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193.

 

SEDUTA DI MARTEDÌ 28 FEBBRAIO 2023

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ZAMBONI

 

INDI DELLA PRESIDENTE PETITTI

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile nel sito dell’Assemblea

 

OGGETTO 5992

Interpellanza in merito all'apertura a Bologna della Tabooteca, spazio pubblico che si pone l'obiettivo di sfatare i tabù e spiegare la sessualità ai più piccoli attraverso il gioco. A firma della Consigliera: Castaldini

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Zamboni)

CASTALDINI (FI)

LORI, assessora

CASTALDINI (FI)

 

OGGETTO 6211

Interpellanza sulla possibilità di implementare le attività a supporto del calendario faunistico-venatorio, in collaborazione con le associazioni dei cacciatori e gli ATC. A firma dei Consiglieri: Bargi, Delmonte, Pompignoli, Montevecchi, Occhi, Liverani, Rainieri, Catellani, Rancan, Facci

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Zamboni)

BARGI (Lega)

MAMMI, assessore

BARGI (Lega)

 

OGGETTO 6260

Interpellanza circa l'emanazione di disposizioni specifiche per la detenzione dei cani da parte dei privati, in adempimento dell'art. 4, comma 2 bis, della Legge regionale n. 5 del 2005 sul benessere animale. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Zamboni)

GIBERTONI (Misto)

DONINI, assessore

GIBERTONI (Misto)

 

OGGETTO 6492

Comunicazione della Giunta sulla situazione di accoglienza migranti in Emilia-Romagna, con particolare riferimento ai recenti sbarchi avvenuti nel porto di Ravenna.

(Continuazione discussione e conclusioni)

(Risoluzione 6492/1 – oggetto 6522 Presentazione)

PRESIDENTE (Zamboni)

EVANGELISTI (FdI)

BESSI (PD)

PRESIDENTE (Petitti)

PIGONI (BP)

MUMOLO (PD)

ZAMBONI (EV)

AMICO (ERCEP)

PRESIDENTE (Zamboni)

MALETTI (PD)

ZAPPATERRA (PD)

CUOGHI (FdI)

PELLONI (Lega)

PRESIDENTE (Zamboni)

BONACCINI, Presidente della Giunta

CASTALDINI (FI)

ZAPPATERRA (PD)

DELMONTE (Lega)

PRESIDENTE (Zamboni)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

 

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ZAMBONI

 

La seduta ha inizio alle ore 14,46

 

PRESIDENTE (Zamboni): Dichiaro aperta la seduta pomeridiana n. 193 del 28 febbraio 2023.

È computato come presente, ai soli fini del numero legale, ai sensi dell’articolo 65, comma 2 del Regolamento interno, il presidente della Giunta Stefano Bonaccini, assente per motivi istituzionali.

Ha giustificato la propria assenza l’assessore Corsini.

 

Svolgimento di interpellanze

 

PRESIDENTE (Zamboni): Riprendiamo i lavori dallo svolgimento delle interpellanze.

 

OGGETTO 5992

Interpellanza in merito all’apertura a Bologna della Tabooteca, spazio pubblico che si pone l’obiettivo di sfatare i tabù e spiegare la sessualità ai più piccoli attraverso il gioco. A firma della Consigliera: Castaldini

 

PRESIDENTE (Zamboni): La prima interpellanza è la 5992, interpellanza in merito all’apertura a Bologna della Tabooteca, spazio pubblico che si pone l’obiettivo di sfatare i tabù e spiegare la sessualità ai più piccoli attraverso il gioco, a firma della consigliera Castaldini, che ha la parola per illustrarla.

 

CASTALDINI: Oggi provo a porre una questione, e ho riflettuto molto se porla o meno, che riguarda la sfera intima dei bambini.

Cerco, tento di iniziare un dialogo e spero che questo dialogo poi possa in un certo senso arrivare a una risposta pertinente con la finalità di questa Tobooteca.

Partiamo dai fatti. A novembre dello scorso anno è stata aperta a Bologna la Tabooteca, un luogo nel quale sono a disposizione oggetti e giochi per educare alla sessualità, come è scritto sul sito internet, da 0 e 99 anni.

Il materiale a disposizione è di vario genere. Cito Elena Lolli, coordinatrice della Tabooteca. Si va da Frida, un peluche di stoffa che ha la forma delle parti intime per insegnare alle bambine fin dall’asilo come sono fatte, al libro pop-up per la materna dove appunto spiega altrettanto le parti intime, al gioco da tavolo Lobbies del quale nella descrizione troviamo scritto “occupa una villa e organizzaci dentro un rave, allestisci un sex party al Teatro comunale”. Tutto il materiale a disposizione non viene prestato direttamente ai bambini e adolescenti, ma viene concesso gratuitamente a chi si occupa di educazione sessuale. Su questo io vorrei attirare l’attenzione.

Nel portale è presente anche un questionario dal titolo “Ti occupi di educazione sessuale? Cerchiamo delle risposte” che si pone l’obiettivo di conoscere chi, quanto e come si occupa di educazione sessuale. Ho aperto il questionario e tra le classiche domande come la regione di residenza, l’età, la cosa che mi ha stupito è che chi si occupa di educazione sessuale non deve avere una laurea, una formazione specifica, può avere anche solo una licenza media, non deve per forza essere un insegnante, una psicologa o un’ostetrica, ma può essere formatore sessuale o divulgatore, con un termine che io, onestamente, assessore, non comprendo. Che cos’è il formatore sessuale e divulgatore? Perché, in questo caso, può lavorare da solo, non deve far parte di nessun ente o associazione, che abbiamo conosciuto nel tempo, e può organizzare attività in case private e si occupa di pratiche sessuali. Lo dico tra virgolette, così come ci è stato citato.

Da qui vorrei chiedere, dato che il progetto di apertura della Tabooteca è stato valutato, approvato e finanziato dalla Regione Emilia-Romagna, quanto sia stato erogato per questo specifico progetto e se non creda che l’educazione sessuale ed affettiva, soprattutto rivolta a bambini, adolescenti e minori, sia da svolgere esclusivamente o almeno coordinata da parte di personale in possesso di un adeguato percorso formativo, di un titolo di studio e della capacità di avere anche un linguaggio adeguato rispetto all’età e anche rispetto al fine. Qua non si tratta di tabù, ma si tratta veramente di superficialità e approssimazione.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Risponde l’assessore Lori.

 

LORI, assessora: Grazie, presidente.

In merito all’interpellanza appena illustrata dalla consigliera Castaldini, che riguarda l’apertura e il finanziamento regionale della Tabooteca a Bologna, fornisco le seguenti informazioni, insieme a qualche considerazione.

La Tabooteca, intanto, costituisce una delle azioni che compongono un più vasto e articolato progetto dal titolo “E.lette. La lettura aumentata per un Safe Space intersezionale e itinerante” che si propone di contrastare le diseguaglianze di genere, di identità e anche di orientamento sessuale. Il progetto a cui l’azione fa capo è stato presentato dall’Associazione Orlando, che è una storica associazione di Bologna, credo nota a molti dei presenti, ed è stato finanziato dalla Regione Emilia-Romagna attraverso gli esiti, che sono riportati nella delibera di Giunta regionale n. 673/2021, che restituisce, naturalmente, la graduatoria relativa ad un bando rivolto alla promozione e al conseguimento delle pari opportunità, al contrasto alla discriminazione e alla violenza di genere per le annualità 2021-2022. È un bando che, naturalmente, trova il suo riferimento nella legge n. 6 approvata nel 2014.

Il contributo complessivo, che è stato riconosciuto a cofinanziamento di questo progetto, è pari a 20.000 euro. La Tabooteca non è ‒ a quanto è stato valutato dalla Commissione tecnica, che ha analizzato i vari progetti candidati a questo bando ‒ un progetto a sé stante, come dicevo, ma una delle azioni del più ampio progetto “E.lette” che mira al contrasto alla violenza, agli stereotipi di genere, rispetto al quale la messa a disposizione di strumenti didattici di educazione all’affettività e alla sessualità rappresenta solo una delle linee di intervento.

Nel merito, questa specificazione si realizza con un servizio di prestito di strumenti editoriali e materiali didattici rivolti esclusivamente a persone adulte, offerto gratuitamente a supporto di educatrici, formatrici e insegnanti, in vista di attività da svolgere per percorsi educativi, sanitari e anche culturali sui temi del benessere sessuale e affettivo.

È dunque rilevante evidenziare la coerenza dei contenuti del progetto con le indicazioni derivanti da organismi internazionali quali il Consiglio d’Europa, l’Organizzazione mondiale della sanità, l’Unesco, che sottolineano in vari passaggi l’importanza di una corretta educazione sessuale rivolta anche ai bimbi e agli adolescenti, tesa ad apprendere gli aspetti cognitivi, emotivi, sociali, relazionali e fisici della sessualità, per migliorare la capacità di intrattenere relazioni sicure e gratificanti, comportandosi responsabilmente rispetto a salute e benessere sessuale propri e altrui, mira a dotare bambini e bambine, ragazzi e ragazze di conoscenze e competenze, atteggiamenti e valori che li metteranno in grado di realizzarsi nel rispetto della loro salute, del loro benessere, della loro dignità, e di sviluppare relazioni sociali e sessuali basate sul rispetto. Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): La parola alla consigliera Castaldini per la replica.

 

CASTALDINI: Ho fatto una premessa proprio perché ero terrorizzata dalla risposta, perché io credo che anche su questo aspetto ci voglia molta prudenza linguistica e ci voglia anche un sano realismo.

Visto che io credo che la realtà sia molto più testarda di ogni nostra idea o anche di suggerimenti di quello che dovrebbe essere un progetto e quello che poi si rivela nel tempo, sarebbe interessante capire come l’associazione abbia raccolto i dati, cioè chi si interfaccia con questa Tabooteca, quali siano stati dati raccolti, e credo che a tutti i consiglieri possa profondamente interessare qual è l’esito di questo lavoro.

Il punto è che se lei, come descrive, ha in mente di superare questioni profonde di disagio femminile o tabù che ci possono essere o discriminazioni, io credo che il nostro compito fondamentale sia quello di verificare che gli strumenti siano adeguati, perché quello che ho descritto, penso in maniera gentile ed elegante, stona a lei, stona a me, stona a tutti i presenti in quest’aula, perché il punto è se sono efficaci o meno. Io temo di no, temo di no, temo che il gioco da tavolo di come andare a occupare e come divertirsi con un rave party nel Teatro comunale sia usare male le cose per lo scopo che hanno.

Io capisco e ho il terrore di dire questa cosa, ma seguendo anche la dinamica di queste primarie ho capito che ci sono certe priorità rispetto ad altre. Io vorrei, anche in forza di questi temi, che le nostre priorità siano sempre più chiare: la priorità rispetto ai diritti, la priorità rispetto all’ambiente sono priorità sacrosante, ma vi chiedo di non dimenticarne altre, come la formazione delle persone che vanno a parlare, ad esempio, all’interno delle scuole, con i bambini, quindi la formazione e la proprietà di linguaggio e anche il modo con cui si comunica ai bambini, agli adolescenti e anche agli adulti.

Vi chiedo di pensare alla priorità di tante altre persone che hanno i diritti di fare determinate cose, certamente, e come farle e con che strumenti farle.

Vi chiedo di ricominciare a parlarne, lo diceva oggi Colla in uno straordinario convegno che è stato fatto, dico “straordinario” perché quel tema è fondamentale, sulla natalità e altri e tanti temi. Aiutateci ad andare oltre alle cose che stiamo sentendo, le stesse da circa vent’anni. Grazie.

 

OGGETTO 6211

Interpellanza sulla possibilità di implementare le attività a supporto del calendario faunistico-venatorio, in collaborazione con le associazioni dei cacciatori e gli ATC. A firma dei Consiglieri: Bargi, Delmonte, Pompignoli, Montevecchi, Occhi, Liverani, Rainieri, Catellani, Rancan, Facci

 

PRESIDENTE (Zamboni): Passiamo all’interpellanza 6211: interpellanza sulla possibilità di implementare le attività a supporto del calendario faunistico-venatorio, in collaborazione con le associazioni dei cacciatori e gli ATC, a firma dei consiglieri Bargi ed altri.

È acceso. Riproviamo. Rileggo: interpellanza sulla possibilità di implementare le attività a supporto del calendario faunistico-venatorio, in collaborazione con le associazioni dei cacciatori e gli ATC. L’interpellanza è a firma dei consiglieri Bargi ed altri.

La parola al consigliere Bargi per l’illustrazione.

 

BARGI: Grazie, presidente.

Il tema è già noto all’aula, è già stato affrontato con altri strumenti, in particolare ricordo qualche question time che però non hanno consentito un intervento esaustivo, soprattutto su quelle che saranno le scelte future che per noi sono la cosa più importante.

Fondamentalmente, nel momento in cui si va a modificare una sorta di contratto fatto con uno spaccato della nostra Regione... Tra l’altro uno spaccato importante, perché anche oggi sulla stampa modenese, ad esempio, emerge come la preoccupazione legata in particolare alla proliferazione del cinghiale e alla diffusione della peste suina richieda un intervento di un certo tipo, cosa che va in contrasto con l’andazzo della nostra Regione, che vede, invece, il calo costante dei cacciatori e anche l’aumento dell’età di coloro che ancora portano avanti questa professione; di conseguenza, le difficoltà legate a compiere quello che è il loro scopo. Scopo che, evidentemente, ci serve quando ci serve. Quando non ci serve, sono brutti e cattivi. C’è un po’ questa immagine sulla quale bisognerebbe andare un attimino a sfoltire.

Venendo allo specifico, la modifica del calendario venatorio che si è avuta in particolare nel mese appena terminato, di gennaio, dovuta a una serie di proteste provenienti dal mondo delle associazioni animaliste, che sono sfociate, poi, nel ricorso al TAR dell’Emilia-Romagna, che ad oggi non si è pronunciato... Dico “TAR dell’Emilia-Romagna” perché in altre Regioni il TAR si è pronunciato, dando tendenzialmente, spesso e volentieri, ragione alle Regioni. Tipo nella vicina Toscana. Fortunatamente, nel loro caso si è espresso in fretta. Il nostro evidentemente ancora non si è espresso, salvo per quanto riguarda la richiesta di intervenire sul calendario venatorio, la sospensiva richiesta dalle associazioni, per la quale il TAR aveva dato diniego, ma il ricorso in Consiglio di Stato ha dato un parere favorevole.

Questo è il motivo per cui parliamo principalmente dei turdidi e della beccaccia. Sono stati ridotti i giorni di caccia nel mese di gennaio, portandoli al 31.12. Cosa fa da fondamento alle richieste delle associazioni animaliste? Sono i cosiddetti “key concepts” europei, ripresi, poi, dall’ISPRA, il cui giudizio ‒ continuo a dire ‒ non è vincolante, ma evidentemente rischia di diventarlo nel momento in cui la Regione non è in grado di fornire giustificazioni rispetto ai giorni che inserisce nel suo calendario venatorio. Su questo in particolare volge il question time. Altre Regioni come hanno fatto a tutelarsi andando oltre quelli che sono i giorni che per ovvia natura sono generici? L’Europa, così come l’ISPRA, utilizza date generiche. Come fai a dimostrare che da te le cose sono diverse? Anche perché il tema, soprattutto quando si parla, in questo caso, di uccelli, è la migrazione nuziale per il prosieguo della specie nei periodi in cui si deve fermare, ovviamente, la caccia. Come fai a dimostrare che questo periodo è diverso?

Altre Regioni, ho già citato la Toscana prima e la recito adesso, utilizzano il cane da ferma ultimi, utilizzano l’analisi del piumaggio.

Con questi elementi del tutto in linea con le linee guida dell’ISPRA a supporto dei propri calendari venatori, riescono nella maniera più corretta a dimostrare che il proprio calendario venatorio ha un suo senso e di conseguenza viene difeso da questa azione messa in campo dalla Regione, di concerto, spesso e volentieri, con le squadre di caccia, gli ATC e le associazioni venatorie.

Abbiamo l'esempio di questa collaborazione con l'Università di Milano, in particolare della Regione Lombardia, che punta a mettere il GPS sulle beccacce per andare a tracciarne i movimenti, quindi ha un ulteriore supporto.

Ho usato le parole "a difesa del calendario venatorio" perché questo è l'altro tema su cui verte l’interpellanza, cioè se la Regione decide di intraprendere una strada, sarebbe bello veder crederci di più, perché è bastato che il Consiglio di Stato desse parere favorevole alla sospensiva, tra l’altro senza immediata eseguibilità, che la Regione il giorno dopo va a mettere mano al calendario venatorio, quasi temendo di essere in difetto.

Io non vorrei che a questo temere di essere in difetto fosse sotteso proprio il fatto di non avere creato le garanzie a tutela di quella che è la propria scelta.

Diciamo in apertura che il mondo venatorio ha già i suoi limiti sui quali, se non vogliamo agire in termini anche di costo sempre maggiori per poter fare la pratica venatoria, le richieste sempre maggiori di intervenire, perché abbiamo lasciato forse troppo andare la fauna selvatica e oggi dobbiamo correre ai ripari, il fatto che venga tolta loro una parte di lavoro con la difesa verso gli agricoltori che ha un suo perché, ma dall’altro lato crea un buco nel mondo della caccia, con tutte queste difficoltà, se anche noi non riusciamo a garantire loro i giorni in cui possono cacciare, capite bene che diventa molto complicato.

Se infatti pago per poter cacciare e, stando a un calendario venatorio, ho determinati giorni, in corso d'opera mi viene modificato, in via di principio questo per me è sempre sbagliato, qualunque sia l’argomento di cui si tratta, dalla caccia all’urbanistica, se tu cambi le regole che hai dato è un problema.

Quello che noi vogliamo chiedere utilizzando lo strumento dell’interpellanza è cosa si vuol fare in futuro, per il prossimo e per i futuri calendari venatori, vogliamo attuare delle misure di difesa di questo calendario oppure lasciamo che possa essere facilmente aggredito? Grazie.

PRESIDENTE (Zamboni): La parola all’assessore Mammi per la risposta.

 

MAMMI, assessore: Grazie, presidente. Grazie, consigliere.

Per quanto riguarda il calendario venatorio, come ho già avuto modo di dire qualche settimana fa, noi pensiamo di avere costruito un calendario venatorio corretto da tutti i punti di vista, dal punto di vista giuridico, dal punto di vista tecnico, dal punto di vista scientifico e ambientale, rispettoso dei key concepts, delle norme nazionali, delle norme comunitarie e non è solo un pensiero della Regione, ma è stata anche una valutazione in primo grado di un Tribunale amministrativo; valutazione che poi, in secondo grado, in Consiglio di Stato è stata cambiata. Come giustamente lei, consigliere, ha richiamato e richiama anche nell’interpellanza, ci ha chiesto di sospendere il calendario venatorio e quindi noi abbiamo dovuto adeguarci.

La decisione di modificare il calendario venatorio innanzitutto non è stata fatta subito dopo la sentenza, l’ordinanza del Consiglio di Stato, è stata fatta per quanto riguarda le giornate di chiusura diverse settimane dopo, prima del periodo entro il quale si sapeva che si sarebbe dovuta chiudere l’attività venatoria per alcune specie. Quindi, non c’è stato, uscita l’ordinanza, il giorno dopo l’adeguamento del calendario, ma sono passate alcune settimane.

Noi continuiamo a pensare che nel contenuto il calendario sia valido, riproporremo anche per la prossima stagione venatoria, il calendario venatorio 2022-2023, perché tiene conto di tutte le indicazioni nazionali e comunitarie che ci vengono date. Ricordo anche che, formalmente, noi abbiamo chiesto di anticipare l’udienza del TAR che si terrà il 16 marzo a dicembre o a gennaio, per poter avere questo elemento di chiarezza e poter proseguire con il calendario venatorio che avevamo previsto.

Purtroppo l’udienza non ci è stata accordata e, ovviamente, non è una facoltà e una scelta della nostra Regione, ma l’abbiamo chiesta.

Condivido molto il fatto che ci debba essere chiarezza, certezza che chi esercita l’attività venatoria, chi si iscrive in un ATC debba avere la sicurezza dei tempi, dei periodi. Questo è un elemento problematico. Queste sentenze, che a volte esprimono parere e giudizi differenti a seconda dell’ordine del grado di giudizio o del tribunale del territorio, invece rappresentano un elemento di difficoltà e di incertezza che non è corretto nei confronti di poi esercita questa attività.

Lei ha fatto riferimento all’unico caso in Italia, quello della Toscana, dove hanno avuto un pronunciamento positivo rispetto al calendario venatorio. Ci sono tante altre Regioni che, invece, hanno avuto pronunciamenti negativi, come abbiamo avuto noi. Nel merito, addirittura qualcosa in più di una sospensiva. Quindi, è una situazione che riguarda il nostro Paese nel complesso, non solamente, naturalmente, la nostra Regione.

Il calendario venatorio nuovo, prossimo, lo porteremo in Commissione, faremo tutti i passaggi che facciamo ogni anno in maniera tradizionale.

Per quanto, invece, riguarda il monitoraggio della fauna selvatica, la Regione già da ora si avvale del lavoro svolto dai cacciatori nel monitoraggio della fauna. Gli stessi censiscono, ad esempio, i fasianidi e le lepri nelle Zone di ripopolamento e cattura al termine della stagione di caccia. Sulla base di tali avvistamenti vengono, poi, autorizzate le catture nelle ZRC. Inoltre, sono impegnati ogni anno nei censimenti al bramito del cervo e in quelli al primo verde di tutti gli ungulati appartenenti alla famiglia dei cervidi (capriolo, daino e cervo). Questi dati raccolti sono, poi, alla base dei Piani di prelievo annuali approvati dalla Regione.

Per quanto, invece, riguarda nello specifico la beccaccia, l’ISPRA ha approvato nel 2018 un protocollo nazionale per il monitoraggio della specie nelle aree di svernamento mediante cani da ferma. Tale documento prevede che i censimenti debbano essere svolti dal 20 dicembre al 31 gennaio di ogni anno all’interno delle aree protette (parchi, riserve, ZRC, oasi) da operatori che abbiano frequentato un corso e sostenuto un esame finale. I monitoraggi, affinché siano ritenuti validi da ISPRA, vanno organizzati secondo le disposizioni contenute nel protocollo, in unità di campionamento, cartografate e costanti negli anni, sotto la supervisione di un referente scientifico.

Ad oggi alcune associazioni venatorie hanno chiesto le autorizzazioni per i censimenti, ma senza seguire appieno gli standard fissati da ISPRA. I dati raccolti non sono risultati, pertanto, omogenei né confrontabili. Per uniformare i comportamenti e per raccogliere dati validi a livello scientifico, la Regione sta elaborando delle linee guida per il monitoraggio della beccaccia che ricalcano il protocollo di ISPRA. Tale bozza al momento è stata inviata ai portatori d’interesse per raccogliere osservazioni e valutazioni. Successivamente, verrà approvata tramite delibera di Giunta regionale.

I corsi potranno essere organizzati dagli ATC, dalle associazioni interessate, venatorie, agricole, ambientali, cinofile. L’attestato avrà valenza su tutto il territorio regionale e i censimenti verranno svolti dai rilevatori che hanno superato l’esame finale.

È evidente che a questo monitoraggio saranno interessate soprattutto le associazioni venatorie, posto che attraverso questi dati, successivamente inviati ad ISPRA, si potrà stabilire con maggiore rigore scientifico la data di chiusura di questa specie all’interno del calendario venatorio.

Sempre su questo tema i tecnici regionali hanno poi avviato un’interlocuzione con le altre Regioni confinanti per condividere modalità di raccolta dei dati, con l’intenzione di costruire un database di informazioni sulle macroaree condiviso. Quindi, su questo lavoro sul monitoraggio in particolare della beccaccia ci stiamo lavorando seguendo questa procedura che vi ho indicato.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Prego, consigliere Bargi, per la replica.

 

BARGI: Ci sono stati anche altri pronunciamenti, come il TAR delle Marche, che dice che i pareri dell’ISPRA sono generici e non devono in nessun modo prevalere sul calendario venatorio. Ci sono state altre Regioni in cui evidentemente le cose sono andate un po’ diversamente. Adesso aspettiamo il giudizio di merito del nostro TAR, però evidentemente la giurisprudenza ha una piega tendenziale nel nostro Paese.

Si capisce che questo atteggiamento – mi sia concesso dirlo – in maniera politica vile, ripeto, in maniera politica, di cedere subito non appena il gioco si fa duro fa sì che il calendario venatorio dell’Emilia-Romagna diventi facilmente aggredibile da parte di chi, sfruttando le beghe legali e non tanto magari il sostegno della scienza, che invece, come giustamente diceva, voi siete profondamente convinti essere corretto per quanto riguarda il calendario venatorio emiliano-romagnolo, ne approfitta e gioca di sponda con quello che può essere il vulnus legislativo e andare a mettere dei bastoni fra le ruote a quello che è uno strumento, sì, a vantaggio dei cacciatori, ma uno strumento che la nostra Regione comunque decide di adottare, quindi dovrebbe in qualche modo difenderlo maggiormente.

Ci dice “ci muoviamo in questa direzione”, possiamo fare un credito sul futuro, però è evidente che ci stiamo muovendo in ritardo, forse con meno convinzione di altre realtà del nostro territorio, e questo diventa il tema centrale. Questo, infatti, era lo scopo della richiesta sul futuro. Cioè, la Regione Emilia-Romagna decide di adottare gli strumenti necessari, perché, è vero, lo possono fare le associazioni faunistiche, è vero, devono stare secondo le linee ISPRA e portarci delle prove che possano essere in qualche modo utilizzabili per andare a garantire il calendario, però è anche vero che il ruolo di coordinamento – se vogliamo dircelo sinceramente – ce l’ha la Regione. Quindi, visto che ce l’ha la Regione, a differenza di altri Stati europei, che magari lo fanno a livello centralizzato e forse con altri fondi e con altri strumenti, diviene anche più facile andare a contrastare i cosiddetti key concepts, a fare verifiche più puntuali nel loro specifico ambiente, e qui tocca alla Regione, quindi lo scopo di coordinare questa operazione e di difendere le scelte spetta alla Regione.

Noi possiamo fare anche un credito sul futuro, visto che si comincia, seppur tardivamente, a mettere in campo queste iniziative, però bisogna che poi il prossimo anno non ci troviamo di nuovo punto e accapo. Grazie.

 

OGGETTO 6260

Interpellanza circa l’emanazione di disposizioni specifiche per la detenzione dei cani da parte dei privati, in adempimento dell’art. 4, comma 2 bis, della Legge regionale n. 5 del 2005 sul benessere animale. A firma della Consigliera: Gibertoni

 

PRESIDENTE (Zamboni): Passiamo all’interpellanza 6260, Interpellanza circa l’emanazione di disposizioni specifiche per la detenzione dei cani da parte dei privati, in adempimento dell’art. 4, comma 2 bis, della Legge regionale n. 5 del 2005 sul benessere animale.

La illustra la consigliera Gibertoni.

 

GIBERTONI: Grazie, presidente. Buongiorno, assessore Donini.

La legge n. 5 del 2005 prevedeva che con uno o più atti la Giunta, dopo aver sentito la Commissione assembleare, a proposito di strutture volte al ricovero di cani e gatti, quindi recinti, gabbie, box per capirci, potesse emanare disposizioni specifiche per la detenzione di cani e gatti da parte di privati.

A tutt’oggi non risulta che la Giunta regionale dell’Emilia-Romagna abbia adempiuto al disposto contenuto nell’articolo 4, comma 2 bis della legge n. 5 del 2005, con l’emanazione di disposizioni specifiche per la detenzione dei cani da parte dei privati. Ovviamente l’obiettivo è di avere cani, anche se chiusi dentro box, recinti o gabbie. in condizioni di benessere e custoditi in spazi adeguati e degni di un Paese civile.

Una risposta dell’assessore Venturi nella scorsa legislatura, già nove anni fa, diceva che era volontà di questo Assessorato, quindi dell’Assessorato che ora è suo, assessore, era superare questa fase di stallo e giungere all’emanazione del provvedimento in tempi rapidi, però da allora sono passati nove anni. Nel frattempo, però, è anche aumentata molto la coscienza, si è molto ampliata la coscienza di questo, e nel frattempo, assessore, i diritti degli animali sono anche entrati in Costituzione, quindi in un certo senso l’animalismo è entrato in Costituzione, quindi c'è anche un Paese più consapevole.

Essendoci una coscienza più alta, credo ci debba essere un’omogeneità a livello di territorio regionale, credo che sia giusto e corretto che sia la Regione a sancire un livello minimo di metri quadri per condizioni di benessere e ora il tempo ci impone di spostare anche più avanti l’asticella, quindi che sia un minimo più alto di quello sancito da canili e gattili, perché presso un privato è ovvio che... poi noi ci rivolgiamo soprattutto a privati, non a chi davvero considera un cane un animale d’affezione, come la maggioranza delle persone che conosciamo, ma ad esempio chi invece lo usa come strumento e a chi ne mette a repentaglio la vita ogni volta che lo porta fuori in una battuta di caccia.

Per chi non considera il cane un animale d’affezione, ma strumento, è necessario che ci siano regole omogenee su tutto il territorio regionale per garantirne il benessere. Quindi, le chiedevo, assessore, se ci sono magari su questo aggiornamenti, se le cose sono nel frattempo andate avanti, se la Giunta sta facendo su questo dei pensieri. Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Risponde l’assessore Donini.

 

DONINI, assessore: Grazie, Presidente. Grazie, consigliera Gibertoni. Quando ho visto la sua interpellanza mi sono sincerato, proprio perché non c’è nessun tipo di atteggiamento dilatorio da parte nostra, di reperire le informazioni che forse lei desidera ottenere, ma già nei prossimi giorni vedrà qualche iniziativa importante sul lato della tutela degli animali che intraprenderemo.

La Giunta regionale ha iniziato, proprio nel 2022, quindi nell’anno appena trascorso, un percorso di revisione e aggiornamento della normativa regionale in tema di tutela e controllo degli animali da compagnia.

Tale percorso è condiviso dall’Assessorato con le ASL, le Università di Bologna e Parma, la Federazione regionale degli Ordini dei medici veterinari, i Comuni e le associazioni animaliste e zoofile.

Oltre a prevedere la revisione e l’accorpamento delle due leggi regionali in materia, che oggi sono vigenti, mi pare che avesse richiamato anche lei la legge n. 5 del 2005 e la legge n. 27 del 2000, quindi noi ne vogliamo fare una sola, è prevista anche la redazione delle indicazioni tecniche per la detenzione da parte dei privati previste dalla legge regionale e non ancora emanate, in un intervento generale che sia completo e organico.

Sono certo che vorrà dare in questo senso il suo contributo.

Allo stato attuale il progetto è tuttavia in attesa dell’attuazione nazionale del Regolamento UE n. 429 del 2016 “Nuova normativa di sanità animale”, quindi successivo alla dichiarazione a cui faceva riferimento lei.

Il 27 settembre 2022 sono entrati in vigore i decreti legislativi n. 134 del 2022, n. 135 e n. 136. Tali decreti costituiscono l’attuazione e l’adeguamento nazionale al Regolamento UE n. 429/2016 relativo alle malattie animali trasmissibili, che ridefinisce tutta la normativa di sanità animale. Tali decreti legislativi rimandano, di fatto, a successivi decreti attuativi, come avviene sempre in Italia, ahimè, che integreranno la normativa quadro con aspetti operativi. In particolare, il decreto legislativo n. 134, sempre nel 2022, detta disposizioni in materia di riorganizzazione del sistema di identificazione e registrazione degli operatori delle attività degli stabilimenti, del materiale germinale degli animali e dei loro eventi.

Ai sensi dell’articolo 23 del decreto legislativo stesso, con apposito decreto di prossima pubblicazione (speriamo presto; doveva essere pubblicato entro 45 giorni dal 27 settembre 2022), sarà adottato il manuale operativo contenente le procedure operative per la gestione del sistema di identificazione e registrazione.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 16, comma 3...

Ovviamente questo, dopo, l’avrà nella sua disponibilità.

Ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 134/2022, tramite apposito decreto del Ministero della Salute, da adottarsi entro 180 giorni dal 27 settembre 2022, saranno stabilite le modalità tecniche e operative per l’implementazione del sistema informativo nazionale degli animali da compagnia, che sostituirà completamente l’attuale anagrafe regionale degli animali da compagnia e del sistema inerente agli stabilimenti e agli animali in essi detenuti, tra cui gli stabilimenti che detengono animali da compagnia e rifugi per animali da compagnia.

I manuali operativi sopraindicati prevederanno anche la definizione dei diversi tipi di stabilimenti di animali da compagnia, tipo rifugi, allevamenti commerciali o amatoriali, pensioni e via dicendo, e potranno determinare aggiornamenti nell’attuale normativa regionale sugli animali da compagnia. È, quindi, obbligatorio attendere la pubblicazione dei due manuali operativi sopraindicati prima di revisionare la normativa regionale in materia e prima di prevedere ulteriori indicazioni tecniche, che comunque saranno sicuramente da parte nostra molto attentamente considerate, basate sull’attuale normativa vigente.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): La parola alla consigliera Gibertoni, per la replica.

 

GIBERTONI: Grazie.

Assessore, la ringrazio per la risposta articolata. Insisto su un punto, su cui la Regione, secondo me, può davvero distinguersi. I Comuni in questi anni sono andati avanti. Alcuni di loro hanno adottato un loro Regolamento comunale, ad esempio anche il Comune di Bologna, in cui sotto certi aspetti prendono lo standard del canile tipico (9 metri quadri) e lo adottano come requisito minimo di detenzione per i cani.

Credo che la Regione possa fare di più e debba fare di più, anche porsi un obiettivo più alto del Comune di Bologna, porsi un obiettivo più alto dei Comuni e puntare su una omogeneità, in cui è la Regione che non lascia la discrezionalità totale ai territori ma dice quale può essere e quale deve essere lo standard minimo.

Quindi, credo che appunto si possa pretendere di più anche di 9 metri quadri.

Penso anche, come lei comunque ha detto, che questa cosa ce la faremo dire, ve la farete dire dalle associazioni, dai veterinari, dalle università, dalle ASL, ma non ce la faremo dire dai cacciatori. Questo deve essere un punto importante. Cioè, noi non ce la faremo dire da chi usa i cani come strumenti o come fucili e, appunto, ne mette a repentaglio la vita.

Quindi, se noi intanto lavoriamo sul livello minimo, che sia anche migliorativo rispetto a quello che alcuni Comuni hanno già messo in campo in questi anni e puntiamo a dare un’uniformità sul territorio regionale, noi abbiamo già spostato l’asticella verso un’indicazione virtuosa che possa essere, secondo me, anche da esempio.

Io oggi mi sono presentata a lei con questa interpellanza perché la legge era scritta in un certo modo, dopodiché noi, la Regione non aveva poi chiuso il cerchio e quindi bene sapere che verrà chiuso ma aspetto però di avere certezza che si tengono in considerazione questi due punti. Ossia: un aspetto migliorativo rispetto ai cani che sono tenuti in gabbia, in recinti e ai metri quadri di cui possono usufruire. Ce ne sono che non escono quasi mai da lì, purtroppo, e il fatto che questo possa essere omogeneo, per volere della Regione sul territorio regionale, e non dipende in alcun modo da interessi di lobby o da chi non sia disponibile ad accettare regole nemmeno pari a quelle imposte dai canili e che quindi in questa interlocuzione non debba entrare, perché stiamo parlando di benessere animale di cani da affezione.

Grazie.

 

OGGETTO 6492

Comunicazione della Giunta sulla situazione di accoglienza migranti in Emilia-Romagna, con particolare riferimento ai recenti sbarchi avvenuti nel porto di Ravenna.

(Continuazione discussione e conclusioni)

(Risoluzione 6492/1 – oggetto 6522 Presentazione)

 

PRESIDENTE (Zamboni): Bene, esaurite le interpellanze, riprendiamo i lavori dalla comunicazione 6492: comunicazione della Giunta sulla situazione di accoglienza migranti in Emilia-Romagna, con particolare riferimento ai recenti sbarchi avvenuti nel porto di Ravenna.

Prima dell’interruzione dei lavori erano iscritti la consigliera Evangelisti e Bessi. Se confermano… Perfetto.

Ripartiamo dall’intervento della consigliera Evangelisti in discussione generale sulla comunicazione. Ricordo, sono 10 minuti per consigliere.

 

EVANGELISTI: Grazie, presidente.

Intanto, volevo rinnovare il cordoglio già chiesto questa mattina nei confronti di queste persone, di queste famiglie, di questi bambini. Non si tratta di forma, non si tratta di semplice retorica ma si tratta di un atto dovuto e per questo abbiamo inteso farlo all’inizio dei lavori.

È vero che i morti non hanno colore, non hanno bandiera, non hanno nazione.

Un ringraziamento anche a coloro che operano costantemente non soltanto in questi cento giorni, ma che operano costantemente in queste situazioni, la Guardia di Finanza, la Guardia Costiera, tutte le forze e i volontari.

Abbiamo ascoltato la comunicazione e la relazione dell’assessore Taruffi. Ho avuto come la percezione che l’assessore non abbia detto tutto quello che voleva dire. C’è stato come un detto non detto, un detto tra le righe. Ci ha riferito l’assessore diverse informazioni, alcune a nostro giudizio più attinenti, altre meno, ma negli interventi successivi della maggioranza si è disvelato un po’ il pensiero su questo tema.

Si è parlato di regole, ha detto l’assessore Taruffi, che debbono essere certe, e si è parlato anche delle ONG.

Vorrei, negli interventi successivi, ripartire da qui. Subito, all’indomani dell’approvazione del decreto, ancora nel Consiglio dei ministri c’è stata proprio una sorta di rivolta da parte delle ONG. Il provvedimento è stato definito illegittimo, perché mirava a regolare il comportamento delle navi battenti bandiera tedesca in acque internazionali in quel caso e a sanzionare il loro ingresso nel mare territoriale italiano. Hanno protestato anche Medici senza frontiere e si è detto che veniva limitata l’operatività delle navi umanitarie.

C’è stata una critica anche mossa nei confronti del Viminale, quella che riguarda l’assegnazione dei porti in quanto non sbarcano oggi più soltanto in Sicilia, in Puglia e in Calabria, ma anche in altre regioni della penisola. È stato detto anche in quest’Aula.

Oggi abbiamo ascoltato i dati degli sbarchi a Ravenna, ce ne sono stati a Livorno e ad Ancona. È una decisione, in realtà, ovviamente, non politica. Non c’è un pregiudizio. È una decisione assunta dal Governo e dal Ministero guidata dalla necessità di distribuire equamente i migranti nel territorio nazionale, per gestire meglio semplicemente le operazioni di assistenza considerando che gli hub marittimi del sud restano oggi un punto di riferimento per i salvataggi operati dalle autorità italiane per gli sbarchi autonomi che esistono e che ci sono.

Abbiamo ricevuto accuse. Il Viminale ha ricevuto accuse di voler dirottare appositamente i migranti nelle città guidate da un certo colore politico, quello del Centrosinistra.

L’insinuazione è stata respinta al mittente dallo stesso ministro, anche noi respingiamo a quei mittenti questa illazione e ci appare quantomeno assurda nella misura in cui potrebbe sottendere che un'Amministrazione di Centrosinistra possa addirittura essere esonerata in qualche modo dal dovere di accoglienza.

Vorremmo definirla una sorta di "dottrina Capalbio" applicata agli sbarchi, che cozza però ancora una volta con quella che è la narrazione del Partito Democratico, o forse oggi dovremmo dire delle Sinistre sul tema della immigrazione.

L'assessore ha parlato anche del porto sicuro e ha parlato di regole certe, e qui ci corre l’obbligo di fare una precisazione. Qual è il porto sicuro? Per porto sicuro si intende quello in cui le operazioni di salvataggio sono terminate, il luogo in cui i naufraghi non sono più esposti a pericoli. Questo non lo diciamo noi, ma lo cita una risoluzione, la risoluzione n. 167 del 2004: il porto sicuro è il porto in cui le operazioni sono terminate, ma anche il posto - si cita testualmente – "dove la vita e la sicurezza dei sopravvissuti non è più minacciata e possono essere soddisfatte le esigenze basilari", ovvero cibo, accoglienza, assistenza medica.

Nessuna delle normative internazionali che regolano questa materia (questo, visto che si parlava di regole, è un dato, è un fatto) fa riferimento al porto sicuro come il porto più vicino, quindi nella scelta del porto più sicuro ci sono diverse valutazioni e considerazioni, le condizioni meteorologiche, ma anche quella di assicurare sicurezza e ordine pubblico, evitando la concentrazione di sbarchi imposti sempre agli stessi.

È successo quindi che quando la Ocean Viking è sbarcata ad Ancona il Ministero si è sincerato che ci fossero condizioni meteo non proibitive e che quello fosse il porto più adeguato in quel momento. L’11 gennaio infatti ad Ancona vi è stato uno sbarco in sicurezza, e questo non lo diciamo noi, ma, visto che sono state citate sempre regole e fatti, il 18 gennaio 2023 è stato proprio Giuseppe Aulicino, che è il contrammiraglio, a spiegare che nella normativa internazionale non compare il concetto di porto più vicino ma questo si applica soltanto quando si parla di rotta delle navi.

Perché lo diciamo? Lo diciamo perché c’è una sorta, ci sembra, di pregiudizio nei confronti dell’operato di questo Ministero e di questo Governo.

Oggi ci sembra che il nostro Paese abbia assolto tutti i compiti che derivano da quella che è la normativa vigente.

La gestione delle politiche migratorie e dei flussi spetta a quei Governi che sono democraticamente eletti. Il Governo oggi italiano è uno di questi.

Noi riteniamo che questa gestione non possa essere finanziata da entità o fondazioni private, perché in questo modo si rischia di sovvertire le regole democratiche.

È per questo che, lo ha detto lei ma lo sosteniamo noi per primi, assessore, che il Governo insiste sulla necessità di un coordinamento con le autorità preposte durante le operazioni di soccorso e sul rispetto del diritto internazionale il quale non prevede, lo vogliamo dire forte e chiaro affinché non ci siano equivoci, che ci sia qualcuno che può fare il traghetto nel Mediterraneo, che può fare la spola con gli scafisti per portare persone da una nazione all’altra.

Il diritto internazionale prevede una cosa molto chiara, sei tenuto a salvare qualcuno se fortuitamente lo incontri, oppure se è a rischio.

Quindi noi per questo condividiamo la scelta del Governo nella misura in cui ha ritenuto che chi legittimamente intende operare in questo modo, lo deve fare garantendo anche alcuni standard.

Per il Governo il decreto che regola il comportamento delle ONG è soltanto un tassello di questa strategia, l’obiettivo primario è quello di fermare le partenze e di interrompere un business che esiste e che c’è.  È vero, non può essere un intervento che porterà ad un risultato immediato, ma è vero che da un inizio bisogna partire. Questo inizio, per questo Governo, è un inizio che dura da quattro mesi.

I numeri per noi sono numeri non dico confortanti ma sono numeri che ci danno atto di una situazione che comunque è migliorata rispetto al pregresso.

La nostra Premier ha più volte ribadito la necessità di lanciare un nuovo Piano per i Paesi dell’Africa, un modello virtuoso di collaborazione e di crescita tra nazioni europee e Unioni e nazioni africane.

Lei prima ha fatto diversi riferimenti all’accoglienza dell’Emilia-Romagna. Noi riteniamo che sia doveroso per una regione come l’Emilia-Romagna adoperarsi nel momento in cui questo viene richiesto. Non è assolutamente vero che non c’è un’interlocuzione, perché l’interlocuzione non avviene soltanto tra enti, ma avviene anche per il tramite del Ministero.

Una specifica ancora ci sia consentita: tra migranti e profughi vi è differenza. Sono due cose diverse, due situazioni diverse da gestire. I profughi si accolgono, i migranti si gestiscono con i decreti flussi in modo legale e non facendo arricchire chi vorrebbe arricchirsi sulla pelle e sulle sorti di persone che, giustamente, cercano una situazione migliore e che, però, dovrebbero essere posti in grado di valutare se quello è il momento di decidere per una situazione migliore e quindi di partire, e se quella situazione che cercano che sperano di trovare è veramente quella migliore in quel momento.

È stato proprio il ministro Piantedosi che ha rivendicato come in quattro mesi sono stati scongiurati circa 21.000 arrivi tra Libia e Tunisia. Questo è stato possibile proprio perché il Governo ha messo tra le sue priorità la lotta all’immigrazione irregolare. Si tratta di azioni di lungo corso, l’ho detto e lo ripeto. Non possono essere giudicate dopo quattro mesi, a meno che non ci sia una finalità artatamente volta a strumentalizzare questa situazione.

Noi auspichiamo che non sia così. È stata invocata più volte una attività collaborativa. È stato citato prima l’intervento, il discorso di Papa Francesco che ha detto che oggi il Mediterraneo è un cimitero, forse il più grande del mondo, ma ha anche detto che la politica dei migranti va concordata fra tutti i Paesi.

Oggi il presidente Meloni ha scritto nuovamente alla Commissione e al Consiglio europeo chiedendo che le misure adottate nell’ultimo Consiglio vengano poste in essere prontamente ed efficacemente. Noi confidiamo che questa possa essere la direzione giusta e auspichiamo la collaborazione anche delle forze di opposizione al Governo. Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): C’è stato un equivoco nella prenotazione degli interventi, quindi mi dicono che il consigliere Bessi anticipa il suo intervento rispetto alla consigliera Pigoni.

 

BESSI: Grazie, presidente. Grazie, collega. Non ho riprenotato lo slot di stamattina.

I due aspetti iniziali su cui vorrei fare una riflessione che io ritengo paradossale, se non a volte paranoica, è che esiste per alcuni una parte politica dalla parte della legalità, facendo intendere quasi che ce ne sia un’altra che non sia dalla parte della legalità. Questo chiaramente non rispecchia assolutamente la realtà ed è paradossale se non paranoico.

C'è poi chi distingue chi fugge dalla guerra da chi fugge per un tema economico, e una distinzione così netta, così separata, quasi che ci fosse una classificazione, una certificazione, anche questa mi sembra un po’ paradossale e a volte paranoica, anche perché gli ambienti da cui queste persone scelgono e a volte non è una scelta facilitata non sono proprio dei migliori sia in un caso che nell’altro e avere una separazione così netta mi sembra un’illusione.

Prendiamo per esempio l’Africa, l’Africa oggi ha un miliardo di persone, è uno dei continenti più grandi, più giganteschi, e anche lì, se noi vogliamo infilarci in questa discussione per individuare e definire in maniera netta dove sono le guerre "certificate", quelle sporche o ibride, dalle aree depresse da crisi economiche o da crisi climatiche, anche questa, secondo me, è una discussione paradossale, se non paranoica.

Pensiamo solo alla crescita demografica che avrà da qui al 2100, quando si passerà da 1 miliardo a 4 miliardi di persone. Questo tema sconvolge ogni visione statica di un mondo che, in realtà, ha questo tipo di dinamismo, e non credo che si possa fermare con certificazioni di aree che sono su guerre convenzionali e aree depresse o, come diciamo noi in Occidente, in recessione.

La realtà è assolutamente un’altra, meno paradossale, ma molto più reale.

L’operazione di accoglienza di 84 migranti al porto di Ravenna ha dimostrato che nel nostro Paese il tema della solidarietà non è solo una formula retorica che viene espressa ma qualcosa che vive nella volontà e negli atti, per primi proprio da tutti i nostri concittadini.

Fatemi unire ai ringraziamenti fatti da tutti, e questo mi conforta e mi dà sicuramente senso di far parte di una comunità non solo istituzionale ma culturale e civile, a partire appunto dal Prefetto che è stato ricordato, il dottor Castrese De Rosa, ma non solo, tutti gli Uffici della Prefettura, del Comune, del volontariato e dell’associazionismo.

Ha fatto bene Taruffi a fare un lungo elenco a cui, non è che voglio aggiungerne, oltre alle forze dell’ordine già ricordate più spesso, o il personale tecnico sanitario ma a tutto il mondo portuale di Ravenna che anche questa volta ha dimostrato, come in altre volte, una dedizione e una puntualità di altissimo profilo non solo professionale ma anche umanitario.

È stato appunto questo stato identitario che vorrei sottolineare. Come la comunità, non solo ravennate, emiliano-romagnolo ma in senso lato, si siano unite e non si siano mai tirate indietro al momento in cui occorre aiutare chi fugge dalla guerra, dalla disperazione, dalla miseria. Queste ragioni che si mischiano tra di loro ed è difficile separarle con una certificazione.

Quello che è stato fatto si incardina nella coscienza del popolo italiano - scusate l’enfasi - nella memoria della nostra storia di emigrazione, di immigrazione. È una questione di civiltà nel suo grado più alto, perché la forza di una società si misura appunto soprattutto da gesti come questo.

Anche questa volta, credo, come il 31 dicembre 2022, sono state messe in campo tutte le risorse istituzionali, le professionalità, per accogliere non solo 84 emigranti ma un’emergenza che, ho cercato di sottolineare nella premessa iniziale, è globale e sarà sempre di più un’emergenza che riguarderà il futuro delle nostre famiglie, delle nostre comunità. Questa mobilitazione, questa partecipazione è stata un momento in cui si è tornati a credere, credo, nei valori più alti, che una comunità tiene insieme.

L’assessore Taruffi ha fatto bene a sintetizzare anche il suo stato emozionale di fronte a questo momento, ma credo che a fianco al suo stato di emozione di fronte agli 84 emigrati, ai giovani e ai meno giovani, credo che sia stato, e ne sono sicuro perché ne abbiamo anche parlato, orgoglioso della nostra comunità. Sono stati orgogliosi - non solo emozionati, ma orgogliosi - anche molti di coloro che hanno partecipato a questa giornata in maniera attiva e professionale, come dicevo prima. Molti me ne hanno parlato e sono veramente contento di riportare qui questo stato, questo sentimento diffuso nella comunità ravennate, ma che rappresenta, io credo, la comunità italiana.

Ecco allora come le parole usate dal sindaco Michele De Pascale, giustamente, per definire questo momento di accoglienza rappresentano una accoglienza piena di umanità, quell’umanità che ci unisce e ci deve distinguere e ci richiama ogni volta al nostro essere cittadini italiani, europei, del mondo.

È un dovere che ci occorre portare avanti per evitare, cercare di evitare altre tragedie, come quella di Cutro, ma non c’è stata solo questa. Purtroppo ne abbiamo contate tante e tante immagini sono sotto i nostri occhi. Non dobbiamo mai, credo, anestetizzarci o comunque credere che sia una cosa abitudinaria che vada gestita in maniera burocratica.

Il numero non è solo quanti minori o quante persone toccano la nostra sensibilità, ma le ragioni di fondo del perché dobbiamo essere in prima fila. Credo che vada sottolineato l’impegno e le parole del presidente Bonaccini, che ha riassunto bene in quell’occasione che l’Emilia-Romagna sta facendo la propria parte nell’accogliere persone stremate da giorni di navigazione.

L’organizzazione che era stata messa in piedi per accogliere i migranti il 31 dicembre si è rimessa in moto senza sforzo. L’Emilia-Romagna si è fatta trovare pronta per dare una mano, perché è una regione solidale. Grazie, presidente, perché ha rappresentato bene la nostra identità.

Dobbiamo essere orgogliosi di questo sentimento, che non è espresso in una separazione o del chiedere il perché e da dove qualcuno arriva, ma perché questo chiaramente fa la differenza sulla nostra comunità.

Il punto è che nel 2023 (dobbiamo ancora finire il mese di febbraio) i numeri degli arrivi sono triplicati rispetto al 2022. Il punto è che scegliere un porto aggiungendo giorni di navigazione, quindi a casi che possono essere situazioni al limite della tenuta delle persone che vengono portate in alcuni porti è un tema organizzativo, un tema che può minare quel tipo di umanità di cui cercavo di rendervi partecipi.

Credo che associarsi alle parole dell’assessore Taruffi su una richiesta di coordinamento e di organizzazione, guardando in faccia il fatto che la realtà del Mediterraneo, dell’Africa o delle aree alle quali siamo di fronte hanno davanti problemi giganteschi che vanno affrontati senza posizioni paradossali o paranoie di qualsiasi genere. Grazie.

 

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE PETITTI

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Bessi.

Consigliera Pigoni, prego.

 

PIGONI: Grazie, presidente. Buon pomeriggio.

Il tema che trattiamo oggi, anche se ha una sottolineatura di carattere locale, determinata ovviamente dalla vicenda delle navi Ocean Viking attraccate a Ravenna lo scorso dicembre e lo scorso febbraio, induce chiaramente tutti noi a riflessioni soprattutto di carattere più generale.

L’accoglienza dei migranti è infatti un tema non solo regionale e nazionale, ma quantomeno europeo e - oserei dire - mondiale. Parto dal fulcro dell’informativa di oggi. Lo sbarco avvenuto a fine dicembre, dei 113 migranti che viaggiavano a bordo della nave Ocean Viking ha confermato, se mai ci fossero stati dubbi, che l’Emilia-Romagna è da sempre e - oserei dire - per vocazione una grande terra d’accoglienza, a maggior ragione per chi è in fuga da emergenze umanitarie e guerre, si tratti di cittadini nordafricani, iraniani, siriani, afgani o, più recentemente, anche di cittadini in fuga dall’Ucraina invasa dagli occupanti russi.

Altra conferma è arrivata in occasione delle operazioni di sbarco di altri 84 migranti, avvenute a febbraio sempre a Ravenna. Ancora una volta l’Emilia-Romagna ha fatto la propria parte nell’accogliere persone stremate da giorni di navigazione, mettendo in moto una macchina organizzativa efficiente e coesa. Siamo riusciti e riusciremo ancora in futuro ad accogliere e includere chi si trova in grave difficoltà, perché sappiamo fare squadra come Istituzioni pubbliche, associazioni di volontariato, imprese e cittadini dell’Emilia- Romagna.

Già nel 2021 la Regione ha chiesto a tutte le aziende sanitarie territoriali di costituire al proprio interno un gruppo di lavoro migranti e vulnerabilità, in modo da garantire una presa in carico a 360 gradi di immigrati, profughi e richiedenti asilo.

Risale poi all’estate scorsa l’atto regionale che recepisce le linee guida nazionali per la presa in carico dei migranti al loro arrivo, con l’esecuzione di vari controlli, screening, visite, test e proposte di vaccinazioni.

A seguire c’è stata infine la richiesta specifica, da parte della Regione, di formalizzare l’istituzione di una vera e propria équipe in ogni azienda dedicata alla presa in carico dei migranti.

Detto ciò, la scelta del Governo Meloni di individuare proprio il porto di Ravenna come primo porto sicuro, è assolutamente incomprensibile, oppure, per meglio dire, è fin troppo comprensibile, ma allora per ragioni così biecamente propagandistiche e populiste che forse è meglio far finta di non averle comprese.

Credo che il Governo dovrebbe finirla di fare inutili spot elettorali quando peraltro la campagna elettorale è finita da un pezzo. Non fosse altro che per una questione di sicurezza nazionale, di legalità e di diritti umani, che invece ha lasciato purtroppo spazio ad alcune decisioni palesemente demagogiche e spesso persino crudeli e disumane.

Di certo infatti c’è che il Governo, con le sue azioni dissennate, ha costretto le imbarcazioni che operano nel Mediterraneo a fare inutilmente rotta molto lontano da dove solitamente prestano soccorso, infliggendo a chi era a bordo ulteriori e lunghi giorni di navigazione in condizioni di estrema difficoltà e sofferenza.

Ricordo solo un dettaglio al Governo e anche ad alcuni consiglieri che mi hanno preceduto nel loro intervento. Anche se lo smistamento delle persone soccorse in mare fosse avvenuto in un porto del Sud, come testimoniano i numeri nazionali dell’accoglienza, l’Emilia-Romagna sarebbe stata ugualmente pronta a dare una mano e a dimostrare con i fatti, ancora una volta, di essere una Regione solidale e aperta.

Anche i recentissimi e drammatici fatti dell’ennesimo naufragio di Crotone e delle tante vittime che hanno perso la vita a pochi metri dalla riva, impongono alla politica di rendere davvero non più procrastinabile un’azione congiunta a livello europeo sul tema immigrazione.

Come primo sentimento c’è innanzitutto in ognuno di noi la grande rabbia e l’orrore nel dover assistere impotenti ad un’altra strage in mare.

C’è però un altro piano che come classe politica non possiamo ignorare, cioè che certi fatti hanno senza dubbio una sorta di mandanti politici, in quanto sono diretta conseguenza di alcune scelte, o non scelte, operate a livello nazionale ed europeo.

Sono ancora più esplicita. I mandanti sono, a mio avviso, tutti coloro per i quali i migranti non sono in realtà esseri umani ma solo populisticamente, un’occasione ghiotta per attrarre facili consensi in modo cinico e brutale, mentre invece salvare vite in mare, accogliere e dare una speranza nuova a chi ha perso tutto e ha rischiato la propria esistenza o quella della propria famiglia e dei propri figli dovrebbe essere un valore comune.

Così come dovrebbe essere un obiettivo di tutte le forze politiche non accanirsi contro le ONG che, come fanno del resto nei limiti delle loro possibilità anche la Guardia di Finanza e la Guardia Costiera, ogni giorno pattugliano legittimamente e lodevolmente il Mediterraneo cercando di prestare soccorso.

L’accanimento dovrebbe concentrarsi piuttosto nei confronti di un sistema di sfruttamento e mercificazione degli esseri umani che è ogni giorno di più intollerabile, assassino e criminale.

Sono sempre stata dell’idea che i confini degli Stati vadano assolutamente controllati e soprattutto che i migranti, ove possibile, non vadano fatti partire, appunto perché il rischio che muoiano in mare è, ahinoi, molto più che concreto.

Ma una cosa è pensare questo, una cosa è esprimersi con un linguaggio inumano e fare delle norme come quelle sulle ONG, che trovo totalmente sbagliate.

L’emergenza migranti si può affrontare seriamente soltanto facendo accordi veri con i Paesi dai quali le imbarcazioni partono, cercando di mitigare e agire sulle ragioni che costringono tante persone disperate a prendere la via del mare, pur conoscendone tutti i pericoli.

L’emergenza non si affronta nemmeno avallando quei tremendi novelli campi di concentramento di cui ben conosciamo le condizioni e nei quali perdono la vita ogni giorno tantissime persone, spesso senza nemmeno che ne giungano le eco o la notizia.

Invece di ragionare seriamente su queste azioni, di contro il ministro Piantedosi ci racconta che – cito testualmente – “la disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli”. Parole indegne, agghiaccianti, che fanno inorridire e lasciano sinceramente basiti, soprattutto di fronte ad una tragedia di queste proporzioni. Bloccare gli sbarchi sempre e comunque è l’unica strada? Non penso, non sempre, non fosse altro perché è un’intenzione puramente utopica. Certo, occorre la massima fermezza nel contrastare le filiere dell’immigrazione irregolare in cui operano scafisti senza scrupoli che, pur di arricchirsi, organizzano viaggi improvvisati con imbarcazioni inadeguate e in condizioni proibitive, come ha peraltro sottolineato anche il ministro stesso.

Il tema, però, è molto più complesso ed articolato, specialmente quando si tratta di persone che, come in questo caso, vista la provenienza da Paesi quali Afghanistan, Siria, Iraq, quasi sicuramente avrebbero avuto diritto ad una protezione internazionale.

Servono canali sicuri di ingresso nel nostro Paese per i rifugiati e anche per chi cerca lavoro. Serve anche – e uso uno slogan tanto caro alla Destra – aiutarli a casa loro, perché no, ma non come motivo superficiale di disimpegno, bensì attraverso un piano strategico che necessita di ingenti risorse e di progetti continuativi nel tempo. Penso ad infrastrutture, investimenti, posti di lavoro, senza stare a rincorrere ad ogni occasione, con lacrime di coccodrillo, emergenze o tragedie.

Continuare ad indignarsi e a piangere solo davanti all’ennesima serie di morti soprattutto da parte della politica diventa quasi offensivo nei confronti delle vittime. Spero e penso quindi che la lungimiranza politica e la solidarietà umana possano davvero prendere il sopravvento. Nel nostro piccolo, in Emilia-Romagna da questo punto di vista non ci siamo mai tirati indietro. Grazie.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Pigoni.

Consigliere Mumolo, prego.

 

MUMOLO: Grazie, presidente.

Intanto ringrazio l'assessore Taruffi per l'informativa assolutamente puntuale rispetto a quello che sta accadendo in questa Regione.

Quello che invece desta stupore, almeno a mio avviso, relativamente agli sbarchi di persone migranti avvenuti di recente a Ravenna, è che questi sbarchi a Ravenna sembrano essere frutto di una strategia governativa, che produce oggettivamente (non sembra produrre, ma produce oggettivamente) alcune conseguenze, sulle quali dovremmo essere tutti d’accordo.

La prima conseguenza è che incrementiamo le sofferenze che hanno affrontato queste persone che per necessità, certamente non per piacere, non perché volevano farsi un viaggio, hanno abbandonato i loro luoghi di origine in cerca di migliori condizioni di vita, quindi incrementiamo le loro sofferenze.

La seconda conseguenza oggettiva è che sottrarre mezzi di soccorso in mare, utilizzandoli per il trasporto verso porti lontani che richiedono giorni e giorni di navigazione, giorni che vengono sottratti al salvataggio sulle rotte che dalla Libia o da altre rotte portano alle coste delle Regioni meridionali, ha una conseguenza pratica: sarà impossibile soccorrere molte persone.

Anziché nel porto sicuro più vicino, come dice la normativa nazionale e internazionale, i migranti e le migranti tratti in salvo vengono lasciati sulla nave che ha operato il loro soccorso per essere trasportati in luoghi distanti, nel nostro caso a Ravenna (va benissimo, lo accogliamo più che volentieri, ci mancherebbe altro) impegna la nave di salvataggio in un viaggio lungo quattro giorni.

Cosa succede in pratica? Si incrementano le sofferenze dei migranti, che si sommano a quelle già patite nel loro lungo viaggio dai Paesi di origine, viaggio che li ha portati in Europa non per fare una vacanza, ma per sfuggire alla guerra, alla fame, alle dittature e anche ad una vita senza alcuna prospettiva.

Forse dovremmo interrogarci su cosa vuol dire partire in quelle condizioni e cosa significa rischiare la vita perché nel loro luogo di origine evidentemente quella vita non ha più significato ma evidentemente non ci interroghiamo su questo.

In un contesto in cui la crisi migratoria continua a essere un tema caldo a livello globale, è importante considerare come le resistenze governative nei confronti dell’autorizzazione agli approdi dei migranti in porti vicini e sicuri, possano avere conseguenze disastrose. Disastrose.

Queste resistenze non solo vanno contro il senso di fraternità, che dovrebbe guidare le azioni di ogni persona, ma contraddicono anche leggi nazionali e internazionali che regolano il trattamento dei migranti, sia in terra che in mare.

È necessario affrontare questa problematica in modo serio e responsabile, cercando di trovare soluzioni che siano rispettose dei diritti umani e delle leggi internazionali. Sarebbe necessario almeno.

La decisione governativa di aumentare la distanza dei porti di sbarco più vicini e sicuri… Abbiamo visto di tutto, abbiamo visto navi che sono arrivate a La Spezia e poi i migranti sono stati portati a Foggia con altri 800 chilometri, più di 800 chilometri di strada trascorsi in pullman, mentre potevano tranquillamente essere sbarcati in un posto del sud.

Ora, questa decisione governativa rappresenta oggettivamente una strategia volta a depotenziare le attività delle organizzazioni umanitarie, dei soccorritori, delle operazioni, degli operatori e delle autorità competenti.

La scelta di sbarcare le persone immigrate a Ravenna sembra corrispondere a questa logica che sembra deliberatamente assunta dall’autorità governativa per ridurre l’efficacia dell’operazione di salvataggio. Logica che, per fortuna, non scoraggia le persone migranti al tentare la traversata. Logica che però produce loro ulteriori sofferenze.

Il risultato di questa strategia è stato l’aggravamento delle condizioni dei migranti che spesso rimangono bloccati a bordo delle navi delle organizzazioni umanitarie per giorni, o addirittura settimane, senza ricevere l’assistenza medica adeguata e alimentare adeguata. Ciò aumenta la pressione sulle risorse delle organizzazioni umanitarie e pone un grave stress sui migranti spesso già molto traumatizzati dalla loro esperienza di fuga.

Inoltre, l’aumento della distanza dei porti di sbarco comporta un aumento dei costi dell’operazione di salvataggio. Questo non sfugge a nessuno, mi auguro non sfugga neanche a chi prende queste decisioni al Governo, poiché le navi devono navigare per un periodo più lungo e spesso consumare più carburante. Ciò si traduce in una riduzione delle risorse disponibili per l’attività di soccorso e di assistenza.

Nonostante gli ostacoli imposti dalle autorità, tuttavia ci sono ancora molte organizzazioni, individui impegnati a salvare vite umane in mare: grazie. Grazie alle organizzazioni che si occupano di questo e ai loro volontari. Grazie. Questi individui credono nella dignità umana e nella libertà e non si lasciano scoraggiare dalle difficoltà incontrate, anzi, il loro impegno e la loro determinazione sono ancora più forti e dimostrano che la speranza e la solidarietà umana possono superare anche le più grandi difficoltà. L’arrivo delle persone migranti al porto di Ravenna rappresenta un impegno importante per noi, ci mancherebbe, importante per le Istituzioni locali, che devono garantire un’accoglienza adeguata e rispettosa dei diritti umani. Siamo felici di farlo.

La risposta data dalle autorità locali è stata rapida, efficace, grazie anche alla loro esperienza nel gestire situazioni di emergenza e a sostegno della società civile che c’è in Emilia-Romagna.

Ciò è stato possibile grazie alla lunga tradizione di accoglienza e solidarietà che caratterizza la provincia di Ravenna e più in generale la nostra Regione, la Regione Emilia-Romagna, che si basa sulla cooperazione tra le Istituzioni, le organizzazioni non governative e le associazioni di volontariato.

Questa collaborazione si è rivelata fondamentale per garantire una risposta coordinata e integrata alle esigenze dei migranti, non solo in termini di assistenza immediata, ma anche di sostegno all’integrazione e all’inclusione sociale.

L’accoglienza e l’integrazione possono rappresentare un’opportunità per tutti. Naturalmente rimangono ancora molti ostacoli da superare, soprattutto in un contesto di crisi economica e sociale come quello attuale. Tuttavia, la vicenda delle persone migranti arrivate a Ravenna dimostra, seppure con l’aggravante introdotta dalle scelte governative, che è possibile trovare soluzioni condivise ed efficaci ai problemi che affrontiamo come società. In questo senso l’esempio della Provincia di Ravenna può essere utile anche per altre realtà italiane ed europee che si trovano ad affrontare sfide simili.

Desidero esprimere la nostra solidarietà alle persone migranti che hanno raggiunto il nostro territorio dopo aver affrontato gravi pericoli lungo il loro cammino, compreso il rischio di schiavitù, le minacce, le violenze e gli stupri e tutto ciò che succede (e noi sappiamo che succede) in Libia.

Vorrei esprimere forte preoccupazione per la strage di Crotone. Oggi c’è stato un minuto di silenzio di tutta l’aula per quello che è accaduto. Il mare ha restituito finora i corpi di 63 profughi senza nome. Di fronte a questa tragedia sono gravissime le parole del ministro Piantedosi che conosciamo bene perché è stato in Prefettura a Bologna, che sostiene che “la disperazione non può giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei propri figli”. Ma come si possono pronunciare queste parole? Io mi chiedo come si possano pronunciare queste parole, equiparando la vita dei giovani qui in Europa, la nostra vita – non abbiamo mai vissuto situazioni del genere, per nostra fortuna – con la vita di giovani che scappano dalla fame, dalle guerre, dai cataclismi naturali, dall’estrema povertà.

Il ministro sembra ignorare che la storia è storia di migrazioni. Forse il ministro dovrebbe studiare come sempre persone e popoli si sono spostati per sopravvivere o per cercare luoghi migliori per vivere. Forse il ministro dovrebbe studiare che la Francia si chiama Francia semplicemente perché un popolo dell’est, pressato dalle guerre, i Franchi, si è spostato nella Gallia, in quella che prima si chiamava Gallia, bisognerebbe ricordarglielo. Forse il ministro si dovrebbe ricordare che l’attuale Lombardia si chiama Lombardia per un motivo molto semplice: perché un popolo dell’est si è spostato, pressato da guerre, i Longobardi, e la Lombardia ha preso il nome da quel popolo.

Forse uno se lo dovrebbe ricordare, e il ministro sembra ignorare che alcune persone, quelle che vengono dall’Afghanistan, quelle che vengono dall’Iran, quelle che vengono dalla Turchia, quelle che vengono dal Kurdistan, quelle persone non hanno una scelta, non possono decidere se i loro figli possono vivere tranquillamente in quella zona, non hanno questa scelta. Come si fa a dire adesso che queste persone sono irresponsabili perché rischiano la vita dei loro figli? Lui non si rende conto, può essere che non si renda conto che in quelle nazioni restare significa morire? Che almeno quella è una scelta, una possibilità? È meglio morire in mare, almeno sperando in una vita migliore, che non morire lì, dove sono. Può essere che non si renda conto di questo?

Vorrei dire, tra l’altro, al collega intervenuto prima di me, che ha parlato anche dell’attuale Segretario del Partito Democratico, Elly Schlein, che lei forse il problema lo conosce più di qualche altro, perché in 22 riunioni, quando l’attuale segretaria Schlein era parlamentare europea, in 22 riunioni in cui si è discusso del tema dei migranti e di come modificare questo Regolamento di Dublino, che certamente abbiamo voluto noi, questo Regolamento di Dublino che stabilisce che una persona migrante deve richiedere rifugio o protezione internazionale nel primo luogo d’Europa in cui sbarca, in 22 riunioni nessuno dall’altra parte si è presentato insieme a lei a discutere con l’Europa per chiedere di modificare questo Regolamento.

Allora, prima di dire che c’è qualcuno che non conosce il problema, forse ognuno di noi dovrebbe guardare nel suo campo per capire chi ha fatto qualcosa per modificare quel Regolamento, pensiamoci, 22 riunioni!

 Bisogna poi pensare anche, quando si parla di queste cose, che nell’ultimo anno sono state censite 100 milioni di persone che hanno abbandonato il loro Paese perché perseguitate, e questi 100 milioni di persone sono tutte persone che non pensavano ai loro figli, che non pensavano al futuro dei figli? Davvero noi pensiamo questo, davvero in un’Europa in cui siamo così fortunati a non aver subìto, almeno negli ultimi anni, perché un po’ di tempo fa eravamo noi i migranti...

 

PRESIDENTE (Petitti): consigliere Mumolo...

 

MUMOLO: Sì, ho finito, presidente.

Davvero si pensa che queste persone non pensino ai loro figli? Io finisco semplicemente così. Voglio semplicemente ringraziare i volontari e le volontarie che si sono mobilitati per sostenere le autorità nelle operazioni di sbarco a Ravenna, nell’assistenza alle persone migranti e sono consapevole della grande sfida umanitaria che ci troveremo ad affrontare. Credo fermamente che la dignità e i diritti umani debbano essere garantiti a tutti, indipendentemente dalla provenienza e dalla loro situazione sociale. Grazie, presidente.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliere Mumolo.

Consigliera Zamboni, prego.

 

ZAMBONI: Grazie, presidente.

Vorrei iniziare con dei ringraziamenti all’assessore Taruffi per l’informativa di stamattina, informativa che ci ha dato il quadro di una regione Emilia-Romagna che accoglie il maggior numero di migranti in rapporto ai residenti del nostro Paese.

Siamo quindi una regione che, grazie anche alla rete di associazioni di volontariato, oltre che alle proprie Istituzioni, a tutto campo riesce a garantire nei fatti e non solo nelle parole l’accoglienza per la quale è nota.

Il fatto comunque di fare riferimento al porto di Ravenna, se ha una logica, proprio perché parliamo dell’Emilia-Romagna e quindi si sa che si può contare sull’Emilia-Romagna e quindi da questo punto di vista sì, sentivo parlare prima dai banchi dell’opposizione di organizzazione dell’accoglienza, certo, questa è una Regione organizzata che risponde ad ogni chiamata, dal punto di vista dei migranti, però, non è così, perché questo trasporto ulteriore a cui sono sottoposti, dopo le condizioni che sappiamo essere sempre disastrose, nel corso delle quali vengono ripescati in situazioni difficili, ecco questo ulteriore viaggio, sicuramente, dal loro punto di vista, è una tortura in più. Poi arrivano in una regione che, invece, li accoglie in maniera degna, come è nella tradizione dell’Emilia-Romagna.

In questi giorni abbiamo sentito, dopo la tragedia di Crotone, delle affermazioni che davvero fanno pensare che ci sia qualcuno che vive in un altro pianeta.

Il mantra del bloccare le partenze agitato dalla presidente del Consiglio Meloni non è che acquista valore e senso perché è un mantra ripetuto, mantiene il suo non senso di partenza, perché queste partenze che si vogliono bloccare che cosa riguardano? Resort di lusso sulle coste libiche? Hotel in Turchia, dove fare vacanze, Stati dove vige la piena democrazia in Iran, in Afghanistan? Stiamo parlando dei lager libici, dove si vorrebbero riportare e tenere detenuti quegli immigrati che hanno la colpa di annegare per colpa loro, perché affrontano dei viaggi rischiosi. Ma di che cosa stiamo parlando? Vogliamo mantenere questa gente nelle condizioni disumane in cui vive, perché non deve venire a disturbarci? Questo è il problema, e siamo arrivati al paradosso degli "annegati per colpa loro", altro mantra che invece dobbiamo al Ministro Piantedosi, che francamente, quando era Vice Prefetto qui a Bologna, sembrava invece dotato di un sufficiente numero di cellule grigie, adesso pare che si siano dissolte, gli sentiamo dire che non devono esporsi al rischio delle traversate, della serie "devono mantenersi al rischio di essere arrestati e anche torturati perché si tagliano i capelli o non portano il velo, perché osano le donne afgane pretendere di poter studiare". Per questo devono restare là dove sono e non rischiare la pelle.

Si è detto che le tragedie del mare non nascono con il Governo Meloni, è verissimo, purtroppo ci sono state tragedie con 700 morti anche quando c’erano Governi di Centrosinistra, però oggi c’è una novità che purtroppo aggrava la situazione: un decreto appena tradotto in legge che impedisce di fare più di un salvataggio. Se tu hai fatto un salvataggio con la nave umanitaria che lavora per spirito umanitario, ma se durante il percorso da lì al porto che ti hanno assegnato vedi dell’altra gente che sta per annegare, non la puoi ripescare, e questa non è una novità da poco.

L’altro mantra è "aiutiamoli a casa loro", ma li avete mai guardati i numeri della cooperazione internazionale del nostro Paese? Per gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030 dicono che al 2030 si deve arrivare allo 0,7 del PIL, che è comunque una briciola, oggi siamo a malapena oltre lo 0,2 per cento (mi sembra 0,27), cioè stiamo parlando di niente, mentre invece siamo molto bravi ad andare a prendere le loro risorse.

La Cina sta comprando mezza Africa, noi abbiamo abbandonato l’Africa. Siamo però presenti con i pozzi dell’ENI che inquinano l’ambiente in Nigeria.

Insomma, stiamo parlando di una situazione di squilibri mondiali di migranti per questioni ambientali che ricadono per la maggior parte sul tipo di sistema economico e produttivo dell’Occidente, ma loro devono restare a casa loro, non devono venire a disturbarci. La loro presenza è disturbante, è inaccettabile.

Abbiamo saputo da un intervento che il nuovo Governo ha scongiurato l’arrivo di 16.000 migranti, però la domanda da farsi era da dove arrivavano e dove li abbiamo costretti a restare questi 16.000 migranti che non son venuti a romperci le scatole. Stiamo giustamente accogliendo gli ucraini. Bene, e anche in questo l’Emilia-Romagna si sta distinguendo. Ma perché c’è un diritto degli ucraini ad essere accolti e non di quegli altri poveracci? Perché gli altri non devono essere accolti? Anzi, se li trovo in mezzo al mare che stanno per affogare, siccome ne ho appena salvati degli altri, quelli li devo lasciare lì, sennò faccio andare la nave fino a Ravenna così perde un sacco di giorni di navigazione e non può giorno per giorno salvare gli altri. È di questo che stiamo parlando. Gli annegati “per colpa loro” cosiddetti arrivano, lo sappiamo, con imbarcazioni fatiscenti. Sì, è colpa degli scafisti che fanno un traffico indegno sulla vita delle persone, sulla pelle delle persone, ma, scusate il paradosso, offrono “un servizio disumano in mancanza di canali normali per arrivare qui”.

Se la soluzione è fare gli accordi con gli Stati perché se li tengano nei lager della Libia non mi sembra una grande soluzione.

L’ultima cosa la voglio dire riferita qui alla situazione di Bologna. Io ho presentato un’interrogazione perché il CAS di via Mattei, che nasce come centro di assistenza straordinaria, sta diventando invece un centro che va a sostituire i centri di prima e seconda accoglienza, quelli che più facilitano l’integrazione dei migranti.

Il TG3 regionale ha fatto un servizio che è andato in onda qualche sera fa, quindi è il TG3, non sono le navi non governative di chi specula sulla pelle dei migranti, che li salva, che poi si fa pagare. Questa è l’ultima baggianata che ho sentito ieri sera in televisione.

Il servizio del TG3 regionale della Rai ha mostrato delle condizioni di quell’edificio indegne  (scarafaggi, gente che vive ammassata, servizi non igienici, anti-igienici), questo è il CAS di Bologna di via Mattei, in una città come la nostra.

C’è però un ulteriore elemento paradossale, chi "abita" lì, quando raggiunge ben 5.600 euro di reddito annuale, deve lasciare questa residenza di lusso, perché guadagnando ben 5.600 euro deve andare a cercarsi un affitto sul mercato, e chi conosce il mercato di Bologna sa benissimo che se vivi con 5.600 euro per tutto l’anno l’affitto te lo sogni.

Guardiamo anche in casa nostra, perché purtroppo anche nella civilissima Bologna ci sono degli elementi di inciviltà che sta in carico alla Prefettura risolvere, e io spero che con l’intervento della Regione la Prefettura prenda a cuore questa situazione indegna.

 

PRESIDENTE (Petitti): Grazie, consigliera Zamboni.

Consigliere Amico, prego.

 

AMICO: Grazie, presidente.

Anch’io vorrei ringraziare l’assessore Taruffi per l’informativa di questa mattina, che secondo me ha illustrato con evidenza come da lungo tempo la Regione Emilia-Romagna sia terra di accoglienza in tutte le fasi anche più critiche della storia recente, dal punto di vista della capacità di distribuire sul proprio territorio, quindi di fare la propria parte rispetto a tutto quello che è accaduto da oltre 10 anni a questa parte sul territorio italiano, 10.000 sono le persone, a queste si aggiungono altri 26.000 cittadini e cittadine ucraini accolti nell’ultimo anno, quindi una quantità ingente di persone a cui non è mai venuto meno non solo il tema del tetto e del cibo, ma non sono mai venute meno una serie di condizioni, come quella della istruzione alla lingua italiana, come quella dei processi di integrazione. Abbiamo discusso in quest’Aula (lo ricordava l’assessore Taruffi) anche il piano triennale in questa direzione.

Un'accoglienza che, più che attraverso le sigle CAS, SAI o altro, si è contraddistinta per essere un’accoglienza diffusa, fatta di pochissimi centri, quelli che ci sono in via di dismissione, un’accoglienza che ha saputo intrecciare rapporti positivi con il territorio, grazie anche al rapporto stretto che c’è stato tra le varie Amministrazioni locali, l’Amministrazione regionale, il confronto con le Prefetture e la gestione del privato sociale fatta di volontariato, associazionismo, cooperazione sociale che ha fatto fronte nel corso degli anni a una serie di sollecitazioni piuttosto strumentali, delle accuse poco trasparenti, che si è concentrata sui costi pro capite e pro die per quanto riguarda i migranti, che i Governi nel corso degli anni hanno provato a comprimere e che oggi, ci raccontava l’assessore Taruffi, materialmente, proprio perché l’asilo e l’accoglienza è un dovere.

Questa mattina – e sono contento – il collega Tagliaferri ha detto che l’accoglienza sia un dovere, quindi penso che su questo possa essere d’accordo con me. Nel momento stesso in cui, lo ricordava l’assessore Taruffi, le Prefetture emettono dei bandi, a questi bandi non si presentano perché le condizioni economiche non sono dignitose per offrire non solo il tetto e la casa, ma tutto ciò che va attorno all’accoglienza, le stesse Prefetture sono costrette a implementare il valore pro capite e pro die, contravvenendo, diciamo così, ad alcune cose che sono propagandate come un elemento, il pugno duro nei confronti dell’accoglienza; un pugno duro che si trasforma nel far diventare le navi delle ONG un taxi del mare; un taxi del mare non tanto perché organizzano delle crociere, come qualcuno ha detto in quest’aula, dei momenti di trasferimento di persone da costa a costa, ma taxi del mare perché vengono costrette a viaggi ulteriori rispetto a quella che è stata la raccolta, portati a Ravenna, ma io penso anche all’invio recentemente di una nave dal Canale della Sicilia, dal Canale di Sardegna fino a La Spezia per poi caricare su un pullman le duecento persone arrivate al porto di La Spezia ed essere ritrasferite in Puglia.

Il sospetto viene che questa non sia una questione solo ed esclusivamente di organizzazione. Non mi appassiona il fatto che possano essere scelte città di un colore o di un altro, però è chiaro che è un accanimento nei confronti di chi salva le vite in mare. Si tratta di un salvataggio che è dovuto dalla legislazione internazionale, un salvataggio che non si riesce a mettere in campo attraverso quelle che sono le forme “ufficiali” garantite dello Stato, perché comunque anche oggi all’Europa non stiamo chiedendo, con questo Governo, di ripristinare le missioni di Mare Nostrum. Stiamo chiedendo di continuare a potenziare quella del controllo delle frontiere, non il controllo e il recupero delle persone, le ONG intervengono in mare perché non c’è uno Stato, una Comunità europea che in questo momento sia in grado di intervenire in mare e salvare delle vite, e purtroppo abbiamo visto come questo possa accadere.

Un’Unione europea che in questo momento continua ad essere divisa su questo fronte, proprio a partire da quegli Stati che questo Governo in qualche maniera trova amici, perché nel momento stesso in cui, anche raggiunti gli accordi di ridistribuzione sul territorio europeo delle persone giunte in Italia, gli stessi Stati oggi amici del Governo Meloni (penso in particolar modo all’Ungheria di Orban)sono i primi a non voler raccogliere quell’impegno che faticosamente in Unione europea si è raggiunto di una condivisione di questo stato di cose, che non voglio più chiamare emergenza, ma che deve essere invece trasformato in una capacità non solo di accoglienza, ma anche di raccordo, di programmazione, di intervento strutturale sul territorio italiano, ma anche sul territorio europeo.

Un ragionamento che oggi non viene ancora fatto perché vige (qui sono colpevoli anche - credo - i Governi di Centrosinistra) una legge, la Bossi Fini, che non consente un ingresso regolare di persone sul nostro territorio, anche nello stesso momento in cui le nostre imprese, aziende, mondi hanno bisogno di trovare delle persone che possano lavorare in una maniera semplificata, non così complicata come adesso.

Ecco perché penso che davvero i richiami che l’assessore Taruffi ha fatto questa mattina alla necessità di costruire un raccordo più stretto all’interno della Conferenza Stato Regioni, un raccordo più stretto con le comunità locali, gli Enti locali su cui si scaricano questi arrivi inevitabilmente, che hanno impatto sui servizi sociali dei Comuni, sulla capacità di integrazione dei territori stessi.

Ci ricordiamo anche come, nel momento stesso in cui noi continuiamo a gestire tutto come un’emergenza, quindi come un problema di ordine pubblico e quindi come una questione da allocare all’interno della competenza delle Prefetture, questo diventi più complicato da gestire nella fase di integrazione, mentre invece credo e penso che sia più corretto provare a potenziare il sistema di accoglienza, il cosiddetto SAI, che chiaramente ha costi diversi, ma vede capacità di integrazione maggiore.

Penso che sia arrivato anche il momento di riconoscere alle tante lavoratrici e lavoratori sul territorio regionale delle cooperative sociali, che hanno fatto un lavoro encomiabile dal punto di vista della costruzione, della mediazione, dell’accoglienza e dell’integrazione nel corso di questi lunghissimi anni, che non sono solamente recenti e relativi agli sbarchi più prossimi, un lavoro incredibile, un lavoro che comunque non riguarda solo ed esclusivamente chi arriva via mare, ma anche chi arriva quotidianamente via terra che, vorrei ricordare, è la stragrande maggioranza delle persone.

Il numero degli arrivi via mare, soprattutto quello legato all’arrivo tramite i soccorsi messi in atto dalle organizzazioni non governative, dalle ONG, da questi soggetti, che sono spesso e volentieri tanto esecrati è davvero minoritario, numericamente in termini assoluti, numericamente in termini percentuali. Impedire a queste di salvare delle vite o trovare il modo di introdurre degli ostacoli penso che non dia dignità, secondo me, a un ragionamento invece più oggettivo, propositivo in una soluzione che è stata richiamata anche oggi, molto delicata, molto complicata da gestire, da un richiamo, diciamo così, di coralità delle Istituzioni sia italiane che europee, che non può più essere rimandato.

Quindi, io credo che quello che la Regione Emilia-Romagna ha fatto, continua a fare oggi e continuerà a fare domani dovrà essere frutto anche di un confronto più stretto con il Governo per quanto riguarda la gestione, per esempio, degli approdi, non da ultimo quello di Ravenna. Credo che ci sia bisogno anche di un coinvolgimento, diciamo così, di programmazione per quanto riguarda i flussi proprio delle stesse Regioni, proprio per raccogliere quelle che sono le necessità dei territori e che ci sia effettivamente un impegno corale in sede europea per chiedere dei cambiamenti profondi e radicali nella politica migratoria che non può più essere considerata come emergenza, ma come tema strutturale a cui non si può rispondere, appunto, come si è risposto negli ultimi anni. Grazie.

 

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ZAMBONI

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliera Maletti.

 

MALETTI: Grazie, presidente. Grazie anche all’assessore Taruffi, che ci ha dato la comunicazione rispetto allo sbarco a Ravenna, ma anche nella situazione più complessa che ci troviamo oggi ad affrontare. Come abbiamo detto, anche il dramma che è successo negli ultimi giorni rispetto a questi bambini, a queste donne, a questi uomini che sono morti, ma insieme a loro dobbiamo ricordare anche le migliaia di persone che sono morte nel Mar Mediterraneo in questi anni, come anche tutte quelle che sono morte nel percorso a piedi, di centinaia di migliaia di chilometri fatti per cercare di raggiungere il territorio europeo.

Questa Europa oggi è il continente che dà più tutele e anche più opportunità rispetto al futuro di donne, di uomini e di bambini. Noi siamo stati fortunati, siamo nati nel continente che dà più opportunità, non dimentichiamocelo mai, in un’Italia che è uno degli Stati che dà più opportunità, in una Regione che è tra quelle che danno più opportunità. i

Io mi ricordo nel 2011-2012, quando c’è stata l’emergenza Nord Africa, che anche allora sono arrivate tante persone, logicamente con dei flussi non programmati, ma semplicemente persone che cercavano per loro un’opportunità di futuro, di vita migliore. Oggi, con le guerre, con la fame, con la siccità che sta producendo ancora più malessere in tutto un insieme di Stati, questa immigrazione logicamente aumenta, ma non dimentichiamo all’inizio del secolo scorso, ma anche durante la prima guerra mondiale quante persone dell’Emilia-Romagna, delle nostre città, delle nostre montagne hanno deciso di emigrare per avere un futuro migliore.

Oggi, come ci ha detto l’assessore, dobbiamo fare un’analisi e richiesta di un’equa distribuzione, anche negli anni 2011, 2012 e 2013 ci fu un problema di equa distribuzione, perché logicamente alcune Regioni, Emilia-Romagna e Lombardia in primis con più opportunità, hanno la maggior parte di persone che vengono. Ricordo che allora per alcune Province come Modena, Bologna e Ferrara che erano appena state colpite dal terremoto chiedemmo un tema di salvaguardia per quei territori, che non erano capaci e in grado di dare ospitalità, di dare accoglienza, di dare opportunità.

Oggi non ci troviamo in quella situazione, però abbiamo comunque un tema di equa distribuzione, perché se noi facciamo dei grossi contenitori, diamo una coperta, diamo da mangiare, ma non siamo in grado di dare delle grandi opportunità.

Come diceva il consigliere Amico che mi ha preceduto, dobbiamo anche rispondere ad alcune esigenze che ci sono nei nostri territori. Abbiamo delle persone che scappano per necessità dai loro Stati, dalle loro famiglie, dai loro territori, dalle loro comunità. Bene, qui dobbiamo essere in grado di dare loro una formazione, ma anche di portarli verso un’autonomia.

Possiamo farlo solo se in ogni luogo parliamo di piccoli numeri, altrimenti non ci riusciamo, per dare a loro, ma anche a noi un’opportunità.

Credo che serva implementare un confronto politico, perché solo se Ministeri, Regioni e Comuni, ma anche imprese, associazioni, comunità, in una logica di prossimità riescano a dare delle risposte, altrimenti ci saranno dei territori che subiscono delle presenze, ma che non riescono a dare delle reali opportunità. Questo non avrebbe senso, perché noi perderemmo un’occasione, ma non daremmo neanche un’occasione a coloro che vengono.

Vorrei rispondere anche rispetto a quello che diceva il consigliere Tagliaferri questa mattina: “solo la Destra è al fianco delle forze dell’ordine e della magistratura”. No. Anche il Centrosinistra è al fianco delle forze dell’ordine e della magistratura quando fanno le operazioni contro gli scafisti che approfittano di persone che hanno bisogno e che scappano, ma sicuramente non quando fanno delle valutazioni che io non condivido rispetto a un tema di ONG o rispetto anche a qualche sacerdote che cerca di fare una testimonianza per aiutare le persone.

Su questo cerchiamo sempre di usare un tema di valutazione per ogni singola opportunità o singola valutazione. Anche il Centrosinistra è contro le persone che lucrano, ma io (e credo anche tanti di noi) sono sempre al fianco delle persone che cercano un’opportunità e che sono costrette a scappare.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliera Zappaterra.

 

ZAPPATERRA: Grazie, presidente. Pochissimi minuti perché credo che il dibattito sia stato assolutamente interessante ed esaustivo il confronto e non ho molto da aggiungere rispetto a quanto già detto dai colleghi del Partito Democratico che sono intervenuti piuttosto che i colleghi di maggioranza.

Poche parole per rigettare il sospetto, se non l’accusa, che la discussione di oggi sia uno scaricabarile rispetto al Governo e a come sta operando, perché siamo una Regione che da tempo attua politiche di emergenza e di accoglienza dei migranti, le ha sostenute con leggi e provvedimenti di programmazione che alla fine ci hanno portato oggi ad avere un sistema regionale organizzato tra tutte le Istituzioni interessate con il coinvolgimento del mondo del volontariato, del terzo settore, rispettoso delle normative nazionali, ma soprattutto rispettoso delle persone e dei diritti umani.

Non abbiamo mai avuto paura a parlare di immigrazione negli anni passati, non abbiamo mai avuto paura di affrontare il tema senza nasconderci dietro il fatto che non sia anche un problema e una sfida di questi tempi quella dei migranti, ma l’abbiamo fatto davvero con i fatti, con le politiche e con le scelte praticate.

Vorrei essere chiara rispetto alla discussione, per come è partita stamattina: non stiamo discutendo dell’opportunità o meno dello sbarco a Ravenna, stiamo discutendo del perché sono stati in mare, su un barcone, a rischio della vita più giorni rispetto al necessario, rispetto alla programmazione di un attracco di un porto sicuro di un’altra Regione, di un altro territorio. Vorrei essere chiara: la discussione è su questo oggi, e la richiesta di chiarezza al Governo credo sia assolutamente legittima.

Anche per gli sbarchi a Ravenna, come Regione abbiamo svolto con efficacia il nostro ruolo, con competenza, con convinzione, con umanità e non abbiamo, come dicevo, mai contestato il fatto che l’accoglienza si svolgesse a Ravenna, però un dubbio sul perché siano arrivati a Ravenna, sul perché le navi delle ONG siano state costrette a percorrenze superiori a quelle di approdi comunque sicuri e molto più vicini è un tema che come Assemblea legislativa, come Giunta (ringrazio l’Assessore Taruffi per l’esaustiva informativa) è giusto che ci poniamo.

Siamo una Regione solidale, lo siamo stati sempre e - voglio dirlo chiaro - lo siamo stati sempre a prescindere dal colore del Governo di turno, anzi, paradossalmente, ci siamo trovati con i nostri Governi e arrivavano gli sbarchi perché eravamo una regione accogliente, solidale e umana, il Governo non è nostro, ma comunque ha approfittato dell’umanità dell’Emilia-Romagna, ma soprattutto della rete, della capacità e della competenza con cui noi svolgiamo il ruolo che ci compete. Per noi vengono prima le persone, vengono prima le vite umane, vengono prima nel rispetto delle norme nazionali come delle norme europee, ma noi abbiamo questo al centro dei nostri pensieri.

Io credo sia legittimo chiedere al Governo che ci sia un criterio chiaro e trasparente rispetto agli sbarchi. Certo, non ci sono sbarchi solo in Emilia-Romagna, e mi interessa poco del colore politico delle Regioni in cui vengono ospitati, però, che le Regioni e gli Enti locali siano fuori da questo meccanismo di chiarezza penso che sia un errore e penso che dobbiamo dircelo. Io penso che non sia scandaloso chiedere che le Regioni vengano coinvolte sui criteri che vengono utilizzati per queste decisioni. Credo che serva certamente un piano di gestione e di distribuzione, così come serve assolutamente una strategia di integrazione per i migranti che rimangono sul suolo italiano.

Me lo diceva anche il collega Rancan stamattina. Abbiamo bisogno di dargli delle risposte, delle opportunità e quindi non possiamo lasciare a livello emergenziale la gestione di questo tema.

Vorrei evitare di dirlo, ma non posso fare a meno di ribadire – è già stato detto da molti colleghi – che il ministro Piantedosi ha sbagliato nella sua dichiarazione a pochi minuti dal dramma di domenica. Stamattina forse nei verbali è anche passato da naufragio a nubifragio, perché non abbiamo fatto la sottolineatura, ma non vorrei che qualcuno che legge i verbali tra qualche mese pensasse che abbiamo fatto un minuto di silenzio per un nubifragio, l’abbiamo fatto per un naufragio.

Lui è riuscito a dichiarare, e mi chiedo come sia possibile, che vengano organizzate traversate di questo tipo, spingendosi fino al punto di coinvolgere donne e bambini in traversate che si rivelano tragicamente pericolose. Ma l’ha detto come se stesse davvero parlando di persone che si imbarcano per una crociera o un viaggio di piacere e non un viaggio della speranza per fuggire da guerre, violenza, fame e disperazione. Anche il modo in cui vengono rilasciate le dichiarazioni è sintomatico della sensibilità con la quale si affronta il problema.

Aggiungo un mio personale pensiero, che io credo che sia inaccettabile. Certamente siamo tutti d’accordo sul fatto che andrebbero evitate le partenze. Benissimo. Dopo arrivo anche a questo. Personalmente credo che davvero sia inaccettabile l’alternativa tra pensare che la scelta sia lasciarli nei campi in Libia in condizioni disumane o lasciarli affondare nel Mediterraneo.

Io penso che uno sforzo in più per chiedere corridoi umanitari efficaci sia uno sforzo che dobbiamo fare, come dicevamo tutti prima molte di queste persone sono davvero in fuga dalla guerra e dalla povertà nei loro Paesi d’origine, hanno bisogno di assistenza internazionale per una soluzione sostenibile ai loro problemi.

Certo, questo vuol dire affrontare le cause sottostanti all’immigrazione, compresa la situazione politica ed economica nei loro Paesi di origine, ma vuol dire anche farli arrivare vivi se partono, e non tenerli su una nave a rischio più a lungo di quanto sia necessario, per essere sicuri che approdino in Emilia-Romagna, dove di sicuro vengono trattati come esseri umani, a prescindere dalla provenienza e dal colore della pelle.

Io credo che uno sforzo in più sui corridoi umanitari permetterebbe di evitare la pericolosissima traversata del Mediterraneo, ridurrebbe il rischio di sfruttamento e di traffico di esseri umani.

In Europa i corridoi umanitari sono stati avviati, sono stati avviati in Francia e ne abbiamo fatti anche in Italia, il loro utilizzo è ancora molto limitato rispetto alle esigenze, perché molti Paesi europei continuano ad essere riluttanti ad accogliere i migranti anche in situazioni di emergenza umanitaria, alcuni Paesi europei tengono più a proteggere i confini che non a pensare ai diritti umani.

Questa mattina ho sentito la domanda "cosa fa l’Europa?". L’Europa siamo noi, l’Europa sono i Paesi che ne fanno parte, e, se in Europa l’Ungheria ha l’approccio che ha, ma non voglio entrare nel merito, è chiaro che non possiamo pensare che l’Europa risolva i problemi quando gli stessi Paesi membri partono da posizioni molto distanti nell’affrontare questo tema.

Non voglio essere lunga, presidente, la discussione è già stata impegnativa, è giusto ascoltare il presidente, che ha sempre dato un contributo al dibattito in modo molto chiaro rispetto al carico che ci siamo sempre presi noi, e non è quello il problema, però credo davvero che un criterio più trasparente attraverso il quale coinvolgere le Regioni, gli Enti locali, i Comuni, le stesse Prefetture, che sono spesso in difficoltà a stare nella filiera istituzionale, consentirebbe davvero ad ognuno di questi Enti, così come al terzo settore, di svolgere al meglio il proprio mestiere in modo più costruttivo.

Ecco, siccome tutti accolgono e io riconosco che tutti accolgono, spero anche che lo facciano tutti in proporzione alla popolazione residente, su questo ho qualche dubbio, però convinta della buona fede che tutti stiamo mettendo in questa discussione, spero che ci potremmo trovare d’accordo nel chiedere al Governo di avere dei criteri un po’ più trasparenti e nell’affrontare l’emergenza sbarchi anche uscendo dal criterio dell’emergenzialità.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliere Cuoghi.

 

CUOGHI: Grazie, presidente.

Potremmo dire che con questa discussione siamo partiti dal porto di Ravenna e siamo arrivati al porto di Smirne, perché dovevamo parlare dell’accoglienza dei migranti in Emilia-Romagna e abbiamo parlato più in generale di quello che è il problema o il fenomeno dell’immigrazione. Va bene, è giustissima questa cosa. Anzi, è molto bella, perché credo che questo sia il posto deputato, che abbia questa vocazione proprio di scambio delle idee e delle opinioni e anche dei punti di vista e delle visioni che si hanno su quello che, però, dobbiamo ammettere dalla ricchezza anche della discussione che c’è stata oggi essere certamente un problema.

Non è scontato riconoscere questa cosa perché per tanto tempo, per anni ci siamo sentiti dire dai Governi, dalle maggioranze che si sono susseguite al Governo che l’immigrazione non era un problema, che era una risorsa, che era un qualcosa che portava un vantaggio alla nostra nazione.

Invece oggi ci stiamo accorgendo, stiamo ammettendo forse per molti aspetti che legata all’immigrazione ci sono tanti, parecchi e grossi problemi, perché se le persone sono sicuramente da aiutare, se le persone vanno tratte in salvo, se le persone vanno tolte dalle situazioni di pericolo gli va fornita una prima assistenza, gli va fornito un aiuto, gli va fornita anche una possibilità e un’opportunità di uscire dalla situazione in cui si trovano il fenomeno è e rimane un problema.

Come tale, come fenomeno va governato. Il fenomeno va governato e questo Governo finalmente sta prendendo in mano questo fenomeno e sta portando avanti delle azioni, certamente non risolutive, insomma. È da poco che si è insediato questo Governo e sta per il momento portando dei correttivi in base a quelle che sono le proprie competenze.

Certo, non può prendere decisioni per quello che riguarda tutta l’Europa o tutto il bacino del Mediterraneo, ma per quello che riguarda l’organizzazione interna propria sicuramente sì.

Mi riferisco in particolare al decreto chiamato "decreto ONG" o "decreto Piantedosi", come volete, di cui si è parlato parecchio in questa Assemblea, per lo più criticando questo decreto.

Probabilmente avrà degli aspetti da migliorare e da correggere, però vorrei portare un esempio e fare un parallelismo con un’altra modalità di soccorso, che è come avviene il soccorso sanitario con le ambulanze nel nostro territorio. L’assessore Donini se fosse presente lo potrebbe confermare: quando viene inviata un’ambulanza a soccorrere una persona, l’ambulanza che arriva presta il primo soccorso, per cui quella persona è considerata "salva", nel senso che tutto quello di cui ha bisogno sul momento viene fornito dall’equipaggio di questo primo mezzo che arriva, che, stabilizzato il paziente, lo carica e lo porta nell’ospedale che può dare le migliori cure in base alla tipologia di infortunio che è stata riscontrata.

Il decreto Piantedosi sostanzialmente funziona più o meno alla stessa maniera, nel senso che, una volta trovato un relitto, dei naufraghi, un barcone in situazioni di pericolo, raccoglie questi migranti e li va a portare nel porto dove possono avere l’assistenza e le cure migliori, che ovviamente non può essere sempre Lampedusa che sappiamo essere stata al collasso praticamente per anni, ma che possono essere porti diversi dove, come ci ha riferito anche l’assessore Taruffi, in poco tempo si è potuta organizzare un’accoglienza e una gestione di queste persone.

Capisco le lamentele delle ONG che preferivano rimanersene in mare magari per altri giorni, completare il carico e ricevere segnalazioni di altre imbarcazioni e poi dopo andare nel porto più vicino, ma questo avrebbe certamente ritardato di giorni, a volte anche di settimane, lo sbarco a terra dei primi profughi che venivano raccolti, e questo non era sicuramente bene.

Certo, ora devono fare più miglia di mare, e qualcuno si lamenta perché questo ha costi maggiori, serve più carburante e tutto quanto, ma stiamo parlando.

Comunque, questo ha dei costi maggiori, serve più carburante e tutto quanto. Stiamo parlando sempre di vite umane. Secondo me, andare a speculare sulla quantità di carburante, quando, invece, dovremmo parlare di salvare delle vite umane mi sembra veramente una questione anche di cattivo gusto. Così come trovo di cattivo gusto anche tante critiche che sono state elevate al ministro, dove, a fronte di una dichiarazione sicuramente discutibile, c’è stato un fuoco di fila probabilmente esagerato.

Parliamo di un ministro dell’interno svegliato di notte che va su una spiaggia e si trova davanti un tale disastro. Sfido chiunque ad avere la lucidità di misurare le singole parole. Probabilmente qualcosa sarebbe scappato a molti di noi. Sicuramente a me sarebbe scappato. Poi è facile dopo commentare questo magari dai nostri discorsi preparati scritti e riletti, eccetera, però, credo che la situazione fosse ben diversa. L’invito che io faccio è di misurare quelle che sono le azioni e quelli poi che sono gli effetti che queste azioni portano, anche perché, come ci ricordava prima l’assessore Taruffi, dall’inizio dell’anno sono quasi triplicati gli arrivi rispetto all’anno precedente. Questo significa, però, una cosa, che questo decreto che stiamo contestando sta di fatto portando una sicurezza in quella che è una traversata.

Sembra paradossale dirlo, ma pochi giorni dopo il naufragio che abbiamo celebrato questa mattina… Ricordiamoci che questa era una rotta completamente diversa da quelle che sono le rotte africane, presso cui operano le ONG tramite il Canale di Sicilia.

Allo stesso tempo, credo che vada riconosciuto al Governo di aver avuto una visione più ampia del problema. È proprio un discorso che riguarda la situazione di partenza e le opportunità che possono avere nel loro Paese o nei luoghi di provenienza queste persone, che sicuramente adesso non ci sono.

La presidente Meloni ha parlato più volte, e anche recentemente, di quello che è un nuovo Piano Mattei per il Mediterraneo, cioè un qualcosa che porterebbe a uno sviluppo all’interno dei Paesi africani e che porterebbe anche un ruolo molto importante all’Italia.

Questo potrebbe dare veramente un’opportunità a chi adesso fugge, a chi adesso non ha opportunità, a chi adesso deve cercare fortuna da qualche altra parte.

L’invito che quindi mi sento di fare è questo, cioè quello di dire che per tanti anni abbiamo avuto sostanzialmente lo stesso modo di trattare e di gestire il problema dell’immigrazione e, anche se con piccoli correttivi, con qualche variazione, abbiamo sempre avuto gli stessi problemi, cioè problemi di inserimento una volta arrivati, problemi di morti in mare, sempre più persone che volevano partire perché non si risolvevano le condizioni nei loro Paesi di origine.

 Forse, adesso che si apportano dei correttivi, sarebbe il caso di provare per una volta a remare tutti nella stessa direzione, provare a sostenere queste nuove idee, perché, al di là di qualche litro di carburante, capisco anche legittimamente un’idea che si è sostenuta per anni e che si vuole continuare a sostenere, però forse qui la posta in gioco è molto più grande e più importante, perché stiamo parlando di vite umane.

Credo che nei confronti di queste persone un po’ di unità e un cercare di andare tutti nella stessa direzione sia una buona cosa che potremmo fare insieme. Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliere Pelloni.

 

PELLONI: Grazie, presidente.

Cerco di aggiungere solo a quello che i colleghi dell’opposizione in buona sostanza hanno già detto, quindi non sto a ripetere molte delle cose corrette che sono state dette. Ovviamente la discussione è partita dal porto di Ravenna, dall’accoglienza al porto di Ravenna, si è parlato della tragedia dell’altro giorno purtroppo sulle coste crotonesi e si è ovviamente parlato del tema del decreto ONG, quindi argomenti diversi.

Quello che voglio aggiungere, visto che è stato citato da un collega questa mattina nel dibattito, che il Papa emerito, Benedetto XVI, l’aveva già detto, ma l’ha detto anche Papa Francesco, visto che è stato citato questa mattina non più tardi del 29 settembre 2022, che alla Conferenza internazionale sui rifugiati e i migranti - cito testualmente – “È importante (dice Francesco) riflettere sulle cause dei flussi migratori e sulle forme di violenza che spingono a partire verso altri Paesi. La questione non è solo quella dell’accoglienza, quindi, ma anche quella delle cause della migrazione e su queste si deve lavorare”, quindi il diritto a non emigrare, già più volte ripetuto in diversi passaggi, i colleghi l’hanno detto. È del tutto evidente, e parliamo all’indomani, purtroppo, di una tragedia, di morti in mare, parliamo di 1.600 morti solo nel 2022, parliamo di 3.800 morti quando c’era un Governo in carica di Centrosinistra nel 2016. Nel quinquennio 2013-2018 parliamo di quasi 15.000 morti in mare, purtroppo.

Non bisognerebbe parlare dopo una tragedia, a caldo, o prospettare delle soluzioni a caldo all’indomani di una tragedia perché, altrimenti, si rischia di non essere troppo forse lungimiranti e razionali.

Il problema delle partenze oggi comporta che più partenze ci sono, più morti ci sono. Questo ormai è abbastanza evidente.

Faccio un passaggio e dico una cosa che certamente non è facile, certamente il Governo ci sta provando, ma credo che anche le Regioni debbano fare la loro parte, perché lo prevede la Costituzione. L’articolo 117, secondo comma, prevede che concorrano anche le Regioni al diritto internazionale e ai rapporti con l’Unione europea, non solo lo Stato. Lo prevede la Costituzione.

Da quel punto di vista, il fermare le partenze deve essere un obiettivo dell’intera Unione europea e ovviamente la Regione deve fare la propria parte. Solo così potremo cercare di diminuire la prima causa di morte in mare, cioè le partenze, non l’accoglienza.

Concludo dicendo che oggi c’è un bell’articolo del vicedirettore de La Verità, Francesco Borgonovo, che tratta la questione lungamente sul tema di quello che è successo, soprattutto della tragedia.

Parla, l’ha già detto bene prima il collega Cuoghi, del fatto che questa era la tratta dell’Egeo e dà degli altri numeri. Su 29.000 migranti nella rotta dell’Egeo, 18.000 sono venuti in Italia, proprio perché c’è un diverso tipo di accoglienza. Mentre noi oggi comunque parliamo di accoglienza che c’è stata al porto di Ravenna, ci sono Stati dell'Unione europea che non accolgono oppure mettono delle persone ferme in alcuni campi e quindi spingono le persone addirittura al rischio della rotta dell’Egeo, portando delle tragedie come vediamo.

Paragonare, come è già stato detto prima, la tratta delle ONG alla tratta dell’Egeo è improprio, perché in quella tratta non operano, quindi si è parlato a lungo del decreto ONG, ma non è il caso, purtroppo, della tragedia.

C’è da dare merito alla nostra Guardia Costiera, alla Guardia di Finanza e a tutti coloro che quotidianamente salvano vite in mare, perché - dobbiamo ricordarcelo - la stragrande maggioranza dell’accoglienza parte con delle persone dello Stato che rischiano anche del proprio ad andare a recuperare persone che per disperazione partono sulle cosiddette "carrette del mare", su imbarcazioni che difficilmente possono fare quelle tratte.

Difficilmente quella tragedia con le ONG avrebbe potuto essere evitata, se non sono riuscite le nostre motovedette attrezzate, non credo che delle ONG con personale non militare e non addestrato e equipaggiato potessero in quel momento farlo, la controprova non l’abbiamo, però ad oggi il salvataggio in mare deve essere fatto da persone dello Stato, non da ONG improvvisate o che lo fanno per altro.

 Solo per ribadire quindi che oggi, se vogliamo tornare a parlare in maniera responsabile e seria, cercando di vedere cosa possiamo fare per evitare delle morti in mare, non devono partire, non ci devono essere delle rotte dell’Egeo piuttosto che del Mediterraneo o dell’Africa.

Certamente quando c’erano altri Governi ricordo che il modello dell’accoglienza era diverso, a mio avviso anche più trasparente, perché quando c’è stato il problema della guerra in Libia nel sistema di accoglienza forse c’è stato meno sperpero di denaro pubblico, perché l’accoglienza era direttamente data agli Enti locali anziché a delle cooperative improvvisate e quant’altro.

Quello era stato un modello di emergenza positivo, un modello emergenziale e di accoglienza dove non ci sono stati sperperi di denaro pubblico, quindi avremo da parlare dell’accoglienza per cercare, da qui in avanti, di evitare delle morti in mare. Per evitarle dobbiamo evitare le partenze. Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): È conclusa la discussione generale, perché non vedo nessun iscritto.

La parola adesso al presidente, Stefano Bonaccini, per la replica. Comunico che è arrivata anche una risoluzione conclusiva del dibattito dal titolo “Risoluzione per impegnare la Giunta a chiedere al Governo di superare la modalità emergenziale con cui vengono affrontati gli arrivi delle persone migranti e vengono aperti i canali legittimi e programmati di arrivo nel nostro Paese”.

La parola al presidente.

 

BONACCINI, presidente della Giunta: Grazie, presidente.

Pensavate di liberarvi di me, ma…

Grazie a Igor Taruffi per la comunicazione di questa mattina. Grazie a tutti voi per il dibattito molto ampio che c’è stato. Vorrei che ci ricordassimo sempre che ognuno di noi due cose non le può decidere nella vita: dove nascere e da chi nascere.

Vorrei anche ricordassimo – stavo parlando prima con il presidente della Consulta Fabbri per un viaggio che avremo a breve, una missione in Sudamerica, in cui toccheremo Buenos Aires, dove credo il 40 per cento persino dei cittadini siano di origine italiana – che siamo stati una terra di migranti, di forte emigrazione. Anche da ultimo a New York o a San Francisco nelle ultime due missioni sono stato a incontrare le comunità orgogliose di italiani a New York in particolare arrivate già tantissimo tempo fa. Mia mamma stessa è stata migrante perché nel dopoguerra, nel primo dopoguerra non c’era da mangiare, nemmeno in provincia di Modena, a sufficienza per tutti.

Credo, quindi, che dobbiamo avere sempre un grande rispetto e una grande memoria per chi fugge e nella quasi totalità dei casi fugge dalla miseria e dalla disperazione, dalle guerre, dalle persecuzioni.

Credo che in questo ragionamento noi dovremmo provare, anche con rispetto, ovviamente, tra di noi, a passare dall’emergenza alla gestione. Penso che non possiamo continuare a intervenire, cosa che peraltro va fatto in emergenza, ma bisogna avere una capacità di stabilire, organizzare e costruire una gestione molto puntuale.

Avete visto che il numero degli arrivi anche in questi primi mesi del 2023 è triplicato, non siamo ancora in un'emergenza da definire invasione, ma temo che con il bel tempo, se i numeri di previsioni di crescita sono questi, potremmo rischiare davvero un’emergenza da dover gestire, superiore a quella di oggi.

Non abbiamo o almeno io non conosco da Presidente dell’Emilia-Romagna un piano degli sbarchi. Con quale criterio sono stati scelti e vengono scelti i porti sicuri? C’è un pregiudizio politico? Io spero ovviamente di no, però guardo dove sbarcano, soprattutto dove fanno sbarcare le navi cosiddette ONG, e viene da chiedersi come mai quasi esclusivamente in città dove ci sono porti e in quelle città la gestione amministrativa è del Partito Democratico o del Centrosinistra.

Io credo che, per togliere pregiudizi o risposte inevase o persino qualcuno che voglia strumentalizzare a torto, sarebbe bene ci si spieghi e ci si faccia vedere. Io ho chiesto al ministro Piantedosi che si venga in Conferenza delle Regioni e poi Stato Regioni unificata, dove i Comuni e le Province sono presenti, i Comuni in particolare con i sindaci in prima fila, quando avvengono questi sbarchi, con le loro Amministrazioni,  indipendentemente, ovviamente, dall’appartenenza politica, se si viene lì, sono rappresentati gli Enti locali, sappiamo che nei Comuni la grande prevalenza è di amministratori di Centrosinistra, ma nelle Regioni con l’ultima vittoria nel Lazio sono 16 su 20 le Regioni governate dal Centrodestra.

Non abbiamo un piano di distribuzione accoglienza, anche questo non è dato conoscere e sapere, e noi, numeri alla mano, mi pare siamo davvero la Regione più accogliente, cosa della quale vado orgoglioso. Quando parlo di accoglienza complessiva, non cito solo il tema degli sbarchi, potrei citare gli ucraini, sapete che ad un certo momento un quarto dei profughi, per il 98 per cento donne e bambini, ragazzi e ragazze, è venuto verso l’Emilia-Romagna.

Io sono davvero convinto che noi abbiamo il dovere di fare quello che stiamo facendo, e abbiamo però il dovere anche di pretendere da amministratori pubblici di avere questo.

Piano degli arrivi: in quali porti, perché, come è distribuito. Piano di distribuzione e accoglienza, perché è giusto che ci si faccia carico di distribuirli sul territorio nazionale. Quando sono arrivati, insieme alle Prefetture abbiamo organizzato già l’ultimo dell’anno, non solo la seconda volta, una distribuzione in tutti i territori della regione, come era giusto che fosse.

Non c’è un Piano efficace di gestione dell’accoglienza. Come ha ricordato l’assessore Taruffi, il SAI dovrebbe essere lo strumento ‒ mi pare ‒ di accoglienza o, comunque, che garantisca tutto questo, anche lo strumento di via preferenziale per una distribuzione diffusa nei centri. Invece è il CAS lo strumento più utilizzato. Noi abbiamo visto che non funziona. Non funziona perché le risorse che vengono assegnate e la base d’asta per l’assegnazione sono insufficienti. Non a caso si procede praticamente sempre in deroga. Se pensate, è una contraddizione in essere il fatto stesso che io lo dica. Lo dicono i Prefetti. Attenti. Non ne faccio una questione di opinione e di contrapposizione politica. Lo dicono loro, cioè i rappresentanti dello Stato nei territori.

Vedete, ho già messo insieme una serie di cose ‒ i Piani, l’accoglienza, gli strumenti ‒ che rischiano di dire e di farci dire che, purtroppo, siamo in una situazione che va affrontata e risolta.

Noi siamo una Regione accogliente e solidale, anche se, come ho detto, vogliamo capire la strategia. Ho detto al ministro e, per suo tramite, al Governo, me l’avete sentito dire pubblicamente, che ogni volta che si bussa alla porta dell’Emilia-Romagna noi rispondiamo “presente”. La solidarietà e l’umanità non si danno a corrente alternata, a seconda del colore politico che te lo chiede. Si danno sempre e comunque. E noi andiamo orgogliosi di darlo sempre e comunque.

Tra l’ultimo dell’anno e poche settimane dopo, due sabati fa, mi pare, noi abbiamo ospitato, fatto sbarcare, contribuito a far sbarcare poco meno di 200 migranti. La prima volta erano soprattutto donne e ragazzi. Addirittura c’erano, vado a memoria, tre neonati. Il più piccolino aveva tre settimane di vita. La seconda volta c’erano soprattutto minori non accompagnati (mi pare 58) e una parte rilevante di quelli sbarcati aveva la scabbia, che, se ci pensate, già dirlo richiama tempi drammatici. Come diceva Francesca, ricordiamoci sempre dove viviamo, come eravamo, come stiamo, per fortuna molto meglio che da altre parti in questo continente, ma anche le condizioni di decenni fa per quel tipo di malattia in tutte le parti del mondo, non esenti noi.

Io devo ringraziare Igor Taruffi e Irene Priolo in particolare per la Giunta, perché hanno organizzato per tramite e per delega, insieme ai Prefetti, insieme al Ministero, ovviamente coinvolgendo nel ringraziamento funzionari e dirigenti di questa Regione, alcuni dei quali erano in ferie e sono tornati apposta doverosamente, con grande sensibilità.

Sono stato la seconda volta di persona, perché volevo rendere plastico l'impegno delle Istituzioni, non perché ci fosse bisogno di me sulla banchina del porto in quanto tale, ma da presidente ho sentito il dovere di esserci. Dobbiamo ringraziare ovviamente le forze dell’ordine, i Vigili del fuoco, l’ASL Romagna con i suoi medici e i suoi infermieri, ringraziare tutti i volontari del sistema di Protezione Civile, delle associazioni di volontariato, che hanno davvero dato una mano e si sono prodigati in una gara di solidarietà che ha fatto molto bene anche per dimostrare qual è il cuore, il sentimento dell’Emilia-Romagna, ovviamente il sindaco De Pascale, gli amministratori locali, le Amministrazioni locali, in due momenti, che ci sono stati richiamati e con apprezzamenti dal Ministero e dal Governo stesso.

Io sono d’accordo con una gestione europea degli arrivi e della distribuzione, quando Giorgia Meloni è andata in Europa a chiederla ho detto che ha fatto bene. Bisogna però ricordare - fatemelo dire - che noi non abbiamo (quando dico noi intendo l’Istituzione, la parte politica che rappresento) mai gridato però "prima gli italiani" o "è finita la pacchia", e, se ci fate caso, le prime risposte in Europa sono state "prima gli svedesi", "prima gli ungheresi", con un tira e molla che nessuno ha risolto anche prima, nessun Governo di prima, ma che deve vedere noi continuare a chiedere, spero questa volta tutti insieme, all’Europa un di più di umanità e di solidarietà. Non si può essere uniti solo dalla moneta unica. Servono anche politiche di accoglienza che, se vedessero tutti i Paesi impegnati, aiuterebbero qualsiasi Paese. Io sono il primo a dire che l’Italia da sola non può farcela se arriva un’ondata migratoria con numeri superiori a questi, a farcela da sola e a poter ospitare chiunque in nome solo della sua posizione geografica. Se, invece, tutti dessero una mano, noi potremmo, con umanità, distribuire i migranti nel suolo europeo, con meno aggravio per ognuno che deve accoglierne una percentuale ben distribuita.

Questo noi abbiamo bisogno di chiederlo. Non solo. Mi verrebbe da dire “di pretenderlo”. Penso ‒ e lo proporrò anche alla Conferenza delle Regioni italiane ‒ che serva anche da parte nostra, di presidenti, un di più dal punto di vista di chiedere al Governo e all’Europa, quindi per il tramite del Governo all’Unione europea, uno sforzo maggiore rispetto a quanto ancora oggi, purtroppo, non si faccia.

Abbiamo detto che dobbiamo uscire dall’emergenza e passare al governo, che per noi significa assumere una politica che garantisca la serietà nei flussi migratori, per scardinare ‒ voglio essere molto chiaro su questo ‒ tutte le tratte illegali. Dove vi è illegalità serve un intervento durissimo da parte delle autorità competenti, soprattutto verso chi le gestisce. Veri e propri criminali o organizzazioni criminali e criminose. Significa, però, allora, aprire anche corridoi umanitari per dare sostegno, solidarietà, accoglienza a coloro che vogliono fuggire da luoghi dove la vita è in pericolo, a rischio o dove si fa la fame. Significa investire, allora, nell’accoglienza e nell’integrazione. Ho sempre detto che il contrario della parola “integrazione” è “disintegrazione”.

Peraltro, a proposito di migranti, se ci pensate, adesso fuori dal tema dei drammi che speriamo di non vedere più come li abbiamo visti, noi saremo il primo Paese, nei prossimi anni, per il dato demografico al contrario, nell’Unione europea, che tra pochi anni, se non correggerà quella curva, e per questo credo servano politiche di welfare a sostegno delle famiglie, della genitorialità, di chi vuole mettere al mondo bambine e bambini e, al contempo, contrastare la precarietà... Lo dicevo questa mattina al convegno che abbiamo fatto sulla misura GOL con i finanziamenti europei, con la ministra Calderone, politiche che contrastino, ad esempio, la precarietà, che è la condizione che accomuna gran parte della generazione dei nostri figli e che non ti dà modo, se quella è la condizione prevalente, di costruirti un futuro, spesso una famiglia o fare bambini.

L’Italia, dai numeri che l’Unione europea fornisce, sarà il primo Paese ad avere più pensionati che lavoratrici e lavoratori attivi, se non si correggerà quella curva. Dal punto di vista demografico, speriamo le politiche aiutino, però ci vorrà un po’ di tempo. Ma dal punto di vista dell’arrivo di migranti o noi abbiamo un numero certo di migranti che arrivano ogni anno oppure noi rischiamo di avere la mancanza anche di quella forza lavoro ‒ fatemelo dire così; pur essendoci chi viene per studiare, ci mancherebbe ‒ che serve anche al tema del mondo e del sistema produttivo ed economico. Voi che vivete il territorio, tutti quanti eletti direttamente in quest’aula, quindi avete molti rapporti, vi sentirete dire le parole che sto dicendo da quasi tutti gli imprenditori, ormai, se non da tutti, che fanno molta fatica a trovare il numero di persone attinenti e adeguate a poter coprire i posti di lavoro che nei vari settori servono.

L’integrazione è fondamentale per avere società, nei prossimi anni, nelle quali il disagio non aumenti, ma attraverso un’integrazione credibile e possibile possa, invece, aiutare la reciprocità di convivenza e di culture, che, pur mescolandosi, riconoscono gli stessi diritti e chiedono, giustamente, gli stessi doveri a chiunque.

Ovviamente, noi non dobbiamo abbandonare i territori a loro stessi. Sono uno di quelli che sempre ha spinto, anche in questi otto anni, con le nostre Amministrazioni, sugli investimenti nella cooperazione internazionale. Noi abbiamo bisogno di aiutare anche coloro che tentano di fuggire a poter avere condizioni, quando possibile, nei loro territori per poter rimanere lì a investire su loro stessi, sulla loro famiglia, per occasioni di lavoro o di studio. Per me valgono allo stesso modo. Certo, però, che serve un lavoro che, da un lato, porti ad avere condizioni di vita democratica in quei luoghi e, dall’altro, investimenti certi che permettano di creare le condizioni affinché si possano impiantare con politiche strutturali interventi per creare occupazione.

In conclusione, voglio dire che la comunicazione che questa mattina l’assessore Taruffi ha fatto a nome dell’Amministrazione davvero ci vuole vedere impegnati, con grande sforzo, anche nelle prossime settimane, nei prossimi mesi. L’Emilia-Romagna, statene certi, farà tutto quello che serve, con grande umanità, per garantire a chiunque un’accoglienza dignitosa. Io, davvero, quando ho visto sbarcare anche gli ultimi, ho letto qualche commento, non voglio stare a dire neanche di quale partito, di alcuni parlamentari che hanno detto "se li volete, prendeteli a dormire a casa vostra".

Guardate, basta guardare negli occhi, al freddo, quelli che sbarcano, e il cuore si stringe, viene veramente da piangere, quindi proviamo tutti insieme a capire che quelle persone vanno aiutate e vanno soprattutto accolte con un grado di umanità e di disponibilità all’integrazione, che è ciò che farà la differenza nei prossimi anni, non guardando ai sondaggi, non guardando a chi può prendere un voto in più o in meno, ma cercando davvero di costruire le condizioni di una società che vuole definirsi civile a partire dalle condizioni di garantire a ogni essere umano non solo di morire in mare, ma anche di avere la dignità che merita chiunque. Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Chiuso il dibattito generale, sulla risoluzione che è stata presentata a conclusione del dibattito i presentatori non chiedono di fare l’illustrazione, quindi passerei subito alle dichiarazioni di voto.

Qualcuno si iscrive a parlare per la dichiarazione di voto? Non vedo nessuna richiesta, quindi nominiamo gli scrutatori...

Consigliera Castaldini, le devo dare la parola per la registrazione.

 

CASTALDINI: Grazie.

Stavo riflettendo con i miei colleghi, visto che il tema noi lo riteniamo importante tanto quanto la maggioranza che l’ha presentato e non abbiamo avuto modo neanche di leggerlo prima e di poter contribuire, in un certo senso, o anche solo di emendare, chiediamo almeno di darci questa possibilità in maniera democratica e provare anche a dibattere di questa risoluzione domani.

Si tratta di 10 minuti, non credo che ci siano perplessità, poi forse non si troverà un accordo, ma almeno la prudenza nel trattare un tema come questo...

 

PRESIDENTE (Zamboni): Se i presentatori non fanno obiezioni... però prima do la parola alla consigliera Zappaterra.

 

ZAPPATERRA: Grazie, presidente.

Certamente noi accogliamo la richiesta della collega Castaldini, siamo arrivati lunghi nella presentazione della risoluzione perché abbiamo ascoltato il dibattito di tutta la giornata, non avevamo preparato la bozza prima, quindi ben vengano i contributi, possiamo andare a domani senza problemi.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Allora, se non ci sono obiezioni da parte di nessuno, la seduta si chiude qui. Un momento, consigliere Delmonte.

 

DELMONTE: Lei prima ha chiuso la discussione generale, quindi chiedo tecnicamente se possiamo lasciarla aperta, perché altrimenti non possiamo emendare, non possiamo far niente.

 

PRESIDENTE (Zamboni): La discussione è aperta sulla risoluzione. Il dibattito generale sull’informativa è chiuso.

Domattina riprendiamo dalla discussione sulla risoluzione.

 

DELMONTE: Perfetto, grazie.

 

La seduta ha termine alle ore 17,22

 

ALLEGATO

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Federico Alessandro AMICO; Stefano BARGI, Fabio BERGAMINI; Gianni BESSI, Stefania BONDAVALLI, Massimo BULBI, Stefano CALIANDRO, Valentina CASTALDINI, Maura CATELLANI, Andrea COSTA, Palma COSTI, Luca CUOGHI, Matteo DAFFADÀ, Gabriele DELMONTE; Marta EVANGELISTI; Marco FABBRI, Michele FACCI, Pasquale GERACE, Giulia GIBERTONI, Andrea LIVERANI, Francesca MALETTI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Marco MASTACCHI, Gian Luigi MOLINARI; Lia MONTALTI, Matteo MONTEVECCHI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Emiliano OCCHI, Giuseppe PARUOLO, Simone PELLONI, Emma PETITTI, Silvia PICCININI, Giulia PIGONI, Marilena PILLATI, Massimiliano POMPIGNOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Ottavia SONCINI, Valentina STRAGLIATI, Giancarlo TAGLIAFERRI, Silvia ZAMBONI, Marcella ZAPPATERRA.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il Presidente della Giunta Stefano Bonaccini

il sottosegretario Davide Baruffi;

gli assessori Vincenzo COLLA, Raffaele DONINI, Mauro FELICORI, Barbara LORI, Alessio MAMMI, Irene PRIOLO, Paola SALOMONI, Igor TARUFFI.

 

Ha comunicato di non poter partecipare l’assessore Andrea CORSINI.

 

LE PRESIDENTI

I SEGRETARI

Petitti - Zamboni

Bergamini - Montalti

 

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