Espandi Indice

129.

 

SEDUTA DI MERCOLEDÌ 9 MARZO 2022

 

(ANTIMERIDIANA)

 

La seduta si svolge in modalità mista (telematica e in presenza)

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE PETITTI

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile nel sito dell’Assemblea

 

Appello dei consiglieri

PRESIDENTE (Petitti)

 

OGGETTO 4704

Proposta d'iniziativa Giunta recante: "Integrazione dell'atto di indirizzo 2021 - 2023 relativo alla legge regionale n. 5/2018 per il programma speciale di investimento dedicato alla cultura sportiva, all'impiantistica e alle attività del tempo libero". (74)

(Continuazione discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Petitti)

BONDAVALLI (BP)

RANCAN (Lega)

TARUFFI (ERCEP)

MARCHETTI Francesca (PD)

ZAMBONI (EV)

LISEI (FdI)

 

OGGETTO 4253

Richiesta di istituzione ai sensi dell'articolo 40 comma 2 dello Statuto e dell'articolo 61 del Regolamento interno dell'Assemblea legislativa di una Commissione speciale di ricerca e di studio sul tema dei Fondi PNRR. A firma della Consigliera: Castaldini

(Ritiro)

(Ordine del Giorno 4253/1 oggetto 4574 - Decaduto)

PRESIDENTE (Petitti)

 

OGGETTO 3966

Relazione sulla clausola valutativa di cui all'art. 10 della L.R. n. 30/2019 "Interventi per il trasporto ferroviario e fluviomarittimo delle merci - Abrogazione della legge regionale n. 10 del 2014".

(Discussione)

PRESIDENTE (Petitti)

CORSINI, assessore

FACCI (Lega)

COSTA (PD)

 

OGGETTO 4583

Relazione sull'attività svolta dal Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale nell'anno 2021 (ai sensi della L.R. 19 febbraio 2008, n. 3, art. 10, comma 7 e della L.R. 17 febbraio 2005, n. 9, art. 11, comma 1)

(Discussione)

PRESIDENTE (Petitti)

MARIGHELLI, Garante regionale

BERGAMINI (Lega)

STRAGLIATI (Lega)

MUMOLO (PD)

AMICO (ERCEP)

LISEI (FdI)

ZAMBONI (EV)

MARIGHELLI, Garante regionale

 

OGGETTO 4716

Relazione sull'attività svolta dal Garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza nell'anno 2021 (ai sensi della L.R. 17 febbraio 2005 n. 9, art. 11).

(Discussione)

PRESIDENTE (Petitti)

BERGAMINI (Lega)

STRAGLIATI (Lega)

MARCHETTI Francesca (PD)

AMICO (ERCEP)

 

OGGETTO 4031

Risoluzione per impegnare la Giunta ad attivarsi presso il Governo e l'Unione Europea affinché si ponga termine alle violenze in corso nella regione Araucanìa del Cile meridionale, si tutelino la minoranza italiana e, in particolare, le comunità emiliano-romagnole che vi sono residenti e vengano adottate le misure necessarie per il ripristino della convivenza civile e del dialogo interculturale. A firma dei Consiglieri: Fabbri, Mori, Costa, Daffada', Zappaterra, Caliandro, Pillati, Rontini, Sabattini, Montalti, Tarasconi, Mumolo

(Discussione e approvazione)

PRESIDENTE (Petitti)

FABBRI (PD)

STRAGLIATI (Lega)

PRESIDENTE (Petitti)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

Votazioni elettroniche oggetti 4704 - 4031

Emendamento oggetto 4031

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE PETITTI

 

La seduta ha inizio alle ore 9,42

 

PRESIDENTE (Petitti): Buongiorno.

Dichiaro aperta la seduta antimeridiana n. 129 del giorno 9 marzo 2022. Ha giustificato la propria assenza l’assessora Lori.

 

Appello dei consiglieri

 

PRESIDENTE (Petitti): Procediamo ora con l’appello dei presenti.

 

A seguito dell’appello svolto dalla Presidente Petitti risultano presenti i consiglieri:

 

  1. AMICO Federico Alessandro
  2. BERGAMINI Fabio
  3. BESSI Gianni
  4. BONDAVALLI Stefania
  5. BULBI Massimo
  6. CASTALDINI Valentina
  7. COSTA Andrea
  8. COSTI Palma
  9. DAFFADÀ Matteo
  10. DELMONTE Gabriele
  11. FABBRI Marco
  12. GERACE Pasquale
  13. GIBERTONI Giulia
  14. LISEI Marco
  15. MALETTI Francesca
  16. MARCHETTI Francesca
  17. MASTACCHI Marco
  18. MONTALTI Lia
  19. MONTEVECCHI Matteo
  20. MORI Roberta
  21. MUMOLO Antonio
  22. OCCHI Emiliano
  23. PARUOLO Giuseppe
  24. PELLONI Simone
  25. PETITTI Emma
  26. PICCININI Silvia
  27. PIGONI Giulia
  28. PILLATI Marilena
  29. RANCAN Matteo
  30. RONTINI Manuela
  31. SABATTINI Luca
  32. SONCINI Ottavia
  33. STRAGLIATI Valentina
  34. TAGLIAFERRI Giancarlo
  35. TARASCONI Katia
  36. TARUFFI Igor
  37. ZAMBONI Silvia
  38. ZAPPATERRA Marcella

 

PRESIDENTE (Petitti): 38 presenti.

 

OGGETTO 4704

Proposta d'iniziativa Giunta recante: “Integrazione dell'atto di indirizzo 2021 - 2023 relativo alla legge regionale n. 5/2018 per il programma speciale di investimento dedicato alla cultura sportiva, all'impiantistica e alle attività del tempo libero”. (74)

(Continuazione discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Petitti): Riprendiamo i nostri lavori di ieri dalla discussione generale sul seguente oggetto, l’oggetto 4704, la Proposta d’iniziativa della Giunta recante “Integrazione dell’atto di indirizzo 2021-2023 relativo alla legge regionale n. 5 del 2018 per il programma speciale di investimento dedicato alla cultura sportiva, all’impiantistica e alle attività del tempo libero”.

Ricordo che la Commissione Bilancio ha espresso parere favorevole nella seduta del 2 marzo 2022 con la seguente votazione: 30 voti a favore, nessun contrario, 16 astenuti, apportando modifiche al testo.

Ripartiamo quindi dalla discussione generale sul provvedimento. Chi vuole parlare?

Prego, consigliera Bondavalli.

 

BONDAVALLI: Grazie, presidente.

Come diceva ieri il sottosegretario Baruffi, questo è un atto annunciato ed è soprattutto un atto molto atteso dagli Enti locali. Dall’inizio dell’attuale mandato è piuttosto diffusa, infatti, la richiesta proprio da parte degli Enti locali di risorse e fondi che riguardino investimenti per l’impiantistica sportiva. Sono necessità che spaziano da interventi di riqualificazione e messa in sicurezza, efficientamento o ampliamento del patrimonio esistente, fino alla realizzazione di nuovi edifici. È un dato di fatto, ed è un dato di fatto che è coerente con la centralità che lo sport riveste nella vita delle comunità, quindi con tutto ciò anche di cui abbiamo ampiamente parlato nella seduta di ieri. Ed è un dato di fatto che chiaramente conferma quanto sia rilevante anche il numero delle persone che nella nostra regione praticano sport e, quindi, anche rispetto ai valori di cui lo sport è portatore.

Se guardiamo al contesto generale, vediamo, da un lato, la perdurante complessa situazione della finanza pubblica dei Comuni e, dall’altro, l’esito del tutto insoddisfacente – lo dobbiamo ricordare – del bando nazionale “Sport e Periferie”, che ha attribuito alla realtà della nostra regione un numero davvero esiguo, purtroppo, di finanziamenti dedicati. Per questo, c’è da parte di coloro che sono interessati da questo provvedimento una forte attesa sull’Emilia-Romagna proprio anche in termini di disponibilità di risorse.

Già nel 2018-2019 la Giunta regionale – occorre sottolinearlo ancora una volta – ha compiuto uno sforzo senza precedenti, almeno se guardiamo agli ultimi anni, mettendo a disposizione 40 milioni di euro, con i quali è stato possibile sostenere la realizzazione di 150 opere di impiantistica sportiva. Parliamo, appunto, dei nostri territori, da Piacenza a Rimini. Ciononostante, come detto, le necessità permangono, anzi aumentano.

Gli effetti del caro-energia, inoltre, generano la necessità di programmare interventi di produzione energetica basata su fonti alternative funzionali a ridurre strutturalmente nel medio-lungo periodo i costi da sostenere per il consumo. Allora ne deriva proprio, credo, l’opportunità della procedura oggi in discussione, che mette a disposizione una dotazione di 5,7 milioni di euro per investimenti in impiantistica sportiva.

Il primo dei due provvedimenti, come ricordato nel dibattito che abbiamo fatto nelle Commissioni, prevedrà, tra fine 2022 e inizio 2023, un successivo bando. Questo bando sarà accompagnato da una maggiore disponibilità di risorse finanziarie.

Convince, a mio parere, il fatto che questa azione sia riservata a Comuni inferiori ai 15.000 abitanti, che sono quelli che hanno proporzionalmente e sostanzialmente a disposizione minori risorse economiche e che quindi difficilmente sarebbero nelle condizioni di programmare interventi in autonomia. Nella stessa direzione va anche la contenuta richiesta di compartecipazione in percentuale, che nella sostanza assicura a tutti coloro che ne hanno volontà di poter presentare la propria istanza di proposta.

Concordo anche sulla necessità di possedere step temporali successivi, definizione di progetti in stati progressivi, poiché la realizzazione di un’opera, in particolare in questa fase storica che stiamo vivendo, non può prescindere da tempi rapidi di esecuzione. Trattandosi di risorse assegnate, è fondamentale vengano utilizzate quanto prima, per alimentare la mole degli investimenti messi a cantiere, oltre che per perseguire gli obiettivi per cui sono messe a disposizione.

Dunque, bene questo provvedimento che la Giunta dell’Emilia-Romagna ha messo in campo, in linea anche con quanto aveva annunciato il sottosegretario Baruffi nella risposta a un question-time che avevo presentato in Aula qualche mese fa, quindi da questo punto di vista è ovviamente una notizia positiva, e poi ricordiamo anche il secondo provvedimento, quello che arriverà tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo anno, che andrà sicuramente nella direzione di far sì che i Comuni che in questo caso non possono partecipare trovino invece una risposta con il prossimo bando. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Bondavalli.

Altri in dibattito generale? Io non ho nessuno iscritto a parlare in dibattito generale.

A questo punto passiamo alle dichiarazioni di voto. Qualcuno vuole intervenire in dichiarazione di voto?

Consigliere Rancan, prego.

 

RANCAN: Grazie, presidente.

Intervengo molto brevemente in dichiarazione di voto, perché questo atto di indirizzo è importante, è fondamentale per le nostre società sportive, per i nostri Comuni, per i nostri cittadini. Siccome stiamo parlando di sport, siccome stiamo parlando di investimenti che hanno una ricaduta sulla vita dei nostri cittadini e dei nostri giovani, penso sia importante, quindi, porre l’accento su qualche questione.

Noi sappiamo che qui si parla di riqualificazione e nuovo ampliamento, come è stato detto tutto bene dalla consigliera Catellani in discussione generale, e ovviamente abbiamo sempre in mente ciò che per noi è un faro, cioè investimento sullo sport significa investire sulla qualità di vita delle nostre persone, ovviamente avendo ben presente, però, dove andranno poi quei fondi, come verranno spesi, in che modo, quali progettualità. Questo sicuramente è quello su cui ci concentreremo nelle prossime settimane e nei prossimi mesi anche per andare concretamente a vedere le ricadute che questo avrà sul territorio.

Io mi permetto solamente, in dichiarazione di voto, di porre l’accento su un tema che abbiamo posto all’attenzione della Giunta nelle scorse settimane. Al di là della riqualificazione e dell’ampliamento del nuovo, serve anche mantenere l’esistente, perché noi sappiamo che, con l’aumento del caro-bollette e con l’aumento dei costi, le nostre società sportive e i nostri Comuni sono in forte difficoltà. Quindi, io chiedo a gran voce alla Giunta anche di stanziare fondi per poter aiutare le società sportive, anche quelle più piccole, a far fronte a questa emergenza di rincari, per evitare che si debbano chiudere forzatamente impianti sportivi per problemi di gestione economica, perché se soprattutto quelle società sportive più piccole che rappresentano il fulcro magari anche di piccoli centri dove si possono trovare i nostri ragazzi e i nostri giovani dovessero in qualche modo venir meno sicuramente verrebbe meno anche un ruolo sociale che lo sport ha e deve avere.

Brevemente, presidente, io comunico e dichiaro il voto di astensione del Gruppo della Lega anche in prospettiva per capire come verranno gestiti questi fondi e quale impatto avranno poi sul territorio.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Rancan.

Altri in dichiarazione di voto? Consigliere Taruffi, prego.

 

TARUFFI: Grazie, presidente.

Molto rapidamente per annunciare il voto favorevole del nostro Gruppo a un provvedimento che riteniamo quanto mai opportuno, che, come è stato detto, è un provvedimento atteso, specie per le realtà e le Amministrazioni più piccole, che hanno necessità di interventi.

Mi piace sottolineare, anche in questo caso, l’attenzione che comunque viene riservata ai Comuni più piccoli, anche quelli dei territori dell’Appennino. Credo che siano misure, queste, che tracciano una linea che va in continuità con quello che è l’impegno che ormai da anni la Regione Emilia-Romagna sta approfondendo per sostenere l’attività sportiva, non mi dilungo sull’importanza della stessa e sui benefici che porta al tessuto sociale complessivamente inteso, quindi, ribadendo il nostro sostegno convinto a questo provvedimento, in attesa anche dei prossimi bandi che dovranno arrivare, che nel costante contatto che abbiamo avuto in Commissione con il dottor Manghi per conto della Presidenza, dottor Manghi che ringrazio per il lavoro svolto in questo caso, sappiamo che esistono e siamo in attesa dell'approvazione dei prossimi bandi a cui si sta lavorando.

In attesa di quelli, intanto esprimiamo forte convinzione rispetto al provvedimento in atto.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Taruffi.

Consigliera Marchetti, prego.

 

MARCHETTI Francesca: Anche il Partito Democratico esprime un parere favorevole a questo provvedimento, un provvedimento che si inserisce nella traiettoria della strategia che questa Regione ha sullo sport, e credo che anche dalla discussione di ieri venga fuori in modo significativo qual è il ruolo che questa Regione vuole dare ai territori e questo ne è un esempio.

Credo che sia da mettere a valore come questi investimenti, queste risorse andranno certo a rispondere alle esigenze degli Enti locali, ma prima di tutto a rispondere a un’esigenza di aggregazione e di coesione sociale che, in particolare per i Comuni più piccoli, rappresenta un valore aggiunto.

Sappiamo che questa è una prima parte di un programma in due step. Ieri il sottosegretario Baruffi ricordava che, nel giro di pochi mesi, troveremo un secondo step non meno importante, quindi vorrei anche ricordare come le risorse messe a disposizione per l’impiantistica sportiva arriveranno alla fine ad alcune decine di milioni di euro, a riprova del fatto che c’è un’attenzione particolare a quello che è un segmento fondamentale anche per le comunità più piccole, anche alla valorizzazione del fare insieme, perché non dimentichiamo che saranno coinvolte anche le Unioni dei Comuni.

Questo quindi è sicuramente un provvedimento atteso, ma è anche uno dei tanti tasselli che compongono la strategia regionale definita nelle politiche sportive, quindi avanti così, parere positivo, che si consolida nel tempo.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Marchetti.

Consigliera Zamboni, prego.

 

ZAMBONI: Grazie, presidente.

Anch’io annuncio il voto favorevole di Europa Verde. Ieri il sottosegretario Baruffi, nell’illustrazione del provvedimento, ha ricordato che Europa Verde aveva presentato un emendamento, che poi è stato approvato dalla Commissione competente, la Commissione I in questo caso, per inserire tra gli interventi che sono coperti dal finanziamento dei bandi relativi al provvedimento interventi di efficientamento energetico e uso delle rinnovabili.

Abbiamo sentito più spesso anche in quest’aula ricordare il tema del caro-energia che sta affliggendo famiglie e imprese, ma sappiamo anche che gli impianti sportivi, soprattutto le piscine, hanno avuto da questo contraccolpo del caro-energia un duro colpo, quindi è bene anticipare future crisi con l’efficientamento energetico degli impianti in modo da ridurre i consumi e con il ricorso alle fonti rinnovabili in modo da non dipendere da fonti energetiche, come gas, metano in primis, che sono soggette a volatilizzazione dei prezzi e, quindi, portano poi alle crisi che vediamo anche oggi essere in corso. Tanto più abbiamo la tragedia della guerra in Ucraina che ha aggravato ulteriormente la situazione.

Anche noi ci riconosciamo, come Europa Verde, nel senso anche salutistico della pratica sportiva, ma salutistico anche in termini di contrasto allo stress psicologico, che è inutile ricordare in questi due anni è stato alimentato prima dal Covid e adesso dal clima di guerra che pervade l’Europa e che purtroppo vedo una guerra in corso in Ucraina.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Zamboni.

Consigliere Lisei, prego.

 

LISEI: Grazie, presidente.

Anche Fratelli d’Italia si asterrà su questo provvedimento. Non ripeterò le tante giuste considerazioni sull’attenzione che deve essere dedicata all’attività sportiva e quanto sia importante nel contesto sociale nel quale viviamo, perché sono state fatte in maniera sicuramente egregia dalla gran parte dei colleghi che è intervenuto in aula, il che dà atto della consapevolezza dell’importanza che lo sport riveste sui nostri territori e soprattutto rispetto all’importanza della pratica sportiva nelle giovani generazioni.

Evidenzio solo, molto sommessamente, che lo stato di salute delle nostre associazioni sportive, delle associazioni sportive presenti sul territorio, che hanno sempre goduto di buona salute, è attualmente (ritorno a Fratelli d’Italia) davvero complicato, complicato per essere ottimisti, ma sicuramente è in uno stato molto meno florido di quanto mi è parso sia descritto all’interno della discussione.

Le attività sportive sono state falcidiate completamente dalla pandemia, prima ovviamente per le sospensioni totali delle attività, successivamente anche per l’eccessiva burocratizzazione che c’è stata nell'emissione di una serie di normative nazionali, DPCM e quant'altro, e oggi sul tema, che è ancora di attualità, rispetto al Green Pass. Questo ovviamente ha indebolito e sicuramente non incentivato la pratica sportiva anche negli ultimi anni.

A questo oggi si aggiunge un tema significativo, quello del rincaro energetico, che è stato anche richiamato dal collega che mi ha preceduto, in particolare sull’attività natatoria, sulle piscine, dove sta assumendo contorni a dir poco devastanti, rendendo praticamente impossibile per molte attività proseguire a fare lo sport di base, che è necessario per la loro sopravvivenza. Le bollette che hanno ricevuto alcuni impianti sportivi sono state sotto gli occhi di tutti, sono state sotto gli occhi dei media nazionali, e i rincari dal 100 al 200 per cento sono del tutto insostenibili per gran parte di queste attività.

Queste attività (oltre a quelle natatorie, anche tante altre attività sportive) dovranno scontare ora un ulteriore rincaro energetico, quindi dei costi rispetto alla semplice messa in funzione delle attività, ma un rincaro che sconteranno anche rispetto al rinnovo complessivo dell’impiantistica, perché non c’è soltanto un rincaro energetico, ma c’è anche un rincaro dei beni di consumo e delle materie prime che sono necessarie per fare manutenzione e per rinnovare eventualmente gli impianti sportivi. Basti pensare (lo dico perché sono a Bologna) ai ritardi che sta subendo la ristrutturazione dello stadio Renato Dall’Ara, perché si parla di milioni e milioni di euro in più rispetto a quello che era il progetto iniziale.

Rincaro quindi delle materie prime e scarsità stessa delle materie prime, difficoltà che oggi si andranno a sommare a quelle che ci sono state durante la pandemia. Quindi, per carità, assolutamente bene che la Regione Emilia-Romagna investa delle risorse, io credo che soprattutto nel futuro step sarà necessaria un’implementazione significativa, se si vuole reggere l’urto e l’impatto di queste emergenze che sono assolutamente devastanti e che stanno colpendo in maniera significativa il mondo dello sport. Questo documento ne parla in maniera approssimativa ed è per questo che il nostro voto sarà quello di astensione, come anticipato all’inizio dell’intervento.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Lisei.

Altri in dichiarazione di voto? Io non ho altri in dichiarazione di voto.

A questo punto mettiamo in votazione il provvedimento.

Prima nominiamo gli scrutatori: consigliera Costi, consigliera Bondavalli e consigliera Stragliati.

Mettiamo in votazione il provvedimento: proposta d’iniziativa della Giunta recante “Integrazione dell’atto di indirizzo 2021-2023” dedicato al programma speciale di investimento dedicato alla cultura sportiva, all’impiantistica e alle attività del tempo libero.

Dichiaro aperta la votazione.

Dichiaro chiusa la votazione.

 

Votanti 38

Favorevoli 28

Astenuti 10

 

È approvato.

 

OGGETTO 4253

Richiesta di istituzione ai sensi dell’articolo 40 comma 2 dello Statuto e dell’articolo 61 del Regolamento interno dell’Assemblea legislativa di una Commissione speciale di ricerca e di studio sul tema dei Fondi PNRR. A firma della Consigliera: Castaldini

(Ritiro)

(Ordine del Giorno 4253/1 oggetto 4574 - Decaduto)

 

PRESIDENTE (Petitti): Comunico che l’oggetto 4253 è stato ritirato.

 

OGGETTO 3966

Relazione sulla clausola valutativa di cui all’art. 10 della L.R. n. 30/2019 “Interventi per il trasporto ferroviario e fluviomarittimo delle merci - Abrogazione della legge regionale n. 10 del 2014”

(Discussione)

 

PRESIDENTE (Petitti): Passiamo all’oggetto 3966: relazione sulla clausola valutativa di cui all’articolo 10 della legge regionale n. 30/2019 “Interventi…”. Chiedo un po’ di silenzio, per cortesia. “Interventi per il trasporto ferroviario e fluviomarittimo delle merci - Abrogazione della legge regionale n. 10 del 2014”.

Apriamo la discussione. Passo la parola all’assessore Corsini.

 

CORSINI, assessore: Grazie, presidente.

La Regione, nel 2009, in seguito al forte calo del traffico ferroviario prodotto dalla crisi economica, decise di adottare alcune disposizioni per contrastare l’erosione del trasporto ferroviario delle merci in favore del trasporto stradale e quindi evitare il collasso dell’intera filiera intermodale ferro-gomma.

In seguito a queste considerazioni è stata quindi approvata la legge n. 15 e infine la legge n. 10, con l’obiettivo di stimolare la crescita del trasporto merci ferroviario, incentivando nuovi traffici.

I risultati attesi sono stati ampiamente raggiunti e anche superati in molti casi, puntando a consolidare i risultati ottenuti con le precedenti leggi regionali in materia di trasporto merci. Quindi, nel 2019, la Regione ha avviato ed ottenuto nuovamente il parere favorevole dell’Unione europea sugli aiuti di Stato per una nuova legge di incentivazione, la legge n. 30, volta a ridurre ulteriormente l’inquinamento ambientale, a incrementare la sicurezza della circolazione ferroviaria, riequilibrando al contempo il sistema trasporto merci.

La Regione ha approvato quindi la legge n. 30, con cui si intende ancora cercare di trasferire quote di traffico di trasporto merci dalla modalità stradale alla modalità ferroviaria. Il provvedimento ha consentito la concessione di contributi per la realizzazione di servizi di trasporto ferroviario, nonché di servizi di trasporto fluviale e fluviomarittimo nel triennio 2020-2022.

Il focus dell’intervento di incentivazione al trasporto ferroviario previsto nella legge n. 30 è caratterizzato dai seguenti obiettivi: stimolare la crescita e incentivare esclusivamente i traffici aggiuntivi, incentivare i collegamenti che hanno come origine e destinazione un nodo regionale, cioè i collegamenti intra regionali e interregionali, privilegiare la retro portualità ferroviaria e incentivare il traffico ferroviario intermodale, oltre al traffico ferroviario tradizionale.

Sono beneficiari diretti del contributo le imprese logistiche, gli operatori del trasporto multimodale regolarmente costituiti e aventi sede in uno degli Stati membri dell’Unione, e beneficiari indiretti sono gli utenti finali del trasporto, cioè le imprese e i caricatori. Lo stanziamento regionale complessivo è pari a un milione di euro annuo per tre anni, quindi per complessivi 3 milioni, di cui il 90 per cento destinato al trasporto ferroviario e il 10 per cento a quello fluviomarittimo. L’aiuto è di 0,7 centesimi di euro per tonnellata al chilometro e l’importo massimo concedibile per ogni impresa è di 150.000 euro all’anno. I benefìci attesi consistono, come dicevo, nella diversione modale, cioè nel togliere dalle strade della regione, nell’arco di tre anni, circa 110.000 veicoli diesel, veicoli pesanti da 28 tonnellate, corrispondenti a oltre 3 milioni di tonnellate circa di merci che percorrono 13.200.000 chilometri.

Successivamente, con determina del dirigente del servizio, è stata approvata la graduatoria dei servizi relativi agli interventi per il trasporto ferroviario e, a seguito delle richieste di diciotto imprese, pari a trentasette istanze, sono state ammesse a contributo quindici imprese, per venticinque servizi, e contestualmente sono state impegnate le risorse relative alla prima annualità, pari a un milione di euro. Le risorse disponibili hanno permesso, pertanto, di assegnare i contributi per la prima annualità ai primi ventisette servizi della graduatoria, pari a tredici imprese.

Successivamente la Giunta regionale ha deciso di apportare alcuni correttivi al bando a causa delle criticità emerse a seguito dell’emergenza sanitaria da Covid-19. Complessivamente, quindi, nella prima annualità sette servizi non hanno ottenuto contributi non riuscendo a raggiungere i minimi previsti dal bando e un servizio non è partito. Inoltre, due imprese su tredici non hanno ottenuto contributi. Sono stati effettuati, nell’ambito dei servizi che hanno tenuto contributo, oltre 4.000 treni, per la precisione 4149, che hanno trasportato complessivamente oltre 2.340.000 tonnellate di merce, quasi 700.000 tonnellate in più rispetto all’anno precedente. Per ciascun richiedente è possibile liquidare al massimo il 95 per cento del contributo richiesto per ogni annualità.

Il quadro macro-economico è stato, come si diceva, stravolto dall’emergenza sanitaria causata dalla pandemia. Infatti, nei mesi iniziali dello scorso anno gli scenari economici sono velocemente e profondamente mutati, indicando una recessione dell’attività economica senza precedenti nella storia recente. Questo ha inevitabilmente comportato anche una modifica dei parametri di assegnazione dei contributi per accompagnare le imprese ferroviarie in questa fase complicata sullo scenario economico internazionale, per non disperdere le ottime performance ottenute negli scorsi anni.

Le criticità che in questo momento sono state evidenziate sono dovute principalmente agli effetti dell’emergenza Covid, perché la domanda di logistica e di trasporto merci è ovviamente una domanda derivata rispetto al tema del trasporto e della logistica.

Il crollo della produzione, causato dalla contrazione dei consumi e soprattutto dal crollo delle esportazioni, ha effetti dirompenti sui flussi di trasporto merci. Infatti l’andamento dei traffici ferroviari mostra un calo medio, nel periodo marzo- giugno 2020, per il cargo ferroviario pari a meno 19 per cento, mentre l’intermodale ferroviario ha fatto registrare un meno 14 per cento.

Questo ha comportato una diminuzione dei volumi di merce trasportata e la difficoltà per gli operatori logistici di organizzare i servizi di trasporto ferroviario, che ha portato, nei casi di attivazione di nuovi servizi, allo slittamento dell’inizio e in un caso alla soppressione dello stesso.

Come già riscontrato nelle precedenti leggi, altre criticità riguardano l’impossibilità di applicazione dell’incentivo al trasporto fluviale. La legge regionale e il successivo bando hanno infatti previsto l’incentivazione a questo tipo di trasporto, la cui misura sarebbe stata determinata nel rispetto del limite dell’importo del massimo generale de minimis. Tuttavia, all’atto della formazione della graduatoria non è pervenuta alcuna domanda relativa ai servizi fluviali, e tutte le risorse disponibili sono pertanto state assegnate a servizi di trasporto ferroviario, secondo le priorità stabilite della graduatoria formulata.

Durante la predisposizione della legge era stato manifestato un grande interesse dalle imprese armatrici, che però non si è poi concretizzato in fase di bando, probabilmente per la concorrenza e i costi ancora legati alla crisi delle imprese stesse del settore. Questo è stato un ennesimo tentativo per cercare di risollevare il settore, in attesa della conclusione dei lavori di completamento del sistema infrastrutturale, che consentirà la ripresa del fluviomarittimo.

Fra l’altro, proprio in questi giorni abbiamo avuto la conferma di un importante contributo, dopo oltre 17 anni che il Governo non interveniva sul tema della navigazione interna, di 145 milioni di euro per il sistema idroviario padano veneto, di cui naturalmente la Regione Emilia-Romagna è parte integrante. Grazie a questi investimenti, a queste risorse di carattere strutturale, nei prossimi anni verranno realizzati molti interventi di adeguamento dei ponti, di risagomatura degli alvei fluviali e di dragaggi, per consentire, da un punto di vista strutturale, la riattivazione dei traffici merci sulle vie di navigazione interna e naturalmente anche delle imbarcazioni finalizzate al trasporto turistico lungo il fiume Po e lungo l’Idrovia Ferrarese.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, assessore Corsini.

Apriamo il dibattito generale. Consigliere Facci, prego.

 

FACCI: Buongiorno.

Volevo dire […] su questo […]. Mi sentite bene, presidente?

 

PRESIDENTE (Petitti): La sentiamo un po’ a scatti. Riproviamo.

 

FACCI: Sì. Volevo fare un intervento. Ero già intervenuto in Commissione per evidenziare alcune criticità di questa relazione.

Vorrei ricordare che questa relazione per la legge n. 30/2019 è una relazione che, dopo l’entrata in vigore della legge, che era il 1° gennaio 2020, doveva vedere un arco temporale di diciotto mesi, quindi relazione sostanzialmente al 30 giugno 2021, come da dati di riferimento, ma vediamo che questa relazione, in realtà, ci fornisce un quadro rispetto sostanzialmente solo all’anno 2020, relazione che fa presente come l’anno della pandemia abbia messo in difficoltà l’intero impianto, le notevoli finalità che questa legge si intendeva prefiggere e si prefigge, però evidenzio come i dati siano sostanzialmente poco significativi, quindi andava comunque amplificata e ampliata anche rispetto al successivo periodo.

Questa relazione che cosa ci dice sostanzialmente? Come ha ricordato l’assessore, ci dice che, per quanto riguarda il trasporto fluviomarittimo, non vi è stato alcun tipo di richieste. Viene, però, da domandarsi perché. Bene che adesso arrivino 45 milioni dal livello nazionale per quanto riguarda l’implementazione del trasporto fluviomarittimo. Da quello che ho letto sulla stampa si parla anche di trasporto in chiave turistica, in questa legge parliamo invece di trasporto merci, quindi si tratterà anche di capire quali saranno le ricadute su un settore e quali saranno le ricadute sull’altro, però confidiamo in un’operazione di coinvolgimento a livello conoscitivo della competente Commissione, non ho dubbi che questo avverrà in tempi ragionevoli.

Di 1 milione di euro stanziati da questa legge e soltanto un terzo assegnati credo che non possiamo dare solo la colpa alla pandemia, credo che le criticità siano più ampie e la relazione le affronta, a mio avviso, in maniera non sufficiente, non sufficiente perché non ci dice più di tanto quali sono le problematiche che hanno determinato questa impasse.

Nel momento in cui la Regione stanzia delle risorse e gli operatori interessati non ne fanno richiesta o, fatta la richiesta, non sono più in grado di continuare, dovremmo forse indagare meglio le cause di questo cortocircuito, ci aspettavamo che la relazione dicesse qualcosa di più su come si intende intervenire per risolvere il problema.

Tra l’altro, come è stato ricordato, non viene erogato l’intero importo, c’è una quota che viene corrisposta, il 5 per cento, solo se nei due anni successivi i servizi vengono mantenuti a livelli minimi. Sarebbe stato interessante capire nel 2021 questo andamento come si è svolto, quindi qual è il monitoraggio rispetto a questo aspetto.

C’è poi tutta la parte che riguarda i benefici ambientali, ma noi non discutiamo che, se spostiamo il traffico dalla strada alla ferrovia, sfruttando il trasporto fluviale, vi sia un beneficio in termini ambientali, quindi la relazione, nella parte in cui evidenzia i benefici, d’accordo, ci sta, è sicuramente positivo, però avremmo voluto capire meglio da questa relazione le soluzioni per fare in modo come anche la quota non assegnata sul trasporto ferroviario di due terzi possa essere resa appetibile alle imprese interessate, e soprattutto la parte del trasporto fluviale, che è assolutamente assente, perché segna uno zero.

È una relazione che riteniamo obiettivamente non esaustiva, carente. Ci aspettiamo che venga aggiornata.

Le relazioni, dopo i primi diciotto mesi devono essere aggiornate di anno in anno. Tra poco, fra qualche mese, scadono i termini per il secondo aggiornamento, che ovviamente auspichiamo che oltre a comprendere il 2021 comprenda anche la prima parte del 2022; mentre ci aspettiamo molto di più: risorse stanziate non assegnate sono un campanello d’allarme che deve indurre la parte tecnica, più che politica, degli uffici regionali, a individuare le cause e soprattutto a individuare le soluzioni perché le risorse possano essere assegnate, perché quei benefici ambientali che tutti ci aspettiamo possano ricevere compiuta applicazione.

Anticipo fin d’ora quindi, così evito problemi eventuali e difficoltà di collegamento, il voto di astensione del nostro Gruppo.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Altri interventi? Ricordo che è una comunicazione e che non ci sarà il voto sulla relazione della Giunta.

Chiedo se ci sono altri interventi. Consigliere Costa, prego.

 

COSTA: Grazie.

Molto rapidamente. Era abbastanza complicata una valutazione su un intervento di questo genere, stante il triennio che abbiamo alle spalle. Credo che ci siano però alcuni elementi, nonostante la pandemia abbia rallentato il dispiego potenziale degli effetti che il provvedimento aveva, positivi, che vanno sottolineati. Soprattutto c’è la conferma di una traiettoria di intervento, di un indirizzo di intervento assolutamente pregevole, come ha riconosciuto anche il collega Facci nel suo intervento, che ci deve indurre a insistere, nel prossimo triennio, nel solco indicato da questo provvedimento.

Cronologicamente, credo che sia ormai imminente, è questione di qualche settimana, forse qualche mese, l’emissione di nuovi bandi collegati a questo tipo di provvedimento, ma allora sarà opportuno, magari in Commissione, provando a cogliere anche le sollecitazioni di maggior approfondimento, con dati aggiornati che arrivano dal collega Facci, come l’assessore Corsini si è sempre dimostrato disponibile a fare, un passaggio in Commissione nell’imminenza della emissione dei bandi per verificare quali siano eventuali accorgimenti tecnici che possano rendere più pienamente performante il tipo di intervento.

Credo che una delle cose che ha detto l’assessore vada sottolineata e sia estremamente importante. Le risorse non utilizzate – la pandemia davvero ha giocato un ruolo determinante – sono state rimesse a disposizione all’interno di questo provvedimento e viene confermato l’indirizzo di incentivazione del trasferimento di merci dalla gomma al ferro e al trasporto fluviomarittimo.

Non è banale l’intervento sul fiume Po, che si accompagna ai 350-360 milioni di euro che vedranno interessato il tratto mediano del corso del fiume da interventi per garantirne una navigazione più costante e continuativa durante tutto il periodo dell’anno. Quindi, 350 milioni di euro sostanzialmente a garantire la navigabilità, che si assommano ai 150 milioni di euro, che ricordava prima l’assessore, che intervengono sulle infrastrutture sempre per intensificare il trasporto merci.

Questo provvedimento, tra l’altro, credo che nel prossimo triennio potrà trovare addirittura una valorizzazione più piena, se ragionato anche in parallelo e in integrazione con un altro provvedimento che è passato da quest’aula poche settimane fa, che è quello delle zone logistiche semplificate, cioè complessivamente un’opera di riordino della logistica sul nostro territorio, di definizione e potenziamento di alcune traiettorie lungo le quali devono muoversi le merci, che siano gomma, ferro o acqua. Per cui, è una relazione, quella dell’assessore, che non poteva che sottolineare l’impatto della pandemia su un provvedimento di natura triennale, in cui due anni e mezzo sono stati di fatto stravolti dalla pandemia, che nel prossimo triennio sarà importantissimo, e sarà ancora più importante stante quello a cui stiamo assistendo, cioè il rincaro dei prezzi energetici, che determinano anche un impatto pesantissimo sulla logistica e sul trasporto.

È una direzione sulla quale si era avuta l’intuizione giusta quella alla base di questo provvedimento, è una direzione rispetto alla quale dobbiamo accelerare, perché è urgente e pressante dare risposta non solo ai cittadini, ma anche e soprattutto alle imprese.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Costa.

Altri interventi da remoto? Io non ho altri iscritti a parlare. A questo punto l’argomento è concluso.

 

OGGETTO 4583

Relazione sull'attività svolta dal Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale nell'anno 2021 (ai sensi della L.R. 19 febbraio 2008, n. 3, art. 10, comma 7 e della L.R. 17 febbraio 2005, n. 9, art. 11, comma 1)

(Discussione)

 

PRESIDENTE (Petitti): Passiamo adesso all’oggetto 4583, che riguarda la “relazione sull’attività svolta dal Garante regionale delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale nell’anno 2021”.

Ricordo anche, per tutti i consiglieri qui presenti, che la relazione è a disposizione cartacea ed è sul tavolo qui, in Assemblea, se qualcuno volesse averla.

È qui con noi il dottor Marighelli, a cui adesso passo la parola per la sua relazione sull’attività svolta nell’anno 2021.

Grazie, dottor Marighelli, per essere qui con noi. A lei la parola.

 

MARIGHELLI, Garante regionale: Grazie.

Gentile presidente, gentili consigliere, gentili consiglieri, è per me un’occasione importante poter dare conto dell’attività che l’Ufficio del Garante ha svolto in questi anni e tracciare un sintetico bilancio, che affido alla vostra valutazione.

Consentitemi di essere molto sintetico sull’attività del 2021, per dire qualche parola invece sui cinque anni di mandato. Il 2021 è stato caratterizzato sul piano nazionale dall’insediamento di una Ministra della giustizia, la professoressa Marta Cartabia, che ha dato un impulso importante per un’azione di rinnovamento dell’amministrazione penitenziaria, istituendo due Commissioni nazionali molto importanti, una d’inchiesta amministrativa sul fenomeno a cui abbiamo assistito nel 2020, delle rivolte nelle carceri, di cui anche la nostra Regione è stata protagonista negativa, avendo avuto nel carcere di Modena la più importante dal punto di vista degli esiti negativi, dei danni e delle vite perdute, quindi la rivolta più pesante del Paese.

Un’altra Commissione è stata istituita: la Commissione Innovazione, presieduta dal professor Ruotolo, costituzionalista, tesa ad una valutazione della necessità di rinnovamento dell’azione amministrativa all’interno degli istituti penitenziari, quindi non una Commissione con obiettivi di ulteriori riforme dell’ordinamento penitenziario, ma tesa a valutare proposte regolamentari e attuative attraverso circolari amministrative per promuovere un miglioramento della situazione degli istituti penitenziari.

Per quanto riguarda l’attività dell’Ufficio del Garante nella nostra regione, il 2021 è stato caratterizzato da un’ampia ripresa dei colloqui in presenza, colloqui quindi con le persone in carcere che nel 2020 avevano avuto invece la caratterizzazione attraverso il video-colloquio ed erano state molto ridotti i contatti.

I numeri dell’attività del 2021 voi li potete trovare a pagina 33 della relazione: si può notare che abbiamo gestito complessivamente 231 richieste d’intervento, e non sono mancate anche aperture di fascicoli d’ufficio, in base a segnalazioni, notizie di stampa ed altro. Potete notare come la maggior parte delle segnalazioni abbiano riguardato la questione inerente alla salute e alla cura, nonché alle condizioni detentive.

Ho creduto opportuno corredare la relazione dell’attività del 2021 con un piccolo fascicolo, cinque anni da garante, 2017-2021, che vuole dare il senso di un’attività che ho inteso svolgere valorizzando l’indipendenza e l’autonomia che la legge regionale affida al garante, ma sempre tenendo presente il riferimento della nostra legge regionale del 2018 e gli obiettivi che essa determina, quindi contribuire a garantire i princìpi costituzionali e i diritti delle persone presenti negli istituti penitenziari, non solo diritti umani, ma anche diritti di cittadinanza.

L’impegno è stato, quindi, quello di favorire anche per i detenuti l’accesso ai servizi, ai servizi territoriali, ai servizi dei Comuni, primo fra tutti il servizio anagrafe, l’accesso alla residenza, che è il presupposto per la realizzazione e la concreta affermazione di tutti gli altri diritti, primo fra tutti il diritto alla salute.

Abbiamo contribuito nell’attività che, anche come garante regionale, ho svolto all’interno della Conferenza dei garanti regionali, Conferenza nazionale, ad un’importante modifica legislativa che abbiamo approvato nella riforma del 2018, che stabilisce in maniera chiara il diritto alla residenza per le persone in carcere, residenza che può essere mantenuta nel luogo di provenienza, residenza che può essere presa anche nell’ambito, invece, dell’istituto dove viene eseguita la pena. Quindi, è un principio affermato, che già poteva ritenersi valido e pieno anche a livello interpretativo, ma che nella riforma del 2018 troviamo ben presente.

Il mio mandato si è svolto a cavallo di due legislature e ha avuto come punto di riferimento principale la Commissione per la parità e per i diritti delle persone, che è istituita presso l’Assemblea della nostra Regione.

Voglio ringraziare la presidente Roberta Mori, che mi ha supportato e prestato moltissima attenzione nella precedente legislatura, e il presidente Federico Amico, con cui ho lavorato in maniera molto significativa durante questa legislatura.

Perché voglio dire fare riferimento al lavoro che abbiamo avuto con le Commissioni? Perché ritengo che uno dei risultati maggiori che possiamo aver ottenuto è quello di avere i presupposti per l’istituzione di Garanti comunali in altre città della nostra Regione, oltre a quelle che già lo vedono presente. L'istituzione dei Garanti comunali, che non è un atto dovuto, previsto dalla legge, ma è un un’opzione a cui i Comuni possono accedere, si è ottenuta grazie al lavoro di promozione e di diffusione della cultura dei diritti e della sensibilità rispetto al carcere, che abbiamo potuto svolgere attraverso la Commissione e i consiglieri regionali.

Abbiamo anche avviato un ciclo di visite, insieme al Garante regionale e ai consiglieri regionali, negli istituti della nostra Regione, che è stata rallentata ovviamente per il Covid, ma che siamo riusciti a realizzare in diversi istituti.

Abbiamo appreso che il Comune di Rimini, il Comune di Modena, il Comune di Reggio Emilia stanno lavorando e stanno riflettendo sulla istituzione del Garante comunale. Si realizza così quella rete di istituti di garanzia, che dal Garante nazionale ai Garanti regionali e ai Garanti comunali costituiscono quella rete di istituti di garanzia per le persone private della libertà personale voluta dal Protocollo opzionale ONU, sottoscritta anche dal nostro Paese, per la prevenzione dei trattamenti disumani e degradanti e della tortura nei confronti delle persone private della libertà.

Le questioni fondamentali voglio portare alla vostra attenzione, che hanno attraversato tutti e cinque gli anni del mandato: sono principalmente la questione della sanità e della salute nelle carceri, questioni di competenza dalla Regione, del Servizio sanitario nazionale già da molti anni, e che nella nostra regione si è realizzata, a mio avviso, pienamente, con grande impegno e ottimi risultati. Io credo che la sanità presente nelle nostre carceri abbia realizzato quel principio a cui ho sempre tenuto della piena parità, per la tutela della salute tra le persone in carcere e le persone libere.

Abbiamo concretamente visto realizzarsi la campagna vaccinale, che ha visto le persone in carcere essere vaccinate, avere a disposizione la vaccinazione prima di tutto quando è stata data la priorità alle persone vulnerabili, fragili e per età. Le persone con queste caratteristiche all’interno delle carceri hanno avuto quindi pienamente accesso alla vaccinazione, poi alla vaccinazione generalizzata. Già la nostra sanità regionale, però, ha portato negli istituti di pena gli screening di prevenzione delle principali malattie oncologiche e tutte le altre attività di promozione e prevenzione per la tutela della salute.

Va però sottolineata la distinzione tra concetto di sanità e concetto di salute, così come definito dall’OMS e dai principali documenti internazionali, cioè come benessere psicofisico. Attualmente, su questo versante, all’interno delle nostre carceri, scontiamo un’arretratezza troppo importante. La salute, come possibilità di avere spazi, luoghi per il lavoro, alimentazione corrispondente agli attuali canoni di un’alimentazione più attenta alle esigenze individuali delle persone, tempo per il lavoro, ambienti salubri, è in forte difficoltà nei nostri istituti. Diverse sono state le segnalazioni e le raccomandazioni che ho dovuto fare rispetto all’inadeguatezza degli ambienti, all’umidità, alle infiltrazioni di acqua piovana e al sempre presente fenomeno del sovraffollamento nelle carceri.

L’inattività e l’ozio non riescono a dare un senso al tempo della pena, per cui le persone all’interno del carcere perdono la speranza e la prospettiva di un reinserimento sociale.

L’attenzione alle condizioni detentive, che troverete anche nei numeri che vi ho messo a disposizione, come una delle principali criticità, è assolutamente necessaria perché non tutto si possa scaricare poi su una richiesta di interventi sanitari. Occorre portare maggiormente l’attenzione sulle condizioni di vita delle persone e sul significato e l’importanza anche che hanno le norme. Un esempio per tutti. Nel vecchio ordinamento penitenziario, prima della riforma, era previsto che alle persone in carcere spettassero alcune ore di passeggio nei cortili. La riforma del 1975 ha definito, invece, tempo da trascorrere all’aperto. La riforma del 2018 ha ulteriormente stabilito che devono essere messi a disposizione dei detenuti spazi per le attività sportive, culturali e di lavoro. Queste diverse dizioni sono rimaste esclusivamente delle forme verbali. Ancora il tempo all’aria aperta nella maggior parte dei nostri istituti è nei cortili di cemento, freddi d’inverno e caldissimi d’estate. Quindi occorre, a mio avviso, riflettere sul collegamento che c’è tra le normative e le leggi e l’esecuzione e l’applicazione delle stesse.

Ultimo punto - e mi avvio alla conclusione - è quello del lavoro, lavoro all’interno dei nostri istituti, nelle due forme di lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, perché all’interno del carcere tutte le attività si reggono sul lavoro delle persone detenute, dalla cucina alle pulizie, alla manutenzione, e di lavoro alle dipendenze di imprese esterne.

Purtroppo dobbiamo registrare che il lavoro è sempre un punto di estrema carenza all’interno degli istituti penitenziari anche dell’Emilia-Romagna. Si pensi che non tutti i fondi previsti per le incentivazioni per il lavoro penitenziario, la cosiddetta "legge Smuraglia", sono stati spesi.

Io credo che non si ponga attenzione al fatto che nelle carceri è pressoché impossibile lavorare, perché le carceri non sono state costruite e ideate per queste attività, non ci sono gli spazi, basti vedere il documentario che è stato realizzato nella Dozza, dal titolo "Meno male è lunedì", dove si vede che per realizzare quell’officina che c’è all’interno della Dozza, quindi un esempio importante, si è dovuto abbattere un muro e realizzare un portone per fare entrare le materie prime.

La questione degli spazi quindi è fondamentale e io credo che la criticità presente nella nostra Regione della costruzione, all’interno degli spazi detentivi, gli ulteriori padiglioni e quindi di aumentare la popolazione detenuta sia da sottolineare come fenomeno negativo.

Il lavoro ha avuto anche diverse innovazioni, se vedete nell’ordinamento penitenziario dall’articolo 27 c’è tutto un insieme di bis e di ter per le riforme che sono state svolte. Può essere attuato anche come lavoro di pubblica utilità all’esterno e anche come sospensione del procedimento penale connesso alle prove delle persone e al lavoro di pubblica utilità.

Su questo ho avviato un’importante collaborazione con ANCI regionale, per valorizzare la possibilità di accesso a questo tipo di lavorazione. 

Restano due criticità da sottolineare: una è la condizione della donna in carcere, perché non tutte le sezioni femminili della nostra Regione sono adeguate, ci sono servizi igienici carenti, docce carenti. Possiamo dire, senza esagerare, che la donna in carcere è soggetta a una doppia emarginazione, perché con la separazione forte e rigida tra la popolazione detenuta femminile e quella maschile alla minoranza, estrema minoranza di donne in carcere, molte attività sono precluse. Pensiamo alle attività sportive, pensiamo anche alle difficoltà rispetto all’istruzione.

Da ultimo, reputo una grande delusione la realizzazione di un sistema di accoglienza in casa-famiglia delle donne detenute con bambini. Nella nostra Regione ancora assistiamo al fenomeno dei bambini in carcere, anche per pochi giorni, ma comunque con effetti a mio parere estremamente negativi.

Dal 2018 al 2021 i bambini entrati negli istituti penitenziari della Regione, anche per un solo giorno, sono stati 43. Questo è un esempio lampante di come in presenza di una normativa specifica che prevede per le donne l’accoglienza con i bambini nelle case-famiglia protette, e anche un finanziamento che era stato disposto da oltre un anno nella legge di bilancio 2021, ancora non vediamo la realizzazione delle case-famiglia protette.

Io spero che questa legge venga presto attuata. Si era dato un termine di distribuzione dei fondi alle Regioni per la realizzazione della rete, a febbraio 2021. È trascorso un anno e io non ho notizia di questa distribuzione.

Concludo ringraziandovi e invitandovi a prendere contezza di questi documenti, soprattutto questo dei cinque anni, che credo possa essere un contributo a questa Assemblea per riflettere sui principali temi della garanzia dei diritti umani e di cittadinanza alle persone private della libertà personale.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie davvero, dottor Marighelli. La invito a stare qui.

Apriamo il dibattito generale. Consigliere Bergamini, prego.

 

BERGAMINI: Grazie, presidente. Buongiorno a tutti.

Alcuni mesi fa in Assemblea legislativa portai un question time rivolto alla Giunta, un documento nel quale si volevano sintetizzare le principali criticità riscontrate dagli agenti di polizia penitenziaria nel nostro territorio. Erano quelle, come ricordate, le settimane più difficili della pandemia, la quale era cominciata con la dura protesta dei detenuti all’interno degli istituti carcerari, che sappiamo essere deflagrata in violenze anche gravi, come diceva prima il dottor Marighelli, che ringrazio, ma che è stata comunque sintomatica, nel senso che ha permesso di far emergere a livello di opinione pubblica un problema prima sottaciuto e visibile quasi soltanto agli addetti ai lavori.

Le nostre carceri, in buona sostanza, rischiano il collasso. Ci sono problemi di varia natura e situazioni che, alla fine, impongono un ripensamento delle stesse strutture correttive, a nostro avviso. Ringrazio il garante delle persone private della libertà personale, dottor Marighelli, per il prezioso lavoro svolto e per le puntuali informazioni fornite nel corso di questi due anni di collaborazione. Le sue azioni si sono concentrate su diversi aspetti in un ambiente poco conosciuto e crudo nella sua essenza come un istituto carcerario, dove vorremmo che il valore e la dignità del personale coinvolto nella custodia siano riconosciuti e accompagnati anche da un contesto nel quale i detenuti debbano poter scontare in sicurezza e decoro naturalmente la loro pena, la quale deve essere a tutti gli effetti rieducativa verso un successivo reinserimento sociale, se è possibile e con chi è possibile.

Sul tema del lavoro, prima della pandemia, soprattutto a Bologna era stata possibile qualche collaborazione con le imprese di assemblaggio oppure con ditte ricollegate ad Hera, che hanno impiegato i detenuti nello smontaggio di piccoli elettrodomestici per rimpiegarne le parti. A Piacenza si è avuta qualche esperienza con laboratori per la preparazione della pasta. Altri carcerati sono stati impiegati altrove in operazioni di sartoria. La proporzione tra detenuti attivi sul totale, tuttavia, è piuttosto ridotta. Parliamo all’incirca di 10-20 detenuti operativi sul fronte del lavoro in tal senso su 500-700 presenti in totale in un istituto. Anche il Covid, paradossalmente, ha insegnato qualcosa, dal momento che diversi carcerati del territorio regionale hanno collaborato ad operazioni di manutenzioni, pulizie, disinfezioni.

Non grandissimi risultati, secondo noi, esistono ancora problemi legati alle donne in carcere, molto gravi, come si diceva poc’anzi, con la presenza di bambini che hanno trascorso con le loro mamme (non so quanti cittadini sappiano di questo) in epoca precedente al Covid da pochi giorni ad alcuni mesi all’interno degli istituti di detenzione nel corso dell’anno. Mancano inoltre gli educatori e il personale ausiliario, dal momento che il rapporto tra educatori e detenuti si aggira su 1 a 100.

Parlando in una prospettiva più vasta, vediamo l’enorme sforzo profuso nell’ambito del rimpatrio forzato di un cittadino straniero nel corso del 2019, quando il Garante e il suo staff hanno seguito l’intero procedimento.

La farraginosità di questo sistema è probabilmente uno dei punti sui quali insistere anche a livello nazionale, per rendere più agile tale procedimento ed anche la possibilità di far scontare in patria la pena ai cittadini stranieri, i quali rappresentano ormai una quota consistente dell’intera popolazione carceraria, con un’incidenza significativa anche sui costi degli istituti carcerari del nostro Paese, costi che, secondo una recente inchiesta pubblicata da La Stampa, sono stati quantificati in circa 1 miliardo di euro l’anno per la collettività, visto che ogni singolo detenuto ha un costo medio per il sistema di più di 131 euro al giorno.

Il nostro obiettivo deve essere quindi quello di lavorare tutti insieme per disinnescare i conflitti, per non farli deflagrare in violenze vere e proprie, come a volte succede, questione strettamente connessa alla densità della popolazione carceraria.

Non hanno aiutato a disinnescare i potenziali conflitti le varie sospensioni o limitazioni dei colloqui durante l’emergenza sanitaria, la quale ha colpito pesantemente il carcere anche dal punto di vista dei contagi di detenuti e personale. UILPA ha denunciato, solo nell’ultimo ondata epidemica di Omicron, centinaia di casi in tutte le carceri italiane e circa 367 in quelle regionali, secondo dati riportati dalla stampa al 30 gennaio scorso, quindi dati già vecchi.

Le nostre carceri esplodono, come dicevo prima, la capacità degli istituti penitenziari al limite, con molti più detenuti di quanti effettivamente potrebbero essere accolti, come sappiamo, ed anche per via – insisto – di uno squilibrio evidente tra detenuti e Polizia penitenziaria, il cui organico è assolutamente sufficiente, seppur di qualità.

Gli agenti di Polizia penitenziaria, come accennato poc’anzi, lamentano una carenza d’organico a tutte le latitudini del territorio emiliano-romagnolo, senza dimenticare il fatto che su di loro si scarica sovente il peso dell’inefficienza dell’organizzazione carceraria, come avviene del resto nell’Istituto Arginone a Ferrara, dove l’organico di Polizia penitenziaria è carente di circa una cinquantina di unità, e dove gli agenti presenti nella struttura si devono sobbarcare svariate ore di sorveglianza a vista, anche per scongiurare conseguenze per i detenuti con problemi di natura psichiatrica che non riescono, per varie ragioni, ad avere un’adeguata assistenza. Mancano inoltre forme di tutela legale idonee per gli agenti, a mio avviso.

Nelle case circondariali della nostra regione si registrano purtroppo numerosi casi di aggressioni, con fenomeni assai frequenti di autolesionismo e addirittura, come sappiamo, ahimè, casi di tentato suicidio.

Il quadro che emerge da questa disamina è purtroppo estremamente difficile e crediamo che non si possa uscire da tale situazione se non con investimenti importanti nell’ambito delle risorse umane e nel quadro di un certo grado di benessere che deve essere perseguito all’interno dell’istituto carcerario, attraverso una profonda riorganizzazione che necessita di investimenti economici e di certezze, a partire da chi opera per la sicurezza dei cittadini.

Grazie per l’attenzione.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie consigliere Bergamini.

Consigliera Stragliati, prego.

 

STRAGLIATI: Grazie, presidente. Ringrazio il dottor Marighelli per la corposa relazione e per il lavoro svolto in questi anni come Garante dei diritti dei detenuti.

Ritengo che alla parola “diritti” debba essere sempre necessariamente affiancata la parola “dovere”. Del resto, in termini diversi, diritti e doveri sono due facce della stessa medaglia. È diritto dei cittadini onesti vivere in sicurezza, così come è diritto di chi commette reati, e quindi entra nel circuito penale, una volta scontata la pena, uscirne e intraprendere una nuova vita.

Questo, purtroppo, nella maggior parte dei casi, per i detenuti non avviene. Del resto, sappiamo benissimo, è noto, sono dati pubblicati – non lo dice certo la sottoscritta – che il 70 per cento dei carcerati che tornano in libertà torna a delinquere.

L’Italia presenta uno dei tassi di recidiva di reato più alti d’Europa, e ciò significa che qualcosa non funziona, soprattutto a livello di rieducazione. Io ritengo che all’aspetto repressivo della detenzione carceraria debba necessariamente essere affiancato un aspetto di rieducazione teso veramente a rieducare chi è in carcere, facendogli intraprendere un percorso diverso, volto all’onestà.

Sappiamo benissimo che spesso chi entra in carcere ne esce peggiorato dal punto di vista criminologico. Tutto ciò avviene sia per i detenuti adulti che per i minorenni che svolgono un percorso detentivo in carcere. Tutto ciò è dovuto a quella che la criminologia definisce “subcultura carceraria”, che è quell’insieme di atteggiamenti, comportamenti, dinamiche e codici non scritti che si svolgono in carcere tra detenuti e che spesso portano veramente tanti carcerati a peggiorare la propria condizione criminale. Bene, su questo si deve lavorare. È dimostrato che quasi il 70 per cento di chi torna a delinquere sono coloro che non hanno svolto attività lavorative in carcere e che solo l’1 per cento di chi è stato introdotto in un circuito produttivo torna a delinquere. Per cui, per quanto concerne l’aspetto riabilitativo, il lavoro è sicuramente fondamentale. Lei lo diceva prima, dottor Marighelli, ciò non è semplice, posso capirlo, però è fondamentale che i detenuti trascorrano in maniera costruttiva il proprio tempo in carcere, non sicuramente solo giocando a carte oppure guardando il soffitto, e quindi anche svolgendo, ove non sia possibile, la retribuzione, perché tanti detenuti lavorano e sono retribuiti, bene, allora è importante fargli svolgere anche lavori di pubblica utilità, in modo tale che comunque anche imparino una professione che poi possa essere spesa una volta usciti dal circuito penale. Questo ritengo che sia fondamentale.

Fondamentale è anche una valutazione criminologica individuale e ciò deve avvenire in carcere tramite operatori specializzati, ovviamente, quindi tramite psicologi, tramite educatori, tramite personale specializzato, che preveda anche una presa in carico individuale dei detenuti, percorsi di tipo psicologico e criminologico, ovviamente, sempre in collaborazione con il magistrato di sorveglianza, che deve valutare il percorso criminologico del detenuto in carcere. Questo è molto importante.

Ovviamente, anche come diceva il collega Bergamini, che mi ha preceduto, il sovraffollamento nelle carceri è una problematica non indifferente, ma se si riuscisse a far scontare la pena detentiva ai detenuti stranieri, che rappresentano veramente la maggior parte dei detenuti delle nostre carceri, nel loro Paese questo sicuramente andrebbe a risolvere in maniera significativa la problematica del sovraffollamento nelle carceri.

Vorrei anche fare un riferimento alla REMS di Reggio Emilia. REMS è un nuovo acronimo che va a sostituire gli ex OPG, gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, che anch’essi si trovano in una situazione di sovraffollamento, tant’è che tanti detenuti con problematiche di tipo psichiatrico spesso vengono inseriti in carcere proprio per mancanza di spazi, quindi anche detenuti con doppia diagnosi si trovano in carcere. Ciò va ad acuire ulteriormente le problematiche di sovraffollamento, perché, ove vi sono problematiche di tipo psichiatrico, evidentemente le situazioni diventano ancora più difficili.

Il problema della REMS di Reggio Emilia deve quindi essere sicuramente tenuto in considerazione, so che vi sono anche sempre più detenuti giovani che presentano diagnosi di tipo psichiatrico, e su questo aspetto sicuramente bisogna intervenire e ragionare sempre in virtù della tenuta in considerazione della dignità della persona.

Sicuramente vi è quindi molto da fare, però vorrei evidenziare che, al fine di un riscatto di queste persone, dei detenuti, ritengo che sia molto importante parlare non solo di diritti, ma anche di doveri, al fine di un significativo riscatto di queste persone che devono in tutti i modi cercare il più possibile di uscire dal circuito penale e non farvi più rientro, per cui l’aspetto di presa in carico in carcere di un percorso psicologico è molto importante, so che vengono attivati anche corsi di teatro, che vanno bene, però bisogna far lavorare i detenuti in modo tale che il percorso in carcere abbia veramente uno scopo anche riabilitativo e di rieducazione.

Non parliamo quindi soltanto di diritti, ma anche di doveri nei confronti della società e soprattutto nei confronti dei cittadini onesti, che hanno tutto il diritto di vivere in sicurezza. Grazie mille.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Stragliati.

Consigliere Mumolo, prego.

 

MUMOLO: Grazie, presidente.

Ringrazio il dottor Marighelli per la sua relazione, dalla quale emergono diverse le criticità, alcune sicuramente frutto dell’emergenza pandemica nelle carceri e altre preesistenti.

In particolare, il Garante ha evidenziato che l’emergenza sanitaria nel carcere ha, di fatto, limitato il principio della finalità rieducativa della pena per il successivo reinserimento nella società, perché l’emergenza ha comportato la quasi totale soppressione, sia pure momentanea, delle attività trattamentali che integrano la finalità rieducativa della pena.

Per quanto riguarda la vaccinazione anti-Covid, il Garante ha chiarito che dapprima si è trattata, la popolazione carceraria, con le stesse priorità assunte per la generalità della popolazione, dando priorità alla fragilità anche determinata dall’età. Successivamente, si è creata una sorta di parallelismo con le forze dell’ordine, ovviamente, nella vaccinazione.

Ma il sovraffollamento e la carenza di personale sanitario, in particolare di quello medico, purtroppo, ha riflessi negativi anche nelle carceri, in particolare, nella casa Circondariale di Bologna, Dozza, dove si possono verificare casi in cui è difficile dare una risposta sanitaria all’interno della struttura, proprio per carenza di personale medico.

Dalla relazione del Garante emerge poi che la popolazione carceraria non arretra nella nostra Regione. Al 30 settembre 2021 i detenuti erano 3.281 contro una capienza regolamentare delle strutture carcerarie di 2.998 unità, quindi ne avevamo 283 in più. Dalla relazione emerge inoltre che ad oggi non vi è la piena attuazione del principio di territorialità nell’esecuzione della pena negli istituti penitenziari della nostra Regione. Lo dimostra la presenza di un numero consistente di detenuti provenienti da altre realtà territoriali.

Non si può che condividere la preoccupazione manifestata dal Garante; il detenuto infatti dovrebbe scontare la pena nella regione di residenza, potendo così contare sui contatti e le visite da parte dei familiari e delle persone care.

Anche il diritto alla difesa viene pesantemente ridimensionato dalla lontananza, sia per l’aggravio delle spese legali determinate dalle trasferte degli avvocati, sia per la maggior difficoltà di contatto fra detenuto e avvocato. Un detenuto fuori dalla propria regione di residenza è costretto a subire un maggiore disagio, non potendo contare sui contatti e sulle visite da parte dei familiari e delle persone care.

La riabilitazione si fonda anche attraverso le relazioni assidue, si basa anche attraverso le relazioni assidue tra detenuti e propri familiari. A proposito di sovraffollamento e territorialità, io ho fatto visita, nei mesi scorsi, al carcere minorile del Pratello di Bologna. Sembra che si stia andando, anche in questa struttura, verso un aumento del numero dei ragazzi detenuti, con stanze che da due persone andranno a contenerne tre o quattro; il quarto letto, tra l’altro, sarebbe addirittura invisibile. Ho fatto la prova io stesso: guardando dallo spioncino il quarto letto non si vedrebbe. Con tutti i riflessi che questo comporta in materia di sicurezza.

Da venticinque posti che ci sono al Pratello si vorrebbe passare a cinquanta posti, accogliendo detenuti che provengono da altre regioni. Io mi auguro che ci sia un ripensamento anche rispetto alla capienza del carcere del Pratello, sulla base di quanto affermato dallo stesso garante in materia di sovraffollamento e territorialità.

A proposito di minori, desta notevole preoccupazione la presenza, seppure limitata, di bambini nelle carceri del territorio regionale e la presenza di donne in gravidanza. Alla data del 30 novembre 2021 sono entrati negli istituti della regione Emilia-Romagna undici bambini, con una permanenza che è andata da uno a ventisei giorni, e sono state tre le donne detenute in stato di gravidanza. In Emilia-Romagna non esiste un istituto penale femminile, ma cinque dei dieci istituti penali sono provvisti di sezioni femminili, a Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Bologna e Forlì. Presso la sezione femminile della Casa circondariale di Bologna è stata, di recente, aperta una sezione nido, sezione nido che, però, non può rappresentare una soluzione al problema. Io ritengo che l’apertura di questa struttura non corrisponda al diritto di bambini e di bambine a vivere e crescere fuori dal carcere e penso che l’unica risposta adeguata ai bisogni dei figli di madri detenute sia una struttura esterna alle case circondariali, quale è la casa famiglia protetta.

Il legame genitoriale per i bambini rappresenta un bisogno essenziale per lo sviluppo psicologico, affettivo, cognitivo, razionale e sociale, al quale non si può e non si deve rinunciare. Le case famiglia protette sono strutture esterne di tipo familiare e comunitario, destinate all’espiazione sia di misure cautelari, che di misure alternative, e tutelano maggiormente i bambini che si trovano in tale situazione.

In ogni caso, dobbiamo adoperarci per garantire ai bambini figli di donne detenute sistemazioni idonee, sicure e a misura di bambino, nel rispetto della Dichiarazione universale dei diritti del fanciullo.

La situazione dovrebbe migliorare per il futuro grazie agli stanziamenti del Governo, se però arrivassero questi stanziamenti, perché tardano ad arrivare alle Regioni, proprio per le case famiglia. Attualmente la Regione, pur non avendo competenza diretta in materia, sta collaborando con tutte le istituzioni competenti, compresi i garanti, per facilitare il più possibile soluzioni che evitino ai minori la permanenza in carcere, attività per la quale ringrazio la Giunta della Regione Emilia-Romagna.

Vorrei concludere dicendo che, superato questo momento di emergenza, che purtroppo c’è per tutti, per tutte e anche per i detenuti e le detenute, dovuto alla pandemia, io penso che, superato questo momento, si dovranno affrontare con maggiore decisione i problemi della detenzione negli istituti penitenziari presenti sul territorio regionale, dando prima di tutto - lo ripeto - attuazione al principio di territorialità nell’esecuzione della pena.

Vorrei ringraziare non formalmente il dottor Marighelli per la passione, per l’impegno con cui ha portato avanti la sua attività, passione e impegno dimostrati anche oggi nella presentazione della relazione dell’ultimo anno e dei suoi cinque anni di attività.

Un ringraziamento particolare vorrei rivolgere al dottor Marighelli per aver portato avanti la battaglia per la residenza. È vero, ci sono diritti e doveri per tutti, ma la residenza è la madre di tutti i diritti in Italia, purtroppo, in particolare per le persone detenute, e ci è voluta questa riforma del 2018, perché altrimenti non era assolutamente garantita nelle carceri italiane la residenza alle persone detenute, che rimanevano senza nessun tipo di assistenza e possibilità nemmeno di trovare un lavoro all’esterno semplicemente perché erano prive di residenza.

Adesso, finalmente, si è arrivati a una norma che garantisce a tutte le detenute e a tutti i detenuti questo diritto e quindi la possibilità, come sappiamo, di lavorare, la possibilità di avere un medico, la possibilità di essere cittadini, di avere diritti previdenziali e di avere ogni tipo di possibilità di accedere al welfare locale e anche di accedere al Reddito di cittadinanza che, come tutti sapete, è precluso alle persone che sono prive di residenza. Quindiun grazie particolare per aver portato avanti questa battaglia a nome mio e di tutto il Gruppo del Partito Democratico.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Mumolo.

Consigliere Amico, prego.

 

AMICO: Grazie, presidente.

Anch’io vorrei innanzitutto ringraziare il dottor Marighelli per il lavoro svolto in questi anni di suo mandato da Garante dei detenuti, in particolar modo relativamente a questa legislatura, nella sua relazione costante anche con la Commissione parità e i diritti delle persone, perché questa relazione, che arriva oggi giustamente in Aula riporta all’attenzione di tutti i consiglieri il lavoro svolto nel corso dell’anno 2021, credo che sia un atto doveroso al termine del mandato del dottor Marighelli.

Vorrei ringraziare anche gli uffici della Regione che hanno supportato l’Ufficio del Garante, senza i quali molta parte delle sue attività non avrebbe potuto svolgersi con quell’efficacia che il dottor Marighelli ha dimostrato nel corso di questi anni. Una relazione che arriva oggi in aula e che negli anni passati è sempre stata presentata all’interno della Commissione parità e diritti, al pari delle altre relazioni di garanzia, e che la Commissione parità e diritti ha sempre ascoltato e osservato con attenzione, cercando di portare all’attenzione non solo della stessa Commissione, le problematiche che oggi il dottor Marighelli ci ha rappresentato.

Problematiche che ci dicono come l’articolo 27 della Costituzione, quello per cui i trattamenti detentivi debbano tendere alla rieducazione del condannato siano di difficile esigibilità, oggi, in virtù della carenza del personale, non solo penitenziario, ma io penso anche educativo. Per esempio, il carcere di Reggio Emilia, che ho avuto l’occasione di visitare col dottor Marighelli, ha 350 detenuti presenti all’interno della struttura, che ha diverse articolazioni molto complicate, ha una sezione femminile, ha un’articolazione di salute mentale. Il numero degli educatori presenti all’interno di quel carcere ammonta a ben quattro unità, e voi capite come la rieducazione delle persone detenute nel numero di 350 con quattro educatori sia particolarmente difficile.

Ci sono poi senz’altro le difficoltà legate alla possibilità di svolgere attività lavorative da parte dei detenuti. Anche qui, da un lato un’amministrazione penitenziaria fa riferimento all’ordinamento statale e, nello stesso tempo, le difficoltà e le carenze sia economiche che di personale da parte degli enti locali nell’accompagnare quelle che sono le esecuzioni penali in forma lavorativa all’esterno del carcere, scaricano sostanzialmente sui Comuni gli oneri per la gestione e la presa in carico di queste persone.

Per cui è un mondo, quello del carcere, parallelo a quello che viviamo, solitamente, spesso e volentieri ignorato, a cui proviamo a dare in una qualche maniera visibilità e racconto attraverso le relazioni annuali, sia di programma che consuntive del Garante dei detenuti. Un mondo a cui credo sia da prestare particolare attenzione, rinnovata attenzione da parte dell’opinione pubblica, da parte della stessa politica, proprio per rimuovere – anche qui intendo citare nuovamente la Costituzione – quegli ostacoli, come si dice nell’articolo 3 della Costituzione, allo sviluppo pieno delle persone. Gli interventi, quelli che noi possiamo svolgere rispetto alle competenze regionali, lo ha ricordato bene il garante, sono quelli legati alla sanità, che nel corso degli ultimi due anni ha subìto altrettante difficoltà legate all’emergenza pandemica, alla campagna vaccinale, alla gestione dei focolai anche particolarmente numerosi, e di nuovo mi corre l’obbligo di citare il carcere di Reggio Emilia, dove ad un certo punto, nell’ondata dell’inverno del 2021, ben 250 detenuti sono risultati positivi al Covid, come anche un numero anche consistente di personale penitenziario è altrettanto risultato contagiato. Per fortuna, la sanità regionale è intervenuta prontamente e ha saputo accompagnare quel momento particolarmente critico. Però, è chiaro che in quel frangente la detenzione delle persone si andava raddoppiando sia per quanto riguarda i detenuti stessi che per quanto riguarda il personale carcerario. Ha una competenza, dicevo, sulla sanità. Giustamente si ricordava più volte la necessità, anche per una gestione sanitaria corretta, di garantire il principio della residenza, che consente di intrattenere relazioni con il mondo da parte dei detenuti. Ha nelle sue competenze, la Regione, e sostanzia anche con risorse, programmi di intervento da parte delle organizzazioni di volontariato, del mondo della cooperazione sociale, del terzo settore all’interno delle carceri, proprio in supplenza di quella carenza educativa che la struttura carceraria manifesta e per la quale non si riesce a rispondere compiutamente.

Le strutture carcerarie non presentano solo problemi di sovraffollamento, ma presentano anche problemi di carattere strutturale. Diceva bene, l’ambiente insalubre delle carceri non consente non solo una cura appropriata, un benessere nei confronti delle persone, ma non permette anche di sviluppare attività anche lavorative all’interno delle carceri, che possono essere utili al reinserimento e, quindi, anche, come ricordava chi mi ha preceduto poco fa, a ridurre la percentuale di recidiva, che invece oggi si manifesta proprio per questa mancanza di opportunità lavorative, educative, di reinserimento delle persone.

Infine, per chiudere, anch’io voglio sottolineare il tema dei bambini galeotti come un elemento problematico sicuramente per il territorio emiliano-romagnolo, in generale per il sistema carcerario italiano. Abbiamo trattato in quest’aula, tramite un mio question-time e una serie di interventi all’interno di quest’Aula, delle sottolineature e delle attenzioni da porre a questo tema, perché un bambino in accompagnamento alla madre non debba mai transitare dal carcere nemmeno per 24 ore.

Fortunatamente i tempi di permanenza di questi minori sono molto limitati, anche grazie a una rete di avvocati e giudici che hanno a cuore questo tema, ma è strettamente necessario sollecitare il Governo perché quelle misure stanziate, quelle economie stanziate nell’ordine di 1,5 milioni di euro l’anno per tre anni a partire dal 2021 vengano effettivamente ripartite alle Regioni.

L’assessorato alle politiche sociali ha anche approfondito e ha instradato (lo ricordava bene il consigliere Mumolo) un approfondimento perché queste risorse, una volta arrivate, possano attivare a loro volta delle case famiglia protette presenti sul territorio, senza istituirne ex novo, ma cercando di individuare, nella ricchezza di strutture già presenti sul territorio regionale, quali possano essere le più idonee e sostenerne l’attività attraverso questi fondi.

Questi fondi, però, ancora non sono stati ripartiti a distanza di oltre un anno, e credo che il nostro impegno, dell’Assemblea così come della Giunta, sarà quello di trovare il modo di sollecitare nuovamente il Governo all’interno della condizione complicata che stiamo vivendo tutti, sia dal punto di vista delle emergenze sanitarie, sia dal punto di vista della situazione di guerra in cui l’Europa è coinvolta.

Credo che però per dignità dei bambini, che non possono imparare come prima parola "apri" anziché la parola "mamma", questi non debbano più transitare dalle carceri anche emiliano-romagnole. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Amico.

Consigliere Lisei, prego.

 

LISEI: Grazie, presidente.

Quando si parla di carceri, spesso ci si scorda che fanno parte della popolazione carceraria non soltanto i detenuti, ma anche gli agenti di polizia penitenziaria.

Gli agenti di polizia penitenziaria rappresentano una componente essenziale e fondamentale del nostro sistema. Spesso, rappresentano anche quell’anello che dovrebbe consentire, in qualche maniera, lo svolgimento di una vita ordinata all’interno delle carceri italiane. Personale qualificato, personale motivato, personale in numero sufficiente, personale che vive all’interno delle carceri in modo decoroso, credo che garantirebbe anche una migliore qualità del servizio che viene prestato, e una migliore qualità dei rapporti con i detenuti, oltre che una miglior qualità della vita dei detenuti all’interno delle carceri.

Quello che non ho sentito è un quadro più esaustivo della situazione esistente. Oggi, all’interno delle carceri italiane, come denunciato da tutti i sindacati di polizia penitenziaria, e non solo, c’è una vera e propria escalation di violenza, una situazione esplosiva che sta portando quasi al collasso delle carceri italiane.

I numeri dicono più di ogni altra cosa quello che sta accadendo all’interno delle carceri: le aggressioni al personale di polizia penitenziaria, che nel 2014 erano 387, sono diventate 837 nel 2020, quasi triplicate. Gli episodi di violenza, di minacce, di ingiurie, di oltraggi al personale di polizia penitenziaria e anche fra detenuti è passato da 319 casi nel 2014 a 3.577 nel 2020. Così come le aggressioni fra gli stessi detenuti, che sono aumentate dalle 2.039 nel 2014 a 3.500 nel 2020.

Così come abbiamo purtroppo assistito anche a casi di rivolta dei detenuti, purtroppo, e anche a casi sicuramente gravi che sono avvenuti nelle carceri italiane. Questo lo dico perché spesso si ignora che le carceri sono vissute non solo e soltanto dai detenuti, ma appunto anche da dei lavoratori che non soltanto prestano il loro servizio durante le ore di lavoro, ma che vivono anche all’interno di quelle carceri, perché molti di questi vivono e dormono all’interno degli istituti detentivi, all’interno dei cosiddetti “alloggi di servizio”, alloggi che sono dei veri e propri tuguri. Tra l’altro, di recente il DAP ha anche preteso che gli agenti di polizia penitenziaria pagassero dei contributi per questi tuguri nei quali vivono.

Mi soffermo in particolare su questo aspetto perché è un aspetto del quale nessuno ha parlato, perché è evidente che alcuni aspetti citati dai colleghi che mi hanno preceduto riguardanti problematiche dal punto di vista della popolazione carceraria e detentiva, quindi dei detenuti e dei ristretti, sono sicuramente meritevoli di attenzione, e ringrazio il garante per l’attività che ha svolto, ma credo che, se vogliamo fare un passo avanti, è vero che devono essere garantiti e ci deve essere un garante dei diritti detenuti, ma se si volesse fare un passo avanti davvero significativo, il garante dei diritti dei detenuti dovrebbe diventare anche garante dei diritti del personale che lavora all’interno delle carceri, il garante dei diritti non soltanto del personale di polizia penitenziaria, ma anche del personale amministrativo, perché anche le aggressioni nei confronti del personale amministrativo sono aumentate. Su questo si potrebbe dire tanto. Tra l’altro, sono state fatte anche delle analisi nazionali e, in particolare, la cosiddetta circolare che ha “aumentato” nel 2015 la possibilità per i detenuti di rimanere all’esterno delle proprie celle, aumentandoli fino a otto ore, non ha determinato e non sembra abbia determinato grandi benefìci, vedendo appunto i dati che ho citato sino a qua. Però, se noi vogliamo garantire – lo dico davvero con il cuore – che all’interno delle carceri avvenga una vita compatibile sia con le richieste che ci vengono dall’Europa, sia per abbattere in maniera significativa quell’alto tasso di criminalità che c’è tuttora all’interno delle carceri, bisogna anche riportare un quadro reale ed esaustivo di quello che sta accadendo. E oggi c’è una vera e propria emergenza all’interno delle carceri, un’emergenza violenza, che non viene in alcun modo affrontata. Viene affrontata unicamente con il richiamo al tema del sovraffollamento, che è sicuramente un tema esistente, dobbiamo anche dire che ci sono stati periodi ben peggiori di sovraffollamento rispetto a quelli attuali, ma bisogna anche dire e bisognerebbe anche ricordare che ad oggi il personale di Polizia penitenziaria è sotto organico, si stimano almeno circa 4.000 unità che mancano di personale, e questo, ovviamente, è stato aggravato dal Covid.

Bisogna giustamente citare la necessità e la completa assenza, come ha fatto qualche collega prima di me, del sistema nell’affrontare i problemi dei detenuti psichiatrici, e oggi il problema psichiatrico è enorme, soprattutto per quelle patologie che non sono inquadrabili nello stato d’infermità previsto dall’articolo 89, quindi totale, ma di minorata infermità.

C'è infatti una popolazione detenuta che ha aspetti psichiatrici che oggi sono molto più diffusi e si stanno diffondendo in maniera sempre più significativa nella società, come le patologie border, bipolari, patologie che non comportano la completa elisione della capacità di intendere e di volere, ma che purtroppo necessiterebbero di interventi significativi anche da parte dei servizi dei CSM competenti, che invece, purtroppo, per una carenza di organici di tipo sanitario, all’interno delle nostre strutture carcerarie, non vengono affrontate.

Questo spesso si ripercuote nella fenomenologia che ho poc’anzi citato, ovvero negli episodi di violenza e di rivolte che hanno sicuramente un aggravamento rispetto all’assenza di servizi per i detenuti. Oggi ci troviamo di fronte a una vera e propria emergenza e spero che anche l’attività del futuro Garante si focalizzi e cerchi di concentrarsi a 360 gradi sull’intera popolazione carceraria e quindi anche sulla Polizia penitenziaria, che oggi viene completamente ignorata, ma che rappresenta un tassello fondamentale all’interno del nostro sistema.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Lisei.

Altri in dibattito generale? Io non ho altri in dibattito generale. Consigliera Zamboni, prego.

 

ZAMBONI: Grazie, presidente.

Solo velocemente, perché ho ascoltato con grande attenzione l’intervento del consigliere Lisei e francamente sono rimasta abbastanza colpita da questo rovesciamento dei fronti, per cui sembra che i detenuti minacciati nelle carceri siano in realtà i poliziotti in forza alla Polizia carceraria.

Allora, che ci sia un sottodimensionamento di questo personale è fuori discussione; che la loro vita sia in un certo senso, anche quella, la vita dei carcerati, anche questo è fuori discussione. Però, le violenze che abbiamo visto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, è un po’ come il caso dell’Ucraina: era chiaro chi erano gli aggressori e gli aggrediti.

Quando quindi si parla di emergenza violenza nelle carceri, riterrei opportuno fare un quadro completo. Stefano Cucchi: non è stato ammazzato da dei detenuti, è stato ammazzato dentro a un carcere. Non perdiamo quindi la completezza del quadro, sennò non riusciremo mai ad arrivare alla soluzione dei problemi. Solo questo.

 

PRESIDENTE (Petitti): Altri interventi? Io non ho altri interventi in dibattito generale.

A questo punto, per delle rapide risposte, passo la parola al dottor Marighelli.

Prego.

 

MARIGHELLI, Garante regionale: Grazie.

Molto rapidamente, vi ringrazio per la profondità e ampiezza dei vostri interventi, che dimostrano un’attenzione importante alla questione sociale dell’esecuzione della pena in carcere.

Io voglio solo sottolineare, tentare di declinare rapidissimamente alcune parole chiave che ho sentito nei vostri interventi. Primo, il sovraffollamento: i numeri che sono stati esplicitati, che sono qui, nella relazione, non danno effettivamente conto della situazione. La situazione con il Covid non può essere rappresentata dai numeri. Le cautele per la prevenzione dei contagi richiedono che le persone, quando entrano in carcere, stiano in quarantena, oltre a tutta una serie di misure che hanno enormemente ridotto gli spazi detentivi. Le nostre cosiddette camere di pernottamento, quindi, che sono costruite per ospitare due o tre persone, con la presenza, all’interno di ogni carcere, di un consistente numero di persone che devono stare in cella singola, ha ridotto drammaticamente gli spazi.

Il sovraffollamento va anche collegato al tema della territorialità, perché la territorialità è un principio presente nell’ordinamento penitenziario da almeno cinquant’anni ed è scarsamente applicato. Anche la Commissione per l’innovazione e l’applicazione dell’ordinamento penitenziario, istituita dalla ministra Cartabia, ha posto tra i primi punti proprio il rispetto del principio della territorialità, perché indipendentemente dalla questione che si è risolta della residenza anagrafica un percorso di reinserimento sociale non può essere prodotto e realizzato in una situazione di sradicamento dal proprio contesto familiare, amicale o sociale.

Un’altra parola che mi ha colpito e che vorrei sottolineare è “dovere”. Certo, dovere. Quando, dopo la Seconda guerra mondiale, ci si predispose a costruire le carte costituzionali, ci fu chi propose di non sottolineare, di non impostare sui diritti, ma di impostare sui doveri, i doveri della Amministrazioni e dei Governi di rispettare i diritti dei cittadini. La Costituzione tedesca ha un articolo specifico sulla dignità e stabilisce semplicemente che tutte le Istituzioni hanno il dovere di rispettare la dignità delle persone. Bisogna, quindi, richiamare tutti noi stessi al compito che abbiamo, al dovere che abbiamo di rispettare la dignità delle persone, tutte.

Voglio anche sfatare il mito che la persona in carcere sia libera di comportarsi senza conseguenze, perché il venir meno ai doveri della vita detentiva e, quindi, subire un rapporto da parte dell’istituzione e del personale penitenziario porta alla conseguenza minima della perdita di quarantacinque giorni ogni sei mesi di sconto di pena. Quindi, per una persona che non si comporta bene in carcere le conseguenze sono piuttosto pesanti, anche con un risarcimento dei danni eventualmente provocati, che vengono trattenuti direttamente sulle cosiddette “mercedi” per il lavoro penitenziario.

La questione della violenza in carcere è presente, sicuramente, ed è all’attenzione. Purtroppo non abbiamo una presa di parola forte da parte dell’amministrazione penitenziaria. Noi conosciamo questo fenomeno più che altro attraverso le posizioni e le proposizioni che vengono dai sindacati di polizia penitenziaria.

Credo che il sindacato di Polizia penitenziaria stia facendo bene il proprio compito segnalando queste difficoltà e segnalando la carenza di personale, però dobbiamo sottolineare che, per quanto si possa aumentare il numero degli operatori penitenziari, è il modello organizzativo che non è capace di raccogliere la sfida della modernità e delle nuove esigenze della popolazione sottoposta all’esecuzione della pena.

Il personale educativo è stato sottoposto a una riduzione, non molti anni fa, drastica della dotazione organica, per cui oggi appare non così sottodimensionato come quello di Polizia penitenziaria, perché purtroppo è stata ridotta la dotazione organica sul presupposto che solo le persone con condanna definitiva possono essere oggetto di attività educativa, quando nei nostri istituti di pena gran parte delle persone è in custodia cautelare o comunque non in condanna definitiva.

Sul personale di Polizia penitenziaria gravano troppi compiti. Il modello custodiale dei nostri istituti di pena non è un modello moderno, non è un modello europeo. In altri Paesi la Polizia penitenziaria svolge un compito preminentemente di custodia, interviene a chiamata, ma il personale presente negli istituti penitenziari è prevalentemente personale educativo, operatori sociali, insegnanti, maestri di attività lavorative e di formazione professionale.

Noi oggi, invece, abbiamo una situazione completamente ribaltata, dove questo personale è assente o comunque minoritario e quindi sulla Polizia penitenziaria grava tutta la vita del carcere, quindi il rapporto con i detenuti quotidiano, continuo nel dare risposte. Anche il sistema per cui un detenuto, per poter accedere a un qualsiasi servizio, presenta una domanda scritta attraverso un operatore di Polizia penitenziaria, la cosiddetta “domandina”, ci dà il segno dell’arretratezza del modello organizzativo. Chiunque si sia occupato di questioni di personale, di risorse umane sa che è fallimentare non mettere mano a modelli organizzativi quando si registrano disfunzioni così importanti.

L’ultima questione è stata toccata dal consigliere Mumolo, quella dell’istituto penale minorile. Purtroppo, proprio in controtendenza rispetto alle esigenze e ai princìpi di ridotte dimensioni degli istituti e del principio di territorialità abbiamo presente nella nostra regione due realtà che sono tra quelle più grandi a livello nazionale. L’Istituto penale minorile di Bologna, con i suoi 50 posti sarà l’istituto minorile più grande del nostro Paese. Attualmente, non abbiamo ancora raggiunto i 50, ma siamo sicuramente oltre le 40 presenze. Basti pensare che l’Istituto penale minorile di Bologna sarà più grande di quello di Napoli, sarà più grande di quello di Torino, sarà più grande di tanti altri istituti. Questo comporterà lo sradicamento di minori dal proprio territorio, le difficoltà che ci sono state sempre segnalate da parte dei genitori per venire ai colloqui dalle proprie residenze fino a Bologna.

Stessa cosa vale per l’Articolazione tutela salute mentale di Reggio Emilia, ex OPG. All’interno della nostra regione, all’interno dell’istituto penale di Reggio Emilia, questa articolazione per la tutela della salute mentale è dimensionata come seconda a livello nazionale. Solo Barcellona Pozzo di Gotto ha una dimensione pari a quella di Reggio Emilia. La media dell’Articolazione di salute mentale è su 10-15 presenze. Noi a Reggio Emilia contiamo quasi 50 persone lì ospitate. Basterebbe visitare questa struttura e paragonarla con quello che era l’ospedale psichiatrico giudiziario, e ci potremo rendere conto che le differenze non sono poi così grandi. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie davvero, dottor Marighelli, per tutto.

A questo punto, con il suo intervento, abbiamo chiuso il punto in oggetto.

 

OGGETTO 4716

Relazione sull’attività svolta dal Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza nell’anno 2021 (ai sensi della L.R. 17 febbraio 2005 n. 9, art. 11)

(Discussione)

 

PRESIDENTE (Petitti): Passiamo adesso all’oggetto 4716: “Relazione sull’attività svolta dal garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza nell’anno 2021”.

La relazione i consiglieri l’hanno ricevuta. Chiedo se qualcuno vuole intervenire. Prego, consigliere Bergamini.

 

BERGAMINI: Buongiorno, presidente. Grazie.

Parlare oggi del tema dell’infanzia e dell’adolescenza dopo due anni di pandemia vuol dire aprire un vaso fatto di sofferenze latenti per giovani che hanno visto sfumare molte cose in questi anni fra restrizioni, didattica a distanza, mancate occasioni di incontro e socializzazione.

Dalla relazione che è stata diffusa dal garante dell’infanzia e dell’adolescenza, la dottoressa Clede Maria Garavini, emergono alcuni dati particolari indicativi in tal senso. La pandemia ha aumentato le disuguaglianze, creando nuove sacche di sofferenza e deprivazione sociale, le quali sappiamo essere l’humus nel quale crescono le problematiche di carattere psicologico. Si registrano a vari livelli forme di aggressività nei giovani, che vediamo spesso sovraesposte sui media, in particolar modo quando viene dato risalto a fenomeni di bullismo, oppure per i raduni in cui i giovani si trovano letteralmente per scatenare risse tra di loro. Vorrei anche ricordare, a tale proposito, la barbara aggressione alle giovani che si trovavano in piazza a Milano per festeggiare il Capodanno e che sono state molestate pesantemente.

Esiste, quindi, un problema ormai piuttosto diffuso e che attiene al fenomeno che in maniera semplicistica viene definito delle baby gang, un aspetto che anche in questo caso presenta mille sfaccettature, che si riscontrano nelle città o periferie di varie aree urbane del Paese. Anche in questo senso ci sono visioni contrastanti tra coloro che ci dicono che negli ultimi venti anni i dati non mostrano l’esistenza di una reale emergenza baby gang ed altri dati recenti, diffusi dall’Osservatorio nazionale adolescenza, che indicano, invece, come su 7.000 ragazzi intervistati il 6,5 per cento abbia dichiarato di fare parte di una delle numerose gang, la cui azione si concentra sugli atti di vandalismo nel 16 per cento dei casi, danni al patrimonio pubblico e privato, aggressione ai loro coetanei, persino furti e rapine, fenomeni di spaccio e addirittura stupri. Anche la nostra regione, purtroppo, non è esente da scorribande da parte di gruppi di giovani violenti, gruppi nei quali i giovani, appunto, vivono in maniera patologica la loro appartenenza alle bande, all’interno delle quali provano una sorta di onnipotenza nella loro condotta antisociale.

Per quanto riguarda il nostro contesto regionale, poi, registriamo casi di disturbi del comportamento alimentare e anche di autolesionismo, che sembrano decisamente più marcati nei giovani che provengono da famiglie con minori possibilità, forme di fragilità economica e sociale, minori occasioni di stimolazione culturale, fattori che evidentemente sono stati corresponsabili anche di condizioni di svantaggio nell’educazione di questi ragazzi durante i mesi difficili del Covid-19.

Un altro aspetto che ho trovato estremamente interessante nel Rapporto è la ricerca svolta dal Garante assieme al Corecom, che ringrazio, che ha inteso approfondire il tema del bullismo. A poche settimane dalla Giornata mondiale contro il cyber bullismo, constatiamo di essere di fronte a un fenomeno in preoccupante crescita, si stima oggi che 1 giovane su 2 l’abbia purtroppo sperimentato almeno una volta in chiave personale, un problema che riguarda moltissime persone e che viene vissuto, anche in questo caso, lontano dagli sguardi disattenti di molti genitori, che arrivano a sospettare qualcosa soltanto quando la situazione è già particolarmente grave.

Il lavoro che è stato fatto è sotto molti aspetti apprezzabile, con incontri e confronti a vari livelli con tutti gli attori sociali del sistema. Ci sarebbero alcuni aspetti da approfondire in merito a tutor volontari per i minori non accompagnati, ad esempio, ma preferisco utilizzare il tempo rimastomi per parlare invece del programma di intervento per la prevenzione dell’istituzionalizzazione dei minori, cosa molto importante, quei comportamenti che sono mirati verso le cosiddette "famiglie negligenti", al fine di ridurre i rischi di maltrattamenti infantili ed il conseguente allontanamento dei bambini e ragazzi dal loro nucleo familiare.

Questo aspetto non può che farci tornare alla mente purtroppo quanto accaduto a Bibbiano, al fatto che forse ci si è affidati in maniera acritica a fonti di informazioni che erano direttamente coinvolte nella vicenda e che, per queste ragioni, non potevano risultare obiettive. Le forme di controllo in tal senso potevano essere più efficaci e meriterebbero forse una fase di autocritica.

Ci sarebbe piaciuto anche avere qualche informazione aggiuntiva in merito ai casi di maltrattamenti da parte di adolescenti difficili nei confronti dei loro genitori, che è un altro aspetto misconosciuto dai più, del quale sentiamo al massimo parlare in appendice a qualche convegno dedicato al codice rosso e agli aspetti giudiziari di questo problema.

Resta impietoso, purtroppo, il numero di giovani presi in carico dei servizi sociali in Italia, 400.000 casi in 196 Comuni presi a campione, secondo le ultime rilevazioni utili del 2018.

Concludo dicendo che alcuni anni fa il professor Claudio Baraldi parlava di una Città dei bambini, immaginando una realtà in cui si andasse a stimolare la partecipazione attiva, in particolare dei più giovani, chiedendo loro quale città vedessero e immaginassero, superando barriere, riscoprendo il valore degli spazi pubblici, rimuovendo anche forme di degrado pesanti.

Sarebbe forse utile, qualche volta, utilizzare le informazioni che possono fornirci i nostri giovani, che spesso sono in grado di scorgere dettagli che gli adulti, nella frenesia e nell’abitudine di pensiero della loro quotidianità, forse vedono meno.

Grazie dell’attenzione.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Bergamini.

Consigliera Stragliati, prego.

 

STRAGLIATI: Grazie, presidente.

La relazione del Garante dell’infanzia e dell’adolescenza evidenzia chiaramente come l’emergenza Coronavirus, per quanto concerne il disagio giovanile, ha esacerbato problematiche di tipo psicologico preesistenti, come ad esempio la dispersione scolastica.

Inoltre, vengono evidenziati i dati relativi all’aumento delle diagnosi, nel 2021, nei minori, di discontrollo degli impulsi, autolesività, disturbi del comportamento alimentare, oltre a un aumento dei ricoveri di minori per scompensi di tipo psichiatrico.

Sicuramente è uno scenario poco incoraggiante. Del resto, è purtroppo noto che durante l’emergenza sanitaria i giovani abbiano pagato un prezzo altissimo per l’interruzione forzata delle relazioni interpersonali, la didattica a distanza e tutta una serie di privazioni che hanno sconvolto la loro esistenza e la loro vita di relazione.

Per cui, questa relazione deve stimolare e incentivare tutte le Istituzioni affinché vi sia un’attenzione sempre maggiore al mondo dell’infanzia e dell’adolescenza. Soprattutto è importante ascoltare i minori, non dobbiamo voltarci dall’altra parte quando i minori manifestano il loro disagio e le loro problematiche.

Mi fa molto piacere che nella relazione del Garante, la dottoressa Clede Garavini, nel capitolo “Fragilità sociali ed eventi sentinella” è stata inserita una sintesi della ricerca per l’analisi e l’approfondimento del fenomeno del cyberbullismo, alla quale l’Istituto di garanzia ha collaborato con il Corecom nell’intento di evidenziarne le caratteristiche, la diffusione nella popolazione adolescenziale dell’Emilia-Romagna, i contesti e il coinvolgimento di vari soggetti. Ciò al fine di mettere in atto risposte il più possibile appropriate, a partire dalla predisposizione di una legge regionale.

Noi, come Gruppo Lega abbiamo depositato un progetto di legge dedicato ai fenomeni di bullismo e cyberbullismo, al fine di prevenire e contrastare queste problematiche e supportare i giovani nella gestione del disagio. I giovani, ma anche tutto il mondo che ruota attorno ai giovani, quindi la famiglia, che riteniamo sia l’istituzione più importante in quanto le famiglie non devono mai essere lasciate sole nella gestione del disagio giovanile, oltre alle istituzioni scolastiche, quindi al supporto ai dirigenti scolastici e ai docenti, che spesso si trovano spiazzati e si sentono soli nella gestione di problematiche di disagio giovanile, ma anche a tutte quelle che vengono definite le “agenzie educative”, come le società sportive, gli oratori e tutto l’universo che ruota attorno ai giovani.

Riteniamo che questo sia un progetto meritevole d’attenzione, infatti ringrazio la presidente della V Commissione, Francesca Marchetti, il progetto di legge andrà in V Commissione a fine mese, e riteniamo che sia davvero una proposta concreta per dare un segnale. La nostra Regione è un’Istituzione importante, è una Regione che, per quanto riguarda l’infanzia e l’adolescenza, vanta una tradizione sicuramente importante, quindi questa proposta riteniamo che possa essere accoglibile, una proposta di buon senso, che va a porre il focus su problematiche che riguardano i giovani, che purtroppo già erano presenti ancora prima della pandemia e poi durante la pandemia si sono acuite.

Esprimo, quindi, soddisfazione in quanto nella relazione del garante dell’infanzia viene citata la necessità, anche da parte del Corecom, di trovare una fattispecie normativa a livello regionale che possa andare in questa direzione. Noi ci abbiamo pensato e sommessamente abbiamo avanzato delle proposte che tengano in considerazione il supporto sia ai bulli, quindi agli autori di reato, che alle vittime tramite percorsi e progetti indirizzati ai giovani nelle scuole, quindi nelle classi, in gergo viene definito in un “ambiente di tipo ecologico”, intercettando direttamente i giovani con interventi sia individuali sia sul gruppo classe. Proponiamo progettualità di corsi di formazione per i docenti e supporto alle famiglie, ai dirigenti scolastici e alle società sportive. Quindi, davvero riteniamo che questa sia una proposta concreta e accoglibile.

Speravo di trovare nella relazione della garante anche un riferimento rispetto ai collocamenti dei minori in strutture comunitarie, siano esse di tipo educativo o di tipo terapeutico. A tal proposito, ritengo che sia fondamentale intervenire con iniziative concrete per scongiurare il più possibile i collocamenti dei minori in ambiente comunitario, che implicano inevitabilmente un allontanamento dei minori dalle loro famiglie.

Il collocamento di un minore in ambito comunitario deve rappresentare l’extrema ratio, deve essere l’ultima possibilità, ovviamente, in alcuni casi di grave pregiudizio, ciò è inevitabile, quando i minori sono sottoposti a situazioni di abuso o di gravi maltrattamenti intra familiari, ma fortunatamente al giorno d’oggi i supporti alle famiglie da parte dei servizi sociali sono tanti e sono concreti, quindi spesso è possibile scongiurare questo tipo di azione.

Per fare ciò, è fondamentale però intervenire con interventi e azioni sul territorio tramite l’educativa domiciliare, quella che viene definita in gergo ADM, e la frequenza dei minori di centri diurni in orario extrascolastico, oltre a tutta una serie di azioni che vedono coinvolte le famiglie e gli adulti di riferimento dei minori che manifestano situazioni di disagio.

Questi interventi hanno un costo che è totalmente a carico dei Comuni e vorrei evidenziare che, per quanto riguarda i Comuni di dimensioni più piccole, questi costi spesso diventano insostenibili, per cui tutte le Istituzioni dovrebbero farsi carico di sostenere e supportare i Comuni nella gestione di progettualità che vadano a supportare le famiglie con minori problematici, al fine di scongiurare il più possibile i collocamenti in ambito comunitario.

Come diceva il collega Bergamini, purtroppo nella nostra Regione abbiamo assistito a una situazione molto grave che ha riguardato il Comune di Bibbiano, dove venivano garantiti collocamenti semplici in ambiente comunitario, quindi allontanamenti facili dei minori dalle proprie famiglie. Per scongiurare questo tipo di situazioni, oltre ai controlli, come è già stato detto, è importante agire sull’ambito familiare, anziché allontanare il minore dalla famiglia bisogna supportare la famiglia e il minore con azioni che siano sul territorio.

Questa è una sfida importante che bisogna cogliere e - ripeto - per fare ciò è fondamentale che i Comuni vengano supportati il più possibile anche dal punto di vista economico, oltre a coinvolgere in maniera attiva in una rete educativa tutte le agenzie che si occupano dei minori.

Mi avvio alla conclusione perché il mio tempo sta per finire, però auspicavo un riferimento nella relazione del Garante rispetto a questa problematica, che è una problematica che riguarda tutti i Comuni, sia quelli di più piccole dimensioni che i Comuni più grandi, e ritengo che questo sia un ragionamento che vada avviato e che ci deve vedere tutti protagonisti in maniera unitaria.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Stragliati. Altri in dibattito generale?

Consigliere Facci, prego.

 

FACCI: Grazie, presidente.

Io credo che oggi l’ex Garante dell’infanzia abbia perso un’occasione: l’occasione di contribuire a fare un po’ di chiarezza sulle ampie opacità di questi cinque anni di mandato. Cinque anni di mandato che non possono essere liquidati con questa breve relazione che ci è stata consegnata, tra l’altro, una relazione che si riferisce al 2021. Quantomeno, il Garante per i detenuti ha fornito una relazione molto sintetica, naturalmente, ma non poteva essere diversamente, sul mandato complessivo quinquennale.

Dico che ha perso un’occasione perché le grandi opacità che sono state evidenziate in questi anni sono sotto gli occhi di tutti. I miei colleghi, Stragliati e Bergamini, le hanno richiamate. Non possiamo dimenticare, e anche qui capisco che ci sia una volontà di dimenticare in fretta, quello che è successo a Bibbiano, significativo di un sistema che non poteva funzionare, che è arrivato all’esasperazione, le cui criticità, le cui gravi problematiche sono state messe in evidenza, era un sistema che quindi necessariamente doveva trovare dei correttivi.

E chi meglio del Garante per l’infanzia avrebbe potuto sfruttare la propria posizione, comunque apicale, viste le competenze riconosciutele dalla legge regionale n. 9 del 2005?

Tra l’altro, se noi vogliamo andare a prendere anche la relazione conclusiva della Commissione di inchiesta regionale sugli affidi, tra l’altro relazione di maggioranza, chiamiamola così, perché vorrei ricordare che le opposizioni non la condivisero, ma anche volendo prendere quella relazione c’è un passaggio in cui si proponeva all’Assemblea legislativa di valutare l’opportunità di riesaminare le prerogative del garante della Regione Emilia-Romagna, in particolare – sto leggendo – “rendendo più chiaro e cogente il significato delle raccomandazioni inerenti ai singoli casi e rafforzandone il coinvolgimento nei casi critici segnalati all’interno del sistema socio-sanitario e giudiziario del territorio emiliano-romagnolo, e analoga raccomandazione di indirizzo alla Giunta e all’Assemblea perché si facciano promotrici di iniziativa nell’ambito delle proprie rispettive competenze a livello nazionale”.

Da questi banchi, tra l’altro, è stata presentata, nei mesi scorsi, una serie di atti ispettivi in cui sono stati riportati in maniera chiara dei fatti denunciati da privati che si erano rivolti al garante per chiedere sostanzialmente un supporto, un ausilio su situazioni specifiche e che dal garante non hanno avuto risposta. Addirittura – anche questo è stato oggetto di un nostro atto ispettivo alla Giunta – in sede di audizione nella Commissione parlamentare sugli affidi la PM Salvi, audita dalla Commissione, ha riferito che nell’ambito delle indagini giudiziarie la presente garante le riferì che, sì, aveva ricevuto segnalazioni di casi che poi sono finiti al centro dell’inchiesta giudiziaria, ma che sostanzialmente li aveva rimandati ai servizi sociali, chiaramente non capendone la gravità.

Senza entrare in un processo al garante, che non voglio fare, anche se chiaramente devo evidenziare l’assoluta negligenza su alcuni aspetti, è evidente che questa legge regionale sul garante non funziona. Non funziona. Ha bisogno di correttivi. Funziona sicuramente su alcuni aspetti, ma ha bisogno di correttivi. Tant’è che, per esempio, ci aspettavamo – lo ha ricordato bene la collega Stragliati – che sulla disposizione di legge nazionale, nello specifico la legge n. 184/1983 “Diritto del minore ad una famiglia” – vorrei ricordare il titolo della legge, “Diritto del minore ad una famiglia” –, ci sia poco o nulla nell’ambito dell’attività diretta ad acquisire i dati in maniera precisa e in maniera completa.

Il Garante nella relazione, a pagina 26, in un passaggio fa riferimento per esempio al programma PIPPI, che non è il programma Pippi Calzelunghe, ma il Programma di intervento per la prevenzione dell’istituzionalizzazione, che dovrebbero essere le attività finalizzate a impedire che i minori finiscano fuori famiglia. Questo coordinamento è stato fatto da questa attività, è recentissimo, quindi non conosciamo quali siano stati i dati finali di questo programma, anche perché durante la Commissione d’inchiesta che abbiamo fatto nel 2019 era emersa una disfunzione su questo sistema, non si conoscono i dati, la Regione non riesce a sapere esattamente, perché ogni territorio ragiona a se stante e non abbiamo i dati collegati in maniera precisa per poter determinare degli interventi.

La Regione non conosce i dati (lo ha messo nero su bianco in una risposta a una nostra interrogazione) di quante sono le risorse pubbliche che vengono impiegate per il sostegno alle famiglie nell’ambito delle disposizioni della legge n. 184 del 1983, sappiamo solo quanto ci costano le case famiglie e quanto ci costano le comunità, non sappiamo quale sia la spesa per impedire che quelle problematiche vengano esasperate e impedire che il minore finisca istituzionalizzato.

La Regione non li conosce, perché dice che è competenza degli Enti locali singoli. Certo, però ci dovrebbe essere qualcuno che controlla il problema a livello superiore e dice quale correttivo debba essere adottato? Questo è un vulnus, perché chi, meglio del Garante, dovrebbe avere la possibilità di intervenire e regolamentare, oltre naturalmente a noi che siamo legislatori regionali?

Visto che discutiamo l’attività del Garante e dobbiamo dare anche un giudizio a cinque anni di questo Garante, io dico che questo giudizio è ampiamente insufficiente. Vorrei ricordare che il Garante, siccome cita Bibbiano in un passaggio in questa relazione del 2021, perché è stato fatto un intervento sull’elaborazione del trauma collettivo generato nella nostra comunità dai fatti di Bibbiano, nella nostra comunità, un trauma collettivo.

Vorrei ricordare che lo stesso Garante, che oggi dice questo, a ottobre 2018 partecipò a Bibbiano al convegno, presso  il famoso Centro La Cura, “Rinascere dal trauma: il progetto La Cura”.

Abbiamo avuto quindi un Garante che non ha capito qual era esattamente il sistema che si stava muovendo, e oggi viene a fare una relazione, ovviamente cercando di edulcorare, anzi, di nascondere il più possibile da questa relazione quello che è successo, ma non ci dice neanche, perché non lo hanno fatto, quali sono state le progettualità messe in campo per rimediare a quelle problematiche, per fare in modo che Bibbiano non accada più. Questa è una colpa.

Questa, a mio avviso, è una grave lacuna. Torneremo sul punto. Lo ricordava la collega Stragliati, che cito per l’ennesima volta. Abbiamo un progetto di legge per fare in modo che venga evitato l’allontanamento dalle famiglie dei minori. L’allontanamento deve essere l’eccezione; abbiamo visto che invece in molti contesti quella era la regola.

Un Garante, allora, che non è in grado di capire che l’eccezione non può diventare regola è un Garante che non ha fatto bene il proprio lavoro.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Facci.

Altri che vogliono intervenire sul tema? Consigliera Marchetti, prego.

 

MARCHETTI Francesca: Grazie, presidente. Guardavo l’orario, chiedo scusa.

Credo che la relazione annuale rappresenti un momento importante per condividere con l’Assemblea l’attività del Garante. Dispiace non vedere la Garante Garavini, con la quale c’è stato un lavoro, io credo, importante. Non siamo qui a dar le pagelle, e nemmeno a fare processi. Siamo qui, io credo, a individuare quali siano le sfide attuali e le prospettive future per la tutela e il benessere dell’infanzia e dell’adolescenza.

Se dovessi trovare due parole chiave che accompagnano e hanno accompagnato il lavoro e il percorso non solo del 2021, ma di questi anni, direi che ci vengono consegnate due questioni importanti: la prima è quella dell’ascolto; la seconda quella della partecipazione.

Perché dico l’ascolto? Perché nel 2020 e in tutto il 2021, lo dicevano già i colleghi, siamo stati travolti dall’emergenza del Covid, e credo che l’impatto che questo ha avuto sui bambini e le bambine, sugli adolescenti e le adolescenti sia un’emergenza silenziosa, a cui dobbiamo cercare di dare voce soprattutto nelle azioni e nelle politiche che, come per tutte quelle che hanno un impatto economico e sociale, anche quelle dell’infanzia e dell’adolescenza necessitano una ridefinizione. Ecco, io credo che il diritto all’ascolto, quindi, assuma nella fase storica attuale una particolare importanza.

Venivano sottolineate alcune questioni rispetto alla relazione della garante, io ci metto per prima il tema della povertà. Diversi sono i dati, le relazioni, gli studi anche rispetto alla popolazione degli adolescenti e dei bambini della nostra regione che ci dicono come in questi due anni le povertà si siano aggravate e le disuguaglianze si siano accentuate, con significativi riflessi sull’attuazione dei diritti, ma anche della socialità, delle attività, degli stili di vita.

Voglio ricordare che proprio ieri parlavamo di come molti bambini non pratichino più sport, di come ci sia una urgenza per ridefinire le questioni legate all’aumento dei tempi trascorsi davanti al computer, al tablet, a modalità relazionali che hanno portato i bambini e gli adolescenti a chiudersi.

L’acquisizione, quindi, delle competenze cognitive e sociali degli apprendimenti è stata segnata dai cambiamenti avvenuti in questa nuova fase segnata dal virus, e credo che la dispersione scolastica, che è aumentata ed ha amplificato anche il rischio di abbandono di un percorso intrapreso, come anche ha promosso Save the Children, dove la nostra Regione non rimane sicuramente esclusa, richiedono un’azione politica e un’azione di interventi nuova. Ecco perché credo che, accanto ad alcuni elementi che venivano citati, in primis il disagio psicologico, che ha portato molti bambini e ragazzi anche ad avere atteggiamenti autolesionistici che ha portato a disturbi del comportamento, disturbi dell’alimentazione, che ha aumentato l’accesso ai Pronto Soccorso.

Credo che questo, insieme alla scuola, ci debba porre degli interrogativi, e proverò a rappresentare una nuova riflessione di comunità che a mio avviso le Istituzioni devono guidare, al netto dei dati. Ricordiamo l'importante ricerca sulla povertà che c’è in questa Regione svolta con l’ANCI e il richiamo della necessità di ridefinire anche i servizi territoriali e un nuovo rapporto con la scuola, che credo dovrà accompagnare le azioni dei prossimi mesi, come credo gli assessorati stessi abbiano preso coscienza.

Non so e lo chiedo per accompagnare e dare un contributo alla riflessione che la collega Stragliati poneva rispetto alla questione di bullismo, cyber bullismo, baby-gang, tutti i dati che anche i tavoli prefettizi ci riportano alla ribalta, così come tutti gli eventi di cronaca che possiamo leggere, non so se basti una legge regionale, me lo chiedo. Credo che quello che distingue l’Emilia-Romagna e le politiche dedicate all’infanzia e all’adolescenza richieda sicuramente una nuova definizione di quello che io voglio chiamare un patto socio-educativo di comunità nuovo, perché solo attraverso il rafforzamento delle risposte di prevenzione dei servizi territoriali di coinvolgere i ragazzi stessi nella definizione di un progetto nuovo, comune, che tenga conto dei nuovi bisogni, credo che sia una riflessione da fare, che non si può ridurre a pensare a un dispositivo di legge che risolve questi problemi. Lo pongo come interrogativo.

Credo invece che su quei dati che il Garante ci ha fornito nel Rapporto che ci è stato illustrato anche nei lavori delle Commissioni ci sia invece bisogno di prendere tempo per riflettere e studiare questi bisogni emergenti. Non sono più sufficienti probabilmente le politiche che abbiamo messo in campo finora, perché credo che ci voglia anche una nuova formazione di tutti gli attori e i soggetti coinvolti, che sono di fronte a dei nuovi bisogni emergenti dei ragazzi, quindi anche quel rafforzare il coordinamento dei processi complessivi educativi, di socializzazione e di politiche integrate, credo che possa essere la strada.

Accanto all’ascolto, ogni tanto richiamando il diritto all’ascolto, quindi tutti questi segnali di disagio che sono stati conseguenti agli anni che abbiamo vissuto, l’altra questione importante da mettere però in evidenza nella relazione credo sia anche il tema della partecipazione. Credo che coinvolgere i ragazzi nella definizione di realizzazione del progetto della costituzione dell’Assemblea delle ragazze e dei ragazzi sia stato un lavoro importante per decidere e ascoltare con loro quelle che sono le necessità, quello che vivono.

Credo infatti che spesso noi adulti ci sostituiamo anche nel dare le risposte ai loro bisogni. Questo strumento che è stato messo in campo, nonostante la pandemia – ricordiamo che sono partiti degli incontri on line – credo sia uno strumento da mettere a valore, anche per riprendere quel senso di appartenenza, di relazione e di condivisione e per superare sicuramente i limiti relazionali che l’epidemia che ci lasciamo alle spalle ha portato.

Concludo proprio sulla questione delle relazioni. Credo che l’emergenza, lo dicevo in apertura, abbia inciso in modo significativo sulla vita e sul benessere di bambini e ragazzi, costretti a stare nelle abitazioni, spesso senza la scuola, senza contatti sociali. Queste limitazioni credo che ci debbano fare interrogare in particolare riguardo ai bambini più fragili, alle disabilità, su come dar loro nuove opportunità educative e relazionali. Credo che sia di buon auspicio anche quel lavoro che si sta facendo con il Governo nazionale rispetto al tema –  non mi piace l’espressione ma è per capirci – dei ristori educativi. A fronte di problematiche, di segnali di disagio, di impoverimento culturale ed educativo, cioè, credo che mettere in rete la necessità di dare opportunità, che non significa sostegni economici, ma la possibilità a chi non le ha di riprendere e riattivare una rete sociale e di spazi in cui possono sperimentare di nuovo una sorta di normalità acquisisca un valore fondamentale, in particolare questa fase.

Io credo che a partire da questa relazione e dai lavori di questi cinque anni dobbiamo affrontare le sfide del futuro con bisogni nuovi ed emergenti, per i quali nessuno ha la ricetta, ma che credo solo riattivando la comunità educante istituzionale, dagli oratori alle parrocchie, all’Ufficio scolastico regionale, a tutta la rete informale, anche organizzata, penso alle attività sportive, alle attività culturali, questa Regione possa davvero riuscire a dare una risposta anche a quelle criticità e a quegli effetti, che ancora non riusciamo a misurare, dovuti alla pandemia. Credo che sia un grande lavoro, che deve coinvolgere tutti, senza pregiudizi, senza ricette, ma solo con l’obiettivo di creare delle condizioni che possano migliorare il benessere psicofisico dell’infanzia e dell’adolescenza.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Marchetti.

Consigliere Amico, prego.

 

AMICO: Grazie, presidente.

Io vorrei partire, anche qui, con il ringraziamento alla garante dell’infanzia. Mi dispiace non possa essere qui in aula questa mattina. Credo che, così come abbiamo ascoltato il garante dei detenuti poc’anzi, l’approdo in aula della relazione annuale a compimento del mandato avrebbe dato lustro e risalto al lavoro che, nel corso degli anni, e non solo nell’ultimo, gli istituti di garanzia della Regione Emilia-Romagna hanno portato avanti in termini di approfondimento, di azione e di qualità del lavoro nel caso specifico per l’infanzia e l’adolescenza.

Vorrei partire facendo riferimento a Carlo Pagliarini, che è stato il fondatore di Arciragazzi, ma che è stato anche partigiano, quando diceva che i bambini e le bambine sono coloro che ci annunciano il futuro e che questo futuro possa essere costruito in primo luogo anche con il loro contributo, quindi non solo esclusivamente dal mondo degli adulti, ma con il loro contributo. In questo senso, nell’interlocuzione con la garante dell’infanzia, ma anche nel lavoro che abbiamo sviluppato nel corso dei mesi congiuntamente alla Commissione V e alla presidente Marchetti, abbiamo osservato anche gli approfondimenti che la garante dell’infanzia ha condotto nell’analisi della povertà e della povertà educativa, abbiamo anche apprezzato la proposta dell’istituzione dell’Assemblea dei ragazzi e delle ragazze nella nostra sede, perché, contrariamente a quello che possiamo pensare ordinariamente, io sono profondamente convinto che il futuro nostro, ma il futuro soprattutto delle bambine, dei bambini, delle ragazze e dei ragazzi debba e possa essere costruito con il loro contributo in prima persona proprio per una loro capacità di lettura di oggetti e argomenti che a noi adulti possono sfuggire, e, poiché noi dobbiamo consegnare loro questo mondo e questa società, non possiamo fare a meno di coinvolgerli.

In questo senso credo che l’Assemblea dei ragazzi e delle ragazze possa essere uno strumento utile, così come credo che gli approfondimenti che l’Ufficio del Garante ha condotto nel corso degli anni abbiano dato materia di riflessione all’Assemblea, alle Commissioni e al nostro lavoro di consiglieri regionali.

Credo che questi lavori, queste relazioni, questi impegni che gli uffici hanno assunto trasmettano la necessità di leggere con organicità tutto ciò che riguarda l’infanzia e l’adolescenza, quindi non segmentare esclusivamente degli aspetti dal punto di vista sanitario, dal punto di vista educativo, dal punto di vista ricreativo, ma cercare di tenere e leggere, così come noi cerchiamo di tenere e leggere complessivamente l’individuo, l'infanzia e l’adolescenza come una sorta di unicum, un complesso di interventi e di attività su cui concentrare i nostri sforzi.

Io credo che anche l’impianto legislativo della Regione Emilia-Romagna, così come le attività legate al piano dell’adolescenza, che la Regione promuove e sul quale investe importanti risorse per animare il territorio attraverso gli Enti locali e i soggetti associativi, i soggetti ecclesiastici, sia uno strumento attraverso cui la Regione riesce a intervenire capillarmente sul territorio e a dare delle risposte ai ragazzi e alle ragazze, credo che sia una delle attività più importanti che questa Regione può svolgere, e che la relazione con l’Ufficio di garanzia, che può avere anche un osservatorio più approfondito di quelle che sono le questioni, aiuti a indirizzare queste risorse, questi interventi.

Citava bene la consigliera Marchetti, prima, che quando ieri abbiamo inteso approvare la Carta etica dello sport, abbiamo fatto riferimento in particolare ad uno sport di base, diffuso, che coinvolge molti adolescenti e molti bambini, e che quindi costituisce un tassello di quelli che possono essere gli interventi per una piena crescita individuale in quella fascia d’età.

Gli istituti di garanzia presso la Regione, anche nel raccordo con i loro riferimenti superiori – penso in questo caso al Garante nazionale dell’infanzia, così come esiste il Garante nazionale dei detenuti – credo costituiscano tasselli importanti per dare una lettura di quelle che saranno e che devono essere le scelte politiche da svolgere anche sul territorio romagnolo.

Io intendo le funzioni di garanzia non strettamente da un punto di vista procedurale, non strettamente da un punto di vista legale, perché esistono i tribunali dei minori, esistono i tribunali, esistono organismi statuali preposti. Io penso che gli strumenti di garanzia di cui noi ci siamo dotati ci debbano servire a leggere maggiormente i fenomeni delle carceri, così come per quanto riguarda l’infanzia e l’adolescenza.

La nostra Regione ha sviluppato nel corso degli anni una sensibilità sull’educazione, una capacità anche di sostenere una pedagogia molto forte, non solo per quanto riguarda l’età dell’obbligo, ma io penso anche per la fascia 0-6, con tutta l’attività imponente che le nostre Amministrazioni comunali, col supporto della Regione mettono in campo per garantire l’accesso a un’educazione di qualità fin dalla prima età.

Ricordo il provvedimento di iniziare a introdurre la lingua inglese all’interno delle nostre scuole dell’infanzia come elemento positivo. Io credo che lo strumento di garanzia dell’infanzia, collocato in Regione ci debba servire a cogliere questi aspetti dal punto di vista educativo e non ad intervenire nell’ambito di quelli che sono i provvedimenti giudiziari che hanno un loro iter e dei luoghi deputati per essere svolti.

Certo, ci deve servire per migliorare quelle che possono essere le nostre azioni, i nostri interventi, e anche leggere le mutazioni, anche quelle digitali, però io credo all’interno di un quadro organico di interventi, proprio perché non vanno segmentate le questioni, ma vanno tenute insieme. È ovvio che è più complesso, è più difficile, richiede maggiore attenzione, richiede maggior sforzo, richiede maggiore competenza per leggere tutti quanti gli aspetti, però credo che anche quello che ci consegna questa relazione vada sostanzialmente in questa direzione e non possa prescindere dall’intervento non solo legislativo, ma di quelle che sono le attività che si svolgono sul territorio da parte degli Enti locali.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Amico.

Non ho altre richieste di intervento. A questo punto chiudiamo il dibattito generale e, dunque, chiudiamo l’argomento.

 

OGGETTO 4031

Risoluzione per impegnare la Giunta ad attivarsi presso il Governo e l’Unione Europea affinché si ponga termine alle violenze in corso nella regione Araucanìa del Cile meridionale, si tutelino la minoranza italiana e, in particolare, le comunità emiliano-romagnole che vi sono residenti e vengano adottate le misure necessarie per il ripristino della convivenza civile e del dialogo interculturale. (A firma dei consiglieri Fabbri, Mori, Costa, Daffadà, Zappaterra, Caliandro, Pillati, Rontini, Sabattini, Montalti, Tarasconi, Mumolo

(Discussione e approvazione)

 

PRESIDENTE (Petitti): Passiamo all’oggetto successivo, passiamo alle risoluzioni.

Oggetto 4031: risoluzione che impegna la Giunta ad attivarsi presso il Governo e l’Unione europea affinché si ponga termine alle violenze in corso nella regione del Cile meridionale, si tutelino la minoranza italiana e, in particolare, le comunità emiliano-romagnole che vi sono residenti e vengano adottate le misure necessarie per il ripristino della convivenza civile e del dialogo interculturale.

La risoluzione è a firma del consigliere Fabbri ed altri e su questo documento insiste anche una proposta di emendamento, che è sempre a firma del consigliere Fabbri.

Apriamo a questo punto il dibattito generale. Chi si iscrive a parlare? Consigliere Gerace, prego. Non la sentiamo, consigliere Gerace.

 

GERACE: Presidente, io non ho chiesto la parola. La ringrazio.

 

PRESIDENTE (Petitti): Va bene. Perfetto.

Chiedo, a questo punto, se qualcuno si iscrive a parlare. Passo la parola al consigliere Fabbri. Prego, consigliere.

 

FABBRI: Grazie, presidente. Di nuovo buongiorno a tutti. Ho avuto un problema informatico.

È una risoluzione di qualche mese fa, ma che ancora conserva alcuni elementi che oggi andrò a evidenziare nel dettaglio. Riguarda un Paese, il Cile, in cui è in atto una profonda riforma anche costituzionale, e a due anni dalla rivolta cilena si è registrata una serie di eventi, che hanno avuto delle ricadute anche sulla nostra comunità emiliano-romagnola, che è presente in quel Paese.

Abbiamo avuto in questi mesi, insieme alla collega vicepresidente Valentina Stragliati, diversi contatti, diversi incontri con tutta la comunità emiliano-romagnola all’estero e, tra le tante problematiche che si sono registrate, legate a questo episodio e alla gestione più in generale dell’emergenza pandemica, ci tenevamo a portare all’attenzione dell’Aula quello che è un tema molto sentito, che riguarda il Governo cileno e il cosiddetto "conflitto Mapuche", ma più in generale anche la nostra comunità.

Sono oltre 3.700 gli emiliano-romagnoli che risiedono stabilmente in Cile (questo è un dato AIRE, quindi sicuramente ci sono anche ulteriori cittadini che sfuggono) e un numero di italiani (sempre dato AIRE) che supera i 60.000. In Cile abbiamo ben 11 associazioni di emiliano-romagnoli, che sono molto attive nella provincia della Araucanía, ma più in generale in tutto quel territorio.

Come ricordavo prima, due anni fa è partita questa grossa rivolta, che poi ha avuto ulteriori sviluppi, tra cui sicuramente l’apertura al lavoro di questa Carta costituzionale, dove, per la prima volta, i popoli del Cile si sono seduti tutti al tavolo per lavorare in condizioni di uguaglianza, in condizioni di orizzontalità. In tutto questo anche i nostri cittadini hanno un ruolo fondamentale, perché ci sono diverse realtà. C’è anche una città simbolo, quella di Capitan Pastene, che fu ribattezzata proprio “La nuova Italia” e che fu frutto dell’accordo tra Governo cileno, la società Fratelli Ricci e il Governo italiano per realizzare ex novo questa città con opere di urbanizzazione, una vera e propria città emiliano-romagnola all’interno del Cile, dove inizialmente questo primo gruppo di coloni che era proveniente dai comuni, in particolare, di Zocca, Pavullo e altri, quindi del modenese, aveva curato la realizzazione di questa città in accordo anche, diciamo così, con i popoli che vivono quelle zone, a partire dai Mapuche, che sono un popolo che ha oltre 3.000 anni di storia e che, rispetto all’istituzione dello Stato cileno, che ne ha poco più di 200, da sempre vive su quei territori.

Queste dinamiche che io oggi ho cercato di sintetizzare al massimo, che hanno visto quindi attualmente al lavoro proprio per la revisione della Carta costituzionale, dove i Mapuche, ma anche altri popoli indigeni chiedono un giusto riconoscimento della loro presenza sul territorio, hanno, però, collateralmente, portato delle minoranze mapuche a realizzare fatti ed episodi molto gravi che hanno colpito in maniera indiretta anche i nostri concittadini emiliano-romagnoli che vivono in quel territorio.

Non è, ripeto, dal punto di vista delle violenze, un pericolo, una situazione critica immediata per i civili e per i nostri corregionali, ma soprattutto le aziende che sfruttano il legname e che quindi lavorano il legname – quelle zone sono particolarmente produttive per questo – sono state prese d’assalto con incendi e danneggiamenti, che hanno portato anche lo Stato cileno a decretare uno stato di emergenza, un pattugliamento e un controllo del territorio molto serrato.

Questi episodi hanno colpito tutte queste comunità, io ho citato Capitan Pastene perché, tra le altre cose, anche nella passata legislatura è stato oggetto anche di iniziative organizzate anche direttamente dalla Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo in loco. A Capitan Pastene, per intenderci, c’è una comunità di oltre 2.000 abitanti in quell’area che sono stati colpiti da queste scorribande, che negli ultimi mesi sicuramente rispetto a quando è stata depositata questa risoluzione hanno visto un ridimensionamento di quel fenomeno. Ci sono state, nel frattempo, anche le elezioni cilene, l’11 marzo prossimo ci sarà anche l’insediamento ufficiale del nuovo Governo, i lavori relativi alla Carta costituzionale stanno proseguendo, quindi anche questo negoziato allargato.

Ci sembrava, dunque, quanto mai opportuno, a seguito di questi numerosi attentati che sono stati realizzati nei confronti delle fabbriche e indirettamente anche dei lavoratori della cittadina, non solo esprimere la solidarietà, ma anche far emergere quello che sta accadendo, che in questo momento e anche in questi mesi anche sui nostri media nazionali ha trovato poca attenzione. Quindi, quello che chiediamo è di impegnarci, e lo stiamo anche facendo congiuntamente a tutta la struttura della Consulta, in un’attività di supporto e di ascolto, ma anche di avviare tutte quelle iniziative, sollecitando anche il Governo e l’Unione europea, che in questo momento naturalmente è impegnata su altri fronti ben più complessi, a favorire iniziative di dialogo di tutte quelle comunità che sono presenti su quel territorio. È un atto doveroso nei confronti dei tanti emiliano-romagnoli che vivono in quel Paese, ma che vivono anche in giro per il mondo.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Fabbri.

Altri in dibattito generale?

Io non ho nessuno in dibattito generale.

Sull’emendamento vuole intervenire qualcuno? Nessuno anche sull’emendamento.

A questo punto, dichiarazioni di voto congiunte sulla risoluzione e sull’emendamento.

Consigliera Stragliati, non si preoccupi, le diamo comunque la parola. Non riesce ad accendere.

 

STRAGLIATI: Grazie, presidente.

Anticipo il voto favorevole del Gruppo Lega sia alla risoluzione che all’emendamento a prima firma del consigliere Marco Fabbri, presidente della Consulta degli emiliano-romagnoli all’estero.

In qualità di vicepresidente, appoggio totalmente questa importante risoluzione, ieri abbiamo approvato all’unanimità una risoluzione dedicata al conflitto ucraino e anche questa è molto importante in quanto non vi devono essere in assoluto conflitti, persecuzioni, prevaricazioni in nessuna parte del mondo.

Come diceva bene il consigliere Fabbri, purtroppo a questo conflitto non è stata dedicata la giusta attenzione, ma ci sono tanti nostri corregionali che vivono in Cile, che purtroppo stanno vivendo una situazione molto difficile e molto dolorosa. Le nostre 11 associazioni emiliano-romagnole in Cile sono molto attive e io ho potuto verificare, in questi due anni di mandato come vice presidente della Consulta, il grande attaccamento che i nostri corregionali hanno nei confronti della nostra Regione, si sono ben integrati nei Paesi in cui si sono trasferiti e insediati e io lo dico sempre non per richiedere quello che in Italia viene definito Reddito di cittadinanza, ma sono andati all’estero per cercare un futuro migliore in anni passati, e adesso anche con la nuova emigrazione, ma vanno per lavorare all’estero, hanno portato e continuano a portare la nostra cultura, il nostro know how, la voglia di fare.

Gli emiliano-romagnoli sono persone perbene, gente che ha voglia di lavorare, gente che ha voglia di fare, che ha voglia di integrarsi anche nei Paesi in cui scelgono di trasferirsi, a differenza di tante persone che vengono in Italia e che pretendono di essere completamente assistite. Per cui, pieno appoggio a questa risoluzione. Ringrazio il presidente Fabbri e tutta la struttura della Consulta, tutto il nostro staff, per l’ottimo lavoro svolto.

Un pensiero particolare va alle nostre comunità di emiliano-romagnoli all’estero, in particolare quelle perseguitate in Cile. Il nostro lavoro non deve fermarsi. Queste sono persone che con noi condividono l’attaccamento alla nostra bella terra, alla nostra cultura, alle nostre tradizioni. Per cui, l’impegno corale da parte della Regione e dell’Assemblea legislativa è assolutamente fondamentale e non deve mai venire meno.

Per cui, rinnovo il nostro voto favorevole sia alla risoluzione che all’emendamento. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Stragliati.

Altri in dichiarazioni di voto congiunte? Io non ho nessuno in dichiarazione di voto. A questo punto passiamo alla votazione dell’emendamento.

Emendamento a firma del consigliere Fabbri.

Dichiaro aperta la votazione.

Dichiaro chiusa la votazione.

 

Votanti 37

Favorevoli 36

 

È approvato.

 

Mettiamo adesso in votazione la risoluzione 4031, a firma del consigliere Fabbri e altri.

Dichiaro aperta la votazione.

Dichiaro chiusa la votazione.

 

Votanti 42

Favorevoli 42

 

È approvata.

 

La risoluzione è approvata.

Colleghi, sono le ore 12,58, per cui dichiaro chiusa la seduta antimeridiana.

Ci vediamo alle ore 14,30 e proseguiamo con le risoluzioni che sono all’ordine del giorno.

Grazie a tutti.

La seduta è tolta.

 

La seduta ha termine alle ore 12,58

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Federico Alessandro AMICO, Michele BARCAIUOLO; Stefano BARGI; Fabio BERGAMINI, Gianni BESSI, Stefania BONDAVALLI, Massimo BULBI, Stefano CALIANDRO, Valentina CASTALDINI, Maura CATELLANI, Andrea COSTA, Palma COSTI, Matteo DAFFADÀ, Gabriele DELMONTE, Marco FABBRI, Michele FACCI, Pasquale GERACE, Giulia GIBERTONI, Marco LISEI, Andrea LIVERANI, Francesca MALETTI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Marco MASTACCHI, Lia MONTALTI, Matteo MONTEVECCHI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Emiliano OCCHI, Giuseppe PARUOLO, Simone PELLONI, Emma PETITTI, Silvia PICCININI, Giulia PIGONI, Marilena PILLATI, Massimiliano POMPIGNOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Ottavia SONCINI, Valentina STRAGLIATI, Giancarlo TAGLIAFERRI, Katia TARASCONI, Igor TARUFFI, Silvia ZAMBONI, Marcella ZAPPATERRA.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il Presidente della Giunta Stefano Bonaccini;

il sottosegretario alla Presidenza Davide BARUFFI;

gli assessori Paolo CALVANO, Andrea CORSINI, Mauro FELICORI, Alessio MAMMI, Elena SCHLEIN.

Hanno comunicato di non poter partecipare gli assessori Raffaele DONINI e Barbara LORI.

 

Ha inoltre partecipato alla seduta il Garante regionale uscente delle persone sottoposte a misure restrittive o limitative della libertà personale, Marcello Marighelli.

 

Votazioni elettroniche

 

OGGETTO 4704

Proposta d'iniziativa Giunta recante: "Integrazione dell'atto di indirizzo 2021 - 2023 relativo alla legge regionale n. 5/2018 per il programma speciale di investimento dedicato alla cultura sportiva, all'impiantistica e alle attività del tempo libero". (74)

 

Titolo: 4704 - Proposta (Integrazione atto di indirizzo 2021-2023 - Programma speciale di investimento dedicato alla cultura sportiva)

 

Presenti al voto:41

Favorevoli/Si:30

Astenuti:10

Non votanti: 1

Assenti: 9

 

Favorevoli/Si

Amico Federico Alessandro; Bondavalli Stefania; Bulbi Massimo; Caliandro Stefano; Castaldini Valentina; Costa Andrea; Costi Palma; Daffadà Matteo; Fabbri Marco; Gerace Pasquale; Maletti Francesca; Marchetti Francesca; Mastacchi Marco; Montalti Lia; Mori Roberta; Mumolo Antonio; Paruolo Giuseppe; Piccinini Silvia; Pigoni Giulia; Pillati Marilena; Rontini Manuela; Rossi Nadia; Sabattini Luca; Soncini Ottavia; Tarasconi Katia; Taruffi Igor; Zamboni Silvia; Zappaterra Marcella; Bessi Gianni; Felicori Mauro

 

Astenuti

Bergamini Fabio; Delmonte Gabriele; Facci Michele; Lisei Marco; Liverani Andrea; Montevecchi Matteo; Occhi Emiliano; Pelloni Simone; Rancan Matteo; Stragliati Valentina

 

Non votanti

Petitti Emma

 

Assenti

Barcaiuolo Michele; Bargi Stefano; Bonaccini Stefano; Catellani Maura; Gibertoni Giulia; Marchetti Daniele; Pompignoli Massimiliano; Rainieri Fabio; Tagliaferri Giancarlo

 

OGGETTO 4031

Risoluzione per impegnare la Giunta ad attivarsi presso il Governo e l'Unione Europea affinché si ponga termine alle violenze in corso nella regione Araucanìa del Cile meridionale, si tutelino la minoranza italiana e, in particolare, le comunità emiliano-romagnole che vi sono residenti e vengano adottate le misure necessarie per il ripristino della convivenza civile e del dialogo interculturale. A firma dei Consiglieri: Fabbri, Mori, Costa, Daffada', Zappaterra, Caliandro, Pillati, Rontini, Sabattini, Montalti, Tarasconi, Mumolo

 

Titolo: 4031 - EM. 1 (a firma cons. Fabbri)

 

Presenti al voto:38

Favorevoli/Si:36

Non votanti:2

Assenti:12

 

Favorevoli/Si

Amico Federico Alessandro; Bargi Stefano; Bessi Gianni; Bonaccini Stefano; Bondavalli Stefania; Bulbi Massimo; Caliandro Stefano; Castaldini Valentina; Costa Andrea; Costi Palma; Daffadà Matteo; Fabbri Marco; Facci Michele; Felicori Mauro; Gerace Pasquale; Liverani Andrea; Maletti Francesca; Marchetti Daniele; Marchetti Francesca; Mastacchi Marco; Montalti Lia; Mori Roberta; Paruolo Giuseppe; Pelloni Simone; Pigoni Giulia; Pillati Marilena; Pompignoli Massimiliano; Rontini Manuela; Rossi Nadia; Sabattini Luca; Stragliati Valentina; Tagliaferri Giancarlo; Tarasconi Katia; Taruffi Igor; Zamboni Silvia; Zappaterra Marcella

 

Non votanti

Soncini Ottavia; Petitti Emma;

 

Assenti

Barcaiuolo Michele; Bergamini Fabio; Catellani Maura; Delmonte Gabriele; Gibertoni Giulia; Lisei Marco; Montevecchi Matteo; Mumolo Antonio; Occhi Emiliano; Piccinini Silvia; Rainieri Fabio; Rancan Matteo

 

Titolo: 4031 - risoluzione cons. Fabbri e altri (violenze nella regione Araucanìa del Cile meridionale)

 

Presenti al voto:43

Favorevoli/Si:42

Non votanti:1

Assenti:7

 

Favorevoli/Si

Amico Federico Alessandro; Bargi Stefano; Bergamini Fabio; Bessi Gianni; Bonaccini Stefano; Bondavalli Stefania; Bulbi Massimo; Caliandro Stefano; Castaldini Valentina; Catellani Maura; Costa Andrea; Costi Palma; Daffadà Matteo; Fabbri Marco; Facci Michele; Felicori Mauro; Gerace Pasquale; Liverani Andrea; Maletti Francesca; Marchetti Daniele; Marchetti Francesca; Mastacchi Marco; Montalti Lia; Mori Roberta; Mumolo Antonio; Occhi Emiliano; Paruolo Giuseppe; Pelloni Simone; Piccinini Silvia; Pigoni Giulia; Pillati Marilena; Pompignoli Massimiliano; Rontini Manuela; Rossi Nadia; Sabattini Luca; Soncini Ottavia; Stragliati Valentina; Tagliaferri Giancarlo; Tarasconi Katia; Taruffi Igor; Zamboni Silvia; Zappaterra Marcella

 

Non votanti

Petitti Emma;

 

Assenti

Barcaiuolo Michele; Delmonte Gabriele; Gibertoni Giulia; Lisei Marco; Montevecchi Matteo; Rainieri Fabio; Rancan Matteo

Emendamento

OGGETTO 4031

Risoluzione per impegnare la Giunta ad attivarsi presso il Governo e l'Unione Europea affinché si ponga termine alle violenze in corso nella regione Araucanìa del Cile meridionale, si tutelino la minoranza italiana e, in particolare, le comunità emiliano-romagnole che vi sono residenti e vengano adottate le misure necessarie per il ripristino della convivenza civile e del dialogo interculturale. A firma dei Consiglieri: Fabbri, Mori, Costa, Daffadà, Zappaterra, Caliandro, Pillati, Rontini, Sabattini, Montalti, Tarasconi, Mumolo

 

Emendamento 1, a firma del consigliere Fabbri

«Il terzo punto dell'impegna la Giunta è sostituito dal seguente:

"A farsi interprete presso il Governo e l’Unione Europea dell'invito al Governo cileno ad avviare iniziative di dialogo con tutte le comunità presenti sul territorio finalizzate al ripristino di una civile convivenza e al dialogo interculturale".»

(Approvato)

 

 

 

 

 

LA PRESIDENTE

 

I SEGRETARI

Petitti

Bergamini - Montalti

 

 

Espandi Indice