupazione è aumentata del 2,4 per cento. Sto parlando dell’Italia. È un dato sicuramente positivo, ma un po’ piccolino. Peccato che se andiamo a esaminare il dettaglio, l’aumento è dovuto principalmente al ricorso ai voucher, che sono aumentati del 35 per cento. Si parla di 10 milioni di persone che lavorano con questa formula che, sicuramente, consente di lavorare a chi avrebbe, altrimenti, difficoltà a trovarsi un lavoro, ma che di certo non si può definire uno strumento o una condizione contrattuale con la quale la persona ha reddito e si può escludere totalmente dalle fasce di povertà.

A fronte di questo, c’è un calo, invece, dei contratti a tempo indeterminato – pensate un po’ – del 34 per cento. Di fatto, da un lato, aumentiamo il ricorso ai voucher e, dall’altro, perdiamo i contratti a tempo indeterminato. In mezzo c’è sicuramente qualcosa che fa crescere i numeri dell’occupazione, come contratti diversi da quello indeterminato, ma che, come sappiamo, non garantiscono la stabilità economica necessaria, il più delle volte, a dire: “Okay, sono fuori. Ho tutto quello che mi serve per poter vivere e farcela da solo”.

Di fronte a questa situazione, noi diciamo che ci sono degli shock positivi. Diciamo degli shock. Non dico neanche “positivi”. È relativo. Ad ogni modo, a noi serve dare uno shock alla nostra economia regionale. Servirebbe che lo facesse il nostro Governo centrale. Su questo non ci piove. Abbiamo visto, però, che è un po’ latente nel promuovere iniziative in questo senso: sgravi fiscali alle imprese, incentivi per chi assume, riduzione delle imposte. Noi siamo – lo sapete – il Paese occidentale con la pressione fiscale più attanagliante. Siamo una società in cui, se uno vuole aprire un’attività, se la fa addosso il primo anno perché si trova dinanzi a imposte incredibili. Penso all’IRAP regionale, l’“Imposta RAPina”. Vi ricordate quando venne introdotta? Va a tassare al lordo gli stipendi dei dipendenti. Quindi, di fatto, sono costrette a pagarla anche aziende che si trovano di fronte a una perdita.

Abbiamo... lo studio di settore, una minaccia su chi decide di investire…

 

(interruzioni)

 

Insomma. Fino all’altro giorno, comunque, ce li siamo portati dietro. Sono stati aboliti, però, visto che erano previsti dal 2008, abbiamo passato un pochino di anni trascinandoci dietro questa situazione.

Abbiamo l’Agenzia delle entrate più assaltatrice di tutto il mondo occidentale.

Insomma, noi abbiamo creato le condizioni perché nella nostra società il dinamismo, l’investimento e la creazione di posti di lavoro venissero bloccati, però vogliamo risolvere il problema della povertà con una misura che va a mettere una pezza. Una misura che, però, come è stato detto prima, incide principalmente sui criteri scelti, che andranno a favorire sicuramente l’ultimo arrivato che arriva dal Paese povero e che si porta dietro la sua condizione di povertà. Avete proposto la soluzione di due anni, ma capiamoci: stiamo viaggiando su situazioni ben più incancrenite.

Introduciamo strumenti laddove abbiamo già i servizi sociali. Ricordo che in maggioranza, all’indomani del 2009-2010, quando la crisi si abbatté molto forte, nel nostro caso nel Distretto Ceramico, ci siamo trovati con molte persone a casa senza lavoro. Abbiamo creato un fondo di solidarietà della città, ma un fondo di solidarietà vero. Noi qui pensiamo di giocare a fare la solidarietà con i soldi provenienti dalle imposte. Anche di questo dobbiamo parlare. I soldi che distribuiamo in giro li raccogliamo comunque dai nostri cittadini. Non è che piovono dal cielo e noi li indirizziamo a chi ne ha bisogno.

Il Fondo di solidarietà come funzionava? Consiglieri comunali, liberi cittadini, imprenditori: chiunque poteva versare su questo fondo, che seguiva alcune regole per la distribuzione delle risorse alle persone. Avevamo introdotto per gli stranieri dieci anni di residenza (il tempo necessario per richiedere la cittadinanza in Italia) e due anni di residenza nel comune per i cittadini italiani. Avevamo creato un nostro strumento del Comune: i privati andavano a investire e queste risorse venivano usate per aiutare le famiglie in difficoltà. Questo è uno strumento di solidarietà. Questo vuol dire reindirizzare risorse che andiamo a recuperare sempre e comunque dal cittadino, innescando una spirale. Andiamo a ciucciare soldi e li rimettiamo a chi è in povertà, tra l’altro stimolando obbligatoriamente, con uno strumento di questo tipo, comportamenti parassitari e assistenzialistici, premiando soprattutto chi sa fare bene il furbetto. Essendo stato in maggioranza e avendo visto gli elenchi dei servizi sociali, posso dire che i furbetti, nel nostro Paese, ahinoi, abbondano. Lo sappiamo benissimo.

Noi istituiamo uno strumento che va, più che altro, in questa direzione. Entriamo in una spirale in cui le risorse che andiamo a recuperare dai cittadini le investiamo per quel genere di persone. Andrà a finire che quelli che vengono riconosciuti “primi” (se ci sono gli ultimi, ci sono anche i primi) tenderanno a diventare gli ultimi anche loro. Non so dove andremo a prendere queste risorse. Bisognerà optare per soluzioni drastiche, immagino.

Oggi siamo ancora in tempo e dovremmo concentrare la nostra azione politica su ben altre tipologie di intervento e non focalizzarci su un intervento “pezza” per provare a tappare il problema.

L’anno scorso avevamo proposto un emendamento al bilancio, ma questi argomenti li riaffronteremo la settimana prossima. Quindi, non mi dilungo. Avevamo proposto un emendamento al bilancio previsionale 2016, con il quale proponevamo di introdurre un fondo per dare assistenza a coloro che, chiaramente, dovevano dimostrare al cento per cento di essere in cerca di un posto di lavoro, seguendo alcune regole precise: se rifiuti il posto che ti viene offerto, ti arrangi. Non ci troviamo nel paradiso terrestre. Stiamo cercando di affrontare una situazione di difficoltà. Non sarebbe corretto nei confronti di chi sta cercando veramente e, magari, è escluso,

Avevamo proposto di creare un fondo di questo tipo. Lasciamo il tutto in mano alla Giunta. Penso che l’Esecutivo debba muoversi con una certa libertà, malgrado non sia in Esecutivo. Lo gestisce la Giunta. Diamo una mano a chi cerca lavoro e alle imprese che assumono. Facciamo una cosa del genere. Non è una legge, come questa, che mira a determinati soggetti e nelle cui maglie si possono infilare – ripeto – furbetti e altro. Era un qualcosa che, a nostro avviso, poteva essere studiato meglio, anche non in modo così restrittivo come, invece, un progetto di legge di questo tipo, che va a ingabbiarci nelle maglie strette della normativa. Poteva essere una soluzione.

L’anno scorso vi è stata una bocciatura totale, come al solito senza motivazioni particolari. Quest’anno vediamo arrivare questo strumento “toppa”, che lascia molto il tempo che trova.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Bargi.

La parola al consigliere Foti. Prego.

 

FOTI: Presidente, debbo dire che su questo progetto di legge, indubbiamente, la politica, sotto il profilo della differente impostazione, fa la differenza. Lo dico con molto rispetto per i colleghi che hanno firmato questo progetto di legge, ma lo dico anche in relazione ad una ben precisa posizione da parte di chi parla, che è stata quella di non presentare emendamenti in Commissione e di presentarne soltanto uno, ma di pura natura tecnico-politica, in aula. Addirittura, il provvedimento in esame, se possibile, allarga ancora di più le maglie verso gli ultimi, ma non gli ultimi che in Italia hanno il diritto di essere considerati tali, bensì verso gli ultimi arrivati.

Dico questo anche in relazione a una considerazione. A me fa piacere che oggi tutti abbiano scoperto il tema degli effetti della globalizzazione. Io sono uno di quelli che ha votato la social card. Quando nel 2008 venne introdotta in Italia la social card, le reazioni da parte di quella che era allora l’opposizione di sinistra, ma non solo, furono di questo tipo: un’umiliazione, secondo Di Pietro; un’elemosina, secondo Veltroni; “uno strumento usato da Roosevelt negli anni Trenta non può essere introdotto nel nuovo millennio, quindi circa cinquant’anni dopo”, secondo Epifani.

Questo pensiero profondo, che qualsiasi iniziativa volta a cercare di occuparsi degli ultimi debba essere solo monopolio della sinistra, mi induce a dire che è giusto che se ne occupi solo la sinistra, perché ama talmente i poveri da crearne sempre di più.

L’impostazione anche rispetto a un tema come questo, cioè del reddito di solidarietà, non può essere declinata in centomila modi sul territorio nazionale. In Puglia lo hanno chiamato “reddito di dignità”, perché occorre dare un senso alle parole. Altrove lo chiamano “reddito di cittadinanza”. Altri lo hanno definito “reddito minimo di inclusione”. La fiera delle parole.

Penso ai buoni Governi, non ai Governi dei bonus. I buoni Governi affrontano le situazioni che l’emergenza detta, ma si preoccupano anche di guardare avanti sotto il profilo dei tanti elementi che possono contribuire a creare occupazione. Uno dei compiti, a mio avviso, dello Stato è innanzitutto fare le opere pubbliche, perché è da lì che nasce il motore e il volano dell’economia. La cifra che viene oggi stanziata servirà a pochi, ma è quantitativamente elevata. 72 milioni di euro equivalgono a circa – arrotondiamoli per eccesso – 150 miliardi delle vecchie lire. Se voi pensate a cosa si faceva con 150 miliardi delle vecchie lire, vi rendete conto di quale tipo di impatto, se trasferito sul piano degli investimenti, potrebbe avere una misura di questo tipo, che non creerebbe occasioni di sporadica solidarietà, ma che, probabilmente, sarebbe destinata a creare occasioni di rapporto durevole sotto il profilo del mondo del lavoro.

Dopodiché, debbo anche capire come si coniugano le politiche. Un giorno parliamo del reddito di solidarietà e il giorno dopo portiamo avanti il Jobs Act. Non sono due politiche che si coniugano molto tra loro. È vero che l’Italia è uno dei pochi Stati in cui una misura di questo tipo non è stata introdotta a livello nazionale. Qualcuno ricordava la Grecia, mi pare. Dico soltanto che in Grecia erano quasi tutti dipendenti pubblici. Quindi, suggerirei di non prenderlo come esempio. Forse bisognerebbe scrivere su una lavagna che cos’è il welfare in Italia e quanto costa quel welfare assistenziale italiano che impedisce – questo sì – di fare la distinzione tra un welfare produttivo e un welfare non produttivo.

Uno dei tanti modi – non penso l’unico – che potrebbe essere anche significativo sotto il profilo di un disegno politico alternativo non è quello di prevedere misure con un ISEE a 3.000 euro, ma anche misure che servano, ad esempio, per eliminare una serie di contributi che si danno a persone che ugualmente lavorano, ma a nuclei familiari che hanno una situazione di pesantissimo disagio, cioè l’imposta negativa sul reddito, che è altra scelta sotto il profilo politico ed economico. Non è vero che in una condizione di disagio la stessa ricetta va bene per tutti.

Personalmente, sono convinto che avere uno dei tanti record negativi, cioè quello di essere uno dei Paesi europei con il peggior Indice di Gini tra i Paesi industriali, non ci favorisce. Anzi, ci squalifica. Dobbiamo anche avere il coraggio di leggerla questa crisi. Non è più la crisi degli ultimi arrivati. È la crisi che sta portando verso gli ultimi quelli che una volta erano i colletti bianchi. È la crisi di quella che veniva definita una volta, con espressione pomposa, “middle class”, ossia il ceto medio. È il ceto medio che sta scivolando verso una fascia di impoverimento progressivo a cui non si riesce ad applicare questa ricetta, ma non per questo quel ceto medio non continuerà a scivolare sempre più in basso.

Questa mattina sentivo parlare dell’approvazione – mi pare – imminente del decreto legge per il salvataggio del Monte dei Paschi di Siena. Sentendo parlare di questa imminente approvazione del decreto legge ho capito che quella vicenda degli aiuti di Stato, tanto sbandierata qualche mese fa quando alcune banche popolari si trovavano in una certa situazione di crisi, evidentemente, è venuta meno.

Non lo dirò con le mie parole. Lo dirò con le parole del presidente dell’Assopopolari, il quale ieri ha scritto su “Milano Finanza” quanto segue: “Quando si arrivò al dunque, un anno fa circa, il sistema bancario voleva salvarle – le famose quattro banche – con il proprio fondo di garanzia dei depositi. Lo si impedì argomentando che l’operazione, pur condotta – attenzione – con fondi totalmente privati, si sarebbe configurata come un aiuto di Stato, aiuti non una volta concessi in Italia. Invece, dopo il 2007, li ottennero le banche di tutta Europa, molte delle quali direttamente o indirettamente fanno oggi concorrenza nel nostro Paese alle banche italiane”.

La povertà la si crea anche con le scelte folli, con le scelte di politica industriale di qualcuno che è rimasto fermo al quadro di Pellizza da Volpedo. Io mi chiedo e vi chiedo: siete veramente convinti che 72 milioni di euro per tre anni, che sarebbero 216 milioni di euro, quindi 500 miliardi di vecchie lire, in un grande programma di opere e interventi, non avrebbero generato più situazioni di una dinamica del lavoro che faceva crescere un obiettivo giusto che si è posto da questo punto di vista il presidente Bonaccini, cioè l’aumento e la crescita dei posti di lavoro?

Parliamo di una regione che, se paragonata alle altre, il problema della disoccupazione lo ha in misura meno importante. Però, state attenti: non possiamo vivere di rendita. Anche il processo di ristrutturazione nell’ambito delle imprese si sta modificando, e non poco. L’automazione è stata una grandissima cosa, ne siamo convinti, ma anche uno dei fattori più forti di espulsione dal mondo del lavoro. Non dobbiamo dire “no” all’automazione. Dobbiamo pensare che, se il sistema industriale italiano, il sistema della piccola e media impresa, oggi, ha automatizzato e assorbe dieci, noi dobbiamo andare a pompare verso altri settori che, invece, sono in ginocchio.

Trump sarà un matto, talmente matto da essere votato da 60 milioni di persone, ma, rispetto al suo programma (vi invito a vederlo), non c’è analista che consideri l’idea di un grande piano di opere pubbliche come l’unica vera ricetta per far ripartire un Paese. Noi siamo contenti, lieti, felici. Anzi, tenete presente che qualcuno sogna la decrescita felice. Io continuerò a sperare in un Paese con una crescita felice.

Detto ciò, attenzione: noi oggi festeggiamo risultati di aumento del PIL dell’1 per cento rispetto a delle cadute veritiere del PIL degli anni precedenti di 8-10 punti. Noi siamo, oggi, alla posizione di 12-13 anni fa, sotto il profilo economico. Questa è la realtà.

Io mi permetto di dire che un provvedimento tampone di questo tipo potrà, forse, illudere un po’ di persone, ma non risolverà il tema. La Regione non può essere, come non lo possono più essere gli Enti locali – attenzione – e come non lo possono più essere le municipalizzate, uno degli ammortizzatori sociali ai quali molto spesso qualcuno faceva di conto. In un giorno solo abbiamo regolarizzato nel comune di Palermo 1.800 LSU, oltre un terzo dei dipendenti della Regione. Tanto per spiegare cosa si intende per ammortizzatori sociali in Italia. Si inventano meccanismi che servono soltanto a dilatare la spesa pubblica. Una spesa pubblica è produttiva. Una spesa pubblica produttiva è quella che mette in moto l’economia.

Questo è un intervento sul quale mi auguro, fra un anno, di dovermi ricredere. Tuttavia, ho la netta sensazione che sia più volto a bruciare, forse, sul tempo il Movimento 5 Stelle, che di questo argomento ha fatto una bandiera politica. Con 2.200 miliardi di euro di debito pubblico sarò curioso di vedere, quando dovesse essere al Governo, come farà ad introdurlo. Forse togliendo tutti i vitalizi. Vi dico, però, che togliendo tutti i vitalizi, se va bene, riuscirete nella disperata impresa di dare 100-120. Questi sono i dati, ragazzi. Se dobbiamo fare propaganda, facciamo propaganda. La Camera dei deputati, tutta assieme, costa 800 milioni di euro. Lo stesso risparmio della riforma costituzionale, guardando solo il Senato, corrispondeva a 50 milioni di euro. L’avete detto tutti. Mi riferisco a quelli del “no”. Non potete negare che erano 50 milioni di euro al massimo. Lo dice la Ragioneria di Stato. Chi potrebbe dirlo ancora?

Rispetto molto la posizione della Giunta, che ha messo a disposizione – parliamoci chiaro – le risorse per portare avanti questa operazione, però, assessore Gualmini, penso che una riflessione generale sul sistema di welfare anche nella nostra Regione vada fatto. Le ho già detto in Commissione, e glielo ripeto qui, che io ho la vaga idea che molte delle zone in cui c’è una povertà che noi non vediamo... Purtroppo, molto spesso, il nostro sguardo volge molto sui capoluoghi e sui comuni più popolosi della regione. In alcuni comuni non si riesce neanche a gestire questa legge, perché non hanno neanche il personale per poterla mandare avanti. Non è un problema da poco.

Vorrei ricordarvi che qualche giorno fa anche la Regione, non avendo personale in grado di occuparsene direttamente, ha pensato di delegare, a proposito dei fondi, per il rimborso delle spese legali, alle associazioni dei consumatori questa attività.

Concludo dicendo che si tratta di una scommessa. Francamente, non mi sento di puntarci questa volta. Sono disponibilissimo a ricredermi di ogni parola se darà dei risultati fra un anno, fra due o fra tre, ma mi auguro che qualcuno fra un anno, fra due o fra tre sia altrettanto disposto, eventualmente, a ricredersi rispetto alla ricetta che ho indicato e che continuo a ritenere valida, ossia quella di puntare sull’investimento pubblico in una regione in cui abbiamo visto cosa ha significato soltanto – contrariamente all’opinione di qualcuno – riaffidare ai gestori il servizio dei treni. Piaccia o non piaccia, sono iniziati a circolare treni migliori, si è iniziato a dare all’utenza una minima, ma significativa risposta. Io sono convinto che, entro la fine del mandato, almeno in quel settore, quell’investimento avrà ripagato la Regione dall’offerta qualitativa che ha dato alle persone che utilizzano il treno. Lo Stato serve a questo. Non serve a fare propaganda. Serve a realizzare opere da mettere al servizio dei cittadini affinché questi possano comparativamente valutarle e apprezzarle.

Personalmente, ritengo che quella fu una scelta giusta, e la sostenni. Ci saremmo imbarcati in una causa che ancora oggi ci porteremmo dietro, senza aver cambiato una virgola, senza aver messo una lira di investimento. Se permettete, la mia è una ricetta. Sarò matto, ma quando i matti vincono spesso non hanno tutti i torti.

 

PRESIDENTE (Saliera): Grazie, consigliere Foti.

La parola al consigliere Calvano.

 

CALVANO: Grazie, presidente. Da dove si parte nel momento in cui questa Assemblea ha iniziato a discutere un provvedimento sul reddito di solidarietà? Si parte tenendo conto di una situazione di contesto che, purtroppo, per il nostro Paese, come per l’Europa, come per il mondo intero, parte dal 2007-2008. In quel periodo parte una crisi finanziaria pazzesca, dovuta a un elemento molto chiaro: i titoli che si scambiavano in borsa non avevano alcuna rispondenza con ciò che veniva prodotto e venduto sul mercato. C’era proprio lontananza tra il prodotto finanziario e quello che stava avvenendo nei mercati reali, nei mercati del prodotto.

La crisi finanziaria, quindi, nel momento in cui esplode, dice all’economia che il re è nudo, che anche la produzione, in realtà, inizia a soffrire. Questo lo vediamo immediatamente in quel periodo. Alla crisi finanziaria si associa l’ulteriore calo della produzione, al quale si associa, ovviamente, un importante calo dell’occupazione. Un calo occupazionale che, in questi anni, ha ridotto i consumi, ha ridotto fortemente la capacità di spesa e, soprattutto, ha aumentato il numero di coloro che non percepiscono, che non possono contare su redditi certi.

Le curve della disoccupazione e quella della povertà sono indubbiamente cresciute. Chi ha avuto modo di vedere, nei giorni scorsi, una ricerca fatta dal giornale “La Stampa”, se non vado errato, ha potuto notare la crescita di queste due curve sia per quanto riguarda il numero di persone povere che per quanto riguarda il numero di disoccupati. Si tratta di una crescita costante fino al 2014 che, negli ultimi due anni, inizia una leggera, ma significativa inversione di tendenza. Questa inversione di tendenza in regione Emilia-Romagna è più accentuata. È innegabile. L’ho sentito dire negli interventi dei colleghi, anche da parte dei colleghi dell’opposizione, perché obiettivamente è innegabile. I dati sono molto chiari da questo punto di vista.

In Emilia-Romagna questa inversione di tendenza è più accentuata perché la Regione si è dotata di strumenti. Lo ha fatto nella legislatura che ha preceduto il presidente Bonaccini attraverso il patto per attraversare la crisi. Il presidente era consigliere, come forse anche qualcun altro. Lo ha fatto durante la legislatura del presidente Bonaccini, arrivando a introdurre il Patto per il lavoro.

Ovviamente, per far ripartire realmente l’economia noi dobbiamo creare le condizioni affinché le imprese siano propensi all’investimento e fare in modo che quell’investimento si traduca in un aumento occupazionale. Il lavoro è l’elemento fondante, ma non della regione Emilia-Romagna. O meglio, anche della regione Emilia-Romagna, ma innanzitutto della nostra Repubblica parlamentare. L’articolo 1 della Costituzione lo ribadisce in maniera molto chiara. Il lavoro è un modo per arrivare alla fine del mese, ma è soprattutto un modo per sentirsi parte integrante della società. La crisi, purtroppo, in questi anni (quasi dieci), ha aumentato gli esclusi, ha aumentato il numero di persone che si sentono ai margini. C’è chi si sente ai margini e può avere anche una propensione a non fare di tutto per poterne uscire. Ci sono, invece, tante persone – davvero tante – che avrebbero voglia, avendo gli strumenti a disposizione, di potersi riscattare, di poter emergere da quelle situazioni di marginalità e di esclusione.

La domanda è la seguente: a queste persone vogliamo dare una possibilità? Vogliamo essere noi, Emilia-Romagna, una regione che offre a queste persone, a questi cittadini un’occasione per tornare protagonisti all’interno della società, per uscire da una situazione di marginalità? La mia è una risposta positiva. Sì, io vorrei, voglio una Regione che sia così. Lo vuole il sottoscritto come credo lo voglia tutto il Partito Democratico che ho lo fortuna di rappresentare non in quest’aula, ma esternamente nel ruolo di partito.

Credo che ognuno di noi abbia l’ambizione di non lasciare da solo nessuno. A queste persone cosa diciamo con questo atto? La vostra Regione vi dà una mano. Se avete voglia di rimettervi in gioco, la vostra Regione vi dà una mano a farlo. Dovete dimostrare di avere questa voglia, questa propensione a rimettervi in gioco. Al contempo, noi, dall’altra parte, mettiamo a disposizione risorse pubbliche che possano mettervi nelle condizioni di ripartire. Il reddito di solidarietà è innanzitutto questo. È un reddito non per accompagnare, non per assistere, ma per far sì che le persone possano trovare una nuova occasione di inclusione, le persone che hanno deciso di investire anche sulla nostra terra. Ho sentito dire, anche da parte dell’opposizione, che questo reddito di solidarietà sembra un’elargizione a pioggia a chiunque passi per l’Emilia-Romagna. No. Non è così. Abbiamo deciso di introdurre i due anni di residenza per dare questa opportunità innanzitutto a coloro che hanno deciso di vivere in questa terra e di viverci in modo stabile, per far sì che possa essere un’ulteriore occasione per rendere ancor più coesa la nostra società regionale.

Nel fare questo, abbiamo fatto un pensiero che mi ricollega alle parole del collega Foti, il quale afferma: “Questa rischia di essere una misura che offre risorse a persone che non ne hanno, ma che non determina alcun effetto di carattere produttivo”. Lo vedremo, ma mi sento di smentirlo dal punto di vista della teoria economica. La teoria economica dice una cosa molto chiara: è opportuno sostenere, anche dal punto di vista reddituale, le persone che hanno la più alta propensione al consumo per fare in modo che quelle risorse possano essere rimesse in circolo. Questo intervento ha l’obiettivo di fornire un’opportunità a persone che hanno un’alta propensione al consumo perché ne hanno bisogno. Altrimenti, non avrebbero un’alternativa, non saprebbero come arrivare alla fine del mese, come potersi sentire nuovamente inclusi all’interno della società.

Ho sentito dire che si poteva fare meglio. Ogni volta che si porta avanti un provvedimento, chi non lo condivide dice che si poteva fare meglio. Quante volte, in questo Paese, abbiamo sentito dire che serve ben altro. Noi siamo un Paese che ha campioni di benaltrismo, che sono al contempo campioni di immobilismo, perché si va sempre alla ricerca di qualcosa di più di ben altro e, alla fine, non si fa mai niente. Credo che sia l’obiettivo di tutti non ritrovarsi, dopo questa legislatura, a dire che, siccome ricercavamo sempre qualcosa di meglio, alla fine, non abbiamo fatto niente.

Abbiamo deciso di provarci. Questa legge, voluta dal Partito Democratico, proposta da SEL, ha l’obiettivo di provarci, di provare a dare una risposta a un tema che dovrebbe essere trasversale. Io mi auguro che lo sia. Riprendo, anche in questo caso, le parole del collega Foti. Il tema della povertà non dovrebbe essere di sinistra. Sinistra, destra o altri movimenti che non sappiamo dove vogliano collocarsi. Lo decideranno loro. Per me è molto chiaro dove sono collocati. La povertà – dicevo – non dovrebbe essere un tema che divide la sinistra dalla destra. Potrebbe dividerci il modo in cui affrontiamo questo tema, il modo in cui decidiamo di far uscire le persone dalla povertà. Purtroppo, ogni tanto, da una parte sento dire che l’obiettivo è più quello di lasciare le cose così come sono, di conservare. Un’altra parte, invece, vorrebbe vedere una società che fa qualche progresso in più, che fa qualche passo in più in avanti. Noi vorremmo collocarci lì, tra quelli che provano a dare questa opportunità.

Siccome non abbiamo la verità in tasca e nessuno di noi pensa di averla, è un progetto di legge che, giustamente, prevede, dopo un anno, l’opportunità di verificare i risultati. Se c’è bisogno, si fanno gli aggiustamenti necessari. Se non c’è bisogno, non si fanno. Nell’affrontare un tema così delicato si raggiunge la perfezione andando anche per tentativi. Questo è un tentativo misurato, misurato sulla platea che potrebbe aiutare, sul numero di interventi che potranno essere realizzati, sulle risorse messe a disposizione; un intervento calato sulla realtà emiliano-romagnola e i cui effetti li misureremo di anno in anno.

Un consigliere, non ricordo chi, citando le parole di alcuni esponenti del centrosinistra in passati dibattiti parlamentari, ha richiamato Roosevelt. Roosevelt è stato il protagonista del New Deal. Noi non dobbiamo avere né l’ambizione né possiamo considerarci fondatori del New Deal, però possiamo considerarci un’Assemblea che, con l’approvazione di questa legge, sta provando a fornire un contributo importante affinché alcune persone possano sentirsi di nuovo protagoniste della società. Dentro il sistema del welfare – e concludo – a partire dalla Giunta, a partire dall’assessore Gualmini, si ha l’obiettivo di modificarlo anche in una Regione in cui ha sempre funzionato e di migliorarlo in una logica di un welfare di comunità, in cui il pubblico crea le condizioni affinché le persone, insieme e attivamente, possano uscire da una condizione difficile e di marginalità.

Il reddito di solidarietà che oggi andiamo ad approvare va in questa direzione. In quanto tale, spero che possa trovare il massimo della condivisione possibile e che, magari, fra un anno ci si possa ritrovare in quest’Aula o nelle Commissioni competenti per poterne valutare i pregi e i difetti. Questa è un’occasione non per qualcuno. È un’occasione per tutta la nostra regione, per chi nella nostra regione oggi è più in difficoltà e, magari, può avere, anche grazie alla nostra legge, qualche opportunità in più. Noi abbiamo la responsabilità di provare a dargliela.

 

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE SONCINI

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Calvano.

Ha la parola il consigliere Sassi.

 

SASSI: Grazie, presidente. Intanto vorrei dare qualche rassicurazione ai colleghi che in questi anni sono stati un po’ distratti da altre questioni, probabilmente. La proposta, a livello nazionale, del Movimento 5 Stelle non è lì per attirare consensi e ha perfettamente tutte le coperture identificate. Lo dico per informazione utile.

Voglio fare una piccola precisazione. In occasione dell’udienza conoscitiva dei progetti di legge, la vicepresidente Gualmini intervenne, in qualità di assessore, sostenendo che al Movimento 5 Stelle va il merito di aver inserito nell’agenda politica nazionale, ma anche regionale, il tema del contrasto alla povertà e degli strumenti normativi diretti a prevedere forme di sostegno economico unite a misure di attivazione sociale. Ovviamente, ringraziamo la presidente per l’onestà intellettuale del suo ragionamento, di cui rendiamo volentieri conto. Grazie.

Ma poi cos’è successo? I 5 Stelle hanno inserito nell’agenda politica il contrasto alla povertà, la proposta di legge per ridurre il grave gap che ci separa dalle altre esperienze europee. PD e SEL si sono appuntati l’impegno, ma hanno deciso di rassegnare forfait, di fare altro, di darsi assenti alla scadenza prefissata in agenda. Così, oggi, ci troviamo di fronte a un PDL, il 3023, che non è diretto al contrasto alla povertà, ma accompagna l’applicazione dei provvedimenti governativi sul SIA in Emilia-Romagna, la versione renziana del collateralismo, in questo caso istituzionale: a Roma hanno deciso di fare questo e qua, in Emilia-Romagna, dobbiamo fare una sorta di propaganda a quello che hanno deciso da un’altra parte.

Non si può non notare che questo progetto di legge è costruito come se la Regione fosse un ufficio decentrato del Governo, una succursale di Palazzo Chigi, anzi, peggio, di Via del Nazareno, dove si è rifugiato l’ex premier lasciando al loro posto quasi tutti i ministri di prima, quelli del Jobs Act, quelli della “buona scuola”, quelli dello “Sblocco Italia” e dell’Italia fondata sul voucher.

Questo progetto di legge risponde a logiche differenti da quelle che una legge regionale costruita sul nostro territorio e per il nostro territorio, con la strumentazione propria di una Regione, può fornire. Sembra non tenere conto di come è fatta la povertà in Emilia-Romagna, diffusa fra giovani, famiglie con figli e, addirittura, fra chi lavora. In Emilia-Romagna cala, forse, la disoccupazione (forse cala la disoccupazione), ma aumenta la povertà e la sua gravità.

Ho sentito parlare di dignità (dignità del lavoro, dignità delle persone) in diversi interventi, come è giusto che sia, ma in Emilia-Romagna, a forza di voucher, stipendi da fame, finte partite IVA, contratti precari scadenti, come quelli di molte cooperative (3,50 euro lordi all’ora, a volte), anche chi lavora rischia di essere povero. In Emilia-Romagna si spendono centinaia di milioni di euro per alimentare il sistema della formazione professionale, la cui efficacia è a dir poco scadente e imbarazzante, se parliamo di efficacia intesa come reintroduzione al lavoro. Se parliamo di formazione tout court, in quanto tale, chapeau. Con la sola formazione, ahimè, si mangia poco e non si pagano i conti.

In Emilia-Romagna si fa nascere l’agenzia del lavoro e si regionalizzano i centri per l’impiego, che, però, si sostengono e si pagano con il Fondo sociale europeo, almeno in parte, che dovrebbe essere destinato ad altro. In Emilia-Romagna si scambino i lavori effettuati con i voucher con l’occupazione che riparte. Così li conteggia anche l’ISTAT. Figuriamoci che l’ISTAT conteggia “occupato” anche chi lavora in nero un’ora alla settimana.

In Emilia-Romagna si chiede all’Università di Modena e Reggio di analizzare la povertà e si fa il contrario di ciò che lo studio indica. Identico modus operandi è riscontrato a Reggio Emilia sullo studio della ripubblicizzazione del servizio idrico. Lo studio manda da una parte. Non l’Amministrazione, ma il PD è andato da tutt’altra.

In Emilia-Romagna si vende come contrasto alla povertà un’elemosina che sarà, addirittura, difficile spendere, perché i vincoli previsti rischiano di impedire qualsiasi accesso al REIS. In base a questa proposta di legge, se si percepisce un’indennità di disoccupazione o si ha in casa un pensionato, si perdono i requisiti per ottenere il reddito di solidarietà. Vi porto un esempio. In presenza di un nucleo familiare costituito da una donna di quarant’anni, divorziata, disoccupata, ma nel pieno delle sue possibilità lavorative, con un figlio minore e magari con un genitore con reddito, nel quale magari si è rifugiata per motivi vari, condizione che non è inconsueta ma, anzi, abbastanza diffusa – io ne conosco diverse, non so voi –, in cui sono presenti redditi previdenziali, come una semplice pensione, superiori a 600 euro, la solidarietà, secondo il progetto di legge della maggioranza, scompare. Non solo i tre componenti di questo nucleo sarebbero troppo ricchi, ma già uno di loro riceve dal pubblico più di 600 euro, normalmente frutto del lavoro di una vita intera della persona che li percepisce, pensione pagata con i propri contributi. Quindi, niente reddito di solidarietà.

Nell’esempio ho preso il caso di una donna quarantenne, ma lo stesso varrebbe, con implicazioni diverse e anche peggiori, nel caso di un uomo, giusto per essere corretti politicamente.

Proprio a chi può operare per uscire dalla povertà questo progetto di legge nega la possibilità di usufruire del reddito di solidarietà. È il contrario della nostra proposta. È il contrario di quello che avviene in tutta Europa, al di là del fatto che la Grecia abbia più dipendenti pubblici che privati, ma poco importa. In tutti i paesi d’Europa, di cui ricordo facciamo parte, questo strumento è stato attivato, in Italia no. Peraltro, la crisi è cominciata nel 2008, per cui abbiamo perso fin troppo tempo a pensarci.

Ma è anche il contrario del buonsenso, quel buonsenso che noi pensiamo debba essere usato anche rispetto al finanziamento di questo intervento. Non una parola viene spesa sul concorso del Fondo sociale europeo, che non eroga direttamente fondi, lo sappiamo bene, ma servizi sì. Analogamente, non una parola viene adoperata sull’ipotesi di vedere il reddito di solidarietà o di cittadinanza (chiamatelo come preferito, poco importa) come una misura che ridefinisce il welfare regionale. È un paradosso. Se oggi siamo qua a parlare di questo progetto di legge è perché il welfare non ha funzionato nella sua totalità; altrimenti, questo strumento non servirebbe. Quindi, sarebbe stato opportuno metterlo in discussione non dico in toto, ma magari trovare qualche intervento, qualche strumento, oggi, che fa parte dell’ambito del welfare e che magari non è così efficace da includere in questo. Quindi, si sarebbe potuto usufruire di quelle risorse qui dentro, avendo anche una maggiore copertura. Niente. Lo status quo non si tocca.

Troviamo che questo sia un progetto debole, insufficiente e inadeguato, che non fa ciò che serve e fa cose che non servono. Il nostro giudizio politico non è completamente positivo. Questo è indubbio. Diversamente, i progetti di legge non sarebbero due, ma sarebbe uno, emendato da altri. Ma sono due. Tuttavia, siccome non intendiamo impedire che qualche piccolo, anche se inefficace, aiuto possa essere dato a soggetti in condizioni di bisogno, solo questa considerazione ci impedisce di tradurre in “no” il giudizio che diamo all’operato della maggioranza su questo provvedimento.

 

(interruzioni del presidente Bonaccini)

 

No, non è rocambolesca, presidente. È perfettamente logica.

Ad ogni modo, vi è un’ultima questione che vorrei sottoporre alla vostra attenzione. Al collega Taruffi, primo firmatario del progetto di legge, che prima citava l’intergruppo, vorrei ricordare che in quell’intergruppo, di cui anch’io facevo parte, abbiamo potuto leggere il testo proposto dal Movimento 5 Stelle, mentre quello del PD no. Quindi, non è l’intergruppo che ha stimolato il testo predisposto dal Movimento 5 Stelle, che peraltro era già stato depositato, semmai il contrario. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Sassi.

Interviene ora il consigliere Torri.

 

TORRI: Grazie, presidente. A questo punto del dibattito credo che siano ampiamente chiari i tratti del progetto di legge in discussione. Sono stati approfonditi da diversi punti di vista da tutti i consiglieri intervenuti, chi più criticamente, chi meno. Credo sia stato importante ogni aspetto che è stato sollevato, anche critico. Tuttavia, mi preme sottolineare alcuni aspetti di questo progetto perché, sia criticamente sia favorevolmente, ciò che non è stato messo in discussione è l’impatto e l’imponenza del progetto che stiamo discutendo e che ci accingiamo a votare.

Credo che questo elemento sia significativo, come ricordava il relatore Caliandro nel suo intervento e come sottolineava anche il primo firmatario del progetto di legge, il consigliere Taruffi, inquadrato nel sistema in cui andiamo a cercare di inserirlo, ovverosia il sistema di welfare regionale, un dato che reputo particolarmente importante. È un progetto di legge di iniziativa del Consiglio, che ha seguito un percorso complesso, che dopo brevemente richiamerò, e che mette risorse della Regione assieme agli altri strumenti di welfare che già la Regione ha attivato e sta portando avanti. Istituisce un nuovo capitolo, aspetto puntualmente richiamato, e di conseguenza porta a una modifica strutturale questo sistema.

Credo sia un aspetto importante da sottolineare, in un contesto regionale, il nostro, che presenta delle differenze rispetto al contesto nazionale, ma che non sfugge alla drammaticità dei dati che ha diffuso anche l’ISTAT recentemente e che mostrano un avanzare della povertà anche nelle regioni settentrionali. Di conseguenza, inserire un nuovo strumento credo sia un passaggio importante e fondamentale, che parte da una base solida, ma che cerca di dare risposte nuove a scenari nuovi che drammaticamente si presentano anche nella nostra regione.

Lo strumento scelto è quello di fissare una soglia minima di reddito sotto la quale le Istituzioni possano intervenire a sostegno dei singoli e delle famiglie, a fronte di un programma di inserimento sociale, altro aspetto importante. Al riguardo, sono stati richiamati diversi presidenti degli Stati Uniti, da Trump a Roosevelt, e anch’io vorrei richiamarne uno, ovvero il presidente Nixon, che peraltro un settimanale ha recentemente riportato in auge, il quale sperimentò in alcune città, in alcuni stati degli Stati Uniti, un programma di reddito minimo, nonostante lo si ricordi per altre politiche, che diede risultati sorprendenti non tanto sull’efficacia del sostegno quanto sulla reazione che queste fasce, le più deboli, verso le quali si orienta anche il nostro progetto, ebbero a livello di produttività e di stimolo a lavorare e ad adattarsi a lavori innovativi rispetto al sistema di allora. Credo che anche questo sia un riferimento significativo.

È chiaro, come veniva ricordato in diversi interventi, che si parte con uno strumento nuovo, che si aggiunge ad altri, ma è importante – e lo prevede la legge stessa, giustamente – valutarlo passo dopo passo, dopo un anno e, nella clausola valutativa, a cadenza biennale. È un aspetto che credo richiami tutti alla responsabilità e alla disponibilità a compiere questa valutazione, con tutti gli accenti che sono emersi da parte di chi richiamava questo aspetto, da quelli più critici a quelli più propensi alla positività verso questo progetto, un progetto che guarda a un bisogno che anche nella nostra regione è esteso e a risolvere quel bisogno.

Da questo punto di vista vi vorrei citare un episodio che mi è capitato personalmente, in occasione di un incontro in un centro d’ascolto Caritas di un comune montano piuttosto piccolo. Lo cito proprio perché anche in questo caso è stata richiamata la concentrazione di alcuni aspetti di questa legge sui grandi territori. Nell’illustrare il progetto di legge la reazione è stata di positiva sorpresa. Ebbene, credo che in questa reazione si intravedano le luci e le possibili ombre di questo provvedimento. Tuttavia, il fatto che sia stata una sorpresa positiva dimostra che anche in territori periferici, dove la popolazione dell’Emilia-Romagna presenta talune caratteristiche, questo provvedimento può essere utile e incisivo. Questo, naturalmente, denota anche un aspetto drammatico.

L’altra questione è che dovremmo spenderci, prima di valutarlo, per spiegare gli aspetti positivi e la necessità di accedere a questo programma il più possibile, in maniera da renderlo efficace, perché il bisogno di questo programma sembra esserci anche in strati insospettabili della popolazione. Sta, però, nella disponibilità e nel lavoro che porteremo avanti, per diffonderlo e farlo conoscere, la chiave per renderlo effettivamente efficace e arrivare, tra un anno, a una valutazione positiva.

Anche già nel lavoro sul regolamento, che dovrà partire a seguito dell’approvazione della legge, sarà importante coinvolgere gli Enti locali, come è già stato fatto in questo percorso, un percorso che ha visto il lavoro di un intergruppo, ma anche il confronto con associazioni estranee all’ambito regionale e che ha portato alla predisposizione di un testo, che è stato frutto di questi stimoli e che con l’ordine del giorno si tende a mantenere aperto, comunque, ad altre sollecitazioni, oltre a quelle che ci sono già arrivate.

In quest’ottica il tema vero che si affronta con questo progetto di legge, che da certi punti di vista può essere considerato limitato, da altri invece eccessivo, è quello delle diseguaglianze. È un tema urgente, un tema che abbiamo scelto di affrontare con un progetto importante, dentro un sistema ugualmente importante. Anche in questo caso, visto che sono già stati citati diversi articoli della Costituzione, per la mia formazione vorrei porre l’accento anche sull’articolo 3, che sancisce che lo Stato deve intervenire per rimuovere le diseguaglianze di carattere economico tra i cittadini. Ebbene, con questo provvedimento la Regione, come Istituzione, compie un passo in questo senso, prima di tutto per rimuovere le diseguaglianze, mantenendo aperta la disponibilità a svolgere ulteriori valutazioni al fine di migliorare questo intervento di volta in volta, sulla base dei risultati concreti, ma introducendo una misura già di per sé particolarmente incisiva, che guarda innanzitutto ai bisogni e all’attenuamento delle disuguaglianze. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Torri.

La parola al consigliere Alan Fabbri.

 

FABBRI: Grazie, presidente. Aggiungo alcune riflessioni rispetto a quelle già formulate durante questo dibattito dai colleghi della minoranza del centrodestra.

Credo di poter dire con convinzione che questa legge – ne parlavo anche personalmente con l’assessore Gualmini – nasce da un’esigenza impellente per quello che riguarda il sistema del welfare emiliano-romagnolo e nasce dal grido di dolore di tante Amministrazioni locali che non sanno più, purtroppo, come affrontare le file di cittadini che si stanziano davanti alle porte dei servizi sociali dei nostri Comuni, Comuni che sono stati svuotati a livello di bilancio e che sono gli imputati principali, secondo i cittadini, per quello che riguarda la riscossione delle tasse, perché questo Governo – e parlo dell’ultimo Governo, quello caduto qualche giorno fa – ha cercato in tutti i modi di centralizzare su di sé i poteri e di impedire che le imposte locali venissero definite attraverso il meccanismo dei sindaci e dei Consigli comunali, deresponsabilizzando fortemente così l’azione politica che, invece, questo Governo ha voluto portare avanti.

Credo che, al netto di questa riflessione, sia vera la volontà politica del Partito Democratico di andare incontro a un’esigenza di carattere elettorale che si manifesta ogniqualvolta il Movimento 5 Stelle parla del reddito di cittadinanza. In Emilia-Romagna viene chiamato reddito di solidarietà, mentre io credo – permettetemi una provocazione – che questo sia, invece, un vero e proprio reddito di cittadinanza, destinato, però, ai cittadini stranieri. Quindi, lo definirei un reddito di cittadinanza straniera, perché di questo si parla in questa legge. E non avete ancora capito che, invece, il popolo italiano e anche gli emiliano-romagnoli vogliono risposte diverse principalmente per i cittadini storici, che hanno creato il benessere e il welfare di questa Regione.

Mi dispiace ascoltare le parole del consigliere Calvano, Segretario regionale del PD, quando dice che non intende ragionare su temi importanti come la povertà, perché la povertà non è né di destra né di sinistra. Queste sono ovvietà che lascio a chi magari è più abituato a far politica e meno a gestire il contingente a livello di Amministrazioni. Io voglio che questi siano i temi di tutti, tanto la povertà quanto la ricchezza.

Credo sia anche doveroso ricordare al presidente Bonaccini e al consigliere Calvano che dobbiamo confrontarci tutti insieme, se vogliamo puntare in maniera unanime a creare nuove opportunità lavorative in questo territorio, andando anche a battere i pugni sul tavolo del Governo centrale romano, considerato che la cosiddetta “riforma” dello Stato passa attraverso il riconoscimento politico di un residuo fiscale che questa Regione dona, ogni anno, al Governo centrale, che è pari a ben 15 miliardi di euro.

La Regione Emilia-Romagna, dove prima qualcuno osannava che si è registrata una crescita occupazionale e del benessere, attraverso le tasse che pagano i cittadini emiliano-romagnoli, regala allo Stato centrale, ogni anno, 15 miliardi di euro, che non tornano indietro, al netto di tutte le tasse che vengono imposte su questo territorio. 15 miliardi di euro! Su questo dovrebbe agire la politica territoriale in maniera unanime, come accade ad esempio in Trentino-Alto Adige, in Sicilia o in Sardegna, Regioni a Statuto speciale. Se avessimo veramente voglia di fare del bene a questa Regione, dovremmo condurre una battaglia trasversale, che parta dalla destra e arrivi fino alla sinistra, passando ovviamente per la Lega, che ha sempre fatto del federalismo fiscale il suo cavallo di battaglia. Però, non vedo più riflessioni da parte della maggioranza di questa Regione su questo tema.

Ma perché prima l’ho definito reddito di cittadinanza straniera? Perché, se nel provvedimento si mettono due anni di residenzialità storica, un reddito ISEE pari a 3.000 euro e nessuna forma di certificazione di eventuali beni che possono risiedere all’estero, vuol dire che tale provvedimento è indirizzato proprio a quelle persone. Aveva ragione il consigliere Foti: probabilmente, si vuole andare incontro a un’esigenza amministrativa e politica delle grandi città, in particolar modo di Bologna, che si vede invasa oggi da orde di persone che reclamano diritti, che a mio avviso non dobbiamo concedere. Diversamente, se si cominciano a concedere soldi a tutti in maniera spropositata, collassa il sistema. Collassa il sistema! Non vi basta accogliere e spendere miliardi di euro per una finta accoglienza agli immigrati clandestini? Gente a cui, basta che richieda asilo politico, date la possibilità di rimanere sul nostro territorio, mettendola in alberghi, pagandole di tutto, non garantendole la possibilità, invece, di costruirsi un futuro più concreto e più attivo in una società, ma soltanto mantenendola in una logica assistenziale, così come volete che diventi questo. Questo è un messaggio politico che viene lanciato, oltre che a un certo tipo di elettorato del Movimento 5 Stelle, che non è stupido… su questo tema…

 

(interruzioni)

 

Era inteso in senso positivo, nel senso che la gente non è stupida.

Dicevo, questo è un messaggio politico che viene lanciato anche magari per far contenta una certa sinistra, che si riempie la bocca di buonismo attraverso questa miseria che andate a donare ai cittadini stranieri di questo territorio. Spero che i dati che verranno fuori, da qui a un anno, tant’è che voteremo convintamente l’ordine del giorno che propone una verifica sulla destinazione e l’uso di questi soldi, smentiscano quando sto prospettando. E spero di sbagliarmi perché stiamo gestendo tantissime risorse, che vanno anche a ingessare la parte corrente del bilancio che andremo a votare da qui a una settimana. Del resto, quando i consiglieri regionali andranno a dire che cercheranno di investire sulle manifestazioni sportive, sul dissesto idrogeologico, sulla diminuzione delle tasse, sull’abrogazione del ticket sanitario ai residenti di questa regione, come è stato fatto in Veneto, che sarebbe stata, quella sì, una scelta molto più accurata e rispettosa di chi effettivamente produce reddito in questa regione, dovranno prestare massima attenzione a quello che promettono, perché una grossa fetta della parte corrente del bilancio è vincolata a questo reddito di cittadinanza. E non sono tanto miope da non aver visto che all’interno del Partito Democratico c’è stato questo dibattito interno. Ne sono sicuro, perché anche nel PD ci sono persone di buonsenso.

Noi, invece, dobbiamo cercare di collaborare per far crescere ulteriormente questa Regione. Prima, il consigliere Calvano diceva che l’Emilia-Romagna sta crescendo. È vero, l’Emilia-Romagna sta crescendo, ma al netto delle politiche che sta portando avanti questa Regione.

L’Emilia Romagna è sempre stata una Regione che ha dato molto a livello di prodotto interno lordo italiano, perché c’è della gente che si sveglia la mattina presto, va a lavorare, paga le tasse, crea aziende, crea cooperative e crea tutte quelle sinergie che fanno sì che il nostro stato sociale sia quello che abbiamo oggi. Ma a questa gente difficilmente pensiamo quando proponiamo provvedimenti di carattere sociale legati al nostro welfare, difficilmente pensiamo al figlio di un artigiano che basta che abbia ereditato una casa, magari un monolocale in centro a Modena (dico una città a caso), magari è senza lavoro, per non poter accedere a questo reddito di solidarietà, essendo 3.000 euro il reddito massimo ISEE su cui si può intervenire. A questa persona non pensiamo, perché basta avere quel minimo di proprietà per perdere qualsiasi diritto. Generalmente il cittadino emiliano storico, come la maggior parte di noi, come la maggior parte dei nostri amici, come la maggior parte della gente che conosciamo, ha una base sociale all’interno della propria comunità e, proprio per questo, non ha diritto a nulla di questo reddito di solidarietà.

Per tutte queste ragioni, ripetiamo convintamente ancora il nostro “no” a questo progetto di legge, che abbiamo ribattezzato – lo dico anche per gli amici della stampa – reddito di cittadinanza straniera.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Fabbri.

Ha chiesto di intervenire il consigliere Mumolo.

 

MUMOLO: Viviamo in un momento storico particolarmente difficile, in cui non c’è solo il tema della povertà che aumenta, c’è anche il tema di una forbice sociale che si sta allargando sempre di più, perché, se da un lato la maggior parte delle persone diventa sempre più povera, dall’altro una minoranza molto fortunata diventa sempre più ricca. Questa è una cosa inaccettabile, come non è accettabile il livello della povertà a cui si è arrivati.

Per qualcuno queste parole appariranno come un pianto greco, magari persone che non hanno assolutamente idea di che cosa significhi diventare poveri e non arrivare nemmeno alla seconda settimana del mese, però il livello è questo, ed è un livello che è stato espresso da chi mi ha preceduto, che ha riportato anche vari dati, dati che sono abbastanza noti, perché quelli che sono usciti in questi giorni sono simili a quelli dell’ISTAT, usciti qualche mese fa, e a quelli della Caritas. La povertà purtroppo è in aumento. È in aumento anche in questa regione, anche se per fortuna relativamente rispetto alle altre regioni italiane.

I numeri sono molto aridi. Dire che una persona su quattro è a rischio di povertà, assoluta o relativa, è un numero arido, che non dà conto di che cosa significa realmente, di quante persone si trovano in questa situazione e di quanti nuovi poveri ci sono. Del resto, da qualche anno è sorta una nuova tipologia di poveri. I nuovi poveri sono cassintegrati, disoccupati, genitori separati con figli a carico, ma anche persone che hanno un lavoro sottopagato, precario, che non consente loro di essere pienamente indipendenti. Se a queste persone non si dà un aiuto, se non si prova almeno a dare loro un aiuto, in breve finiranno in strada, perché consumeranno i loro risparmi e non saranno più in grado di pagare l’affitto o il mutuo. Questo è il destino che li aspetta. Non ce ne sono altri.

Noi, allora, qualcosa dobbiamo provare a fare, e lo dobbiamo fare cercando, da un lato, di creare ricchezza e di attrarre investimenti, cosa che credo si stia facendo egregiamente in questa Regione, e dall’altro lato di intervenire direttamente nei confronti delle persone più povere.

La misura che noi proponiamo oggi, che è una misura di contrasto alla povertà, può sembrare anche una piccola cosa innanzi alle tante situazioni che abbiamo di fronte. Certamente, non risolverà il problema della povertà diffusa, ma credo che sia ugualmente molto importante, per tantissime ragioni, alcune delle quali sono state ben illustrate dal relatore della legge.

Questo provvedimento indubbiamente rappresenta, come diceva la consigliera Gibertoni, un primo passo. Sono d’accordo con questa definizione: è un primo passo. D’altronde, ogni viaggio comincia con un passo. Se non si fa il primo passo, probabilmente non si arriva da nessuna parte.

Anche relativamente a quanto affermava il consigliere Fabbri, sinceramente vedo estremamente difficile che uno straniero che risiede in Italia, con regolare permesso di soggiorno, possa avere un ISEE così basso. La vedo difficile. Comunque, come diceva lo stesso consigliere Fabbri, tra un anno trarremo le conclusioni. Comunque, come il consigliere Fabbri sa, uno straniero che risiede regolarmente in Italia deve avere un reddito tale da consentirgli di poter rinnovare il permesso di soggiorno; diversamente, il permesso di soggiorno non viene rinnovato. E credo sia molto difficile che questo reddito sia assimilabile a un reddito di 3.000 euro di ISEE.

Il reddito di solidarietà che noi proponiamo è un provvedimento orizzontale e universale, che tiene insieme politiche attive e passive, ed è pensato come misura temporanea per aiutare le persone a uscire dalla loro condizione di povertà, affiancando il trasferimento di denaro, che non è fine a se stesso, con altre misure di accompagnamento dei beneficiari, ai quali si chiede ovviamente, nei limiti delle loro possibilità, di essere attivi, perché solo in questo caso avviene l’erogazione, di essere attivi, partecipando a progetti di reinserimento lavorativo e di formazione, a progetti educativi per i minori.

Io credo che sia anche molto importante sottolineare – è stato già detto, ma ci tengo a ribadirlo – che questo non è un provvedimento una tantum, ma è un provvedimento strutturale, e le somme che sono state inserite a bilancio lo dimostrano strutturale. Non è uno spot.

Si tratta di una misura che richiede il protagonismo di tanti, che richiede innanzitutto il protagonismo del nostro Governo. Ricordo a tutti noi che il disegno di legge recante disposizioni di norme relative al contrasto della povertà è stato approvato alla Camera e aspetta di essere approvato al Senato. Spero che si proceda in tempi brevi.

Inoltre, vi è un disegno di legge incardinato in Commissione Igiene e Sanità del Senato, che tra l’altro è stato votato da tutti i Gruppi presenti in Commissione, in materia di diritto alla salute per le persone senza dimora, per i più poveri, per coloro che finiscono in strada. Anche quel disegno di legge, che consta di un solo articolo, dovrebbe essere approvato in tempi brevi.

Noi cerchiamo di fare la nostra parte in Regione, perché non ci si può limitare a invocare il Governo affinché faccia la sua, e in Regione, al fine di attuare la legge regionale, stiamo cercando di fare in modo che giochino un ruolo molto importante anche altri soggetti, come il terzo settore, i sindacati, soggetti che possono far conoscere la legge e possono aiutarci ad accompagnare le persone al reinserimento sociale.

Per l’attuazione del reddito di solidarietà, come per la legge precedentemente approvata sull’inclusione delle persone fragili, è fondamentale l’integrazione dei servizi, quindi come Regione dobbiamo batterci perché venga sbloccato il turnover negli Enti locali, senza il quale diventa molto complicato avere un numero sufficiente di figure professionali preparate per attuare queste misure innovative e per introdurre il necessario cambiamento anche culturale, e penso a psicologi, assistenti sociali, mediatori.

Quando ci sono state le elezioni e si è candidato il nostro presidente, è stato predisposto un programma, un programma costruito dalla maggioranza, un programma che a un certo punto diceva che questa Regione non vuole lasciare indietro nessuno. C’è un bellissimo spettacolo dell’attore Marco Paolini nel quale a un certo punto si dice che non c’è sfida più bella di quella di non perdere nessuno per strada, di non lasciarlo indietro. Ebbene, questo concetto è scritto nel nostro programma, è scritto nel programma del PD, è scritto nel programma del nostro presidente Bonaccini. E con questa legge stiamo realizzando una parte del nostro programma e stiamo cercando di dare una speranza a chi, a causa della povertà, rischia di perdere quella speranza, insieme alla sua dignità di persona e di cittadino. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Mumolo.

Io non ho altri iscritti in discussione generale. Pertanto, procedo con le eventuali repliche dei relatori. Consigliere Caliandro, prego, relatore della Commissione. Poi interverrà la Giunta. Prego.

 

CALIANDRO: Grazie, presidente. Intervengo semplicemente per evidenziare che il ricco dibattito che ha accompagnato questa legge nel suo percorso di elaborazione, di realizzazione oggi e di discussione in aula ha segnato tante differenze, ma anche tanti punti di contatto.

Voglio rassicurare quei consiglieri che temono che questo possa essere un provvedimento assistenzialista dicendo loro che questo provvedimento non ha quella vocazione, come non la ha il programma di mandato al quale tutti ci siamo legati. Lo ricordava adesso il consigliere Mumolo: noi abbiamo scelto di essere la Regione del patto per il lavoro, la Regione che sta dalla parte degli ultimi. Noi abbiamo una cerniera di diritti che, a mio giudizio, nel lavoro della Giunta Bonaccini e del Consiglio si sta rafforzando.

È una grande occasione quella che ci è stata offerta oggi, l’occasione di dimostrare che tante delle attività che stiamo portando avanti nel nostro territorio hanno un grande valore. Faccio un esempio per tutti. In questi giorni, la nostra Regione, insieme alla Curia, si sta facendo carico di una grande crisi che riguarda un’importante azienda bolognese. È un’operazione straordinaria, che si inserisce in quel dibattito in cui noi rappresentanti delle Istituzioni, insieme a tutti coloro che ne hanno la possibilità, ci schieriamo dalla parte dei più deboli. Io trovo che questo momento, in una congiuntura di grande difficoltà per il Paese, rappresenti per noi una grande occasione di dimostrare chi siamo. E invito tutti ad andare oltre le proprie paure e anche oltre le proprie rendite di posizione. Possiamo dimostrare di valere molto di più di quello che abbiamo dimostrato fino ad oggi. Lo dico con la lealtà con la quale bisogna affrontare queste particolari tematiche.

Quando si predispongo leggi per andare incontro ai poveri, non si cercano i voti. Non sono quei provvedimenti ai quali tristemente ci siamo abituati, ma si tratta di provvedimenti a favore di quelle persone che hanno perso la fiducia nelle Istituzioni, perché hanno perso la fiducia in loro stessi. Noi vogliamo dare dignità con questo provvedimento. La solidarietà è dignità.

Mi piace immaginare che gli ultimi abbiano tanti volti, abbiano i volti dei giovani, degli anziani, delle persone che sono uscite dal carcere e di quelle che ancora devono uscire dal carcere, delle persone che cercano una posizione o un riscatto, che hanno perso un lavoro, che lo vogliono migliore, che vogliono un progetto di vita. Gli ultimi potremmo essere tutti noi, ricordiamocelo. E qualcuno di noi forse è andato anche vicino a pensare di aver toccato il fondo. È difficile ammetterlo, ma probabilmente, se guardiamo le nostre storie individuali, scopriamo di non essere così invincibili come vogliamo dimostrare con la nostra arroganza.

Allora, quando affrontiamo un tema così importante, abbiamo il dovere morale di ricordarci quello che Nelson Mandela ha detto tanti anni fa: “La lotta alla povertà non è un gesto di carità, è un gesto di giustizia”. Ed è la giustizia sociale che ha mosso questo Consiglio, questa maggioranza, questa Giunta a pensare che non si potesse restare silenti. Il rischio è di essere considerati colpevoli.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Caliandro.

Non avendo altri iscritti, per le conclusioni del dibattito generale do la parola al presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini. Prego, presidente.

 

BONACCINI, presidente della Giunta: Grazie, presidente. Lascio le conclusioni a Elisabetta Gualmini, che voglio ringraziare per il grande e paziente lavoro che ha compiuto anche di cucitura e di relazione con i territori e le parti sociali, perché voglio concentrarmi a incardinare la discussione che stiamo sviluppando rispetto a quello che avevamo promesso nel programma di mandato, anche in termini di coalizione. Credo che il fatto che una maggioranza, che è maggioranza differente da quella nazionale, proponga un provvedimento del genere dimostri come sia complicato voler affermare che siamo una dépendance di qualcun altro. Anche perché basterebbe essersi letto, ma temo che il consigliere Sassi non l’abbia mai fatto, il patto per il lavoro per sapere che questo provvedimento riporta l’apposizione sotto le sue pagine delle firme di tutte le parti sociali di questa regione. Anche questo mi pare in controtendenza con quello che è accaduto nel Paese.

Io credo che dobbiamo provare a prenderla così. La povertà in questa regione è raddoppiata negli anni della crisi e la disoccupazione è quasi triplicata. Io, quando sono diventato presidente e voi consiglieri e ho nominato la Giunta, nel primo trimestre del 2015, la percentuale di disoccupazione si attestava attorno al 9 per cento. La disoccupazione, nel terzo trimestre 2016, è scesa al 7,1 per cento. Credo che nessuno dei più ottimisti di noi potesse immaginare, in soli due anni, di ridurre quella percentuale di ben due punti.

Mi viene detto che quelle non sono cifre vere. Ma, allora, io non so più quali seguire. Quelle cifre non le dà la Regione, ma sono il frutto di studi condotti da istituti autonomi. Non vorrei che si prendessero per buone quando sono negative, visto che qui sono state citate in questi mesi quando erano negative a livello nazionale, e per inattendibili quando sono positive. Del resto, viviamo tutti in questo territorio, parliamo tutti con le persone, con le imprese, con il mondo del lavoro. Certo, sappiamo che vi sono ancora delle storture. Io, ad esempio, sono uno di quelli che hanno sempre affermato che i voucher, peraltro nati parecchi anni fa, vanno corretti e che ve ne è un uso che è diventato spesso abuso. Ma non possiamo non renderci conto che sta tornando la crescita, che è ripartita l’economia. Se nella zona del terremoto, così drammaticamente colpita, lo scorso anno il comparto del biomedicale, che è il secondo più importante al mondo, ha fatto circa un 30 per cento in più di export, questa è la dimostrazione che qualcosa sta funzionando.

È merito solo dei cittadini e delle imprese? Non mi avete mai sentito descrivere la politica come l’unica capace di far funzionare le cose. Ho sempre detto che è la propensione degli emiliano-romagnoli o di coloro che sono venuti qui ad abitare e a darci una mano che ha prodotto risultati straordinari. Certamente, mi viene da pensare che può essere che queste cose, se sono positive, visto che abbiamo la più alta occupazione femminile, derivano forse anche da un sistema di welfare che vede questa regione essere la prima in Italia per posti negli asili nido, sui quali, peraltro, siamo intervenuti – a proposito di innovazione – con una legge che va a modernizzare politiche che sono prese a esempio un po’ in tutta Europa.

Se davvero il consigliere Sassi descrive l’Emilia-Romagna come l’ha descritta oggi quando gira per l’Italia e l’Europa, credo che chi conosce l’Emilia-Romagna non gli possa credere. Ieri, ho ricevuto un incarico a Maastricht non perché sono particolarmente intelligente, ma probabilmente perché ho la fortuna di governare e rappresentare una terra che ha tali performance, anche grazie, come ha detto il consigliere Fabbri, a ciò che qui è stato costruito e a chi ci vive. Tuttavia, mi viene da dire che, se è vero quell’elemento – e non lo nega nessuno –, non può essere che quando va bene è merito solo degli altri e quando va male è colpa delle Istituzioni.

Noi, oggi, stiamo mettendo in campo un provvedimento che non è risolutivo, che non si propone l’idea di far scomparire la fame nel mondo o la povertà in Italia, ma che prova a introdurre, per la prima volta, visto che è una nuova legge, un elemento che cerca di non essere – questo, sì, lo rivendico, e non voglio convincere chi non è d’accordo – di carità, com’è uno stipendio fisso a chi in quel momento non ha il lavoro – peraltro, mi dovreste spiegare le coperture, perché io non l’ho ancora capito, ma può essere che sia un problema mio –, rispetto invece a un tentativo, parziale finché volete, che arriverà a decine di migliaia di persone/famiglie e che si presuppone di dare una mano, per quanto non risolutiva per tutta la vita e nemmeno per tutti i problemi di quelle persone, vista la condizione in cui si trovano, per una parte limitata della loro vita, perché vogliamo accompagnarli e aiutarli ad avere un’opportunità di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro.

Condivido quello che ha detto la consigliera Gibertoni, ma anche altri, cioè il fatto che, siccome nessuno nasce imparato, sia utile che fra un anno ci debba essere una valutazione. È giusto perché andrebbe fatto per qualsiasi politica ed è ancora più giusto in questo caso perché è la prima volta che proviamo a introdurre uno strumento del genere. Inoltre, siamo disponibili – lo dico oggi, così me lo ricorderete sempre – a valutare, insieme alla Giunta e all’Assemblea, se quello strumento sarà arrivato a giusta destinazione, se avrà risolto qualche problema e se magari non serviranno, come probabilmente accadrà, alcuni correttivi o migliorie. Su questo non vi è alcun dubbio che siamo completamente disponibili perché, come diceva il consigliere Caliandro, non c’è nessun elemento per cercare di rastrellare qualche voto. Laddove fosse così, allora avremmo cercato di mettere ancora più risorse e provare a dare un assegno a chiunque, indipendentemente dalla condizione materiale in cui si trova.

Abbiamo, peraltro, voluto introdurre un elemento – lo spiegherà molto meglio di me la vicepresidente Gualmini, lo dico per slogan – che non accompagni solo chi ha figli, ma renda un po’ più universale questa misura, in quanto ci sono persone che non hanno figli, ma che ugualmente non arrivano alla seconda settimana del mese.

Io penso che questo tipo di scelta, che mira a dare una mano concreta – non sono bruscolini 35 milioni di euro, o giù di lì –, voglia essere dentro a un piano nazionale – e non perché l’ha proposto Renzi; l’avesse proposto chiunque sarebbe lo stesso – per evitare che i Comuni abbiano un incrocio sbagliato rispetto alla destinazione e non sovrapposto. Credo che un’Amministrazione seria, seria non per la misura che prende, perché si può legittimamente dissentire, almeno tecnicamente debba provare a evitare che vadano due volte alla stessa persona e a estendere, invece, quella platea.

Certo è che questa misura accompagna la vera battaglia che stiamo portando avanti. Peraltro, se è vero che l’Italia cresce, è altrettanto vero che qui si cresce molto di più o un po’ di più – fate come volete, ditela come volete – che da altre parti, anche rispetto a regioni industrialmente robuste al pari di quella emiliano-romagnola.

Io vedo indicatori che ci stanno dando ragione sulla scommessa che abbiamo fatto sul patto per il lavoro e vedo una regione che, grazie alle politiche che si stanno mettendo in campo – guardate il dibattito che ha comprensibilmente scatenato l’andare a introdurre elementi differenti dal passato sull’assegnazione delle case degli alloggi nelle case popolari –, ha registrato uno 0,3.

È evidente che non ci accontentiamo di quello che c’è o del buono che ha fatto, ma vogliamo mettere in campo più complessivamente un provvedimento che veda anche qui, dato che la società è molto cambiata, un’innovazione nello stesso sistema di welfare, che insieme al sistema sanitario rimane per noi un fiore all’occhiello. E non è un caso che abbiamo sottoscritto con i sindacati, non solo CGIL, CISL e UIL, ma addirittura tutte le ventidue sigle che ci criticarono, temendo che non avremmo salvaguardato i vari comparti del sistema sanitario, l’introduzione di un elemento. Trovatemi un’altra Regione e portatemela: sono qui. 2.581 donne e uomini, ragazze e ragazzi, che tra copertura del turnover al 90 per cento – non c’è nessuno in Italia che lo fa –, nuovi posti di lavoro e stabilizzazione – ecco dove sono le politiche attive per il lavoro – di centinaia di posti oggi a tempo determinato e precari vedono un intervento che introdurrà nel sistema sanitario qualcosa come circa il 5 per cento della forza reale attualmente in carico. Insomma, sia mediante interventi pubblici che attraverso la sollecitazione di investimenti privati, stiamo cercando di fare quello che avevamo detto a inizio legislatura, ovverosia immaginare che con quel patto per il lavoro da 15 miliardi di euro complessivi a fine 2020, quindi traguardando persino la nostra legislatura, si potesse arrivare al dimezzamento di quel 9 per cento. Poi, sappiamo bene che c’è l’Europa, c’è il terrorismo, c’è l’Italia. Vedremo quello che succederà.

In conclusione, siamo pronti a verifica, non abbiamo difficoltà ad accettare proposte migliorative, se queste serviranno, siamo convinti di dare una mano a chi oggi non riceve nulla, e saranno parecchie persone. A fianco ci mettiamo l’idea che il tema non è dare un assegno a una persona perché si metta davanti alla televisione a guardare i suoi programmi preferiti, di fronte ai suoi figli, per sempre, bensì quello di provare a fare in modo che la guardi per qualche mese o per un anno, ma poi trovi la dignità di portare a casa in futuro uno stipendio.

Io apprezzo l’astensione del Movimento 5 Stelle e non mi interessa nemmeno di chi è la primazia di aver posto il tema del contrasto alla povertà. Mi interessa solo che andiamo a dare una mano a chi ha bisogno. Certo, per un vostro elettore, se ha ascoltato le parole del vostro Capogruppo, diventa un po’ rocambolesco – così prima l’ho definito – sentir dire che questa è una legge che non ha nulla di positivo e poi vedere che vi astenete perché forse avete il timore che esca un titolo di giornale che dica che il Movimento 5 Stelle ha votato contro un provvedimento che punta a dare una mano ai poveri. Francamente, visto che la seduta è registrata, vi invito a riascoltare i vostri interventi e a trovarmi le ragioni per le quali non si poteva magari indicare, come altri hanno fatto, alcune questioni che, invece, avrebbero potuto nella critica trovare un risultato che fosse anche positivo.

In ogni caso, ringrazio tutti per il lavoro che si è svolto, anche chi non condivide questo provvedimento, perché in Commissione si è compiuto un lavoro serio, e io ho grandissimo rispetto quando si lavora, anche se la pensa diversamente da me. Mi interessa però che, anche quando disputiamo tra di noi, non si rappresentino scenari alquanto fumettistici. Possiamo avere idee diverse, possiamo avere valutazioni differenti, ma non rappresentiamo questa terra – lo dico per l’Emilia-Romagna e per chi ci abita e ci lavora – come fosse una terra dimenticata da Dio e dagli uomini. Questa rimane in Europa una delle regioni dove c’è una delle più alte qualità della vita. E lo dico non per rendere merito alla politica, che secondo me di meriti ne ha, ma mi interessa il giusto, ma perché venga riportata la realtà in capo a ciò che chiunque osservi noi, anche se non la pensa come noi, così ci descrive. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, presidente Bonaccini.

Adesso prende la parola la vicepresidente della Regione, Elisabetta Gualmini. Prego.

 

GUALMINI, vicepresidente della Giunta: Grazie mille, presidente Soncini. Anch’io, prima di tutto, ci tengo a ringraziare le forze politiche di maggioranza, i due Capigruppo, ma anche tutti i consiglieri che hanno proposto emendamenti e che hanno partecipato a questa discussione, nonché le forze politiche di opposizione.

Ribadisco quello che mi è stato giustamente accreditato, cioè il fatto che il tema della povertà non è certamente una nostra esclusiva. Ci sono forze politiche, come il Movimento 5 Stelle, che sicuramente hanno avuto il pregio di fare di questo tema una bandiera a livello nazionale. Quindi, questo va davvero riconosciuto.

La discussione di oggi mi ha molto appassionata perché, pur con le diverse sfumature, pur con convinzioni che personalmente non condivido, ho visto moltissimi consiglieri fare davvero il loro mestiere, quindi preoccuparsi per l’interesse collettivo, preoccuparsi per chi sta là fuori e preoccuparsi molto meno, invece, delle nostre diversità o dei nostri destini individuali. Quindi, mi è piaciuta molto questa giornata.

Ci sono voluti due anni per arrivare a questa legge, ma rivendico l’importanza di un lavoro lungo e articolato, a cui hanno partecipato studiosi, docenti universitari, un lavoro che è sempre stato accompagnato da uno stillicidio di agenzie e comunicati stampa che contenevano dati che ci segnalavano un fenomeno in crescita. Anche oggi sono usciti i dati relativi all’aumento del tasso di povertà degli anziani. Per non parlare dei dati che ci hanno accompagnato durante tutto quest’anno per quanto riguarda la povertà infantile. Quindi, è stato un lavoro che è stato anche scandito da una pressione sul problema – diremmo da una problem pressure noi professori – particolarmente pesante, che ci dice che là fuori questo tema esiste.

Questo lavoro fa riferimento a una visione del welfare ben precisa, magari non corretta, sbagliata, che personalmente ho anche ricavato dai miei anni di insegnamento, dai miei studi, dai numerosi libri che ho scritto su questi temi. Non c’è dubbio che il sistema di protezione sociale del nostro Paese, quindi anche della nostra Regione, abbia dei buchi. Non è che lo scopriamo oggi. Lo sappiamo da almeno quaranta o cinquant’anni. Noi siamo costantemente oggetto di raccomandazioni, bacchettature, linee guida, rinvii dei nostri testi dalla Commissione europea, perché solo ed esclusivamente insieme alla Grecia siamo l’unico Paese in cui non esiste un safety net, uno strumento di compensazione di ultima istanza, un cuscinetto che possa scattare quando tutti gli altri strumenti, gli ammortizzatori, i servizi per riprendere l’impiego e così via, non riescono a funzionare. Quindi, il nostro sistema di welfare è notoriamente monco, è parziale, è categoriale, costantemente rivolto alle stesse categorie di utenti, le stesse, quindi abbiamo gli strumenti previdenziali per gli anziani, la sanità per fortuna, unica eccezione universalistica, e gli strumenti per le madri con i figli, gli strumenti contro determinati rischi, sempre rivolti a categorie diverse tra di loro.

In questa visione d’insieme manca un tassello, manca un pezzo e io sono fortemente convinta che noi ora stiamo sperimentando, non solo noi, anche le altre Regioni, e arriveremo, sempre partendo prima dal locale e poi si arriverà al nazionale, probabilmente nei prossimi dieci anni a uno strumento come questi che stiamo sperimentando che diventerà parte essenziale del nostro sistema di welfare.

Questo percorso è nato nel 1998, ricorderete, con il Governo Prodi. Si sperimentò allora un reddito di inclusione che funzionò molto bene a livello di municipalità in alcuni Comuni. Poi la storia si è interrotta perché non vi erano risorse sufficienti per poter mandare avanti questo strumento, cambiò il colore politico anche del Governo, ma successivamente il discorso pubblico intorno a questi strumenti di contrasto alla povertà è sempre stato costante, è sempre stato alimentato e, ripeto, sono convinta che seppure con uno stile un po’ italiano, cioè di tanti pezzetti di politiche pubbliche che vengono sperimentate sui territori, noi arriveremo a colmare questo buco e avremo anche dato un contributo per avere una visione di welfare un po’ meno parcellizzata e un po’ più universale.

Su cosa si basa questo provvedimento? Su tre assunti molto chiari, su cui si può essere più o meno d’accordo, ma mi sembra che il percorso sia delineato. Il primo è stato il tentativo di allargare la platea.

Da parte nostra sarebbe stato stupido non prendere il treno delle misure nazionali, qualunque fosse stato il Governo che le avesse introdotte. Quindi, sicuramente dovevamo saltare su quel treno perché la prima volta abbiamo visto dei fondi a favore della lotta contro la povertà. Dovevamo saltarci sopra non in modo passivo, ma nel modo più attivo possibile, cioè in un modo che potesse essere utile anche al Governo regionale e soprattutto ai cittadini della nostra Regione. Quindi, l’idea di integrare l’intervento del Governo che, di fatto, pur nel bene, categorizza la povertà, perché dice “per noi oggi sono poveri solo le famiglie con minori”, l’idea di dire “no, in Emilia-Romagna abbiamo decine, centinaia di anziani, donne e uomini soli”, che, secondo le simulazioni fatte, perché non siamo così sprovveduti, rientrano anche nella soglia di reddito dalla quale partiamo. Quindi, questa integrazione penso che sia giusta, opportuna, assolutamente necessaria per far sì che un provvedimento, in parte calato dall’alto, appunto perché viene dal Governo nazionale, possa essere agito da chi sta sui territori, da chi legifera nella nostra Regione e da chi poi mette in pratica.

L’allargamento della platea lo ritengo un punto fondamentale di questo provvedimento.

Si poteva – parlo alla Lega – differenziare anche l’età, la residenza, gli anni di residenza per accedere a questo strumento. Sapete che personalmente ho consentito l’ingresso all’introduzione della residenza storica nella riforma delle case popolari, che abbiamo innalzato a tre anni. Non l’abbiamo fatto proprio per evitare di creare, in questa prima partenza, caos e confusione agli operatori dei Comuni. Quindi, i Comuni ci hanno chiesto di confermare gli stessi anni di residenza per chi accede alla misura nazionale e per chi accede a quella regionale, perché altrimenti con criteri diversi avremmo rischiato, in fase di primo avvio, di creare più problemi di quanti ne andiamo a risolvere. Questo è il motivo per cui siamo rimasti fermi a 24 mesi. Io non escludo – sto parlando con voi e faccio un’apertura in questo senso – che si possa rivedere il provvedimento e valutare soglie di accesso diverse.

Secondo punto. Non siamo professionisti dell’assistenza. Nessuno di noi lo è. Io, per prima, ho una visione molto liberal progressista del welfare, non sono una professionista dell’assistenza, né dell’elemosina, né del welfare risarcitorio o riparatorio. Non vogliamo far campare le persone senza lavorare, non vogliamo attaccare alla flebo dell’aiuto pubblico le persone a vita, per sempre. Trovo davvero quasi in malafede continuare a dire che questo provvedimento crea assistenzialismo, perché è esattamente il contrario. Tanti sono i paletti, i vincoli, i controlli, i monitoraggi, le sperimentazioni, le cautele, le clausole che abbiamo inserito affinché, se il Patto di reinserimento non funziona, l’erogazione non venga fatta. Questo deve esser chiaro.

Se scopriamo che questa nuova politica pubblica non funziona, ci guardiamo in faccia e la cambiamo, la interrompiamo. Io mi rifiuto di credere che una Regione come la nostra debba, per decenni e decenni, quaranta o cinquant’anni, andare avanti sempre con le stesse risposte in termini di protezione sociale, sempre con gli stessi strumenti preconfezionati quando fuori tutto il mondo è cambiato.

Il coraggio di modificare delle cose, il coraggio di mettere 70 milioni (35 più 35) in un bilancio di 12,5 miliardi mi sembra che sia quasi doveroso di fronte a quelli che fuori – a me capita quando vado in giro – ci chiedono se ci rendiamo conto di come stanno le persone. Quindi, davvero, costruire una direzione nuova in un sentiero di welfare già profondamente battuto, ma che ha bisogno di essere ammodernato io penso sia un dovere di tutti noi.

Terza cosa: la responsabilità. Magari potessimo alzare la soglia a 7.500 euro, magari potessimo alzare il livello dell’indennità, ma qui c’è un problema di responsabilità e di sostenibilità e il problema di raggiungere degli equilibri anche tra le politiche pubbliche della Regione, tra i servizi che questa Regione offre.

Non ce la siamo sentiti di togliere risorse al Fondo per la non autosufficienza, sarebbe stato grave. Non ce la siamo sentiti di tagliare servizi che impattano direttamente sulla vita dei cittadini e abbiamo trovato queste risorse, lo rivendico e ringrazio il presidente della Giunta e tutta la Giunta, da risparmi gestionali interni. Qui non si tagliano altre politiche e altri servizi, certamente non per questa misura.

Si apre uno spicchio di quel bilancio per la lotta all’indigenza estrema, che in Emilia-Romagna vuol dire che ci sono quasi 100.000 nuclei familiari, pensate in termini di persone, che vivono con un reddito medio di 6.000 euro all’anno. Fatemi capire come si vive con 6.000 euro all’anno mantenendo dei figli, tirandoli su ed educandoli. Secondo me, è una vergogna ed è comunque un problema di cui dobbiamo occuparci.

Sostenibilità e responsabilità. Partiamo così. È poco, è un primo passo, ne sono assolutamente consapevole. Vediamo se funziona.

Sono disponibilissima, e penso di averlo detto a chiunque sia stato mio interlocutore, a impiantare percorsi severissimi di monitoraggio e di valutazione, correttivi di qualsiasi natura. Sono disponibile a ripresentarmi in qualsiasi momento per correggere tutto, però abbiamo il coraggio di fare dei passi un po’ diversi nei confronti di famiglie, nuclei, persone che io sostanzialmente vedo. Le vedo perché vengono anche a bussare alle porte della Regione da quando le Province non ci sono più. Questo non era mai capitato. Vengono, ci chiedono, hanno bisogno e qualche risposta bisognerà essere in grado di darla.

Chiudo dicendo poi qual è l’assunto che la Giunta penso abbia fatto proprio, così come la coalizione di maggioranza, in cui forse tutti ci possiamo riconoscere. Non c’è dubbio che la povertà è legata alla giustizia sociale. Questa è una scoperta dell’acqua calda, ma davvero non c’è democrazia senza giustizia sociale, senza un minimo di uguaglianza delle opportunità, che possa dare una base un pochino meno diversa a tutti. Le diseguaglianze sono cresciute moltissimo in Italia. C’è stata una anglosassonizzazione del nostro Paese. Quelle disparità che si vedevano solo negli Stati Uniti o in Gran Bretagna le abbiamo oggi anche noi e anche in Emilia-Romagna.

Non è possibile pensare di sviluppare anche un’appartenenza e un sentimento alla vita democratica se hai dei gap nei gradi di benessere delle persone così profonde. Poi ci stupiamo che c’è sfiducia, che c’è amarezza, che c’è riprovazione, che c’è odio nei confronti della politica. È chiaro che non basta solo quello.

La diseguaglianza si combatte – diceva Amartya Sen – con la vita buona. Cos’è la vita buona? Il diritto delle persone ad avere una vita da loro stessi considerata buona, cioè confacente ad un minimo, ad una base minima di aspettative personali. Se non c’è una vita minimamente buona si è marchiati a vita, soprattutto i bambini. Sono marchiati i percorsi scolastici, sono bollate le possibilità di sviluppo e le possibilità di crescere e di migliorarsi, viene inibita anche la propria libertà personale.

Io penso che questo, in una Regione come l’Emilia-Romagna, noi non possiamo in nessun modo permettercelo.

Questa è una scommessa, è una legge di cui personalmente sono molto orgogliosa, che ovviamente è il frutto del lavoro di tutto il Consiglio. È una legge che ci proietta anche con degli elementi di unicità su uno scenario nazionale in cui nessun’altra Regione, in realtà, ha fatto un investimento di questo tipo. Dicono gli studiosi della povertà che il mondo è decisamente migliorabile. Io penso che se anche solo riusciamo a migliorarlo un po’ e per alcuni, correggendo tutto quello che ci sarà da correggere, probabilmente avremmo fatto una cosa buona tutti quanti quelli che oggi sono qui dentro. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, vicepresidente Gualmini.

Procediamo con l’esame dell’articolato. Vi comunico che si è concordato in Capigruppo che arriveremo alla votazione finale di questo progetto di legge anche qualora fosse necessario andare oltre le ore 18.

Intanto nomino scrutatori la consigliera Montalti, il consigliere Iotti, il consigliere Liverani.

Su questo oggetto sono pervenute 37 proposte di emendamento, una a firma del consigliere Foti, dieci a firma dei consiglieri Sensoli e Bertani, una a firma del consigliere Alleva, quattro a firma dei consiglieri Marchetti Daniele, Fabbri, Delmonte, tre a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro, diciotto a firma del consigliere Gibertoni.

È pervenuto anche un ordine del giorno, il numero 1, che insiste sull’oggetto 3023, a firma dei consiglieri Caliandro, Taruffi, Bagnari, Serri, Campedelli, Prodi, Rossi Nadia, Mumolo, Sabattini, Torri, Marchetti Francesca, Zoffoli, Calvano, Poli, Lori, Bessi, Ravaioli e Mori.

Su tale ordine del giorno insiste un emendamento a firma dei consiglieri Montalti, Zoffoli, Caliandro, Paruolo, Lori, Tarasconi, Zappaterra, Boschini, Soncini, Calvano, Rontini, Molinari, Pruccoli.

Passiamo all’esame dell’art. 1.

Apro la discussione congiunta sull’art. 1 e sugli emendamenti 26, a firma della consigliera Gibertoni, e 2, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi. Non ci sono iscritti.

Apro la dichiarazione di voto congiunta, sempre sull’art. 1 e sugli emendamenti 26 e 2.

La parola al consigliere Marchetti Daniele, prego.

 

MARCHETTI Daniele: Grazie, presidente. Dato che stiamo discutendo delle finalità di questa proposta di legge, ribadiamo la nostra contrarietà, non tanto per quanto riguarda l’obiettivo che ci diamo a parole di dare un aiuto ai cittadini che sono in difficoltà, ma più che altro per il metodo che seguiamo; un metodo, a nostro avviso, assolutamente sbagliato in quanto con i parametri che andiamo a definire non andiamo ad aiutare quella fascia di popolazione che, a nostro avviso, dovrebbe avere la precedenza negli aiuti che, come Istituzione, potremmo dare.

Come ho detto prima, 3.000 euro di ISEE, gli anni per accedere a questo strumento, che voi prevedete essere soltanto due, anziché cinque come avevamo chiesto, sono tutti parametri che, in fin dei conti, vanno un po’ in contrasto con le finalità che ci poniamo.

Ovviamente noi voteremo contro, così come voteremo contro a tutto il resto dell’articolato, perché non condividiamo assolutamente l’impostazione fatta per questo progetto di legge che – lo ripeto –, a nostro avviso, non andrà assolutamente a dare una mano ai cittadini che hanno bisogno come tutte le altre persone, ma che spesso vengono dimenticati dalle Istituzioni.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Daniele Marchetti.

Vi ricordo che sono cinque minuti perché gli emendamenti sono due. C’è qualcun altro in dichiarazione di voto? Non ho iscritti in dichiarazione di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 26, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 26 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 2, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 2 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 1.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 1 è approvato.

Il consigliere Daniele Marchetti mi chiede la parola sull’ordine dei lavori. Prego.

 

MARCHETTI Daniele: Dato che gli emendamenti non sono in ordine e siccome non votiamo a priori contro tutti, le chiedo se può procedere più lentamente in modo da andare a individuare l’emendamento volta per volta e votare in modo corretto. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Daniele Marchetti.

Cerco di procedere più lentamente.

Passiamo all’esame dell’art. 2, su cui insiste l’emendamento 25, a firma della consigliera Gibertoni. L’emendamento 24, sempre a firma della consigliera Gibertoni, mi risulta ritirato. La consigliera conferma.

Apro la discussione congiunta su art. 2 ed emendamento 25, a firma della consigliera Gibertoni. Chi si vuole iscrivere? Non ho iscritti.

Apro la dichiarazione di voto congiunta su articolo ed emendamento, cinque minuti. Non ho iscritti.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 25, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 25 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 2.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 2 è approvato.

Passiamo all’esame dell’art. 3, su cui insistono 15 emendamenti: emendamento 3, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi; emendamento 1, a firma del consigliere Foti; emendamento 13, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Fabbri Alan, Delmonte Gabriele; emendamento 27, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 16, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Alan Fabbri, Gabriele Delmonte; emendamento 28, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 37, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 36, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 4, a firma del consigliere Bignami e del consigliere Aimi; emendamento 14, a firma del consigliere Daniele Marchetti, Alan Fabbri, Gabriele Delmonte; emendamento 29, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 23, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 30, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 15, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Alan Fabbri, Gabriele Delmonte; emendamento 5, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi; emendamento 6, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi; emendamento 7, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

Apro la discussione generale sull’art. 3 e sugli emendamenti. Sono dieci minuti. Non ho iscritti in discussione generale.

Apro la dichiarazione di voto. Non ho iscritti in dichiarazione di voto.

Do la parola alla consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Intervengo per presentare un emendamento, che è quello presentato questa mattina in cui chiediamo al comma 1 dell’art. una modifica. La Giunta riprende quel testo che mi risulta dovrebbe essere presentato sotto forma di ODG. Mi preme dirlo adesso perché abbiamo chiesto la modifica sul tetto ISEE. Facciamo riferimento anche all’ampliamento della platea che ci potrebbe essere quando faremo il punto, tra un anno. L’ho presentato come emendamento, anche se mi risulta che sia stato presentato come ODG, proprio perché cambia tutto se viene messo in legge rispetto alla presentazione di un semplice ordine del giorno.

Capisco il valore politico, ma certamente non è la stessa cosa. Anzi, rischia di essere inapplicabile visto che la legge, una volta che è votata, si cristallizza lì e quindi poi bisogna intervenire semmai con modifiche di legge. Se la volontà politica c’è, vorrei dare un segnale. Sarebbe stato più corretto e giusto inserirlo come emendamento da parte dei proponenti.

La Giunta è autorizzata anche a dare semplicemente un tetto massimo all’ISEE, senza necessariamente entrare nel merito di una cifra precisa, ma dire semplicemente che pensa ad un ISEE dinamico, che se ci saranno ulteriori fondi poi il tetto ISEE potrà essere ampliato e che quindi si presta a future modifiche. Mi sembrava semplicemente più incisivo e più forte presentarlo sotto forma di emendamento e metterlo già in legge invece che soltanto come indirizzo politico che poi rischia di essere facilmente smentito.

Un ordine del giorno tende a essere dimenticato rispetto a un vero testo di legge. Questa è la motivazione.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliera Gibertoni.

Ci sono altre dichiarazioni di voto?

La parola al consigliere Aimi, prego.

 

AIMI: Intervengo solo per chiarire su questo articolo 3 la posizione del nostro Gruppo. Abbiamo presentato alcuni emendamenti cui si faceva riferimento. Il primo riguarda la cittadinanza italiana o comunque l’essere appartenente ad uno Stato europeo o comunque appartenenti alla nostra comunità anche se cittadini stranieri di provenienza extracomunitaria, però in presenza di un permesso di soggiorno per lungo periodo. Le persone che possono avere accesso a queste misure di contrasto alla povertà chiediamo siano persone che abbiano perso il lavoro almeno da dodici mesi e che non godono di alcuna forma di ammortizzatore sociale. In particolare chiediamo di fare riferimento a quelle famiglie e a quei nuclei familiari in cui sono presenti minori, disabili e anziani a carico e almeno una donna in stato di gravidanza accertata. Questi sono aspetti a cui teniamo molto.

Al fine di evitare discriminazioni, perché sennò si finisce con una sorta di finanziamento a pioggia, che finisce per non aiutare nessuno, noi chiediamo che venga valutato anche il reddito delle persone straniere che chiedono l’accesso a questi finanziamenti e quindi verificare se sono proprietari di immobili nel proprio Paese, attraverso certificazione delle ambasciate che non percepiscano altro reddito nei Paesi di origine.

Questi credo siano principi fondamentali, che dovrebbero essere comunque presi in considerazione.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Aimi.

Non ho altri iscritti in dichiarazione di voto.

Procediamo con la votazione. Siamo all’emendamento 3, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 3, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 3 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 1, a firma del consigliere Foti.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 1 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 13, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Alan Fabbri, Gabriele Delmonte.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 13 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 27, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 27 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 16, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Alan Fabbri, Gabriele Delmonte.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 16 è respinto.

A noi risulta ritirato l’emendamento 28, a firma della consigliera Gibertoni.

Metto in votazione, per alzata di mano, il subemendamento 37, a firma della consigliera Gibertoni, che insiste sull’emendamento 36.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): Il subemendamento 37 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 36, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 36 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 4, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 4 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 14, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Alan Fabbri, Gabriele Delmonte.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 14 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 29, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 29 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 23, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 23 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 30, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 30 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 15, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Alan Fabbri, Gabriele Delmonte.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 15 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 5, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 5 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 6, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 6 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 7, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 7 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 3.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 3 è approvato.

Passiamo all’esame dell’emendamento 8, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi, istitutivo di un nuovo articolo.

Apro il dibattito generale. Cinque minuti. Non ho iscritti in dibattito generale.

Apro le dichiarazioni di voto. Cinque minuti per l’emendamento 8, istitutivo di un nuovo articolo. Non ho iscritti.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 8, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 8 è respinto.

Passiamo all’esame dell’articolo 4, sui cui insistono cinque proposte di emendamento: emendamento 31, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 9, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi; emendamento 32, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 17, a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro; emendamento 12, a firma del consigliere Alleva.

Su questo articolo e i suoi emendamenti apro il dibattito generale. Sono dieci minuti.

La parola alla consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Intervengo per una breve presentazione dell’emendamento 31, che è l’altra proposta cardine del nostro progetto di legge e che oggi sollecitiamo visto che la consideriamo un’apertura di dibattito la giornata di oggi e la presentazione del progetto di legge della maggioranza così com’è. Abbiamo parlato prima della soglia ISEE. È importante quello che noi pensiamo. Visto che siamo per un allargamento della platea, per un monitoraggio e una verifica dell’impatto di questo progetto di legge da qui a un anno, la soluzione che ci sembra in prospettiva più rispondente all’emergenza delle nuove povertà in Emilia-Romagna è quella di non identificare la soglia massima di 400 euro identificata dalla maggioranza, ma la soglia ISTAT della povertà relativa. È quello che chiediamo con questo emendamento.

L’ammontare massimo mensile del reddito di solidarietà, se non oggi, ci auguriamo tra un anno o al più presto, prende come riferimento non trascurabile quello della soglia di povertà relativa e da lì parte per definire il contributo mensile da attribuire ai richiedenti.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliera Gibertoni.

Sostituisco come scrutatore al consigliere Liverani il consigliere Bargi.

Non ho altri iscritti in dibattito generale.

Apro le dichiarazioni di voto. Non ho iscritti.

Procediamo con la votazione.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 31, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 31 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 9, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 9 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 32, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 32 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 17, a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 17 è approvato.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 12, a firma del consigliere Alleva.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 12 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 4.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 4 è approvato.

Passiamo all’esame dell’art. 5. Non ci sono emendamenti.

Apro la discussione generale.

Apro le dichiarazioni di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 5.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 5 è approvato.

Passiamo all’esame dell’art. 6, su cui insiste un emendamento a firma della consigliera Gibertoni.

Apro la discussione generale su articolo ed emendamento.

Apro la dichiarazione di voto su articolo ed emendamento.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 22, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 22 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 6.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 6 è approvato.

Passiamo all’esame dell’art. 7, sui cui insistono tre emendamenti: emendamento 10, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi; emendamento 21, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 11, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

Apro la discussione generale su articolo ed emendamenti.

Apro le dichiarazioni di voto su articolo ed emendamenti.

Procediamo alla votazione.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 10, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 10 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 21, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 21 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 11, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 11 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 7.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 7 è approvato.

Passiamo all’esame dell’art. 8, su cui insistono due emendamenti: emendamento 33, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 18, a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro.

Apro la discussione generale congiunta. Cinque minuti.

Apro la dichiarazione di voto congiunta.

Consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Sempre in prospettiva di un’apertura di dibattito, con questo emendamento, il 33, noi chiediamo l’inserimento di condizioni specifiche e misure di agevolazione rivolte alle persone con disabilità. Anche qui, se non oggi, non appena faremo il punto e verificheremo il funzionamento, chiediamo che si possa aprire ad un’integrazione che costituisce anche un ampliamento della platea che ci sembra anche più completa oltre a essere più rispettosa delle varie condizioni di fragilità.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliera. Ci sono altri in dichiarazione di voto? No.

Procediamo alla votazione.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 33, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 33 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 18, a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 18 è approvato.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 8, così come emendato.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 8 è approvato.

Passiamo all’esame dell’art. 9, su cui insiste l’emendamento 34, a firma della consigliera Gibertoni.

Apro la discussione generale.

La parola al consigliere Bertani, prego.

 

BERTANI: Grazie, presidente.

In diversi oggi hanno parlato di monitoraggio, sperimentazione, verifica. In Commissione abbiamo proposto un emendamento che, secondo noi, è molto importante in quest’ottica perché fin dall’udienza conoscitiva noi abbiamo capito da altre Regioni nelle quali il reddito comunque chiamato è utilizzato e sperimentato che è stato affiancato a degli strumenti di analisi e a collaborazioni con le università. Quello che noi chiediamo e che voi recepite solo nell’ordine del giorno e quindi ci pare un po’ pochino è che la cabina di regia si avvalga del contributo di università ed istituti di ricerca affinché questo monitoraggio possa produrre, sia pre che post, delle valutazioni sull’effetto che ha avuto sulla platea.

Se, invece, lasciamo tutto – sono gli emendamenti 17, 18 e 19 – nelle mani della Giunta che ci relaziona, secondo la clausola valutativa, la prima volta fra quattordici mesi, secondo me, riduciamo la complessità e l’aiuto che possono darci anche altri esperti. Voi lo mettete solo in quell’ordine del giorno. Noi vi chiediamo di metterlo all’interno della legge.

Tra l’altro, l’avete fatto, correttamente, anche prima di impostare il progetto di legge chiedendo la collaborazione delle università. Secondo noi, quella collaborazione va portata avanti, va inserita in questo articolo di legge abbinato alla cabina di regia. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Bertani.

Ci sono altre dichiarazioni di voto? No.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 34, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 34 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 9.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 9 è approvato.

Passiamo all’esame dell’art. 10. Ci sono due emendamenti: emendamento 20, a firma della consigliera Gibertoni; emendamento 19, a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro.

Apro la discussione generale.

Apro le dichiarazioni di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 20, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 20 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 19, a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 19 è approvato.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 10, così come emendato.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 10 è approvato.

Passiamo all’esame dell’art. 11. Non ci sono emendamenti.

Apro la discussione generale.

Apro le dichiarazioni di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 11.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 11 è approvato.

Passiamo all’esame dell’art. 12, su cui insiste l’emendamento a firma della consigliera Gibertoni.

Apro la discussione generale su articolo ed emendamento.

Apro le dichiarazioni di voto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 35, a firma della consigliera Gibertoni.

 

(È respinto a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 35 è respinto.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’art. 12.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’art. 12 è approvato.

Passiamo alle dichiarazioni di voto congiunte sull’ordine del giorno, sull’emendamento che insiste sull’ordine del giorno e sull’intero progetto di legge. Sono cinque minuti per Gruppo.

La parola al consigliere Caliandro, prego.

 

CALIANDRO: Grazie, presidente. I lavori sono stati lunghi, densi, ma utili. Ci hanno consegnato una discussione importante, ci hanno consegnato un ruolo importante. Abbiamo avuto la forza di segnare un passaggio epocale per questa Regione. Il nuovo bilancio di questa Regione avrà il reddito di solidarietà. Era un traguardo che ci siamo prefissi a cui abbiamo creduto e a cui i Gruppi del Partito Democratico e di SEL hanno creduto. Il centrosinistra dell’Emilia-Romagna ci ha creduto e ha votato compattamente – mi rivolgo ai giornalisti – questo provvedimento.

È una scelta politica coraggiosa, con tante diversità, con tante sfaccettature, ma che segna un’interlocuzione importante.

Apprezzo l’atteggiamento costruttivo che la consigliera Gibertoni per il Movimento 5 Stelle ha avuto sia nella fase di discussione che in quella di approvazione, che è un segnale importante che diamo ai cittadini e alle persone, ma soprattutto è un segnale importante che diamo alle ragioni del nostro impegno politico.

Oggi tutti ci stiamo impegnando a rappresentare i bisogni che vanno oltre l’interesse di parte e quando si va oltre l’interesse di parte forse si dà una risposta più importante di quelli che sono i nostri desiderata.

Ognuno di noi avrebbe scritto una legge probabilmente diversa, ma non vi è dubbio che ci sono due priorità in questo momento: solitudine e fragilità, temi che appartengono alla storia di questa Regione e che da oggi hanno un nuovo punto di vista, un percorso che potremo migliorare, come è stato detto.

Sono partite delle suggestioni. Nel corso della discussione che c’è stata in Commissione abbiamo ricevuto e recepito tante cose, ma abbiamo anche il dovere di allineare le nostre legislazioni. Penso alla legge n. 14, questa nuova normativa, il SIA, per cercare di creare un insieme di reti sociali di lotta alle povertà.

In questo modo guideremo, come stiamo già guidando, una discussione nazionale su un tema impellente. Credo, come già mi è stato testimoniato, che l’alleanza nazionale contro la povertà riconosca alla Regione Emilia-Romagna questo ruolo di guida; un ruolo che ci siamo guadagnati anche attraverso questa legge; un ruolo in cui siamo promotori di una nuova fase, di un cambio di passo.

Vivaddio, gli ultimi saranno i primi.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Caliandro.

Ci sono altri interventi in dichiarazione di voto congiunta?

La parola alla consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Grazie. Ringrazio l’assessore Gualmini per aver riconosciuto l’impegno e il ruolo fondamentale che il Movimento 5 Stelle ha avuto nell’introdurre il tema con forza, nel farne un tema, dal punto di vista politico, a cui non si poteva in ogni caso non dare un riscontro.

In questo senso credo che il Movimento 5 Stelle abbia contribuito a quel problem pressure che ricordava l’assessore sulla sponda politica e quindi nell’aver tenuto così alta l’attenzione sul tema. È un punto davvero positivo che sia entrato in aula oggi e in Commissione nei mesi scorsi. È un’attenzione che il Movimento 5 Stelle continua a tenere alta sul tema auspicando che il confronto oggi cominci e non si chiuda oggi, ma che questo sia un punto di inizio. Ci sembra anche questo un confronto positivo, il fatto che già si sia confermata la disponibilità, da qui a un anno, a riaprire e andare a vedere nel dettaglio quali sono state le ricadute positive, dove si potrà migliorare, dove si potranno apporre modifiche a questa legge, perché, come è stato detto e ricordato anche dall’assessore, se qualcosa non funziona lo cambiamo.

Ricordo con piacere che ci chiamiamo ancora Assemblea legislativa, quindi le leggi che non funzionano non devono restare lì nei decenni o anche soltanto negli anni se si dimostrano perfettibili. Per fortuna siamo noi che le facciamo e quindi siamo noi che le possiamo integrare e cambiare rispecchiando quella che è la realtà, che a volte va più veloce della legislazione. Per fortuna anche la legislazione si cambia.

Come ho ricordato nell’intervento iniziale, questa non è una misura di puro assistenzialismo. Ha considerato da subito e ha usato le politiche…

 

(brusio in Aula)

 

PRESIDENTE (Soncini): Consigliera, un attimo. Chiederei maggiore silenzio. Non è proprio il caso. Grazie.

 

GIBERTONI: Ha introdotto già nelle prime stesure le politiche attive del lavoro. Questa era una cosa a cui noi tenevamo molto e che in particolare distingueva la nostra prima proposta, ossia che non fosse certamente una misura assistenzialistica, ma una misura di dignità, che significa reintroduzione e riavvio all’autonomia personale e possibilmente all’autorealizzazione, quindi alla possibilità di provvedere a sé con l’Istituzione a fianco, possibilmente a fianco di ognuno.

Le due misure, i due punti cardine su cui verificheremo nella pratica, e forse sarà necessario a breve riaprire il dibattito, sono la soglia ISEE e la soglia ISTAT di povertà relativa. Abbiamo visto che in tanti bandi, ad esempio di comuni del sud, la soglia ISEE è quella dei 3.000 euro, però vediamo anche come la situazione emiliano-romagnola sia molto diversa. In ogni caso, ogni Regione fa storia a sé, a volte anche in positivo.

Poi c’è la soglia ISTAT di povertà relativa, per dare piena autonomia durante questo sussidio, che però è un riavvio alla piena attività lavorativa e quindi alla piena responsabilità individuale anche di sé.

Un’altra cosa che ci sentiamo di sottolineare è non soltanto come vada perseguito certamente il fine di un ampliamento della platea, ma anche un intreccio maggiore con i Centri per l’impiego, quindi uno studio dettagliato di come può intrecciarsi virtuosamente con i funzionanti Centri per l’impiego, Centri per l’impiego che diano risposte in una reciproca valorizzazione, in un reciproco potenziamento.

Questo credo che possa fare bene non soltanto al progetto di legge e ai suoi beneficiari, che ci auguriamo siano sempre di più, ma anche agli stessi Centri per l’impiego e alle loro funzioni.

In una Regione in cui vogliamo scongiurare sia quello che dicevamo come triste e a mio avviso inaudita, e che resti tale, categorizzazione del povero e della povertà, ma anche al concetto di una mobilità sociale ormai soltanto in discesa.

Vogliamo, prevenire forse no, ma scongiurare il radicamento di concetti di questo tipo, di visioni, di immagini di questo tipo davanti ai nostri occhi e siamo i primi e restiamo i primi a sorprenderci e a scandalizzarci quando ci sono e agiamo noi all’interno delle Istituzioni. Oggi c’è questa apertura di dibattito con questa proposta di legge su cui il Movimento 5 Stelle si astiene, ma è un’astensione che motiviamo ritenendo che stiamo approvando un intervento sulla povertà che è un punto di partenza e che comunque non votiamo contro anche a pochi spiccioli in un momento di emergenza. Teniamo fermo il punto su una apertura di un progetto, un progetto comune che vogliamo prosegua e vogliamo sia attivo e presto riaperto e ridiscusso nel modo più costruttivo e più realistico per dare una risposta alla realtà che ci circonda. Grazie.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliera Gibertoni.

La parola al consigliere Taruffi, prego. Ha cinque minuti.

 

TARUFFI: Grazie, presidente. Abbiamo fatto un dibattito articolato e lungo, oggi, in Commissione, nei mesi scorsi, nelle settimane che hanno preceduto questa giornata. Ci siamo confrontati credo in modo aperto all’interno della maggioranza, tra le forze che sono rappresentate in quest’Assemblea. Credo che il risultato finale sia un risultato, almeno per noi, molto soddisfacente. È un punto di partenza, l’abbiamo detto questa mattina, però è un punto di partenza importante e positivo.

Voglio riconoscere il lavoro della maggioranza, dei colleghi di maggioranza, del relatore, del presidente, però, e lo sottolineo, voglio riconoscere anche il ruolo e il lavoro svolto dalla relatrice di minoranza, Giulia Gibertoni, il contributo che ha portato il Movimento 5 Stelle.

Possiamo convenire sul fatto che il risultato sia comunque un risultato apprezzabile. Qualche tempo fa, qualche settimana fa l’arcivescovo di Bologna, monsignor Zuppi, intervenuto pubblicamente, denunciò, criticò, lamentò il vuoto che la politica aveva lasciato nel contrasto alla povertà, un tema del quale non si occupava più nessuno. Questo reclamava monsignor Zuppi, richiamando la politica e le Istituzioni a svolgere il proprio ruolo in questo senso.

Qualche giorno dopo la sua denuncia, come primo firmatario di questa legge, ho ritenuto utile chiedere al monsignore un incontro per illustrargli il contenuto di questa legge, perché ovviamente, consapevoli dei limiti e di tutto quello che ci siamo detti, credevo fosse importante dimostrare che la politica non era sorda ai giusti richiami, ai giusti rilievi che in quel momento venivano dalle sue parole.

Ho ritenuto giusto sottolineare che almeno in questa Regione ci stavamo provando ad andare nella direzione di dare una risposta parziale, limitata, ovviamente non completa, ma ci stavamo provando.

Oggi, con l’approvazione di questo testo di legge, andiamo nella direzione giusta. Come ho già detto, non mi appassionano le dispute nominalistiche. Lo dico ai colleghi di maggioranza, lo dico ai colleghi di opposizione. Esiste la forma, ma esiste anche e soprattutto la sostanza. Al di là di come la vogliamo chiamare, io credo che tutti quanti dovremmo riconoscerci nel titolo di questo progetto di legge, che non a caso recita “Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito”. Noi oggi questo stiamo facendo. Tutto il resto della disputa nominalistica può forse interessare qualche osservatore, può interessare qualche addetto ai lavori, però non è il cuore della sostanza. Il cuore della sostanza è questo. Noi tutti abbiamo davanti una questione sociale molto significativa, che investe la nostra Regione e tutto il Paese, perché c’è un tema, che è quello della giustizia sociale, che va riaperto, va riportato in cima all’agenda politica, perché è insopportabile quello che abbiamo davanti agli occhi, anche nella nostra Regione spesso.

Con tutti i limiti, con l’umiltà della consapevolezza che ci deriva dal fatto che sappiamo che forse dovremmo anche modificare qualcosa, che non tutto è perfetto, perché la perfezione non appartiene a questo mondo e né appartiene a questo mondo la possibilità di fare le cose pensando di averle fatto sempre nel modo migliore, con l’umiltà e con questa consapevolezza, però, noi oggi facciamo un passo avanti nella direzione giusta, nella direzione del contrasto alla povertà, nella direzione di un contrasto alle ingiustizie sociali e soprattutto se, come ho detto questa mattina, non è una legge che crea lavoro, perché purtroppo non è così, sicuramente con questa legge possiamo – è il lavoro quello che consente alle persone di uscire dalla condizione di povertà, di emarginazione e di fragilità sociale – redistribuire risorse e dare la speranza alle persone che vivono in questa Regione di sapere che c’è qualcuno che seriamente e concretamente si occupa di loro.

Noi dobbiamo fare contrasto alla povertà e non, come spesso accade, lotta ai poveri.

La lotta alla povertà è una cosa, la lotta ai poveri è un’altra. Noi dobbiamo fare lotta e contrasto alla povertà. Questo progetto di legge va in quella direzione e per questo siamo contenti e orgogliosi di poterlo votare.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Taruffi.

Ci sono altre dichiarazioni di voto congiunte? No. Gli scrutatori ci sono. Procediamo con la votazione sull’emendamento che insiste sull’ordine del giorno.

La parola al consigliere Bertani. Prego.

 

BERTANI: Intervengo sull’ordine dei lavori in merito all’ordine del giorno. Chiedo se è possibile votare l’impegno per parti, perché tecnicamente, secondo noi, il primo impegno non è votabile proprio perché avendo lasciato fissa quella soglia dentro la legge non approvando il nostro emendamento noi non lo voteremmo. Il secondo non ci sentiamo di votarlo, perché il PD che emenda il PD ci imbarazza. Voteremmo favorevolmente solo il terzo.

Chiediamo di votare l’impegno per parti.

 

PRESIDENTE (Soncini): Grazie, consigliere Bertani

Proviamo a fare una votazione suddivisa sulle tre parti. Poi serve una votazione per votarlo complessivamente.

Procediamo con ordine. Procediamo con la votazione dell’emendamento che insiste sull’ordine del giorno.

Chiedo formalmente l’assenso al consigliere Caliandro rispetto all’emendamento a firma del consigliere Montalti e altri.

 

CALIANDRO: Il Partito Democratico è favorevole.

 

PRESIDENTE (Soncini): Bene. Grazie, consigliere Caliandro.

Metto in votazione, per alzata di mano, l’emendamento 1, a firma del consigliere Montalti e altri.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’emendamento 1 all’ordine del giorno è approvato.

Mettiamo in votazione l’ordine del giorno fino al primo punto, fino a “reddituali di accesso”.

Metto in votazione, per alzata di mano, la prima parte dell’ordine del giorno.

 

(È approvata a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): La prima parte dell’ordine del giorno è approvata.

La parte numero 2 l’abbiamo già votata, perché abbiamo votato l’emendamento all’ordine del giorno. Adesso votiamo il terzo punto dell’“Impegna la Giunta”.

Metto in votazione, per alzata di mano, la seconda parte dell’ordine del giorno.

 

(È approvata all’unanimità dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): La seconda parte dell’ordine del giorno è approvata.

Metto in votazione, per alzata di mano, ordine del giorno nel suo complesso.

 

(È approvato a maggioranza dei presenti)

 

PRESIDENTE (Soncini): L’ordine del giorno è approvato.

Se nessun consigliere chiede di intervenire, si proceda alla votazione dell’intero testo di legge, oggetto 3023, con l’uso del dispositivo elettronico.

 

(Si procede alla votazione con dispositivo elettronico, a scrutinio palese,

con registrazione dei nomi)

 

PRESIDENTE (Soncini): Comunico l’esito della votazione:

 

Presenti

 

39

Assenti

 

11

Votanti

 

39

Favorevoli

 

30

Contrari

 

5

Astenuti

 

4

 

PRESIDENTE (Soncini): Proclamo approvata la legge riguardante «Misure di contrasto alla povertà e sostegno al reddito».

 

(interruzioni)

 

PRESIDENTE (Soncini): Rettifichiamo e mettiamo a verbale il voto.

 

(interruzioni)

 

PRESIDENTE (Soncini): Quattro astenuti del Gruppo del Movimento 5 Stelle.

Lo mettiamo a verbale. Grazie.

 

(Le comunicazioni prescritte dall’articolo 69 del Regolamento interno sono riportate in allegato)

 

La seduta è tolta.

 

La seduta ha termine alle ore 18,30

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Enrico AIMI, Piergiovanni ALLEVA, Mirco BAGNARI, Stefano BARGI, Andrea BERTANI, Gianni BESSI, Galeazzo BIGNAMI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Gabriele DELMONTE, Alan FABBRI, Tommaso FOTI, Giulia GIBERTONI, Massimo IOTTI, Andrea LIVERANI, Barbara LORI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Marco PETTAZZONI, Silvia PICCININI, Roberto POLI, Massimiliano POMPIGNOLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Matteo RANCAN, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Simonetta SALIERA, Gian Luca SASSI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il presidente della Giunta Stefano BONACCINI;

il sottosegretario alla Presidenza Andrea ROSSI;

gli assessori: Patrizio BIANCHI, Andrea CORSINI, Palma COSTI, Elisabetta GUALMINI, Massimo MEZZETTI, Emma PETITTI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta gli assessori Raffaele DONINI, Sergio VENTURI e il consigliere Gian Luigi MOLINARI.

 

Votazione elettronica

 

OGGETTO 3023 “Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito". A firma dei Consiglieri: Taruffi, Caliandro, Torri, Calvano, Marchetti Francesca, Prodi, Mori, Mumolo, Rossi Nadia, Lori, Iotti, Poli, Serri, Ravaioli, Campedelli, Bagnari, Sabattini, Zoffoli” (Testo base) (49)

 

Presenti: 39

 

Favorevoli: 30

Mirco BAGNARI, Gianni BESSI, Stefano BONACCINI, Giuseppe BOSCHINI, Stefano CALIANDRO, Paolo CALVANO, Enrico CAMPEDELLI, Alessandro CARDINALI, Massimo IOTTI, Barbara LORI, Francesca MARCHETTI, Lia MONTALTI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Giuseppe PARUOLO, Roberto POLI, Silvia PRODI, Giorgio PRUCCOLI, Valentina RAVAIOLI, Manuela RONTINI, Andrea ROSSI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Luciana SERRI, Ottavia SONCINI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Yuri TORRI, Marcella ZAPPATERRA, Paolo ZOFFOLI.

 

Contrari: 5

Enrico AIMI, Stefano BARGI, Gabriele DELMONTE, Alan FABBRI, Daniele MARCHETTI.

 

Astenuti: 4

Andrea BERTANI, Giulia GIBERTONI, Silvia PICCININI, Gian Luca SASSI.

 

Assenti: 11

Piergiovanni ALLEVA, Galeazzo BIGNAMI, Tommaso FOTI, Andrea LIVERANI, Gian Luigi MOLINARI, Marco PETTAZZONI, Massimiliano POMPIGNOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Simonetta SALIERA, Raffaella SENSOLI.

 

Emendamenti

 

OGGETTO 3023 “Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito". A firma dei Consiglieri: Taruffi, Caliandro, Torri, Calvano, Marchetti Francesca, Prodi, Mori, Mumolo, Rossi Nadia, Lori, Iotti, Poli, Serri, Ravaioli, Campedelli, Bagnari, Sabattini, Zoffoli” (Testo base) (49)

 

Emendamento 1, a firma del consigliere Foti:

«All’articolo 3, comma 1, del presente progetto di legge le parole “di cui almeno un componente sia residente in regione da almeno 24 mesi” sono sostituite “composti da cittadini italiani o comunitari, ovvero familiari di cittadini italiani o comunitari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero cittadini stranieri in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, residenti in regione da almeno ventiquattro mesi al momento della presentazione della domanda.»

(Respinto)

 

Emendamento 2, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi:

«Emendamento aggiuntivo all’articolo 1

All’articolo 1 è aggiunto il seguente comma 3:

“3. Il Reddito di solidarietà promuove il superamento dell’assistenzialismo e, pertanto, ha carattere di temporaneità”.»

(Respinto)

 

Emendamento 3, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi:

«Emendamento sostitutivo all’art.3, comma 1

L’articolo 3, comma 1 è sostituito dal seguente:

“1. Possono accedere al reddito di solidarietà le persone maggiorenni che siano residenti sul territorio regionale da almeno cinque anni e in possesso dei requisiti di cui al presente articolo. Ai fini dell’accesso al reddito di solidarietà il nucleo familiare, anche unipersonale, del richiedente deve presentare un Indicatore della situazione economica equivalente in corso di validità inferiore o uguale a 3000 euro. All’interno del nucleo familiare non può esservi più di un componente beneficiario del reddito di solidarietà, per un importo massimo di 400 euro.”»

(Respinto)

 

Emendamento 4, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi:

«Emendamento aggiuntivo all’art.3

All’articolo 3, dopo il comma 1, è aggiunto il seguente comma 1bis

“1bis. Per accedere al reddito di solidarietà è necessario essere cittadini italiani oppure cittadini di uno Stato appartenente all’Unione Europea oppure cittadini di uno Stato non appartenente all’Unione europea per gli stranieri che siano muniti di permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo”.»

(Respinto)

 

Emendamento 5, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi:

«Emendamento modificativo all’art.3, comma 4

All’articolo 3, comma 4 togliere le seguenti parole:

“, nei diciotto mesi antecedenti la presentazione della domanda”»

(Respinto)

 

Emendamento 6, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi:

«Emendamento aggiuntivo all’art.3

All’articolo 3 è aggiunto il seguente comma 5:

“5. La Regione Emilia-Romagna, nella stesura della graduatoria, tiene in debito conto la storicità della residenza dei richiedenti, garantendo l’accesso al reddito di solidarietà in via prioritaria a:

-          persone che abbiano perso il lavoro da almeno 12 mesi e che non godano di alcuna forma di ammortizzatore sociale;

-          persone nel cui nucleo familiare siano presenti minori, disabili, anziani a carico e almeno una donna in stato di gravidanza accertata.”»

(Respinto)

 

Emendamento 7, a firma dei consiglieri Aimi e Bignami:

«All’articolo 3 si richiede di aggiungere il seguente comma 6

“6. Ai fini dell’accesso al reddito di solidarietà, nessun componente del nucleo familiare di chi presenta la domanda deve essere proprietario di;

a) immobili che abbiano i requisiti di abitabilità su territorio nazionale e all’estero;

b) autoveicoli immatricolati la prima volta nei 12 mesi antecedenti la domanda oppure autoveicoli di cilindrata superiore a 1.300 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc immatricolati nei tre anni antecedenti la domanda.”»

(Respinto)

 

Emendamento 8, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi:

«Dopo l’articolo 3 è aggiunto il seguente articolo 3bis

“ Art. 3bis

Cittadini extracomunitari

1. Ai fini dell’accesso al reddito di solidarietà, il cittadino extracomunitario richiedente munito di permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo, e i componenti del suo nucleo familiare, oltre a soddisfare i requisiti di cui all’articolo 3, non devono:

a) essere proprietari di immobili che abbiano i requisiti di abitabilità nel proprio Paese di origine;

b) percepire altri redditi nel loro Paese di origine.

2. Il requisito di cui al comma 1 deve essere dimostrato attraverso adeguata certificazione rilasciata dal Paese di origine. La medesima certificazione deve essere presentata da tutti i componenti del nucleo familiare del richiedente, pena la decadenza del diritto di accesso al contributo. Le dichiarazioni mendaci sono punite a norma di legge.

3. Un apposito regolamento disciplina le modalità di controllo sul patrimonio immobiliare dei cittadini extracomunitari che hanno fatto domanda di accesso al reddito di solidarietà.”»

(Respinto)

 

Emendamento 9, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi:

«Emendamento modificativo all’art. 4, comma 2

Il comma 2 dell’articolo 4 è così riformulato:

“2. L’intervento è concesso per un periodo definito dal regolamento di cui all’articolo 8 e comunque non superiore a 12 mesi. Si può beneficiare del RES nella misura temporale massima di 12 mesi una sola volta nell’arco di cinque anni”.»

(Respinto)

 

Emendamento 10, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi:

«Emendamento modificativo all’art.7, comma 1

All’articolo 7, comma 1 le parole “Il rappresentante del nucleo familiare beneficiario del reddito di solidarietà” sono sostituite dalle parole “Il beneficiario del reddito di solidarietà”»

(Respinto)

 

Emendamento 11, a firma dei consiglieri Bignami e Aimi:

«Emendamento modificativo all’art.7, comma 2

all’articolo 7, comma 2 le parole “Il nucleo familiare beneficiario” sono sostituite dalle parole “Il beneficiario”»

(Respinto)

 

Emendamento 12, a firma del consigliere Alleva:

«All’art. 4 si propone l’aggiunta dopo il comma 3, del seguente comma 4:

“I limiti temporali previsti al comma 2 non si applicano ai beneficiari di età superiore agli anni 55”»

(Respinto)

 

Emendamento 13, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Fabbri e Delmonte:

«Al comma 1 dell’articolo 3 (Beneficiari e requisiti di accesso) del presente progetto di legge la frase “di cui almeno un componente sia residente in regione da almeno 24 mesi” è sostituita con “di cui almeno un componente sia residente in regione da almeno 60 mesi”.»

(Respinto)

 

Emendamento 14, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Fabbri e Delmonte:

«All’articolo 3 dopo il comma 4 aggiungere il comma 5:

“5. I cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea regolarmente soggiornanti in Italia che intendono accedere al Reddito di solidarietà, sono soggetti alle misure previste dall’articolo 3 del DPR 445/00.”»

(Respinto)

 

Emendamento 15, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Fabbri e Delmonte:

«Il comma 4 dell’articolo 3 (Beneficiari e requisiti di accesso) del presente progetto di legge è sostituito con il seguente:

“4. Sono esclusi dall’accesso al Reddito di solidarietà i nuclei familiari, nei quali il richiedente sia stato destinatario di provvedimenti di decadenza dalla misura medesima o da altre prestazioni sociali, ai sensi della vigente normativa in materia di rilascio di dichiarazioni e uso di atti falsi.”»

(Respinto)

 

Emendamento 16, a firma dei consiglieri Daniele Marchetti, Fabbri e Delmonte:

«Al comma 1 dell’articolo 3 (Beneficiari e requisiti di accesso) del presente progetto di legge, dopo le parole “ovvero ISEE corrente ai sensi dell’articolo 9 del medesimo decreto” sostituire la frase “inferiore o uguale a 3000 euro.” con “inferiore o uguale a 7500 euro.”»

(Respinto)

 

Emendamento 17, a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro:

«Emendamento all’art. 4, comma 3

La frase “in rapporto all’andamento della sperimentazione ai sensi dell’articolo 10 comma 1”

è sostituita dalla seguente:

“in riferimento agli esiti del monitoraggio ai sensi dell’articolo 10 comma 1”»

(Approvato)

 

Emendamento 18, a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro:

«Emendamento all’art. 8, comma 3

La frase “dell’articolo 9” è sostituita dalla seguente: “ai sensi dell’articolo 10”»

(Approvato)

 

Emendamento 19, a firma dei consiglieri Taruffi e Caliandro:

«Emendamento all’art. 10, comma 3

Il testo dell’articolo 10 comma 3 è sostituito dal seguente:

“La competente commissione assembleare formula valutazioni da trasmettere alla Giunta regionale, in merito al rapporto sullo stato di attuazione della legge presentato dalla Giunta”»

(Approvato)

 

Emendamento 20, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 10, nel comma 2, dopo la lettera b) è inserita la seguente lettera b-bis) testo seguente:

“b-bis) inserimenti lavorativi realizzati e loro caratteristiche;”»

(Respinto)

 

Emendamento 21, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 7, nel comma 1, dopo le parole “comunicare tempestivamente” sono inserite le seguenti: “e, in ogni caso, con cadenza annuale,”»

(Respinto)

 

Emendamento 22, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 6, nel comma 4, dopo la lettera g) è inserita la seguente:

“h) disponibilità allo svolgimento di attività di utilità sociale, compatibili con capacità e competenze dei beneficiari del Reddito di solidarietà, da realizzare nell’ambito di progetti di Enti locali o di altri enti pubblici e privati.”»

(Respinto)

 

Emendamento 23, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 3, il comma 2 è cassato.»

(Respinto)

 

Emendamento 24, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 2, al termine del comma 3, è aggiunto il testo seguente:

“Possono essere altresì attivati i servizi, le misure e gli strumenti compatibili previsti dalla legge regionale 1 agosto 2005, n. 17 “Norme per la promozione dell’occupazione, della qualità, sicurezza e regolarità del lavoro”, coerenti con le finalità del comma 1.”»

(Ritirato)

 

Emendamento 25, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 2, nel comma 1, le parole: “Il Reddito di solidarietà consiste in un sostegno economico,” sono sostituite dal testo seguente: “Il Reddito di solidarietà consiste in un insieme di misure costituite da servizi ed azioni dirette all’inclusione lavorativa e da un sostegno economico temporaneo,”»

(Respinto)

 

Emendamento 26, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 1, nel comma 2, dopo le parole” “Il Reddito di solidarietà costituisce una misura regionale” è inserito il testo seguente:

“integrata delle politiche del lavoro e delle politiche sociali, realizzata mediante interventi diretti congiuntamente al sostegno economico e all’inserimento lavorativo e sociale dei soggetti in pericolo di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro,”»

(Respinto)

 

Emendamento 27, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 3, nel comma 1, le parole “ventiquattro mesi” sono sostituite dalle seguenti: “trentasei mesi”»

(Respinto)

 

Emendamento 28, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 3, al termine del comma 1, le parole “o uguale a 3.000 euro” sono sostituite dalle seguenti: “alla “soglia di povertà relativa” dell’articolo 2, comma 1-bis.”»

(Ritirato)

 

Emendamento 29, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 3, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

“1-bis. L’accesso di cui al comma 1 è limitato ai cittadini italiani, nonché ai cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea ed ai cittadini extracomunitari in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, qualora provengano da paesi che abbiano sottoscritto con l’Italia convenzioni bilaterali di reciprocità per la sicurezza sociale.”»

(Respinto)

 

Emendamento 30, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 3, il comma 3 è sostituito dal seguente:

“3. Il reddito di solidarietà è integrabile, sul medesimo beneficiario, ad altri servizi e prestazioni previsti da norme regionali e nazionali e diretti ai medesimi scopi. L’indennità economica temporanea del Reddito di solidarietà è cumulabile, entro i limiti indicati all’art. 2, comma 1-bis, con altre prestazioni pubbliche dirette al medesimo scopo, ivi compresa la fruizione della prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (NASpl) di cui all’articolo 1 del decreto legislativo n. 22 del 2015, ovvero dell’assegno di disoccupazione (ASDI), di cui all’articolo 16 del decreto legislativo n. 22 del 2015, o di altro ammortizzatore sociale con riferimento agli strumenti di sostegno al reddito in caso di disoccupazione involontaria.”»

(Respinto)

 

Emendamento 31, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 4, il comma 1 è sostituito dal seguente:

“1. L’ammontare massimo mensile del Reddito di solidarietà è pari per ciascun nucleo familiare beneficiario a un dodicesimo della differenza fra il reddito ISEE corrente del nucleo familiare in corso di validità e il reddito annuo netto ai fini IRPEF pari alla soglia di povertà relativa dell’articolo 2, comma 1-bis.”»

(Respinto)

 

Emendamento 32, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 4, nel comma 2, le parole: “dodici mesi” sono sostituite da “trentasei mesi anche non consecutivi nell’arco di cinque anni,”»

(Respinto)

 

Emendamento 33, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 8, nel comma 1, dopo la lettera j) è inserita la seguente:

“j-bis) eventuali condizioni specifiche e misure di agevolazione per le persone con disabilità”»

(Respinto)

 

Emendamento 34, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 9, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

“1-bis. La Cabina di regia realizza, avvalendosi del contributo dell’Università e di qualificati Istituti di ricerca nel campo delle politiche sociali e del lavoro oggetto della presente legge, analisi preventive, il monitoraggio e report di valutazione dell’attuazione degli interventi previsti dalla presente legge.”»

(Respinto)

 

Emendamento 35, a firma della consigliera Gibertoni:

«All’articolo 12, dopo il comma 3 è inserito il seguente:

“3-bis. Agli oneri dei commi 1, 2 e 3 la Regione fa fronte altresì, per quanto compatibili e coerenti, con fondi di fonte comunitaria finalizzati alla crescita ed alla qualificazione dell’occupazione.”»

(Respinto)

 

Emendamento 36, a firma della consigliera Gibertoni:

«Il comma 1 dell’articolo 3 è modificato secondo la seguente formulazione:

1. Possono accedere al reddito di solidarietà i nuclei familiari, anche unipersonali, come definiti ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159 (Regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE)), di cui almeno un componente sia residente in regione da almeno ventiquattro mesi, con Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) in corso di validità, ovvero ISEE corrente, ai sensi dell’articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, inferiore o uguale a 3.000 euro. La Giunta è autorizzata, in caso di disponibilità finanziaria, ad elevare tale limite fino al raggiungimento del tetto ISEE corrispondente alla soglia di povertà relativa intesa come indicatore convenzionale calcolato annualmente dall’ISTAT che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia, anche composta da un singolo soggetto, viene definitiva “povera in termini relativi”.»

(Respinto)

 

Subemendamento 37 all’emendamento 36, a firma della consigliera Gibertoni:

«Nel comma 1 dell’articolo 3, come riformulato dall’emendamento 36, la parola “ventiquattro” è sostituita da “trentasei”»

(Respinto)

 

OGGETTO 3716 “Ordine del giorno n. 1 collegato all’oggetto 3023 Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito". A firma dei Consiglieri: Caliandro, Taruffi, Bagnari, Serri, Campedelli, Prodi, Rossi Nadia, Mumolo, Sabattini, Mori, Torri, Marchetti Francesca, Zoffoli, Calvano, Poli, Lori, Bessi, Ravaioli”

 

Emendamento 1, a firma dei consiglieri Montalti, Zoffoli, Caliandro, Cardinali, Paruolo, Lori, Tarasconi, Zappaterra, Boschini, Soncini, Calvano, Rontini, Molinari, Pruccoli:

«Il secondo punto del dispositivo è sostituito dal seguente:

“Ad attivarsi presso il Governo affinché renda possibile, per le singole Regioni, utilizzare le risorse stanziate ma non spese per il Sia, prevedendo che possano essere destinate ad azioni di sostegno all’occupazione giovanile”.»

(Approvato)

 

Comunicazione prescritta dall’articolo 69 del Regolamento interno

 

Nel corso delle sedute sono pervenuti i sottonotati documenti:

 

Interrogazioni

 

3707 - Interrogazione a risposta scritta circa le azioni da attuare per evitare la riduzione di 110 posti letto negli ospedali modenesi, a seguito della relativa riorganizzazione. A firma della Consigliera: Gibertoni

3710 - Interrogazione a risposta scritta circa risorse e procedure riguardanti la redistribuzione in microaree pubbliche delle famiglie Sinti che ora risiedono a Rimini, nel campo sito in via Islanda. A firma del Consigliere: Pompignoli

3713 - Interrogazione a risposta scritta circa problematiche riguardanti una battuta di caccia al cinghiale svoltasi, in data 5 dicembre 2016, nella Zona Addestramento Cani Ca' del Monte Baiso (RE). A firma del Consigliere: Delmonte

 

Risoluzioni

 

3709 - Risoluzione per impegnare la Giunta a finanziare il completamento di un nuovo ponte a Carseggio entro il 2017 e a prendere contatti con il Genio Militare per trovare una soluzione provvisoria adeguata. (13 12 16) A firma del Consigliere: Marchetti Daniele

3715 - Risoluzione per impegnare la Giunta, nell'ambito delle discipline di rilievo nazionale ed in relazione al "percorso epilessia", ad attivare il gruppo di lavoro sulla neuroscienza, riservandosi di modificare quegli elementi che potrebbero essere resi necessari da una futura valutazione ministeriale. (14 12 16) A firma dei Consiglieri: Marchetti Daniele, Fabbri, Rainieri, Delmonte, Bargi, Rancan, Pettazzoni, Liverani, Pompignoli

(Comunicazione n. 40 prescritta dall’art. 69 del Regolamento interno - prot. NP/2016/2819 del 15/12/2016)

 

 

LE PRESIDENTI

I SEGRETARI

Saliera - Soncini

Rancan - Torri

 

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