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Legislatura X - Commissione V - Resoconto del 22/09/2016 antimeridiano

    Resoconto integrale n. 25

    Seduta del 22 settembre 2016

     

    Il giorno 22 settembre 2016 alle ore 10,00 è convocata, con nota prot. n. AL.2016.41931 del 09/09/2016 e integrata con nota prot. n. AL.2016.43569 del 20/09/2016, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna, Viale A. Moro n. 50, in udienza conoscitiva la Commissione Cultura, Scuola, Formazione, Lavoro, Sport e Legalità.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    PARUOLO GIUSEPPE

    Presidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    AIMI ENRICO

    Vicepresidente

    Forza Italia

    2

    presente

    RAVAIOLI VALENTINA

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    ALLEVA PIERGIOVANNI

    Componente

    L’Altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BOSCHINI GIUSEPPE

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    CALIANDRO STEFANO

    Componente

    Partito Democratico

    1

    assente

    CAMPEDELLI Enrico

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    FOTI TOMMASO

    Componente

    Fratelli d’Italia

    1

    assente

    GIBERTONI GIULIA

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    2

    assente

    IOTTI MASSIMO

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    LIVERANI ANDREA

    Componente

    Lega Nord

    3

    presente

    MARCHETTI FRANCESCA

    Componente

    Partito Democratico

    5

    presente

    MUMOLO ANTONIO

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    PETTAZZONI MARCO

    Componente

    Lega Nord

    4

    presente

    PRODI SILVIA

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    PRUCCOLI GIORGIO

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    RANCAN MATTEO

    Componente

    Lega Nord

    2

    assente

    RONTINI MANUELA

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    SASSI GIAN LUCA

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    SENSOLI RAFFAELLA

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    TARASCONI Katia

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    TARUFFI IGOR

    Componente

    Sinistra Ecologia Libertà

    1

    presente

    TORRI YURI

    Componente

    Sinistra Ecologia Libertà

    1

    presente

    Sono presenti Roberto POLI in sostituzione per parte della seduta di BOSCHINI, Paolo ZOFFOLI (PD), Barbara LORI (PD), Lia MONTALTI (PD), Marcella ZAPPATERRA (PD), Paolo CALVANO (PD), Nadia ROSSI (PD), Mirco BAGNARI.

     

     

     


    DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    Udienza conoscitiva sull’oggetto

     

    2880 – Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: «Servizi educativi per la prima infanzia. Abrogazione della lr n. 1 del 10 gennaio 2000» (delibera di Giunta n. 1025 del 04.07.2016).

     

    Partecipanti:

     

    Fabio Abagnato - Assessore Comune di Casalecchio

    Gina Ancora - Medico Pediatra ASL Bologna

    Carla Bedei - Dirigente Comune di Rimini

    Milena Beneventi - Assessore politiche educative Comune di Casalgrande (Re)

    Barbara Bernardi - Coordinatore pedacogico comune di Riccione

    Loredana Bondi - Ex Dirett. Scolastico istituto Ferrara

    Giuseppina Brienza - Assessore Politiche Educative Comune di Imola

    Roberto Burioni - Medico Università S. Raffaele

    Patrizia Buzzi - Funzionario coord. Pedacogico Comune di Comacchio

    Paola Cagnari - Direttore scuole e nidi d'infanzia comune di RE

    Lorenzo Campioni - Gruppo Nazionale Nidi e Infanzia

    Osvaldo Casini - Delegato Istruzione Comune di Palagano (Mo)

    Antonella Celli - Associazione Comilva Onlus

    Maurizia Cocchi Bonora - Vicesindaco Comune diCastelfranco Emilia

    Luisa Costi - Educatore Comune di Reggio Emilia

    Angela Di Pilato - Assessore Valsamoggia

    Tavoni Elena - Pedagogista Coop. Coopernico

    Monica Esposito - Dir Scuola Comune di Cesena

    Maurizio Fabbri - Docente Universitario Bologna

    Giacomo Faldella - Pediatra Azienda Ospedaliera Universitaria Bologna

    Maria Pia Fantini - Prof. Associato Igiene -Sanità pubblica Università di BO

    Donatella Fava - Associazione Comilva Onlus

    Marilena Flani - Consigliere Gruppo nazionale Nidi e Infanzia

    Fausto Francia - Direttore Sanità pubblica AUSL Bologna

    Alessandro Ghesi - Resp. Uff. Legislativo Coldiretti E.R.

    Claudia Giudici - Presidente Reggio Children

    Davide Gori - Dottorando di Ricerca Università di BO

    Ilaria Guidotti - Dirigente scolastico Scuola Santa Dorotea

    Mariapaola Landini - Direttore Microbiologia Bologna

    Valentina Marangoni - Assessore Politiche Edeucative Comune di Alfonsine

    Stefano Mattioli - Prof. Associato Medico Lavoro Università di BO

    Sandra Mei - Pedagogista Comune di Bologna

    Mattia Morolli - Assessore Comune di Rimini

    Alice Pignatti - Presidente Associazione IoVaccino

    Giuliana Sabattini - Assessore Comune di Molinella

    Carlo Signorelli - Presidente Società Italiana di igiene Università di Parma

    Massimo Valsecchi - Medico igienista

     

    La seduta inizia alle ore 10,05.

     

    PARUOLO – PRESIDENTE

    La seduta è aperta. Facciamo al volo la prima parte della seduta, abbiamo i numeri. Abbiamo la richiesta da parte della consigliera Sensoli, che è relatrice di minoranza di questo pdl di cui terremo l’udienza conoscitiva fra un secondo, che chiede di svolgere la trasmissione in streaming. La richiesta che ho ricevuto da parte della Consigliera, spiega che c’è stato l’accavallarsi delle date perché inizialmente dovevamo fare domani l’udienza conoscitiva e oggi fare l’udienza ordinaria, che avrebbe consentito quindi di votare nell’udienza ordinaria lo streaming relativo all’udienza conoscitiva, invece poi è stato anticipato, sempre per venire incontro ad una richiesta dei colleghi del Movimento cinque stelle, non ha consentito di fare prima la richiesta. Io avendo già comunicato peraltro anche all’ufficio di Presidenza, che si è tenuto ieri casualmente, la mia intenzione, ho messo al primo punto all’ordine del giorno questa votazione, quindi se siamo tutti d’accordo, decidiamo di dare l’okay alla trasmissione in streaming dell’udienza conoscitiva che si terrà tra un attimo. Se non ci sono contrari, direi che possiamo assumere come decisione unanime della Commissione questa decisione, quindi prego anche in regia di prepararsi ad avere lo streaming, in quanto tra un attimo inizieremo l’udienza conoscitiva. Ho informazioni che stia arrivando la vicepresidente Gualmini a secondi, ma intanto approfitto per ricordare a tutti qual è la particolarità della seduta che in questo momento stiamo avviando. Siamo in seduta della Commissione consiliare V, nella quale è incardinato il progetto di legge che oggi verrà approfondito e questa è una seduta di audizione. Qual è l’iter in Assemblea legislativa dei progetti di legge? I progetti di legge vengono presentati e assegnati ad una Commissione che è referente, ed eventualmente anche ad altre Commissioni che hanno titolo ad esprimere un parere sullo stesso progetto di legge. Nel caso che questo progetto di legge, la Commissione referente è la Commissione V, quella che ha la titolarità dell’aspetto educativo e formativo per quello che riguarda il tema scolastico, e poi sono nominate in sede consultiva le Commissioni sanità e servizi sociali per l’aspetto relativo ai vaccini, che è contenuto all’interno di questa legge, e la Commissione parità. Quindi l’iter è: illustrazione della legge in Commissione che c’è già stata, poi abbiamo deciso di fare questa udienza conoscitiva, poi la legge andrà nelle Commissioni consultive e infine tornerà nella Commissione referente, dopo aver ricevuto tutti i pareri da parte delle Commissioni consultive e dopo aver avuto l’esito di questa audizione che ci apprestiamo a fare oggi, e nella Commissione referente ci sarà la discussione sull’articolato e infine verrà licenziata o respinta in vista dei lavori dell’aula. Poi verrà iscritta ai lavori d’aula e avrà un passaggio nell’aula dell’Assemblea legislativa al termine della quale, se il voto sarà favorevole, diventerà a tutti gli effetti una legge della Regione Emilia-Romagna. Questo per ricordare l’iter.  Qual è il senso dell’udienza conoscitiva? L’udienza conoscitiva non è un’occasione di dibattito, è un’occasione di ascolto di pareri che possono venire dalle fonti più diverse che servono ad aiutare i Consiglieri regionali a farsi un’idea compiuta dei temi in cui sono dibattute. Quindi l’udienza conoscitiva non sempre viene disposta, ma quando ci sono provvedimenti di legge che parlano a mondi importanti o che magari, come in questo caso, possono avere un’accoglienza anche controversa da parte di soggetti diversi, il momento dell’audizione è il momento nel quale abbiamo l’occasione per ascoltare dei pareri informati. Dico che non è un dibattito, perché non è che si tratti di dibattere e quindi viene qui uno, poi viene un altro, poi quello che ha parlato per primo torna e ribatte: voi non dovete parlare fra di voi, dovete parlare ai Consiglieri regionali e dire la vostra sulla legge. Quindi ogni intervento, dal punto di vista teorico, può essere un intervento che ha come obiettivo portare elementi, portare un contributo di idee ai Consiglieri regionali che sono in larga misura presenti a questo nostro incontro, che però non interverranno, se non i Consiglieri regionali che abbiano avuto un incarico specifico. Pensavamo di organizzarla in questo modo: la proposta è una proposta in capo alla Giunta e per la Giunta è la vicepresidente Gualmini a cui darei la parola all’inizio per fare la parte introduttiva e di illustrazione; poi all’interno del Consiglio regionale è stata nominata una relatrice di maggioranza che è la consigliera Francesca Marchetti che è qui a fianco a me, e le opposizioni hanno indicato una relatrice di minoranza che è la consigliera Raffaella Sensoli. D’accordo con loro, pensavamo di far intervenire loro: è previsto che ci sia un intervento anche dei relatori di maggioranza e di minoranza, ma magari alla fine dopo aver ascoltato tutti, se siete d’accordo. Quindi l’iter sarebbe, se si palesasse la Vicepresidente, che lei fa la parte di relazione introduttiva, poi diamo la parola ai presenti che hanno chiesto di intervenire. La modalità per richiedere di intervenire è andare fuori, compilare il foglio che ha il personale della segreteria della Commissione, che adesso mi sta portando il primo elenco. Quindi vedo qui dieci interventi. Però se c’è qualcuno che è presente e vuole intervenire, può richiederlo. Per motivi semplicemente logistici, per evitare di stare qui molte ore, ad un certo punto chiederò di chiudere le iscrizioni e quindi che chi non lo ha ancora fatto, cortesemente si registri, anche per comprendere quanto tempo dare ad ognuno, perché se sono dieci persone, direi che non ci sono problemi anche a dare dieci minuti per uno, se poi diventano trenta o quaranta, dobbiamo stringere sui tempi e quindi prima lo fate e meglio è, e comunque fra qualche intervento dirò che si chiudono le iscrizioni e quindi tiriamo una riga su quelli che hanno chiesto. Però hanno tutti titolo a richiedere di poter parlare. Nell’esperienza precedente non è che ovviamente contiamo il numero di chi interviene, non è che conti quello, conta la qualità degli argomenti, quindi se ci sono persone anche diverse, organizzatevi in modo tale da segnalare le persone che desiderano intervenire. Visto che tarda ancora la Presidente, cambiamo l’ordine degli interventi: per aprire la discussione chiedo ai relatori un loro breve intervento e poi daremo la parola la vicepresidente Gualmini quando arriverà. Inizierei dalla consigliera Marchetti che è la relatrice di maggioranza del progetto di legge.

     

    MARCHETTI – PD

    Questo progetto di legge per la mattinata che stiamo per aprire, è sicuramente importante per raccogliere e confrontarci rispetto ad un percorso che comunque già stato attivato e avviato dalla presidente Gualmini in tutti i territori in una logica anche di condivisione e di raccolta di osservazioni rispetto ai nuovi bisogni anche per i servizi educativi e dell’infanzia relativi al target 0-3. È una legge che si compone di trentotto articoli, cinque sono i titoli fondamentali. Nel primo titolo la parte fondamentale riguarda i pilastri educativi, quindi gli obiettivi che come Regione non solo in termini di investimento che sicuramente sono investimenti importanti sul piano economico, ma anche a ribadire qual è l’importanza sul profilo educativo e pedagogico di quello che la Regione Emilia-Romagna intende sui servizi 0-3 della prima infanzia, ribadendo un pilastro fondamentale che è l’intento di questo progetto di legge di riforma che è quello di andare incontro alle esigenze delle famiglie in un momento particolare, quali sono anche le evoluzioni sociali rispetto ai ritmi di lavoro e quindi le nuove esigenze che devono sicuramente rispondere ad un bisogno di flessibilità maggiore rispetto al passato, pur non perdendo quello che è il faro fondamentale che ha sempre caratterizzato i servizi della Regione Emilia-Romagna in termini di qualità. Poi in un’analisi dell’articolato magari entreremo più dettagliatamente, anche rispetto alle conclusioni, se vi sono osservazioni riguardo. Nel secondo titolo si disciplina quella che è l’autorizzazione al funzionamento, che era già presente nella normativa del 2000, facendo un’introduzione un po’ di carattere nuovo rispetto al termine, perché si inizia a parlare di “accreditamento”. Accreditamento al quale poi faranno seguito delle direttive o delibere di Giunta, che andranno a declinare il riconoscimento dei requisiti di qualità che riguardano i servizi dedicati a questa fascia di età delicata; un accreditamento la cui parola può richiamare già un’esperienza avuta in ambito socioassistenziale, che in questo ambito però vuole richiamare anche in termini più dettagliati quelli che devono essere quei requisiti di qualità, in cui va dato un riconoscimento particolare che verranno declinati. Nel terzo titolo si procede a dare indicazioni, sempre in termini di spazi, aree, funzionamento e strutture, che riguardano i servizi socioeducativi cercando anche di andare incontro – e questa sarà l’obiettivo della direttiva alla quale si fa particolare riferimento in diversi passaggi della legge che verrà emanata dalla Giunta – rispetto a quello che dovrebbe essere anche un cercare di rispondere ad una semplificazione rispetto al passato di quelli che sono un po’ gli intoppi burocratici o le richieste troppo strette. L’esempio più classico che si fa: le misure ad esempio dei servizi sanitari, senza ciò non togliere l’importanza di tenere presente anche le aree mensa, le aree dedicate più all’impronta pedagogica. Un altro importante titolo è il quarto. Intanto sottolineo il fatto che questo progetto di legge risponde anche al tema di dare una uniformità sul piano delle competenze a seguito dell’introduzione della legge n. 13 del riassetto istituzionale; non essendo ancora però state definite e delimitate le aree vaste, è ovvio che si ridefiniscono anche le competenze che erano prima in capo alle Province e che adesso spettano alle Regioni. In particolare, però, mi preme rilevare l’importanza quando si parla di personale e di coordinamenti pedagogici, perché rispetto anche alle valutazioni e alle osservazioni che sono venute dai protagonisti dei territori, dove credo ci sia stata una condivisione particolare, una metodologia che penso debba essere sottolineata anche rispetto al lavoro di questa Giunta e della Vicepresidente, non che degli Assessorati di competenza che ringrazio sia della sanità che delle politiche di welfare, penso che l’Emilia-Romagna già nella direttiva del 2000 aveva anticipato, rispetto al titolo di studio per gli educatori e poi per la scuola dell’infanzia con l’obbligo della laurea in scienza della formazione, un principio fondamentale: che la formazione anche degli operatori che operano a contatto con i ragazzi, i bambini di questa fascia di età debbano avere una formazione adeguata rispetto a quelli che sono i principi psico-educativi nel realizzare il progetto educativo e tutte le azioni coordinate. I coordinamenti pedagogici e il coordinatore pedagogico in questa logica si inseriscono sicuramente come fulcro di questo, e nel riordino il coordinatore pedagogico riferito anche alla suddivisione in termini di risorse e di contributi, verrà dato al Comune capoluogo. Faccio un esempio per semplificare: rispetto alla Città metropolitana sicuramente capofila sarà Bologna che poi mirerà alla suddivisione di questo, e che valuterà anche tutta la formazione in itinere rispetto alla formazione degli operatori. L’articolo 6, qui mi soffermo perché è evidente che è uno degli articoli che ha richiamato più l’attenzione anche delle cronache dei media e che risponde ad uno degli inserimenti più innovativi, è il comma 2 quando si inserisce l’obbligo vaccinale per poter frequentare il nido. In questi giorni è stata anche emanata una direttiva – molti l’hanno già ricevuta – di chiarimento anche alle scuole di come comportarsi in questo anno ponte: degli iscritti che hanno già iniziato la frequenza del nido non essendo ancora a norma, a regime con quello che la legge andrà ad introdurre; viene a specificare a chiunque abbia dei dubbi che ha questo anno per potersi vaccinare, salvo iniziare l’anno prossimo già in piena regola rispetto a ciò che viene affermato con questo inserimento, che è una convenzione e un principio che anche noi come gruppi di maggioranza ci sentiamo di condividere e sostenere, così come anche il Presidente su questo è più volte ritornato, che è il dovere sociale di tutelare quei bambini che, per patologie o immunodeficienze di un certo tipo, possono poi essere a rischio venendo a contatto con qualcuno che non è vaccinato. Mi appresto alle conclusioni di questa panoramica generale, richiamando un’altra novità, un altro aspetto caratteristico del nuovo progetto di legge, che è l’inserimento della clausola valutativa. Ritengo che anche questo sia un aspetto fondamentale in termini di verifica e di monitoraggio, che possa dare comunque anche una modalità nuova di guardare a questa tipologia di servizi. Se dovessi sintetizzare con tre parole chiave questo progetto di legge, credo che la flessibilità, la sostenibilità e l’assetto fondamentale pedagogico che da sempre ha caratterizzato i servizi dell’Emilia-Romagna, trova sicuramente risposte nuove ad una società che cambia. Al momento, lo scopo dell’udienza conoscitiva di oggi credo sia quello anche di raccogliere chi vive i servizi educativi, anche con una certa esperienza, e anche eventuali suggerimenti e osservazioni rispetto al testo di legge che ha un iter che permette anche di introdurre eventuali modifiche e osservazioni. La qualità sicuramente, nonostante vengano riconosciuti altri tipi di servizi integrativi e dove il concetto dell’integrazione dei sistemi è sicuramente un altro punto fondamentale, non toglie però quello che è un monitoraggio, sia da parte degli enti locali ma anche negli indirizzi di programmazione della Regione, fondamentale. Un altro esempio che vi faccio e poi chiudo, è che proprio anche nella campagna d’ascolto che la Vicepresidente ha condotto, anche in termini ad esempio delle tariffe che i diversi Comuni hanno nella loro autonomia sfumature diverse, comunque ci può essere un’indicazione nella programmazione e anche negli indirizzi regionali di dare delle sollecitazioni e tendere ad un massimo e a un minimo rispetto alle tariffe. Questo sempre nell’ottica di leggere un contesto sociale che si sta evolvendo, si sta modificando e porta con sé nuove esigenze. Quindi grazie di essere così numerosi e prenderemo appunti rispetto alle sollecitazioni.

     

    PARUOLO – PRESIDENTE

    Nel frattempo ci ha raggiunto la vicepresidente Gualmini che saluto, però a questo punto, siccome abbiamo iniziato con i relatori, do la parola alla consigliera Sensoli, relatrice di minoranza; dopo faremo intervenire la Vicepresidente e poi inizieremo. Nel frattempo vi ricordo che chi vuole iscriversi per parlare, lo può fare.

     

    SENSOLI – M5S

    Grazie Presidente. Io ringrazio chi interverrà oggi, abbiamo voluto fortemente questa udienza conoscitiva proprio per sentire tutte le voci in merito a questo progetto di legge, perché bene che la Giunta faccia le proprie consultazioni, ma visto che è un progetto di legge che dovrà passare dall’Assemblea legislativa, è giusto che anche i Consiglieri vengano messi a conoscenza di tutte quante le voci, che vengano tutte le parti in questo progetto di legge. Cercherò di essere breve, proprio per non togliere spazio e tempo a voi annunciando già che noi siamo fortemente critici verso questo progetto di legge per numerosi motivi. Riprendo qualche parola chiave già detta dalla mia collega, dalla relatrice di maggioranza: flessibilità ed evoluzione sociale. La relazione di questo progetto di legge è pregna di buone intenzioni, che però non ritroviamo all’interno del testo di legge a proposito di flessibilità ed evoluzione sociale. Non troviamo dei riferimenti riguardanti ad esempio gli orari di lavoro, non troviamo riferimenti riguarda l’offerta che viene data in merito alla formazione e ai servizi educativi dei nostri bambini, ma quando si parla di flessibilità, la si trova per quanto riguarda ad esempio la flessibilità organizzativa che in poche parole si traduce in budget, che in altre parole ancora – riprese anche da questo progetto di legge – richiamano la legge sulla «Buona scuola», quindi citando proprio la «Buona scuola» di Renzi e non tutta la normativa in merito ai servizi educativi, quasi sembrando un volersi imbonire il Governo centrale, però si parla di flessibilità organizzativa e di “fabbisogno standard”, dove per “fabbisogno standard” la stessa «Buona scuola» intende il budget necessario a fornire determinati servizi. Quindi non troviamo quella flessibilità e quella disponibilità nei servizi che devono essere garantiti e di qualità, ma troviamo semplicemente delle citazioni che richiamano semplicemente a dei budget o a dei costi. Questo comporta che questa legge dà spazio per quanto riguarda il titolo di studio chiaramente, che giustamente viene richiesto per gli educatori (laurea), ma nello stesso tempo non riporta le adeguate tutte le lavorative per chi andrà ad educare i nostri figli. Sappiamo benissimo che molto spesso, anzi, nella quasi totalità dei casi i servizi privati, anche accreditati, vengono dati dal mondo associativo oppure dal mondo legato alla cooperazione, quindi anche il citare all’interno di questa legge i contratti di lavoro nazionali non tutela assolutamente la maggior parte dei lavoratori, che anche privatamente forniscono questo servizio pubblico. Allo stesso tempo, siamo fortemente critici anche per quanto riguarda tutta la parte dell’obbligo vaccinale non tanto, come si è cercato di attribuirci, sulla validità delle vaccinazioni in sé, ma perché secondo me semplicemente questo metodo coercitivo che si vuole andare ad imporre è assolutamente sbagliato, e abbiamo anche il timore che vada a sortire gli effetti esattamente opposti rispetto a quelli che vuole questa Giunta. Oltretutto mi stupisce anche il fatto che sia già stata mandata una direttiva alle scuole, come se questa legge fosse già stata approvata, quando ancora il dibattito ufficialmente risulta aperto. Ma d’altra parte anche il presidente Bonaccini ieri sera ha fatto un post su «Facebook» che lascia poco spazio, e francamente demotiva anche un po’ ad intervenire nel dibattito, perché si dà già per scontato e assodato che nulla cambierà all’interno di questo testo di legge. Questo sinceramente mi rammarica parecchio, perché noi abbiamo chiesto questa audizione con le migliori intenzioni e con veramente la volontà di poter migliorare questo testo che – ripeto – ancora non è definitivo, al contrario di quello che pare sia la volontà della maggioranza. Comunque, diciamo che i punti cruciali sono questi. Discorso dell’accreditamento. È vero, rimane la parola “accreditamento”, ma è anche vero che questo accreditamento viene semplificato o deregolato con una autovalutazione, senza dare dei criteri che verranno definiti da una direttiva. Il problema è che questa direttiva passa dall’Assemblea legislativa nelle mani della Giunta, perché la legge precedente faceva approvare questa direttiva all’Assemblea legislativa, quindi sempre attraverso quello che dovrebbe essere un dibattito democratico e una votazione in aula, a mere decisioni della Giunta, quindi non sapremo nemmeno quali saranno questi parametri di qualità e di accreditamento, e soprattutto non potremo dare né suggerimenti, né metterci mano perché saranno nelle mani della Giunta. Quindi diciamo che in linea generale questi sono i motivi, per cui siamo fortemente critici verso questo progetto di legge. Chiaramente siamo qui per ascoltarvi, vi ringrazio di nuovo per essere qui e per gli interventi che farete e ne faremo tesoro proprio per cercare di andare a porre quelle modifiche che, secondo il nostro punto di vista, cercheranno di andare a migliorare questo progetto.

     

    PARUOLO – PRESIDENTE

    Grazie consigliera Sensoli. Inviterei la vicepresidente Gualmini per l’introduzione.

     

    GUALMINI – ASSESSORE

    Grazie Presidente. Sarò anch’io abbastanza breve, perché sono molto curiosa di ascoltare voi, visto che questo è l’obiettivo di un’udienza conoscitiva così importante come quella di oggi. Questo provvedimento si regge sostanzialmente su quattro pilastri, che vado ad elencare brevemente, e soprattutto è il frutto non di una rivoluzione nel senso che la tradizione di qualità dei servizi per la primissima infanzia dell’Emilia-Romagna penso che non vada messa in discussione, quindi ci siamo ben guardati dal buttare via tutto ciò che di buono in questa Regione è stato fatto, ma è un provvedimento che da un lato semplifica alcune procedure per renderle più adeguate rispetto alle sfide che ci troviamo ad affrontare, dall’altro introduce alcuni criteri innovativi che ci sembra siano condivisi dai nostri territori. Il provvedimento è il frutto anche di un vero e proprio giro fisico nei diversi luoghi, in cui i vari soggetti, i vari operatori che si occupano di prima infanzia lavorano, e quindi ci sono stati oltre una quindicina di incontri in giro per l’Emilia-Romagna, che hanno visto un confronto molto partecipato e condiviso sui temi della legge. Il primo pilastro riguarda il modello organizzativo dei servizi 0-3. Il modello organizzativo di fatto rafforza e valorizza i servizi per i bambini, che sono già esistenti in Emilia-Romagna ed è un modello che abbiamo chiamato di “hub and spoke”, che vede al centro la struttura del nido classico, del nido tradizionale quindi con orari che vanno dal tempo pieno al tempo parziale e intorno al nido classico una serie di altri servizi, che peraltro non ci inventiamo noi ma sono elencati dal nomenclatore nazionale: i servizi sperimentali, i servizi integrativi, i servizi domiciliari. Quindi un centro focale intorno a cui ruotano altre opportunità di educazione per i nostri bambini. Oltre a questo, in questo modello a raggiera vi sono ovviamente anche dei servizi ricreativi tout court, che invece hanno una focalizzazione più incentrata sulla conciliazione, sulle esigenze di conciliazione delle famiglie. Quindi la legge disciplina anche i servizi ricreativi, chiedendo determinate garanzie perché non vogliamo che nella nostra regione proliferino baby parking che poi di fatto sono degli asili nido nascosti. Pertanto ci sono anche qui delle richieste di qualità e garanzia, pur distinguendo le funzioni diverse da un servizio ricreativo ad un servizio educativo. Oltre al modello organizzativo, il secondo pilastro è quello che fa riferimento al convenzionamento e all’accreditamento. L’abbiamo chiamato un sistema di “accreditamento soft”: le strutture del privato sociale, del privato che desiderano partecipare al sistema dei finanziamenti pubblici, dovranno rispondere ad una serie di requisiti che riguardano la qualità del servizio erogato, la formazione degli educatori, degli insegnanti e anche le caratteristiche organizzative spaziali dei luoghi in cui si svolge questo servizio. L’accreditamento nella nostra Regione non è mai partito, non è mai stato implementato, anche se era presente nella legge precedente, e quindi partiamo da un tempo zero. Da qui in avanti non chiediamo in maniera ossessiva, e quasi perversa, a soggetti privati che desiderano convenzionarsi con noi, di rispondere ad una serie di requisiti troppo rigidi e che in qualche modo finirebbero per strozzare l’iniziativa di chi vuole partecipare a questo sistema, ma nello stesso tempo fissiamo una serie di parametri a cui occorre adeguarsi. Questa è una legge generale: non possiamo in alcun modo in questa legge entrare dentro discorsi relativi ad orari di lavoro, in primo luogo perché sono disciplinati in gran parte dai contratti collettivi nazionali di lavoro, soprattutto nei nidi a gestione diretta; non possiamo entrare in dettagli spiccioli di flessibilità organizzativa, perché questo è il compito di uno strumento che attua la normativa e che sarà la direttiva sull’organizzazione e il funzionamento. Terzo pilastro: la nuova geografia istituzionale. L’esigenza anche di rivedere questa legge derivava dal fatto che come sapete, in Regione abbiamo approvato la legge n. 13/2015 sulle cosiddette “aree vaste”, comunque sul superamento delle Province, l’organismo cardine – e sottolineo questo concetto – che si occupa di garantire la qualità del servizio per la primissima infanzia, è in questo settore il coordinamento pedagogico che svolge una funzione non solo di raccordo tra i servizi esistenti in una determinata comunità territoriale, ma che garantisce rispetto alle ore di formazione, le ore di aggiornamento e soprattutto al programma pedagogico che si mette in piedi. Questo coordinamento pedagogico era appoggiato sulle Province, quindi la necessità era di dare quanto prima possibile un’identità chiara a queste strutture perché non vedessero in alcun modo sbiadita la loro funzione, ed ecco che i coordinamenti li appoggiamo sui Comuni capoluogo in vista sperabilmente di arrivare ad aggregazioni più larghe. L’ultimo pilastro è quello che riguarda la tutela della salute della comunità, e quindi l’articolo 6 sulle vaccinazioni obbligatorie per accedere all’asilo nido. Ci tengo a puntualizzare che nessuna direttiva – le parole ovviamente hanno un peso e sono molto importanti – è stata ad oggi distribuita ai servizi, semplicemente ci siamo permessi di lavorare su una nota informativa che si compone di due striminziti paragrafi, in cui però si dà un’indicazione e soprattutto una rassicurazione alle famiglie sul fatto che questo obbligo che riguarda i vaccini, naturalmente obbligatori non raccomandati, non parte da qui a domani ma è un percorso che diventerà vincolante dal prossimo anno scolastico e che quest’anno vedrà una certa flessibilità nell’adeguarsi dal punto di vista delle famiglie. Questo nuovo articolo non deriva da vizi ideologici, ma dal fatto che ogni tanto è giusto anche consultare i dati e le dinamiche che ci circondano: l’abbiamo fatto sia per i modelli organizzativi accorgendoci che, ad eccezione della città di Bologna, il calo delle iscrizioni agli asili nido è significativo in tutte le province della regione, quindi questo richiedeva uno sforzo di cambiamento. A maggior ragione, i dati sulla copertura vaccinale nella nostra regione, con delle differenziazioni nelle diverse aree territoriali, non sono rassicuranti rispetto alla soglia necessaria per poter tutelare la comunità. Il nostro sguardo è soprattutto alle categorie deboli di bambini: quei bambini che effettivamente per motivi di tipo medico sanitario certificati non possono vaccinarsi, che però hanno il diritto di essere tutelati dentro ad un servizio e quindi dalla comunità. Ci interessa dunque lo sguardo alla comunità territoriale, che riteniamo prevalente rispetto agli interessi agli obiettivi delle singole famiglie. Grazie a tutti e mi accingo ad ascoltare con molta attenzione.

     

    PARUOLO – PRESIDENTE

    Negli interventi che si sono succeduti delle due relatrici di maggioranza e di minoranza e della Vicepresidente che è la proponente per conto della Giunta del progetto di legge, abbiamo tutti avuto modo di cogliere la complessità del provvedimento che riguarda i servizi educativi per la prima infanzia, di cui l’aspetto relativo ai vaccini è solo uno degli elementi. Lo dico perché credo che non sia difficile prevedere che invece questo sarà uno degli aspetti oggi che saranno più all’attenzione, però teniamo presente che il complesso è questo. Io in questo momento ho quindici persone iscritte a parlare, starei sui sette minuti massimo, meglio se cinque, a testa per consentire a tutti di esprimersi. Sono le 10,47; direi alle 11,00 mettiamo il termine per la presentazione di altre richieste, quindi se c’è qualcuno che sta meditando se intervenire o meno, si decide entro quell’orario perché così dopo potremo regolarci. Comincerei da Maria Paola Landini, e poi Antonella Celli che si può preparare.

     

    LANDINI – DIRETTRICE MICROBIOLOGIA BOLOGNA

    Grazie di avermi dato l’opportunità di esprimere il mio parere, che sarà inerente l’obbligatorietà delle vaccinazioni. Io ho la responsabilità della microbiologia unica della provincia di Bologna, quindi quel posto dove ogni mattina arrivano da quattromila ai cinquemila barattoli contenenti urine, feci, sangue e tutti gli altri materiali dai pazienti dei quali si sospetta essere in corso un’infezione, quindi penso di avere un po’ il polso di quello che succede in una popolazione di circa un milione di abitanti. Siamo anche centro di riferimento regionale per patologie sotto sorveglianza speciale: infezioni che si teme possano aumentare notevolmente di numero, oppure infezioni del tutto nuove nei nostri Paesi. Stiamo osservando un arrivo di batteri e virus diversi da quelli che circolavano fino ad un po’ di anni fa, ma stiamo anche osservando il ritorno di batteri e virus che erano praticamente scomparsi. È un ritorno lento, un ritorno che ancora anno dopo anno ha delle oscillazioni, ma se lo guardiamo in termini prospettici di circa una decina d’anni, c’è purtroppo un aumento progressivo. Non solo un aumento progressivo, ma anche una presenza di batteri che sono più resistenti agli antibiotici. Addirittura anche multiresistenti e in qualche raro caso totiresistenti. Siamo preoccupati della situazione generale che si sta manifestando, però il sistema ancora tiene. Vi faccio un esempio: qualche mese fa da un’ulcera aperta di un adulto abbiamo trovato un corine batterio difterico, che non vedevamo forse da trent’anni. È rimasto un caso isolato, nel senso che presumo la popolazione ben immunizzata ha tenuto. Niente ci dice che se quel caso fosse avvenuto in una popolazione con una protezione inferiore, potevano veramente esserci problemi seri. Vediamo casi di morbillo, l’anno scorso ne abbiamo avuti parecchi, quest’anno sembra forse un po’ meno; abbiamo casi di rosolia, è tornata la rosolia congenita che non si vedeva da non so quanti anni. Per non parlare poi dei drammatici casi di meningite da meningococco, casi di pertosse con quel drammatico caso dell’anno scorso della bimba. La sensazione che noi abbiamo, è che il sistema tenga ma che siamo in una situazione un po’ difficile da tenere sotto controllo. Io sono d’accordo con questa legge, con l’obbligatorietà dei vaccini, penso che sia uno strumento indispensabile oggi: diciamo purtroppo indispensabile oggi, per proteggere di più i nostri bambini, perché si è diffusa un po’ una campagna anti vaccinale che mette un po’ a rischio tutti i progressi che abbiamo fatto nel corso degli ultimi quaranta o cinquant’anni. Purtroppo siamo costretti a costringere, e io sono d’accordo proprio per i motivi che ho finora elencato.

     

    CELLI – ASSOCIAZIONE COMILVA ONLUS

    Grazie per questa opportunità. Io faccio parte della minoranza, quindi delle persone che sono critiche in merito a questa legge. In questo momento io rappresento l’associazione COMILVA che è l’acronimo di «Coordinamento del movimento italiano per la libertà di vaccinazione», ma rappresento anche la voce di tanti genitori obiettori e tanti genitori che non hanno accolto bene questo tipo di normativa, perché va comunque a ledere la libertà di scelta terapeutica. Noi riceviamo ogni giorno lettere di genitori, ma non solo con bambini in età di asilo nido ma anche più grandi, o comunque non genitori di persone che si chiedono come mai la Regione in questo momento stia facendo un braccio di ferro così forte. Nella nostra regione il colloquio con gli obiettori è sempre stato proficuo, nel senso che c’è sempre stato comunque l’ascolto anche della minoranza dei genitori che, dopo essersi informati in merito alle vaccinazioni, hanno scelto di non vaccinare i loro figli, di posticipare le vaccinazioni o comunque di scegliere alcuni vaccini e non altri. In questo momento siamo contattati da tante persone, che si chiedono come mai questo principio di colloquio che c’è sempre stato, stia venendo meno e perché quindi questa legge che obbliga i bambini che vogliono accedere al nido a vaccinarsi per i quattro vaccini obbligatori. È vero, il trend delle vaccinazioni nella nostra regione è individuazione, abbiamo una soglia che se non sbaglio è del 94,6 per cento, ma che in altre regioni è ancora inferiore e in altri Stati europei ancora molto inferiore: non per questo, si sono scatenate queste epidemie. Sappiamo che la difterite e la poliomelite in Italia non ci sono da anni, per cui non c’è un’emergenza sanitaria per poter pensare che questa proposta di legge sia indispensabile a salvaguardare la salute dei bambini. Ci sono tanti genitori che scelgono di non vaccinare i loro figli o di posticipare le vaccinazioni, proprio perché hanno paura delle reazioni avverse. Attualmente c’è una politica di negazione delle reazioni avverse, ma noi sappiamo bene che esistono. Basta andare a vedere una cosa banalissima: i bilanci delle Regioni, non solo dell’Emilia-Romagna, e vediamo quanto le Regioni spendono per indennizzare soggetti che hanno aderito alla legge n. 210, quindi riconosciuti come danneggiati da vaccino. Io ho dei report che sono visionabili da tutti, che sono proprio della Regione Emilia-Romagna: sorveglianza degli eventi avversi ai vaccini segnalati in Emilia-Romagna in età pediatrica, gli anni presi in questo report vanno dal 2006 al 2011 e parla anche di adulti; se andiamo a vedere queste tabelle, vediamo reazioni avverse molto importanti neurologiche, quindi epilessia, ce ne sono veramente di casi preoccupanti con le statistiche. Il genitore che va a vedere questo, si preoccupa e magari sceglie di informarsi prima di procedere alle vaccinazioni. Se noi mettiamo l’obbligo per l’iscrizione ai nidi, questi genitori non avranno più neppure il tempo per prendere le dovute informazioni; non avranno tempo perché magari la mamma deve ritornare al lavoro e deve inserire il bimbo a soli tre mesi di vita all’asilo nido e non ha tempo neanche di contattare la propria Asl, di poter effettuare quindi anche un colloquio con il medico preposto all’ufficio vaccinazioni, e questo non è corretto. Il genitore non può a tre mesi aver preso già una decisione, perché è proprio a tre mesi che arriva la prima convocazione ed è corretto che i genitori possano prendere visione dei bugiardini, delle reazioni avverse che vengono sempre negate e comunque dei rischi e dei benefici. In più, noi pensiamo come associazione che questa legge sia assolutamente incostituzionale, perché va contro una normativa vigente in Italia sia a livello regionale che nazionale. Va ad esempio contro il dpr n. 355, che è quello che dà l’opportunità a tutti i bambini di frequentare scuole e comunità infantili di ogni ordine e grado; va contro la legge n. 210 e la n. 229 sui danni da vaccino, ma va contro anche la dgr n. 1600 di questa Regione del 2013, dove si parla di dissenso consapevole e consenso consapevole. Quindi praticamente in questa legge si parla sia di reazioni avverse, ma si parla anche di tolleranza verso i genitori obiettori, tolleranza purché facciano la loro scelta di non vaccinare i propri figli con consapevolezza dopo aver ascoltato il medico della Asl, e quindi dopo aver valutato rischi e benefici che sono comunque tollerati. Per cui, se seguono delle procedure particolari, non vengono neppure segnalati al tribunale dei minori. Tribunale dei minori di Bologna che fra l’altro alla fin fine non ha mai avuto una linea punitiva verso i genitori che hanno fatto questa scelta in modo consapevole, purché abbiano dimostrato di essere in grado di avere cura dei loro bambini. Poi c’erano altre cose che vi volevo dire. I nidi sono un luogo, dove si cerca di superare le disuguaglianze, per cui tutti i bambini hanno gli stessi diritti e quindi non ci deve essere discriminazione religiosa, sociale e culturale; questa legge va a creare proprio questa discriminazione e andrà anche a creare quello che diceva prima l’Assessore: proprio i baby parking che non avranno gli standard qualitativi che la Regione prevede di avere per questi bambini. Per cui, noi come associazione siamo contrari e portiamo la voce di tanti genitori che ci stanno scrivendo. Se ho ancora tempo, ci vi posso leggere una lettera che ci è pervenuta questi giorni, altrimenti concludo qui.

     

    PARUOLO – PRESIDENTE

    Leggo la lettera. Peraltro, diverse lettere stanno arrivando anche ai Consiglieri regionali.

     

    CELLI – ASSOCIAZIONE COMILVA ONLUS

    Poi il testo sarà più o meno standard. «Gentilissimo Presidente, Assessori, Consiglieri, chi le scrive è un gruppo di genitori della regione Emilia-Romagna, in particolare della provincia di Rimini. Alcuni dei firmatari sono stati vostri elettori nelle passate elezioni, altri no; ciò che ci accomuna e ci fa sottoscrivere queste righe, è la scelta di non vaccinare i nostri figli o la semplice consapevolezza che, indipendentemente da tutto, la libertà di scelta è un diritto inalienabile. Apparentemente noi genitori non abbiamo atteso a quanto previsto per le quattro vaccinazioni pediatriche obbligatorie: poliomelite, difterite, tetano ed epatite B». Ricordiamoci che queste sono le vaccinazioni in oggetto, per cui morbillo e rosolia non c’entrano assolutamente nulla, e il tetano non si trasmette da persona a persona. «Ma praticando l’obiezione ai sensi delle leggi in vigore, ci riteniamo in piena coscienza di aver agito al meglio seguendo il basilare principio di precauzione a tutela della salute dei nostri figli. Ci siamo sentiti inoltre fin da subito in difficoltà nel comprendere il motivo che fosse sanitariamente giustificato di essere chiamati ad inoculare sette vaccini condizioni di assenza di epidemie o pericoli contingenti legati alle suddette, e consapevoli del tutto che tre di essi: pneumococco, pertosse e haemophilus influenzae di tipo b, sono facoltativi ma resi di fatto forzatamente obbligatori dall’irreperibilità dei soli quattro citati poc’anzi. È non da pochi mesi che su di noi genitori obiettori si sta accanendo una pressione e una campagna diffamatoria che ha dell’incredibile. Questa campagna mediatica dai toni viziati, dai contenuti parziali e deviati si è ampliata e amplificata negli ultimi mesi andando a colpire in modo violento e minaccioso non solo la scelta di fondo, ma anche chi la promuove e ha ruoli istituzionali e sociali quali medici e associazioni. Ciò che ci viene contestato, è la visione di una visione critica dell’attuale programma vaccinale italiano; la contestazione della mancanza di qualità dell’informazione che viene fornita dagli organi competenti, primi fra tutti le Asl e i pediatri; non per ultimo la minimizzazione, se non la vera e propria negazione, degli effetti collaterali e reazioni avverse ai vaccini stessi. In primo luogo vorremmo far comprendere che la nostra scelta non nasce da paranoie immaginarie, sospetti di macchinazione o cannibalismo aprioristico, ma piuttosto è frutto di una chiara consapevolezza del rischio che le vaccinazioni comportano, ma anche della falsa aspettativa verso la loro efficacia e della loro presunta protezione a livello collettivo». Ora non ve la leggo tutta, comunque il fatto che vengono attualmente negate le reazioni avverse delle vaccinazioni, sta allontanando comunque le persone addirittura che avevano intenzione di vaccinare, per cui negare la realtà è una cosa che molti genitori non tollerano. Per cui, noi chiediamo che questa legge, per noi anticostituzionale e va a ledere la libertà di scelta terapeutica, non venga portata avanti.

     

    ANCORA – MEDICO PEDIATRA ASL BOLOGNA

    Io sono un medico intensivista neonatale e anche un pediatra che lavora a Rimini. Devo dire che ho accolto con soddisfazione questa proposta di legge, perché è in linea con quelle che sono le conoscenze scientifiche che noi pediatri abbiamo. Le nostre conoscenze derivano da un metodo scientifico, un metodo induttivo e un metodo deduttivo, sottoposto costantemente a verifica. Il nostro metodo non è un metodo chiuso, le evidenze non sono evidenze definitive, sono costantemente sottoposte a verifica, ma il metodo è estremamente rigoroso. Ascoltavo il precedente intervento, e si parlava di informazione. L’informazione, per quel poco che sono riuscita a valutare, relativa ai vaccini soprattutto su piattaforme molto condivise come quelle on line, sono informazioni di vario tipo con indicazioni a volte di segno opposto. Quello che occorre nel valutare l’informazione, sicuramente è la cultura e la conoscenza e l’esperienza. Vi dico che sulla base esperienziale e sulla base della cultura scientifica, le informazioni in merito alla sicurezza dei vaccini e alla loro efficacia, sono quelle che noi accogliamo come medici pediatri. Si parlava di paura delle reazioni avverse ai vaccini, di negazione delle reazioni avverse. I vaccini hanno alcuna reazioni avverse che sono riportate, alcune con nessi causali, altri invece di semplice concomitanza di tempi. Queste reazioni avverse non sono tali da giustificare invece l’andare a controbilanciare l’effetto positivo protettivo dei vaccini. In ventisei anni di questo lavoro in terapia intensiva non ho mai ricoverato un bambino, un neonato con una reazione avversa da vaccino. Negli ultimi anni stiamo ricoverando nelle terapie intensive sempre più neonati invece con reazioni avverse da infezione. Abbiamo reparti con bambini fragili, che sono gli avamposti di quello che cambia, del rischio forte che sta cambiando nella salute della nostra società. Le abbiamo studiate alcune malattie, ce l’eravamo dimenticate, siamo dovuti tornare a studiare. Abbiamo avuto bambini neonati ricoverati per mesi, quindi non hanno fatto un vaccino con magari qualche linea di febbre da vaccino, ma ricoverati per mesi con cateteri centrali, con somministrazione di antibiotici perché hanno avuto infezioni subentranti gravi che hanno messo seriamente a rischio la loro salute e il loro sviluppo. Un bambino doveva essere operato, aveva cinque mesi di età, non è potuto essere operato, perché la sorellina non vaccinata e il papà vaccinato gli hanno passato una volta il morbillo e una volta la varicella, l’abbiamo ricoverato per tre mesi in terapia intensiva con morbillo e poi varicella, che non ha potuto fare l’intervento all’intestino, quindi è stato alimentato per tre mesi in maniera artificiale, mettendo seriamente a rischio tutto un reparto, in cui ci sono bambini che a volte pesano anche cinquecento grammi o un chilo. Sono cose che in passato non affrontavamo. Abbiamo affrontato meningiti, alcune con esito positivo perché prese veramente nel giro di poche ore, altre purtroppo con esiti gravissimi. Abbiamo affrontato quest’anno tantissimi casi di varicella con periodi di ricovero da due o tre settimane, perché complicate da sovrainfezione. Quindi quando io vado a fare il bilancio, e vi dico su base esperienziale e su base di medicina basata sull’evidenza, quindi su pubblicazioni scientifiche, quello che appare e che prevale è il beneficio del vaccino e il rischio della non vaccinazione, e questo è il motivo per cui viene colta in maniera così positiva la proposta di legge. Non va soltanto a proteggere gli immunodepressi o quelli che non si possono vaccinare, va a proteggere anche i bambini prima della vaccinazione: piccoli neonati che magari prendono l’infezione dal fratellino o dal vicino di casa, e va a proteggere anche quello che si è vaccinato ma che, per sua costituzione, non risponde alla vaccinazione. Riguardo agli eventi avversi riportati sui vaccini, c’è da dire un’altra cosa che ritengo molto importante: gli eventi avversi, ad esempio una reazione allergica, una autoimmunità sono multifattoriali, derivano da tante cose messe insieme. Una è la caratteristica del paziente, un’altra può essere l’alimentazione, l’inquinamento atmosferico, l’ambiente in cui si vive, il vaccino o l’infezione. Quel bambino che ha una reazione avversa da vaccino, e tanti bambini non vaccinati l’hanno avuta, anche quando magari beccano un’infezione che nella comunità è presente. Quindi attenzione a fare i nessi univoci e unidirezionali, quando dico che l’informazione va comunque interpretata con cultura e con esperienza. Un altro aspetto che volevo, richiamando l’intervento precedente, la legge n. 210 sul danno da vaccino: in realtà sono da trasfusioni, da emoderivati e il 98 per cento sono da emotrasfusioni e il 2 per cento invece da vaccini. Si parlava prima poi del perché vaccinare in assenza di epidemia: perché il vaccino è un metodo preventivo. La medicina è fatta di prevenzione, di azione in corso di patologia e anche azione sempre più stiamo facendo dopo la patologia di supporto psicologico dopo patologia. Il vaccino è preventivo e quindi non abbiamo bisogno di tornare ad avere epidemie, i casi che noi negli avamposti nelle terapie intensive vediamo; non abbiamo bisogno di vederlo nella società agli occhi di tutti; speriamo che ci fermiamo a vederli negli ospedali dove questi casi si concentrano. Sarebbe ben grave, se dovessimo intervenire dopo.

     

    CAGNARI – DIRETTRICE SCUOLE E NIDI D'INFANZIA COMUNE DI RE

    Io sono direttore dell’istituzione scuole e nidi del comune di Reggio Emilia, porto il contributo anche di «Reggio Children» che è con noi parte del sistema educativo del nostro territorio. Intanto vi ringraziamo della possibilità di questa audizione, e ringraziamo anche del percorso che è stato fatto sui territori di ascolto, di cui troviamo tracce nella bozza di legge che è stata presentata e quindi riteniamo che sia stato un lavoro molto importante di cui ringraziamo. Oggi però vorremmo riprendere alcuni temi, spostando il tema che è stato proposto nei tre interventi che mi hanno preceduto. A premessa, prima di entrare nell’articolato e anche in alcuni commenti puntuali rispetto all’articolato, vorrei proporre questa riflessione: riteniamo che una legge sulle politiche pubbliche per i servizi per l’infanzia, in particolare per lo 0-3, necessiti di un posizionamento più preciso del concetto di flessibilità che è contenuto nella legge, come anche richiamava la Consigliera prima, un concetto di flessibilità a cui il sistema si ispira, ma che necessita – noi crediamo – anche della definizione nella legge di alcuni vincoli che precisino meglio questo concetto. Anche perché credo che spesso il termine “flessibilità” venga usato anche in sostituzione di un auspicio di politiche integrate, che siano politiche del lavoro e politiche di tutela della genitorialità che dovrebbero fare da contraltare e anche da congiunzione rispetto all’educazione dei più piccoli. Un’altra nota collegata a questa, sempre generale, riteniamo vada fatta sul termine “conciliazione” che viene sempre e solo usato sui servizi 0-3 anni, collocandoli in una posizione depotenziata rispetto al loro ruolo che è innanzitutto un ruolo educativo e un ruolo di risposta ai diritti di cittadinanza dei nostri bambini, che ce li hanno fin da quando nascono. In realtà, sarebbe molto utile o sottrarre il termine “conciliazione” o estenderlo a tutto il percorso educativo e di istruzione dei ragazzi, perché il tema è quello di come una società e una politica compagna le famiglie, accompagna i genitori nel loro compito educativo nei confronti dei bambini che chiaramente si modifica anche nel corso del tempo perché le esigenze cambiano, e la scuola primaria non è uguale al liceo, e il nido non è uguale alla scuola primaria, ma con lo stesso intento conciliativo. Lo stesso tema si potrebbe proporre sul tema dell’utilizzo ancora del termine “servizi socioeducativi”: in qualche modo, tutto il percorso scolastico è anche “socio” oltre che “educativo”. Entro più nel merito della legge. Intanto un primo punto è che con il ridisegno delle funzioni delle Province, la Regione ha già compiuto dei passi importanti di cui ringraziamo, per riempire un vacuum legislativo in attesa anche che le nuove norme e la revisione della Costituzione e anche la legge nazionale sullo 0-6 trovino il loro approdo. Con questi provvedimenti la Regione ha già affidato ai Comuni un ruolo rispetto alla governance delle politiche educative, oltre che ai compiti che hanno di gestione dei servizi e anche sulle autorizzazioni: le cose che conosciamo. Noi auspicheremmo che la legge possa essere un’occasione per rafforzare e precisare questo ruolo, introducendo anche alcuni elementi di raccordo dei vari distretti che esistono sui territori provinciali e che chiedono una politica che sia in mano agli enti locali, una governance che sia in mano agli enti locali. Sull’accreditamento. Non è un mistero, lo sapete tutti, apprezziamo la scelta di non approdare a delle procedure complesse e burocratiche che sono state introdotte in altri ambiti del nostro sistema, ma riteniamo che le condizioni sull’accreditamento dovrebbero innanzitutto avere l’aggettivazione “essenziali”, “imprescindibili” non in termini di priorità ma in termini di esistenza di queste condizioni per l’accreditamento per poter accedere alla fruizione delle risorse pubbliche. Aggiungeremmo anche ai contenuti dell’accreditamento i contenuti dell’articolo partecipazione e trasparenza, perché riteniamo che anche questa sia una condizione essenziale per la qualità dei servizi e quindi per il loro accreditamento. Inoltre rispetto al percorso di autovalutazione, che è una delle condizioni dell’accreditamento, senza accedere a dei percorsi più complessi che pure fanno parte della nostra esperienza e del nostro patrimonio di saperi, pensiamo che però sia importante trovare una sede vincolante di raccordo: dovrebbe essere definita per legge la partecipazione ai tavoli di raccordo, i coordinamenti pedagogici territoriali o altri tavoli che possono essere definiti anche in altro modo. Ancora, sarebbe opportuno nella cornice dello 0-6 una accentuazione della continuità con la scuola dell’infanzia che è citata ma è debole, indicando anche modalità e strumenti: ad esempio, l’Assessorato di appartenenza lo stesso per lo 0-3 e lo 0-6, figure trasversali, il coordinamento pedagogico territoriale 0-6 precisarla e forse completare anche, là dove si parla di coordinamento pedagogico, precisando meglio che il raccordo è tra i servizi per la prima infanzia che comprendono anche la scuola dell’infanzia. Ultimissima cosa, non vorrei sembrare ingenua ma questo è un invito: il decreto legge n. 113 all’articolo 17, quello che svincola i Comuni dalla limitazione delle assunzioni per i servizi educativi, parlano di personale educativo; mi chiedo se la Regione ci può dare una mano nel riconoscere educativo anche il personale ausiliario. Il personale che è dentro un nido, è dentro una scuola dell’infanzia al mattino, non può essere solo un personale di assistenza ma deve avere caratteristiche educative. Questo forse ci consentirebbe anche di coprire molti posti vacanti, che penso non abbiamo solo noi a Reggio Emilia.

     

    FALDELLA – PEDIATRA AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITARIA BOLOGNA

    Spero di portare qualche elemento di riflessione, l’ho già detto. Il mio lavoro è quello di insegnare all’Università di Bologna e di fare il pediatra, le due cose si conciliano nelle mie riflessioni in questi termini: quando si parla con le mamme dell’asilo nido, è comune titubanza di tutte di mandare all’asilo nido per il problema delle malattie – tutti sono consapevoli che i bambini piccoli si ammalano facilmente – versus il valore pedagogico dell’asilo nido e quindi i vantaggi. Viene vista la malattia come un possibile svantaggio, invece l’inserimento precoce nella collettività come un vantaggio per la crescita e lo sviluppo del bambino. In realtà questo è verissimo, il bambino nei primi tre anni di vita è in una situazione del tutto particolare in quanto compie la massima parte del suo sviluppo psicomotorio ed emozionale da una parte, e dall’altra parte è assolutamente quello che non ammettevano che sia da un punto di vista immunodeficiente, non abbia protezioni, e fatta in quella maniera si ammala. Io credo che la risposta sia difficilissima, non abbia certezze. Quello che sicuramente dobbiamo garantire, è la massima protezione del bambino una volta inserito in asilo nido per limitare al massimo i rischi e privilegiare al massimo il valore educativo e pedagogico dell’asilo nido. Detto questo, rendere obbligatoria una vaccinazione, può ledere il diritto di scelta dell’individuo. Io ricordo sempre che il bambino in realtà è l’attore di questa eventuale scelta, ma non decide nulla per sé, ma delega ad altri. Fra gli altri, credo che ci sia anche chi ci governa che abbiamo eletto noi per essere in qualche maniera governati a convivere tra gli altri, mantenendo i nostri diritti ma senza ledere quelli degli altri. Le vaccinazioni – come è stato detto prima – sono in parte obbligatorie, nessuno di noi quando insegna, parla più di obbligatorietà delle vaccinazioni, parliamo del valore delle vaccinazioni, di come nel tempo si sono evolute, come sono aumentate, come hanno cambiato il modo. Cent’anni fa il 20 per cento dei bambini moriva nel primo anno, la maggior parte per infezione, adesso i casi di malattia da vaccinazione sono pochissimi. Però ci sono, perché le vaccinazioni non sono perfette. Sicuramente sono efficaci, ma non tutti i bambini vaccinati sono immuni, sono protetti. Alla stessa maniera, i vaccini sono sicuri però possono dare qualche piccola reazione. Possono dare anche eccezionalmente qualche reazione più grave, dopo di che si tratta di vedere se è una reazione dovuta al vaccino, oppure è solo temporalmente associata. Ma quand’anche fosse dovuta al vaccino, il rapporto fra il beneficio e il rischio di reazioni importanti è incommensurabile mediamente. Per cui, ritengo importante che noi tutti manteniamo una fredda calma consapevolezza di come le vaccinazioni siano al centro della nostra salute, e quindi favorirle anche con questo provvedimento che non è la soluzione a tutti i mali forse, però riporta alla ribalta dei valori assoluti.

     

    MARANGONI – ASSESSORE POLITICHE EDUCATIVE COMUNE DI ALFONSINE

    Io sono Assessora ad Alfonsine, ma sono qua a parlare a nome dell’Unione dei Comuni della Bassa Romagna: abbiamo un tavolo di coordinamento e abbiamo pensato di portare univocamente la nostra voce qua. Io da non tecnica, mi fa piacere sentire gli interventi del personale del settore di cui si è parlato stamattina, ovvero il tema della vaccinazioni obbligatorie. Gli interventi settoriali portano tutti in una direzione piuttosto univoca, quindi mi viene da pensare che la direzione sia quella giusta. Il nostro pensiero è sicuramente quello che la vaccinazione obbligatoria sia un qualcosa di indiscutibile e quindi all’articolo 6 va tutto il nostro sostegno. Per quanto riguarda, invece, la questione andando al di là di ciò di cui si è parlato questa mattina: delle vaccinazioni, vorrei portare all’attenzione le due caratteristiche che secondo noi sono quelle fondamentali del servizio 0-3, che sono quelle del carattere di universalità del servizio e della qualità. Il carattere di universalità, come ha già accennato la vicepresidente Gualmini, deve permanere, quindi il servizio deve essere aperto a tutti e non mi riferisco certo all’intervento di prima sul fatto che le vaccinazioni escludano una parte della popolazione, quanto più al fatto che tutti possono avere la possibilità di accedere ai nidi. La Vicepresidente già prima diceva del calo che viene registrato in tutta la regione, anche nei nostri territori: pochi anni fa nel mio territorio in particolare si è deciso di affrontare la costruzione di un nuovo nido, perché è pieno quello che avevamo, e ora ci ritroviamo con un nido mezzo vuoto e fatichiamo a riempire l’altro. Quindi è effettivo questo calo. Il fatto che si debba cercare un modo per richiamare l’attenzione e per far vedere quanto sia fondamentale il servizio 0-3, è imprescindibile ed è per questo che occorre evitare il rischio di un impoverimento dei servizi, in modo che sia possibile mettere a frutto il carattere universale del servizio. È quindi importante che una maggiore quantità di risorse economiche venga destinata alla gestione della parte corrente e la contribuzione agli enti locali, in particolare ai Comuni, deve essere differenziata, a nostro parere, in base sicuramente alla percentuale di utenza che frequenta i servizi e cercando quanto più di arrivare ad un sistema tariffario che avvicini sempre maggiormente gli utenti ai servizi, non soltanto la parte medio-bassa della popolazione, ma che consenta anche a quella parte di popolazione medio agiata di usufruire di questo servizio, in modo che non soltanto coloro che hanno bisogno per questioni lavorative di un servizio, che potrebbe essere quello che pensiamo un po’ come baby parking, possano accedere a questo servizio, ma anche tutti coloro che pensano al valore educativo di questi servizi. Voglio passare alla seconda caratteristica fondamentale, secondo noi, che è quella della qualità. Noi in Bassa Romagna abbiamo puntato molto su questo punto e quindi crediamo di avere ottenuto un buon livello dei servizi, ed è per questo che sarebbe opportuno definire un concetto più esteso di rapporto numerico che è imprescindibile per arrivare ad una buona qualità del servizio 0-3. Rapporto numerico di tutti gli operatori però, non soltanto degli educatori ma anche del personale ausiliario. Mi riferisco anche alla copertura giornaliera di apertura dei servizi, ma anche del rapporto orario e del livello di compresenza perché all’interno della giornata, della routine quotidiana dei bimbi è difficile trovare un momento che sia meno importante rispetto ad un altro. È una giornata che parte con il momento dell’accoglienza, che poi prosegue con le attività del mattino, la fruizione del pasto, il momento del sonno e le dimissioni: sono tutti momenti ugualmente importanti che fanno parte della routine quotidiana, quindi trovare un momento da “sacrificare” ad un grado minore di compresenza è difficile ed è per questo che occorrerebbe definire maggiormente gli orari di compresenza.

     

    MATTIOLI - PROF. ASSOCIATO MEDICO LAVORO UNIVERSITÀ DI BO

    Io sono qui anche a nome del professor Violante, presidente della «Società italiana di medicina del lavoro», della quale proprio oggi a Roma si tiene il congresso nazionale, anche perché con lui condivido lo studio di un ambito relativo non solo alla medicina del lavoro che è quello della prevenzione basata sulle prove di efficacia. Sono diversi anni che a noi interessa in particolar modo far sì che anche gli interventi di prevenzione, non solo quelli di diagnosi e di terapia, siano valutati dal punto di vista della loro reale scientifica efficacia, e tra gli interventi di prevenzione che chi studia la prevenzione basata sulle prove di efficacia, sono forse gli interventi che hanno una maggiore dimostrata prevenzione, sono proprio le vaccinazioni. L’intervento preventivo che ha determinato il limitare in modo evidente i problemi di salute dovuti ad infezioni ricorrenti non solo nelle popolazioni lavorative ma nella popolazione generale, nei bambini, sono interventi nei quali l’efficacia non deve essere studiata solamente dal punto di vista sperimentale: la vaccinazione non deve riuscire solamente a permettere di proteggere l’individuo che viene ad esser vaccinato, ma essendo un intervento di prevenzione collettiva, il cui fine non è solamente il proteggere la singola persona ma è proteggere la popolazione, la collettività dei bambini o dei lavoratori o delle persone di una determinata fascia di interesse, va studiato anche dal punto di vista della sua efficacia sul campo. La vaccinazione deve permettere di ottenere un beneficio preventivo a livello collettivo. Per fare questo, forzatamente per essere efficace sul campo, e secondo gli anglosassoni l’efficacia sul campo addirittura ha un altro termine che non è “efficacy”, è “effectiveness”: per dire quanto è diverso l’aver fatto un prova sperimentale dall’applicare sul campo un determinato intervento. Nel caso della vaccinazione, se l’intervento deve essere efficace nella collettività, forzatamente non può che raggiungere la maggior parte dei soggetti interessati. È implicito che per far sì che l’intervento preventivo sia efficace sul campo nel caso della vaccinazione, bisogna che sul campo raggiunga la maggior parte delle persone. Un intervento come questa proposta di legge non può che essere a favore del raggiungimento della maggior parte dei soggetti interessati alla vaccinazione e quindi all’intervento collettivo, di conseguenza sia io che il professor Violante siamo a favore di questa proposta di legge.

     

    CAMPIONI – GRUPPO NAZIONALE NIDI E INFANZIA

    In questo momento io rappresento il gruppo nazionale nidi d’infanzia, che è un’associazione di promozione sociale che si interessa di promuovere la cultura dell’infanzia e la qualificazione dei servizi ad essi finalizzati. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere Loris Malaguzzi come nostro primo presidente, quindi cerchiamo di continuare su questa china. È un’associazione non professionale, quindi annovera tra i propri soci uno spettro ampio di professioni e di enti, per cui non siamo assolutamente rappresentativi di una categoria, ma speriamo di essere invece degli assertori dei diritti dei bambini soprattutto, ma anche di chi lavora con i bambini e dei genitori, delle famiglie. Ci permettiamo di avanzare, in un’ottica di collaborazione e di miglioramento delle norme, le seguenti note e proposte. Cerco di leggere, in modo tale da stare nei tempi. Sono quattro note. Intanto condividiamo lo sforzo di presentare una nuova legge, più che emendamenti su leggi precedenti; questo va verso un tema di pulizia e di semplificazione normativa che renderà più agevole il lavoro successivo e limiterà l’eventuale contenzioso. Infatti troppe leggi e atti non armonizzati fra di loro – e potrei fare vari esempi – rischiano di essere confusive e deresponsabilizzanti per chi li deve applicare e far applicare. Notiamo però una carenza non piccola di regolazione, dopo il superamento delle Province, nei rapporti tra la Regione e le Amministrazioni comunali che ha dato in passato non pochi problemi anche in quest’area. Nulla si dice dell’Amministrazione comunale che dovrebbe essere la garante, come è stato ripetuto qui stamattina, della quantità e della qualità dei servizi educativi se non vi è coerenza con la legge regionale. Crediamo che la Regione non possa per quieto vivere istituzionale non prendere posizione di fronte ad un’eventuale amministrazione locale che non rispetta la normativa vigente, che è connivente con i servizi nient’affatto educativi, che proceda a bandi le cui condizioni non rispettano la soglia contrattuale, oppure a concessioni altamente problematiche incentivando di fatto l’illegalità e il lavoro nero. Questi sono fatti che io posso documentare grazie ai bandi che raccolgo. Questo per la difesa dei cittadini più piccoli. Le modalità potranno poi essere definite di comune accordo con l’Anci nella direttiva successiva, però un punto fermo bisogna metterlo. Per quanto riguarda invece l’accreditamento, riconosciamo lo sforzo per la reintroduzione di questo istituto come strumento anche di valutazione della qualità erogata, argomento caro a questa Regione già dal 1994 e punto centrale della strategia 2020 della Commissione europea ben evidenziato in documenti importanti quali la comunicazione n. 66 del 2011, la raccomandazione n. 112 del 2013 e il documento sui principi chiave per la qualità dei servizi educativi e di cura all’infanzia che presenteremo proprio a Roma, come gruppo nazionale 0-6, il 30 di questo mese nella traduzione italiana. Il testo proposto all’articolo 18 ci sembra gracile rispetto all’attuale situazione normativa: non si accenna affatto alla necessità dietro valutazione, che noi consideriamo fondamentale per dare certezza del diritto a servizi di qualità e garanzia per l’ente locale e per i genitori. A tale riguardo, le forme possono essere le più rivisitate, purché diano garanzia di una qualità verificata e non solo dichiarata. Non si fa riferimento alla necessità di essere parte attiva nella costruzione del sistema integrato territoriale, e ci sembra questa una nota molto importante se vogliamo collegarci alla riforma nazionale. Si parla di un adeguato numero di ore di formazione, che noi riteniamo debba essere comunque superiore a quello dell’autorizzazione; non si prevede un numero di ore dedicato ad esempio ad attività non a diretto contatto con i bambini necessari per il buon andamento del servizio, ma queste materie possono essere rinviate chiaramente ad atti successivi. Noi diciamo solo che prudenzialmente in legge se c’è una parola, chiaramente lì puoi appoggiare atti successivi. Un ultimo punto. Se riconosciamo alla Regione il merito di avere conservato nel tempo, anzi, aumentato l’impegno verso le scuole dell’infanzia o del sistema paritario, quindi sia comunale che privato, non altrettanto si può dire dei fondi destinati al sostegno dell’estensione, del consolidamento e della qualificazione dei servizi 0-3 anni. Abbiamo constatato delle cadute di impegno che ci preoccupano – e qui alleghiamo anche i dati – soprattutto se teniamo presente l’attuale quadro socioeconomico e culturale che spinge molte famiglie ai margini della società, impedendo di fruire in tal modo di servizi considerati basilari per qualunque sviluppo personale e sociale. E qui si potrebbero citare le ricerche, l’ultima ricerca anche di Valerio Belotti. Ribadiamo con forza che gli eventuali fondi statali – questo ci interessa molto – debbono essere considerati aggiuntivi e non sostitutivi di quelli regionali, con lo scopo di sostenere gli enti gestori del sistema integrato di educazione e istruzione della nascita fino a sei anni; di calmierare le quote di partecipazione delle famiglie e permettere alla Regione stessa e alle Amministrazioni comunali di svolgere il ruolo di sostegno alla qualità, unica garanzia di intervento educativo promotore di tutte le potenzialità personali. Auguriamo alla Giunta regionale, ai componenti della Commissione e dell’Assemblea e alle Amministrazioni comunali di continuare ad essere i difensori e promotori dei diritti dei cittadini più piccoli, che non hanno rappresentanza diretta nelle sedi in cui si decidono le sorti del loro presente e del loro futuro, e di tutta la comunità regionale e locale.

     

    FABBRI – DOCENTE UNIVERSITARIO BOLOGNA

    Preciso che parlo in qualità di vicepresidente della «Scuola di psicologia e di scienze della formazione», quindi non solo a titolo personale, per quanto sia possibile parlare senza tradire in qualche misura anche il pensiero altrui. Diamo una valutazione tendenzialmente positiva di questa legge, soprattutto a fronte dei cambiamenti che sono stati introdotti a seguito della prima stesura. Siamo molto favorevoli al riconoscimento di un sistema di servizi accreditato che si colloca in un più ampio sistema di servizi che dal nido fino all’università funziona attraverso processi di accreditamento e della qualità dei servizi medesimi. Questo ci sembra un riconoscimento importante, la formalizzazione di qualcosa che negli anni è nato sul territorio, si è diffuso in molte realtà ma non si è ancora generalizzato in tutte le realtà. Quindi ci fa molto piacere che la legge ne tenga conto e lo dica. Sul versante dell’accreditamento si parla solo di autovalutazione e non anche di eterovalutazione. Potrebbe essere un limite, potrebbe anche non esserlo, dipende da come viene gestito il processo di autovalutazione: se il processo di autovalutazione viene strutturato su indicatori in qualche misura prevedibili e riconoscibili, e in qualche misura vincolanti per chi conduce quel processo di autovalutazione, l’eterovalutazione in qualche misura viene incorporata nell’autovalutazione medesima. A quel punto, ci sarebbe più che altro un’esigenza di controllo: andare a verificare se i servizi accreditati effettivamente siano garanti nel quotidiano degli standard qualitativi che vengono richiesti. Una sezione interessante è quella che fa riferimento ai titoli di studio, nel senso che la legge richiama in qualche misura un’esigenza di superamento degli elementi di eterogeneità che ci sono nei processi di formazione di base che al momento fanno riferimento a corsi di laurea diversi. Le educatrici di nido che si laureano in una laurea triennale di educatore nei servizi per l’infanzia, peraltro molto poco diffusa sul territorio – ci sono due o tre corsi di laurea in tutto il Paese – le insegnanti di scuola dell’infanzia invece condividono il percorso formativo di laurea magistrale a ciclo unico in scienze della formazione primaria di durata quinquennale, con insegnanti di scuola primaria. Sono due percorsi formativi diversi con alcuni elementi di affinità. Sono anche equipollenti, o meglio formazione primaria è equipollente con gli educatori nei servizi per l’infanzia, nel senso che i laureati in scienze della formazione primaria possono operare anche nei nidi. Se la loro formazione di base non è incompatibile con queste ipotesi, resta il problema di fondo che questi laureati nelle loro ore di tirocinio non hanno mai visto un nido, e ci chiediamo se la Regione possa contribuire a risolvere questo problema, che si esprime in modo ancora più accentuato e ancora più grave rispetto ad un’altra equipollenza: quella con la laurea in educatore sociale e culturale o in scienze dell’educazione – dipende dalle sedi – una laurea pensata essenzialmente per andare ad operare nei servizi sociosanitari. Una laurea su cui adesso ci sono interventi legislativi importanti in Parlamento, che stanno riconoscendo e normando sul territorio nazionale il profilo dell’educatore professionale. Il problema è che questo profilo appartiene alla stessa classe di laurea del corso di educatore nei servizi per l’infanzia, e laureati che sono stati formati per andare ad operare essenzialmente sulla devianza, sul sociosanitario, sulla prevenzione della devianza, sull’integrazione dell’handicap in alcune fasi di età, sul disagio adolescenziale potrebbero entrare nei nidi d’infanzia anche loro senza avere mai visto un nido. Quindi ci chiediamo se la Regione possa fare qualcosa, perlomeno nel chiedere che chi entra nei nidi dell’Emilia-Romagna, abbia perlomeno recuperato le ore di tirocinio necessarie per potervi operare conoscendo già il sistema. Molto bene il riconoscimento in termini sostanziali e nevralgici del ruolo del coordinatore pedagogico, per il quale si vanno a pensare anche possibili interventi di formazione in servizio e di riqualificazione in servizio. Forse l’importanza di questo ruolo della formazione e servizio andrebbe accentuato anche per quanto riguarda il personale educativo di base: le educatrici e le insegnanti in particolare, perché la tradizione di questo territorio viene da una realtà dove c’era una formazione di base fragilissima, che veniva compensata attraverso una formazione in servizio permanente, continua che ha prodotto risultati importanti, ma aveva come suo limite quello di non poter interagire con una formazione di base adeguata. Non vorremmo che adesso si capovolgesse questa impostazione: arrivano le educatrici con una formazione di base di livello molto superiore a quello precedente, non vorremmo che questo inducesse a pensare che quella formazione di base sia sufficiente. Non lo è. È il momento per mettere in gioco tutte le risorse formative necessarie per qualificare davvero gli interventi educativi dei nidi e nelle scuole dell’infanzia quando sono a gestione comunale, visto che questo è il contesto. E quella formazione di base che noi tentiamo di trasmettere in tre e in cinque anni all’università deve poter imparare a dialogare con la realtà operativa istituzionale, deve poter essere ripensata alla luce dei problemi delle esperienze che incontrano queste operatrici nel loro impatto con il mondo del lavoro, e deve evitare il rischio enorme dell’invecchiamento. Quindi per noi è importante da questo punto di vista che vengano valorizzati i rapporti con l’università ad esempio, che è disponibile a collaborare su questo versante, e con altre agenzie culturali e formative del territorio proprio per prevenire un rischio contrario a quello che storicamente conoscevamo. Quando si parla di servizi flessibili, noi siamo consapevoli che ci sono mutamenti sociali e familiari tali che impediscono ai nidi di continuare ad essere semplicemente ciò che sono sempre stati: per cui che ci siano esigenze di flessibilizzazione dell’orario ad esempio, di diversificazione delle tipologie di servizio. L’abbiamo ampiamente presente. Ovviamente dipende a che cosa si pensa, perché il nido ha un’identità istituzionale, educativa, pedagogica definita che può flessibilizzarsi e assumere anche nuovi volti e nuovi identità, però non tutti. Se pensiamo ad esempio ai servizi di accoglienza notturna per bambini i cui genitori di notte, poi un’altra cosa, non è più un servizio pedagogico, non è più un servizio educativo, non è un intervento educativo. In quei casi, dal nostro punto di vista, sarebbe più corretto pensare di attingere ad altre risorse del territorio che non possono essere formalizzate dentro la realtà istituzionale dei nidi. Una piccola nota non polemica, lo dico in amicizia: è la seconda volta che la Regione organizza un convegno sui nidi senza coinvolgere pedagogisti ed esperti studiosi di problemi educativi. Un po’ ci dispiace, anche perché se è vero che quando si pensa ai pedagogisti, agli studiosi di educazione, si pensa che siano sensibili più che altro ad esigenze di qualificazione del servizio, spesso incompatibili con certi percorsi di revisione istituzionale, in realtà noi da anni stiamo cercando di ragionare per operare su entrambi questi versanti: tenere conto delle esigenze di evoluzione storica, perché non diventino percorsi di involuzione storica. Quindi ragioniamo sulla qualità in ottica di compatibilità.

     

    FANTINI – PROF. ASSOCIATO IGIENE SANITÀ PUBBLICA UNIVERSITÀ DI BO

    Io volevo portare di nuovo opinioni tecniche sul tema delle vaccinazioni. Io nasco pediatra, ma attualmente sono docente sui temi della prevenzione della sanità pubblica presso la Scuola di medicina e chirurgia dell’Università di Bologna, quindi affronto il tema della salute collettiva, della prevenzione sia con gli studenti dei corsi di vario ordine e grado, in primis gli studenti di medicina e chirurgia, gli specializzandi della Scuola di igiene e medicina preventiva focalizzati proprio su questi aspetti, che sono applicati all’ambito della ricerca. Quindi volevo ribadire cose che i miei colleghi hanno già detto molto bene, da un punto di vista di salute collettiva e ancora di evidenze scientifiche e dati di esperienza che abbiamo, uscendo un po’ dall’ambito delle ideologia o valoriale più lato. È indubbio che la salute globale passa attraverso le vaccinazioni: se ne parla tanto, è un tema anche questo nell’agenda e sicuramente dobbiamo dire che le vaccinazioni, in particolare della prima infanzia, sono state una misura fondamentale, salvavita per i bambini ma anche di mitigazione delle diseguaglianze in salute. È un’altra cosa di cui si parla spesso in termini molto astratti, senza applicarli poi nella pratica vera. Chi vuole una società diseguale? Però poi quando dobbiamo trovare modi perché questo non accada, abbiamo tutti particolari difficoltà e posizioni spesso diverse. Relativamente alle vaccinazioni, quando è stato chiaro alle comunità scientifica, nei policy maker dei vari Paesi quale ruolo potessero avere per la salute globale in termini preventivi, direi che i Paesi più evoluti si sono avviati verso l’obbligatorietà, l’obbligo scolastico o l’obbligo vaccinale, non tanto come misure impositive ma come misure di garanzia per garantire l’accesso a tutti indipendentemente da differenze geografiche e sociali. Questo per richiamare il punto che abbiamo una responsabilità collettiva. Giustamente i genitori ragionano per i propri figli, sono molto preoccupati – io come madre, come nonna attualmente di un piccolissimo bambino – il problema di reazioni avverse, trovare il momento giusto per vaccinare: tutti abbiamo questo dibattito, però dobbiamo guardare con occhio limpido sia il problema di salute individuale, quindi minimizzare certamente i rischi e i benefici per il singolo individuo, ma dobbiamo anche avere a cuore un approccio mirato alla collettività. Questo concetto scientifico che non è ideologico della protezione di gregge, è veramente importante: se abbiamo un certo numero di soggetti immuni in una collettività, non ricircola il microrganismo. Non ricircola e non ci sono casi di malattia, ma non ricircola neanche nei portatori perché abbiamo anche l’esigenza di limitare la diffusione, attraverso portatori asintomatici, di microrganismi che in alcuni soggetti, per le loro caratteristiche individuali o perché in quel momento più defedati, possono dare una malattia grave diffusiva: pensiamo alle meningiti. Quindi è molto importante tenere la barra dritta su questa ottica di comunità. Cosa sta succedendo. Come ricercatrice sono portata a confrontarmi anche con esperienze di altri, non esistono le verità assolute. Cosa sta succedendo sulla base di evidenze scientifiche in termini di politiche, che poi hanno la portata scientifica che possono avere le politiche in altri Paesi, anche in Paesi in cui non c’è l’obbligatorietà formale per le vaccinazioni? Penso agli Stati Uniti, ci sono obbligatorietà che sono dettate dalle regole comunitarie. Per entrare nelle comunità educative, negli Stati Uniti occorre avere le vaccinazioni. Ma si stanno spingendo ben più avanti alcuni Stati, e parliamo di Stati liberal come la California e anche di Stati con diverso livello di benessere e di avanzamento sociale come il Mississippi, si stanno avviando verso l’obbligatorietà delle vaccinazioni proprio a seguito dell’esperienza che c’è stata del divampare di casi di morbillo a seguito di un focolaio epidemico che guarda caso è nato a Disneyland, dove c’è un’associazione di bambini e di giovani. Per citare altri casi, la stessa Australia sta andando nel 2016 verso un obbligo vaccinale. Io non dico che quello è buono, sto solo raccontando che cosa sta succedendo perché dobbiamo anche guardare le esperienze altrui e imparare, cercare di capire le motivazioni di questi atteggiamenti. In Australia nel 2016 ai genitori che non fanno vaccinare i figli, vengono tolti benefici fiscali e sussidi sanitari, con la finalità proprio di poter ottenere – è un obiettivo che ci si pone – un tasso di copertura che non scenda sotto il 90 per cento, perché è quello di cui hanno timore, che è il timore che abbiamo anche qui. Quindi se nel dibattito fra le libertà individuali, la tutela della collettività possiamo usare anche queste informazioni, io credo che sia una riflessione molto utile, e non avere posizioni comunque difensive ideologiche, perché la verità non esiste, bisogna trovare la migliore via nei diversi contesti per raggiungere comunque quegli obiettivi di salute per tutti, su cui non possiamo non allinearci.

     

    VALSECCHI – MEDICO IGIENISTA

    Io sono un pensionato, sono un igienista di Verona, ho retto per venticinque anni il servizio di igiene pubblica di Verona, ma soprattutto ho dagli inizi degli anni Novanta formulato e poi condotto per alcuni anni il piano di miglioramento vaccinale della Regione Veneto, che poi ci ha portato nel 2008 alla sospensione dell’obbligo vaccinale con risultati che io considero buoni. Da allora io ho provato più volte a convincere i colleghi dell’Emilia-Romagna sul fatto che una Regione così importante nel nostro panorama nazionale, avrebbe dovuto seguire la traccia della Regione Veneto perché se questa fosse stata la scelta, il caso del Veneto non sarebbe rimasto come è un caso isolato, ma avrebbe costituito un orientamento politico di sanità pubblica importante all’interno del panorama nazionale. Così non è stato. Questo tipo di proposta di legge che adesso viene avanzata all’interno di una legge veramente corposa e interessante di intervento sull’infanzia, secondo me rischia di essere un autogol per questa Regione. Ritengo infatti che il tipo di proposta di introdurre, anche molto timidamente se vogliamo, a differenza di quello che abbiamo sentito viene fatto in America e in Inghilterra, cioè di intervenire su quello che è un vero problema di epidemia in questo momento in Italia, contrariamente a quanto pensa il COMILVA, che è il problema del morbillo all’interno di questa regione, penso quindi che sia una legge che sfruttando Beccaria direi che non è né utile, né necessaria. Cosa pavento io di fronte a questo tipo di normativa? Quello che abbiamo verificato in Veneto. Faccio due esempi velocissimi. Noi prima del 2008 a Verona avevamo il più grosso raggruppamento di associazioni contrarie alle vaccinazioni con delle ramificazioni impressionanti, con contatti politici enormi, tanto è vero che l’Amministrazione leghista di Verona ha dedicato addirittura una piazza alle vittime delle vaccinazioni, tanto per capirci; con la sospensione dell’obbligo vaccinale, noi abbiamo assistito ad una radicale riduzione di attività di questi gruppi, sia del tipo di attività che monitoriamo in rete, sia dell’aggressività che loro dimostravano nei confronti dei nostri operatori. Io nel 2013 sono venuto al convegno della Regione Emilia-Romagna a Ferrara sulle vaccinazioni, sono rimasto molto colpito perché un operatore, di cui non ricordo il nome, con grande sofferenza raccontava che il livello di sforzo che gli operatori di sanità pubblica della regione Emilia-Romagna devono avere per fronteggiare i genitori che non vogliono vaccinare i bambini: esperienza che io avevo verificato a Verona, era – penso che sia ancora e sarà molto di più se passa questa norma – così pesante da rendere necessario il fatto di turnare i colleghi che gestivano questo tipo di struttura. Infatti il risultato più importante, come abbiamo verificato in Veneto con la sospensione dell’obbligo, è stato il crollo della conflittualità nei confronti del servizio sanitario regionale, e la tutela di questo patrimonio che è il servizio sanitario regionale deve essere un punto di riferimento importante sia per i tecnici ma soprattutto per i politici. Vi porto un altro esempio che mi ha molto colpito. All’interno della nostra regione noi abbiamo una Usl che ha dei tassi di copertura particolarmente bassi: la Usl di Bassano. Abbiamo fatto più interventi e molte interviste per tentare di capire perché c’era un tasso di copertura più basso in questa Usl, dato che tutti i corsi di formazione, tutti i provvedimenti di formazione che avevamo preparato di riorganizzazione erano uguali in tutta la regione. L’unica spiegazione che ci siamo dati, è che in quella Usl per molti anni aveva lavorato un collega particolarmente rigido nell’interpretazione della legge, con una continua sequela di denunce alla magistratura dei genitori che non vaccinavano e la creazione di nuclei di resistenza particolarmente accaniti. Questo è quello che io temo potrà succedere in zone come Rimini, ad esempio: che un tipo di intervento di carattere coercitivo, almeno nelle intenzioni, troverà una resistenza feroce da parte della magistratura. Io ieri ho aperto il convegno nazionale dei medici del lavoro, facendo una relazione su questo tema: il rapporto tra magistratura e medicina. Sarà ben difficile in un Paese bizzarro come questo che non si trovi Emilia-Romagna un magistrato che dia ragione ai genitori e torto alla Regione, quindi si innescherà il solito meccanismo italiano in cui non si capirà più niente e aumenterà la conflittualità enormemente. L’altro fenomeno che io pavento, che pure io ho visto; io ho avuto un unico episodio di epidemia di morbillo in una scuola, ed era una scuola steineriana; il problema è che questi genitori che sono secondo la mia stima dal 2,5 al 5 per cento della gaussiana generale, non numeri enormi, però si concentrano dove si sentono più tutelati. Quindi se voi vi trovate poi nelle scuole che per sfuggire all’obbligo che voi imponete, si concentrano, lì sì succede l’ira di Dio perché lì parte effettivamente un focolaio. Io mi permetto da vecchio igienista di suggerire una proposta: se voi siete convinti di fare questa cosa qua, fatelo con un impianto sperimentale del tipo anglosassone: voi introducetelo se siete convinti – io penso che sia uno sbaglio, ma se volete introdurlo, introducetelo – montando un sistema di misura molto attento di quello che succede. Dopo un anno verificate cosa succede: se funziona, siamo contenti tutti e lo proporremo alle altre Regioni. Se non funziona, avrete fatto un grande servigio al Servizio sanitario nazionale, perché usando un metodo popperiano, riconoscerete di aver tentato di affrontare il problema con un metodo che non funziona e che quindi non va ripetuto.

     

    FRANCIA – DIRETTORE SANITÀ PUBBLICA AUSL BOLOGNA

    Io non voglio affrontare la questione dei diritti costituzionali, anche perché potremmo parlare per delle giornate, se è più importante il diritto alla salute o il diritto all’istruzione. Tra l’altro basta vedere quello che succede oggi nel dibattito sulla riforma costituzionale, abbiamo esimi costituzionalisti che dicono che è una riforma ottima, altri che dicono che è una riforma pessima, quindi si entra nel campo della soggettività e io devo dire che come medico, normalmente sto invece nel campo dell’oggettività scientifica e quindi non affronto il problema. Posso dire però – forse è una deformazione professionale – che questa questione forse l’hanno risolta i cittadini del mondo che quando si incontrano si salutano, vale a dire chiedono come stai e quindi forse pongono al primo posto la tutela della salute rispetto ad altre cose. Su una questione che è stata toccata prima, vorrei fare una riflessione: si dice che probabilmente questa è una normativa anticostituzionale; io mi chiedo se è costituzionale non rispettare una legge dello Stato. Di fatto, qui si va a reiterare una legge dello Stato: probabilmente non è costituzionale nemmeno non rispettare una legge dello Stato. Ma al di là di tutto, perché si parla di vaccinazioni in ambito scolastico? Perché chi si occupa della materia, sa benissimo che esistono due grandi ambienti a rischio di trasmissione delle malattie infettive: gli ospedali per la questione che penso sia facilmente intuibile da parte di tutti, e le comunità scolastiche in particolare laddove ci sono dei bambini molto piccoli, i quali ovviamente si scambiano le posate, i piatti, si baciano, si mordono e quindi creano le precondizioni perché ci sia il passaggio eventualmente di microrganismi dall’uno all’altro. Quindi secondo me il nocciolo della questione è essenzialmente un nocciolo di responsabilità sociale: i genitori dei bambini che vengono portati al nido, devono sapere che nel nido esistono bambini che non si possono vaccinare, perché hanno determinate patologie, che non rispondono alla vaccinazione perché ci sono bambini regolarmente vaccinati ma che non raggiungono un livello anticorpale tale per poter essere protetti nei confronti della malattia. Quindi questa legge permette a questi bambini di godere di un diritto, che è il diritto all’istruzione che se no avrebbero grosse difficoltà a poterne godere. Inoltre, afferma un principio che se noi possiamo evitare delle malattie, e quindi risparmiare risorse, le possiamo investire da altre parti. Io faccio solo un esempio: noi oggi nei confronti dell’epatite C stiamo spendendo mi sembra 50 mila euro per ogni cura, perché è un’epatite che non ha un vaccino. Per fortuna c’è stato qualcuno che ha deciso di rendere obbligatoria la vaccinazione nei confronti dell’epatite B, perché se dovessimo gestire contemporaneamente l’emergenza epatite C e l’epatite B, probabilmente salterebbe il bando della sanità pubblica e quindi dovremmo ripensare al nostro sistema che è un sistema di tipo solidaristico e universalistico, dove tutti siamo chiamati a fare la nostra parte. Devo dire che quando siamo chiamati a fare la nostra parte, siamo chiamati a farlo anche con misure di tipo cogente, non con misure solamente di tipo esortativo. Da un punto di vista esortativo, potremmo ripensare alla legge sul casco: in fin dei conti uno dice se sbatto la testa, la testa è la mia. Sì, però le conseguenze vanno sempre a pesare sul sistema solidaristico universalistico. Oppure anche la legge sul fumo: è vero che se fumo, posso danneggiare un altro, ma anche se non mi vaccino posso danneggiare un altro, perché viene meno quella funzione di protezione di gruppo che permette a chi purtroppo non si può vaccinare, di poter evitare di ammalarsi. Concludo con tre considerazioni. La prima. Ho sentito dire vacciniamo in assenza di situazioni di epidemia. Questa è proprio la classica mentalità italiana: interveniamo dopo il terremoto, dopo il terremoto pensiamo a fare le case antisismiche. Aspettiamo l’epidemia per poter poi vaccinare le persone in una situazione di emergenza, pressati dalla contingenza. Francamente mi sembra una modalità di affrontare i problemi solita italiana, di tipo reattiva e mai proattiva che poi viene sconfitta dai fatti. Poi, sul fatto che qui non ci sono delle patologie, francamente è una cosa risibile. Nel 2016, in cui questi bambini saranno cittadini del mondo, in sei ore prendono l’aereo e vanno in un posto dove queste malattie ci sono e non saranno protetti? Se non ci andranno, ci saranno altri cittadini che da quelle parti del mondo prenderanno un aereo, verranno qua e potranno essere loro che sono la fonte del contagio. In questa maniera, noi continuiamo a ragionare come i miei nonni che da andare da Imola a Bologna per loro rappresentava un viaggio internazionale? È questa la società di riferimento? Francamente non riesco a capirlo. Concludo con l’esperienza del Veneto, che io apprezzo perché si è aperta una strada nuova, però sempre per la logica che affrontiamo i problemi da un punto di vista scientifico, i livelli di copertura del Veneto non sono particolarmente brillanti, sono addirittura inferiori a quelli della regione Emilia-Romagna. Quindi certamente dobbiamo distinguere tra i ragionamenti che sono teoricamente corretti, da quelli che poi sono i dati oggettivi con i quali noi ci scontriamo quotidianamente.

     

    SIGNORELLI – PRESIDENTE SOCIETÀ ITALIANA DI IGIENE UNIVERSITÀ DI PARMA

    Io oltre ad essere professore di igiene a Parma, sono presidente della «Società italiana di igiene», che rappresenta un po’ oltre che i docenti, anche gli operatori di sanità pubblica impegnati nei servizi. La nostra società e la nostra unità scientifica come concetto generale da molti anni si è schierata a favore di un progressivo superamento dell’obbligo vaccinale, perché quando si è cominciato a parlare di questi, non c’erano le contingenze di oggi. Questo superamento dell’obbligo vaccinale che ha visto l’esperimento veneto, si è però arrestato anche perché abbiamo purtroppo riscontrato un inaspettato calo di copertura per tutte le vaccinazioni obbligatorie e non obbligatorie consigliate. Naturalmente questo è legato a fattori esterni, legato a sentenze, legato a studi pubblicati come quello sull’autismo che poi si sono dimostrati falsi e addirittura con ritrattazione, però tutti elementi che hanno avuto un impatto sulla popolazione tale per cui ci sono stati diminuzioni di queste coperture. Questa diminuzione della copertura ha portato anche un documento, che ormai è quasi definitivo e che dovrà essere attuato, che è il nuovo piano sanitario, Piano nazionale di prevenzione vaccinale che prevede in un paio di passaggi che le Regioni proprio in questi casi – quindi si citano proprio le istituzioni scolastiche – possano intervenire richiedendo le certificazioni all’ingresso. Quindi mi pare questa legge, al di là della nostra posizione, posizione di concetto, sia congruente con il piano che di fatto è stato approvato, non è ancora stato pubblicato ma di fatto è il nostro piano. Addirittura, e lo cito in maniera informale per far capire: fra i nostri operatori abbiamo fatto un sondaggio, ripeto, la società scientifica che ha sempre visto il superamento dell’obbligo come traguardo finale, un sondaggio fatto quando in questa legge si è discusso, ha mostrato che il 75 per cento dei nostri soci, quindi gli operatori, vede con favore questa norma e un altro 15 per cento la vede favorevolmente con qualche riserva. Questo a dimostrazione che c’è una percezione negli operatori e che per la contingenza probabilmente un provvedimento del genere può avere un senso anche per due motivi. Noi abbiamo dei rifiuti motivati ideologici, ma abbiamo anche dei rifiuti, o meglio, delle non vaccinazioni per pigrizia perché sappiamo che il successo della campagna vaccinale non dipende solo dal vaccino disponibile ma dipende dall’organizzazione, dagli orari di apertura, dalla comodità dei servizi e noi riteniamo che su queste non adesioni per pigrizia, una legge di questo genere potrebbe essere utile. In seconda battuta, poiché riteniamo che in questo momento ci sono degli allarmi maggiori di quelli sulle malattie con vaccini obbligatori, che sono sostanzialmente la rosolia e il morbillo: vaccino formalmente non obbligatorio, ma noi guardiamo già oltre, per noi c’è il piano, non ci sono i vaccini obbligatori o quelli consigliati, riteniamo che un provvedimento del genere possa anche avere un effetto trascinamento, perché dà un segnale che un’istituzione che pone, come per altri settori della sanità pubblica, lo strumento vaccinale come un elemento essenziale per il benessere e per la salute della popolazione.

     

    BRIENZA – ASSESSORE POLITICHE EDUCATIVE COMUNE DI IMOLA

    Sono Assessore alle politiche educative del Comune di Imola, che ha un sistema di servizi educativi relativi allo 0-3 formato da sei nidi comunali, otto privati convenzionati e nove piccoli gruppi educativi convenzionati anch’essi, e questo ci rende quindi molto sensibili e attenti verso questa proposta di legge. Questa legge è per noi fondamentale, perché è vissuta come strumento che va a potenziare un sistema che nel territorio, come quello che io governo a Imola, ha visto quest’anno il 15 per cento di aumento della domanda, rompendo finalmente un trend di calo che ha caratterizzato gli ultimi anni. Esprimo quindi un apprezzamento di carattere generale per questa legge concepita in modo aperto, con proposte di soluzioni intelligenti, concrete che corrispondono appieno alle esigenze della moderna società che bisogna governare. In particolare, apprezziamo la possibilità di poter pensare all’opportunità di creare servizi sperimentali a livello locale, in quanto questo consente agli enti locali di potere realizzare servizi il più vicino possibile alle esigenze del proprio territorio con l’idea ben chiara di che cos’è un servizio educativo rispetto ad un servizio di aiuto o assistenza saltuaria o non convenzionale. L’accreditamento è uno step fondamentale che non va reso certamente rigido e impraticabile, ma che comunque debba contenere quei criteri fondamentali che garantiscono servizi di qualità a garanzia del livello, che nei nostri territori è una tradizione che viene da lontano. Riteniamo importante l’idea di definire e omogeneizzare quelle che sono le tariffe alle quali le famiglie devono fare fronte, incoraggiando la strutturazione di sistemi che differenzino sempre più le tariffe stesse in base al reddito delle famiglie, secondo principi di equità. Questo l’abbiamo sperimentato quest’anno nel nostro territorio e riteniamo che sia una delle cose che abbia incentivato le famiglie, soprattutto di fasce di reddito più basse, ad iscrivere i loro figli al nido. Fondamentalmente il coordinamento pedagogico che dovrà essere in primo piano, e che bisognerà far funzionare al meglio, è bene che ci sia e vada potenziato. Ed è bene anche che sia in capo al capoluogo, ma con la sensibilità di far sì che si crei un sistema di grande coinvolgimento reale e fattivo con i territori limitrofi e più periferici. Ultimo punto, le vaccinazioni. Ottimo il fatto di aver stabilito come criterio di accesso ai servizi educativi, di aver assolto da parte del minore gli obblighi vaccinali a tutela della salute di tutti. La legittima libertà di scelta terapeutica non deve mai ledere il diritto alla salute di tutti, e quindi di chi vive in comunità. Per noi questo è imprescindibile. Vedo questa proposta lungimirante, in quanto anche se è vero che non è presente attualmente un’emergenza sanitaria, è vero anche che sono presenti segnali di cambiamento e piccole incrinature che stanno ledendo un sistema protettivo, che non possiamo permetterci di vanificare. Chi governa, ha una grande responsabilità riguardo alla tutela della salute di tutti e per questo ritengo che questa legge possa prevenire i fenomeni negativi per evitare di dover poi intervenire malamente nell’emergenza come purtroppo molte volte accade.

     

    BURIONI – MEDICO UNIVERSITÀ S. RAFFAELE

    Io sono un medico, insegno virologia e microbiologia all’Università San Raffaele e sono anche padre di una bambina. Io ho sentito con grande piacere le parole della consigliera Sensoli che ha detto che nessuno mette in dubbio la validità, la sicurezza e l’efficacia delle vaccinazioni perché sono felice che un partito nuovo, importante che ha come parola d’ordine l’onestà, si allontani dalle bugie: dire che i vaccini sono pericolosi e che non sono efficaci, è una bugia; dire che i vaccini causano autismo, è una bugia; dire che i vaccini causano epilessia o altri disturbi al sistema nervoso centrale, è una bugia. Anzi, è una pericolosa bugia perché è come dire che la benzina non è infiammabile e che quindi un bambino ci può giocare. Io sono convinto che si debba distinguere quello che è vero da quello che è falso. Io oggi sono a Bologna, non sono da un’altra parte, basta. La scienza ci dice con assoluta certezza, quella scienza che fa funzionare questo microfono, lo streaming che in questo momento va in rete, quella stessa scienza ci dice che queste sono bugie; ci dice che i vaccini sono sicuri e sono efficaci. La scienza non è sacra, può essere messa in discussione, ma può essere messa in discussione con i dati, non con l’esperienza personale di un medico di provincia, secondo cui i bambini non vaccinati si ammalano meno, quando una ricerca dell’Università di Princeton ci dice che la mortalità nei bambini vaccinati per infezioni comuni è molto più alta. Questo non è tollerabile. I vaccini sono sicuri e i vaccini sono fondamentali per difenderci da malattie. Malattie che non ci sono, proprio perché ci vacciniamo, per cui dire non ci maciniamo perché la malattia non c’è, è come una persona che sta guidando prudentemente e non ha un incidente perché guida prudentemente, comincia a guidare come un matto perché tanto non farà incidenti. Questa è una sciocchezza ed è evidente. Le malattie non ci sono, ma i germi ci sono. La professoressa vi ha detto che qui nella vostra regione, proprio qua c’è il batterio che causa la difterite, e se il batterio da quella ferita di quel paziente: batterio resistentissimo, arriva nella gola di un bambino non vaccinato e magari dalla gola di quel bambino vaccinato va nella gola di mia figlia che si è vaccinata, ma potrebbe essere in quella piccola percentuale che non risponde, come la mettiamo poi? La morte per difterite è terribile, non pensate che questo non accada. In Belgio pochi mesi fa un bambino è morto, l’anno scorso ne è morto uno in Spagna. Parliamo di Paesi come il nostro. Per cui, noi non abbiamo le malattie perché ci vacciniamo e non è quindi che perché le malattie non ci sono, possiamo non vaccinarci. Curioso anche quando sento dire che i vaccini obbligatori sono quattro, mentre se ne fanno sei. Come io vado in una concessionaria, ho comprato un’automobile con quattro airbag, me ne danno due di più: non li voglio. Quei due vaccini che non sono obbligatori, sono importantissimi: di pertosse è morto un bambino un mese fa a San Diego in California, di haemophilus B l’altro vaccino non obbligatorio, ogni anno negli Stati Uniti morivano mille bambini e ora zero. Ma parliamo un attimo proprio di quella legge che tanto spesso viene citata, la legge del 1992 che prevede il rimborso per le vaccinazioni obbligatorie: legge giustissima, perché quella volta si usava contro la poliomelite un vaccino efficacissimo, ma non tanto sicuro quanto quello che usiamo adesso. Era un vaccino che in un caso su cinquecentomila causava una paralisi. Il motivo per cui noi non possiamo più quel vaccino e ne usiamo uno immensamente più sicuro, è perché grazie a quella campagna di vaccinazione dal 1980 non abbiamo più casi di polio, e non abbiamo neanche più i casi di paralisi derivati da quel vaccino che possiamo permetterci di non usare. Ma cosa succede se smettiamo di vaccinare? Anzi, cosa potrebbe già succedere? Perché in alcune zone di questa regione e d’Italia siamo ben sotto le coperture che ostacolano la diffusione del virus della poliomelite. Proprio in questi giorni in Nigeria sono stati registrati tre casi di poliomelite, e siccome i casi sintomatici sono uno su cento, e siccome le persone diffondono questo virus per mesi, questo significa che se un signore che ha la poliomelite viene dalla Nigeria in una zona dove non c’è una copertura sufficiente, può partire un’epidemia di poliomelite. Prima di tutto conteremmo sicuramente i morti e i paralizzati a decine, in secondo luogo dovremmo ricominciare ad usare quel vecchio vaccino e vedremmo ogni anno uno o due bambini paralizzati e non avremmo più scelta. Dalla Nigeria nel 2015 sono arrivate più di ventiduemila persone nel nostro Paese e di questo non c’è un pericolo? Certo che c’è un pericolo. Gli ultimi casi di poliomelite in Europa sono stati nel 1992, in una comunità olandese che rifiutava le vaccinazioni: proprio a dimostrare che per mantenere una nazione libera da una malattia, dobbiamo continuare a vaccinarci. Io ho sentito l’intervento della signora Celli e devo dire che c’è un punto, nonostante ci dividano convinzioni fondamentali, sul quale sono completamente d’accordo: l’informazione. Nel momento in cui una Regione, a mio giudizio giustamente, decide di rendere obbligatoria una vaccinazione, è indispensabile che si assuma la responsabilità di fornire ai genitori una informazione esaustiva e corretta, anche per non lasciare spazio alle informazioni alternative e menzognere. Io ritengo che sia dovere di un’istituzione che giustamente rende obbligatorio un vaccino, spiegare ad ogni genitore che i vaccini non sovraccaricano il sistema immunitario dei figli, che i vaccini non sono pericolosi, che i vaccini sono utili: questo è un dovere. E se il genitore non capisce, la responsabilità – come dico sempre – è di chi spiega. Soprattutto sarebbe anche opportuno essere vicini a quei genitori che hanno un bambino che sta male, che pensano magari – perché gliel’ha detto qualcuno – che è stato un guaio causato da un vaccino: questi genitori ai quali va il mio affetto di medico e di padre, gli auguri di pronta guarigione, dovrebbero trovare più vicinanza. Quindi secondo me nel momento in cui si renda obbligatoria una obbligazione, giustamente come è obbligatorio il casco, come è obbligatorio rispettare i limiti di velocità, c’è anche però accanto a questo una responsabilità: quella di spiegare. Ma una volta spiegato, non mi si invochi la libertà di scelta. Io non posso pretendere che qualcuno mi chieda la libertà di scelta di guidare ai 150 all’interno di una città, perché nei marciapiedi ci potremmo essere io e mia figlia che potremmo essere investiti. Nessuno può pretendere di giocare con i cerini in una raffineria, perché io potrei passare lì vicino e potrebbe esserci un’esplosione. Allo stesso modo, nessuno può invocare come libertà di scelta un atto sconsiderato e pericoloso per i propri figli, e per tutta la comunità, come quella di non vaccinare. Per cui, io ritengo che l’obbligatorietà sia giusta, ritengo che sia un segnale importantissimo, un passo nella giusta direzione, il primo segno di una meritoria campagna contro l’oscurantismo, le bugie delle persone che da questa situazione traggono un abominevole profitto, e io penso che debba andare orgogliosa una Regione che nella cura dei bambini è sempre stata presa ad esempio non solo in Italia ma in tutto il mondo. E chi dice che non c’è bisogno, perché non ci sono le epidemie, ricordate che è come quello che guida ubriaco e dice non mi è mai successo niente. Poi quando succede, è tardi per pensarci. Io ritengo che quello che fa questa Regione sia molto giusto, sia meritorio e personalmente lo apprezzo moltissimo da padre, da cittadino e da medico.

     

    PIGNATTI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE «IOVACCINO»

    Anzitutto un sentito ringraziamento per avermi consentito oggi di dibattere un tema che mi sta molto a cuore. Io sono presidente dell’associazione «Iovaccino» e membro di «TeamvaxItalia», che è una rete di genitori, operatori sanitari, blogger e giornalisti impegnati nella diffusione della corretta informazione scientifica e nel contrasto alla disinformazione in ambito vaccinale. Ad ottobre 2015 ho indetto una petizione, che chiedeva l’introduzione della norma di cui discutiamo oggi, che ha raccolto 35 mila firme. La rete di cui faccio parte, è impegnata da diversi mesi a favore della promozione dei programmi vaccinali, i quali sono innegabilmente la più efficace forma di tutela della salute attraverso la prevenzione ad oggi disponibile. Sono qui oggi principalmente per ringraziarvi e per farvi ascoltare la voce di tutti quei genitori favorevoli a questo provvedimento, che in questi mesi si sono prodigati a favore dei programmi vaccinali promuovendo i principi contenuti all’interno della “Carta italiana per la promozione delle vaccinazioni”, carta a cui la Regione Emilia-Romagna ha aderito. Ogni giorno infatti, sia on line che nella vita reale, migliaia di genitori sostengono le nostre attività e si impegnano a proteggere la salute dei propri bambini, non che quella di tutti coloro che non possono vaccinarsi. Questi genitori tuttavia ogni giorno si trovano a fronteggiare detrattori della pratica vaccinale, persone che vi racconteranno che i vaccini non sono uno strumento efficace o che vi sono dei rischi troppo alti o che non esista un sistema di controllo delle reazioni avverse, o che l’immunità di gregge non esiste. Persone che certamente ignorano le evidenze scientifiche, l’epidemiologia delle malattie infettive e i risultati manifesti di una tecnologia preventiva, sicura ed efficace. Persone che aggravano la loro credibilità non portando alcun dato a sostegno delle proprie tesi. Quel che è peggio, è che i genitori che sostengono le vaccinazioni si trovano di fronte ad altri genitori a cui è stata inculcata un’idea di libertà ideologica e traviata, in cui la libertà dell’individuo può assurgere verso un assoluto individualistico e divenire lesiva della salute dell’altro. Sappiamo bene quale sia la reazione degli italiani davanti all’imposizione di un obbligo, non c’è bisogno che vi ricordi come sono state accolte le leggi sull’obbligo delle cinture di sicurezza, del casco o la proibizione di fumare nei locali pubblici: gli italiani a quanto pare amano rilevare vette della democrazia portandole all’esaltazione della più illogica irresponsabilità sociale, salvo poi raccogliere i benefici di tali provvedimenti. Oggi voi vi trovate in una posizione scomoda, perché dovete ricordare agli emiliano-romagnoli cosa significhi vivere in una comunità. Una comunità che va tutelata, una comunità che decide di tutelarsi affidandosi alla scienza e non alle fantasie di sparuti personaggi, che fanno sicuramente molto rumore, ma che sono molto meno numerosi di coloro che credono fermamente che la civiltà e la politica debbano tutelare la salute di tutti, soprattutto dei più deboli. Sono qui oggi per portare alla Regione il ringraziamento dei genitori per l’impegno profuso. Grazie a nome di tutti coloro che vi sostengono e che nei giorni scorsi vi hanno fatto pervenire il loro appoggio, mandandovi centinaia di messaggi sui vostri profili social. E soprattutto grazie da parte di quei bambini che non possono vaccinarsi e che contano sull’immunità di gregge e sulla responsabilità sociale degli altri, per poter vivere in maniera normale e dignitosa. Vi preghiamo quindi di continuare il vostro lavoro a favore della prevenzione e di non attendere che ritornino malattie ormai dimenticate, o che vi siano epidemie e morti evitabili prima di agire su questo fronte. Auspichiamo a questo proposito che presto si prosegua verso il superamento della distinzione fra i vaccini raccomandati e obbligatori, e che l’attenzione del legislatore ricada su tutte le vaccinazioni dell’infanzia che vengono riconosciute come LEA (Livelli essenziali di assistenza) dal nostro Stato italiano. Genitori italiani piangono purtroppo oggi ancora per i loro figli persi per morbillo o pertosse o meningiti evitabili; mentre l’OMS vuole eliminare il morbillo dalla faccia della Terra, nella nostra regione le coperture sono così basse da essere funeste premonitrici di epidemie future. Per favore, non fermatevi. Con il vostro lavoro siate un esempio per l’Italia intera. Noi siamo con voi, la stragrande maggioranza dei genitori è con voi, potete contare sul nostro sostegno che – vi assicuriamo – è forte e saldo. Grazie a tutti e buon lavoro.

     

    PARUOLO – PRESIDENTE

    Lasciatemi dire una parola brevissima in conclusione di questa udienza conoscitiva, intanto per ringraziare tutti gli intervenuti per il contributo che hanno portato e che credo sia stato davvero significativo e utile per i Consiglieri regionali, che saranno impegnati nell’iter di discussione e di approvazione di questa legge. Credo anche che il tema sia un tema importante dal punto di vista specifico, anche la legge generale sui temi educativi che sono contenuti in essa, ma anche la specificità dell’obbligo vaccinale. È un tema importante per la sua valenza specifica: abbiamo sentito diversi contributi importanti che non voglio qui richiamare, ma è un tema anche che ci parla di diversi aspetti che nella società moderna raggiungono spesso dei livelli di criticità. Uno è quello della coesione e dell’univocità dei pareri di tipo scientifico, che peraltro però – almeno per quello che posso giudicare in questa udienza – hanno dato in larghissima parte un’indicazione univoca. Non sempre accade, in alcune questioni c’è il problema di sentire persone che comunque sono accreditate nell’ambito scientifico che danno pareri diversi, il che a volte lascia qualche elemento di incertezza in più. C’è il tema di contemperare diritti individuali, o il punto di vista individuale, con un punto di vista collettivo che è un tema assolutamente significativo. In questo caso, non c’è una soluzione indolore che possa far contenti tutti in modo indistinto: sia coloro che reclamano il diritto di decidere in modo totalmente autonomo, e però se vogliamo tenere presente anche il punto di vista collettivo, dare una risposta dal punto di vista collettivo. C’è un tema di cultura, perché viviamo sempre di più in una società in cui la sovrabbondanza di elementi informativi, però, non corrisponde in modo immediato alla capacità di avere una coscienza diffusa che vada tutta nella stessa direzione. A volte assistiamo – non voglio entrare nel giudizio specifico in questo caso – però è oggettivo che a volte si vedono allarmi sociali su questioni sostanzialmente inesistenti o comunque non significative e magari poi si tace, o c’è un maggior silenzio invece su problematiche che hanno un impatto maggiore. Infine c’è un ruolo della politica, che non può pensare di tralasciare la capacità di trovare una voce per arrivare ad un provvedimento e non può pensare di delegare alla magistratura, in una assenza di chiarezza legislativa, le decisioni su questioni così importanti. Noi siamo la Regione Emilia-Romagna, quindi non siamo il Parlamento nazionale, però siamo in un quadro legislativo chiaro, che certamente meriterebbe di vedere un’evoluzione: diversi l’hanno richiamato. Sappiamo che sulle vaccinazioni c’è stata una sequenza storica, per cui all’inizio non sono state qualificate come obbligatorie, poi in un certo altro periodo storico è stato detto e raccomandato, ma in realtà probabilmente si trattava di un’indicazione non di inferiore livello di necessità dal punto di vista clinico, ma semplicemente in un mondo in cui tutti vaccinavano, bastava dire fate anche questa perché la cosa avvenisse. Oggi la cosa è cambiata, quindi c’è un impegno sicuramente anche del Parlamento di affrontare la materia, però ci sono impegni relativi alla Regione Emilia-Romagna che ha dei doveri per quel che riguarda per esempio le decisioni relative ai bambini che frequentano i nidi d’infanzia, e quindi su questo saremo tutti chiamati a discutere e a decidere nelle prossime settimane. Lo potremo fare in modo più informato e avendo avuto la possibilità di ascoltare i vostri contributi, di cui ancora vi ringrazio e chiudo la seduta. La seduta è chiusa.

     

    La seduta termina alle ore 12.45.

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