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203.

 

SEDUTA DI MARTEDÌ 4 APRILE 2023

 

(POMERIDIANA)

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

INDI DELLA VICEPRESIDENTE ZAMBONI

 

INDICE

 

Il testo degli oggetti assembleari è reperibile nel sito dell’Assemblea

 

OGGETTO 6455

Interpellanza in merito all'opportunità di prevedere misure straordinarie di integrazione agli investimenti in aziende agricole di cui alla misura 4 del PSR vigente. A firma del Consigliere: Mastacchi

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri))

MASTACCHI (RCPER)

MAMMI, assessore

MASTACCHI (RCPER)

 

OGGETTO 6506

Interpellanza circa la presenza di residui di cloriti e clorati nell'acqua potabile. A firma della Consigliera: Gibertoni

(Svolgimento)

PRESIDENTE (Rainieri))

GIBERTONI (Misto)

BARUFFI, sottosegretario

GIBERTONI (Misto)

 

OGGETTO 6501

Interpellanza sugli esiti delle misure per il risparmio energetico attuate nelle sedi regionali. A firma della Consigliera: Castaldini

(Rinvio)

PRESIDENTE (Rainieri))

 

OGGETTO 6087

Progetto di legge di iniziativa Consiglieri recante: "Norme per la promozione ed il sostegno del terzo settore, dell'amministrazione condivisa e della cittadinanza attiva". A firma dei Consiglieri: Amico, Maletti, Soncini, Zappaterra, Rontini, Costa, Montalti, Rossi, Costi, Mori, Pillati, Mumolo, Gerace, Daffadà', Bulbi, Sabattini, Caliandro, Marchetti Francesca, Bondavalli, Fabbri, Zamboni (64)

(Continuazione discussione)

PRESIDENTE (Rainieri)

AMICO (ERCEP)

PRESIDENTE (Zamboni)

BONDAVALLI (BP)

PILLATI (PD)

CASTALDINI (FI)

CUOGHI (FdI)

GERACE (PD)

COSTI (PD)

MUMOLO (PD)

PICCININI (M5S)

ZAPPATERRA (PD)

PIGONI (BP)

MALETTI (PD)

PELLONI (Lega)

PRESIDENTE (Zamboni)

TARUFFI, assessore

PRESIDENTE (Zamboni)

 

Allegato

Partecipanti alla seduta

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAINIERI

 

La seduta ha inizio alle ore 14,42

 

PRESIDENTE (Rainieri): Dichiaro aperta la seduta pomeridiana n. 203 del giorno 4 aprile 2023.

È computato come presente ai soli fini del numero legale, ai sensi dell’articolo 65, comma 2, del Regolamento interno, il presidente della Giunta Bonaccini, assente per motivi istituzionali.

Hanno giustificato la propria assenza l’assessore Colla e l’assessore Lori.

La consigliera Soncini ha informato che si collega da remoto, a norma dell’articolo 102 del Regolamento.

 

Svolgimento di interpellanze

 

PRESIDENTE (Rainieri): Riprendiamo i lavori con lo svolgimento delle interpellanze.

 

OGGETTO 6455

Interpellanza in merito all’opportunità di prevedere misure straordinarie di integrazione agli investimenti in aziende agricole di cui alla misura 4 del PSR vigente. A firma del Consigliere: Mastacchi

 

PRESIDENTE (Rainieri): Interpellanza 6455, in merito all’opportunità di prevedere misure straordinarie di integrazione agli investimenti in aziende agricole di cui alla Misura 4 del PSR vigente, a firma del consigliere Mastacchi.

Consigliere Mastacchi, prego.

MASTACCHI: Grazie, presidente.

Assessore, nella seduta pomeridiana dell’aula del 14 giugno 2022 è stata approvata all’unanimità la mia risoluzione, l’oggetto 5147, per impegnare la Giunta a intervenire con Ismea per sollecitare un aggiornamento delle tabelle per l’individuazione dell’unità di costo standard per trattori e mietitrebbie, finanziate dalla Misura 4 del PSR, a valere sul bando in essere del 2022, attualmente in corso di istruttoria. La chiusura del procedimento per il bando unico regionale che dà attuazione al tipo di operazione 4.1.01 “Investimenti in aziende agricole e in approccio individuale di sistema” del PSR 2014-2020 limitatamente all’approccio individuale per l’anno 2022 è fissata per il 28 febbraio 2023. L’operazione 4.1.01 contribuisce al Focus Aree P2A e P3A e promuove l’ammodernamento delle aziende per migliorarne l’efficienza economica, ambientale e sociale, i cui beneficiari sono le imprese agricole.

In riferimento a trattori, mietitrebbie e nuovi impianti arborei, la spesa ammissibile a contributo viene calcolata sulla base dei documenti metodologici prodotti da Ismea, che individuano i costi standard di trattori e mietitrebbie, elaborati a livello nazionale sulla base di una metodologia certificata ai sensi dell’articolo 62.2 del Regolamento europeo n. 1305/2013. Visto che gli elaborati di riferimento per le macchine agricole sono stati aggiornati successivamente alla pubblicazione del bando e alla presentazione delle domande, quindi il nuovo tariffario sarà utilizzato solo per i prossimi bandi per l’individuazione delle unità di costo standard dei trattori e mietitrebbie finanziati dalla misura 4 del PSR, sappiamo bene che, a causa della guerra in Ucraina e delle conseguenti speculazioni dell’ultimo anno, i costi delle materie prime hanno avuto un aumento esponenziale e le imprese agromeccaniche stanno sostenendo una crescita incontrollabile dei costi per svolgere la propria attività imprenditoriale agricola, di manutenzione del territorio e industriale, a cui si aggiungono i rincari energetici e hanno così adeguato i loro listini in aumento.

È auspicabile un’integrazione straordinaria delle spese sostenute per gli investimenti realizzati sul territorio regionale dalle aziende agricole che risulteranno idonee per il bando 2022. Si chiede quindi alla Giunta e all’assessore se non ritengano opportuno intervenire in maniera puntuale e incisiva con la Commissione europea in sede nazionale per prevedere misure straordinarie di integrazione degli investimenti di cui all’operazione 4.1.01 relativa agli investimenti in aziende agricole, in approccio individuale e di sistema, considerato che la straordinarietà del momento storico giustificherebbe un aggiornamento straordinario del programma PSR vigente.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Assessore Mammi, prego.

 

MAMMI, assessore: Grazie, presidente. Grazie, consigliere.

Il Ministero, in collaborazione con Ismea, nell’ambito delle attività della rete rurale nazionale, si è impegnato ad aggiornare i costi standard per i trattori e per le mietitrebbie, oggetto di contributi della Misura 4 del Piano di sviluppo rurale. Tale decisione consente di tenere conto degli aumenti dei prezzi delle materie prime e della crisi di alcuni comparti produttivi che sta influenzando pesantemente i listini delle macchine agricole. Per rendere applicabili i costi standard aggiornati nei nuovi bandi a investimento per le imprese agricole, come Regione abbiamo provveduto a modificare il Documento di programmazione, il Piano di sviluppo rurale 14-22, che richiamano espressamente i costi standard di più recente aggiornamento, applicabili direttamente e rimandano al documento disponibile sul sito della rete rurale.

La proposta di modifica è stata approvata con la decisione in sede europea del 9 marzo 2023. Pertanto, i nuovi costi sono utilizzabili per tutti i nuovi bandi dal 2023 a partire anche dal nuovo bando per il pacchetto giovani che è stato pubblicato il 13 marzo scorso.

Penso quindi che siamo andati nella direzione auspicata dal consigliere nell’interpellanza.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie, assessore.

Consigliere Mastacchi, prego.

 

MASTACCHI: Grazie, assessore.

Per i bandi successivi al 9 marzo 2023, però la mia richiesta andava anche nella direzione di prevedere qualche provvedimento che recuperasse anche chi ha partecipato al bando che è scaduto invece il 28 febbraio, e che purtroppo in questo modo rimane fuori. Quindi, una gran parte degli agricoltori che hanno fatto la domanda, probabilmente, avranno un rimborso dei loro investimenti molto parziale rispetto al totale dell’investimento realizzato.

Non so se ci sono ulteriori possibilità di intervenire in questo senso o meno, ma se non ho capito male dovrebbe essere così.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Sospendo la seduta un paio di minuti in attesa… Non troviamo la consigliera Gibertoni. Quindi, sottosegretario, o si fa la domanda e si dà la risposta da solo, altrimenti aspettiamo un secondo per vedere se…

È arrivata, perfetto.

 

OGGETTO 6506

Interpellanza circa la presenza di residui di cloriti e clorati nell’acqua potabile. A firma della Consigliera: Gibertoni

 

PRESIDENTE (Rainieri): Passiamo all’interpellanza 6506, circa la presenza di residui di cloriti e clorati nell’acqua potabile, a firma della consigliera Gibertoni.

Consigliera, prego.

 

GIBERTONI: Grazie, presidente. Buongiorno, sottosegretario, in sostituzione dell’assessore Donini.

Questa interpellanza riprende un’altra interpellanza che io ho fatto nella scorsa legislatura e riguardava all’epoca la fase ascendente di una direttiva europea, che poi è uscita nel 2020. Che cosa diceva all’epoca? Qual era la richiesta dell’Europa? Che i residui della disinfezione dell’acqua tramite clorazione, cioè cloriti e clorati che sono, appunto, i residui che restano nell’acqua potabile, quella che quindi tutti i cittadini dell’Emilia-Romagna bevono o comunque utilizzano dai loro rubinetti, quei residui non potessero superare 0,25 milligrammi al litro e che venissero attentamente monitorati.

Nella direttiva del 2020 si chiede anche che vengano monitorati altri microrganismi: Bisfenolo A, clorato, clorito, lo abbiamo detto, acidi aloacetici, microcistine-LR, PFAS totale, somma di PFAS e uranio. C’è tempo fino a gennaio del 2026. Quindi, ora, al di là del monitoraggio che andrebbe già fatto e spero che si faccia per tutti questi microrganismi elencati, il punto è la possibilità del residuo al litro. Qual è il punto? Se la disinfezione con il cloro lascia dei residui fissi che a volte superano addirittura 0,70 milligrammi al litro, il problema impatta sulla salute umana, cioè di tutti noi che utilizziamo l’acqua del rubinetto in Emilia-Romagna.

Qual è, quindi, il metodo ideale, che è quello che io proponevo all’assessore Venturi nella scorsa legislatura, in questa interpellanza? Un metodo misto che si usa in Val di Setta adesso, nell’acquedotto della Val di Setta, io all’epoca quello conoscevo come esempio, nel frattempo magari ce ne sono altri, quindi sarà magari il sottosegretario ad aggiornarci, che utilizzava l’ozonizzazione, dato che l’ozonizzazione disinfetta l’acqua e ha un potere incredibile, fino a 3.000 volte meglio del cloro, per cancellare ad esempio la legionella, un batterio che miete morti in questa regione, anche all’interno di strutture ospedaliere, come sappiamo, in cui le infezioni da legionella sono purtroppo ricorrenti. Quindi, l’ozonizzazione è il top dal punto di vista della disinfezione dell’acqua e della sicurezza dell’acqua potabile dei nostri rubinetti. Dato che, però, l’ozonizzazione ha una durata della disinfezione limitata, si può aggiungere un pochino di cloro, perché dopo un’ora, dopo qualche tempo perde un pochino di efficacia, e per esempio se pensiamo alla Val di Setta, una volta che ha raggiunto tutta una serie di utenze, molto probabilmente sarà diminuita l’efficacia, ma non 0,70 milligrammi, bisogna stare sotto la soglia di 0,25, perché il cloro causa, purtroppo, danni importanti alla salute umana.

Allora, se si vuole incentivare la gente a utilizzare l’acqua del rubinetto, quindi l’acqua pubblica, l’acqua che è disponibile per tutti, e sottolineare la salubrità dell’uso e della pratica di usare l’acqua del rubinetto, bisogna anche fornirgliela salubre, e l’unico modo è, a mio avviso, utilizzare metodi alternativi alla clorazione oppure metodi integrativi alla clorazione, che quindi prevedano ozonizzazione e poi un residuo di cloriti e colorati monitorato inferiore a 0,25. Quindi, con questa interpellanza chiedo all’assessore Donini e, quindi, al sottosegretario Baruffi, che lo sostituisce oggi, se il biossido di cloro o comunque i composti del cloro siano ancora i disinfettanti più utilizzati dai soggetti gestori nel nostro territorio regionale per disinfettare l’acqua del rubinetto, l’acqua destinata al consumo umano, chiedo anche la percentuale di sforamenti sul valore limite 0,25, non 0,70, perché già sullo 0,70 l’assessore Venturi mi aveva risposto, nel 2018, che erano pochissimi. Ma se noi vogliamo arrivare veramente alla salubrità dell’acqua lo 0,70 è troppo. Inoltre, il cloro non è efficace com’è l’ozono sulla legionella, per esempio. Allora, nel 2018 l’assessore Venturi mi risponde: “L’Assessorato avvierà sin d’ora le azioni necessarie per consentire il rispetto del limite”. All’epoca pareva potesse diventare lo 0,25, poi in realtà non è stato così. Ma se vogliamo porci un problema di salute importante, favorire e incentivare l’utilizzo dell’acqua del rubinetto per i cittadini, noi dobbiamo puntare allo 0,25, e per farlo bisogna introdurre l’ozonizzazione. Oppure, quello che propongo io è, per esempio, modernizzare gli impianti di trattamento dell’acqua potabile con la diffusione di un maggior numero di impianti, anche piccoli, adesso c’è il controllo remoto, quindi non c’è bisogno di strutture costosissime, enormi, costose, con personale. Nel corso dell’acqua, prima che arrivi al rubinetto, si ozonizza, dopo, magari, a metà strada si ri-ozonizza, oppure si mette un po’ di cloro, ma sotto, con un residuo che non superi mai il residuo fisso 0,25.

Quindi, ero rimasta lì: l’assessore Venturi mi diceva che effettivamente accoglieva, era d’accordo sul fatto di dire… Del resto, i testi scientifici parlano chiaro: l’ozono è molto più efficace, tanto che lui stesso diceva: l’ozono è un disinfettante più efficace rispetto al cloro – diceva l’assessore Venturi nel 2018 –, è più efficace rispetto alle clorammine e perfino al biossido di cloro, quello che è più utilizzato in Emilia-Romagna oggi, in quanto molti studi hanno dimostrato che può disattivare anche microrganismi resistenti. Aggiungo: pensiamo alla legionella.

Quindi, certamente c’è anche una questione di interlocuzione coi gestori, ma se la politica non interloquisce, soprattutto la politica di governo, non so che cosa debba fare. Aspetto dal sottosegretario gli aggiornamenti rispetto a questa questione dei clorati.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Sottosegretario Baruffi, prego.

 

BARUFFI, sottosegretario: Grazie, presidente.

Sentiti i Dipartimenti di sanità pubblica, le ASL regionali e gli enti gestori si precisa quanto segue: degli acquedotti regionali, i metodi di disinfezione si basano sull’impiego di biossido di cloro, ipoclorito di sodio, ozono e, per alcuni acquedotti minori, raggi ultravioletti.

Fra i disinfettanti sopracitati quello più comunemente utilizzato è appunto il biossido di cloro. In linea di principio, il miglior disinfettante è quello che coniuga il più elevato potere germicida alla minore formazione di sottoprodotti, considerando anche l’eventuale alterazione organolettica prodotta (oltre al tema della salute, esiste anche questo problema).

Non esistendo un agente disinfettante che allo stesso tempo sia efficace e non generi sottoprodotti o alterazione del gusto, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che il rischio per la salute associato ad una possibile contaminazione microbiologica è maggiore rispetto a quello di bere acqua contenente tracce di sottoprodotti della disinfezione, per i quali sono stabiliti comunque limiti di concentrazione. Per la misura del cloro residuo, gli impianti degli acquedotti principali sono dotati di sonde, e il dosaggio viene effettuato in maniera automatizzata rispetto alla portata della quantità di cloro residuo.

I fattori che influenzano la formazione di sottoprodotti, a partire dal biossido di cloro sono molteplici. I principali sono la natura dell’acqua da trattare, in particolare la concentrazione di sostanza organica, il tipo e la dose di disinfettante utilizzato, il tempo di contatto del disinfettante, la temperatura dell’acqua oltre che il valore di PH.

La migliore tecnica adottata in ambito acquedottistico per contenere la formazione dei sottoprodotti è la prevenzione, come sempre, lo diceva anche lei, consigliera, nella sua conclusione, che consiste, ad esempio, nella rimozione dall’acqua della maggior quantità possibile di materia organica, prima di applicare il disinfettante, ottimizzando in particolare le fasi intermedie di chiariflocculazione e filtrazione su sabbia utilizzando nei principali impianti di potabilizzazione l’ozono come disinfettante ossidante, seguito dall’assorbimento e affinamento sul carbone attivo.

Queste sono alcune fra le attività eseguite dai gestori acquedottistici regionali. Il trattamento con ozono rispetto al cloro, pur avendo diversi vantaggi, ha però l’inconveniente che lei citava di avere un decadimento rapido. Pertanto, non consente una copertura igienica dell’acqua fino all’utenza. Ne consegue che non può essere l’unico trattamento di disinfezione utilizzato, ma può essere combinato ad altre.

Nel decreto legislativo n. 31 del 2001, che è stato in vigore fino al 20 marzo 2023, quindi fino a due settimane fa, per intenderci, non era previsto un valore di parametro per il clorato e per il clorito risultava pari a 700 microgrammi al litro.

Il decreto legislativo n. 18 del 2023, che ha abrogato il precedente e, come sopramenzionato, risulta in vigore dal 21 marzo di quest’anno, il mese scorso, presenta invece valori pari a 700 microgrammi litro per entrambi i parametri. Quindi, siamo subentrati a una soglia di tolleranza su entrambi i parametri di riferimento.

Nel corso dell’anno 2022 si sono riscontrati i seguenti superamenti di clorito rispetto al limite vigente dei 700, cinque nella provincia di Piacenza, uno nella provincia di Forlì-Cesena, sei in quella di Ferrara, otto in provincia di Ravenna e tre in quella di Rimini. In media i superamenti registrati sono inferiori all’1 per cento rispetto alle analisi effettuate a seguito dei controlli interni, cioè da parte dei gestori e dei controlli esterni da parte delle ASL, come previsto dalla normativa vigente.

Per il parametro clorato, pur non essendo un parametro normato dal decreto in vigore, fino al 20 marzo 2023 è stato riscontrato solo un superamento nella provincia di Piacenza, due in quella di Bologna, dieci a Ravenna, considerato il limite dei 700, quindi molti di meno.

Per quanto riguarda gli investimenti finalizzati ad un miglioramento della qualità dell’acqua, allo scopo di limitare ulteriormente le già poco frequenti presenze di clorato nelle acque da parte della provincia di Ravenna, dove si sono avuti i maggiori casi di evidenza, è previsto un intervento di realizzazione di una sezione di filtrazione a sabbia presso l’impianto di Bubano, che consentirà di modificare il processo di preossidazione e limitare l’insorgenza di sporadiche presenze di clorato. L’intervento è previsto entro la metà del 2026, per evidenti ragioni.

Hera Spa e Romagna Acque, inoltre, hanno di recente intrapreso delle sperimentazioni basate sull’uso di monoclorammina come disinfettante secondario nelle rete di distribuzione, biocida prodotto in situ da acido ipocloroso e un sale di ammonio che, avendo il vantaggio di essere poco ossidante e molto stabile, non corrode le tubazioni ed è persistente per lunghi periodi anche nei rami morti. Quindi, supererebbe il problema di cui prima parlavamo. La monoclorammina potrebbe rappresentare un disinfettante alternativo, il cui impiego eviterebbe la formazione dei sottoprodotti sia di ipoclorito di sodio che di ossido di cloro.

Sono previsti, inoltre, da parte dei gestori ulteriori interventi finalizzati al miglioramento degli impianti di potabilizzazione, tra questi l’implementazione di una sezione carboni attivi nell’impianto di potabilizzazione di Forlimpopoli, la realizzazione di un impianto di trattamento ad alta filtrazione a carboni attivi per parte del territorio del comune di Verucchio, in provincia di Rimini, l’automazione e l’efficientemente energetico del processo di potabilizzazione nell’impianto di potabilizzazione cosiddetto “Bassetti” di Ravenna e l’implementazione di un sistema per il trattamento delle acque di scarico dell’impianto di potabilizzazione di Capaccio, in Santa Sofia, in provincia di Forlì-Cesena.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

Consigliera Gibertoni, prego.

 

GIBERTONI: Grazie, presidente.

Io credevo che fossimo messi meglio, devo dire. Mi aspettavo che la risposta sarebbe stata che sullo 0,70 non c’erano più sforamenti e la mia proposta era quella di andare verso lo 0,25 come soglia massima. Quindi, sono un po’ preoccupata, perché sono tanti gli sforamenti che il sottosegretario ha nominato nelle nostre varie province sia emiliane che romagnole. Sono tanti. Considerando che da gennaio 2026 non saranno più consentiti e sono comunque soglie molto alte, la strada mi pare ancora in salita, nel senso che già stare sotto lo 0,70 è troppo, e non ci si può dire secondo me, e lo dico al sottosegretario per dirlo poi all’assessore Donini, che sono meglio i cloriti e i clorati che i microrganismi, perché abbiamo la possibilità di non avere né gli uni né gli altri, abbiamo la possibilità di bere acqua che non contiene cloriti e clorati sopra una soglia tutto sommato non tanto impattante sulla salute umana, ma che non abbia neanche dentro germi o microrganismi resistenti e di altro tipo. Quindi, quella è la strada che dobbiamo prendere.

Simbolicamente stiamo parlando di acqua, di acqua pubblica. Simbolicamente acqua e aria sono la prima cosa che ci si aspetta che siano tutelate e monitorate. Sicuramente incentivare il consumo dell’acqua del rubinetto non può essere disgiunto da investire in molta più riflessioni, in molto più lavoro rispetto a quello che viene fatto. Constato cioè che ci sono ancora sforamenti rispetto a una soglia molto alta, quindi mi pare che si sia un po’ dormito.

Qui quindi bisognerebbe convocare i gestori delle multiservizi, i gestori dell’acqua pubblica, i gestori delle forniture d’acqua dei nostri Comuni, e chiedere quali siano i loro impedimenti tecnologici, perché si sfora ancora, per quale motivo sono tanti… Credevo mi dicesse che ce n’era uno. Nella risposta che mi diede l’assessore Venturi, cinque anni fa, pareva ce ne fossero veramente pochissimi…

 

(interruzione)

 

GIBERTONI: Son peggiorate… Sì, però, a fronte di quasi zero, ne abbiamo citati decine, comunque diversi, però, in ogni caso anche arrivando al 2026 a ottemperare a questo, chiudo subito, il punto non è lo 0,70.

Io credo che la Regione Emilia-Romagna, se vuole dire che ha un’acqua degna di questo nome e di non avere impatti negativi sulla salute dei cittadini, debba porsi il metodo misto, per esempio, ozonizzazione o raggi UV, più un po’ di cloro, che non provochi residui sopra gli 0,5 milligrammi al litro.

Questa è l’unica cosa che oggi una Regione che vuole intervenire con serietà a favore della salute dei cittadini deve fare è questa. Non ci sono altre soluzioni: 0,25 e metodo misto.

Spero, sottosegretario, che potrà portare queste istanze anche all’Assessorato.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Rainieri): Grazie.

 

OGGETTO 6501

Interpellanza sugli esiti delle misure per il risparmio energetico attuate nelle sedi regionali. A firma della Consigliera: Castaldini

 

PRESIDENTE (Rainieri): Ricordo che per accordi tra la consigliera proponente, Castaldini, e l’assessore Calvano l’interpellanza 6501 è stata rinviata.

 

OGGETTO 6087

Progetto di legge di iniziativa Consiglieri recante: “Norme per la promozione ed il sostegno del terzo settore, dell’amministrazione condivisa e della cittadinanza attiva”. A firma dei Consiglieri: Amico, Maletti, Soncini, Zappaterra, Rontini, Costa, Montalti, Rossi, Costi, Mori, Pillati, Mumolo, Gerace, Daffadà, Bulbi, Sabattini, Caliandro, Marchetti Francesca, Bondavalli, Fabbri (64)

(Continuazione discussione)

 

PRESIDENTE (Rainieri): Riprendiamo i lavori dell’aula con il progetto di legge 6087.

Eravamo nella fase della discussione generale. C’era una prenotazione del consigliere Amico. Consigliere Amico, se vuole, può intervenire. Prego.

 

AMICO: Guardavo se altri colleghi intendevano intervenire, ma volentieri procedo. Grazie, presidente.

Anch’io parto da una serie di ringraziamenti, innanzitutto alla relatrice Maletti, che ha molto bene illustrato il progetto di legge in esame, così come al relatore di minoranza Pelloni, per il lavoro fatto in queste settimane, dall’approdo in Commissione, alle interlocuzioni che sono avvenute successivamente e che ci portano oggi all’approvazione definitiva del testo.

Vorrei in particolar modo anche ringraziare l’assessore Taruffi, che per competenza ha seguito negli ultimi mesi l’evoluzione e quindi l’approdo oggi in aula, così come i vari Assessorati con i quali abbiamo avuto interlocuzioni nei due anni di lavoro piuttosto ricchi dal punto di vista degli incontri, dei confronti, delle specifiche e delle questioni che tocca questa legge, senz’altro la dottoressa Monica Raciti, senz’altro, per conto di ANCI, l’avvocato Luciano Gallo, ma sono numerosi, già elencati dalla relatrice, tutti gli uffici con cui in questi mesi, in questi due anni, abbiamo interloquito.

Infine, vorrei anche ringraziare la rappresentanza che stamattina era presente in aula e che immagino ci raggiungerà anche nel pomeriggio per seguire i nostri lavori del Forum del terzo settore, con il quale abbiamo mantenuto un dialogo molto aperto, franco e diretto per migliorare e affinare i progetti e il testo di legge che stiamo oggi a discutere.

Già l’inquadramento generale dal punto di vista normativo nazionale è stato condotto e illustrato, con le potenzialità positive del Codice del terzo settore a livello nazionale, che parte dalla legge delega n. 106 del 2016, a cui seguono un numero consistente di decreti attuativi. Precisamente sono trentatré i decreti attuativi ministeriali che dovevano seguire alla legge n. 106. Di questi trentatré ad oggi ne mancano ancora cinque in approvazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, su un complesso di norme che hanno ridisegnato l’intero mondo del non profit e hanno sancito e stabilito le nuove condizioni per denominarsi enti di terzo settore. È una denominazione che la legge delega n. 106 arriva a definire, introducendo un rango costituzionale per quanto riguarda questi soggetti, in ossequio all’articolo 118 della Costituzione stessa, e che prova a mettere ordine e chiarezza all’interno di un contesto molto articolato che nel corso degli anni, nel corso della vita repubblicana, si è andato in una qualche maniera a stratificare, con differenziazioni sia di carattere fiscale, e penso in questo caso alle Onlus, sia dal punto di vista giuridico nelle varie forme e leggi di settore, la n. 266, la n. 383, la n. 381. È un lavoro che viene fatto a livello nazionale, che trova compimento con la legge delega e poi con i decreti attuativi successivi, che rimane cristallizzato all’interno di quello che è il decreto legislativo n. 117/2017, poi con aggiunte anche nel 2018, che va sotto il nome di Codice di terzo settore, che prova a introdurre una nuova modalità di rapporto tra le istituzioni non profit, ora enti di terzo settore, e la pubblica amministrazione.

Ci terrei a sottolineare come questo rapporto non sia solo ed esclusivamente riconducibile alle attività di tipo sociosanitario, anche perché vorrei ricordare che l’articolo 5 del Codice di terzo settore enumera una serie di attività, precisamente venticinque, che hanno a che fare con le attività di tipo sociosanitario, ma che vanno ben oltre, parlano anche di commercio equo e solidale, parlano anche di istruzione extrascolastica, parlano di attività culturale e di attività sportive, di gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata. Ampliano sostanzialmente, riconoscendo il ventaglio delle attività dei soggetti di terzo settore, uscendo dalla nicchia – passatemi il termine – del sociosanitario, in ragione di un principio di attivazione di quella che è la cittadinanza, nella presa in carico di una serie di questioni, che sono bisogni e desideri della comunità, che provano a essere riorganizzati complessivamente dai cittadini stessi e che l’amministrazione pubblica riconosce come elemento positivo.

La relatrice Maletti ha detto bene prima: non esiste un terzo settore forte senza una presenza pubblica forte. I due termini si muovono congiuntamente, non si muovono separatamente. Non esiste la possibilità di un terzo settore irrobustito, con una pubblica amministrazione invece rachitica. È solo nello scambio tra i due termini che effettivamente queste risposte possono essere date. E il disegno di legge che oggi ci troviamo a discutere va proprio in questa direzione, ossia va nella direzione del riconoscimento, della valorizzazione, della sottolineatura delle prerogative degli enti di terzo settore, ma assegna dei compiti precisi, puntuali e irrobustiti alla pubblica amministrazione, che si trova ovviamente a gestire delle risorse anche economiche di tipo pubblico e che, quindi, ha bisogno di rendicontarle alla comunità.

C’è un affidamento reciproco, sostanzialmente, tra la parte pubblica e la parte del privato sociale del terzo settore, che è da cogliere in chiave positiva, che ha sicuramente in alcuni casi presentato delle distorsioni, ma che nella stragrandissima maggioranza dei casi ha presentato degli elementi di innovazione in risposta alle comunità di riferimento, che altrimenti non si sarebbero potute determinare.

Questo affidamento reciproco nel riconoscersi reciprocamente tra pubblica amministrazione ed enti di terzo settore è uno dei motori specifici del territorio emiliano-romagnolo.

Alcuni dati per quanto riguarda la Regione Emilia-Romagna: sono circa 27.000 le istituzioni non profit censite da Istat, di queste 27.000 sono 23.000 quelle che hanno la forma associativa, spesso e volentieri non riconosciuta (non riconosciuta, significa prive di personalità giuridica, quindi significa con una mancata separazione tra patrimonio individuale della legale rappresentanza e patrimonio dell’associazione). Uno degli effetti positivi della riforma nazionale è quello di agevolare il conseguimento della personalità giuridica, quindi mettere in sicurezza l’opera che volontari e rappresentanti legali delle associazioni possono condurre, separando questi due termini. Questi 23.000 soggetti associativi impiegano 11.900 persone dal punto di vista lavorativo e si occupano prevalentemente, questi soggetti istituzionali non profit per il 65 per cento circa di attività culturali e ricreative, nonché di attività sportive, come a segnare che l’elemento dell’attività sociosanitaria è rilevante dal punto di vista dell’affidamento da parte della pubblica amministrazione, ma non coinvolge la stragrande maggioranza di soggetti associativi presenti sul territorio.

È chiaro che l’affidamento, l’integrazione, i processi di accreditamento, di profilatura di quelli che sono i soggetti su cui noi facciamo affidamento per una serie di compiti dal punto di vista dei servizi sociosanitari hanno una loro rilevanza. Ma quanto a quella che è l’attivazione civica complessiva dei cittadini – il consigliere Caliandro parlava di una stima di circa 50.0000 volontari presenti sul territorio emiliano-romagnolo – quella che è la presenza e l’attivazione civica dei cittadini e delle cittadine in Emilia-Romagna è sicuramente non trascurabile, è sicuramente riferibile a tutto questo complesso di attività.

Con questo progetto di legge, che già è stato ben descritto come sia stato frutto di un confronto serrato con i portatori di interesse, siano essi enti di terzo settore, siano enti che non hanno ancora conseguito quella qualifica, con i sindacati, con l’ANCI, con le rappresentanze territoriali e regionali, è stato un lavoro molto lungo ed entusiasmante allo stesso modo, perché ci ha permesso di toccare con mano, nella consultazione che è stata condotta anche sui territori, quanta sia quella vitalità e quanta sia l’aspettativa nei confronti dell’ente che ci troviamo qui a rappresentare rispetto a promuovere una serie di azioni che oggi rimangono lettera ancora inespressa sulla base della riforma nazionale.

Questo perché il terzo settore, le attività del terzo settore si materializzano non in forma astratta, non in forma, diciamo così, da disegnare senza riferimento alcuno, ma si materializzano direttamente sul territorio, direttamente nelle comunità, coinvolgendo cittadine e cittadini, coinvolgendo Amministrazioni pubbliche in senso lato, quindi non solamente i Comuni, ma io penso anche le ASL o tutti gli altri Enti pubblici, e che ci hanno consegnato una serie di preoccupazioni rispetto a questo lungo iter, lungo cammino che la riforma nazionale ha intercorso dal 2017 a oggi e che, appunto, non è ancora compiuto; una serie di preoccupazioni rispetto al tema della valorizzazione e del riconoscimento, ma anche dell’agibilità di una serie di prerogative che nella legge nazionale sono descritte e che oggi le stesse Amministrazioni pubbliche fanno fatica a praticare.

Quindi, questa legge nasce non solo per tradurre sul livello territoriale le indicazioni nazionali, ma nasce per facilitare, agevolare e dare impulso a degli aspetti particolarmente positivi che nella legge nazionale sono descritti e che ad oggi, in ragione di una cultura generalizzata, legata all’elemento di mercato e alla competitività, non sono praticati dalle stesse.

Quindi, in nome di una presunta trasparenza di mercato e concorrenzialità, si preferisce, da parte delle Amministrazioni pubbliche, in alcuni casi, procedere attraverso procedure di appalto anziché procedure di coprogettazione all’affidamento di attività e servizi. In alcuni casi, proprio negli incontri che abbiamo fatto sul territorio, piccole organizzazioni di volontariato, che hanno bilanci attorno ai 3.000-5.000 euro, si vedono avanzare la richiesta da parte degli Enti pubblici di iscrizione al mercato elettronico, al MEPA, come se fossero dei fornitori qualunque, mentre il valore aggiunto che organizzazioni di volontariato, associazioni e cooperative sociali mettono a disposizione della pubblica amministrazione è qualcosa che supera il dato economico con cui vengono misurati.

È per questo che all’interno e al cuore di questa legge che ci troviamo a discutere sono le pratiche di amministrazione condivisa, la coprogrammazione, la coprogettazione, il convenzionamento. Nulla di lunare, tutto molto concreto, che prova a tradurre in termini pratici quella che dovrà essere l’azione che da qui in avanti dovremo sviluppare non solo come Regione, ma anche come sistema complessivo dell’Emilia-Romagna, individuando alcune necessità. La prima è quella di avere un quadro di certezza e chiarezza dal punto di vista normativo, anche regionale, perché queste cose possano essere praticabili. La seconda nella produzione e fornitura di strumenti che possano servire alla pubblica amministrazione per poter praticare così come gli enti di terzo settore e, quindi, le linee guida perché queste possano essere effettuate. La terza è l’elemento di formazione congiunta tra enti di terzo settore, perché anche loro devono imparare a collaborare tra di loro, contrariamente a quello che magari spesso e volentieri si trovano a dover fare, e soprattutto per quanto riguarda la pubblica amministrazione per assumere pienamente questi princìpi in una trasformazione culturale che è accompagnata non solo dalla legge nazionale, ma anche dall’orizzonte di quello che stiamo intravedendo e che tratteremo probabilmente durante la seduta di Sessione Europea con il Piano d’azione dell’economia sociale che l’Europa intende sottoporre alla nostra attenzione.

È una legge, quindi, che non fa solo un’opera di manutenzione, ma fa un’opera di accompagnamento culturale e di mutazione del paradigma, che vuole riconoscere la necessità di una capacità autogenerativa del terzo settore, che non è solo ed esclusivamente attività professionale o professionalizzante, ma è un’attività che arriva a essere molto popolare e spontanea presente sui territori, che ha caratterizzato la storia dell’Emilia-Romagna, che sta all’interno delle comunità territoriali, che cerca di attivare delle energie e delle risorse economiche e umane che diano delle risposte a questi bisogni e desideri delle comunità stesse, e che hanno bisogno di un supporto forte da parte della pubblica amministrazione.

Ora, la legge nazionale, e purtroppo, per alcuni versi anche la legge regionale sarà piena di acronimi – APS, ODV, CSV, un florilegio di questi – così come alcune parole, in generale, nel dibattito pubblico, assumono la forma di parole magiche: dicevo prima appunto coprogrammazione, coprogettazione, convenzionamento.

Noi vorremmo dare gambe, attraverso questo progetto di legge, a queste parole magiche, quindi renderle effettive e praticabili. Vorremmo sciogliere i nodi delle sigle e degli acronimi, a volte arcani, che vengono rappresentati nella legge nazionale e nella legge regionale.

Ora, nella discussione fin qui svolta, alcune questioni sono state poste in merito al tema della rappresentatività, in merito al tema delle risorse economiche e finanziarie. Su questo, per avviarmi alla conclusione di questo intervento, vorrei sottolineare due aspetti: la rappresentatività che noi disegniamo all’interno di questa legge è una rappresentatività classica, se vogliamo, sta dentro i meccanismi della rappresentatività che esercitiamo anche in quest‘aula, e che per legge è assolutamente aperta: coloro cioè che vogliono affacciarsi, affrontare, all’interno di quegli organi rappresentativi autodeterminati, ne hanno tutta la facoltà, non c’è nessun desiderio escludente da parte della Regione, né da parte degli organismi maggiormente rappresentativi come evocati.

Si tratta di essere proattivi per partecipare. Del resto, la rappresentatività a livello nazionale, riconosciuta dallo stesso Ministero, tiene dentro una serie di sigle e sensibilità di ogni tipo e genere, non è univoca e monocolore. Si tratta di mettersi, rimboccarsi le maniche, palesarsi, presentarsi e partecipare, non essere cooptati all’interno di questo, cosa che è principio, direi, sano, della intenzione rappresentativa.

Un altro elemento, rispetto al tema delle risorse. Si faceva riferimento a: non aggiungiamo un euro in più, non facciamo nessun elemento di promozione concreta. Vorrei ricordare, come è anche previsto nella scheda tecnico-finanziaria che è allegata alla legge, che noi, è vero, facciamo riferimento a delle leggi che oggi andiamo poi a sopprimere nell’ottica della semplificazione, ma trasferiamo all’interno di questa legge queste risorse. Queste risorse sono spese rimodulabili, non predeterminate legislativamente, che possono essere controllate dall’ente, quindi implementate progressivamente sulla base anche del dibattito che si svilupperà negli organismi che andiamo a istituire all’interno di questa legge. E non solo questo, quindi ovviamente lasciamo alla discussione sia di Giunta che del Consiglio regionale del terzo settore che andiamo a istituire l’orizzonte economico su cui attestarsi, ma soprattutto istituiamo un fondo, quello che chiamiamo Fondo per l’innovazione sociale, che consente di accedere ai fondi strutturali

Ad oggi, effettivamente, le risorse libere di cui la Regione può disporre nella condizione di difficoltà e presenza dei limiti di bilancio che noi oggi abbiamo…

Quindi consentiamo – è il nostro obiettivo e questo sarà poi nel seguito, una volta approvata la legge, da monitorare e seguire, anche con le rappresentanze presenti all’interno degli organismi che andiamo a istituire – un impiego consistente di risorse su base annuale, non solo per fare la formazione, come dicevo prima, ma per potenziare quei processi di amministrazione condivisa che segnano la profonda differenza rispetto a un prima in cui erano gli appalti, le gare, i bandi, la dinamica competitiva, a un dopo che, invece, vedrà una dinamica più collaborativa, cooperativa nell’affrontare i temi che il terzo settore tratta quotidianamente. Grazie.

 

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE ZAMBONI

 

PRESIDENTE (Zamboni): Ha chiesto la parola la consigliera Bondavalli.

BONDAVALLI: Grazie, presidente.

Un ringraziamento particolare e sentito al consigliere Amico, che è il primo firmatario di questo progetto di legge, e alla relatrice di maggioranza Maletti.

Hanno fatto un grande lavoro, un grande lavoro sia sul territorio, ma anche, appunto, di accompagnamento nelle varie sedi per arrivare oggi in aula. Credo vada dato davvero merito di questo lavoro importante durato due anni che oggi, appunto, vede, da un certo punto di vista, il suo compimento. È un punto di partenza, poi, per quello che riguarda il terzo settore.

Vorrei partire da una premessa. È chiaro che il collega Amico è entrato nei dettagli di questo progetto di legge, io vorrei partire dal valore di questo progetto di legge, perché nella storia e nell’attualità della nostra regione il terzo settore vanta sicuramente una presenza e un riconoscimento certamente superiori a ciò che accade in altre parti del Paese. Allora, credo che lo si possa definire un elemento distintivo, costitutivo, identitario delle comunità, per le quali, tra l’altro, risulta fondamentale. Del resto, nella logica del fare insieme, della sinergia sottesa allo svolgersi della quotidianità nell’ambito del territorio regionale, le associazioni, il volontariato, le molteplici espressioni di cittadinanza attiva risultano parti integranti proprio del sistema che accompagna il cammino delle persone.

Prima sono stati detti alcuni numeri importanti, che vorrei ribadire anche in questo intervento: oltre 500.000 volontari attivi nel terzo settore, questa almeno è la stima che viene data per quello che riguarda il territorio dell’Emilia-Romagna, nel quale operano poco meno di 83.000 dipendenti, 63.000 dei quali impegnati nella cooperazione sociale e nelle fondazioni. Bastano, a parer mio, queste premesse e questi elementi di contesto per motivare un progetto di legge regionale di iniziativa consiliare, che si pone peraltro – è stato detto – in prosecuzione di quanto disposto dalla riforma nazionale, provando a perseguire l’organicità della legislatura esistente in materia.

Torno sul metodo scelto per la definizione del testo sul quale oggi siamo chiamati ad esprimerci. Ritengo possa essere considerato davvero convincente, avendo previsto il confronto su tutti i soggetti interessati. Ho partecipato anche al confronto che è stato proposto sul territorio al quale appartengo e so che tutti gli incontri che il consigliere Amico e la consigliera Maletti hanno fatto sui territori sono stati davvero molto partecipati, segno di un’attenzione e anche di un’esigenza di un progetto di legge che era atteso anche in generale dal terzo settore. Questo è certamente un metodo che implica tempo, disponibilità all’ascolto e anche fatica, però credo sia di sostanza rispetto alla sfida della partecipazione, riconoscendo poi dignità vera a un ambito intero.

La stessa istituzione di un Consiglio regionale costituito con i rappresentanti del terzo settore e del volontariato quale luogo del confronto con gli Enti locali, nonché anche quella di un Osservatorio specifico si possono intendere, credo, come espressioni di continuità e coerenza per quanto riguarda la dimensione partecipativa. L’intenzione, che si coglie da un esame veloce dell’articolato, di semplificare le procedure, snellendo il peso della burocrazia, coglie appieno una richiesta proveniente da molteplici soggetti. L’abbiamo vista avanzare anche proprio nel corso di quegli incontri, in particolare del mondo associativo. Del resto, è da tempo segnalata in ogni sede utile e propria. Un alleggerimento ed una maggiore linearità anche da questo punto di vista possono risultare direttamente proporzionali ad una più marcata serenità ed efficacia, anche nel proseguimento degli obiettivi per ogni soggetto in campo, e sappiamo quanto il cammino di questi soggetti possa essere a volte anche complicato dalla contemporaneità. Penso che non di minore valore sia anche la previsione di istituire un Fondo regionale destinato all’innovazione sociale, che è di fatto funzionale proprio a sostenere progettazioni inedite che sono rispondenti poi ai bisogni in continuo divenire che oggi riscontriamo.

Qual è l’obiettivo? È quello di finanziare processi e progetti messi in campo dalle amministrazioni pubbliche insieme al terzo settore, secondo i princìpi e le pratiche dell’amministrazione condivisa. Credo che questa possa essere davvero una collaborazione virtuosa tra cittadini attivi, tra enti locali, e qui sta un po’ anche il concetto dell’innovazione, che è uno strumento concreto per rispondere poi ai bisogni delle comunità. Credo che i mutamenti prodotti dall’emergenza sanitaria – non dimentichiamo anche l’attuale complessità sociale – resa ancora più marcata da una contingenza storica, segnata da un drammatico conflitto che ancora prosegue, evidentemente dagli effetti che quel conflitto porta con sé, rendano oltremodo indispensabili programmazioni e azioni che provino a coglierli, a codificabili, ad affrontarli, questi problemi, queste esigenze e queste richieste che arrivano direttamente dai territori.

Penso siano questi, in generale, aspetti distintivi di un impianto complessivo, di un progetto di legge che ritengo appropriato e convincente. Credo che questo progetto di legge costituirà una buona notizia per un ambito, come detto, nevralgico e sostanziale del nostro vivere, è un progetto di legge che era atteso e che grazie al consigliere Amico, grazie al lavoro della consigliera Maletti, anche di tutti i consiglieri che come me hanno deciso poi di sottoscriverlo, potrà davvero portare a dare risposte importanti a un settore che quelle risposte si merita.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliera Pillati, prego.

 

PILLATI: Grazie, presidente.

Il progetto di legge che oggi stiamo discutendo, lo hanno spiegato bene i colleghi che mi hanno preceduto, ha a che fare con un’infrastruttura essenziale per la coesione sociale della nostra Regione, cioè con quel patrimonio di esperienze di volontariato, di associazionismo, di imprese sociali che, insieme alle Istituzioni, hanno accompagnato il modello di sviluppo della comunità regionale e lo hanno reso più inclusivo.

C’è una tradizione politica amministrativa in tanti territori di questa Regione che considera la collaborazione tra pubblico e privato non profit come strumento fondamentale per contribuire a costruire risposte ai bisogni dei cittadini; una tradizione che oggi trova, nel contesto normativo nazionale determinato dalla riforma del terzo settore, un cambio di visione nel rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Scusate, non voglio fare la maestrina, però abbassate il tono, davvero, perché chi interviene è in difficoltà.

Prego, consigliera Pillati.

 

PILLATI: Ma anche, dicevo, la disponibilità di nuovi strumenti per la cosiddetta amministrazione condivisa. In un tempo complesso di grandi trasformazioni, sfide sempre nuove, è importante fare tesoro della vivacità del capitale sociale dei nostri territori, di quella parte di comunità disponibile ad essere parte attiva nella realizzazione dell’interesse generale, nella lettura dei bisogni, nella condivisione delle linee di intervento e nella costruzione di risposte nuove integrate ai molteplici bisogni dei cittadini.

La riforma del terzo settore, se da un lato innova profondamente la costruzione delle politiche pubbliche, individuando in quelle che si sono definite poco fa le parole magiche, coprogrammazione, coprogettazione, le modalità più utili a costruire un nuovo rapporto tra pubblica amministrazione e terzo settore, come hanno ben spiegato la relatrice Maletti e i colleghi che sono intervenuti, non è ancora riuscita a generare a pieno quel cambiamento che ne ha animato lo spirito.

Certamente, però, per gli enti del terzo settore che nella norma, per la prima volta, trovano un perimetro definito, queste innovazioni legislative hanno comportato, come è già stato detto, appesantimenti burocratici in anni di difficoltà senza precedenti, anche per gli enti del terzo settore.

Ecco allora che il progetto di legge che stiamo discutendo, che costruisce un’unica cornice normativa regionale per la promozione e il sostegno del terzo settore e per l’amministrazione condivisa, che parla al pluralismo delle forme della sussidiarietà e non solo, quindi, al terzo settore in senso stretto, all’ambizione di essere, come ha spiegato la relatrice Maletti in Commissione, una legge che serve. Ma serve a cosa? Serve a orientare, a mettere ordine rispetto al complesso delle norme. Serve a riconoscere il ruolo e l’importanza degli enti del terzo settore e a sostenerli. Serve a valorizzare ogni forma di attivismo civico oltre il perimetro del terzo settore. Serve a produrre semplificazioni dentro l’alveo definito dalle norme nazionali. Serve a rivedere il sistema della rappresentanza degli enti del terzo settore e le sedi di confronto con la Regione. Serve a prevedere linee guida per le modalità di affidamento agli enti di terzo settore dei servizi di interesse generale. Serve a promuovere un’azione formativa condivisa dai soggetti della pubblica amministrazione ed enti del terzo settore, perché per dare gambe all’amministrazione condivisa serve costruire una cultura nuova della collaborazione, in cui ciascuno si riconosca protagonista attivo, pur con ruoli e responsabilità diverse. Serve a comprendere che l’amministrazione condivisa non è una scorciatoia, un modo per far arretrare la pubblica amministrazione dalla risposta ai bisogni dei cittadini, ma un cambio di passo, un sistema di relazioni che richiede una pubblica amministrazione e un terzo settore forti e competenti. Serve a individuare azioni e strumenti affinché, pur nel rispetto dell’autonomia degli Enti pubblici, l’amministrazione condivisa non sia un’eccezione, ma la regola. È vero, infatti, che ci sono realtà nella nostra regione, penso ad esempio al Comune di Bologna, che conosco bene, ma non è certamente l’unico caso, in cui la riflessione su questi temi viene da lontano. La promozione della partecipazione attiva dei cittadini per una vera e propria amministrazione condivisa è fortemente radicata nella tradizione amministrativa. Prima ancora della riforma del terzo settore, quello di Bologna è stato il primo Comune in Italia ad adottare, nel 2014, un regolamento proprio sull’amministrazione condivisa e alcuni mesi fa ha approvato un nuovo regolamento sulle forme di collaborazione tra soggetti civici e amministrazioni per la cura dei beni comuni e lo svolgimento di attività di interesse generale, che definisce un ecosistema collaborativo in cui chiunque voglia dare un contributo possa trovare, attraverso forme diverse di collaborazione, spazio, ruolo e dignità.

La legge regionale serve anche a inserire in una cornice legislativa regionale esperienze come quella del Comune di Bologna, e a fare in modo che queste prassi non rappresentino nel panorama regionale un’eccezione, ma una possibilità che tutti i territori possono scegliere di implementare.

Ora, in conclusione, voglio anch’io unirmi ai ringraziamenti fatti dai tanti che mi hanno preceduto, a tutti coloro che hanno contribuito, dentro e fuori la Regione, a questo importante atto legislativo: all’assessore Taruffi, alla presidente Soncini, ai colleghi di maggioranza e minoranza per il loro contributo di riflessioni di queste ultime settimane.

Un ringraziamento speciale voglio rivolgerlo ai colleghi Francesca Maletti e Federico Amico per il lungo percorso che ci hanno anche oggi ben rappresentato, un percorso che ha saputo raccogliere in questi due anni l’impegno, le istanze e le competenze di tanti e tante, ma anche per quel lavoro paziente e competente che ha portato alla stesura del testo di legge.

In queste settimane, ripensando a questo lavoro così corposo, lungo, ricco, ma anche condiviso, mi è venuta in mente un’immagine, un’immagine cara a Giancarlo Cerini, un grande uomo di scuola e figlio di questa terra, che ci ha lasciato troppo presto.

Giancarlo scriveva, qualche anno fa, parlando di come riformare la scuola: “non serve solo una consultazione, non basta il programma di governo; occorre avere un progetto; un programma diventa un progetto se si trasforma in una ballata popolare, cioè se diventa una narrazione più umana, ove anche gli ascoltatori possano diventare narratori, dove i ruoli si intrecciano e si scambiano, in un’impresa corale che viene dunque sentita da tutti come propria”.

È grazie all’impegno di Francesca Maletti e Federico Amico, che il contributo e le competenze di tanti hanno dato vita a una ballata popolare.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliera Castaldini, prego.

 

CASTALDINI: Grazie, presidente.

Siamo arrivati alla fine di questa lunga corsa, iniziata da mesi nei territori della nostra regione, dove alcuni enti del terzo settore sono stati interpellati. Stiamo approvando una legge manifesto che riprende in buona parte la legge nazionale del terzo settore, rispondendo alla necessità di alcune puntualizzazioni locali; una legge nazionale che ha valorizzato e uniformato un settore basilare per il nostro tessuto sociale puntando sulla coprogettazione come attuazione del principio costituzionale di sussidiarietà. È un manifesto che la nostra Regione, come ormai siamo abituati a vedere, ha riempito di principi e finalità dove soprattutto ha inserito vari tavoli di partecipazione che non possono mai mancare. Perché si possa passare da un bel manifesto a uno strumento concreto di aiuto al terzo settore, ho presentato un ordine del giorno collegato che chiede alla Giunta di recuperare le risorse necessarie per abbattere ulteriormente l’aliquota Irap fino a rendere esenti dal pagamento dell’imposta le Onlus. So bene – ha fatto una conferenza stampa – che la situazione del bilancio di questa Regione non permette concessioni, ma d’altra parte concentrarsi solo sulle Onlus, come primo passo, può essere un segno importante di sostegno, anche guardando all’importante esperienza di altre Regioni dove l’aliquota, come ben sapete, è stata addirittura azzerata.

In questa sede adesso presenterò anche i tre emendamenti. Ringrazio per la collaborazione la maggioranza e anche i miei colleghi di minoranza. Oltre ai vari temi che sono stati riproposti e che io ritengo fondamentali, vorrei puntare l’attenzione sul primo emendamento, che verrà accolto, che è stato oggetto di una interessante interlocuzione sull’inserimento di un punto essenziale nell’articolo 2 sulle finalità. Tra le finalità non è recitato nulla sull’importanza dell’aspetto educativo. Educazione è un concetto molto diverso da istruzione e formazione. In un certo senso di educazione c’è molto più bisogno. Educazione, apertura alla realtà, capacità di relazione, essere protagonisti e non avere paura. Ci sono ambiti che favoriscono questo, passando anche dagli aspetti relazionali e ricreativi che vanno fortemente supportati. Nell’emendamento sono citati questi contesti, e ne sono molto felice, anche alla luce del supporto che possono dare alle famiglie come sostegno alla conciliazione vita-lavoro e alla natalità. È stata aggiunta questa parola che, come sapete, mi è molto cara anche in un ambito come questo.

Per quanto riguarda gli altri emendamenti, credo che non abbiano la stessa sorte del primo, però vorrei qui presentarli, perché nel secondo emendamento ho cercato di sanare una difformità che mi è stata segnalata da alcuni enti con i quali ho avuto interlocuzioni. In particolare, all’articolo 13 si dice che possono partecipare all’Assemblea solo gli enti del terzo settore aventi sede nel territorio regionale, io capisco assolutamente l’importanza di supportare il tessuto locale, ma non siamo di fronte all’agricoltura a chilometro zero evidentemente, ci sono anche enti di rete nazionale molto strutturati, che hanno comunque un legame molto stretto e fortissimo con i territori in cui operano e possono essere validissimi interlocutori nel contesto di un’Assemblea, dove possono portare anche esempi virtuosi di altre regioni.

Il terzo emendamento chiede di eliminare la lettera a) del comma 2 dell’articolo 24, che dà alle associazioni più rappresentative anche la facoltà di svolgere attività di studio e ricerca. Queste sono previste in sede dell’Osservatorio che viene istituito con questa legge, per cui duplicare – lo penso sempre – crea solo confusione di ruoli e diminuisce anche l’autorevolezza delle stesse attività di ricerca.

Ritengo che questo sia un primissimo passo, una cornice – lo dico per rendere un termine forse più gentile – di manifesto. È una legge quadro molto interessante, come sempre la prima, ma credo che potremmo tranquillamente abituarci, oltre che ad essere primi, anche a provare a sostenere leggi come queste con atti concreti. So bene che l’ordine del giorno non verrà approvato, ma credo almeno che una discussione in questo ambito, cioè come prevedere la diminuzione di tasse soprattutto cominciando con piccole realtà, e neanche tanto piccole perché le Onlus in questo caso non lo sono, ma cominciare a sperimentare questa direzione e capire che la decisione politica deve andare verso questa strada e questa direzione è fondamentale.

Non farò altri interventi e dichiarazioni. Credo di essere stata abbastanza completa nel dichiarare anche rispetto agli emendamenti. Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliere Cuoghi, prego.

 

CUOGHI: Grazie, presidente.

Questa legge, come è già stato detto da altri nel corso della discussione, sicuramente mette un po’ di ordine su molti temi, su un settore, quello appunto del terzo settore, che è rimasto gravemente sconvolto da quel decreto legislativo del 2017, il n. 117, che doveva mettere ordine, ma che in realtà ha creato una marea di adempimenti e che ha fatto sì che molte organizzazioni rimanessero fuori anche dal Registro unico nazionale del terzo settore, che preferissero quindi, una strada più solitaria, e per certi aspetti meno tutelata per non cadere nelle complicazioni burocratiche di tutti gli adempimenti che il decreto legislativo del 2017 ha reso necessari.

Ecco che allora una legge regionale poteva essere l’opportunità non certo per scavalcare quella nazionale, cosa che non è possibile, ma poteva essere l’opportunità per andare comunque un po’ incontro a questi enti, a queste associazioni. Credo che per certi aspetti ciò sia stato fatto; ci sono dei passi molto importanti, che sono già stati declamati, ma tengo a sottolinearli. Quando si parla di coprogrammazione, di coprogettazione, quando si va a definire quali sono i ruoli che il terzo settore ha con gli enti locali, questa è sicuramente una cosa che permette di dare delle linee guida, dei veri e propri binari del modo in cui gli enti possono lavorare.

C’è però un vulnus in questo disegno di legge, che ci ha visti distanti dall’inizio, una distanza che non siamo riusciti, nonostante le varie interlocuzioni, a colmare. È quella degli organi rappresentativi che sono definiti in questa legge. Esiste un’Assemblea, e l’Assemblea ovviamente comprende tutte quante le organizzazioni, e vorrei anche vedere che non fosse così, e c’è un Consiglio del terzo settore. Consiglio del terzo settore che però non viene eletto democraticamente, proporzionalmente, o con qualche altro sistema che tende a rappresentare e a tutelare tutte le diverse anime che rappresentano il terzo settore in questa Regione, ma con un meccanismo che a me sembra anche un po’ bizzarro. Viene prima scelta, definita e individuata quella che è l’organizzazione maggiormente rappresentativa. L’organizzazione maggiormente rappresentativa, a questo punto, elegge quattordici membri, cioè quattrodici su quattordici, cioè nomina tutti i membri del Consiglio direttivo. Per cui, questa associazione, questa organizzazione che è maggiormente rappresentativa, ma che, attenzione, non abbiamo detto essere maggioritaria, potrebbe essere, anzi probabilmente lo sarà, un’organizzazione che rappresenta una quota minoritaria all’interno del panorama. Però, in virtù del fatto che, magari, è stata leggermente più coinvolgente di altre, nomina tutto il Consiglio direttivo. A questo punto il Consiglio direttivo diventa l’unico interlocutore con la Regione.

A noi sembra che questo sia un procedimento che non abbia nulla di inclusivo, non abbia nulla di democratico, che sia un procedimento anche irrispettoso nei confronti di quanti lavorano ed operano nel terzo settore, nel volontariato, nel campo della solidarietà, perché tende a dire: o vi fate rappresentare da questi, che per qualche ragione abbiamo definito essere maggiormente rappresentativi, oppure vi adeguate. È un modo proprio per andare a togliere quella possibilità anche di far emergere proposte diverse, esperienze diverse, di valorizzare esperienze diverse all’interno di quello che poi risulta essere il più rappresentativo e il più importante organo che questa legge va a definire, perché, appunto, come dicevamo prima, è quello che poi va a interloquire con la Regione Emilia-Romagna, con la Giunta e con l’Assessorato.

A noi sembra francamente che qui sia stato anche un po’ forse fatto ad arte questo. Non sappiamo chi andrà a rappresentare, chi sarà questa associazione, ma credo che sarà facile saperlo se uno va un pochino a valutare i parametri richiesti e i requisiti. Il fatto che tutta quanta la legge, compresi i finanziamenti che possono essere destinati in via prioritaria alla organizzazione maggiormente rappresentativa, tutta la legge ruota intorno a questo tipo di organizzazione, che è assolutamente preventivabile, ci sembra che sia proprio una legge che non sia fatta per la totalità del terzo settore ma, almeno limitatamente a questi aspetti, sia stata fatta ad arte per portare il mondo del terzo settore, il Consiglio del terzo settore e le proposte che questo deve avanzare in una determinata direzione. Ecco, questo – lo ripeto – a noi non sembra un sistema accettabile. Su questo abbiamo provato a presentare diversi emendamenti in Commissione, ma non sono stati accolti. Presenteremo qualcosa anche qui in aula per cercare di ritoccare questo tipo di procedimento. Non confidiamo che abbia un risultato molto diverso da quello che ha avuto in Commissione, ma ci proviamo fino all’ultimo in ogni modo, proprio perché crediamo che tutte le organizzazioni abbiano diritto alla dignità di poter portare delle proposte, di poter essere rappresentate e di poter rappresentare le altre organizzazioni, cosa che questa legge, invece, nega.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Non vedo altri consiglieri iscritti. No, mi sa che ne sta arrivando uno di corsa. Prego, consigliere Gerace.

 

GERACE: Grazie, presidente.

Ci tengo innanzitutto a ringraziare l’assessore Taruffi, la collega Maletti e il consigliere e collega Amico per il prezioso lavoro svolto, un lavoro che è stato avviato da diverso tempo e che ha visto il coinvolgimento di tanti enti territoriali, come quelli del terzo settore, rappresentanti degli Enti locali e dei sindacati. Un ringraziamento va anche al consigliere Pelloni in qualità di relatore di minoranza.

L’ultimo comma dell’articolo 118 della nostra Costituzione recita: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo sviluppo di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Le parole che abbiamo appena sentito ci ricordano l’importanza che rivestono gli enti del terzo settore nel nostro Paese. Ma a ricordarcelo non è soltanto la Carta costituzionale, ma anche i numeri: 470.000 il numero di volontari attivi nella nostra regione, sono oltre 3.000 le organizzazioni di volontariato attive, 40.000 i volontari e ben 940.000 i cittadini iscritti a diverse organizzazioni di volontariato. L’Emilia-Romagna si aggiudica il quinto posto nella classifica Istat, tra le Regioni italiane con il più alto numero di istituzioni non profit. Questi dati ci confermano ancora una volta il radicamento e la presenza degli enti del terzo settore all’interno della nostra Regione, rappresentando un importante valore aggiuntivo e anche un punto di forza.

Attraverso questo progetto di legge si intende riconoscere il ruolo, il valore e la funzione sociale che gli enti del terzo settore ricoprono. Questi infatti rappresentano un elemento caratterizzante della nostra comunità, di forte coesione sociale, di sviluppo e resilienza delle comunità locali, un vero e proprio motore di innovazione, orientato a rispondere ai bisogni dei cittadini con lo sguardo rivolto sempre ai più fragili e agli ultimi.

Attraverso questo progetto di legge regionale si intende valorizzare e disciplinare il sistema di rappresentanza del terzo settore, promuovere e diffondere la cultura del volontariato e del dono, valorizzare il protagonismo e attivare la partecipazione alla vita di comunità.

Questo progetto di legge regionale rappresenta un vero e proprio strumento, che detta una linea ben precisa, e che vede impegnati a rimarcare un percorso già avviato da tempo, percorso nel quale la comunità e i cittadini si fanno protagonisti, che sono un vero e proprio motore trainante di importanti realtà associative.

Come ribadito appunto all’articolo 118 della nostra Costituzione, le Regioni devono favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati. Ed è proprio ciò che mira a fare questa legge, questo PDL, un PDL che riconosce il valore del lavoro che le volontarie e i volontari svolgono ogni giorno, e che vuole individuare e fornire tutti gli strumenti necessari per una migliore prosecuzione di questo importante lavoro, anche alla luce della riforma del terzo settore realizzata a livello nazionale.

Permettetemi ora una breve riflessione sul tempo. Il tempo è il bene più prezioso che possediamo, ed ha un valore inestimabile. Quando penso alle volontarie e ai volontari che rappresentano la base sociale della nostra regione, penso subito al tempo che loro dedicano gratuitamente agli altri; tempo che tolgono ai loro affetti e alle loro famiglie e che decidono di mettere a disposizione per gli altri. Penso che questa sia una grande forma di amore. È qualcosa che non deve e che non può essere disperso. Attraverso questo progetto di legge regionale intendiamo salvaguardarlo e tutelarlo.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Al momento non ci sono altre richieste di intervento. Consigliera Costi Palma, prego.

 

COSTI: Grazie, presidente.

La nostra Regione ha come valore aggiunto la capacità di essere inclusiva, democratica e di avere un alto tasso di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.

In tutto questo il terzo settore gioca un ruolo fondamentale e, dobbiamo dirlo, da sempre questa Regione e le Istituzioni locali lo riconoscono, ne apprezzano il ruolo e la potenzialità.

È un mondo, quello del terzo settore, che si è trasformato nel corso degli anni, ha acquisito un ruolo così importante e diffuso da necessitare anche di una proposta di legge regionale in grado di coglierne la specificità utilizzando quegli spazi di autonomia che la legislazione nazionale lascia.

Sappiamo tutti che è stato redatto il Codice del terzo settore e sappiamo anche che questo presenta dei problemi. Sappiamo anche, perché poi è stato presentato anche un ordine del giorno, che ci sono problemi che devono essere risolti chiaramente a livello nazionale, perché la nostra legge non ha questi poteri.

Io credo che questo sia un progetto di legge che nasca anche dalla necessità di mettere in campo strumenti e modalità nuove per superare le difficoltà che anche il terzo settore ha conosciuto, dall’emergenza Covid, al caro energia, all’inflazione, ma soprattutto per permettere di valorizzare, anche con modalità innovative, il ruolo che il terzo settore svolge in una società in profondo mutamento.

Ricordo i cambiamenti demografici con il carico di problematiche in essi contenuti, non solo il tema della società dell’invecchiamento, ma della cronicità e di tutti i problemi connessi, anche tutto il tema dei cambiamenti climatici.

In questa Assemblea abbiamo discusso lungamente sul ruolo di partecipazione attiva dei cittadini per far fronte in modo nuovo ai problemi che oggi si presentano.

Con questa proposta di legge si propongono quindi obiettivi e strumenti volti a costruire soprattutto rapporti più lineari, in primo luogo con la Regione e con gli Enti da essa dipendenti, con gli Enti locali, individuando nella collaborazione e nella condivisione di obiettivi, programmi e progetti i punti cardine per rafforzare la coesione sociale e dare nuovo impulso alle tante potenzialità che già oggi esistono in tutti i settori della nostra società e di cui anche la pubblica amministrazione ha assolutamente necessità.

L’altro punto fondamentale è quello di conoscere e riconoscere le realtà regionali, semplificare per quanto è in nostro potere e sostenere il lavoro quotidiano delle tante associazioni e dei tanti volontari che oggi operano in ambiti molto diversi tra loro, anche integrando – e questo è uno sforzo grosso che è stato fatto – le leggi di settore della Regione, contribuendo, per quanto possibile, ripeto, perché non tutto dipende da noi, a semplificare anche quei pezzi di procedure burocratiche che ci riguardano.

La revisione del sistema della rappresentanza, certo, il Consiglio regionale del terzo settore, su cui ho sentito molto critiche, ma vorrei dire che il Consiglio regionale del terzo settore è accompagnato dall’Osservatorio, che è un punto fondamentale per conoscere e per poi riconoscere. Ma vorrei ricordare che, se non sbaglio, l’articolo 13 prevede anche l’Assemblea regionale del terzo settore, un altro momento di partecipazione democratica importante, che deve essere, appunto, convocata da parte del presidente.

La semplificazione e le facilitazioni a livello amministrativo, ma soprattutto tutto il tema dell’amministrazione condivisa, ben esplicitata da chi mi ha preceduto negli interventi precedenti. Si parla di coprogrammazione, coprogettazione e convenzionamento, con la formazione al centro sia per gli Enti locali che per il terzo settore, come il riconoscimento di crediti formativi per il personale volontario, facilitando appunto l’accesso ai corsi. Quindi, è una spinta al cambiamento culturale anche della pubblica amministrazione, che certamente non può essere obbligata, ma che può acquisire, grazie alla formazione, ma anche ad altri elementi che nella norma sono previsti, strumentazioni e modalità nuove per operare.

È un progetto di legge che cerca di sostenere e attivare processi profondi di cambiamento, mettendo anche a disposizione strumenti importanti. Mi piace ricordare questo dell’accesso al credito, con la possibilità di dare garanzie e chiaramente di intervenire anche sui tassi di interesse. Così come fondamentale credo sia l’introduzione del Fondo regionale per l’innovazione sociale, questo per poter accompagnare i progetti più innovativi e in grado di rispondere in modo nuovo a problemi vecchi e nuovi.

Sono strumenti nuovi che noi mettiamo a disposizione, ma vorrei ricordare che questi strumenti rafforzano altre azioni che sono già presenti. Noi abbiamo previsto l’Irap agevolata per le cooperative sociali, abbiamo previsto la gratuità del bollo auto per i mezzi di trasporto per i disabili iscritti nel regolare registro, quindi abbiamo già cercato di utilizzare tutti quegli spazi che sono ad oggi possibili per una realtà regionale. Certo, questo non basterà e occorrerà agire anche su altre leggi di settore, allargando probabilmente i criteri di partecipazione ai bandi, dove questo sarà possibile, ma puntando anche a nuove forme di finanziamento e di coinvolgimento di soggetti nei finanziamenti. Sto pensando a tutto il tema dei fondi europei, un tema che chiaramente è previsto anche dalla norma, ma anche a modalità di raccolta diffusa delle risorse, sto pensando al crowdfunding.

Ma io credo che lo sforzo vero che dovrà essere fatto dalle pubbliche amministrazioni, assieme al terzo settore sarà quello che in questi processi di coprogrammazione e di coprogettazione dovrà essere chiaramente costruito anche un rapporto molto profondo con tutta la parte del profit che noi sappiamo essere fortemente presente nei nostri territori, e a tutti quegli altri soggetti che nei nostri territori operano e che sono consapevoli dell’importanza di avere un terzo settore forte.

Quindi, alla base di questo progetto di legge c’è la consapevolezza profonda che la pubblica amministrazione deve sostenere, valorizzare, collaborare con le variegate realtà del terzo settore, perché questo è un modo di produrre sviluppo, sviluppo sostenibile e duraturo nel tempo, che possiamo lasciare anche alle nuove generazioni. Vuol dire praticare solidarietà, inclusione, favorire il lavoro, il rapporto, come dicevo, tra profit e non profit, produrre buona ricchezza, il benessere delle persone e della collettività dove si opera.

Del resto, permettetemi di parlare anche di un’esperienza concreta, perché quelli che ho citato e che sono contenuti in questa legge sono gli ingredienti che in larga parte stanno nel successo di molte esperienze che conosco, che sono diffuse in tutta la nostra Regione. Ne cito una del mio territorio: la banda Rulli Frulli, che partendo da un progetto di inclusione sociale del mondo della musica (costruita, tra parentesi, dall’Unione dei Comuni dell’area dove io vivo) è diventata un’eccellenza nazionale ed europea, studiata dall’Università Cattolica per gli elementi di educazione e di integrazione sociale, per il sostegno al lavoro dei più fragili, per la sostenibilità ambientale, poiché gli strumenti musicali sono fatti dai ragazzi con materiale riciclato, e sono esperienze che creano posti di lavoro, buoni posti di lavoro, sia per le persone abili, ma anche per persone con fragilità. Collaborando con le reti territoriali, e con il Comune, oltretutto qui c’è stata anche una continuità, un Comune che ha avuto due Amministrazioni di segno diverso, ma la continuità è stata completa. Ha fatto rinascere uno spazio in disuso, l’ex stazione di Finale Emilia, che oggi è la stazione Rulli Frulli, uno spazio aperto, fantastico, di ritrovo, lavoro, musica, divertimento ed è una realtà frequentata da tantissimi giovani e giovanissimi, non solo disabili, quindi l’inclusione in questo caso è proprio vera, è al 100 per cento, che parla alla città e al territorio. Questo è accaduto perché certamente da una parte ci sono state delle associazioni capaci di esprimere questo valore per me immenso e incalcolabile, ma perché il pubblico ha saputo riconoscerli, li ha saputi condividere, co-progettare, semplificare, sostenere. Su questa scia – questa è un’esperienza molto importante – il profit è intervenuto convintamente, ha messo tante risorse proprio perché ha compreso il valore per le aziende che operano nel territorio. Quindi, per me la misurazione di un progetto di legge anche rispetto a questa realtà è un metro di misura particolarmente importante.

Bene, questi obiettivi e questi strumenti che questa legge propone, l’abbiamo già detto anche in Commissione, non si possono imporre, perché noi non siamo un ente sovraordinato rispetto agli Enti locali. Possiamo, però, avere un ruolo importante come Regione, invece, per tutti i nostri strumenti. Però, sono strumenti che possono diventare patrimonio di tutta la Regione e quindi di tutto il sistema degli Enti locali e di tutti i soggetti che sono collegati alla Regione affinché il terzo settore sia messo nella condizione, ovunque, di essere protagonista e artefice di queste potenzialità; una risorsa sempre più capace di coinvolgere le comunità locali in un percorso di cittadinanza attiva che può riguardare qualsiasi settore.

Io ho fatto l’esperienza così complessiva, perché in questo caso veramente ha coinvolto settori fondamentali, compreso quello della riqualificazione urbana, che è uno degli altri grandi temi che comunque noi abbiamo se andiamo a vedere nei nostri programmi.

Termino ringraziando chiaramente i promotori, gli artefici della proposta normativa, Francesca Maletti e Federico Amico, per i contenuti che hanno saputo portare, che hanno saputo mediare rispetto anche alle esigenze, rispetto anche ai nostri spazi di poteri legislativi, ma anche per il metodo di costruzione della legge, perché credo che questo sia un metodo proprio di condivisione profonda.

Ha ragione Marilena Pillati. È stata davvero una ballata popolare, si è proprio condiviso e ci si è capiti.

Chiaramente ringrazio anche tutti coloro che hanno partecipato a questo processo, mi riferisco ai tecnici, mi riferisco all’assessore Taruffi, mi riferisco anche al consigliere di minoranza Pelloni, che con molta serietà e mi sembra anche molta partecipazione ha partecipato a questo processo, che comunque è molto importante vista la dimensione del mondo che andiamo a toccare. Devo dire anche grazie ad un metodo di costruzione di questa norma, che è stato ulteriormente arricchito nel confronto nelle Commissioni anche dopo l’audizione. Anche questo – mi piace ricordarlo – è un processo coerente rispetto al testo e agli obiettivi della norma.

Questa legge, quindi, non è solo un riordino o un’ottimizzazione della legislazione esistente, per quanto fosse necessaria, perché i tempi sono cambiati e, come abbiamo detto, i bisogni sono cambiati, ma è una leva che porterà delle modifiche nel modo di agire con e sui territori, con l’obiettivo di rafforzare la coesione sociale in una società che il post-Covid ha lasciato più fragile, di consolidare e creare reti e relazioni positive, rafforzando una voglia di partecipazione sempre presente, di cui il terzo settore è dimostrazione ogni giorno.

È chiaro che questo è un progetto di legge, diventerà legge, sarà compito della Giunta applicarla per le parti che sono contenute in essa, sarà compito nostro, come Assemblea, seguirne passo dopo passo l’attuazione anche nelle realtà locali, sia per raccogliere ulteriori stimoli e ulteriori input, ma soprattutto per far sì che quanto contenuto in questa norma anche nei nostri territori possa diventare realtà quotidiana.

L’azione della politica è anche questa, e cioè seguire i processi, seguirli non solo dal punto di vista normativo e legislativo, ma soprattutto dal punto di vista partecipativo nei territori, cercando di collaborare con le nostre realtà.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliere Mumolo, prego.

 

MUMOLO: Grazie, presidente.

Anch’io solo due parole, perché penso davvero che questa sia una delle leggi più importanti di questa Consiliatura. Penso che si sia fatto un grande lavoro, penso che per anni in questo Paese non si sia compreso il valore del terzo settore e il terzo settore sia stato considerato semplicemente come una serie di associazioni o gruppi che fanno volontariato, che si occupano di volontariato, dando il volontariato anche per scontato, tra l’altro, volontariato laico o cattolico dato per scontato, e il tutto in una grande confusione normativa, mentre c’era chi in questo Paese cercava almeno di provare a modificare quello stereotipo culturale per cui bisogna essere tutti belli, ricchi e famosi, altrimenti non c’è nessuno, anzi, altrimenti si è addirittura colpevole di non essere nessuno, o di essere poveri, mentre migliaia e migliaia… Si è parlato dell’Emilia-Romagna, ma per fortuna in tutta Italia ci sono centinaia di migliaia di persone che dedicano una parte del loro tempo libero agli altri, alla possibilità di aiutare altre persone. Mentre succedeva tutto questo, quindi, noi, almeno coloro che si occupano di terzo settore, coloro che ne fanno parte – io sono presidente di un’associazione di volontariato, ma tanti di noi fanno del volontariato –, coloro che se ne occupa, sanno oltretutto che c’erano difficoltà normative non indifferenti, e diventava sempre più difficile fare quello che poi ogni volontario vuole fare. Alla fine, ogni persona che si occupa di volontariato, che fa del volontariato – terzo settore non è solo quello, ovviamente, ma soprattutto quello – lo fa per sue motivazioni personali: chi è cattolico magari lo fa per una questione religiosa, ognuno di noi lo fa per portare avanti quelli che sono i suoi valori, ma noi dovremo pensare anche che i valori del volontariato sono quelli scritti nella nostra Carta costituzionale, sono quelli solidarietà, uguaglianza e giustizia sociale.

Dicevo, tutto questo avveniva in una grande confusione normativa. Poi è stato approvato il decreto legislativo n. 117 del 2017, il cosiddetto Codice del terzo settore, in attuazione di una legge delega, quindi è stata realizzata una revisione organica della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del terzo settore, mediante la redazione di un codice che ha riunificato all’interno di un unico quadro normativo le singole leggi settoriali, quelle relative al volontariato, alla promozione sociale, all’impresa sociale.

Partendo da questo quadro legislativo nazionale, il progetto di legge che andiamo ad approvare oggi, intende promuovere e sostenere gli enti del terzo settore e le altre formazioni sociali a livello regionale, definendo le modalità del loro coinvolgimento attivo nell’esercizio delle funzioni regionali di programmazione, indirizzo e coordinamento, e nella realizzazione di specifici progetti di servizio, o di intervento finalizzati a soddisfare i bisogni della comunità regionale.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Scusate, se potete di nuovo abbassare il tono della voce.

 

MUMOLO: Grazie. presidente.

Oltre ai contenuti, vorrei evidenziare che il percorso di questo progetto di legge è stato un percorso particolare, un percorso che è partito con l’ascolto, per poi tradursi in un testo di legge. Io stesso ho partecipato ad alcune riunioni a Bologna. Devo dire che sono comunque colpito dal numero di incontri che sono stati realizzati. Mi pare che la relatrice abbia detto oltre 120 incontri realizzati. Io sono in quest’aula da un po’ di tempo, penso sia un record per la realizzazione di un progetto di legge. Penso che forse sia il primo progetto di legge che ha un numero di incontri così elevato.

Questo incide moltissimo anche sulla bontà delle norme che ci sono all’interno del progetto di legge, perché prima di tutto bisogna ascoltare, perché ascoltare poi significa confrontarsi per davvero e significa magari tradurre delle buone idee in emendamenti al progetto di legge stesso.

Si parte con determinate idee, poi ci si confronta e poi magari il progetto di legge viene migliorato.

Nel merito io vorrei evidenziare che attraverso la regolamentazione introdotta dalla collaborazione tra le pubbliche amministrazioni e gli enti del terzo settore, attraverso gli istituti della coprogrammazione e coprogettazione, sostanzialmente gli enti del terzo settore vengono quasi elevati a enti pubblici. Lo dico forse esagerando un po’, però davvero sono quasi parificati agli enti pubblici perché sono posti sullo stesso livello dei soggetti con i quali si va a coprogettare e a coprogrammare dentro un sistema di solidarietà e un sistema di sussidiarietà che non è normato, che però è già in qualche maniera attivo.

Nello stesso tempo io credo sia importante, tra le tante cose – sono cose che ha già detto la relatrice Francesca Maletti – la possibilità di utilizzare immobili pubblici non già utilizzati a fini istituzionali o magari requisiti, sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali e mafiose per le attività del terzo settore proprio per le attività del terzo settore. Questa cosa è molto, molto importante. Riecheggia una norma che c’è nel nostro Testo Unico per il contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa e allarga la possibilità che era già prevista in quel Testo Unico di riutilizzare i beni confiscati alle organizzazioni criminali e mafiose.

Ci sarebbero tante altre cose da dire, molte delle quali sono già state dette dai miei colleghi e dalla relatrice. Mi fermerei qui nell’elencare le singole misure presenti nel progetto di legge.

Vorrei chiudere evidenziando che nella nostra Regione il terzo settore è stato fondamentale nell’emergenza sanitaria da poco chiusa, ma che fa sentire ancora i suoi effetti, nell’organizzare i servizi messi a disposizione della nostra comunità, in particolare i servizi sociosanitari. Hanno dato una grandissima mano. Forse senza il terzo settore non ce la saremmo cavata in questa maniera.

Il mio voto, ovviamente, è scontato. Il voto del mio Gruppo consiliare sarà a favore di questo progetto di legge, e sarà a favore di questo progetto di legge perché – lo ripeto – per me questo progetto di legge non solo è un progetto di legge ben redatto e assolutamente utile per la Regione Emilia-Romagna e per le organizzazioni del terzo settore di questa regione, ma è uno dei progetti più importanti di questa consiliatura per lo spirito con cui è stato pensato e per l’effetto che ci auguriamo tutti potrà produrre all’interno della nostra società, anche per il tema della coesione sociale, ma non solo per quello, anche per un tema culturale. Forse certi stereotipi, rafforzando il terzo settore, faremo molta meno fatica a combatterli. Io ringrazio, ovviamente, l’assessore Taruffi, ringrazio il consigliere Amico, proponente del progetto di legge insieme alla relatrice di maggioranza, consigliera Francesca Maletti, che ringrazio due volte, ambedue i consiglieri, per il grandissimo lavoro che hanno fatto per portare avanti questo progetto di legge, confrontandosi con il terzo settore di tutta l’Emilia-Romagna. Ringrazio il relatore di minoranza, consigliere Pelloni, anche lui per l’ottimo lavoro svolto. Spero davvero che questo progetto produca in tempi brevi gli effetti desiderati.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliera Piccinini, prego.

 

PICCININI: Grazie, presidente.

Il mio intervento sarà piuttosto breve alla luce delle tante cose dette e illustrate da chi è intervenuto in precedenza, però alcuni punti ci tengo a sottolinearli. Intanto vorrei riaffermare un fatto: il tema che oggi stiamo trattando e soprattutto il testo che oggi andremo a votare – lo voglio dire con forza – è un progetto di legge d’iniziativa dei consiglieri. Non è un fatto usuale per questa Assemblea, che dal mio punto di vista qualifica ancora di più, oltre che il lavoro fatto, i contenuti che questo testo porta con sé.

È un’operazione non banale, e di questo devo dare atto al consigliere Amico e alla consigliera Maletti, soprattutto per la costanza con cui hanno provato, e il risultato è sicuramente positivo, e sono riusciti a portare a casa questo risultato, perché anche questa era una sfida e una scommessa non così scontata e, come dicevo, non così banale. Li devo ringraziare anche perché quello che hanno portato avanti è stato un percorso molto partecipato, lo si ricordava prima, più di cento incontri fatti, ed è esso stesso un PDL coprogettato e condiviso. Quando succede questo, davvero la forma diventa assolutamente sostanza. Lo dico anche in qualità di presidente della Commissione che ha delega sulla partecipazione, e questo è anche un esempio virtuoso che io spero e mi auguro possa ripetersi negli anni di legislatura che affronteremo da qui in avanti, perché il risultato è un risultato dal mio punto di vista di valore, che si basa sull’ascolto dei tanti soggetti che in qualche modo hanno portato la loro visione e il loro punto di vista, ma non solo.

È un progetto di legge che è stato condiviso anche con tutti i Gruppi assembleari, non solo all’interno di questa Regione ma anche sui territori. C’è stato un coinvolgimento anche all’interno degli incontri che si sono tenuti in ogni provincia, e anche qui, un impegno non facile, e anche questo nemmeno scontato. È quindi un’interlocuzione capillare e costante che, come dicevo prima, è un punto anche questo, se vogliamo, qualificante di questo PDL.

Non tornerò sul quadro normativo nazionale e sull’istituzione del Codice del terzo settore, perché tanto è già stato detto. Però io credo che questo progetto di legge abbia in qualche modo il compito anche di sostenere il mondo ampio e variegato che è molto attivo nella nostra Regione – lo si diceva prima – che conta 27.000 realtà, tra le quali anche tante esperienze virtuose che sono nate anche grazie all’attivismo di realtà locali: penso che più o meno tutti noi ne conosciamo qualche esempio. Io penso che ci sia la necessità, oggi, di provare anche come istituzioni, come Regione, a finalizzare al meglio anche le azioni da mettere in campo, quindi, in questo senso, penso che lo strumento della coprogettazione e della codecisione sicuramente possa essere efficace in questo senso.

Lo dico anche rispetto all’articolo 26, dove viene istituito il Fondo regionale per l’innovazione sociale e per tutta una serie di finalità che riguardano appunto il sociale, la non autosufficienza, il sistema integrato degli interventi dei servizi sociali e sociosanitari. Mi voglio inserire all’interno di questo articolo per illustrare l’ordine del giorno che ho presentato, che è sicuramente un ordine del giorno che tocca un argomento settoriale, che però, dal mio punto di vista, ha un’importanza strategica per quanto riguarda la prevenzione, ma anche gli interventi a carattere sociosanitario.

Parlo degli interventi assistiti con animali. È un tema che abbiamo già affrontato a fine dicembre 2022. Avevo portato una risoluzione all’interno della Commissione e anche qui, collaborando con la collega Maletti, molto attenta anche su questo fronte, quella risoluzione poi venne approvata.

Oggi abbiamo la possibilità, anche attraverso questo progetto di legge, per fare anche qualche passo in avanti e concretizzare quell’impegno che tutti noi ci siamo presi in quella sede, perché gli interventi assistiti con animali, o la cosiddetta pet-therapy, hanno dei benefici scientificamente provati non solo dal punto di vista educativo o sanitario, e anche qui ci sono esperienze anche nella nostra regione, ma anche e soprattutto dal punto di vista sociale, nei confronti, per esempio, degli anziani.

Il problema di fondo, però, qual è? Il problema è che purtroppo tutte queste realtà operano bene – io ne ho conosciute tante, le ho incontrate in queste settimane – però, purtroppo, spesso e volentieri si ritrovano a fare da soli, a fare con le risorse che hanno o, diciamo così, a costruire progetti che si sostengono, per esempio, sul crowdfunding.

Credo, da questo punto di vista, che proprio perché gli impatti e i benefici di questa attività hanno effetti sia di prevenzione, ma anche di cura, penso che la Regione ne possa trarre anche dei vantaggi da questo punto di vista. Di conseguenza, credo che sia opportuno che appunto questa Istituzione provi a dare una mano a tutte queste realtà che in qualche modo intervengono con gli obiettivi che dicevamo prima. Questo molto bene si inserisce nelle finalità che citavo prima dell’articolo 26. Quindi, questo ordine del giorno impegna la Giunta a riconoscere anche gli interventi assistiti con animali realizzati da parte degli enti del terzo settore quali oggetto dei procedimenti di coprogrammazione e di coprogettazione previsti dal presente progetto di legge e, quindi, destinatari di forme di sostegno economico. Come dicevo, sono realtà molto attive anche nel nostro territorio, però purtroppo devono fare con le loro forze. Ebbene, credo che oggi ci siano tutte le condizioni affinché la Regione provi in qualche modo a sostenere questo tipo di attività, che, come dicevo, portano comunque un beneficio dal punto di vista sociale e sanitario in termini di prevenzione anche alla nostra regione.

Concludo, quindi, ringraziando questa Assemblea, ma in particolare il collega Amico e la relatrice Maletti, ma anche il collega Pelloni per aver affrontato questo testo con senso di responsabilità. Ringrazio anche l’assessore Taruffi per aver fatto la propria parte e aver accolto questo progetto di legge, nonostante sia un progetto di legge che viene dai consiglieri e che forse ha seguito un percorso inusuale, ma che spero possa ripetersi lungo le settimane e i mesi che ci vedono in campo fino a fine legislatura su questo, ma anche su tanti altri temi.

Già che ci sono, preannuncio il voto sicuramente favorevole e mi auguro che questo PDL, che è sicuramente sostanzioso, trovi anche una corretta messa a terra delle tante cose buone e positive che oggi noi abbiamo scritto e andiamo ad approvare all’interno del PDL e, quindi, del testo che è sottoposto all’approvazione di quest’aula.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliera Zappaterra, prego.

 

ZAPPATERRA: Grazie, presidente.

Credo veramente che possiamo essere soddisfatti di questo progetto di legge d’iniziativa consiliare, che credo realizzi pienamente la mission dell’Assemblea legislativa nell’esercizio legislativo democratico e soprattutto nel dare risposte ai territori e agli enti del terzo settore. Anch’io mi associo ai ringraziamenti già fatti dagli interventi che mi hanno preceduto ai colleghi che ci hanno lavorato costantemente e lungamente in questi due anni, a partire dal firmatario, collega Amico, per arrivare alla consigliera Francesca Maletti, piuttosto che il ringraziamento agli Assessorati coinvolti, ma più in generale a tutti i Gruppi politici di quest’aula, e anche al relatore di minoranza, consigliere Pelloni, per aver dato un contributo fattivo a questo progetto di legge: un progetto di legge, credo, tra i pochi, in questo mandato che, come si usa dire, è un progetto di legge bottom-up, un progetto di legge che parte dalle esigenze e dal confronto con il basso (in questo caso “il basso” sono i territori, sono le associazioni, sono le municipalità, sono le comunità, sono gli organismi) per arrivare qui e diventare veramente legge di questa Regione.

Io non rifarò l’elenco, com’è già stato fatto, di tutti i confronti, degli incontri che sia la collega Maletti che il collega Amico, di volta in volta accompagnati da altri, hanno fatto nelle nove province. Sono stati incontri non rituali, ma tutti importanti, incontri di confronto, di approfondimento, che hanno evidenziato molti aspetti rispetto a questo progetto di legge, ma che sono stati anche una straordinaria occasione per fare valutazioni e riflessioni sul sistema del welfare del terzo settore di questa Regione. Sono stati lo spunto anche per molto altro lavoro che dovremmo fare da qui alla fine del mandato.

Io non sono un’appassionata, come credo molti di voi, alla stratificazione normativa. Ormai siamo abituati, soprattutto quando si parla di sburocratizzazione…Normalmente, per sburocratizzare si fa una legge nuova, una legge in più che aggiunge anziché togliere, nella convinzione che per sburocratizzare l’ideale sarebbe davvero cominciare a togliere leggi e normative, volendola dire in modo molto banale.

In realtà, quindi anche la collega Maletti e i colleghi, prima di depositare, insieme ai territori si sono interrogati sul fatto che ci fosse davvero bisogno di una legge regionale del terzo settore. Si sono risposti di sì, perché il bisogno non c’è, non solo in termini di riordino, come ha anticipato prima la collega Palma Costi, ma perché c’è proprio bisogno di uno strumento di semplificazione vera, che rappresenti anche un nuovo strumento di partecipazione.

Questo è, credo, in estrema sintesi questo progetto di legge, che prende le mosse dal fatto che il mondo è cambiato, in questi anni, la società è cambiata, non abbiamo bisogno di ridircelo, che il quadro normativo è cambiato. Il decreto legislativo n. 117 e il DM 72 hanno prodotto effetti sui nostri territori. I rapporti tra i soggetti del terzo settore e le Amministrazioni pubbliche non sono sempre facili, non sono sempre agevoli, non sono sempre lisci anche con la buona fede che tutti ci mettono nello svolgere al meglio il proprio mestiere. Non di meno in questa Regione, più che altrove, il ruolo strategico del terzo settore è quello che fa la differenza nella qualità della vita dei cittadini e delle comunità nei territori nei quali viviamo.

È già stato detto che questo intervento legislativo si inserisce, dopo una pandemia che nessuno si aspettava, che ci ha cambiato la vita, ci ha cambiato i conti, ci ha cambiato le relazioni rispetto alle quali abbiamo bisogno di recuperare rapporti, modalità di confronto e modalità di lavoro.

Siamo abituati a dire, certamente con grande convinzione, perché è vero, che il terzo settore, anche prima della riforma nazionale, costituisce un’infrastruttura essenziale per la coesione sociale del Paese e che con le innovazioni normative avrebbe acquisito maggiore centralità. Questo lo diciamo sempre, lo diciamo convintamente, lo diciamo sui nostri territori, lo diciamo alle associazioni. Nella pratica, poi, sono le associazioni stesse le prime a dirci “ogni volta che ci incontrate ci dite quanto siamo bravi e quanto siamo importanti, ma non sempre riuscite ad alleggerire il nostro lavoro, che molto spesso colma il gap rispetto ai servizi che il pubblico non riesce a sostenere”. Ecco, è vero, c’è questo paradosso che è dato dal fatto che il riconoscimento pubblico del terzo settore non corrisponde sempre al peso effettivo che ha nella nostra società, soprattutto nei periodi di emergenza, nei quali scarichiamo addosso al terzo settore anche ruoli che non gli competono, ma essendo bravi spesso riescono a svolgerli. Però, non siamo finora riusciti a metterli in condizione di sviluppare al massimo le potenzialità innovative delle quali possono essere portatori.

Il progetto che approveremo oggi o domani, non so quando ci arriveremo, perché il lavoro è stato impegnativo, importante e di confronto nel deposito. Sono anche molti gli emendamenti. Quindi, non so se approveremo oggi o continueremo a discutere domani. Però, è un progetto di legge che si è reso necessario per dare attuazione alla riforma del terzo settore in modo più compiuto, che il livello nazionale ha portato avanti, che ha rappresentato certamente un’innovazione, un passo avanti, ma noi non dobbiamo nasconderci che quell’innovazione e quel passo avanti finora hanno prodotto effetti che si sono rivelati più degli appesantimenti burocratici per gli enti del terzo settore, a loro volta già in difficoltà per la pandemia e l’incremento delle spese energetiche. È già stato detto in più interventi, quindi non voglio tenerla lunga, ma certamente la difficoltà a iscriversi al Registro unico nazionale del terzo settore, credo che il RUNTS sia stato in qualche modo il fulcro dei confronti e delle discussioni che si sono tenute sui territori, ecco le ricadute della riforma nazionale adesso si sono percepite più come un problema in più, che non come un’innovazione, e io credo che con la legge che andiamo a fare oggi, che certamente dovrà ulteriormente essere implementata dagli atti della Giunta, credo si possano creare le condizioni perché finalmente l’innovazione ci sia e non ci sia solo la parte di appesantimento.

In questo progetto di legge si ampliano significativamente le possibilità a disposizione di tutti gli enti del terzo settore, ma soprattutto – credo che questo sia uno degli aspetti più importanti o più significativi – vengono tenute in considerazione le specificità e anche le diversità dei gruppi sociali che sono presenti, dalle associazioni di promozione sociale alle organizzazioni di volontariato, agli enti del terzo settore, alle Coop, alle fondazioni. Sono tutti soggetti che appartengono allo stesso settore, ma molto diversi tra loro e anche con potenzialità molto diverse. Ebbene, consentire ad ognuna di svilupparsi al meglio credo sia uno degli obiettivi di questa legge, che tiene conto della complessità della società, ma cerca davvero di valorizzare al meglio ogni forma di attivismo civico, sia in forma individuale che in forma organizzata.

Gli obiettivi sono già stati detti in modo molto chiaro da chi mi ha proceduto, però ribadire l’importanza degli enti del terzo settore e ribadire che senza di loro la qualità della vita dei cittadini emiliano-romagnoli sarebbe peggiore di quanto non sia. Semplificare, perché chiaramente deve essere una semplificazione che sta nel perimetro normativo nazionale, però anche alla luce dei princìpi già sanciti da norme già esistenti, provare a costruire criteri di uniformità regionale su tante materie, dall’urbanistica, al comodato di beni immobili, e non faccio tutto l’elenco.

L’amministrazione condivisa è da tempo uno strumento disponibile, ma difficilmente utilizzato per i problemi e per le difficoltà, anche qui, non di buona fede, ma difficoltà delle amministrazioni pubbliche: coprogrammazione, coprogettazione, che sono strumenti straordinari. La formazione congiunta tra pubblica amministrazione ed enti del terzo settore è un’opportunità al momento utilizzata da alcuni, non utilizzata da tutti. Noi abbiamo bisogno, da questo punto di vista, di sostenerla, e la legge lo fa. Così come la rappresentanza a sostegno, il ruolo dei centri servizi di volontariato, il ruolo delle reti associative, l’accesso al Fondo sociale europeo, il Fondo per l’innovazione sociale sono alcuni degli aspetti sui quali questa legge si fonda. Nei confronti con il territorio è emerso in modo molto chiaro che il terzo settore a questa legge tiene, ci ha spinto, ci ha spronato a depositarla e ad approvarla, perché ce n’è bisogno, non come punto di arrivo, ma certamente come punto di partenza di una Regione attenta, di un’Assemblea legislativa attenta, di una politica attenta che sta loro vicino e consente davvero di poter valorizzare al meglio le potenzialità. Questo progetto di legge, lo diceva la collega Maletti, ha una visione di sistema, ambizioso, che potrà realizzarsi solo con l’approvazione delle linee guida da parte della Giunta regionale. L’assessore Taruffi immagino che nelle conclusioni poi avrà modo di darcene conto, poi ci sarà da fare tutto il percorso congiunto tra gli enti locali e le aziende pubbliche, da un lato, ma anche tra i rappresentanti degli enti del terzo settore per individuare e per codificare linguaggi comuni e operatività territoriali, in modo da definire quelli che abbiamo detto prima essere strumenti fondamentali, come la coprogettazione e la coprogrammazione, in modo che tutte le parti coinvolte possano collaborare per raggiungere gli obiettivi comuni e le priorità individuate.

Io penso che solo intraprendendo questa strada potremmo finalmente dare soddisfazione a quel terzo settore che anche nelle difficoltà e nella complessità non ha mai mancato di dare il suo contributo. Credo sia giunto il momento di metterli nelle condizioni di non subire solo gli appesantimenti, ma di dar loro una mano.

Credo anche doveroso che sia la Regione Emilia-Romagna, a partire dall’Assemblea legislativa, e credo che abbiamo dato un bel segnale, a valorizzare davvero tutte le potenzialità del terzo settore, facilitandone le attività, proprio per cercare di corrispondere maggiormente ai bisogni e alle richieste di soluzioni che dai territori e dai cittadini ci vengono.

Sono veramente convinta che questo progetto di legge, una volta avviato, una volta concretizzato con le linee guida, possa dare una mano a tutto il territorio, a tutto il terzo settore per crescere davvero. Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Consigliera Pigoni, prego.

 

PIGONI: Grazie, presidente.

Mi unisco, ovviamente, in apertura al coro dei ringraziamenti per i colleghi che hanno proposto questo progetto di legge, a partire ovviamente dai colleghi Amico, Maletti e dal relatore di minoranza, il consigliere Pelloni.

Gli obiettivi che questo progetto di legge si pone sono largamente condivisibili e vanno ad intervenire in modo positivo nei confronti di un settore che tutti sappiamo essere, in modo particolare, soprattutto nella nostra regione Emilia-Romagna, particolarmente articolato, radicato, essenziale per preservare quel livello di welfare diffuso che caratterizza la nostra terra.

Nel nostro tessuto sociale le realtà del terzo settore hanno saputo ritagliarsi, via via nel corso degli anni, un ruolo primario ed insostituibile. È dovere della politica, quindi, contribuire al mantenimento, al miglioramento di questa situazione attraverso il rafforzamento del mondo del volontariato sociosanitario e culturale e attraverso la condivisione dei macro obiettivi di governo, con un coinvolgimento vero e diretto anche nella fase programmatica e in seguito in quella decisionale.

Il terzo settore in Emilia-Romagna ha evidenziato in più occasioni la sua funzione fondamentale, in particolare negli ultimi anni, attraverso l’importantissima attività svolta dalle persone impegnate a diverso titolo come caregiver, familiari volontari, professionisti, lavoratori; un’attività e un impegno a volte poco valorizzati, mentre si tratta senza dubbio di tasselli indispensabili anche per gli altri due settori, quello produttivo e quello istituzionale.

La Regione Emilia-Romagna, anche attraverso questa legge, riconosce, quindi, il ruolo, il valore e la funzione sociale degli enti del terzo settore come soggetti caratterizzanti la nostra società, in quanto fattori di coesione sociale, sviluppo e resilienza delle comunità locali, nonché motore di innovazione sociale orientata a rispondere ai bisogni dei cittadini, con particolare riferimento ai più fragili. Per questo è necessario dotarsi di strumenti che ancora meglio rispetto a quanto avviene oggi n sostengano lo sviluppo e la qualificazione, la diffusione territoriale, con particolare attenzione alle aree territoriali più marginali.

Pur rimanendo saldi l’autonomia e l’autogoverno degli enti del terzo settore che operano e svolgono la loro attività nell’ambito regionale, come Assemblea intendiamo, inoltre, valorizzare le forme di rappresentanza e coordinamento regionale e territoriale, oltre ad assicurare il coinvolgimento e la partecipazione dei rappresentanti del terzo settore nello svolgimento delle attività di programmazione e pianificazione di sua competenza.

La nostra Regione riconosce, inoltre, l’apporto positivo degli enti del terzo settore nella costruzione dell’amministrazione condivisa, in applicazione del principio di sussidiarietà previsto dalla Costituzione. Sappiamo, quindi, di poter contare su un prezioso interlocutore attivo nella realizzazione degli obiettivi che ci siamo posti relativi a uno sviluppo sostenibile e solidale.

Sul fronte della valorizzazione a 360 gradi della partecipazione civica alle attività delle amministrazioni pubbliche, la Regione Emilia-Romagna riconosce e promuove anche il ruolo attivo dei cittadini, singoli e associati in gruppi informali, associazioni, fondazioni, enti morali, filantropici e organizzazioni di volontariato, anche privi di personalità giuridica e non qualificati come enti del terzo settore e di tutte le altre forme di protagonismo civico.

L’idea di fondo, che condividiamo, è premiare qualsiasi forma di contributo diffuso in quanto espressione di cittadinanza attiva e responsabilità comunitarie, anche finalizzato alla cura dei beni comuni e, in generale, al conseguimento degli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 e dell’ONU.

Per questa e per tutte le motivazioni che sono state precedentemente ricordate dai colleghi, anticipo già ovviamente il nostro voto favorevole al progetto di legge.

PRESIDENTE (Zamboni): Al momento non ci sono altri iscritti.

Se nessuno chiede di intervenire, do la parola alla relatrice della Commissione.

 

MALETTI: Grazie, presidente.

Intanto vorrei ringraziare tutte le colleghe e i colleghi che sono intervenuti oggi, ma anche per il grande lavoro di confronto e propositivo che avete fatto su questo PDL sul terzo settore. In Commissione sono stati presentati sessantaquattro emendamenti, in aula sono numerosi sia gli emendamenti che gli ordini del giorno. Questo vuol dire che c’è stato interesse sull’argomento, che tutti quanti, anche con sfaccettature diverse, stiamo riconoscendo quel ruolo fondamentale che è degli enti del terzo settore.

Sappiamo tutti che sono in difficoltà, dopo la pandemia, anche dopo questo periodo di lacerazione sociale, e però, senza di loro non saremmo riusciti ad affrontare la stessa pandemia, come veniva ricordato, non solo in un ambito sociosanitario, ma proprio in un ambito di cittadinanza attiva, di costruzione della comunità, dello stare insieme.

Questo PDL vuole essere uno strumento. Oggi e domani non finiamo un percorso. Questa è una tappa, proprio perché dopo da un lato la Giunta dovrà fare degli atti, proprio per concretizzare quello che noi abbiamo scritto in questo progetto di legge. Ma soprattutto, ci sarà un percorso che noi offriamo ai territori. Noi non possiamo obbligare nessuno, nessun ente locale, nessuna azienda a fare determinate procedure, a metterci a confronto con quale modalità.

Noi con questo progetto di legge vogliamo offrire dei percorsi, delle occasioni, dei linguaggi comuni, facendo chiarezza e ribadendo anche quello che è scritto già in altre norme, che però sappiamo benissimo tutti che sui territori si fa fatica ad applicare: perché a volte c’è poca conoscenza, a volte c’è paura, a volte c’è sottovalutazione.

Per cui, credo che oggi sia una giornata importante, perché riconosciamo dei ruoli. Prima il consigliere Mumolo diceva che è quasi un’equiparazione del terzo settore, come la parte pubblica, Sicuramente, il pubblico ha in mano un ruolo, ma anche il terzo settore ne ha un altro; come l’impresa privata ne ha un altro. Noi oggi vogliamo fare chiarezza, e vogliamo dare una grande opportunità, sperando che tutto un insieme di territori la possono cogliere, ma anche togliendo a quei territori delle paure, perché nel percorso che abbiamo fatto in questi anni abbiamo visto che c’è voglia anche di cambiare delle procedure, ma tante volte c’è paura.

È il nostro ruolo, che è un ruolo intermedio in questa gerarchia delle norme. Logicamente noi non possiamo agire sul 117. Ci abbiamo provato, ma non possiamo. Per cui, stando dentro questo perimetro, però, possiamo fare chiarezza. Nel contempo è stato presentato anche un ordine del giorno sottoscritto da tutti i Gruppi. Si chiede sostegno alle associazioni e si chiede che a livello parlamentare si agisca proprio per aiutare questi enti del terzo settore a poter svolgere il loro compito al meglio, togliendo quella parte di burocrazia e di appesantimento burocratico che comporterebbe loro di usare tempo, competenze, invece che per le loro finalità statutarie, proprio per fare degli adempimenti burocratici.

Logicamente serve trasparenza, serve controllo. Noi non stiamo dicendo che non serve questo. Anzi, più c’è chiarezza meglio è.

Però, dobbiamo anche fare in modo che nei territori si possa agire con l’assoluta chiarezza, con l’assoluta trasparenza, ma anche con quella modalità di collaborazione più lineare e semplificata possibile, proprio per permettere, come ho detto prima, a queste energie positive di dono, di competenza, di esserci di migliaia di donne e di uomini che donano gratuitamente del loro tempo, ma anche che lavorano in queste associazioni, in queste cooperative, in queste fondazioni, di poter agire al meglio, cooperando con la parte pubblica con alcuni strumenti che già ci sono, come i cani del benessere della salute, ma anche ampliando la loro attività con un concetto molto più ampio di benessere, per cui tutta la parte culturale, la parte sportiva, la parte di cittadinanza attiva.

Dobbiamo prevedere due percorsi distinti, perché noi abbiamo il 117 che mette uno spartiacque. Gli enti che hanno deciso di fare questo percorso discrezionale RUNTS e quelli che hanno deciso di non farlo.

In Emilia-Romagna sono migliaia i soggetti del terzo settore che hanno deciso di non intraprendere finora questo percorso. Noi non possiamo fare a meno della loro collaborazione con gli enti locali, con le aziende USL. Su questo occorre prevedere un percorso anche per loro, che logicamente sarà un po’ più ad ostacoli, un po’ più rigido di quello dei soggetti che hanno fatto fatica prima rispetto a un tema di iscrizione, che vuol dire trasparenza, vuol dire stare dentro determinate norme, però non possiamo non interloquire con questi soggetti. Allora, noi dobbiamo prevedere questi due percorsi.

Io ringrazio anche – sono usciti – i rappresentanti del terzo settore regionale che hanno assistito ai nostri lavori di questa giornata, con i quali abbiamo costruito questo progetto del terzo settore, questo ente unitario maggiormente riconosciuto, con questa dicitura a volte di difficile comprensione. Noi non abbiamo potuto scrivere “Forum del terzo settore”. Del resto, se in un territorio gli enti del terzo settore in maniera completamente autonoma decidono di avere un altro contenitore, noi non possiamo dire che continuiamo ad interloquire con un soggetto che magari risulta minoritario.

Anche oggi ci siamo confrontati rispetto anche alle nostre proposte, magari difformi, rispetto al tema di garantire la massima rappresentanza di autogoverno ai soggetti del terzo settore. Questo è stato, mi sembra, il ruolo più dibattuto rispetto alle proposte fatte in quest’aula. Credo, però, che alla base delle proposte di ognuno ci sia il fatto di poter garantire ai soggetti del terzo settore e ai loro organi di rappresentanza la massima libertà, da un lato, e la massima opportunità di interloquire con i livelli della pubblica amministrazione, dall’altro.

Credo che questo sia un passo veramente in avanti fatto dal territorio di questa regione in questi giorni, e di questo veramente vi ringrazio.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Il relatore di minoranza chiede di intervenire? Prego, consigliere Pelloni.

 

PELLONI: Grazie, presidente.

Ringrazio tutti coloro che mi hanno citato personalmente, ma ho avuto diversi aiuti dai colleghi di minoranza del mio Gruppo e anche degli altri Gruppi, quindi è stata una fase di approfondimento anche in corso d’opera, perché a mano a mano che leggevamo il testo riuscivamo ad approfondire meglio, magari venivano anche nuove idee, sempre volte a… È la domanda che faceva prima la collega Zappaterra: c’era bisogno di un intervento legislativo? Sì, e quanto più questo intervento sia migliorativo della situazione attuale, di aiuto o di supporto. Partiamo infatti da un intervento legislativo, com’è stato detto più volte, nazionale, che ha sicuramente il tema della trasparenza, ha introdotto un tema di maggior trasparenza, un tema di maggiore controllo, eccetera, ma sicuramente ha appesantito dal punto di vista burocratico determinate procedure.

Proprio perché si è parlato nel corso del dibattito, ed è emersa più volte la funzione che questi enti svolgono per la società, la funzione di lotta alle diseguaglianze e quant’altro, come maggiore impegno da parte di tutti i Gruppi di minoranza, credo che ci sia stata la volontà di non lasciare indietro nessuno a livello associativo.

Nell’ultimo passaggio che faceva la collega di maggioranza Maletti c’è proprio il tema di dire: già c’è stato uno spartiacque importante di chi ha aderito agli enti del terzo settore, e non tutti hanno aderito, quindi già avremo dei pezzi di società, avremo già delle associazioni che comunque speriamo che continueranno a svolgere come prima o più di prima la loro attività per gli altri e per la nostra società.

Quanto più i nostri interventi, lo vedremo dopo negli emendamenti, nella presentazione degli emendamenti che ci saranno, e che sono stati tanti, tanto più abbiamo provato a cercare tradurre in concreto, con emendamenti, con proposte migliorative, proprio per cercare di non perdere e non lasciare indietro nessuno.

Quindi, visto che la finalità alta è quella ovviamente di mantenere la società più unita possibile e promuovere un benessere diffuso, tanto più, ovviamente, questa legge deve promuovere una facilitazione – uso un termine diverso – di questi enti nell’approccio alla pubblica amministrazione, nell’approccio alla rendicontazione, nell’approccio alla trasparenza, che non devono diventare degli ostacoli – perché prima si è parlato anche di ostacoli, purtroppo – che, come dicevo nell’intervento iniziale, o altri hanno ripreso questo tema, non devono distogliere tempo, risorse e denari dalle finalità che molti si sono proposti, quindi di aiuto agli altri, di sostegno e di coadiuvare dei servizi pubblici. Sappiamo che in tanti settori, appunto, senza questo supporto sociale di volontariato, di persone che usano il proprio tempo per gli altri, avremmo un benessere un po’ meno diffuso.

Per concludere l’intervento come relatore, credo che – l’ho fatto nella relazione iniziale – riusciremo a centrare gli obiettivi che ci siamo posti. La Giunta dovrà fare il proprio compito, perché, ovviamente, nella differenza dei ruoli qua anche nella legge è stato ricordato, ci sono diversi passaggi che dovrà fare, è necessario che dovrà fare la Giunta. Ci permettiamo di ricordarlo, anche se l’abbiamo già detto, il passaggio fondamentale sarà quello di sostenere, a livello economico, ulteriormente, chi ha già passato la tagliola di diventare TS, chi ha già passato la tagliola ulteriore di cercare di organizzarsi e, in qualche modo, aderire al dettato normativo, eccetera. Speriamo che veramente possa trovare un beneficio e trovare maggior sostegno non solo per l’organizzazione, perché, come già ricordato, questa legge sostiene l’organizzazione dei Forum, chiamiamoli come volete o come si organizzeranno autonomamente, ma dovremo sostenere, invece, in concreto, il più possibile sfide che sappiamo sono lì e sono da vincere.

Per effetto, come dicevo prima, dell’inflazione, e tante altre contingenze, un sostegno economico sarà importante.

Lo vedremo dopo negli emendamenti che sono andato a firmare. L’esigenza più importante è stata anche quella, come più volte accade quando abbiamo dei testi legislativi, di una rendicontazione, cioè che ci sia una rendicontazione in Commissione, la maggioranza l’ha declinato in Commissione, insomma, più o meno tutti i Gruppi di minoranza negli emendamenti presentati in Commissione cercavano quello, cioè essere maggiormente…

Oggi non votiamo una cosa per cui passiamo il testimone alla Giunta, e basta. Vogliamo continuare a essere responsabilizzati e responsabili di raggiungere questi obiettivi e, qualora non si riesca a raggiungere determinati obiettivi, magari poter, essendone partecipi, fare quei correttivi di cui alle volte una legge ha bisogno in corso d’opera e che all’atto pratico abbiamo bisogno di correggere.

Credo che questa esigenza sia stata colta con due emendamenti, uno in Commissione, quello che parteciperà, appunto, l’Ufficio di Presidenza alla Commissione IV e al Consiglio del terzo settore, l’altro è l’emendamento che, come dicevo prima, sarà condiviso da parte della maggioranza, che è l’emendamento all’articolo 13. Quindi, in concomitanza con lo svolgimento dell’Assemblea regionale ci sarà un momento di informativa della Giunta in Commissione. Adesso andremo emendamento per emendamento a vedere che cosa possiamo migliorare.

Dobbiamo rilevare – credo che questo sia un merito – che questo mondo ha bisogno di una doverosa attenzione, quindi massima responsabilità e massima attenzione ci sono state nella fase di predisposizione di questo testo, ma garantiamo che rimarrà questa attenzione per vedere all’atto pratico l’applicazione di questa legge e gli atti che la Giunta farà prossimamente – lo speriamo – proprio per attuare e applicare questo indirizzo da parte dell’Assemblea.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Prima di dare la parola all’assessore Taruffi, vi informo che il testo che vi stanno distribuendo è l’elenco degli emendamenti per ordine di chiamata. Quindi cortesemente, non essendo previsto dal Regolamento, ma vista la complessità degli emendamenti, la Segreteria della Presidenza ha pensato di predisporre questa sorta di percorso. Quindi, gli emendamenti saranno chiamati articolo per articolo in base a questo schema che vi è stato consegnato.

La parola all’assessore Taruffi.

 

TARUFFI, assessore: Grazie, presidente.

Alcune considerazioni in conclusione di questo dibattito articolato e soprattutto di un percorso che è stato lungo e partecipato nel vero senso della parola. Non posso che partire dal sottolineare come – e lo faccio davvero con piacere – questo testo sia frutto del lavoro del Consiglio, di iniziativa dei consiglieri, primo firmatario il collega Amico e la consigliera Maletti, poi anche altri colleghi che hanno sottoscritto il testo. Lo dico ovviamente consapevole del fatto che buona parte della produzione legislativa dell’Assemblea è originata da iniziativa della Giunta, non solo in questa legislatura, ormai è una procedura che ha preso corpo da diversi anni. Moltissime leggi che vengono approvate dall’aula sono d’iniziativa proposte dalla Giunta. In questo caso ci troviamo di fronte ad un’iniziativa assunta dai consiglieri, e credo sia giusto sottolinearlo anche – qualcuno l’ha fatto nel corso del dibattito – per il tema di cui la legge si occupa e il tema di cui si parla.

Come Giunta abbiamo accompagnato quel percorso, e ovviamente ci faremo carico dell’applicazione del testo di legge che, da quello che capisco e da quello che ho visto anche in Commissione, mi pare vada verso un’approvazione molto ampia da parte dell’aula, Questo è un altro elemento importante, che voglio sottolineare, positivo, perché è importante che esistano ambiti sui quali si possa registrare una convergenza molto ampia. Mi fa piacere che questa convergenza si registri su un ambito così importante, per la nostra Regione, che caratterizza una parte significativa della vita della nostra Regione.

Un ringraziamento davvero sincero quindi ai consiglieri Amico e Maletti, anche, ovviamente, al consigliere Pelloni, di cui conosciamo la serietà e la disponibilità al confronto, e in questa circostanza lo ha dimostrato ancora una volta.

Un ringraziamento, diceva, ai consiglieri Amico e Maletti anche per il percorso che è stato portato avanti in questi mesi, di confronto vero, serrato, sui territori. Sono presenti e hanno seguito il dibattito anche i rappresentanti e i portavoce del Forum del terzo settore, che saluto e che ringrazio per la collaborazione che offre sempre anche alle iniziative e al confronto con la Giunta.

Un confronto vero, dicevo, che ha coinvolto tante realtà, da Piacenza a Rimini, e anche questo è un modo, un metodo per approvare, per portare all’approvazione di un testo di legge, voglio sottolineare, veramente non consueto, non tradizionale.

Quindi, non formalmente ringrazio per la pazienza e la costanza che hanno avuto il consigliere Amico e la consigliera Maletti. Come Giunta abbiamo accompagnato questo percorso e ci faremo carico, ovviamente, di dare applicazione a questo testo. Da questo punto di vista non posso, però, non ringraziare sentitamente la dottoressa Raciti, dirigente del Settore politiche sociali e quindi terzo settore della nostra Regione, perché il confronto con lei, con la struttura che lei rappresenta dell’Assessorato, è stato un elemento importante nella costruzione del testo di legge, come ovviamente è stato sottolineato nel confronto anche con gli altri uffici e con tutte le persone che hanno collaborato alla stesura del testo.

Alcuni elementi sono stati colti bene nel corso del dibattito e non ci ritorno sopra, perché lo avete fatto bene, lo hanno fatto i tanti interventi che si sono succeduti in questa giornata. Certo, l’elemento di riconoscimento aggiuntivo, diciamo così, ulteriore, del terzo settore e dell’importanza nella valorizzazione della promozione del terzo settore in Emilia-Romagna è un aspetto importante, come sono importanti i principi che informano questo testo, i principi e gli elementi cardine, a partire da quei temi che spesso evochiamo in tanti dibattiti a cui partecipiamo e che qui proviamo a tradurre in un testo di legge per dare elementi concreti alla nostra azione amministrativa.

Coprogettazione e coprogrammazione sono termini che spesso richiamiamo, termini ai quali spesso facciamo riferimento. Credo che averli declinati nel testo in modo preciso e puntuale e soprattutto nel tentativo di provare a dare anche una mano alle amministrazioni comunali sia lato tecnico e che lato politico, nell’approfondire elementi di come concretamente poi portare sui territori quelle pratiche sia un altro aspetto importante del testo. Però, proprio perché il dibattito è stato ampio, articolato e sono stati toccati tanti punti della legge, volevo sottolineare solo due aspetti in realtà. Il primo è stato detto. Veniamo da anni, quelli della pandemia, in cui il ruolo del terzo settore è stato a dir poco fondamentale per tante ragioni, perché laddove spesso non siamo arrivati con il sistema pubblico e con la presenza dello Stato nelle sue varie articolazioni, siamo arrivati anche grazie al lavoro del terzo settore, anche grazie al lavoro straordinario di quel patrimonio che è in questa Regione il terzo settore. Quindi, un sentito ringraziamento credo vada esteso a tutte le realtà che compongono il terzo settore in Emilia-Romagna, anche e soprattutto per quello che è stato in quel periodo l’apporto che hanno dato alla nostra comunità regionale, ma non solo in quel periodo, ovviamente. Dicevo, veniamo da un periodo molto complicato, che ci stiamo lasciando fortunatamente alle spalle, non per questo, però, anzi a maggior ragione in quel periodo abbiamo toccato con mano l’importanza, se mai ce ne fosse stato bisogno, del ruolo del terzo settore nella nostra regione. Però, voglio dire con chiarezza da questo punto di vista, ed è stato richiamato da alcuni di voi nel corso del dibattito e voglio sottolinearlo, che fondamentale è stato il ruolo, l’importanza del terzo settore, il valore che rappresenta il terzo settore in questa regione, ma non ci deve far venir meno la responsabilità del ruolo pubblico nelle politiche sociali. Lo dico perché il 2023 sarà un anno particolarmente importante per le politiche sociali di questa Regione. L’ho detto spesso, in diverse iniziative a cui ho partecipato fuori da quest’aula: avremmo aperto il 2023 con l’approvazione di questo testo di legge, siamo arrivati un pochino più lunghi rispetto a quello che avevamo pensato, ma ci siamo, siamo ai primi di aprile. Il 2023, dicevo, lo apriamo con l’approvazione di questo testo e sarà un anno importante per le politiche sociali di questa Regione, perché dovremo affrontare alcuni nodi fondamentali che abbiamo sul terreno, che riguardano i nuovi criteri di accreditamento delle strutture socioassistenziali, dobbiamo difendere, dobbiamo potenziare, dobbiamo aumentare il Fondo per la non autosufficienza, dobbiamo farlo tutti insieme, perché voglio ricordare che questa Regione che vanta il più importante Fondo per la non autosufficienza a livello italiano, e non lo dico come elemento per richiamare un primato, che alle volte lascia il tempo che trova, ma per rivendicare un ruolo, quello dell’Emilia-Romagna, su queste tematiche, su queste politiche fondamentali per il benessere delle nostre concittadine e dei nostri concittadini. L’Emilia-Romagna, come sapete, finanzia il Fondo per la non autosufficienza con 519 milioni, che è equivalente a quello che sostanzialmente il Governo mette per tutte le altre Regioni italiane.

Voglio dire con chiarezza, però, perché ci torneremo nel corso di questi mesi, nei prossimi mesi, che quello che rappresenta un primato così importante e di cui andiamo orgogliosi è uno stimolo, certo, a fare di più e a fare meglio, ma anche a dire chiaramente che da soli non possiamo pensare di sostenere una situazione così complicata, così difficile. Quindi, è giusto ed è utile farlo tutti insieme, con lo spirito unitario con il quale stiamo discutendo anche di altri settori, chiedere anche sul Fondo per la non autosufficienza di aprire un confronto con il Governo perché quelle risorse devono aumentare. perché i temi che abbiamo sul terreno sono molti, sono impegnativi. Ripeto: il 2023 sarà un anno paradigmatico per le politiche sociali di questa Regione, è il primo punto che dobbiamo mettere a tema.

Noi faremo la nostra parte, e la faremo già a partire dall’assestamento, alla luce di una discussione complessa, perché la situazione del bilancio della Regione, sul versante soprattutto, ovviamente, sanitario è una situazione complessa. Ma noi già in assestamento faremo la nostra parte, perché aumentare il Fondo per la non autosufficienza vuol dire dare una parte di risposte alle cittadine e ai cittadini più fragili della nostra Regione. Penso però che in questa cornice in cui tutti avete riconosciuto il ruolo fondamentale del terzo settore nella nostra regione, quindi, collateralmente, delle politiche sociali che vengono svolte, abbiamo necessità di aprire anche un dibattito in questo Paese, importante, serio con il Governo sul finanziamento di quel fondo. Lo dico perché colgo lo spunto del consigliere Pelloni, che giustamente richiamava nel suo ultimo intervento la necessità da parte della Giunta di dare concretezza alla legge che oggi approviamo, finanziandola, e noi lo faremo, ovviamente, perché una legge ha una concreta attuazione non solo quando viene definita – ed è il primo punto fondamentale, indispensabile, ovviamente, su carta, quindi approvata dall’Assemblea – ma diventa concreta nel momento in cui si mettono le risorse a finanziare quella misura.

Noi la finanzieremo, proveremo ovviamente insieme, in una discussione che faremo con tutta l’Assemblea, però la nostra intenzione è finanziare questo testo, finanziare questa legge e partire almeno con 1,5 milioni per provare a dare un ordine di grandezza e di concretezza alle parole che scriviamo e agli impegni che prendiamo.

Proprio perché noi faremo la nostra parte, vogliamo fare la nostra parte sulle politiche sociali di questa Regione, ovviamente lo facciamo sapendo che le politiche sociali sono inestricabilmente collegate. L’integrazione, ormai, tra sociale e sanitario, quindi il sociosanitario è un elemento cardine con il quale tutti quanti dobbiamo fare i conti. Siccome noi lo faremo, faremo la nostra parte per l’applicazione di questa legge, finanziando questo testo e, come dicevo prima, per aumentare il Fondo per la non autosufficienza, per aumentare, come abbiamo fatto con la dotazione dei centri estivi, qualche giorno fa, qualche tempo fa, come abbiamo fatto la nostra parte aumentando le risorse a favore dell’integrazione e dell’inclusione dei disabili nel tratto tra scuola e lavoro.

Noi faremo la nostra parte sulle politiche sociali, la faremo fino in fondo, perché è la priorità in cima all’agenda. È tra le priorità fondamentali, perché è un tratto identitario della nostra Regione. Quando parliamo delle politiche sociali e del welfare in Emilia-Romagna stiamo parlando di uno degli assi portanti di quello che ha fatto e di ciò che è oggi l’Emilia-Romagna. Noi faremo la nostra parte sino in fondo. Mi fa piacere che ci sia una condivisione così ampia in aula, però – e questo è l’invito che faccio, insieme, ovviamente, perché è interesse di tutti salvaguardare e portare avanti l’importantissimo patrimonio che ereditiamo dalle scelte lungimiranti che hanno fatto quelli che ci sono stati prima di noi – io penso che sia, come dicevo prima, giunto il momento, il tempo di aprire un confronto con il Governo perché delle risorse che vanno a finanziare quei 519 milioni che compongono il Fondo per la non autosufficienza, le risorse che arrivano dallo Stato sono 62 milioni. Il resto sono risorse che mettiamo noi e sono risorse che mettiamo noi in un contesto che è quello che conosciamo, che è quello che dicevo prima. Siccome già dalla manovra che è in assestamento, sulla quale abbiamo cominciato a discutere, però la nostra intenzione è aumentare quel fondo, e ovviamente lo faremo proponendovi un percorso e un elemento chiaro dal punto di vista delle scelte di bilancio. Ecco, però, che, a maggior ragione, siccome queste sono le misure e questo è il quadro nel quale ci muoviamo, penso che, come dicevo, sia interesse da parte di tutti e sia necessità da parte di tutti, unitariamente, aprire con il Governo un confronto in modo tale da poter chiedere maggiori fondi su quel settore, sul Fondo per la non autosufficienza anche a livello nazionale.

È una sfida che ci auguriamo che il Governo voglia cogliere insieme a noi, perché, appunto, siccome non abbiamo la pretesa di essere autosufficienti, e mai come adesso sarebbe sbagliato pensare di poter fare tutto da soli, abbiamo bisogno insieme di costruire le vertenze che diano risposte alle persone più fragili, alle persone che hanno più necessità, alle persone che hanno più bisogno.

Per cui, con lo spirito con il quale abbiamo affrontato questa discussione, io penso che dovremo affrontare anche l’altra per dare appunto risposte a chi più ha bisogno, che poi è in fondo la ragione per la quale siamo qua e per la quale dobbiamo provare a fare il nostro mestiere fino in fondo.

Grazie.

 

PRESIDENTE (Zamboni): Colleghe e colleghi, sono le ore 17,24, per cui, se siete d’accordo, chiudiamo i lavori dell’Assemblea di oggi e ci riconvochiamo per domattina.

Grazie a tutti.

 

La seduta è tolta.

 

La seduta ha termine alle ore 17,24

 

ALLEGATO

 

Partecipanti alla seduta

 

Numero di consiglieri assegnati alla Regione: 50

 

Hanno partecipato alla seduta i consiglieri:

Federico Alessandro AMICO; Stefano BARGI, Gianni BESSI, Stefania BONDAVALLI, Massimo BULBI, Stefano CALIANDRO, Valentina CASTALDINI, Maura CATELLANI, Andrea COSTA, Palma COSTI, Luca CUOGHI, Matteo DAFFADÀ, Gabriele DELMONTE, Marta EVANGELISTI, Marco FABBRI, Michele FACCI, Pasquale GERACE, Giulia GIBERTONI, Andrea LIVERANI, Francesca MALETTI, Daniele MARCHETTI, Francesca MARCHETTI, Marco MASTACCHI, Gian Luigi MOLINARI; Lia MONTALTI, Matteo MONTEVECCHI, Roberta MORI, Antonio MUMOLO, Emiliano OCCHI, Giuseppe PARUOLO, Simone PELLONI, Silvia PICCININI, Giulia PIGONI, Marilena PILLATI, Massimiliano POMPIGNOLI, Fabio RAINIERI, Matteo RANCAN, Manuela RONTINI, Nadia ROSSI, Luca SABATTINI, Ottavia SONCINI, Valentina STRAGLIATI, Giancarlo TAGLIAFERRI, Silvia ZAMBONI, Marcella ZAPPATERRA.

 

Hanno partecipato alla seduta:

il sottosegretario Davide BARUFFI;

gli assessori Paolo CALVANO, Andrea CORSINI, Mauro FELICORI, Barbara LORI, Alessio MAMMI, Igor TARUFFI.

 

Ha comunicato di non poter partecipare alla seduta, ai sensi dell’articolo 65, comma 2, del Regolamento interno, il presidente della Giunta Stefano BONACCINI.

 

Hanno comunicato di non poter partecipare alla seduta gli assessori Vincenzo COLLA, Paola SALOMONI.

 

I PRESIDENTI

LA SEGRETARIA

Rainieri - Zamboni

Montalti

 

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