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Legislatura X - Commissione III - Resoconto del 04/05/2017 antimeridiano

    Resoconto integrale n. 17

    Seduta del 4 maggio 2017

     

    Il giorno 4 maggio 2017 alle ore 10,00 è convocata, con nota prot. n. AL.2017.20350 del 27/04/2017, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione Territorio, Ambiente, Mobilità.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    RONTINI Manuela

    Presidente

    Partito Democratico

    5

    presente

    BARGI Stefano

    Vicepresidente

    Lega Nord

    2

    presente

    IOTTI Massimo

    Vicepresidente

    Partito Democratico

    4

    presente

    ALLEVA Piergiovanni

    Componente

    L’altra Emilia Romagna

    1

    assente

    BAGNARI Mirco

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    BIGNAMI Galeazzo

    Componente

    Forza Italia

    2

    assente

    CAMPEDELLI Enrico

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    FABBRI Alan

    Componente

    Lega Nord

    1

    presente

    FOTI Tommaso

    Componente

    Fratelli d’Italia AN

    1

    assente

    LIVERANI Andrea

    Componente

    Lega Nord

    1

    presente

    LORI Barbara

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico

    5

    assente

    PETTAZZONI Marco

    Componente

    Lega Nord

    2

    presente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    3

    assente

    POLI Roberto

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Componente

    Lega Nord

    1

    presente

    PRODI Silvia

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    presente

    PRUCCOLI Giorgio

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    RAINIERI Fabio

    Componente

    Lega Nord

    1

    assente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Nord

    1

    assente

    RAVAIOLI Valentina

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    ROSSI Nadia

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    SABATTINI Luca

    Componente

    Partito Democratico

    2

    presente

    SASSI Gian Luca

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    2

    presente

    TARASCONI Katia

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

    TARUFFI Igor

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    TORRI Yuri

    Componente

    Sinistra Italiana

    1

    presente

    ZAPPATERRA Marcella

    Componente

    Partito Democratico

    1

    presente

     

    Sono presenti i consiglieri: Paolo CALVANO in sostituzione di Lia MONTALTI

     

     

    Sono altresì presenti i consiglieri Giuseppe BOSCHINI (PD), Stefano CALIANDRO (PD), Giulia GIBERTONI (M5S), Luciana SERRI (PD) e l’assessore Assessore ai trasporti, reti infrastrutture materiali e immateriali, programmazione territoriale e agenda digitale, Raffaele DONINI.

     

     

    Presiede la seduta: Manuela RONTINI

    Assiste la segretaria: Samuela Fiorini

    Funzionario estensore: Vanessa Francescon


     

    UDIENZA CONOSCITIVA

     

    Sugli oggetti:

     

    Esame abbinato degli oggetti 4223, 101 e 158:

    4223 - Progetto di legge d'iniziativa Giunta recante: "Disciplina regionale sulla tutela e l'uso del territorio". (Delibera di Giunta n. 218 del 27 02 2017)

    Testo base

     

    101 - Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Modifica della L.R. 20 del 2000, Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio". (26 01 15)

    A firma del Consigliere: Bignami

     

    158 - Progetto di legge d'iniziativa Consiglieri recante: "Modifica di norme delle leggi regionali 9 dicembre 2002, n. 34, e 24 marzo 2000, n. 20". (09 02 15)

    A firma del Consigliere: Foti

    (Relatore consigliere Giorgio Pruccoli – Relatore di minoranza consigliere Massimiliano Pompignoli)

     

    E sull’oggetto

     

    4224 - Progetto di legge d'iniziativa Giunta recante: "Modifiche alle Leggi regionali 30 luglio 2013, n. 15, ad oggetto: 'Semplificazione della disciplina edilizia' e 21 ottobre 2004, n. 23, ad oggetto: 'Vigilanza e controllo dell'attività edilizia ed applicazione della normativa statale di cui all'articolo 32 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modifiche della Legge 24 novembre 2003, n. 326'". (Delibera di Giunta n. 221 27 02 2017)

    (Relatore consigliere Giorgio Pruccoli – Relatore di minoranza consigliere Massimiliano Pompignoli)

     

    Partecipano:

     

    Mario Agnoli

    Direttore Generale

    Confindustria Emilia-Romagna

    Lucio Angelini

    Responsabile Edilizia

    Unione Romagna Faentina

    Daniele Babalini

    Responsabile Urbanistica

    Unione Romagna Faentina

    Massimo Bastelli

    Delegato

    Federazione regionale periti industriali

    Rossana Benevelli

    Architetto

    Ass. Eddyburg – Architetti indipendenti

    Mario Bernardi

    Segretario

    A.B.I.

    Andrea Bertoni

    Geometra

    Collegio geometri Modena

    Stefano Betti

    Presidente

    ANCE Emilia-Romagna

    Stefano Bollettinari

    Direttore

    Confesercenti Emilia-Romagna

    Luca Bracci

    Presidente

    Federabitazione Emilia-Romagna

    Carlo Bruzzi

    Sindaco

    Comune di Castelnuovo Rangone (MO)

    Alessandra Carini

    Ingegnere

    Oikos Ricerche

    Piero Cavalcoli

    Architetto

    Ex – RER  

    Sandro Ceccoli

    Presidente

    Ente Parchi Emilia Orientale

    Roberto Centazzo

    Resp. Politiche territoriali

    CNA Emilia-Romagna

    Monica Cesari

    Arch. Direttore Servizi per l’Edilizia

    Comune di Bologna

    Alberto Conti

    Ingegnere

    WWF Italia

    Stefano Curli

    Ingegnere

    Coord. Comm. Terr. e Urbanistica Feder. Reg. Ingegneri Emilia-Romagna

    Lara Dal Pozzo

    Resp. Uff. VIA

    Comune di Bologna

    Paolo Dallasta

    Urbanista

    Consigliere comunale Comune di Guastalla

    Elisa Damiani

    Resp. Igiene edilizia urbanistica Bologna città

    AUSL Bologna

    Simona Della Casa

    Avvocato

    Studio legale

    Irene Evangelisti

    Resp. SUE

    Comune di Molinella

    Fabrizio Fantini

    Geometra

    Collegio di Bologna

    Roberto Farina

    Direttore

    Oikos Ricerche

    Davide Ferraresi

     

     

    Valerio Fioravanti

    Direttore

    Ente Parchi Emilia Centrale

    Fabrizia Forni

    Coordinatore

    Tavolo Regionale Imprenditoria

    Marina Foschi

    Architetto - vice presidente

    Italia Nostra Emilia-Romagna

    Lorenzo Frattini

    Presidente

    Legambiente Emilia-Romagna

    Mattia Galli

    Ingegnere e consigliere provinciale

    Ordine Ingegneri provincia di Ravenna

    Alessandro Ghetti

    Resp. Ufficio legislativo

    Coldiretti Emilia-Romagna

    Marco Giubilini

    Coordinatore Governo Territorio

    ANCI Emilia-Romagna

    Salvatore Giordano

    Delegato ambiente FAI Bologna

    Fondo Ambiente Italiano

    Gilberto Leardini

    Perito industriale edile

    Federazione regionale Periti industriali

    Mauro Malandri

    Funzionario

    Confcommercio Emilia-Romagna

    Paolo Marcelli

    Architetto

    Coordinatore Federazione Regionale Emilia-Romagna architetti

    Luigia Massimo

    Coordinatore regionale

    UECOOP Emilia-Romagna

    Ugo Mazza

     

    Fondazione ClimAbita

    Francesca Montalti

    Dottoressa

    Legacoop Produzione e Servizi

     

     

     

    Giulia Olivieri

    Presidente

    Legambiente Imolamedicina

    Claudio Paltrinieri

    Ingegnere urbanista

     

    Stefano Pantaleoni

    Architetto

    Ordine Architetti Bologna

    Rita Pareschi

    Responsabile ambiente territorio

    Legacoop Emilia-Romagna

    Piero Peri

    Responsabile di settore

    C.I.A. Emilia-Romagna

    Maurizio Pirazzoli

    Dottore agronomo

    Federazione Dottori agronomi e Dottori forestali

    Giuseppe Poli

    Responsabile di settore

    Federconsumatori Emilia-Romagna

    Ebe Chiara Princigalli

    Funzionario archeologo

    Segretariato regionale del Ministero Beni attività culturali e turismo per l’E-R

    Francesco Raimo

    Settore Ambiente ed Energia

    Comune di Bologna

    Ezio Righi

    Architetto

    Resp. Urb. ER. Italia Nostra

    Mara Roncuzzi

    Responsabile pianificazione strategica

    Comune di Ravenna

    Massimo Rossi

    Direttore

    Ente gestione parchi Emilia orientale

    Roberto Rossi

    Delegato

    Confesercenti Ferrara

    Simone Ruini

    Architetto

    Architetti indipendenti Reggio Emilia

    Gianluca Rusconi

     

    Confindustria Emilia-Romagna

    Alfedo Sambinello

    Attivista

    Legambiente Imolamedicina

    Mauro Sani

    Urbanista

     

    Roberta Santini

    Dirigente dipartimento sanità pubblica

    AUSL Bologna

    Bruno Sedda

    Vicepresidente

    Quartiere Porto-Saragozza Bologna

    Alberto Talamo

    Presidente

    Comitato Unitario delle Professioni Emilia-Romagna

    Francesco Tutino

    Ing. Settore Ambiente ed Energia

    Comune di Bologna

    Daniele Ugolini

    Coordinatore regionale geometri Emilia-Romagna

    Federazione Geometri Emilia-Romagna

    Sandra Vecchietti

     

    INU- Istituto Nazionale di Urbanistica Emilia-Romagna

    Chiara Venturi

    Funzionario

    Confesercenti provinciale Ravenna

    Claudia Vescovi

    Geometra

    Coordinamento Regionale Geometri

    Paola Vita

    Tecnico

    Comune di Bologna

    Guido Zama

    Direttore Emilia-Romagna

    Confagricoltura Emilia-Romagna

    Oscar Zanasi

     

    CGIL Emilia-Romagna

    Francesco Zanoni

    Responsabile sviluppo economico

    Confcooperative Emilia-Romagna

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

    DEREGISTRAZIONE INTEGRALE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    La presidente RONTINI dichiara aperta la seduta alle ore 10,25.

    Se ci accomodiamo possiamo dare inizio ai lavori di questa udienza conoscitiva. Come avete visto, ci siamo presi qualche minuto in più per consentire a tutti di registrarsi e di compilare anche le richieste di intervento. Sarà comunque possibile aggiungerle anche nel corso del dibattito, tant’è che le richieste mi verranno consegnate dalla segreteria.

    Ne ho già ricevute, ad ora, 23, quindi bisogna essere bravi con i tempi, a partire da noi che siamo seduti da questa parte. Questo è un momento importante di ascolto, per i consiglieri regionali, è l’unico momento in cui siamo in silenzio e ascoltiamo la “società regionale diffusa” - fatemelo dire così: ascolteremo le vostre proposte di miglioramento, i suggerimenti, anche eventualmente alcune critiche.

    Poi i consiglieri ne potranno fare tesoro per migliorare il testo, anzi, i testi, perché come avete visto l’udienza conoscitiva è convocata su entrambi i progetti di legge, quello che tratta la materia urbanistica e quello che tratta la materia edilizia. Al primo sono poi collegati due progetti di legge di iniziativa consiliare, uno a firma del consigliere Bignami, uno a firma del consigliere Foti.

    Però abbiamo valutato di fare un’unica udienza conoscitiva, anche se poi i progetti di legge avranno due iter distinti. Immagino che quello in materia di edilizia sarà più snello, dal momento che si tratta in gran parte, in larga parte di recepimento di cambiamenti alla normativa che ci derivano da norme nazionali, dal decreto Madia, immaginando che appunto le persone presenti oggi avessero qualcosa da dirci su entrambi.

    Saremo tassativi sui tempi, quindi dieci minuti per ciascun intervento, per consentire di ascoltarci tutti. Più tardi vi diremo come ci organizzeremo con la pausa, per capire se arrivano altri interventi, faremo alcune valutazioni anche a seguito dei primi dieci interventi, perché magari se risparmiamo un po’ di tempo, possiamo vedere di andare dritto, oppure, più probabilmente faremo una sospensione.

    Qui affianca e me c’è l’assessore Donini, che ben conoscete, dal momento che a differenza di altre volte, questo va detto e sottolineato, il lavoro, i progetti di legge che la Giunta ci ha consegnato, sono frutto di un lungo lavoro di confronto, discussione nei territori, con tutti gli stakeholder, i professionisti, gli enti locali, le associazioni di impresa, le parti sociali, le associazioni ambientaliste, che va avanti da lunghi mesi.

    Alla sua sinistra c’è il consigliere Giorgio Pruccoli, che è il relatore di maggioranza delle proposte di legge. Ci ha appena raggiunto il consigliere Massimiliano Pompignoli, relatore di minoranza. Chiedo al consigliere Pruccoli di fare anche lui un breve intervento introduttivo, perché la materia è nota ai presenti, però è bene che anche lei, consigliere, ci possa dare qualche sollecitazione. Poi chiederò al consigliere Pompignoli di fare lo stesso.

     

    Consigliere relatore PRUCCOLI. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti anche da parte mia.

    Davvero cercherò di portar via poco tempo, perché come ha detto giustamente la presidente Rontini, questa è l’occasione per noi di andare nella fase di ascolto, quindi da qui partire, come Assemblea legislativa, verso l’iter approvativo della legge.

    La proposta di legge è stata approvata il 28 febbraio dalla Giunta regionale, e comunque aveva già avuto una sua diffusione, una sua partecipazione anche prima di quella data.

    Se siete d’accordo, visto che la diamo per conosciuta e per acquisita, vado a riepilogare per sommi capi, in maniera molto rapida e discorsiva, i punti-cardine di questa proposta di legge, così li ricordiamo, ce li ribadiamo reciprocamente, e poi, evidentemente passiamo alla fase dell’ascolto.

    È una proposta di legge che nasce come legge di riforma completa della legge n. 20, una legge che pur avendo solo ed esclusivamente 17 anni, appare scritta in un’altra era geologica, perché il mondo è profondamente cambiato, in particolare dal 2010-2011 in poi. È una legge che prova a fare la fotografia iniziale, quindi il punto di partenza ci regala una fotografia secondo cui c’è un 10 per cento di utilizzo urbano del suolo, 2.280 chilometri quadrati, un 23 per cento di dispersione urbanistica, e facendo la somma di tutti gli strumenti regolatori nei vari Comuni, quindi, o i piani regolatori, o in maniera più aggiornata, i vari PSC, i POC e i RUE dei Comuni, sono previsti 250 chilometri quadrati di espansione urbanistica.

    L’altro dato di cui non può non tener conto una legge che vada a regolare un tema così delicato come quello immobiliare ed edilizio è quello del crollo del valore immobiliare, un dato statistico per cui gli edifici esistenti dal 2008 al 2015, anche nella nostra Regione, hanno avuto un calo medio del loro valore di circa il 20 per cento.

    Fatta la fotografia, e quindi visto a che punto siamo, la nuova legge prova a darsi degli obiettivi. Tra questi obiettivi c’è in primis la riduzione delle previsioni urbanistiche esistenti al di fuori dei territori urbanizzati. È stato introdotto, magari avremo modo di approfondirlo in mattinata, credo anche nelle conclusioni dell’assessore, il principio del consumo di suolo a saldo zero, questo dal 2050 in poi, così come prevede la normativa europea.

    È prevista la promozione, quindi un cambio deciso di focus di attenzione, cioè evitare le previsioni urbanistiche fuori dal territorio urbanizzato, quindi tutto quello che è l’espansione, e lavorare invece all’interno del consolidato urbano, attraverso la rigenerazione urbana e la riqualificazione degli edifici, la valorizzazione del territorio agricolo, il sostegno a chi vuol fare impresa, questo evidentemente in particolare all’interno del consolidato urbano, rigenerazione urbana e riqualificazioni. Ma tra gli obiettivi c’è quello di favorire la qualità dei progetti, la pianificazione semplice e veloce, affermare il principio di legalità e trasparenza che è il terzo pilastro, quello fortemente voluto dall’assessorato, perché se uno degli elementi forti, uno degli elementi cardine di questa legge diventa l’accordo pubblico-privato, evidentemente bisogna che dall’altra parte si ribadisca in maniera molto salda il principio di legalità e di trasparenza.

    Con la nuova legge si torna ad uno strumento unico, che non è, però, né il vecchio PRG, né tutta la stratificazione che avevamo conosciuto con la legge n. 20. Si torna ad un unico strumento che è il Piano urbanistico generale, che pone come limite per tutte le Amministrazioni comunali il 3 per cento di espansione, fuori dal territorio urbanizzato.

    C’è quindi il calcolo del territorio urbanizzato e poi c’è un 3 per cento a disposizione nel momento in cui ci sarà l’approvazione, quindi lo switch dallo strumento vigente attuale in ogni singolo Comune al nuovo strumento.

    All’interno del 3 per cento sarà possibile pianificare o rendere effettivamente attuabili i nuovi insediamenti produttivi e nuovi interventi residenziali solo se collegati a progetti di rigenerazione urbana o edilizia residenziale sociale. Quindi, non c’è espansione urbanistica per quello che riguarda l’ampliamento dell’offerta edilizia tout-court residenziale.

    Cosa non rientra nel 3 per cento? Non vengono computati nel 3 per cento le opere pubbliche e i parchi urbani, gli ampliamenti degli insediamenti produttivi, ovvero i lotti di completamento adiacenti o in prossimità a quelli esistenti, nuovi insediamenti produttivi di interesse strategico regionale nazionale e i fabbricati in territorio rurale per l’impresa agricola.

    Impostare questo 3 per cento da qui al 2050 significa passare dai 250 chilometri quadrati previsti di espansione negli strumenti attualmente vigenti, che sono “in pancia” dei Comuni a 70 chilometri quadrati, da qui al 2050, in attesa dell’attuazione del saldo 0.

    Tre anni di tempo per i Comuni per l’adeguamento dei propri strumenti urbanistici, quelli attualmente in vigore, rispetto a quelli previsti dalla nuova legge, dalla data di approvazione della legge. Nel frattempo, i Comuni come si potranno muovere? Si potranno muovere attraverso i permessi di costruire convenzionati, quelli che servono ad attuare le previsioni vigenti di PRG o di POC, o anche con degli atti di indirizzo del Consiglio comunale, andando ad attuare eventuali previsioni del PSC, con accordi operativi nell’interesse pubblico. Questo evidentemente è quasi un’anticipazione rispetto ai parametri della nuova legge.

    Questo quindi significa che entro tre più due, che sono i due anni dall’adozione all’approvazione, entro cinque anni si andrà a questo limite di espansione del 3 per cento, fino ad arrivare al 2050, in cui c’è il recepimento della direttiva dell’Unione europea del consumo di suolo a saldo zero.

    Questo per quello che riguarda l’aspetto del contenimento dell’uso del suolo. Poi c’è tutto l’aspetto della rigenerazione urbana, l’adeguamento sismico e l’efficientamento energetico, all’interno del quale con i fondi FSC la Regione ci mette subito circa 30 milioni di euro per far partire progetti di rigenerazione urbana già entro il 2020; un incentivo fiscale, per cui viene abolito il contributo straordinario e viene anche ridotto di almeno il 20 per cento il contributo del costo di costruzione su questi particolari interventi; incentivi volumetrici possibili, che siano legati, però, alla qualità del progetto; procedure semplificate, demolizione e ricostruzione in deroga e, appunto, procedure semplificate anche per l’uso temporaneo nell’interesse pubblico.

    Importantissimo, visto che purtroppo, ahinoi, anche recentemente, abbiamo avuto una piaga come quella del terremoto. Per sbloccare gli interventi di adeguamento sismico c’è un interesse pubblico per far sì che vengano avviati gli adeguamenti sismici sui fabbricati esistenti. Sarà possibile, con il 50 per cento dei proprietari, in assemblea di condominio, imporre interventi per la messa in sicurezza di questi edifici con più proprietà.

    Devo stringere. C’è l’impresa agricola, abbiamo la qualità del progetto. Una cosa importantissima su cui vorrei andare a chiudere è l’aspetto della legalità e della trasparenza. Come dicevamo, uno degli strumenti forti che stavano all’interno della legge n. 20, che vengono presi, rafforzati e riportati all’interno della nuova legge, è quello dell’accordo pubblico-privato (ex articolo 18). Per far questo è necessario assolutamente che appunto ci sia una serie di filtri molto sottili, per quello che riguarda, quindi, le analisi del sangue del privato che interviene, del privato che va a stipulare. C’è quindi un impegno, all’interno della legge, a recepire tutte le disposizioni dell’ANAC in materia di territorio. L’informativa antimafia per la validità degli accordi operativi, quale clausola di nullità del procedimento, evidentemente si conclama successivamente, e il recepimento della normativa sul conflitto degli interessi.

    Ripeto: sappiamo già tutti di cosa stiamo parlando, quindi per noi è importante, questa mattina, raccogliere i pareri. L’assessorato ha già fatto tanto, in termini di percorso di trasparenza e di condivisione sul territorio. Noi come consiglieri iniziamo oggi questo percorso, ma lo vogliamo tenere anche noi molto aperto, in maniera da poter poi confezionare, eventualmente ce ne fosse necessità, con il pacchetto degli emendamenti, quei correttivi e quei miglioramenti di cui qualsiasi legge può necessitare. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Grazie, consigliere Pruccoli. Consigliere Pompignoli, prego.

     

    Consigliere relatore di minoranza POMPIGNOLI. Grazie. Solo alcuni secondi perché credo che oggi sia importante, come diceva il consigliere Pruccoli, ascoltare le problematiche e le criticità che voi ci sottoporrete per migliorare questa legge.

    Come relatore di minoranza della legge, la vedo come una legge-cornice dove devono essere ancora identificati e ben delineati alcuni elementi. Ho espresso alcune criticità su questa legge anche all’assessorato, nella Commissione che abbiamo fatto poche settimane orsono, in particolar modo ho espresso criticità in ordine all’individuazione di questo 3 per cento. Molti lo criticano, non si capisce esattamente questo numero come sia stato identificato. È un numero che a mio avviso deve essere comunque rivisto, da un certo punto di vista. Non vorrei che questa fosse una legge - taluni la definiscono legge di prelievo - che debba essere utilizzata per far cassa dai Comuni.

    Lo spirito di questa legge dovrebbe essere quello di semplificare le procedure burocratiche, deve essere una legge che intende snellire tutta la burocrazia che oggi è necessaria per poter adottare tutti gli strumenti urbanistici, deve essere una legge che da un certo punto di vista deve contribuire alla ripresa economica di un settore che ovviamente oggi come è a tutti noto, è estremamente in difficoltà - il settore edile - e deve essere una legge che deve aiutare i professionisti che sono ovviamente incaricati di presentare i vari piani per gli imprenditori, per tutti gli operatori del settore, per semplificare la procedura. Pertanto, credo che sia opportuno, oggi, che emergano le criticità importanti che questa legge ha e adottare, spero anche con la collaborazione del relatore di maggioranza, quei correttivi importanti, tesi a portare questa legge ad una migliore comprensione. Ovviamente è una legge molto tecnica, lo spirito politico è stato ben espresso dal relatore di maggioranza, ma dall’assessorato si vede l’impronta politica di questa legge. Ovviamente però devono essere apportati dei correttivi.

    Spero che oggi da questa udienza conoscitiva, dove ci saranno tutte le parti in causa che dovranno apportare questi correttivi, emergano delle criticità sulle quali poi soffermarci per cercare di migliorare in maniera assoluta questa normativa. Da questo punto di vista, quindi, è bene ascoltare, perché so che ci sono già 23-24 interventi, quindi vediamo, all’esito degli interventi che verranno resi oggi, di fare una sintesi e migliorarla, come credo sia opportuno fare, in questo settore. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Chiamo per il primo intervento Piero Peri, responsabile di settore di CIA Emilia-Romagna.

     

    Piero PERI (Responsabile C.I.A Emilia-Romagna). Buongiorno. Grazie a tutti. Ringrazio la presidente della Commissione per l’invito che ci ha porto per portare brevemente le nostre considerazioni con le organizzazioni agricole.

    Parlo a nome di CIA, Confagricoltura Emilia-Romagna, per esprimere brevemente alcune nostre considerazioni rispetto al progetto di legge che è oggetto di discussione questa mattina. Innanzitutto, vorrei esprimere un giudizio positivo rispetto al metodo adottato fin dall’inizio della discussione, di preparazione e predisposizione di questo testo, già oltre un anno fa, con la richiesta di pareri preventivi e poi con tutto il lungo confronto che si è svolto con gli uffici competenti e con l’assessore, all’interno del Tavolo tecnico, che ha portato a un testo, per quello che ci riguarda, in buona parte condivisibile e apprezzabile per gli obiettivi che si pone, nella consapevolezza della necessaria gradualità nell’andare a definire il saldo zero e dell’esigenza di ottemperare interessi notevolmente diversi e legittimi, che sono da parte nostra e da parte tutti, penso, da tenere in considerazione. Altrettanto necessaria è la consapevolezza dell’importanza di preservare l’uso del suolo: deve essere una priorità per tutti noi, forze sociali e forze politiche, un obiettivo che deve essere perseguito.

    La nostra Regione non è certamente indenne da un uso sconsiderato che nei decenni ultimi si è fatto sul suolo. I danni e gli effetti negativi purtroppo li misuriamo tutti i giorni, quindi l’obiettivo che una legge consapevole dell’uso del suolo si deve prefiggere è quello di arrivare, appunto, come illustrato nella presentazione, all’obiettivo saldo zero da qui al 2050. Quindi, il testo che è stato presentato, per quello che riguarda noi, è equilibrato, ampiamente, ripeto, è condivisibile, tenendo conto che come associazioni agricole siamo quelle maggiormente interessate affinché del suolo si faccia un uso razionale e ragionato.

    In agricoltura, come sappiamo, sul territorio agricolo c’è grande presenza di sedimenti, di fabbricati costruiti nei decenni in alcuni casi anche nel secolo scorso. In molti casi, non sempre è possibile il loro riutilizzo e razionale impiego. Sicuramente, da questo punto di vista, uno snellimento e una semplificazione delle norme per permettere, laddove è possibile, un riutilizzo sarebbe auspicabile, perché nei fatti, in questi ultimi anni abbiamo avuto modo di verificare che in molti casi, anche laddove ci vuole, c’è l’imprenditore che è intenzionato a recuperare o a riutilizzare fabbricati esistenti, le norme vincolistiche di diversa natura e diversa origine, di fatto ne impediscono la loro riutilizzazione.

    Detto questo, nel merito dell’articolato noi abbiamo, come dicevo prima, ampiamente partecipato al confronto iniziale in itinere. Ci ritroviamo in buona misura. Nell’ultima fase di stesura del testo, abbiamo presentato alcune nostre osservazioni puntuali di dettaglio, e alcune, tra l’altro, sono state subito recepite.

    Per maggiore e migliore comprensione lascio qui alla Commissione l’emendamento, per farne un approfondimento se riterrà opportuno. Nel caso specifico, all’articolo 8, noi ritenevamo un errore non considerare anche i fabbricati rurali meritevoli di incentivi e di premialità, laddove si vadano a fare miglioramenti energetici e miglioramenti sismici.

    Questa era un’osservazione che avevamo fatto. Riteniamo questo fondamentale per incentivare anche l’imprenditore agricolo a investire, a spendere anche maggiori risorse per utilizzare il fabbricato esistente, laddove gliene derivi una convenienza diretta ed immediata.

    Sull’articolo che a noi interessa maggiormente, l’articolo 36 sul territorio, per ampia parte ci ritroviamo. Abbiamo presentato alcune piccole, parziali osservazioni di dettaglio per meglio precisare alcuni passaggi, allo scopo di evitare in particolare fraintendimenti nella fase di applicazione da parte dei Comuni, delle norme, così come ci ritroviamo nell’introduzione dell’articolo 73, da tempo da noi richiesto, che riteniamo superi un’incomprensibile limitazione all’utilizzo dell’impiego dei fabbricati, ai fini agrituristici, che non trova eguali in nessun’altra Regione. Così come ci si ritrova nelle modifiche proposte nel testo, che è stato poi scorporato, di modifica alla legge n. 15 e alla legge n. 23, rispetto alle quali avevamo fatto anche due puntuali osservazioni, una delle quali mi pare anche recepita.

    Detto questo, lascio le nostre osservazioni e ringrazio per la cortesia. Buongiorno a tutti.

     

    Presidente RONTINI. Grazie a lei che ha risparmiato anche un po’ di tempo. Prima di dare la parola all’ingegner Alberto Conti, che parla a nome di WWF Italia, ricordo che tutte le note, le osservazioni, eventualmente la copia dell’intervento scritto che volete lasciare, che farete oggi, verranno poi distribuite via mail e fatte avere a tutti i membri della Commissione, perché possano valutare se trasformarle in emendamento.

    Vi do anche un’altra informazione organizzativa: in Commissione, l’analisi articolo per articolo della proposta, non inizierà prima del 25 maggio, perché abbiamo altre cose già in calendario. Quindi vi invito, qualora vogliate farci avere note, osservazioni, spunti a farceli avere entro quella data, così i consiglieri potranno tenerle in considerazione.

    Chiedo anche a lei di stare nei tempi.

     

    Alberto CONTI (Ing. WWF Italia). Senz’altro. Leggo per ridurre i tempi.

    Grazie, presidente, buongiorno a tutti. La Regione Emilia-Romagna si accinge a discutere un progetto di legge presentato dalla Giunta, in cui l’ente pubblico abdica al proprio ruolo di pianificazione super partes e rinuncia quindi alla propria titolarità nella gestione del territorio.

    Le modalità di uso del territorio sono demandate ad accordi operativi pubblico-privati per progetti provenienti solo dall’iniziativa privata, favorendo così la speculazione immobiliare.

    Ai Comuni non sarà più consentito stabilire i parametri urbanistici ed edilizi, le potenzialità edificatorie, le dotazioni di verde e servizi. Ad essi viene tolto di fatto il compito di disciplinare e tutelare la sostenibilità ambientale nel consumo di suolo. Qualsiasi definizione cartografica e relative norme conformi al rispetto dei beni comuni possono essere modificate dai suddetti accordi operativi con i privati, accordi che scavalcheranno automaticamente qualsiasi precedente previsione urbanistica e diventeranno immediatamente attuabili.

    Questa legge espropria quindi i Comuni dai loro poteri in campo urbanistico, senza più alcuna possibilità di contrapporsi agli interessi immobiliari e speculativi. È una rinuncia a qualsiasi prospettiva di riordino urbanistico che sia basato sugli interessi collettivi, per inserire nelle zone mancanti, ad esempio, infrastrutture verdi e servizi adeguati. Ciò che conta sono solo gli interessi dei grandi gruppi, pronti a dettare le proprie condizioni e ad imporre le loro iniziative immobiliari.

    In dettaglio, l’analisi della proposta di legge evidenzia diversi aspetti in contrasto con gli obiettivi che dice di prefiggersi - elenco solo i principali: non si capisce per quale motivo, dovendo stabilire un limite al consumo di suolo, si sia scelta una percentuale (3 per cento) riferita al territorio già urbanizzato. Questo significa che saranno premiati i Comuni più attivi in passato nello spreco di territorio. Si ritiene che altri parametri potrebbero essere più adatti, ad esempio, fare riferimento ad una percentuale di territorio ancora libero; oppure, meglio ancora, stabilire una quota pro-capite legando il fabbisogno di insediamenti all’effettiva presenza di abitanti reali e non futuribili. Il parametro potrebbe essere poi corretto, introducendo un valore legato alle attività produttive presenti sul territorio. Si fa presente che il passaggio da un parametro percentuale ad uno pro-capite è già stato stabilito con l’approvazione della legge regionale n. 16/2015 sull’economia circolare, sostenuta dal WWF e caratterizzata da una premialità legata non più alla percentuale di raccolta differenziata, bensì inversamente alla produzione pro-capite di rifiuto indifferenziato.

    Il limite del 3 per cento, che non viene legato al singolo Comune ma può essere calcolato su più Comuni fino all’area vasta, costituito in pratica dalle Province e dalla Città metropolitana, rischia di amplificare lo squilibrio già esistente fra montagna e pianura, consentendo di superare ampiamente il 3 per cento nella fascia planiziale.

    Il perimetro del territorio urbanizzato riteniamo che debba essere inserito graficamente nella cartografia del PUG, in maniera inequivoca, e senza la necessità di ulteriori atti interpretativi, in modo da stabilire inizialmente ed una volta per tutte cos’è territorio urbanizzato. La scelta di tenere fuori dal computo del 3 per cento gli insediamenti strategici e le opere pubbliche, fra cui strade ed autostrade che costituiscono oggi la minaccia più significativa al suolo regionale, rende del tutto inconsistente la legge rispetto all’obiettivo del contenimento del consumo di suolo.

    Un altro parametro che dovrebbe entrare obbligatoriamente nella pianificazione comunale è il numero degli alloggi e degli insediamenti non utilizzati, con l’obiettivo principale di utilizzare in via prioritaria queste cubature già disponibili.

    I tre anni che la legge lascia ai Comuni per attuare le previsioni urbanistiche vigenti costituiscono un’incitazione al consumo di suolo. Ancora meno comprensibile, se l’obiettivo è il contenimento del consumo di suolo, non computare gli ampliamenti delle superfici urbanizzate di questi tre anni ai fini del limite del 3 per cento.

    La compensazione ecologica resta un’opzione. Invece, tale pratica dovrebbe essere applicata in modo cogente e sistematico a tutte le forme di urbanizzazione del suolo.

    Se l’articolo 18 sugli accordi con i privati è uno dei più discutibili della legge regionale n. 20/2000, e una sua abusata applicazione ha aumentato il degrado del territorio, l’impianto complessivo della nuova legge porta alle estreme conseguenze un arretramento della pianificazione a beneficio delle trattative con i privati che diventerebbe la regola. Ci si chiede che tipo di coerenza e di qualità urbana si potrà ottenere con questo tipo di non pianificazione.

    In ragione di quanto sopra, il WWF chiede l’immediato ritiro della proposta di legge, inaccettabile sotto tutti i profili, e tale da poter costituire un precedente pericoloso per le future normative, sia nazionali che regionali.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Do la parola a Massimo Rossi, direttore dell’Ente di gestione parchi e biodiversità dell’Emilia Orientale.

     

    Massimo ROSSI (Direttore Ente gestione parchi Emilia orientale). Buongiorno a tutti. Resterò nei tempi, anzi, regalerò qualcosa a chi verrà dopo di me, se vorrà.

    Presento una proposta legata alla legge di disciplina regionale sulla tutela e l’uso del territorio. Inizio, diversamente da chi mi ha preceduto, valutando positivamente la scelta che è stata fatta in merito ad assumere quali cardini della competitività del sistema regionale di questo ambito, quello economico, ma anche la sostenibilità ambientale.

    Bene anche che si proceda, e dico finalmente, verso il contenimento del consumo di suolo. Prima non era così, oggi ci sono dei parametri, che possono essere condivisi o meno, però almeno dicono chiaramente dove si vuole andare, e questo indipendentemente dal fatto che nel 2050 ci sia un limite che va al di sopra di tutti i nostri intendimenti.

    Bene anche che si proceda verso la semplificazione pianificatoria, che dovrebbe riguardare anche gli enti di gestione dei parchi e anche il tema della legalità dei processi urbanistico-edilizi.

    In questo senso, se la Regione Emilia-Romagna intende, e questo progetto di legge va in quella direzione, andare verso la riduzione dei piani, in buona sostanza, e per quanto la riguarda, da tre organizzarsi sull’ambito di un unico piano, il Piano territoriale regionale, comprendendo anche il PTPR, il Piano regionale integrato dei trasporti, identica analisi facciamo per la semplificazione legata agli strumenti urbanistici di scala comunale.

    Anche i tempi sono importanti, lo sono per tutti: lo sono per il privato, ma lo sono anche per il pubblico, quindi, una norma che consenta di dettare tempi certi rispetto alle varie istruttorie è quanto mai importante ed è auspicabile che diventi realtà, perché è forse questa la difficoltà principale che abbiamo vissuto tutti noi, nel corso di questi anni.

    E veniamo in qualche modo a chi oggi malamente rappresento, che sono le aree protette, con particolare riferimento ai cinque enti di gestione per i parchi e la biodiversità dell’Emilia Orientale, che sono nati da poco, sono nati con una legge del dicembre 2011, facendo rilevare come la legge n. 20 del 2000 avesse il limite di non aver trattato il tema dei Piani territoriali dei parchi.

    Riteniamo utile, per questa ragione, che si colga l’opportunità di provvedervi in questo momento. In questo quadro, già l’articolo 66 del progetto di legge cita questi soggetti, in particolare il comma 2 indica come il PTPR dovrà prevedere misure di coordinamento ed integrazione con le politiche di programmazione di settore, in particolare con la programmazione del sistema regionale delle Aree protette dei siti Rete Natura 2000. Bene. Se è così, e così è scritto, riteniamo che in questo contesto si possa trovare lo strumento principe all’interno del quale i Piani territoriali, come i Regolamenti delle Riserve possano trovare collocazione, e diamo quindi la disponibilità del Coordinamento regionale delle macro aree della nostra Regione a far pervenire un’eventuale proposta, nelle prossime settimane, se la presente osservazione verrà ritenuta meritevole di accoglimento.

    Lascio ovviamente il documento alla presidente.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Do la parola a Stefano Bollettinari, direttore di Confesercenti Emilia-Romagna.

     

    Stefano BOLLETTINARI (Direttore Confesercenti Emilia-Romagna). Buongiorno a tutti. Grazie per l’invito a questa udienza conoscitiva.

    Come Confesercenti Emilia-Romagna, riteniamo condivisibili gli obiettivi generali di questo progetto di legge della Giunta regionale, in particolare, per quanto riguarda il contenimento dell’uso del suolo, politiche di rigenerazione e qualità urbana, nonché di tutela e valorizzazione del territorio e dell’ambiente.

    Riteniamo infatti che senza un governo efficace di questi fattori, in un’ottica di qualità e di eccellenza, non sia possibile né uno sviluppo sostenibile a livello generale, né uno sviluppo, e in certi casi la tenuta, della rete delle piccole e medie imprese commerciali turistiche che noi rappresentiamo, né un servizio diffuso sul territorio ai consumatori e una buona qualità della vita.

    Nello stesso tempo, però, manifestiamo, l’abbiamo fatto anche in occasioni precedenti, anche la nostra preoccupazione su alcuni aspetti di questo progetto di legge che rischiano di modificare ulteriormente l’equilibrio fra le tipologie distributive a vantaggio delle grandi strutture di vendita, aumentando ulteriormente l’attuale trend di chiusura dei piccoli negozi, che ha già causato in alcune aree della città del territorio fenomeni di desertificazione commerciale, che è un problema per le imprese, ma ovviamente è anche un problema generale, di qualità della vita del territorio.

    Peraltro, tale fenomeno rischierebbe di vanificare anche il raggiungimento dell’obiettivo principale della legge, che è appunto il contenimento dell’uso del suolo. In particolare, la fase transitoria di tre anni, di attuazione degli strumenti urbanistici vigenti prima dell’avvio della formazione dei nuovi strumenti di pianificazione, solo per l’effetto annuncio, sta già portando, in diverse città della Regione ad accelerare la programmazione e progettazione di nuovi insediamenti di grande e media distribuzione, visto che l’attuale pianificazione, quindi PSC e anche PTCP, contiene attualmente previsioni molto ampie, in questo senso, senza contare che tutto ciò che viene realizzato in questa fase non rientrerebbe, secondo il PDL, nel computo del 3 per cento di consumo complessivo del suolo.

    Così come non sono computati, a regime, agli stessi fini, gli interventi di ampliamento e ristrutturazione di fabbricati adibiti all’esercizio di impresa per attività economiche già insediate, che nel caso appunto di grandi strutture commerciali avrebbero un forte impatto sia sul territorio che sulla rete di vendita. Parliamo quindi di quantità molto rilevanti.

    Confesercenti Emilia-Romagna, quindi, ritiene indispensabile una regolamentazione più specifica e stringente per quanto riguarda gli insediamenti di grande distribuzione. Ricordo che in Emilia-Romagna è arrivata una quota di mercato di oltre il 60 per cento con una superficie di vendita di grandi strutture alimentari aumentata del 14 per cento tra il 2007 e il 2014 e addirittura del 52 per cento nel settore non alimentare. Mentre i piccoli negozi continuano a chiudere: abbiamo quasi 2.000 imprese attive in meno in Regione, in cinque anni, tra il 2011 e il 2016, con un calo di quota di mercato molto rilevante di circa il 14 per cento negli ultimi quindici anni.

    Nell’intento di formulare osservazioni migliorative al progetto di legge, quindi, e dare un contributo costruttivo alla definizione del provvedimento, riteniamo che i punti principali su cui intervenire siano i seguenti: in primo luogo, la necessità di coordinamento delle disposizioni urbanistiche con le normative del settore distributivo. L’importanza che riveste il settore, sia in generale nella vita urbana, nell’assetto del territorio, sia in specifico, in relazione agli obiettivi del progetto di legge nazionale, fa sì che le numerose disposizioni regionali in materia dovrebbero trovare, a nostro avviso, in una sezione della legge, un articolo ad hoc da aggiungere ad esempio all’articolo 50, sul rapporto tra pianificazione generale e settoriale, un momento di definizione dei criteri, utili a migliorare l’efficacia e l’integrazione delle politiche, con il riconoscimento del ruolo strategico di questa funzione della rete commerciale.

    I possibili contenuti, visto il tempo a disposizione di questa sezione, li rinviamo a un documento più completo di approfondimento che consegniamo alla presidenza, però, nella sintesi, in questo senso, proponiamo che la nuova legge urbanistica recepisca i contenuti sopra richiamati e richiami le leggi di settore che hanno funzionato. In specifico, la legge n. 14 del 1999, ‘Norme per la disciplina del commercio in sede fissa…’ e per quanto riguarda anche e soprattutto la deliberazione del Consiglio regionale n. 1253 del 1999, che riportava appunto ‘Criteri di pianificazione territoriale urbanistica riferiti alle attività commerciali in sede fissa, in applicazione dell’articolo 4 della legge n. 14’. C’era già quindi una normativa regionale per quanto riguarda i criteri urbanistici, c’è già, è ancora vigente, delle strutture commerciali.

    Altro punto: per quanto riguarda l’attuazione degli strumenti urbanistici vigenti e disciplina transitoria, riteniamo che dare immediata attuazione alla previsione del PSC per il settore commerciale potrebbe portare a un forte squilibrio della rete distributiva. Visto che l’attuale pianificazione, ripeto, contiene previsioni molto ampie in questo senso, che però, stante la logica della pianificazione attualmente in vigore non erano di immediata attuabilità, si propone di rafforzare il contenuto dell’articolo 4, con riferimento alla selezione delle proposte degli accordi operativi, vedi anche articolo 38, e distinguendole in due livelli: uno preliminare, in cui sono delineati soltanto i contenuti essenziali della proposta, e quello di maggior dettaglio, in cui la proposta, se ritenuta di interesse da parte del Comune, viene formulata in modo idoneo ad un esame più approfondito da parte dei Comuni. Inoltre, di introdurre all’articolo 4 un ulteriore comma 5 bis, prevedendo che le superfici autorizzate, proprio in armonia con quello che dicevo prima, per la realizzazione e l’ampliamento di insediamenti commerciali di grande distribuzione, per l’attuazione dei piani urbanistici vigenti, rientrino e siano ricomprese nel calcolo del 3 per cento del consumo di suolo complessivo, previsto dall’articolo 4, comma 1.

    Per quanto riguarda appunto la limitazione del consumo di suolo, considerato che nel caso specifico dei grandi insediamenti commerciali, l’ampliamento dello sviluppo e della trasformazione possono determinare anche il raddoppio, o comunque la modificazione dimensionale molto rilevante e tale da modificare sostanzialmente le previsioni urbanistiche, si propone di eliminare la lettera b) del comma 5 dell’articolo 6, allo scopo di computare nell’ambito della quota massima di consumo del suolo anche questi insediamenti; di eliminare il comma 6 dell’articolo 6, allo scopo di computare nella stessa quota massima di cui al punto precedente le aree utilizzate per l’attuazione dei piani urbanistici vigenti, ai sensi dell’articolo 4.

    Per quanto riguarda gli usi temporanei, si propone di aggiungere all’articolo 16 un secondo comma che prevede, in sede di conversione, valutazioni sulla funzionalità dell’immobile, compatibilità ambientale, carico di traffico generato dai parcheggi, nonché di fissare un limite temporale.

    Per quanto riguarda la disciplina di nuove urbanizzazioni e ampliamenti, nella normativa di alcuni Paesi europei come la Francia, cui è presente da alcuni decenni, è presente da tempo la previsione di oneri o contributi straordinari a carico di chi realizzava o amplia grandi insediamenti commerciali, in base alla superficie. Da destinare, questi contributi straordinari, alla realizzazione di iniziative di riqualificazione, valorizzazione e innovazione delle piccole imprese commerciali dei centri commerciali naturali nelle città, nel territorio, allo scopo di rilanciare l’economia dell’area interessata.

    Tali interventi iniziano a essere previsti anche dalla normativa di alcune Regioni italiane, per cui si propone di aggiungere all’articolo 35 un ulteriore comma 7, con previsioni specifiche che appunto dettagliamo nel documento che consegniamo.

    Piano territoriale di area vasta. Per quanto riguarda i contenuti di questo Piano, prevedere al comma 3 dell’articolo 42 un ulteriore punto che riguardi i poli funzionali costituiti da insediamenti produttivi di rilievo sovracomunale, per la definizione dei criteri di attuazione degli interventi di adeguamento, ampliamento e nuovi insediamenti, in particolare con riferimento alle linee-guida per le APEA e ai criteri per il rilascio delle autorizzazioni commerciali di cui alla legge n. 14. Quanto a consultazione preliminare e formazione del Piano, oltre alla possibilità di consultazione delle forze economiche nella fase di formazione del Piano, praticamente nella fase in cui il Piano è già definito, in cui tutti possono fare osservazioni, noi riteniamo che ci debba essere un coinvolgimento dei rappresentanti degli operatori economici, rendendolo obbligatorio anche nella fase preliminare, quindi modificando il comma 5 dell’articolo 44, nel senso di prevedere appunto percorsi partecipativi e non solo facoltativi, di consultazione, in grado di fornire contributi per la messa a punto del progetto di Piano.

    Infine, per quanto riguarda le modifiche alla legge dell’agriturismo l’articolo 73 del PDL rende possibile la costruzione di nuovi edifici per attività strumentali alle attività agricole e loro successiva trasformazione in edifici da destinare alle attività agrituristiche, mentre la legge n. 4 del 2009 aveva la logica di favorire il recupero e il riuso del patrimonio edilizio esistente. Ricordo che quella legge fu frutto di una sintesi anche molto importante.

    Ho finito. Si propone quindi di non modificare il comma 1 articolo 11 della legge n. 4/2009 in materia di agriturismo.

    Ovviamente, chiedo scusa per la velocità. Abbiamo predisposto, vista la complessità della materia, un testo molto più esaustivo e molto più completo che consegno alla Presidenza della Commissione. Auspico che si possa tener conto di queste nostre osservazioni. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Benissimo. Grazie. Do la parola a Ebe Chiara Princigalli, funzionario archeologo del Segretariato regionale del Ministero dei beni culturali.

     

    Ebe Chiara PRINCIGALLI (Segretariato regionale del Ministero Beni attività culturali e turismo per l’Emilia-Romagna). Buongiorno a tutti.

    Io sono qui per informarvi che la direzione generale e il servizio V della tutela del paesaggio nutre una serie di dubbi sulla legittimità costituzionale di alcune norme contenute nel Titolo V, tutela e valorizzazione del paesaggio.

    Nello specifico, la nostra direzione generale ha fatto una richiesta all’Ufficio legislativo per fugare, o comunque per dettagliare meglio la questione in merito a questi dubbi. Non appena l’Ufficio legislativo chiarirà tutta la questione, la nostra direzione generale vi farà pervenire una nota, speriamo sia possibile entro la data prevista del 25 maggio. Questo è quanto.

     

    Presidente RONTINI. Bene. Grazie. Do la parola a Oscar Zanasi, CGIL Emilia-Romagna.

     

    Oscar ZANASI (CGIL Emilia-Romagna). Innanzitutto, vorrei risottolineare, lo hanno già fatto altri, credo che lo faranno altri ancora, il percorso partecipativo seguito per la predisposizione della legge. Io faccio parte, come altri in questa sala, del Tavolo di coordinamento, di un tavolo tecnico. Abbiamo discusso articolo per articolo, in modo approfondito. Credo che un livello di partecipazione di questa natura fino ad oggi, in questa Regione, che è abituata a una discussione a largo raggio, non l’avevo ancora incrociato.

    Lo dico perché questo credo che in qualche modo, il testo scaturito rappresenti un equilibrio anche di quella discussione, il prodotto di quella discussione fatta in quella sede. Lo vorrei risottolineare perché ho sentito più volte anche riferimenti a interessi che pure sono assolutamente legittimi, ma devo dare atto non solo alla CGIL, CISL e UIL, ma a tutti i partecipanti di quel tavolo della ricerca di un interesse generale, seppure in una materia che non si presta a questo.

    Lo voglio risottolineare perché credo che questo dovrebbe essere tra l’altro lo spirito col quale noi dovremmo continuare ad approcciare questo disegno di legge. Se così facciamo, io credo che questo disegno di legge che può essere suscettibile di ulteriore miglioramento, possa essere condivisibile dai più e anche da chi oggi è maggiormente critico rispetto al progetto medesimo.

    Va recuperato quello spirito. Lo voglio ribadire perché credo che sia la strada maestra con la quale conseguire ancora un migliore risultato.

    Detto questo, noi abbiamo condiviso ovviamente i due obiettivi della legge, cioè lo stop al consumo di suolo e la priorità di investire sulla rigenerazione urbana.

    Relativamente allo stop al consumo di suolo e relativamente alle questioni che riguardano il 3 per cento, relativamente alle questioni che riguardano il periodo transitorio, facciamo bene ad essere formali, perché questa è una legge che va esaminata nella forma, ma bisogna essere anche un po’ pratici e guardare un po’ alla sostanza.

    Negli otto anni di crisi, dal 2008 ad oggi, noi abbiamo perso 57.000 posti di lavoro nel settore dell’edilizia, per essere chiari. Non mi sembra che ne siamo ancora usciti. Francamente, esaminare la questione dal punto di vista concreto rispetto al potenziale impatto del 3 per cento, o in modo particolare sul cosiddetto periodo transitorio, cioè in cui i Comuni potrebbero reiterare la loro capacità edificatoria relativamente ai 250 chilometri quadrati a cui si fa riferimento, francamente pensiamo che sia sostanzialmente impossibile.

    È di questi giorni la notizia della chiusura di un’ulteriore grande cooperativa in quel di Reggio Emilia. Non è stata l’ultima, speriamo che sia l’ultima. Però ad oggi, francamente, noi non vediamo come sia, per qualche anno, ancora possibile pensare di poter edificare appunto ulteriori 250 chilometri quadrati di suolo, da previsioni. Lo diciamo anche in questo caso, perché anche da questo punto di vista bisogna recuperare lo spirito della discussione fatta all’interno del tavolo.

    Io quindi anche in questo caso vi invito a esaminare le questioni da un punto di vista un po’ più sostanziale. Anche in questo caso credo che sia possibile introdurre qualche miglioramento alla legge. Forse potremmo definire meglio i limiti relativi al 3 per cento. Credo però che l’equilibrio trovato intorno alla questione del 3 per cento e del periodo transitorio sia un equilibrio che tutto sommato possa tenere e possa cogliere l’obiettivo della legge, cioè dello stop al consumo di suolo. Tenete presente, teniamo presente, ma lo sappiamo tutti, che questa legge traguarda il 2050. Badate: se parliamo di interessi, bisogna cominciare anche a ragionare oltre il periodo transitorio, a come possono cambiare gli interessi generati da questa legge, perché non costruire più a prato verde, ma - e qui veniamo alla seconda questione - introdurre il ragionamento della rigenerazione e riqualificazione urbana, può cambiare, sostanzialmente, gli interessi in questa Regione. Per cui noi crediamo che la legge sia stata pensata, in questo caso, in modo accorto rispetto al 3 per cento, periodo transitorio, rigenerazione, perché dovrebbe consentire di garantire un equilibrio che avrà una ricaduta sui cittadini in generale, che sarà alquanto complessa.

    Si tratta di recuperare dei valori immobiliari che sono precipitati per effetto della crisi. Si tratta, però, contemporaneamente di non privilegiare rendite immobiliari: insomma, è una questione che va esaminata nel suo complesso.

    Ho quasi finito. Relativamente alla rigenerazione e riqualificazione urbana, noi siamo ovviamente d’accordo. Può essere un paradigma: noi rappresentiamo i lavoratori, in modo particolare i lavoratori dell’edilizia, però tutti ci siamo fatti una ragione del fatto che il paradigma va cambiato. Si deve passare dalla costruzione del prato verde, alla riqualificazione e rigenerazione urbana. Si tratta di migliorare le nostre città. Guardate che anche in questo caso il periodo transitorio è necessario, perché noi abbiamo imprese - industrie, in modo particolare, perché sono industrie, non solo più imprese edili - che sono abituate a costruire a prato verde. Per passare da costruire a prato verde a riqualificare e rigenerare ci vorrà del tempo. Si tratta di riconvertire non solo delle imprese, ma anche delle professionalità, e anche da questo punto di vista un periodo di transizione è giusto e necessario.

    Relativamente sempre al tema, noi abbiamo già inviato una nota, ho sostanzialmente finito, che reitereremo alla Commissione. Abbiamo segnalato qualche preoccupazione, in materia di rigenerazione: più che politiche di addensamento, in alcune città forse sarebbe opportuno fare politiche di diradamento. Bisogna che stiamo un po’ più attenti, dal nostro punto di vista, agli standard generali per evitare che siano troppo stressati. Insomma, anche da questo punto di vista, si tratta di fare, forse, qualche miglioramento che possa migliorare la legge.

    Delle ultime due cose, la prima riguarda il territorio rurale, la faccio breve. Attenzione: io credo che la legge possa cogliere l’obiettivo di evitare dispersione edilizia, però credo che anche in questo caso forse un passettino in avanti si possa fare.

    Sugli strumenti di pianificazione, solo una battuta: la nostra preoccupazione è derivata dal fatto che il referendum ha bocciato i nuovi assetti istituzionali. Quindi, c’è un problema che riguarda le Province, che perciò sarebbe bene riaffrontare anche nell’ambito della legge. Noi nel documento abbiamo comunque chiesto un rafforzamento anche del ruolo di coordinamento della Regione, perché sempre relativamente alla questione del 3 per cento, periodo transitorio, forse un ruolo un po’ più proattivo della Regione sarebbe indispensabile.

    L’ultima questione davvero è questa, l’abbiamo già sottoposta al Tavolo tecnico. Riguarda il processo di partecipazione alla costruzione degli strumenti urbanistici, penso al PUG fra gli altri.

    I tempi diventano molto stretti e stringenti, con questa legge, si parla di 60 o di 90 giorni al massimo. Questa materia storicamente poco si presta, anche per legge, ad essere partecipata. Riteniamo però che qualche sforzo in più vada fatto. È vero, va messa al riparo, ci è stato spiegato, da eventuali problemi di ricorso rispetto agli strumenti urbanistici. Però, proprio perché i tempi sono così contingentati, proprio perché si fa riferimento anche agli strumenti operativi, agli accordi operativi, forse qualche elemento di partecipazione in più noi riteniamo che vada introdotto nella legge.

     

    Presidente RONTINI. Grazie a tutti, per la collaborazione finora, perché siete tutti stati nei tempi.

    Do la parola ad Alessandro Ghetti, responsabile dell’Ufficio legislativo di Coldiretti Emilia-Romagna.

     

    Alessandro GHETTI (Resp. legisl. Coldiretti Emilia-Romagna). Buongiorno a tutti.

    Ringrazio la Commissione per questa occasione che credo sia tempestiva e per noi tra l’altro unica per poter esprimere il nostro parere su questo progetto di legge.

    A differenza di altri soggetti, noi non siamo stati invitati al tavolo tecnico, quindi possiamo esprimere liberamente le nostre osservazioni, che peraltro abbiamo inviato già alla Commissione. Voglio stare nei tempi, malgrado, potrei dire, molte cose, sostanzialmente tentando di focalizzare tre punti, per noi. Il primo riguarda, parlo della legge ovviamente sull’uso del territorio, il consumo di suolo, visto da un’organizzazione che bene o male rappresenta comunque il 50 per cento dei possessori, quindi che siano o no proprietari, che siano o no affittuari di territorio agricolo di questa Regione.

    Noi avevamo scritto una lettera, all’indomani dell’unica occasione che avevamo avuto di capire in modo ufficiale quello che si stava facendo. È stata, credo, l’ultima o la penultima riunione tenutasi presso la Città metropolitana di Bologna. Abbiamo scritto una lettera all’assessore Donini dove sollevavamo grosse perplessità sulla questione del 3 per cento, non tanto perché è un numero, poteva essere un numero diverso, ma perché rappresentava qualcosa che ti dava l’idea di un consumo di un certo tipo (i famosi 7.000 ettari), ma poi, con una serie di altre norme, soprattutto con l’allora comma 6 dell’articolo 5 (oggi comma 6 dell’articolo 6), in realtà consentiva, almeno per tre anni, ai Comuni, sostanzialmente di avere delle percentuali molto più alte di questo territorio, cioè, fino ai famosi 25.000 ettari. Avevamo chiesto, in quel momento, in quella fase preliminare, di abrogare, almeno per quel momento, il comma.

    Su quel documento non abbiamo avuto risposta. Ovviamente, non avendo avuto risposta e avendo visto il medesimo comma nell’attuale stesura, non possiamo che ribadire quella richiesta, tenendo presente, ripeto, che stiamo parlando di terreno agricolo che nella maggior parte dei casi non è solo un problema quantitativo ma anche qualitativo, terreno agricolo che verrebbe consumato in questi tre anni in pianura, quindi nella parte più pregiata della nostra Regione. Prima questione.

    Seconda questione, ovviamente parlo solo delle questioni che ci riguardano più da vicino. L’articolo 36 sul territorio rurale. Il fatto che non abbiamo partecipato, credo sia un elemento non positivo, in generale, poi credo sia stato un disguido, ci metto tutta la buonafede del mondo, in questo senso. Però, per esempio, sulla qualità della norma, vi faccio un esempio stupido, ha comunque condizionato. Per esempio: il comma 5 lettera c) dell’articolo 36 prevede che si possa riutilizzare la cubatura di ricoveri o altre strutture di animali domestici. Ora, l’animale domestico, se non è ben definito, ed è l’animale che deve essere governato dall’uomo, è il cane, è il gatto, è l’animale d’affezione. Quindi, senza una definizione precisa di “animale d’allevamento”, stiamo parlando della cuccia del cane, non parliamo, ad esempio, di vecchi porcili o di vecchi ricoveri di animali d’allevamento che in questo caso verrebbero recuperati. Credo che su questo avremmo potuto dare un certo contributo, ma l’abbiamo dato coi documenti, e siamo a posto, da questo punto di vista: questo, ovviamente, come esempio.

    Ci preoccupano poi alcune questioni, in particolare due, di sostanza. Una è il PRA. Il PRA, da questo punto di vista è lo strumento fondamentale di ricostruzione, riutilizzo e costruzione nell’area agricola. Ora, so che questa cosa si sta sollevando, per esempio, anche in istituzioni come la Città metropolitana di Bologna - ieri c’è stato un incontro al Comune di Bologna, proprio su questo tema -, perché siamo nel bel mezzo dell’approvazione del Piano di sviluppo rurale.

    Il Piano di sviluppo rurale, per quanto riguarda i piani di investimento, sia di giovani che dei non giovani, si basa in molti casi ovviamente anche su costruzioni edilizie che sono chiaramente estremamente funzionali all’attività che si vuole svolgere, perché nessuno costruisce delle cattedrali nel deserto, dovendo mettere fuori comunque il 60 per cento delle risorse di tasca propria, in anticipo, peraltro. Per cui, da questo punto di vista, avere delle linee guida sui PRA e ad avere comunque un periodo transitorio dove i Comuni possano comunque andare avanti con la loro attività normale sugli attuali PSA. Infatti, molti Comuni si sono bloccati e noi abbiamo delle licenze edilizie che sono ferme, con delle scadenze derivanti da regolamenti comunitari che potrebbero impedire a molte imprese di fare quello che devono fare. Esempio banale: l’ultimo bando dei giovani ha visto più di mille domande presentate, ne vengono finanziate meno di cinquecento, perché c’è molta domanda. Per fortuna, ci sono dei settori che crescono molto, a fronte di altri settori che purtroppo calano. Per esempio, il settore dell’agricoltura in particolare nei giovani vede i primi insediamenti. Noi li chiamiamo così, ma primi insediamenti sa di far-west, di roba vecchia. Se le chiamassimo start-up agricole e agricoltura 2.0 già avrebbero un altro appeal. Vede, comunque, un certo numero di imprese agricole nuove che vorrebbero iniziare, ma non hanno la possibilità.

    Un PRA che guardi in una maniera particolare a queste attività e le dia anche qualche agevolazione dal punto di vista urbanistico potrebbe consentire anche a queste cinquecento e passa imprese giovani che non verranno finanziate di poter iniziare la loro attività. Stiamo parlando anche in questo caso di posti di lavoro, che non sono cinquecento, ma sono cinquecento più i lavoratori che ci stanno dentro. Quindi, riteniamo che su questo versante si possa migliorare.

    L’altro versante su cui si può migliorare è quello relativo alla questione del recupero della cubatura al 10 per cento. Non è una questione di percentuale in quanto tale. Prima era totale, adesso è andata al 10 per cento. Tuttavia, noi saremmo favorevoli - e l’esperienza del terremoto su questo ci ha insegnato molto -, avendo un patrimonio edilizio agricolo sovradimensionato di molto, per una serie di motivi, e per fortuna avendo oggi un’edilizia agricola molto più razionale, oltre che molto più sostenibile dal punto di vista ambientale, ad esempio ad alzare la percentuale - alzarla di molto la percentuale, in verità - e a destinare la cubatura in particolare alla rigenerazione urbana nei centri urbani. Questo intervento, secondo me, ci darebbe una mano al riutilizzo, alla demolizione in questo caso dei fabbricati rurali non più utilizzabili e al recupero della cubatura nel territorio urbanizzato come rigenerazione urbana.

    Con riferimento all’articolo 73, noi siamo assolutamente favorevoli a questo articolo, che prevede l’aggiornamento delle norme che riguardano l’uso dei fabbricati esistenti per quanto riguarda l’attività agrituristica, ferma al 2009, al 2017, cioè quando entrerà in vigore la legge. Quindi, non si tratta in questo caso di utilizzare nuovi fabbricati rurali per fare attività agrituristica, ma si tratta semplicemente di utilizzare i fabbricati esistenti all’entrata in vigore di questa legge, a differenza della precedente che fermava tutto al 2009, per quanto riguarda l’utilizzo ai fini agrituristici. Anche qui c’è un esempio: il terremoto del 2012 ha in qualche caso danneggiato e anche reso inutilizzabile molte aziende agrituristiche che si trovavano nel cratere; quelle aziende agrituristiche non potevano ricostruire perché c’era una norma che diceva che potevano usare solo i fabbricati esistenti, ma i fabbricati esistenti non li avevano perché erano crollati tutti. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Do la parola all’architetto Simone Ruini, che fa parte degli architetti indipendenti di Reggio Emilia.

     

    Simone RUINI (Architetti indipendenti Reggio Emilia). Buongiorno. Buongiorno a tutti e a tutte.

    Noi siamo un’associazione di colleghi e di privati cittadini e abbiamo come obiettivo quello, appunto, di approfondire questioni di carattere urbanistico e tecnico, di allargare il giro del dibattito, di provare a coinvolgere e, allo stesso tempo, di diffondere ciò che si sta muovendo e le criticità del territorio.

    Io partirei dichiarando la forte criticità verso la legge. Anzi, riteniamo la legge in generale non utile per ciò che serve al territorio, per il futuro del nostro territorio. Riteniamo che i rapporti, come prima qualcuno ha anticipato, tra pubblico e privato siano completamente sballati, e in questo il privato la farà da padrone. Riteniamo che la semplificazione, laddove in realtà non c’è una forte differenziazione, se non con gli accordi operativi, il POC, l’impianto di pianificazione e i dodici atti di indirizzo, necessari per poi arrivare a un chiarimento di quelli che sono i contenuti della legge, allo stesso tempo non siano così utili.

    Ma l’intervento che vogliamo fare oggi è rispetto al territorio urbanizzato, laddove tra gli obiettivi e i criteri che vengono menzionati ci sono proprio quelli di rigenerazione urbana in una prospettiva di difficoltà o, più che altro, di ridimensionamento dell’espansione della città. E già ora è così. Il territorio urbanizzato già ora comprende il 95 per cento delle trasformazioni che viviamo. Quindi, la necessità di avere una nuova legge che proprio sul territorio urbanizzato dia degli strumenti che già ora si trovano nella legge n. 20, per chi vuole fare buona pianificazione, pensavamo fosse l’occasione per chiarire questi strumenti e dare realmente alle Amministrazioni i poteri per la gestione del territorio urbanizzato.

    L’intervento che vogliamo fare oggi è legato in particolare all’articolo 34, la strategia, la strategia per la qualità urbana ed ecologica-ambientale. Al riguardo, vogliamo fare un intervento un po’ tecnico, andando anche dentro la legge. Come dicevo, l’articolo in questione è l’articolo 34, che rappresenta di fatto lo strumento che servirà per gestire il territorio urbanizzato, ma non soltanto. Nel territorio urbanizzato le trasformazioni avverranno o per intervento diretto o con gli accordi operativi.

    I criteri che regoleranno questa strategia e la gestione del territorio urbanizzato sono - cito il comma 1 dell’articolo 34 - la crescita e la qualificazione dei servizi e delle reti tecnologiche, l’incremento quantitativo e qualitativo degli spazi pubblici, la valorizzazione del patrimonio identitario, culturale e paesaggistico, il miglioramento delle componenti ambientali di sviluppo e della mobilità sostenibile, il miglioramento del benessere ambientale e via elencando. Mi fermo qui, comunque li potete andare a leggere. Ebbene, introducendo tutti questi obiettivi, che sono più che condivisibili, se noi, così come è scritto in questo comma, come anche in altri articoli della legge, non abbiamo una quantificazione in termini di carico urbanistico, ovverosia il numero di abitazioni e di famiglie, come facciamo a stabilire ambito per ambito quali sono le dotazioni necessarie? Come facciamo a stabilire il flusso veicolare che le infrastrutture dovranno sostenere? Come facciamo a stabilire le necessità delle infrastrutture di reti di gas, acqua, luce, fogne, e cosa e dove potranno accettare nuove identificazioni o avranno bisogno di diradamenti? Questo è necessario. Se noi non abbiamo una quantificazione di questo carico urbanistico, che pianificazione facciamo nel territorio consolidato? Quindi, criteri e limiti quantitativi sono necessari. Ma andiamo oltre.

    Se andiamo a vedere il comma 2, che mi sembra necessario andare a leggere, troviamo quanto segue: “In considerazione degli obiettivi generali stabiliti al comma 1, la strategia per la qualità urbana ed ecologico-ambientale definisce l’assetto spaziale di massima degli interventi e le misure ritenute necessarie e, tenendo conto delle significative carenze pregresse di dotazioni territoriali, infrastrutturali e servizi pubblici e delle situazioni di vulnerabilità accertate dal quadro conoscitivo per gli areali urbani […], individua i fabbisogni specifici da soddisfare nei medesimi ambiti, anche fornendo indicazioni di massima di carattere progettuale e localizzativo”. Ebbene, in questo auspichiamo che ci sia un chiarimento rispetto a interventi diretti per il territorio urbanizzato e consolidato e che ci siano gli strumenti anche per le Amministrazioni tali da consentire di dare risposta ai privati che faranno e chiederanno di effettuare queste trasformazioni. Tuttavia, alla fine sempre il comma 2 recita come segue: “Queste ultime indicazioni di massima sono specificate in sede di accordo operativo, senza che ciò costituisca variante al PUG, fermo restando il soddisfacimento del fabbisogno definito dalla strategia stessa”. In altre parole, come già qualcuno ha prima anticipato, l’accordo operativo può modificare ciò che, di fatto, la strategia teoricamente dovrebbe dire. Cioè, l’accordo operativo dà la possibilità di andare a intensificare con una contrattazione tra pubblico e privato in cui il privato ha tutti gli strumenti e il pubblico non ha strumenti per arrivare a definire quali sono effettivamente le esigenze del pubblico.

    Se andiamo a leggere, e chiudo, l’articolo 33 (Disciplina del territorio urbanizzato), al comma 5 recita: “fuori dai casi di cui al comma 4 - cioè, dico io, le trasformazioni attuabili per intervento diretto - in applicazione del principio di competenza di cui all’articolo 24, commi 1 e 2, il PUG non può stabilire la capacità edificatoria anche potenziale delle aree del territorio urbanizzato né fissare la disciplina di dettaglio degli interventi la cui attuazione sia subordinata ad accordo operativo”. E qua viene reiterato lo stesso concetto. Ma, allora, chi è che stabilisce questi accordi operativi cosa e come potranno farli, visto tra l’altro che tra gli elaborati degli accordi operativi non c’è neanche la VAS? Noi già non abbiamo criteri per quantificare nel territorio urbanizzato l’incremento limite sostenibile. E già lì mettiamo a posto la legge per sistemare questo aspetto. In più, abbiamo gli accordi operativi e i privati che, veramente, fanno quello che vogliono e in questo non hanno neanche l’obbligo di presentare una valutazione non dico che tenga in considerazione un quadro completo del quartiere o della città, così come i piani e la pianificazione dovrebbero avere, ma addirittura neanche un intervento puntuale laddove il privato lo sta proponendo.

    In questo, a nostro avviso, occorre decidere se vogliamo pianificare o non pianificare. Se dobbiamo pianificare - e così noi riteniamo necessario per il territorio urbanizzato - per le esigenze del nostro territorio, allora qualcosa deve essere cambiato in questa legge. Sennò, accettiamo le scelte che l’Assemblea porterà, in questo però non veniteci a dire che l’obiettivo è stato raggiunto e che le necessità del nostro territorio per il futuro sono quelle che qua vengono esplicitate.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Passo la parola a una sua collega, l’architetto Rossana Benevelli, sempre membro degli Architetti indipendenti.

     

    Rossana BENEVELLI (Ass. Eddyburg – Architetti indipendenti). Sarò brevissima, perché colgo l’occasione, per un piacere mio personale, di dissociarmi da posizioni ufficiali anche dell’ordine a cui appartengo, per onestà intellettuale. Non condivido questa legge. Peraltro, l’Associazione Eddyburg, di cui faccio parte da qualche tempo, si è già espressa da mesi sul disegno di legge.

    Non entro negli aspetti tecnici perché molti sono stati detti e il mio collega che mi ha preceduto è entrato nel dettaglio, e altri più preparati di me lo faranno. Io sono spaventata dalla portata politica di una legge di questo genere. Non sono stupita del linguaggio e delle parole ricorrenti, perché corrispondono a quella che è la cultura dominante di questo periodo storico nefasto per certi aspetti, e lo paghiamo con la crisi economica, con i posti di lavoro, con il potere d’acquisto diminuito, eccetera. Tutto questo, però, non toglie che sia entrata nella mente di tutti quanti la normalità di uso di parole, che a me stupisce che facciano parte del linguaggio pianificatorio, come competitività, attrattività, semplificazione. Peraltro, da 6-7 anni a questa parte in nome della semplificazione di fatto non si è semplificato nulla, e lo vediamo al di là dell’ambito della pianificazione, ma in tutti i settori professionali, lavorativi e legislativi, dove di fatto c’è una burocratizzazione, che va sempre a discapito del cittadino.

    Avrei mille domande, perché se entro nel merito mi chiedo intanto perché il ruolo pubblico debba abdicare in funzione dell’interesse privato e perché chi è delegato - e forse dovremmo smettere di delegare - ad amministrare e governare il territorio non abbia una sua visione, un suo progetto, che richiede comunque tempi lunghi, perché da dieci anni a dieci mesi mi pare uno slogan preoccupante, perché in dieci mesi non so come si possa governare e stabilire lo sviluppo di una città. Mi chiedo come si possa, dopo trent’anni di cementificazione, definire il perimetro del territorio urbanizzato entro cui calcolare le espansioni o non espansioni. E mi fermo qui perché di domande ne avrei tante, ma adesso mi sfuggono. Comunque, ho già espresso abbondantemente il dissenso su questo disegno di legge.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. La posizione l’abbiamo assorbita, capita. Do la parola a Stefano Betti, presidente di ANCE Emilia-Romagna.

     

    Stefano BETTI (Pres. ANCE Emilia-Romagna). Buongiorno a tutti. Grazie.

    Questa legge, a cui abbiamo partecipato attivamente sin dall’inizio della sua gestazione, molto lunga e molto dialogata, quindi, come qualcuno ha già evidenziato, fonte di un tentativo di equilibrio da parte dell’assessorato tra le diverse esigenze che si sono manifestate, è una legge che, per quanto riguarda noi costruttori, chiede tanto e, nello stesso tempo, ci restituisce una serie di elementi importanti.

    Prendo spunto dall’ultimo intervento per dire che non vedo cosa ci sia di male, anzi ritengo che i temi dell’attrattività del territorio e della semplificazione siano temi assolutamente fondamentali per lo sviluppo di una comunità, e quella comunità passa anche attraverso una regola del territorio e della gestione del territorio che possa consentire a esso stesso di essere attrattivo.

    Partendo da questo tema, desidero innanzitutto soffermarmi sugli aspetti che questa legge, rispetto alla legge n. 20, ci restituirà. Il primo è quello del tempo. La legge n. 20 ha avuto - io credo - anche il suo periodo assolutamente positivo, quando vi era forte espansione e una direzione abbastanza univoca degli andamenti di questa espansione. Oggi come oggi, abbiamo bisogno di flessibilità per cogliere l’attrattività e per cogliere, quindi, il benessere dei cittadini. Giova a tutti ricordare quello che diceva prima il rappresentante della CGIL: abbiamo già perso 57.000 posti di lavoro sull’edilizia, e tra questi non contiamo quelli che sono stati persi o quantomeno traslati in altre località e in altre regioni nell’ambito dell’industria in generale per l’incapacità dei nostri territori di dare risposte alle esigenze. Quindi, è chiaro che una semplificazione che porti alla riduzione del numero dei livelli pianificatori e a una certezza dei tempi del dialogo tra i soggetti coinvolti è una soluzione che ci vede fortemente interessati.

    Questa legge, d’altro canto, ci chiede tanto perché è evidente che, nel momento in cui ci viene detto che i diritti edificatori acquisiti attraverso gli investimenti avranno un termine, superato il quale essi saranno abrogati, ci portano nella direzione, nel nostro dialogo tra imprese e istituti di credito e finanziatori, di una posizione di forte difficoltà, il che di nuovo potrebbe avere queste ricadute a livello occupazionale e della capacità di tenuta di tutto il nostro sistema. Quindi, è chiaro che necessita un tempo, oggi definito in “3+2”, che probabilmente è un tempo per partire, dal momento che poi ci sarà un tempo di sviluppo, dettato anche dalla strategia di cui prima si parlava. Io, francamente, questo timore di aver dato in mano al privato, con questa legge, lo sviluppo delle città non lo vedo, perché il privato deve assecondare il mercato. Il mercato in questo momento chiede certe cose e il privato non è che parte, soprattutto in questo momento, in maniera scriteriata riempiendo il territorio di chissà quali costruzioni. Quindi, la nostra posizione è ben chiara: siamo ben consapevoli che il suolo è un elemento finito e con il suolo dobbiamo confrontarci; quindi, lungi da noi far passare concetti quale quello che il suolo sia un elemento infinito, anche perché tutti noi ne abbiamo già visto le conseguenze. Contestualmente, dobbiamo anche tener conto che questo suolo va utilizzato in maniera corretta e all’interno di uno sviluppo organico.

    Per evitare, quindi, che questo cambio di rotta attraverso cui viene demonizzata l’edilizia residenziale privata in forma autonoma porti poi a una sperequazione - questa sì - in termini di valori, con un inadeguato aumento dei valori patrimoniali degli edifici esistenti a scapito dei greenfield, riteniamo che aprioristicamente vietare lo sviluppo dell’edilizia residenziale privata sia un errore.

    L’edilizia residenziale privata deve essere, nella strategia di oggi, sicuramente elemento marginale, deve rientrare nel conteggio del 3 per cento certamente, ma di per sé in quanto tale non può essere abolita, in quanto creerebbe una sperequazione opposta dal punto di vista dello sviluppo della città urbanizzata.

    Siamo fortemente favorevoli e abbiamo lavorato intensamente con coloro che hanno esteso il testo di questa legge per quanto riguarda la rigenerazione urbana. Tuttavia, teniamo tutti conto che dobbiamo essere consci di una cosa: per quanto la Regione possa fare non solo con testi, ma anche con interventi economici significativi, quali quelli che sono stati enunciati all’inizio di questo nostro incontro, la rigenerazione urbana passa da un tema fiscale di interesse nazionale. Chi segue le vicende avrà verificato che anche nell’ultima finanziaria vi è un tentativo, in parte riuscito e in parte no, che riguarda situazioni di favore fiscale in materia di rigenerazione in campo energetico e in campo sismico. È questa la necessità che abbiamo. Per fare questo, però, occorre sicuramente una legge sui condomìni, come veniva citato all’inizio, ma che possa realmente essere applicata e dove la maggioranza possa agire e soprattutto una fiscalità che possa essere di beneficio a coloro che la possono utilizzare. Quindi, il tema della cessione del credito è un elemento essenziale, elemento essenziale che è certamente di interesse nazionale, ma che qua si ribalta in quanto questa generazione partirà non solo con le gambe che gli darà questa legge - e vivaddio - ma anche solo se ci saranno le gambe della fiscalità sostenibile.

    È chiaro che da questo punto di vista, per quanto ci riguarda, rigenerazione sì, ma senza perdere di vista il resto, perché rischieremmo di compiere un’operazione molto coerente dal punto di vista concettuale, ma di scarsissima attuabilità dal punto di vista pratico, soprattutto in tempi brevi, che sono quelli di cui tutti noi oggi necessitiamo. Quindi, ben venga la possibilità di lavorare ancora, se è necessario e se la strategia del singolo Comune lo consentirà e lo individuerà, perché è evidente che ci sono Comuni - e penso ai grandi Comuni urbani - dove probabilmente questo tabù del 3 per cento è un finto problema - diciamocelo pure - mentre magari nei piccoli Comuni potrà essere un problema più significativo. In generale, per la strategia di ognuno o dell’unione di Comuni o delle aree vaste con i piani di area vasta quello che si riuscirà a concertare tra le parti è indispensabile elemento collante e di sviluppo che non è necessariamente omogeneo sull’intero territorio regionale.

    In definitiva, poiché è una legge molto importante, che va oltre la legislatura e sostituisce la legge n. 20/2000, che per definizione ha diciassette anni - questo è l’orizzonte di una nuova legge sull’urbanistica come quella su cui stiamo adesso dialogando -, questa legge deve tenere le porte aperte alla capacità da parte del pubblico e da parte dei cittadini di creare attrattività e lavoro sul proprio territorio. Quindi, i vincoli devono essere creati dalle situazioni oggettive e non imposti dall’alto. Questo è un tema fondamentale per consentire davvero uno sviluppo organico.

    I punti tecnici sarebbero tanti, e faremo anche noi ovviamente la nostra parte sulla presentazione degli stessi, ma questo era quello che ci premeva dire. Se, da una parte, ci chiede tanto, dall’altra parte ci restituisce. Dobbiamo migliorare su alcuni punti. E colgo l’occasione, scusatemi, per sollevare un altro tema: il transitorio. Qui c’è un transitorio, il “3+2”, che è teorico - probabilmente sarà addirittura corto per alcuni grandi Comuni - ma che in effetti potrebbe creare una situazione di blocco completo dello sviluppo in pochissimo tempo, poiché è un tempo massimo. Tra l’altro, tecnicamente parlando c’è la possibilità di far entrare in salvaguardia la situazione esistente semplicemente con la presentazione del PUG e non con la sua adozione. Gli investitori, coloro che devono sostenere aziende e lavoratori, hanno necessità di avere un tempo congruo per sviluppare, ove possibile, le loro attività. Il tempo congruo gli deve essere lasciato, perché in caso contrario rischiamo un depauperamento collettivo del territorio, dei cittadini e dei lavoratori che nessuno credo si possa permettere. Questo è il giudizio complessivo.

     

    Rapidissimamente sulla legge n. 23. In buona parte è un recepimento, come si diceva, dei decreti Madia “SCIA 1” e “SCIA 2”. Con la precedente legge n. 23, la Regione aveva un grande punto a proprio favore, che era quello delle varianti minori in corso d’opera, che l’attuale recepimento delle direttive Madia ci cassa, mettendoci così in grande difficoltà. Abbiamo necessità di trovare degli strumenti in sede di conversione di legge regionale in cui sostanzialmente i limiti delle varianti minori possano essere ampliati per consentire innanzitutto una semplificazione delle procedure ai professionisti e alle imprese del cantiere. Per esempio, in questo momento il problema delle varianti minori nell’ambito della ricostruzione del sisma è un elemento devastante. Del resto, è evidente che soprattutto nella riqualificazione, rigenerazione e ristrutturazione le varianti sono all’ordine del giorno, perché quasi subito il progetto scopre nuove cose. Se ogni volta dovessimo bloccarci e poi ripartire con delle SCIA e quant’altro, i tempi si dilaterebbero, dilatando di conseguenza la capacità e il costo dei professionisti, nonché il costo per l’intera collettività. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Do la parola a Francesco Zanoni, responsabile Sviluppo economico di Confcooperative Emilia-Romagna.

     

    Francesco ZANONI (Resp. Svil. Econ. Confcooperative Emilia-Romagna). Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Avvio il cronometro così vedo di stare nei tempi.

    Desidero innanzitutto fare una premessa. Intervengo come Confcooperative Emilia-Romagna in rappresentanza di tutti i settori produttivi presenti all’interno della nostra associazione, dall’agricoltura al lavoro, ai servizi, alle costruzioni, alla manifattura. Come Confcooperative, appunto, rappresentiamo un mondo trasversale all’interno dell’economia. Per questo faccio questa importante premessa per dire che le osservazioni che formuleremo sono osservazioni dal punto di vista del sistema economico che rappresentiamo, non di una piccola parte al nostro interno, e quindi su quello che il progetto di legge dal nostro punto di vista rappresenta e sulle ricadute che potrà avere, se verrà approvato. Quindi, lo vediamo con queste lenti.

    In primo luogo, per sgombrare il campo mi preme innanzitutto sottolineare che al nostro interno le nostre imprese, le cooperative, i cooperatori hanno perfettamente percepito e acquisito ormai da tempo che siamo entrati in un nuovo paradigma di sviluppo - speriamo che sia di sviluppo e non di decrescita, felice o infelice - che parte dal presupposto che occorre pensare allo sviluppo sostenibile e auto-sostenibile, uno sviluppo che non è soltanto economico, anzi uno sviluppo economico in una nuova dimensione, che non è soltanto quella del PIL. Questo paradigma è stato assolutamente acquisito. Pertanto, l’obiettivo del progetto di legge è stato condiviso sin dall’inizio. Ricordiamo che l’assessore ha iniziato due anni fa su un foglio bianco a consultare la società regionale e per questo lo apprezziamo. Detto questo, acquisito questo nuovo assunto, occorre calare questo nuovo assunto anche all’interno di quella che è la politica regionale, di quella che è la strategia della nuova Giunta e di quello che rappresenta il mandato fornito all’Assemblea legislativa regionale.

    Con riferimento al Patto per il lavoro, tutte le associazioni imprenditoriali hanno firmato il Patto per il lavoro insieme alle organizzazioni sindacali, agli Enti locali e a tutti i soggetti istituzionali del territorio, proprio perché uno degli obiettivi strategici - penso a quello fondamentale e vitale - di questo mandato e forse anche del prossimo è quello di puntare a riacquisire livelli di occupazione accettabili anche per questa Regione. Questo non deve essere assolutamente in contrasto con quello che è il governo solidale del territorio e quello che abbiamo detto deve essere l’obiettivo, cioè stabilire che il suolo è una risorsa finita per definizione ed è il bene più prezioso per le attività umane in generale, per le attività economiche, per qualunque tipo di attività. Il suolo è questo. Non dobbiamo leggerli in contrasto e non li leggiamo in contrasto. Anzi, appunto all’interno del Patto per il lavoro questo progetto di legge si colloca. Proprio per questo credo che anche la contrapposizione tra interessi privati e interesse pubblico debba essere stemperata e non evidenziata.

    Quello che è il portato e quella che è stata la conseguenza di leggere il progetto di legge all’interno del Patto per il lavoro, che impegna tutti a rilanciare l’occupazione attraverso degli interventi che non siano spot ma strategici, è stata anche la lettura che abbiamo dato, come associazione imprenditoriale, all’interno del tavolo tecnico di consultazione che ha lavorato, per molti mesi, con l’assessore. All’interno di questo tavolo, che è stato un tavolo tecnico, ma anche un tavolo - mi permetto di dire - in cui si sono svolte alcune considerazioni politiche e strategiche, si sono confrontate le diverse associazioni, i vari attori, gli ordini professionali e, come ben sapete, le Istituzioni. All’interno di questo tavolo si è sviscerato articolo per articolo il progetto di legge e devo dire che non c’è stata una concertazione, perché non è la parola esatta. L’assessore ha preso delle decisioni politiche al termine di quella discussione in base a quelle che sono state le proposte, le criticità e le domande poste dalle varie associazioni. Come mondo economico, come associazioni economiche abbiamo “dovuto” retrocedere rispetto a tutta una serie di input, di proposte a favore di un punto che non è un punto di equilibrio, ma è ben di più, cioè è quello che la Giunta ha ritenuto essere il perseguimento dell’interesse pubblico. E credo che aver rinunciato a una serie di recriminazioni, di proposte anche a vantaggio di quelli che prima venivano definiti gli interessi privati sia un punto al quale siamo giunti, ma oltre al quale, qualora i vincoli venissero ulteriormente appesantiti da parte della Commissione, ci troveremmo in grosse difficoltà per quanto riguarda, credo io, lo sviluppo economico in generale delle diverse categorie e per quanto riguarda lo sviluppo e l’incremento dell’occupazione. Mi spiego meglio.

    Credo in particolare che la fase transitoria e la gestione della fase transitoria stessa siano uno dei punti critici e che siano dirimenti rispetto al perseguimento degli obiettivi, ad esempio, indicati dal Patto per il lavoro, dal momento che la fase transitoria, così come è stata concepita, riteniamo sia uno dei punti di forza perché consente di realizzare in questa fase e di far partire soltanto quegli interventi di diverso carattere, non soltanto di edilizia abitativa ma anche e soprattutto, per quanto ci riguarda, di edilizia di insediamenti industriali o di completamento degli insediamenti industriali e produttivi, che sono realmente credibili e realmente cantierabili a breve, laddove ci sono dei progetti che possono essere realizzati a breve. Quindi, da questo punto di vista crediamo che questo sia stato un punto di caduta assolutamente accettabile, ma che sia forse anche migliorabile. E al riguardo avanzerò a breve una proposta.

    Per quanto riguarda il progetto di legge in generale, lo apprezziamo e crediamo che sia un ottimo progetto di legge, proprio perché abbiamo contribuito anche con proposte che non sono state accolte, anzi respinte. Uno dei suoi punti di forza, come dicevo, è la fase transitoria perché permette di “salvare” quegli interventi che sono cantierabili a breve. Apprezziamo la proposta della semplificazione amministrativa rispetto ai livelli di pianificazione.

    Sull’accordo operativo, riteniamo che questo sia uno strumento adeguato e moderno, che da un certo punto di vista tutela nel modo migliore sia gli interessi privati che l’interesse pubblico. Innanzitutto viene ideato come uno strumento, riteniamo noi, di sussidiarietà, secondo appunto il principio di sussidiarietà, che comunque è un principio costituzionale. Inoltre, l’accordo operativo non è soltanto d’iniziativa dei privati, ma può essere anche d’iniziativa dei Comuni. E all’interno dell’accordo operativo crediamo ci possa essere quel momento di dialogo tra la società e l’Ente pubblico che può portare al perseguimento del bene comune e dell’interesse pubblico.

    Altro aspetto positivo crediamo sia quello degli incentivi fiscali e volumetrici per la rigenerazione urbana, nonché la tutela delle aree agricole e dell’impresa agricola. Inoltre, il progetto di legge presta attenzione all’edilizia residenziale e sociale. Lascerò successivamente spazio alle associazioni di categoria delle cooperative di abitazione.

    In ultimo luogo, uno degli aspetti positivi è quello che riguarda la legalità, che rappresenta uno degli aspetti su cui il progetto di legge offre diversi strumenti anche per mantenere alta l’attenzione contro le infiltrazioni della criminalità organizzata e contro la corruzione.

    Uso gli ultimi secondi che mi restano per sollevare alcuni punti critici che, sebbene marginali, rileviamo all’interno del provvedimento. Per quanto concerne l’area vasta, il progetto di legge fa perno anche sull’area vasta. Va qui riconsiderato l’esito del referendum costituzionale, perché mantiene in vita la Provincia. Quindi, invitiamo la Commissione a fare una riflessione su questo aspetto.

    Un secondo aspetto critico, che qui vedremo nei fatti, riguarda la spinta all’aggregazione tra i Comuni. Sicuramente il progetto di legge investe enormemente sull’aggregazione tra i Comuni e sull’Ufficio di Piano. Anche in questo caso occorre forse dare una qualche spinta in più, un qualche vincolo in più ai Comuni affinché si aggreghino, perché altrimenti il compito che viene affidato loro è troppo complesso, se non si aggregano.

    Un ultimo aspetto critico riguarda l’altra medaglia dell’aspetto positivo della fase transitoria, ovvero, come diceva il collega di ANCE precedentemente, bisogna prestare attenzione perché quella fase transitoria dal nostro punto di vista rischia di accorciarsi laddove i Comuni, anziché passare attraverso l’adozione, vanno in salvaguardia attraverso l’assunzione dello strumento urbanistico.

     

    Chiudo velocemente sulla legge n. 15 e sulla legge n. 23. Apprezziamo anche il lavoro svolto dal tavolo tecnico per apportare miglioramenti anche nel recepimento delle normative nazionali. Lascio a questo punto la parola a chi mi segue, ribadendo che come Confcooperative sosteniamo e ci auguriamo che il progetto di legge venga confermato al 99 per cento nella sua stesura, perché riteniamo che proponga un impianto veramente innovativo, e speriamo che potrà produrre i suoi effetti positivi immediatamente dopo l’approvazione, in quanto per poter attuare il Patto per il lavoro abbiamo anche bisogno di strumenti che consentano alle imprese di operare nel territorio limitatamente, lo ripeto, al consumo di suolo zero, che è un obiettivo che tutti condividiamo.

    Manderemo per posta elettronica le nostre osservazioni. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Do la parola a Luca Bracci, presidente di Federabitazione Emilia-Romagna.

     

    Luca BRACCI (Pres. Federabitazione Emilia-Romagna). Buongiorno.

    Intanto, come già fatto più volte, vi ringrazio per il lavoro svolto ed esprimo un generale apprezzamento per il disegno di legge.

    Come Federabitazione Emilia-Romagna, presenteremo un emendamento inerente all’edilizia residenziale sociale, precisamente al comma 3 dell’articolo 34, con cui chiederemo che sia inserita la facoltà da parte dei Comuni di individuare negli ambiti di trasformazione delle aree e degli immobili da cedere gratuitamente ai Comuni stessi per la realizzazione di edilizia residenziale sociale, chiaramente sempre e solo in riferimento alle reali esigenze di quel territorio e al reale costo di quella trasformazione.

    Questa previsione l’abbiamo già nel nostro ordinamento, perché con la finanziaria per il 2008, precisamente al comma 258 dell’articolo 1 della legge n. 244/2007, il nostro legislatore ha disciplinato che le Amministrazioni comunali, oltre alle previsioni degli standard urbanistici previsti dal decreto ministeriale n. 1444, individuano negli ambiti di trasformazione anche delle aree o degli immobili da cedere gratuitamente ai Comuni stessi per la realizzazione di edilizia residenziale sociale, che non va a definire in un quantitativo minimo, ma che va chiaramente a rimettere alla reale esigenza di quel territorio e al reale valore di trasformazione di quell’area. Quindi, è stato inserito dal nostro legislatore un nuovo standard, uno standard generalizzato con motivazione solidaristica. E questo standard generalizzato con motivazione solidaristica si giustifica anche per il fatto che l’edilizia residenziale sociale è comunque definito già dal nostro ordinamento dal 2007, con la legge n. 9, un settore di interesse generale.

    È importante questa previsione, questa facoltà per le Amministrazioni comunali, perché consente al Comune di intervenire in maniera più o meno efficace nelle politiche abitative di edilizia residenziale sociale in funzione anche delle reali esigenze che vengono dalle categorie sociali definite più deboli. Grazie. Buon lavoro e buon proseguimento.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Aspettiamo di ricevere la nota più precisa sulla proposta.

    Do la parola a Rita Pareschi, responsabile Ambiente e Territorio di Legacoop Emilia-Romagna.

     

    Rita PARESCHI (Resp. Amb. e Terr. Legacoop Emilia-Romagna). Buongiorno a tutti. Ringrazio innanzitutto la Commissione e il presidente per l’invito a questa udienza per approfondire il tema della nuova legge urbanistica, uno strumento davvero importante e destinato a incidere profondamente anche sul nostro territorio, da cui a maggior ragione discende l’attenzione su questo strumento.

    Sono fortunata a intervenire dopo il presidente di ANCE e il collega Zanoni di Confcooperative perché hanno detto molte cose che condivido, per cui cercherò di andare ancora più rapida nel mio intervento.

    In primo luogo, credo che occorra dare atto all’assessore dell’importante lavoro che ha sviluppato in questo anno, anno e mezzo, questo importante lavoro di consultazione e di partecipazione che ha coinvolto tutte le forze economiche, imprenditoriali, sindacali e ambientaliste, gli Enti locali, eccetera, e che ha consentito, credo, di pervenire alla stesura di un documento base importante e condivisibile in molti aspetti, che rappresenta sicuramente un buon punto di partenza per il lavoro che la Commissione in primis e l’Assemblea legislativa saranno poi chiamate a sviluppare.

    Noi riteniamo che ci fosse davvero bisogno di una riforma della legge urbanistica, non solo perché negli ultimi diciassette anni è cambiato il mondo, sono aumentate anche - e aggiungo fortunatamente - le sensibilità ambientali ed è subentrata la crisi economica, ma anche perché la legge n. 20 molti di quegli obiettivi condivisibili di fatto non li ha portati a termine. Il riferimento va alla prosecuzione dei fenomeni espansivi. Non dimentichiamo che erano anni che la stessa legge n. 20 richiamava un contenimento del famoso sprawl insediativo. Ancora, il mancato adeguamento in diversi Comuni di quella che è la pianificazione. Abbiamo ancora molti PRG. Peraltro, all’interno degli strumenti della pianificazione molti piani strutturali assomigliavano più ai PRG e non avevano quella valenza strategica che la legge indicava. Per non parlare della pianificazione attuativa, dove molti POC, i famosi piani del sindaco, si sono arenati in corso d’opera, perché era arrivata la fine della legislatura o per altri motivi.

    Lo scorso anno, come Legacoop, abbiamo fatto un’indagine fra un gruppo di nostre imprese sicuramente rappresentativo, da cui è emerso che il 50 per cento degli interventi non è stato realizzato per motivazioni di carattere procedurale e amministrativo. Questo è un esempio di come non tutto andasse bene, pur se i presupposti c’erano tutti. Quindi, c’era dunque bisogno di una riforma.

    Noi condividiamo gli obiettivi principali di questa riforma nella trasposizione anche del suo articolato, che richiamo molto brevemente, a partire da una profonda semplificazione amministrativa e procedurale, su cui non mi soffermo per motivi di tempo, cioè dello stralcio effettuato e della legge edilizia considerata parte. Anche in questo caso è stata attivata una partecipazione molto puntuale e molto attenta e sono state raccolte le varie osservazioni e considerazioni. Una semplificazione altrettanto forte - e noi lo vediamo sicuramente in positivo - è relativa alla pianificazione. Un piano unico che chiarisce una volta per tutte quella che è la pianificazione comunale, che ha una valenza strategica e non conformativa. Una volta per tutte si chiarisce quello che è stato nel passato oggetto anche di alcune problematiche. Ancora, gli accordi operativi, dove - è vero - siamo tutti chiamati, sia il pubblico che il privato, a una nuova sfida, che però va colta in tutta la sua interezza, perché bisogna far emergere nuove capacità progettuali e nuove capacità di programmazione. Ma credo che qualche rischio occorra correrlo. È sicuramente una scelta giusta. Per non parlare poi della centralità assunta dai temi della rigenerazione e riqualificazione, il consumo del suolo e l’attenzione verso l’edilizia residenziale sociale e le aree agricole e le imprese agricole intese come bene comune. Sono tutti elementi che condividiamo.

    Riteniamo, tuttavia, che la vera sfida sia quella che questa legge deve riuscire a coniugare le esigenze di carattere ambientale intese in senso lato, dunque non solo in termini di suolo ma anche di efficientamento, benefici, eccetera, con l’obiettivo di rafforzare anche l’economia e lo sviluppo. Quindi, le famose parole “attrattività” e “semplificazione” credo che debbano essere parte fondante, non foss’altro perché noi tutti abbiamo sottoscritto il Patto per il lavoro, dove questi sono i principali presupposti. Quindi, credo che ogni provvedimento debba trovare in quel Patto per il lavoro quelli che sono i paradigmi per lo sviluppo. Quindi, la nuova legge ha l’ambizioso compito di essere questa equilibrata sintesi fra sensibilità ambientale e variabile ambientale e crescita e occupazione.

    Abbiamo anche molto apprezzato l’introduzione dell’articolo 75 nel testo di legge sul monitoraggio dell’attuazione della legge stessa, proprio al fine di verificare alcune eventuali mancate applicazioni della legge n. 20 e, quindi, di monitorare tutta la fase attuativa e, se è necessario, anche porre dei correttivi in corso d’opera.

    Pur convenendo su tutto l’impianto in generale, non possiamo comunque esimerci dall’esprimere alcune preoccupazioni. Comincio con una sottolineatura, già richiamata in parte anche da ANCE: bisogna precisare come questo provvedimento va a incidere sulla carne viva delle nostre imprese, delle imprese e di quegli operatori che hanno nei loro bilanci delle aree a destinazione diversa. Queste aree costituiscono il patrimonio dell’impresa. Poco importa, a questo punto, il dibattito sulla conformità o meno, sui diritti acquisiti o non acquisiti, quello che conta è che queste imprese hanno pagato l’IMU su queste aree, hanno nei loro bilanci queste quote e verosimilmente soltanto pochi di questi interventi troveranno ragion d’essere nel periodo considerato.

    Detto questo, però, aggiungo anche che la sfida del contenimento del suolo l’abbiamo accettata. È una sottolineatura che, però, va fatta e si deve sapere che cosa implica questa legge per le imprese e per i territori. Come cooperazione, questa sfida l’abbiamo accettata e puntiamo a favorire quello che è un processo di rigenerazione. Occorrono due condizioni, tuttavia: che si avvii realmente questo processo di rigenerazione perché abbia corso il percorso di sviluppo e che i tempi del transitorio siano rispettati per favorire, in questo breve tempo, la realizzazione degli interventi maturi. Al riguardo, anch’io richiamo l’articolo 27, dove si riconosce ai Comuni la possibilità di anticipare la salvaguardia non dall’adozione, bensì ancora dalla fase di proposta di piano. Inoltre, arriviamo anche a esprimere, laddove ci fossero delle condizioni per approvare i piani in misura anticipata rispetto ai tempi considerati dalla legge, che prevede tre anni, l’auspicio che possano determinarsi delle flessibilità in più per non limitare o ridurre il periodo transitorio considerato.

    Si è parlato molto di quota di espansione, di questo famoso 3 per cento. È chiaro che in fase di prima applicazione il 3 per cento verrà attribuito ai singoli Comuni o alle unioni dei Comuni, fatto salvo che per la Città metropolitana, che ha una sua conformazione e configurazione, ragion per cui si paventa chiaramente il rischio di avere o una sovrastima di quelle che sono le esigenze espansive o una sottostima. Quindi, questo rischio c’è tutto.

    Un invito alla riflessione, più che una proposta emendativa, che volevo fare in questo contesto è di ragionare, anche se l’opportunità massima, la chiave massima sarebbe quella di avere una pianificazione di area vasta, perché in questo caso c’è la Provincia che coordina e sovrintende quelle che possono essere le attribuzioni di espansione territoriale. Poiché questo è un percorso difficile, che chiaramente farebbe anche slittare i tempi, come alternativa pongo la riflessione se non fosse possibile ragionare in termini di un range, magari un attimo più ampio di quello del 3 per cento, dall’1 al 4 per cento (chiaramente li butto lì, sono dei numeri). Questo forse farebbe correre qualche rischio di uscire dalla quota del 3 per cento ma, puntando sulla responsabilità dei Comuni, garantirebbe di prevedere delle quote funzionali a quelli che sono i loro fabbisogni.

    Due battute veloci, e chiudo. Con riferimento alla rigenerazione urbana, voglio dire subito che questa legge ha fatto moltissimo su tutto il tema della rigenerazione e della riqualificazione con le semplificazioni introdotte, con tutte le misure. Ha fatto molto anche con un minimo di dotazione iniziale, con un fondo di garanzia per l’agevolazione di 30.000 euro. Però, bisogna anche riconoscere che questo è un inizio e probabilmente tutto questo non basta. Occorrono - e sono già stati richiamati - provvedimenti di carattere fiscale. Già con la legge di stabilità sono stati compiuti dei passi in avanti, ma non basta. Inoltre, occorrono delle risorse aggiuntive, affinché realmente parta e abbia corso un processo impegnativo e importante, che richiede un cambio di passo nella stessa programmazione degli interventi, nelle soluzioni tecnologiche, nell’approccio con la proprietà, nella disponibilità delle risorse, nella capacità anche di saper progettare degli interventi complessi.

    Forse non sarebbe un azzardo - e la butto lì, anche se non sono sicuramente la prima a dirlo - pensare a un Piano nazionale della rigenerazione urbana, con tanti piani regionali, sulla falsariga del Piano energetico, laddove in maniera coordinata e omogenea si predisponesse un programma di interventi, con tanto di risorse.

    Un’ultimissima battuta la voglio dedicare alla contribuzione straordinaria. Ne avrei altre di importanti, comunque vi lascio la documentazione contenente le nostre osservazioni. Ad esempio, sull’edilizia libera anch’io avevo qualche cosa da sottolineare, magari contingentata, limitata. Tuttavia, si prevede che nei prossimi vent’anni non ci sia la possibilità nemmeno di fare - non si parla di tremila alloggi - qualche piccolo alloggio a livello comunale, laddove vi è un particolare fabbisogno. Dicevo, quindi, un’ultimissima battuta la faccio sulla contribuzione straordinaria prevista dall’articolo 8, comma 1, negli ambiti urbanizzati per i soli interventi legati ai medio-grandi punti vendita. Ci sembra una forma assolutamente penalizzante prevista per solo una categoria, che è soggetta sicuramente a dei contenziosi.

    Un’ultimissima battuta, e chiudo - e mi fa piacere che adesso sta arrivando il direttore di Confesercenti -, sui punti vendita. Mentre ritengo legittima, ancorché non condivisa, l’ipotesi di far rientrare il 3 per cento nell’ambito della quantificazione dei punti vendita, sull’altro tema, purtroppo o per fortuna (dipende dai punti di vista), devo richiamare le norme nazionali del decreto Bersani n. 98 e, da ultimo, del decreto “Salva Italia” del presidente Monti n. 201/2011, dove in maniera chiara, puntuale e precisa si specifica che c’è la liberalizzazione totale di questi settori e al pari di altri (telefonini, eccetera, eccetera) non è possibile prevedere misure di contingentamento o altre forme, se non a livello di pianificazione comunale, laddove gli invariati limiti e vincoli impongono delle limitazioni.

    Queste osservazioni nulla tolgono al testo generale. Lo spirito è esclusivamente quello di dare un contributo, ci auguriamo fattivo, perché questa norma possa davvero proseguire. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Grazie.

    Guardate che non è piacevole per la sottoscritta dovervi richiamare ai tempi, ma ci sono ancora una quindicina di interventi, quindi lo faccio perché è importante per noi ascoltarvi e per voi ascoltarvi affinché sia più utile a tutti questa giornata.

    Do la parola a Paolo Marcelli, presidente della Federazione regionale degli architetti. Intanto, per organizzare meglio i nostri lavori si è pensato di far svolgere ancora cinque interventi. Immaginiamo così di sospendere i lavori intorno alle 13,15, per poi riprenderli alle 14. Prego.

     

    Paolo MARCELLI (Coordinatore Federazione Regionale Emilia-Romagna architetti). Grazie, presidente. Buongiorno a tutti.

    Proverò, nella sintesi necessaria più rivolta a specificità tecniche, a intervenire e portare il nostro contributo su entrambi i disegni di legge.

    Si sa che le professioni tecniche rappresentate da ordini e collegi territoriali si sono riunite in un Tavolo tecnico in occasione di questo disegno di legge, hanno partecipato al confronto e in questo Tavolo tecnico hanno trovato rappresentanza e parola la Federazione degli architetti dell’Emilia-Romagna, ingegneri, geometri, geologi, agronomi, periti industriali, periti agrari e anche il CUP dell’Emilia-Romagna. Questo per segnalare sinteticamente le tematiche discusse da una rappresentatività di circa 45.000 studi professionali. Certo, come si è anche visto, non è pensabile che siamo rappresentativi sotto il profilo politico, tant’è che il nostro apporto è assolutamente tecnico.

    Non potrò essere esaustivo visti i tempi che corrono, però voglio segnalare che tutto quello che non toccherò naturalmente è giudicato e giudicabile dal nostro lavoro sotto un profilo di equilibrio e responsabilità, nel senso che i termini che noi andiamo a intercettare velocemente in entrambi i testi, tutto quello che non vado a evidenziare ha queste caratteristiche.

    La rilettura del testo, così come riformulato in fase di approvazione da parte della Giunta regionale, ci ha suggerito e ci suggerisce alcune evidenziazioni. Sicuramente un plauso particolare va all’introduzione dell’articolo 75, che disciplina il tema del monitoraggio e della partecipazione attiva con particolare visione agli atti di coordinamento.

    Le tematiche che voglio evidenziare a voi che siete qui in fase di ascolto sono le seguenti. Un primo tema è già stato affrontato ed è il tema della soglia del 3 per cento. Al di là di stigmatizzare o evidenziare soluzioni diverse per la regolazione del consumo di suolo con la visione del saldo zero, riteniamo che questa percentuale sia particolarmente penalizzante per gli ambiti urbani ridotti, in particolare per i piccoli Comuni. La soluzione credo possa essere depositata eventualmente in una lettura del territorio urbanizzato in particolare ambiti di ridotta dimensione che faccia tesoro di certe flessibilità. Ma sono convinto che molti dei temi che enuncerò potranno essere depositati nell’analisi degli atti di coordinamento, ma in termini generali sono elementi di riflessione.

    Un elemento che voglio stigmatizzare come presidio della legge è l’esigenza di mantenere ferma e inflessibile la necessità di un adeguamento alla legge regionale nei termini indicati, che sono stati tutti valutati, per tutti i Comuni dell’Emilia-Romagna. Quindi, l’articolo 3, comma 1, che indica dei termini, deve essere rispettato, perché l’uniformità dell’attuazione, l’uniformità normativa, l’uniformità dello strumento, è una cifra di semplificazione essa stessa importante rispetto al panorama che vediamo.

    Così come è stato richiamato, è necessario fare una riflessione ulteriore nella determinazione, nella garanzia e nella certezza dei termini amministrativi per l’espressione di pareri sub-procedimentali per garantire i termini che la legge si è data nell’approvazione dei testi. Quindi, i pareri di enti, o paralleli, che concorrono alla formazione del Piano nel suo procedimento, come è stato delineato, è necessario che vengano governati con certezza temporale.

    Una importante riflessione la voglio portare, poi la risottolineerò, sul tema della conoscenza del patrimonio edilizio esistente. Noi abbiamo molto lavorato su questo tema, perché la conoscenza del patrimonio esistente in una legge che dedica lo sguardo a quello che esiste, perché questa è la legge, naturalmente è fondamentale. Questa conoscenza non è soltanto depositata o depositabile, ma deve essere ritrovata e ritrovabile in azioni di archiviazione e ricerca, chiamata Anagrafe comunale degli immobili e altro, che possano esse stesse conglobare ogni elemento di conoscenza, sismica, edilizia, energetica del fabbricato, per guidare la rigenerazione.

    È assolutamente importante che per la conoscenza del patrimonio edilizio esistente ci sia una forte rappresentazione univoca della pianificazione vigente, cioè per la pianificazione vigente va trovato uno strumento, all’avvio dentro il testo di legge, che sia un utile riferimento per tutti gli operatori.

    Noi abbiamo immaginato e abbiamo proposto, vado veloce, naturalmente che la Regione possa essere perno di una banca dati definitiva, esaustiva di tutta la pianificazione di riferimento per i territori di questa Regione. Questo per la trasparenza, anche per dare forza a quegli atti di pianificazione che sono così importanti come il documento per la qualità urbana, che è un atto cardine e che contiene l’urbanistica, secondo noi, della nuova pianificazione.

    Quanto alla rigenerazione, che è un asse portante del testo, non mi dilungherò, perché probabilmente qualcuno dopo di me riprenderà alcuni temi. Segnalo che il testo normativo, che è assolutamente corposo e propone delle soluzioni tecniche che condividiamo, anche innovative, noi stiamo lavorando, stiamo cercando e siamo qui per dire alcuni elementi ulteriori di migliore facilitazione alla rigenerazione. Ne sottolineo due, velocemente: è quello di uno sguardo, anche nell’ambito del testo della legge, al cambio di destinazione d’uso, nel senso di inserire un concetto che in taluni ambiti di rigenerazione della città esistente e del centro storico, ci sia già indicata una certa invarianza del carico urbanistico in determinate funzioni, per alleggerire le derivate economiche e anche per garantire quella flessibilità degli usi sperimentale che è necessaria in questi ambiti così complessi.

    Il centro storico è stato toccato dalla legge come un aspetto innovativo che è contenuto nel comma 6 dell’articolo 32. Anche il centro storico merita uno sguardo ulteriore, in particolare per la flessibilità degli usi, perché i centri storici hanno bisogno, e per l’incremento, in questo caso, della conoscenza, per un’esatta e corretta riqualificazione.

    Anche su quel fronte quindi si ritiene importante fare un approfondimento. Consegnerò il documento, dopo naturalmente averlo tradotto in qualcosa di più sensato - a volte la tecnologia non aiuta quando serve, non mi andava il computer -: è chiaro che nel documento cercheremo di fare un pochino più di sintesi.

    Sul territorio rurale noi abbiamo trovato che l’articolo 36 sia un articolo chiave, e il PRA è veramente un oggetto interessantissimo, perché mette al centro il progetto dei fabbisogni dell’impresa. Questo PRA, lo strumento come è stato coniugato, affidato alle giuste competenze, ci convince.

    Condividiamo la preoccupazione che il recupero della pulizia dei fabbricati dismessi sia da attivare con più forza rispetto al 10-20 per cento indicato dalla norma. Condividiamo che il PUG sia l’attore che determina questo indirizzo e non sia quindi un automatismo indistinto, però, sulle soglie lavorerei un pochino di più, perché dai conteggi che visualizzano, sempre tecnicamente, perché a volte, forse, le risorse derivate non sono neanche sufficienti alla mera demolizione, posto che l’obiettivo è la pulizia e la desigillazione del suolo.

    Un ultimo accenno va alla strategia per la qualità urbana ed ecologica ambientale. Noi abbiamo letto questa strategia all’inizio, come professione, come consegnata all’atto amministrativo comunale, quindi alla Giunta. La discussione ha portato un punto di equilibrio, come atto costitutivo del PUG, lo condividiamo. È un atto di forte indirizzo della pianificazione. Non è vero, a nostro modo di vedere, che non c’è l’indirizzo per la pianificazione. Si tratta, eventualmente, ritornando sui nostri passi, di individuare più precisamente cosa eventualmente è più consegnato alla Giunta, o alle variabilità dell’operatività, però riteniamo che la pubblicizzazione e la forza di questo strumento sia garanzia di quella trasparenza che tutti qui ricerchiamo.

     

    So che sto bruciando il tempo, e vado sul disegno di legge di modifica della legge n. 15. Anche qui partecipiamo al lavoro, anche qui ci confrontiamo. Rispetto al testo, naturalmente sono stati trovati dei punti di condivisione ampi, sono stati anche ricordati.

    Voglio richiamare un tema fondamentale: il tema della conoscenza, in questo caso del patrimonio edilizio esistente in termini di atti legittimanti di titoli abilitativi. Il panorama dei nostri Comuni è di un’archiviazione disomogenea, di una difficile ricognizione del titolo legittimante l’edificio esistente. È importante, a nostro giudizio, che si faccia un passo che è sequenza rispetto a circolari ministeriali del 2003 e rispetto anche a modifiche legislative del DPR n. 380, mi riferisco all’articolo 9 bis, con il quale i Comuni siano in grado di certificare non dico lo stato legittimo, ma almeno, come primo passo, quali sono i titoli abilitativi che riguardano quell’immobile, che poi sono il riferimento per atti notarili (la rigenerazione assolutamente sarà necessaria per il trasferimento e le trasformazioni). Spesso ci troviamo ad asseverare cose difficili, o magari a scoprire dopo, titoli abilitativi depositati in uffici diversi.

     

    Vado veloce, sfrutto la vostra pazienza, so che ne avete tanta. Altri due temi, sempre con lo sguardo alla rigenerazione: nell’ambito della legge urbanistica si sono individuate delle azioni innovative. Nell’ambito della legge edilizia, forse proponiamo una riflessione sull’articolo 7, lettera f) della legge n. 15, laddove si parla di fabbricati temporanei. Questi fabbricati temporanei hanno un tempo limite, 180 giorni, nel testo normativo attuale. Abbiamo visto come questi fabbricati temporanei potrebbero essere sostitutivi di un’esigenza quando l’intero edificio principale sia oggetto di ristrutturazione, l’abbiamo visto con il terremoto. Si ritiene che una temporaneità di taluni fabbricati a sostegno della riqualificazione possa avere dei tempi anche più lunghi, ancorati con il titolo edilizio principale.

    Ho abusato della vostra pazienza. Naturalmente non vi manderò questo documento. Farò di meglio. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Do la parola a Stefano Curli, Federazione regionale Ingegneri Emilia-Romagna.

     

    Stefano CURLI (Coord. Comm. Terr. e Urbanistica Feder. Reg. Ingegneri Emilia-Romagna). Mi unisco ai ringraziamenti per l’invito.

    Con l’architetto Marcelli e il perito Bastelli che ci segue negli interventi, faccio parte di quel gruppo interprofessionale che ha lavorato, non vi nascondo, almeno dal mio punto di vista personale, con impegno gravoso ed estremamente impattante, anche sul tempo dedicato a questa attività, che per chi come noi fa la professione, capite, è rubato all’attività che ci dà lo stipendio, dalla fine dell’anno 2016 fino ai primi mesi del 2017, per la revisione puntuale e attenta del testo di legge sulla revisione del disegno di governo urbanistico della Regione, e poi, successivamente, sullo stralcio del disegno di integrazione del testo della semplificazione edilizia.

    Il mio intervento si incardina sulle premesse che l’architetto Marcelli ha espresso e che faccio totalmente mie, ringraziando quindi sia l’assessorato che la Commissione che oggi ci ha convocati, per un percorso estremamente partecipativo, che ha da un lato comportato un impegno, come prima accennavo, importante, dall’altro ha sicuramente comportato una revisione attenta del testo che nel suo complesso noi crediamo sia un testo positivo.

    Il mio intervento vuole fare un focus sulle procedure relative alle attività connesse con gli interventi di rigenerazione urbana, che di fatto diventano punto-cardine della nuova urbanistica regionale, con l’auspicio che impattando sulla dispersione e sul nuovo consumo di suolo, da qui al 2050, gli interventi edilizi urbanistici futuri si concentrino in gran parte su riutilizzazione, rinnovamento e sostituzione, concetto ampio, e appunto la rigenerazione del patrimonio edilizio esistente e dei territori urbanizzati già esistenti.

    Questo è parte dei concetti fondanti della norma, tant’è vero che con una serie di condivisioni, all’atto della revisione del testo in bozza, è stato inserito, nell’articolo 1, quello dei princìpi generatori della norma, alla lettera b), che la norma debba favorire la rigenerazione dei territori urbanizzati, con tutto quello che consegue. Ovviamente, noi siamo ampiamente concordi con questo approccio.

    La lettera h), sempre all’articolo 1, insiste sul fatto che l’applicazione della norma e il suo dispiegamento debba essere soggetto a un attento monitoraggio, cosa che rimarco. Permettetemi di ripetere quello che ha argomentato prima di me l’architetto Marcelli: è stato inserito anche in un articolo dedicato, proprio perché le professioni hanno confermato la loro piena disponibilità, anche a valutare la dispiegazione, in termini applicativi, delle procedure e degli assetti della norma, una volta resa questa vigente.

    Mi concentro sugli articoli dal 7 al 16, che sono quelli dedicati agli interventi di rigenerazione urbana, facendo da un lato un’analisi delle attività effettivamente innovative favorevoli, dall’altro, quelle che possono essere ulteriori migliorie che a nostro avviso la norma potrebbe contenere in fase di revisione e lettura da parte dell’Assemblea consiliare.

    L’articolo 7 elenca gli interventi riservati ai procedimenti di rigenerazione. Quello che si potrebbe implementare è l’articolo 8, dove sono elencati gli incentivi riservati agli interventi di rigenerazione. La norma prevede che ci possa essere, sul territorio urbanizzato, una cancellazione del contributo straordinario, salvo che non si tratti di interventi relativi alla predisposizione di strutture commerciali con dimensione rilevante. Secondo noi, un passo positivo sarebbe quello di eliminare completamente il contributo straordinario che peraltro, alcuni dei soggetti che siedono in questa Assemblea ritengono - io non esprimo giudizio - sia completamente non dovuto. Secondo noi, un fattore di favore sarebbe quello di eliminarlo completamente.

    Ancora: potrebbe essere fatto uno sforzo ulteriore sulla riduzione degli oneri complessivi riservati agli interventi di rigenerazione. C’è stata una discussione abbastanza accesa su questa percentuale: la norma riserva una riduzione minima del 20 per cento degli oneri riservati su contributi di costruzione. Noi riteniamo che un gesto forte potrebbe essere quello di eliminare completamente questo contributo, ed eventualmente anche ridurre gli oneri di urbanizzazione per gli interventi di natura primaria e secondaria, che su interventi all’interno del territorio urbanizzato, ovviamente hanno già sostenuto questa parte. Una spinta forte agli interventi di rigenerazione sarebbe eliminare completamente gli oneri di urbanizzazione per gli interventi, con questo riducendo un carico di interventi che già hanno molti oneri accessori, proprio perché devono intervenire su fabbricati esistenti, a volte compromessi, a volte inquinati, a volte su aree compromesse perché frutto di precedenti utilizzi. Abbattere, eliminare gli oneri di urbanizzazione per questa tipologia di interventi capisco che sia una scelta forte, soprattutto se la gran parte degli interventi che si andranno a sviluppare, di natura strutturata saranno di questo tipo, quindi verrà ovviamente meno uno dei contributi per i Comuni, però secondo noi sarebbe qualcosa di effettivamente innovativo e fortemente incentivante di questa tipologia di interventi.

    Ancora, come ha accennato l’architetto Marcelli, crediamo che una maggiore flessibilità della gestione degli usi e delle loro categorie all’interno degli interventi di rigenerazione sia di fatto già implementata su tanti dei piani regolatori e di PSC oggi vigenti. Potrebbe essere inserita anche in norma.

    Ancora, e da qui ci colleghiamo ai disposti dell’articolo 11, in un momento come quello attuale, nel quale, su scala nazionale c’è in campo un piano strutturato e poliennale di spinta verso la riduzione del rischio sismico, anche su scala regionale si potrebbero attuare una serie di incentivi di natura fiscale, ovviamente di natura fiscale locale, perché la Regione non potrà attingere ai benefici fiscali nazionali, che però già per l’applicazione del cosiddetto sisma bonus sono di natura importante, per il quinquennio 2017-2021, nel quale noi immaginiamo che la norma avrà già completamente attuato il suo percorso, anche in termini di rinnovamento dei piani urbanistici attuativi.

    Un focus particolare mi riservo di farlo sull’articolo 11, perché è stato oggetto di una serie di discussioni, e riteniamo miglioramenti a latere dei lavori del tavolo di coordinamento tecnico per le politiche di governo del territorio. Su suggerimento della Federazione cui appartengo, è stato ampliato il procedimento semplificato per gli interventi di miglioramento sismico sugli edifici condominiali, con la possibilità di intervenire con la maggioranza semplice dell’assemblea non solo su edifici posizionati in zone a medio o alto rischio sismico, ma su tutto il territorio regionale, comprendendo in questo modo tutta la zona di fatto di nuova classificazione sismica, che è gran parte del territorio regionale, ovvero le classi a basso rischio sismico, che proprio perché di nuova classificazione entrata in vigore nella seconda metà del 2005 hanno un patrimonio edilizio, tutto quello storico progresso, gravemente insufficiente dal punto di vista del contenimento del rischio sismico.

    Altro assunto importante che è contenuto nell’articolo 11 è quello della demolizione e successiva ricostruzione nel caso di interventi di rigenerazione. Questa è un’altra delle considerazioni che sono state fatte a livello del tavolo tecnico, che è stata accettata dall’assessorato e inserita nel testo definitivo, e riteniamo che possa essere un grande incentivo proprio perché consente agli sviluppatori di interventi di avere già una rendita economica sull’edificio in costruzione, portarlo a compimento, e solo successivamente andare a ridurre la cubatura di provenienza, consentendo anche agli occupanti, nel caso l’edificio sia in utilizzo, di avere comunque una destinazione, nell’attesa che il nuovo intervento sia predisposto.

    Cosa si potrebbe fare di più? Secondo noi, proprio perché la categoria cui appartengo è particolarmente sensibile a questa tematica, è inserire, nei meccanismi di diagnosi, qualcosa che derivi direttamente dal decreto ministeriale del 28 febbraio 2017, proprio quello che inserisce la classificazione del rischio sismico su base nazionale. Cioè, inserire dei meccanismi incentivanti, come fa la legge fiscale nazionale, che all’aumento delle performance di miglioramento sismico inserisce degli aumenti di percentuale di sgravio fiscale, potrebbe consentire oltre alla mappatura dell’edificato regionale su scala di dettaglio, perché quella norma negli articoli successivi impone questo database regionale nel quale vengono classificati tutti gli interventi e tutti gli immobili che gli interventi subiscono, oltre ad una mappatura della dispersione del rischio sismico su base regionale, di avere anche un’incentivazione su base locale, che segue o che si aggancia all’incentivazione di stampo nazionale.

    Importante, ancora, è la riduzione, come ho già detto, degli oneri di urbanizzazione. Ancora importante è marcare maggiormente, secondo noi, con questa serie di incentivi, la preferenza per gli interventi di rigenerazione.

    Importante una volontà dell’assessorato, di avere una parte finanziata alla base della norma. All’articolo 12 la norma prevede che non si possano insediare dei fondi vocati al finanziamento degli interventi di rigenerazione. Crediamo sia una cosa estremamente innovativa, positiva e virtuosa. Ovviamente dobbiamo vederne i dati applicati e quale sarà l’effettivo successo in base di applicazione, così come la redazione dell’albo degli immobili soggetti a rigenerazione, prevista dall’articolo 15. Anche questo è un procedimento estremamente virtuoso a cui crediamo possano essere inseriti anche immobili semplicemente privati. Si chiede che siano immobili pubblici o immobili di natura pubblico-privato, immobili convenzionati. Potrebbero essere anche immobili semplicemente privati, che il privato mette a disposizione della comunità con interventi di natura puramente speculativa, ma essendo un database all’interno del quale si cerca di incontrare domanda ed offerta, immagino che anche interventi di natura puramente privata possano avere il loro posto.

    Importanti anche alcune correzioni sugli usi temporanei, ho terminato il mio tempo: ribadisco che crediamo che ci possano essere dei correttivi e crediamo comunque nel complesso che la norma abbia fatto dei progressi importanti, che sia un testo assolutamente condivisibile.

     

    Presidente RONTINI. Grazie, ingegnere. Do la parola a Massimo Bastelli, Federazione regionale periti industriali.

     

    Massimo BASTELLI (Federazione regionale periti industriali). Grazie, presidente.

    Mi unisco anch’io ai saluti ai partecipanti all’udienza conoscitiva. Naturalmente condivido gli ultimi due interventi dei colleghi. Abbiamo lavorato come Tavolo delle professioni su questa legge, abbiamo lavorato all’interno del Tavolo tecnico regionale, e condividiamo naturalmente l’impostazione data alla legge.

    Il mio intervento oggi è incentrato soprattutto, e la porto alla vostra attenzione, sulla problematica della conoscenza del patrimonio edilizio esistente, naturalmente. È fondamentale, questa conoscenza, nel quadro del disegno di legge che su tale fronte propone un’ampia parte del corpo normativo. Questa conoscenza deve essere un cardine necessario al dispiegamento delle azioni di riqualificazione della città. Per questo abbiamo chiesto più volte, in sede di tavolo tecnico, che per guidare le azioni di rigenerazione tra gli obiettivi dell’articolo 1, trovi spazio la necessità di attivare strumenti e individuare metodi volti alla conoscenza, diagnosi e ricognizione diffusa del patrimonio edilizio, con particolare attenzione all’analisi del rischio sismico, idrogeologico, di efficientamento energetico della sicurezza e della qualità architettonica del costruito.

    La richiesta non è peregrina ma nasce dalla consapevolezza dello stato conservativo e manutentivo dei fabbricati e dalla necessità di mettere e mantenere in sicurezza il vasto patrimonio immobiliare che ha mostrato tutta la sua fragilità di fronte alle catastrofi naturali, ad improvvisi crolli di edifici dovuti alla scarsa conoscenza documentale delle trasformazioni avvenute nel tempo, a scoppi o esplosioni per fughe di gas o per avvelenamento da monossido di carbonio o dovute ad incendi. Cause tutte derivanti da difettosi o da obsoleti impianti installati. Non è più rinviabile, a nostro avviso, l’attivazione di metodi e strumenti di ricognizione, conoscenze e diagnosi del patrimonio edilizio. Occorre cogliere questa irripetibile occasione, questa delle due leggi, per farlo.

    Secondo un recente studio del CRESME circa il 30 per cento degli edifici con abitazioni sono stati costruiti prima della seconda guerra mondiale e circa il 60 per cento degli edifici con abitazioni sono state costruiti tra il 1945 e il 1991, ed elevato, in questo ambito, è il numero degli edifici in stato conservativo mediocre e pessimo risalenti a prima del 1970 che necessitano di riqualificazione.

    Ciò detto, nel testo del disegno di legge c’è un unico riferimento alle necessità evidenziate, ed è proprio al punto g) dell’articolo 1, che così recita: “promuovere maggiori livelli di conoscenza del territorio e del patrimonio edilizio esistente per assicurare l’efficacia dell’azione di tutela e la sostenibilità degli interventi di trasformazione”, concetto che condividiamo appieno.

    Nell’articolato normativo, tra l’altro, è ben strutturato e si trova riscontro di come deve avvenire la promozione dei maggiori livelli di conoscenza del territorio per assicurare l’efficacia delle azioni di tutela e la sostenibilità degli interventi di trasformazione. Ma non si trova riscontro di come deve avvenire la promozione del maggior livello di conoscenza del patrimonio edilizio esistente.

    Riteniamo che un disegno di legge sul regime dei suoli che introduce l’urbanistica del progetto, che è più appropriata, in questa fase, della nostra vita sociale, facendola diventare primario strumento di governo e riqualificazione del territorio, che non prescinde dall’aspetto economico ma che lo valorizza e lo rende più trasparente anche attraverso varie forme di premialità, che tra gli obiettivi si pone anche quello di favorire la rigenerazione dei territori urbanizzati e di miglioramento della qualità urbana ed edilizia, con particolare riguardo all’efficientamento energetico ed alla riduzione del rischio sismico degli edifici, non può esimersi, dicevo, questo progetto di legge, ad un enunciato sulla conoscenza del patrimonio edilizio esistente, e deve necessariamente andare oltre ed indicare come conoscere i deficit e la loro condizione.

    Il disegno di legge è peraltro improntato e incardinato sulla fondamentale importanza della conoscenza ed a proposito è stato forgiato l’articolo 22, Quadro conoscitivo, che al comma 1 così recita: “Il quadro conoscitivo è elemento costitutivo degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica. Esso provvede all’organica rappresentazione e valutazione dello stato del territorio e dei processi evolutivi che lo caratterizzano, con particolare attenzione agli effetti legati ai cambiamenti climatici ….” eccetera, poi prosegue. Se questo è vero, ed è condiviso, occorre colmare il vuoto di conoscenza lasciato sul patrimonio edilizio.

    Chiediamo pertanto di dare corpo normativo all’applicazione di quanto sinteticamente enunciato alla lettera g) dell’articolo 1, poiché la conoscenza del territorio deve essere un tutt’uno con la conoscenza documentale e tecnica del patrimonio edilizio e va regolamentato, a nostro avviso, tramite specifico atto di coordinamento tecnico. Ne abbiamo fatti tanti, facciamone uno in più e andiamo a regolamentare anche questo aspetto.

    Abbiamo il dovere di conoscere, raccogliere e conservare i dati e le informazioni, soprattutto per la sicurezza, la prevenzione del rischio sismico, idrogeologico, l’efficientamento energetico, la qualità architettonica del costruito e la sua manutenzione, vieppiù di fronte ad una condivisa legislazione che va verso la deregolamentazione degli interventi, che spostandosi verso le CILA e le SCIA responsabilizzi maggiormente i committenti, i professionisti e le imprese.

    È dunque necessario che le informazioni vengano raccolte e poi aggiornate ad ogni intervento o modifica edilizia, per evitare che si disperdano nel tempo o in tanti documenti separati per competenze e per collocazione.

    Il nostro ordinamento già oggi prevede la necessità di avere una moltitudine di certificazioni specifiche riguardanti ambiti particolari, riferiti ad un immobile. Certificazioni che in diversi casi devono nel tempo essere rinnovate, pena la decadenza delle autorizzazioni all’uso. In molti casi tali certificazioni si perdono, e l’utente non ha più la consapevolezza di ciò che è necessario e che la norma richiede.

    Tale situazione peraltro è aggravata dal fatto che i documenti in possesso delle Amministrazioni pubbliche non solo sono gestite da più enti, ma rispondono a finalità differenti e non sono organicamente correlati tra loro.

    Questa mancanza poi si traduce sostanzialmente in un costo per la collettività e per il cliente, per l’utente finale che deve comunque poi ridotarsi di queste certificazioni e deve ripartire daccapo per ricostruirle. Vi ringrazio.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Abbiamo, come anticipavo prima, gli ultimi due interventi, Roberto Centazzo, responsabile delle politiche territoriali di CNA Emilia-Romagna. Poi sospendiamo per tre quarti d’ora, riprendendo alle 14.

    L’assessore si scusa, ma aveva un altro impegno, ci raggiungerà, anche perché alla fine gli daremo spazio eventualmente per fare un intervento per dare una prima risposta, perché c’è tutto il lavoro in Commissione e in Aula, per rispondere ad alcune delle tante sollecitazioni emerse.

    Tutto il materiale e i contributi che nei mesi scorsi avete inviato, che il Tavolo interistituzionale ha preso in considerazione, ha discusso e su cui si è confrontato, era parte del lavoro che riguardava la Giunta. Da quando la Giunta ha approvato il progetto di legge, questo è entrato in carico all’Assemblea legislativa, quindi alla Commissione, e poi sarà mia cura farlo avere a tutti i commissari, sono stati depositati il documento di Legacoop, quello dell’Ente di gestione per i parchi e biodiversità Emilia Orientale, quello congiunto di CIA Emilia-Romagna e di Confagricoltura, Confesercenti Emilia-Romagna e la nota di Coldiretti che mi era stata anticipata ieri.

    Tutti gli altri che non sono stati citati qui, se fanno avere alla mail da cui avete ricevuto l’invito alla seduta di oggi, i documenti, questo è il modo perché tutti i consiglieri e i membri della Commissione possano leggere e approfondire.

    Colgo anche l’occasione per ringraziarli, sono qui in sala fin dal mattino, il dottor Giovanni Sant’Angelo, l’architetto Roberto Gabrielli, tutti i funzionari dell’assessorato che hanno lavorato a fianco dell’assessore Donini, e a voi, in questi mesi, per approfondire. Prego.

     

    Roberto CENTAZZO (Resp. pol. Terr. CNA Emilia-Romagna). Grazie. Cerchiamo di stare nei tempi.

    Molto sinteticamente, come CNA Emilia-Romagna, noi abbiamo condiviso e condividiamo gli obiettivi di fondo e l’articolato, l’impianto della legge, questo è un elemento chiaro, è un elemento che ho voluto dire in premessa, in maniera secca.

    Abbiamo anche molto apprezzato, questo è stato detto da molti, il metodo che è stato utilizzato, il percorso partecipativo che è stato lungo e con grande possibilità di confronto. Naturalmente, nel momento in cui io dico che condividiamo l’impianto della legge, arrivo a dire, a seguito del ragionamento sul percorso partecipativo, che riteniamo il punto d’approdo a cui si è giunti, quindi la proposta che abbiamo in questo momento in discussione, come un punto di equilibrio che è stato anche faticosamente, in certi momenti, raggiunto e che ha richiesto a molti di fare dei passi indietro rispetto alle prospettive iniziali.

    Noi avremmo voluto un periodo di transizione più lungo? Sì, l’avremmo voluto. Avremmo voluto una percentuale più alta di espansione? Sicuramente sì. Però, in questo momento noi riteniamo che questo, ribadisco, sia un punto di equilibrio significativo e che da questo però non si possa tornare indietro e non si possano fare scelte differenti.

    Qualcuno l’ha ricordato prima: questa legge noi l’abbiamo sempre vista all’interno di un quadro di riferimento, quello del Patto per il lavoro, all’interno di una prospettiva di sviluppo, di rilancio dello sviluppo economico all’interno della nostra regione, in particolare di rilancio dell’occupazione. Prima qualcuno ha ricordato il pesante bilancio, in termini di occupati, che il settore delle costruzioni ha pagato. Vorrei dire che questo bilancio non è stato solo in termini di lavoratori dipendenti, ma è stato anche in termini di imprese e di imprenditori che hanno cessato la loro attività.

    In questo momento, io credo che noi dobbiamo vedere questa legge come, a modo suo, una legge di intervento di politica industriale. Di fatto, la proposta di legge che abbiamo di fronte ci pone di fronte al problema di riorientare complessivamente il sistema delle costruzioni all’interno della nostra Regione, quindi, a nostro avviso, va vista anche in un’ottica più ampia.

    Prima, l’esponente della CGIL sottolineava come il periodo transitorio andasse inteso, almeno questa è l’interpretazione che do io di ciò che è stato detto, come un periodo necessario alle imprese per riorientarsi, per riorganizzarsi, per riconvertirsi, e andasse inteso come un periodo in cui riadeguare le competenze dei lavoratori presenti all’interno di queste imprese.

    Io penso che noi oggi discutiamo di una legge che ha contenuti tecnici, quindi, le cose che io sto dicendo, semmai, rappresentano uno sfondo, non entrano nell’articolato specifico, ma credo che questo sfondo debba essere tenuto in considerazione e che noi dobbiamo pensare che a partire da questa legge si costruisca un percorso di riorganizzazione del sistema produttivo dell’edilizia all’interno della nostra Regione. Questo per esempio può significare anche il coinvolgimento di problematiche come quelle della formazione, il coinvolgimento di problematiche come quelle relative ai processi di innovazione, all’interno dei sistemi produttivi. Questa è una parte che a nostro avviso va riconsiderata.

    Qual è il campo principale di applicazione di questo nuovo modo di vedere le costruzioni, di vedere l’edilizia all’interno del nostro quadro? È quello, a nostro avviso, della rigenerazione urbana. Su questo occorre che si lavori di più e si tenga conto di alcuni aspetti fondamentali. Qualcuno prima ha parlato della necessità di maggiori incentivi, della necessità di sgravi fiscali, ma anche della necessità di maggiore intervento pubblico in questa direzione.

    Noi in questo vediamo una grande possibilità, una grande opportunità, ma vediamo anche un elemento di rischio sotteso, in termini potenziali, in alcuni elementi della legge, e che però è sotteso anche all’interno di altri provvedimenti che sono stati presi e vengono presi, via via, nel corso di questi mesi e di questi anni.

    Il rischio è quello dell’emarginazione, della marginalizzazione dei soggetti più deboli e di minori dimensioni all’interno innanzitutto del sistema economico, ma anche all’interno del sistema istituzionale e della società nel suo complesso.

    La rigenerazione urbana è un elemento che dà la possibilità a molte imprese di piccola dimensione di svolgere il proprio lavoro e di svolgerlo efficacemente. La rigenerazione urbana implica la possibilità di interventi anche nelle piccole realtà e non solo nelle grandi città, quindi può favorire l’impresa diffusa, ma occorre che queste cose siano rese possibili, sostenute e incentivate all’interno sia della legge ma anche dei provvedimenti attuativi, dei provvedimenti che verranno presi successivamente. Questo apre un capitolo che alcuni hanno richiamato, quello dei piccoli Comuni, della necessità di favorire forme di aggregazione, di aggregazione anche degli uffici di piano. La legge ha delle ambizioni molto forti. Il nostro timore è che i piccoli Comuni non riescano a stare dietro a queste ambizioni, e questo rischia di aumentare la distanza tra le grandi realtà e quelle di piccole dimensioni, a creare maggiore squilibrio all’interno del nostro tessuto.

    Una società che funziona è una società che si basa sull’equilibrio, a mio avviso, un equilibrio dove c’è spazio per i diversi soggetti che riescono in qualche modo organicamente a funzionari assieme. Se questo non succede, noi abbiamo una società dispari, dove alcuni si rafforzano molto e altri si indeboliscono. Credo che abbiamo tutto il mondo per vedere che cosa succede quando la società è molto dispari. Penso allora che dovremmo prestare un momento d’attenzione maggiore a queste cose.

    Dicevo: sostegno ai piccoli Comuni, sostegno alla creazione degli uffici di piano, sostegno forte, attraverso forme forse anche un po’ più vincolanti per le aggregazioni, ma anche attraverso forme proattive, non solo di tipo appunto vincolistiche, che li portino ad un certo punto.

    Due punti di sfuggita, poi chiudo. La prima questione riguarda il 3 per cento e si riallaccia alla questione dei grandi e dei piccoli Comuni, si riallaccia al fatto che il 3 per cento su Gaggio Montano non è la stessa cosa del 3 per cento su Bologna. In certi casi può significare che si possono edificare due stanze in più - adesso esagero - ma forse non proprio del tutto, mentre in altri casi abbiamo degli spazi che sono enormi e che sarebbe inadeguato e illogico tenere aperti in quella modalità.

    Prima Rita Pareschi della Legacoop ha avanzato alcune proposte in questa direzione e io mi associo a questo tipo di preoccupazione. Credo che occorra pensare a delle modalità per affrontare questo aspetto, che potrebbero essere a livello di area vasta, ma che potrebbero anche essere costruite cercando di tenere conto del fatto che siamo di fronte a realtà che hanno caratteristiche ed esigenze diverse.

    Un ultimo punto lo voglio dedicare alla semplificazione. Prima qualcuno ha affermato che in questi anni si è molto parlato di semplificazione, ma non si è semplificato niente. Ebbene, come rappresentante delle imprese di piccole dimensioni, devo dire che spesso e volentieri è stato proprio vero. Qui, però, bisogna che noi consideriamo un fatto: spesso è stata chiamata semplificazione nei rapporti con la Pubblica Amministrazione quella che non è nient’altro che una razionalizzazione organizzativa. Quindi, magari si è semplificato il lavoro di chi lavorava nella Pubblica Amministrazione, ma questo non ha significato affatto che si sia semplificato niente nei confronti di chi con la Pubblica Amministrazione deve interagire, cittadino o impresa che sia. Quello che a noi interessa è che la semplificazione abbia effetto sulle imprese e sui cittadini. Questo è un dato che va considerato. Quindi, riallacciandomi al fatto che esiste un articolo che prevede che ci sia monitoraggio sull’applicazione della legge, io credo che tra gli elementi da tenere a monitoraggio ci sia anche quello dell’effettivo impatto sulla semplificazione che questa legge può avere, effettivo impatto non solo sul passaggio da dieci anni a dieci mesi, ma anche sul fatto che effettivamente una serie di soggetti traggano beneficio da questa semplificazione. Quindi, per esempio, questa cosa dovrebbe significare chiedere non solo a noi stessi che siamo qua dentro o a chi opera nelle Pubbliche Amministrazioni, ma anche ai cittadini e alle imprese che direttamente hanno avuto a che fare con questi processi quanti e quali possano essere stati i benefici che da tutto questo sono derivati. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Grazie.

    Chiamo ora Mario Agnoli, direttore generale di Confindustria Emilia-Romagna, che chiude questa prima parte della nostra udienza conoscitiva di oggi.

     

    Mario AGNOLI (Direttore Confindustria Emilia-Romagna). Grazie, presidente. Buongiorno a tutti. Capisco l’ora e il calo zuccherino, ragion per cui cercherò, pur rappresentando nove associazioni industriali della provincia, di non chiedere il tempo per ognuna di esse e, quindi, di sintetizzare il più possibile la posizione del mondo industriale su questo importantissimo provvedimento.

    Anch’io parto da due punti fermi che diamo per acquisiti. Il primo è il principio, l’atto ispiratore di questo intervento, che è il Patto per il lavoro. C’era, c’è, è stato costruito ed ha al proprio interno - lo voglio ricordare a chi magari non l’ha letto - proprio questi obiettivi, l’obiettivo cioè di intervenire in questa materia e di coniugarla con il tema dello sviluppo economico e della crescita di nuova occupazione. Del resto, se non abbiamo presente questo aspetto, vuol dire che parliamo a vanvera.

    Il secondo punto di riferimento è obiettivamente il lavoro svolto a livello tecnico, che molti hanno qui ricordato. Al riguardo, ringrazio per l’equilibrio e il senso profondo dell’intervento del collega della CGIL. Ambedue rappresentiamo il mondo che crea valore, valore economico e valore occupazionale. Quindi, chi non lo crea deve presumibilmente adeguarsi a chi questo valore crea o dimostrare che è in grado di crearne uno o uguale o migliore.

    Il lavoro tecnico che è stato compiuto in tutti questi mesi è stato difficile, dove ognuno ha messo delle idee, delle proposte, e dove ognuno ha smussato o rinunciato a degli aspetti che pure erano per la propria rappresentanza assolutamente importanti. Quindi, questo punto di equilibrio raggiunto, difficilmente raggiunto - debbo aggiungere -, per noi è un dato acquisito, un dato che non si può mettere in discussione, ma sul quale possiamo ragionevolmente innestare alcuni punti di miglioramento. Ebbene, quali sono questi punti di miglioramento, signor presidente e signori consiglieri?

    Il primo aspetto è quello di dare attuazione e di consentire un’attuazione coerente non solo nei contenuti ma anche nei tempi che accompagnano questa legge. È una legge di lunga durata: 2050. Cosa succederà per allora se pensiamo alle modifiche così intense che abbiamo visto, positive ma anche negative, in questi anni? Sono stati ricordati, sempre dal collega della CGIL e dal presidente dell’ANCE Betti i drammatici effetti di questi andamenti economici su un mondo che era uno dei pilastri portanti dell’economia. Quindi, credo che un punto fondamentale su cui la Commissione potrebbe concentrare la propria attenzione sia quello di trasferire e di dare una progressione cronologica e uno sviluppo progressivo all’attuazione di questa legge.

    Abbiamo concentrato la nostra attenzione in particolare sul regime transitorio, dal momento che il regime transitorio tocca la carne viva, tocca i progetti delle imprese, gli investimenti, i bilanci, gli affidamenti bancari, il portafoglio delle aziende. Quindi, il regime transitorio è un punto. Ma credo che lo sguardo debba andare anche oltre questo elemento.

    Dico subito che i punti fondanti del provvedimento, che sono diminuzione, o contenimento, o saldo zero, o consumo zero del suolo, sono un dato acquisito nella discussione che abbiamo avuto, così come è acquisito il tema di una semplificazione vera. E ringrazio il rappresentante della CNA per quello che ha detto. Non si tratta mica solo di semplificare la gestione amministrativa degli uffici, che peraltro, quando si sono auto-semplificati, si autotutelano rispetto - e lo capisco - alla Corte dei conti, a Cantone e compagnia, prevedendo invece aggravi sempre maggiori di tipo amministrativo. Ne abbiamo prove costanti. Presidente, questo è un tema che invochiamo alla politica: la politica deve essere in grado di dare risposte a chi opera nel mondo del lavoro e nel mondo dell’economia.

    Sempre in termini di visione di medio e lungo termine - poi arriverò a due o tre questioni più specifiche - vorrei sottolineare un punto. Questa legge offre, finalmente, un’opportunità di modernizzare in senso qualitativo, in senso prestazionale e in senso estetico quello che si fa nell’urbanistica. Siamo rimasti indietro in questa regione. Abbiamo fatto una pianificazione corretta, prudente, gli ambiti produttivi, per fortuna, sono quelli che sono, anche perché se andiamo a vedere in Veneto c’è un pastone che fa impressione - lo dobbiamo dire -, se andiamo a vedere la Toscana, però, vediamo altrettanti brutti pastoni, anche a livello estetico, in una delle più belle regioni d’Italia, ergo noi dobbiamo guardare anche alla possibilità di essere attrattivi - badate, questo è un grandissimo valore -, attrattivi per la gente, per i cervelli, per accompagnare i grandi progetti che questo Governo regionale sta provando a portare avanti, ovverosia il progetto di avere qui il Centro meteorologico, il Centro europeo dei big data. Questa roba non si fa mica così! La Philip Morris ha bisogno di alloggi adeguati per i propri tecnici e sceglie in funzione di queste cose.

    Noi, allora, dobbiamo renderci conto che l’accordo tra pubblico e privato è un’opportunità notevole da questo punto di vista per inserire questi elementi di novità. E mi dispiace aver sentito un giovane architetto denigrare questo accordo pubblico-privato. Del resto, se lei, architetto, ha letto bene la norma, avrà visto che l’accordo tra pubblico e privato mette in prima linea le parole “interesse pubblico”. Le dirò di più…

     

    (interruzione fuori microfono arch. Ruini)

     

    Mario AGNOLI Io non l’ho interrotta. Noi siamo, al contrario, preoccupati dell’opposto. Casomai, siamo preoccupati di un eccesso di discrezionalità del pubblico nella negoziazione con il privato, di non avere sufficienti certezze, di non avere sufficienti garanzie, che sono quelle che noi vogliamo chiedere che vengano maggiormente inserite in questa legge, che è una buona legge, perché ha una visione lunga.

    Quali sono, allora, gli aspetti su cui possiamo ragionevolmente riflettere? Lo dico sempre nella logica delle certezze e delle garanzie. Partirei da un tema che pochi hanno toccato, che è il tema dei livelli della pianificazione e dei contenuti della pianificazione, perché questo ci aiuta anche a risolvere forse questo moloc del 3 per cento da tanti richiamato. Si sostiene, forse qui con un po’ di fondamento, di nutrire qualche preoccupazione in ordine all’affidamento all’accordo pubblico-privato, pur nell’ambito di piani di rilievo sovracomunali, nel nuovo PUG, che certamente non parleranno del sesso degli angeli, ma daranno degli indirizzi, come è ovvio e come è previsto, daranno delle scelte, daranno delle indicazioni in qualche modo vincolanti. Effettivamente, pensiamo che questo elemento indubbiamente rappresenti un fattore di forte cambiamento rispetto alla legislazione nazionale vigente, al di là dell’aspetto della legittimità o meno, su cui poi sentiremo cosa diranno gli uffici legislativi dei Ministeri. Secondo noi, tuttavia, potrebbe essere ragionevole inserire nei piani urbanistici comunali, nei PUG o in piani di livello un po’ più alto, intermedio rispetto al Piano regionale, degli elementi classici della pianificazione, che vorrei vedere come degli elementi di equilibrio, di garanzia, degli elementi minimali di destinazioni d’uso, perché questo può consentire all’investitore di non dipendere dalla discrezionalità eccessiva di qualche sindaco, che ci potrebbe essere, o da qualche sindaco che crede di poter fare prelievo fiscale nella negoziazione - poi su questo arriverò - e invece può consentire di avere dei riferimenti di certezza in ordine al luogo e al sito dove andare a collocare il suo investimento o il suo insediamento.

     

    Presidente RONTINI. Mi raccomando ai tempi.

     

    Mario AGNOLI Abbia pazienza… Cerchiamo di dare il giusto peso a chi rappresentiamo.

     

    Presidente RONTINI. Qui hanno tutti pari dignità. Le persone che intervengono qui hanno pari dignità. Prego.

     

    Mario AGNOLI Benissimo. Allora, io parlerò come hanno parlato due volte o tre volte gli ordini degli ingegneri e così via.

     

    Presidente RONTINI. Al massimo fa parlare un suo collega. Però, richiamo anche lei a rispettare i tempi, direttore. La ringrazio.

     

    Mario AGNOLI (Direttore Confindustria Emilia-Romagna) Pianificazione e 3 per cento. Detto questo, noi pensiamo…

     

    (interruzione fuori microfono arch. Ruini)

     

    Presidente RONTINI. Lei non interrompa da là, in fondo. La prego. Non è questo il modo di comportarsi. Immagino che sia la prima volta - e mi fa piacere - che lei intervenga a un’udienza conoscitiva, ma non è questo il modo. Noi siamo qui in ascolto, io non ho interrotto nessuno, ho chiesto a tutti la massima collaborazione. Non è un dialogo, quindi per piacere per questi ultimi cinque minuti cerchiamo di ristabilire un clima utile, come è stato per tutta la mattina. Ognuno ha espresso con dignità e legittimamente le proprie opinioni, dopodiché sarà compito della politica fare sintesi e scegliere quali delle osservazioni eventualmente tradurre in emendamenti utili a migliorare il testo, posto che l’Assemblea legislativa è composta da cinquanta consiglieri e che in essa sono rappresentate tutte le forze politiche, un’articolazione certamente capace di ascoltare e prendere spunto da tutti i contributi utili, indipendentemente dal merito, che abbiamo ascoltato questa mattina. Prego.

     

    Mario AGNOLI (Direttore Confindustria Emilia-Romagna). La ringrazio.

    Rispetto a queste questioni, l’idea di introdurre elementi di pianificazione classica di garanzia può ulteriormente rafforzare anche la questione del livello della pianificazione. È prevista una pianificazione di area vasta, ovvero una pianificazione provinciale. Non sappiamo ancora quale sarà la scelta dell’Assemblea, perché con la legge regionale si potranno definire, in base alla legge n. 13, degli ambiti di pianificazione sovracomunale eventualmente diversi, peraltro tenendo conto degli effetti determinati dalla bocciatura del referendum.

    Perché richiamo l’area vasta? Perché l’area vasta potrebbe essere eventualmente quel riferimento utile a inserire o a cui raccordare il benedetto 3 per cento. Perché questo? Perché questo darebbe la possibilità ai Comuni che fanno capo a quell’area vasta di trovare dei punti di sintesi, dei punti di equilibrio, quella perequazione o quello scambio che pure la legge prevede, che tuttavia non verrebbero calati dall’alto, ma che troverebbero naturale risposta proprio a quel livello.

    Aggiungo ancora sul tema dei livelli di pianificazione che potrebbe esserci, nell’ambito della pianificazione o programmazione di area vasta, provinciale o addirittura sovraprovinciale, come ho sentito dire, la necessità di lavorare, nella decisione e nell’attuazione degli indirizzi concreti, su sottoinsiemi. E penso all’ambito della Città metropolitana di Bologna, che è un sottoinsieme, ampio, sufficiente, ma noi dovremmo dare la stessa omogenea ampiezza anche alle altre province. Quindi, i sottoinsiemi possono essere le unioni dei Comuni, possono essere gli Uffici di piano, che conosciamo, e ce ne sono alcuni particolarmente apprezzati per le loro capacità tecniche.

    Visto che siamo su questo aspetto, voglio raccordarmi a un altro tema delicato che non è stato toccato, ed è il tema degli oneri. Qualcuno ha ricordato - mi pare che l’abbia accennato il relatore di minoranza, che non vedo più, il consigliere Pompignoli - che potrebbe esservi una lettura “prelievistica” della legge. Ed effettivamente qualche dubbio c’è. D’altronde, se mettiamo in fila gli oneri a cui verrebbero chiamate le imprese che realizzano gli insediamenti, abbiamo, come è ovvio, l’urbanizzazione primaria, quella secondaria e i costi di costruzione. Poi abbiamo la novità costituita dagli oneri per le sostenibilità ambientali, non ben definite, non chiarite nei loro limiti, nelle loro quantità, nelle loro fattispecie e nella loro sovrapponibilità. Questa è una norma che va chiarita, assolutamente.

    Analogamente è doveroso porsi qualche domanda relativamente al tema del contributo straordinario, tema che nasce a Roma per un’esigenza specifica interna al territorio urbanizzato e ai cambi di destinazione e che diventa molto sexy per i Comuni. Capisco che è interessante, perché è un’interessantissima forma per rimpinguare i loro bilanci. Tuttavia, riteniamo che questa norma non solo sia illegittima - e vi porteremo un parere pro veritate al riguardo - ma anche antieconomica, nel senso che non aiuta lo sviluppo e la creazione di nuovi investimenti, che pure sarebbero necessari.

    Da ultimo, cito due questioni per noi prioritarie. La prima riguarda il regime transitorio, che è frutto di un lavoro profondo, accurato, delicatissimo. Al riguardo, sottolineo soltanto che dovremmo essere appassionati più allo sviluppo temporale di questa legge che non agli effetti immediati. Tre anni per far presenti i progetti realizzabili e due per fare le convenzioni: chi è fuori è fuori, chi è dentro è dentro.

    Ebbene, non è tanto una questione di avere tre anni per presentare le idee progettuali o i progetti. Il problema è che in questa maniera noi facciamo come voleva fare Tremonti quando pensava di fare sviluppo dando un piccolo incentivo per la realizzazione di capannoni, che poi sono rimasti regolarmente vuoti, come voi ben sapete. Allora, l’idea è un po’ diversa: allungare questo “3+2” e dare cinque anni per raccogliere progressivamente i progetti che derivano dagli affidamenti, dai PSC, dai POC, insomma le cose giacenti. E non vi è dubbio che un’autoselezione interessante ci sarà. Una volta fatto questo, vi sarà la fase del convenzionamento, che rappresenterà un’ulteriore selezione. Poi si potranno progressivamente scaglionare questi interventi anche in base alle indicazioni degli interessati nel tempo. Non andremmo, cioè, a imporre una fiammata. Salvo che l’obiettivo non sia: li mettiamo stretti, così chi è dentro è dentro, e abbiamo fatto altro che il 3 per cento.

    Dicevo, questo è un punto estremamente importante.

    La seconda questione riguarda il regime definitivo della legge. Noi pensiamo che occorra mantenere assolutamente fermo ciò che prevede l’articolo 6 in ordine agli insediamenti produttivi e alle tipologie ivi previste. Anzi, pensiamo che questo elenco debba essere ragionevolmente ampliato anche a quegli interventi più piccoli, minori dal punto di vista dell’entità dell’investimento, e penso a piccoli interventi del terziario, a piccoli interventi dell’artigianato, che anch’essi per quella comunità hanno un rilievo strategico o economico.

    Per quanto riguarda il fuori dal territorio urbanizzato, c’è la questione, come abbiamo detto prima, dei comuni piccoli e dei comuni grandi - molti lo hanno ricordato -, e la proposta la rinvio a quello che ho detto sull’idea dell’area vasta.

    Le ultime considerazioni riguardano, sempre in un’ottica di prelievo economico, l’edilizia libera fuori dal territorio urbanizzato, che la legge collega all’edilizia sociale. Dobbiamo aver presente che tutte le esperienze di edilizia sociale - penso in particolare alla Provincia autonoma di Bolzano, che è quella che le ha sviluppate maggiormente - prevedono un rapporto 60-40 o 70-30, vale a dire edilizia libera 60 o 70 ed edilizia sociale 30 o 40, perché altrimenti la cosa non marcia, non sta in piedi dal punto di vista economico.

    Infine, gli edifici rurali. Molti hanno accennato all’articolo 36. Ebbene, noi riteniamo che gli edifici rurali attuali, quelli che erano destinati soprattutto a residenza rurale, debbano essere recuperabili a questi fini e che la finalità non sia quella di spingerli a rientrare nel territorio urbanizzato, perché altrimenti andiamo a svuotare non solo una presenza storica testimoniale, ma anche una interessante opportunità di recupero e valorizzazione del territorio.

    Il resto ve lo scriveremo, perché abbiamo ancora molte cose da dire, anche in ottica emendativa. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Grazie a tutti per la collaborazione. Sospendo i lavori per una breve pausa.

     

    Presidente RONTINI. Ben ritrovati. Proseguiamo con i lavori della nostra udienza conoscitiva. Ringrazio tutti coloro che si sono fermati per ascoltare anche gli interventi dei “colleghi”, visto che oggi sono intervenuti professionisti, rappresentanti degli Enti locali, delle forze sociali e delle associazioni di imprese.

    Il primo intervento è quello di Giuseppe Poli, responsabile di Federconsumatori Emilia-Romagna. Vediamo se è già in sala, sennò procediamo con un altro intervento. Qualcuno mi aveva segnalato che forse sarebbe arrivato dopo. Bene, proseguiamo con Paolo Dallasta, consigliere comunale di Guastalla.

     

    Paolo DALLASTA (Urbanista Consigliere Comune di Guastalla). Buon pomeriggio a tutti. Ringrazio la Commissione per questa seduta.

    Sarò molto breve, anche perché tante cose sono già state dette. Poi bisogna anche arrivare a delle conclusioni. Più che altro vorrei riprendere un tema che è stato citato incidentalmente, ma che non è stato troppo esplorato e a cui tengo particolarmente. Io, oltre a essere consigliere - giusto per dettagliare il mio profilo -, sono anche un urbanista, quindi sono interessato da più punti di vista, ovviamente non solo quelli amministrativi.

    Durante il suo intervento, il rappresentante di CNA ha posto il tema della pianificazione intercomunale, che credo sia opportuno sottolineare. Perché? Perché oggi con questo progetto di legge andiamo a chiedere a oltre 300 Comuni di innovare i loro strumenti urbanistici, molti dei quali sono nuovi. Molti hanno impiegato quindici anni per fare un PSC ex novo. In più, chiediamo a questi Comuni di valutare in sessanta giorni gli accordi operativi, con strutture tecniche che, come è stato detto, forse non sono in grado, non hanno le spalle troppo larghe per affrontare questa negoziazione tra pubblico e privato, per la quale credo sia necessario avere una struttura tecnica, oltre che una visione politica, importante.

    Credo, però, che nella tradizione di questa Regione vi sia già una risposta su come arrivare a ovviare a questo sistema, su come fare veramente innovazione e su come questa legge potrebbe rappresentare l’occasione per arrivare ad avere 350 PSC e 50 PUG. È un sogno, ma credo che sia vera semplificazione e credo che si possa fare.

    La pianificazione urbanistica a livello comunale forse oggi non è più quella adatta. È necessario compiere un salto di scala, prendere in considerazione una dimensione territoriale più pertinente. E noi gli ambiti ottimali li abbiamo già delineati in buona parte. Abbiamo delle unioni che sono un’esperienza comunque valida ed esempio in tutta Italia. Inoltre, le unioni dei Comuni presenti in Emilia-Romagna, quando coincidono con ambiti territoriali omogenei, sono già forse l’ambito territoriale nel quale si può pianificare. E questo lo si può fare coinvolgendo anche le città capoluogo, perché anch’esse non sono estranee a questo fenomeno, ma hanno bisogno comunque di programmarsi e di pianificarsi con quella che è la loro cintura urbana.

    Credo, quindi, che la cooperazione intercomunale sia in grado di rappresentare al meglio oggi le dimensioni socioeconomiche e le dinamiche territoriali in un contesto omogeneo e dargli una rappresentanza migliore. Questo perché i limiti amministrativi oggi sono superati, sono forse anacronistici. Peraltro, troppo spesso in passato quella competizione urbana per attrarre risorse ha dato vita al fenomeno dello sprawl urbano. Infatti, ogni Comune cercava di far moneta attraverso il territorio per generare oneri, causando di fatto molti degli squilibri.

    Ciò vale a maggior ragione se il quadro di pianificazione, anche se rimane la pianificazione provinciale, viene indebolito a livello politico, considerato che viene meno un Ente di primo livello che poteva orientare e fare coordinamento con più autorità. Oggi, essendo un Ente di secondo livello - e abbiamo visto fenomeni di contrattazione per le opere che oggi le Province riescono a realizzare -, forse non ha più quell’autorità e quell’autorevolezza.

    Per queste ragioni credo che anche il tema del consumo di suolo, che già in parte viene legato alla dimensione sovracomunale, a seguito di una spinta ulteriore da parte della Regione per incentivare i piani intercomunali, sia gestito meglio, proprio perché di fatto ci sarebbe già una perequazione e, pianificando in maniera intercomunale, si andrebbero a individuare le aree strategiche di sviluppo e di rigenerazione in un’ottica competitiva e omogenea, evitando così che si inneschino competizioni tra i Comuni.

    Del resto, non è necessario andar lontano per trovare delle esperienze simili. Basta andare oltralpe, in uno stato come la Francia, che - è vero - è caratterizzato da uno spiccato centralismo, ma che ha risolto il problema della “pulviscolarità” dei loro comuni (sono 36.000) proprio con l’intercomunalità. E in questo c’è una legge del 2000, la cosiddetta legge di solidarietà e rinnovo urbano, in cui è stata stabilita l’estensione del limite urbano. Che cosa prevede questa legge? Che i Comuni che non hanno adottato un piano intercomunale - non vi sto a spiegare la legge francese - non possono urbanizzare nuovo suolo o edificare nuove grandi superfici di vendita. Quindi, già questo è un deterrente e un incentivo ad andare verso una semplificazione e una visione intercomunale.

    Riassumendo, dunque, gli obiettivi che si potrebbero conseguire - poi vi manderò delle note più dettagliate, anche perché sono tornato ieri da un viaggio, quindi non ho fatto in tempo a prepararmi in maniera adeguata - si potrebbe spingere verso un’incentivazione ulteriore della cooperazione intercomunale che, come abbiamo visto, fino ad oggi coordina soprattutto servizi, credo anche in maniera buona, perché comunque dei risparmi di spesa sono stati ottenuti, delle erogazioni di servizi di maggiore qualità ci sono state. Quindi, l’urbanistica sarebbe il motore per spingere ulteriormente in questa direzione, aiuterebbe i Comuni ad associarsi e a interagire in maniera cooperativa tra di loro e aiuterebbe anche i processi di fusione, che a volte sono andati bene, a volte no. Non a caso, sono andati bene in Emilia-Romagna anche quando c’era già un percorso di pianificazione urbanistica avviato con la legge precedente.

    Inoltre, bisognerebbe puntare a una pianificazione territoriale a scala più coerente, quindi a una semplificazione vera e a un’innovazione. In questo modo si ridurrebbero, e di molto, gli strumenti urbanistici, gli operatori si interfaccerebbero con un Ente unico, piuttosto che con più Comuni, ci sarebbe un unico regolamento, evitando così delle discrepanze tra un Comune e l’altro, ci sarebbe la creazione di un ufficio di piano più qualificato. Io, che lavoro anche da urbanista, a volte ho a che fare con Comuni molto piccoli e faccio fatica a lavorare con delle strutture piccole, per le quali io stesso a volte mi trovo a scrivere i documenti o le norme. Con delle strutture intercomunali, in cui magari si possa anche assumere, si possa fare un Ufficio di piano con delle competenze e gestire tutta la parte tecnica, si garantirebbe maggiore qualità e maggiore supporto all’Ente pubblico nella gestione degli accordi operativi.

    Ancora, ci sarebbe una lotta migliore al consumo di suolo, a mio giudizio, perché ci sarebbe comunque l’individuazione delle aree edificabili laddove si renda necessario, si ripartirebbero gli oneri in maniera perequata, quindi le scelte sarebbero orientate veramente all’interesse pubblico e non a quello privato o, comunque, pubblico di un singolo Comune senza una visione generale. E poi ci sarebbe questo discorso del maggiore equilibrio tra città e territori, che è stato citato anche nell’intervento che ho ripreso prima, proprio perché anche questo indice del 3 per cento spalmato in maniera indifferenziata e così gestito rischia di creare delle disomogeneità tra i Comuni più grandi, che avrebbero più possibilità, e i Comuni più piccoli, che invece avrebbero più difficoltà. Con una gestione intercomunale su basi territoriali omogenee, invece, credo che possa esserci una competitività migliore e un equilibrio migliore tra città e territori.

    Mi riservo di mandare dettagli ulteriori per mail. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Benissimo. Grazie. Do la parola all’architetto Ezio Righi. In effetti, aveva avvisato che avrebbe potuto tardare. Chiamo, allora, Lorenzo Frattini, presidente di Legambiente Emilia-Romagna.

     

    Lorenzo FRATTINI (Pres. Legambiente Emilia-Romagna). Grazie. Buongiorno. Mi siedo per provare a decifrare gli appunti che, nel corso di tutta la mattinata, ho preso.

    La legge, all’inizio del suo cammino di dibattito, avvenuto diversi mesi fa, è stata presentata e tuttora è presentata con un’impostazione precisa, ovverosia quella di un cambio epocale che avrebbe dovuto abbandonare il consumo di suolo a favore di una nuova stagione di rigenerazione urbana, questa accompagnata da alcune semplificazioni adatte a permettere questa possibilità di intervenire sull’esistente.

    Noi su questa impostazione non ci siamo scandalizzati ritenendo che anche l’applicazione della legge n. 20 in questi anni non è che avesse portato risultati eccezionali e che quindi su questi driver si poteva ragionare e potessero andare insieme tutela del suolo, lavoro e impresa.

    Purtroppo, quello che è l’esito finale del testo di cui dibattiamo oggi, a nostro avviso, tradisce completamente queste premesse e non pone un limite al consumo di suolo. Io credo che nessuno in questa stanza possa dire tranquillamente cosa succederà nei prossimi anni, se questo 3 per cento sarà superato o meno. Abbiamo provato di recente a vedere quelle che sono le trasformazioni in atto, i progetti sul tavolo delle Amministrazioni, tra opere pubbliche, di interesse pubblico e l’ampliamento di imprese esistenti, cosa sta succedendo anche con i POC. Evidentemente buona parte di quello che viene proposto adesso rientrerebbe nelle casistiche derogate dal 3 per cento. Quindi, di conseguenza, viene molto ridimensionata anche la parte della rigenerazione urbana, perché credo che siamo tutti d’accordo che la rigenerazione urbana può partire in modo efficace quando la possibilità di intervenire sul suolo vergine risulta complessa, difficile e molto costosa, venendo fortemente depotenziato anche questo aspetto. La rigenerazione urbana, a nostro avviso, non partirà con quel vigore di cui ci sarebbe bisogno. Dunque, delle tre gambe di questa proposta quello che rimane veramente in campo in modo netto e univocamente anche sottolineato stamattina è il tema della semplificazione, della flessibilità, delle possibilità date a privati progettisti comuni di gestire, in modo veloce e flessibile, le trasformazioni.

    Diventerà la regola l’accordo di programma fondamentalmente, che in questi anni abbiamo visto essere stato uno dei problemi forti dello smontaggio della pianificazione urbanistica. Di questa serie di interpretabilità, deroghe, credo che il tema dello sp   rawl sia un esempio molto chiaro. Cosa si dice rispetto allo sprawl, cioè alla dispersione abitativa nella norma? Che le scelte di utilizzo del suolo vergine dovranno stare il più possibile a ridosso dell’esistente. Se il più possibile è un’indicazione chiara di cosa dovremmo fare rispetto allo sprawl credo che tutti noi ci rendiamo conto del limite di questa impostazione.

    Nel dettaglio, sul consumo di suolo qualcosa è già stato detto. La finestra temporale per alcuni è corta. È ovvio che stiamo parlando di 3 più 2 più il tempo che già sta intercorrendo in questo momento, perché evidentemente se la legge sarà approvata l’anno prossimo avremo sei anni di possibilità per realizzare nuove urbanizzazioni al di fuori del limite del 3 per cento. Qualcuno dice che in questo momento stiamo costruendo molto poco. Bene, se questa è la certezza allora facciamo partire il 3 per cento da subito visto che questa in qualche modo è la cosa su cui si scommette. L’ho sentito dire più volte. Quindi, citando le criticità, evidentemente poniamo anche i temi che, secondo noi, vanno posti come elementi da sistemare. L’abbiamo detto fin dall’inizio del percorso, quindi l’articolo 4 e l’articolo 6, comma 6, per quanto riguarda i tempi, la finestra di deroga. Ci sono tante deroghe e troppe. L’articolo 6, comma 5, anche qui… Adesso non ricordo qual è la lettera, forse la lettera c). Se leggiamo, sono derogate dal 3 per cento le attività economiche in senso lato, quindi intuisco non solo produttivo, ma terziario, uffici e quant’altro che possono non solo ampliarsi a fianco, ma anche nelle vicinanze. Vado a memoria. Anche questa separa un’indicazione in qualche modo precisa. Quello che ne deriva è che le attività economiche in questo momento insediate potranno verosimilmente ampliarsi quanto vorranno uscendo dal 3 per cento. Badate bene, qui non si sta dicendo che un’impresa che può crescere non deve farlo, però se puntiamo sul limite del consumo di suolo allora questo limite facciamo in modo che ci sia.

    Vengo a un altro tema che ci preoccupa, la stessa definizione del territorio urbanizzato. Evidentemente, nel territorio urbanizzato, come sarà definito alla fine, ci saranno degli spazi vuoti. Tra questi spazi vuoti figurano aree di completamento contigue. Quante saranno questo è un tema che a noi preoccupa molto. Sarà una cosa definita precisamente per legge o potranno essere lasciate ai Comuni? Questo è un elemento che apre ancora spazi rispetto alla possibilità di urbanizzare fuori dal 3 per cento.

    La perequazione tra Comuni. In qualche modo anche qui un Comune che verosimilmente pensa di non prevedere espansioni cede il proprio 3 per cento a Comuni che, invece, queste dinamiche le hanno attive e quindi in qualche modo andremo probabilmente a pesare ancor di più sull’area più fragile della pianura. Si è citato molto l’esempio della Philip Morris come esempio virtuoso. Certo, se ci sono esempi di questo tipo bisogna pensarci bene a dire di no, però è anche vero che noi crediamo che ci sono altri esempi che forse andrebbero citati come modello per questa Regione: penso alla Pizzoli qui nel bolognese che la propria impresa l’ha fatta andando a fare rigenerazione urbana; penso ad Alce Nero, penso alla Chiesi Farmaceutici a Parma. Sono imprese che stanno bene economicamente, hanno le spalle larghe e scelgono di fare rigenerazione urbana, non scelgono di andare dove è più semplice, cioè sul territorio vergine. Infine, usciamo dal campo ambientale: il ruolo dell’azione pubblica. La norma evidentemente punta su semplificazione, accorciamento dei tempi, dà ampio spazio di possibilità negoziale a Comuni e prevede un ruolo forte dell’iniziativa privata. Evidentemente questo percorso potrebbe anche essere virtuoso, ma necessita di uffici pubblici strutturati, di una capacità politica molto forte di indirizzare le trasformazioni nel senso del bene collettivo e in queste due condizioni crediamo che più i Comuni sono piccoli più in qualche modo diventano faticose da perseguire o perlomeno che i rapporti di forze in campo siano particolarmente svantaggiosi rispetto all’Amministrazione pubblica.

    Un tema di maggiore chiarezza di quelli che sono gli indirizzi sull’uso del suolo, ma anche del tipo di città che si vuole nella rigenerazione urbana, la legge credo che lo dovrebbe dare anche per garantire alle Amministrazioni più piccole di riequilibrare questi rapporti di forza.

    Chiudo, quindi, con un appello ai consiglieri. Noi, oltre a dire queste cose in questa sede le abbiamo già dette in altre sedi. Valutate queste riflessioni perché se la legge deve essere una legge meno dal punto di vista della comunicazione che vuole tutelare il suolo ha bisogno di forti modifiche e quindi noi manderemo i documenti più puntuali e con le specifiche richieste di emendamento.

    Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Mauro Malandri, funzionario di Confcommercio Emilia-Romagna. Prego.

     

    Mauro MALANDRI (Confcommercio Emilia-Romagna). Buongiorno. Vista l’ora, riassumo rinviando poi al documento che invieremo alla Commissione le osservazioni più ampie e mi concentrerei solo su alcuni punti che in parte sono già emersi. Intanto ringrazio la Commissione della possibilità che ci dà. Noi di questo provvedimento condividiamo pienamente gli obiettivi di fondo. Su alcuni strumenti abbiamo delle perplessità abbastanza precise; obiettivi di fondo nel senso che rispetto anche ad alcune osservazioni già emerse in questo dibattito credo che sia ormai coscienza comune il fatto che la riduzione del consumo del suolo, il non consumo di ulteriore suolo, la rigenerazione urbana e la semplificazione delle procedure di programmazione siano obiettivi che non si possono non condividere.

    In particolare, per la rigenerazione urbana e per il patrimonio edilizio della nostra Regione, credo che ci sia una grande possibilità di intervento. Occorre, però, che la rigenerazione urbana abbia le condizioni tecniche ed economiche per essere realizzata tenendo conto della particolare complessità di questo settore, soprattutto in presenza - e capita spesso nelle aree urbane - di una proprietà molto frammentata. Questo è uno dei punti che, a nostro parere, resta di difficilissima soluzione in cui c’è un indirizzo, ma probabilmente bisognerà lavorare ulteriormente. Questo è uno dei punti su cui dobbiamo dire che è necessario - riconosciamo che è necessario - un rinvio anche ad atti successivi, e pensiamo agli atti di coordinamento per alcuni aspetti. Si dice che quella di oggi è sicuramente una valutazione in itinere e non definitiva.

    È un processo che inizia, ma mancano ancora dei pezzi del disegno che si verranno a configurare in corso d’opera. Per quello che riguarda alcuni punti specifici uno è relativo al funzionamento degli accordi operativi; accordi operativi che potrebbero riguardare una singola unità immobiliare, ma addirittura intere porzioni di area urbana. Ovviamente, questa possibilità c’è ed è evidente che soprattutto dove l’accordo operativo riguarda una realtà ampia e complessa gli strumenti di confronto con la società sono molto deboli. Un esempio è la facoltà che è lasciata alle Amministrazioni di ricorrere ai meccanismi di consultazione previsti sugli strumenti generali dall’articolo 47, comma 8. A nostro parere, bisognerebbe fare uno sforzo di definire quando gli accordi operativi per dimensione e rilievo rispetto al tessuto urbano debbano ricorrere a questo tipo di procedura e non solo a una facoltà che oggi è lasciata al buon cuore dell’Amministrazione che decide o meno se adottare procedure di consultazione.

    Questa vicenda degli accordi operativi, strumento agile, strumento che nel suo complesso ha anche una prospettiva molto interessante, a oggi è ancora abbastanza nebulosa nei finanziamenti specifici. Un minimo di paletti probabilmente varrebbe la pena darli - uno è quello che ho appena citato - anche in una funzione di garanzia della molteplicità degli interessi coinvolti.

    Secondo punto, che in realtà è un po’ più articolato. Per quello che riguarda i limiti al consumo di suolo, anche noi abbiamo trovato molto ampia la definizione degli interventi esenti dal conteggio nel 3 per cento. Su questo, non per una questione di bandiera, ma perché è universalmente riconosciuto nel mondo che il settore commerciale ha dinamiche diverse dai settori produttivi industriali, nel senso che l’ampliamento di un’impresa, in genere manifatturiera, o di altro genere, in genere risponde a mutamenti di mercato a cui l’impresa si adegua e a cui l’impresa tenta di rispondere, nel caso del commercio, in realtà, l’ampliamento genera lui stesso il mercato e lo modifica. Il mercato lo cala tra l’altro con un impatto urbanistico molto alto.

    Chi conosce un po’ il tema sa che le strutture pertinenziali delle grandi strutture commerciali sono un moltiplicatore molto forte di consumo di suolo e sanno anche che dal punto di vista delle infrastrutture l’impatto è comunque pesante. Pensiamo solo al sistema viario. Stiamo parlando di una cosa che è un po’ diversa da un’impresa manifatturiera e l’aver messo nella stessa voce, modificando la dizione che in realtà c’era nelle prime slide, e parlando semplicemente di attività economiche, quindi qualunque attività economica, l’ampliamento, comprese quelle commerciali, a nostro parere, rappresenta un errore, fermo restando che su questo, a meno che non si voglia abolire, esiste comunque anche una deliberazione del Consiglio regionale di questa Regione, ancora vigente del 1999, ma poi adeguata ben quattro volte in corso d’opera con le nuove previsioni normative.

    Sto parlando delle indicazioni di urbanistica commerciale, che tengono conto di questo aspetto molto particolare dell’impatto sul territorio delle strutture commerciali. Questo è un problema che c’è sicuramente nella fase della legge. Questo è un problema che rischia di diventare particolarmente grave nella fase transitoria. Noi oggi siamo di fronte a previsioni che la stessa Regione ha giudicato ampiamente sovradimensionate. E in questo momento pare che sia vigente, tant’è vero che uno dei motivi della nuova legge è anche proprio quello di intervenire su questi aspetti, i famosi 250 chilometri quadrati.

    Veniva già ricordato questa mattina, fermo restando, credo, che in questa Regione saranno ben pochi a pensare alla costruzione, tanto per capirci, di nuovi centri commerciali mentre esistono altre tipologie di intervento - sto pensando ai parchi commerciali e agli outlet eccetera che invece sono continuamente alla ricerca di possibilità di ampliamento, di potenziamento dell’attività e molte cose si stanno muovendo - questo aspetto andrebbe fortemente monitorato, collegato questo alle previsioni dell’articolo 6 qualche preoccupazione giustamente c’è, anche perché crediamo sia importante per la Regione evitare fughe in avanti nella direzione di incremento esponenziale della rete distributiva, rischiando poi anche di incentivare un fenomeno di mercato che non è detto che abbia successo.

    Trenta secondi perché il tema è già stato affrontato anche nei lavori con l’assessore, ampiamente dibattuto, eccetera, eccetera. C’è, ovviamente, una divergenza di posizioni sull’attuale articolo 73 nel combinato disposto, fra l’altro, con il punto g) dell’articolo 6. Sto parlando degli agriturismi, tanto per essere chiaro, nel senso che la piccolissima modifica riportata alla legge di settore sostanzialmente non solo sdogana ciò che è stato edificato in territorio agricolo dal 2009 ad oggi, ma così come è scritto attualmente il testo sdogana anche le future costruzioni fino al 2050.

    Una vecchia norma diceva che potevano essere utilizzati gli edifici esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Il nuovo testo potrebbe anche dire, e già non si renderebbe particolarmente felice, alla data di entrata in vigore di questo testo, ma non lo dice: “qualunque edificio o porzione in area agricola”. Questo rappresenta un problema abbastanza rilevante, fermo restando che non è così scontato anche in questo caso che ci sia una corsa alla trasformazione in agriturismi. Però, ci sembra che si apra una finestra molto ampia. Questi sono i punti essenziali.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Vediamo se nel frattempo è ritornato Giuseppe Poli di Federconsumatori Emilia-Romagna. No. Chiamo, allora, Ezio Righi, architetto di Italia Nostra.

     

    Ezio RIGHI (Resp. Urb. ER. Italia Nostra). Parlo come referente urbanistico del Consiglio regionale di Italia Nostra che non è devota soltanto alla tutela dei beni culturali del paesaggio, ma è preoccupata anche della qualità del territorio, della sua competenza ai principi di interesse pubblico e questi non crede di ritrovarli del testo del disegno di legge che oggi viene esaminato.

    Non c’è risparmio di suolo, non c’è qualificazione urbana, temi sui quali è stato vantato il contenuto e gli obiettivi dati alla legge. Non c’è risparmio di suolo perché i 250 chilometri quadrati di espansioni urbanistiche che, secondo i calcoli dell’assessorato oggi sono vigenti e sono tuttora coltivati, sarebbero confermati dalla legge quando soggetti a Piano attuativo, a Piano particolareggiato oppure oggetto di accordi pregressi e potrebbero essere confermati, su istanza dei proprietari, nel corso dei prossimi cinque anni o, come sentivamo stamattina, in termini più lunghi su sollecitazione di ANCE, Confindustria, Confcooperative, che sono state evidenti a questo punto.

    Quindi, l’incremento del 3 per cento, cioè gli altri 70 chilometri quadrati di espansioni urbanistiche non sarebbero alternativi ai 250, ma aggiuntivi a questi. A questo punto, ci si chiede perché prevedere, in una legge che punta al risparmio di suolo, un altro 3 per cento di incrementi, un 3 per cento che suona poco, ma non lo è affatto.

    Nelle città di Ferrara, Modena, Parma, Ravenna e Reggio il 3 per cento del territorio urbanizzato equivale a 2 chilometri quadrati ciascuna, sufficienti ad accogliere, in ciascuna, altri 20.000 abitanti. Non stiamo parlando di cose minuscole. Stiamo parlando di trasformazioni di grandissima rilevanza, quantomeno nei centri urbani di questa dimensione.

    Non bisogna dimenticare che le opere pubbliche (la Cispadana, la bretella su Modena, l’autostrada Modena-Sassuolo, gli ampliamenti di insediamenti produttivi, gli insediamenti produttivi di importanza strategica regionale e nazionale) non concorrono al computo, così come tante altre cosette più piccole che sfuggono nel complesso dispositivo della legge. È un’eccedenza al 3 per cento. Non c’è qualificazione urbana. Stamattina il giovane architetto indipendente di Reggio Emilia, che ha avuto un po’ di battibecchi con il direttore di Confindustria, spiegava perché nel territorio urbanizzato non ci si possa attendere un guadagno di qualità.

    La proposta di legge proibirebbe ai Comuni del territorio urbanizzato, nelle parti demandate ad accordi operativi, di stabilire la capacità edificatoria, anche potenziale, nel fissare la disciplina di dettaglio degli interventi, la cui attuazione sia demandata ad accordi operativi.

    Per di più, a vantaggio delle azioni immobiliari, sono previste raffiche di agevolazioni economico-finanziarie a carico dei Comuni, che sembrava stamattina non fossero considerate sufficienti dagli operatori e dai proprietari dei suoli. Nessun obbligo di valutazione su utilità ambientale e territoriale, per gli interventi soggetti ad accordo operativo del territorio urbanizzato. Soppressione degli obblighi in materia di cessione di aree per l’edilizia residenziale sociale o, comunque, di contributi che oggi la legge regionale prevede a queste finalità.

    È ovvio che progetti di rigenerazione urbana posti in atto in queste condizioni, cioè senza nessun tipo di regola preventiva - insisto, senza nessun tipo di regola cogente preventiva - ricercherebbero il massimo vantaggio economico privato e sarebbe ingenuo accreditarli di attenzione o sensibilità per interesse pubblico. Nulla impedisce che interventi concepiti e posti in atto in queste condizioni portino ad aumenti selvaggi di volumi, siano indifferenti all’impatto che genera nei confronti del cotesto, che siano privi di dotazioni essenziali, abbiano, anzi, effetti congestivi e parassitari sul contesto urbano in cui vanno a collocarsi, con processi di addensamento che sembrano l’unica categoria che la proposta di legge concepisce per quanto riguarda gli interventi e le trasformazioni nel territorio urbanizzato. Per questa via non si arriva alla qualificazione della città, si arriva al suo contrario. Anche riguardo alle nuove urbanizzazioni, a decidere cosa, dove e quanto fare sarebbero i promotori delle iniziative immobiliari.

    L’articolo 35, da questo punto di vista, è molto preciso: gli elaborati del PUG, quindi gli elementi costitutivi del Piano urbanistico, non contengono - dice la proposta - in nessun caso una rappresentazione cartografica delle aree idonee ai nuovi insediamenti, bensì indicano, attraverso apposita rappresentazione ideogrammatica, le parti del territorio extra urbano contermine al territorio urbanizzato che non presentano fattori preclusivi o fortemente limitanti alle trasformazioni urbane, eccetera, eccetera.

    Cosa vuol dire questo? Vuol dire che, essendo la strategia della qualità urbana, ambientale ed ecologico-ambientale modificabile sia nei perimetri, sia nelle destinazioni, sia negli indici e nei parametri vari, potendo essere modificata in sede di accordo operativo, senza che questo comporti variante al PUG, tutto quanto diventa labile. Ogni genere di proposta può essere fatta. Potrebbero essere liberamente presentati accordi operativi per impiantare qualcosa qui, per far atterrare i diritti edificatori in una palazzina di sei appartamenti là. Sempre in mezzo alla campagna siamo. Potrebbe essere piazzato un ipermercato. La strategia, alla quale tanto ruolo è attribuito, ha valore ideogrammatico e può essere modificata nei perimetri e nelle normative senza che questa sia una variante al PUG in sede di accordo operativo. Quindi, io propongo l’ipermercato. Non è previsto dalla strategia? Bene, voglio che ci sia. L’ufficio di piano ha tempo sessanta giorni… Voglio che queste cose siano chiare, perché sono questi gli elementi che danno la realtà delle conseguenze che avrebbe l’approvazione di questa proposta di legge. L’ufficio di piano ha tempo sessanta giorni per verificare se quella proposta dell’outlet o dell’ipermercato o di venti ville che vengono motivate con venti appartamenti di edilizia residenziale sociale in un pezzo di periferia, verificare se sia conforme al PUG, quando il PUG può essere liberamente variato, quando la strategia può essere liberamente variata. Come fa un Ufficio di piano ad accertare la conformità a qualcosa che può cambiare, che è mobile? Questo è il primo punto.

    Secondo punto. Cosa deve fare l’Ufficio di piano? Oltre a valutare la conformità, deve valutare l’interesse pubblico, entro il termine perentorio di sessanta giorni, confrontandosi con gli avvocati e con i tutori dell’interesse da parte del promotore. Io non so quanti fra i più intrepidi e capaci funzionari e dirigenti pubblici di un Ufficio di piano siano in condizione di tener botta di fronte a proposte non accettabili quando si trovano esposti ad accuse di abuso d’ufficio perché non supportati nella loro negazione da una normativa cogente, perché privi di supporto normativo ed esposti ad azioni di rivalsa e di risarcimento per danni. Non so quanti siano i funzionari che possano davvero negare e opporsi anche a delle proposte abnormi in questo senso.

     

    Presidente RONTINI. Le segnalo che i dieci sono passati.

     

    Ezio RIGHI (Resp. Urb. ER. Italia Nostra). Ho finito. Da questo punto di vista, i Comuni sono esautorati, perché è all’Ufficio di piano che compete fare questa valutazione. La Giunta non deve far altro che depositare in pubblicazione la proposta di accordo che va, poi, all’area vasta, al Comitato urbanistico e da lì, forse, al Consiglio comunale per l’approvazione.

    Il ruolo dell’Amministrazione comunale in questo procedimento è praticamente annullato. Si trova a essere impotente di fronte a proposte anche irricevibili da parte dell’iniziativa privata. Sulle altre cose, manderemo la nostra nota. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Il penultimo intervento è sempre di Italia Nostra. La parola all’architetto Marina Foschi, vicepresidente della Sezione Italia Nostra dell’Emilia-Romagna. Bisogna che stia davanti al microfono perché si senta.

     

    Marina FOSCHI (Arch. Vice Pres. Italia Nostra ER.). Il Consiglio regionale di Italia Nostra - lo abbiamo sentito - è fortemente critico, e non per partito preso, certamente. Anzi. Personalmente, io ho un attaccamento particolare per l’urbanistica di questa Regione, alla quale ho partecipato fin da quando tutela e uso del territorio avevano un significato diverso.

    Ho fatto molta fatica a rendermi conto del significato attuale di queste parole. Ho dovuto rileggere almeno tre volte gli articoli e tornare indietro. Alla fine, mi sono resa conto che, quando si parla di qualificazione, si intende un discorso esclusivamente legato all’economia, quando si parla di recupero, anche in questo caso il recupero di volumi, di possibilità edificatorie, più che di un contesto edilizio fatto di mattoni e di materia, quando si parla di paesaggio e di consumo di suolo ci si scontra, poi, con lo stesso Codice per i beni culturali, che prevede cose simili, ma diverse. Ad esempio, è vero che la Commissione è regionale, però nel Codice le Soprintendenze hanno la possibilità di fare proposte e di valutarle. Non passano sotto il vaglio della volontà regionale di accogliere o meno queste proposte.

    Ci sono una serie di aspetti concreti per chi ha gestito questa tutela e queste ragioni per anni che lasciano un po’ sconcertati, che si fa fatica davvero a comprendere. Io non voglio portare avanti un discorso lungo dato che siamo al termine dei tempi. Credo che sia stato detto abbastanza. Volevo soltanto aggiungere che, rispetto a questa proposta, noi cercheremo in ogni modo di riportare e di discutere le nostre ragioni perché crediamo che siano valide, che i termini usati e gli obiettivi dichiarati non si raggiungano con molti degli articoli di questa legge.

    Cercheremo anche di fare degli emendamenti, ma siamo certi che se non ci capiamo sulla volontà generale, sul significato delle parole, faremo sempre più fatica a rendercene conto.

    Questa mattina mi sono resa conto di un altro aspetto che non sapevamo, ma che intuivamo: le volontà politiche della Regione sono state guidate dalla volontà di non perdere posti di lavoro ed economia del territorio.

    Ebbene, non si può non condividere questo obiettivo, ma quando ragioniamo sul fatto che la bolla edilizia è stata la causa prima della nostra crisi economica, quando ragioniamo di migliaia e migliaia di appartamenti disabitati, di costruzioni inutili che sono state fatte sul nostro territorio, quando ragioniamo sulla necessità di riflettere una volta per tutte sul futuro delle imprese edili, che nel nuovo avranno poche possibilità di intervenire, che non sia una migliore qualità, una rigenerazione, ma nei termini di qualità, che vuol dire anche non densificare, ma creare servizi, creare più verde, creare più possibilità di vita nei nostri centri.

    Queste ragioni economiche vanno anche ad incidere sulle imprese, imprese che sono abituate a lavorare e che, intanto, hanno perso gran parte delle maestranze più qualificate. In nome, per esempio, della sicurezza sismica - me ne sono occupata, sono stata nel gruppo sismico regionale, abbiamo lavorato in questo senso - la Regione ha delle mappature precise, delle indicazioni precise?

    Solo un esempio, e poi finisco. La demolizione e la ricostruzione di un edificio in un agglomerato edilizio, di un edificio storico, per ricostruirlo nuovo, crea danno sismico, non miglioramento. Siamo chiari. Entriamo nel merito di queste frasi. Non sono teorie avveniristiche. Noi abbiamo bisogno di riqualificare gran parte delle nostre imprese superstiti verso un discorso molto serio, che abbiamo chiamato già da tempo in questa Regione “innovazione conservativa”. Ci sono strumenti innovativi più adeguati, più informati, veramente più innovativi, tecnici, per dare le indicazioni del recupero migliore degli strumenti migliori per intervenire con tecnologie appropriate, molte volte discendenti direttamente da quelle originali, per consentire ai nostri edifici di essere resistenti anche da un punto di vista sismico. Non la porto per le lunghe.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. Chiamo, a questo punto, per l’ultimo intervento, Sandra Vecchietti di INU Emilia-Romagna. Poi, come anticipato, passerò la parola all’assessore Donini, che darà un primo riscontro ad alcune delle tante sollecitazioni che abbiamo ascoltato oggi, senza la pretesa di essere esaustivo nella risposta, perché poi ci sarà tutto l’iter di discussione in Commissione prima e in Aula dopo. Prego.

     

    Sandra VECCHIETTI (INU – Istituto Nazionale di Urbanistica Emilia-Romagna). Grazie.

    Innanzitutto, volevo unirmi ai tanti che questa mattina hanno apprezzato molto il percorso che ha portato alla stesura di questo progetto di legge.

    Come INU Emilia-Romagna abbiamo partecipato ai tavoli tecnici e abbiamo, all’interno di questi tavoli, condiviso obiettivi e anche strumenti che sono stati inseriti in questa legge. Si tratta di un progetto di legge coraggioso, che affronta la fase di profondo cambiamento in atto a livello economico-ambientale e ha profonde ricadute sulla disciplina urbanistica. È un progetto di legge innovativo, di non facile lettura, che però ci sollecita a rivedere la nostra cassetta degli attrezzi e a percorrere nuove strade. Questo penso che faccia paura a molti. Cambiare il modo di fare i piani è sicuramente più faticoso che continuare a riprodurre vecchi e superati schemi.

    Il progetto di legge si misura con temi nuovi, quali il consumo di suolo (ne hanno parlato i più stamattina), la rigenerazione urbana, ma anche gli standard. Questo è un tema che non è stato toccato oggi, ma che ritengo sia particolarmente importante. Con questo progetto di legge si va al superamento del decreto ministeriale n. 1444/68.

    In parte, già la legge n. 20 aveva operato in questa direzione con l’inserimento degli standard ecologico-ambientali, ma con questo progetto di legge abbiamo altri tipi di standard che vengono inseriti e che sono estremamente importanti, cioè tutti gli standard relativi alla riduzione dei rischi (sismico, idrogeologico, idraulico), gli interventi che contribuiscono a mitigare e a contrastare i cambiamenti climatici, ma anche gli interventi che portano alla riduzione degli inquinamenti. Sono delle nuove dotazioni.

    La Regione Emilia-Romagna, sotto questo aspetto, è la prima a livello nazionale che affronta questo tema che potrà essere declinato in modo diverso a seconda del contesto analizzato. Definire una qualità urbana strettamente legata al contesto nel quale stiamo operando è estremamente importante. Parlare di rigenerazione associandoci questo tema è fondamentale.

    Oltre agli standard, il PUG introduce il superamento dei Piani a cascata. Questi hanno dimostrato di appesantire molto l’attuazione dei progetti negli ambiti consolidati senza assicurarne la qualità. Il PUG prefigura un sistema di pianificazione flessibile seguendo un percorso di cui, però, è lo stesso PUG a dettare le regole. I progetti che si propone di realizzare, sia da parte pubblica che da parte privata, devono essere coerenti e verificati con il progetto urbano, ovvero il progetto della città pubblica contenuto nel PUG, che nella legge viene chiamata “strategia per la qualità urbana ed ecologico-ambientale”. Tutti gli interventi devono contribuire a realizzare questa strategia.

    La legge dà delle indicazioni abbastanza precise, da questo punto di vista, sui contenuti del PUG. Dovranno essere le Amministrazioni comunali a declinarle a seconda dei vari contesti. In Emilia-Romagna, dal punto di vista della città pubblica e degli standard, sono verificati normalmente. C’è un esubero di standard.

    Spesso le Amministrazioni comunali hanno il problema opposto, che è quello di riuscire a mantenerli e a dare una qualità insediativa. Con la strategia per la qualità urbana, l’Amministrazione può essere in grado di fare questo.

    Il PUG, in sostanza, può consentire di evitare il continuo ricorso a varianti e deroghe, ma garantisce, contestualmente, la sostenibilità e la trasparenza del processo. Questo è estremamente importante. Come INU, stiamo cercando di approfondire alcuni temi. Entro il 25 saremo in grado di mandarvi un elaborato, così da poter contribuire ai lavori di questa Commissione. Grazie.

     

    Presidente RONTINI. Grazie. A questo punto, a meno che Poli - non il consigliere, che è sempre stato qui, ma Poli di Federconsumatori - non sia ritornato, mi pare che gli interventi si siano esauriti.

    Io voglio fare un ringraziamento a tutti coloro che sono intervenuti, ma ancora di più a tutti coloro che sono stati qui presenti. Io di qua vi vedo tutti. Ce ne sono stati tanti che hanno semplicemente ascoltato per tutta la mattina e anche per queste ore del pomeriggio. Sono arrivati a noi consiglieri diversi spunti, tutti utili al nostro lavoro di approfondimento.

    Chiaramente - lo si diceva anche prima - nella materia urbanistica si confrontano interessi tutti legittimi, ma spesso confliggenti. Quindi, toccherà alla politica, all’Aula, all’Assemblea fare sintesi.

    Mi scuso se sono stata un po’ antipatica nel chiedervi il rispetto dei tempi, ma era semplicemente per rendere i nostri lavori più proficui e per dare a tutti la possibilità non solo di intervenire, ma di farlo anche essendo ascoltati. Il fatto che la platea sia ancora bella frequentata vuol dire che c’è stata un’ampia collaborazione da parte di tutti voi. Vi ringrazio.

    Lo si diceva nell’ultimo intervento: il tempo migliore per farci avere le proposte è entro il 25 maggio. Nulla vieta di farlo anche dopo, ma molto probabilmente in quella data inizieremo un po’ di lavoro in Commissione. Quindi, prima ce li fate avere prima provvederemo a leggerli.

    Vi do come informazione anche un altro dato, perché non tutti sono stati presenti dall’inizio alla fine: verrà redatto un resoconto integrale della seduta di Commissione che sarà messo a disposizione di tutti i consiglieri. Quindi, tutti avremo modo di leggere integralmente quello che voi avete riportato. Grazie. La parola all’assessore Donini per una prima replica.

     

    Assessore DONINI. Grazie, presidente. Io sono influenzatissimo, quindi sarò abbastanza breve. Devo ringraziare tutti voi per gli interventi che avete esposto in questa giornata e per i documenti, le integrazioni e le proposte di modifica che farete pervenire nei tempi che riterrete opportuni. Ovviamente, noi cerchiamo di darvi due consigli, che sono anche due preghiere: da un lato, di farci avere delle valutazioni e delle proposte puntuali, in modo che si possano collocare molto bene anche dentro l’articolato della legge, e anche in tempi ragionevoli, in modo da poterci prendere lo spazio per una riflessione e per una valorizzazione di tutte le proposte che arriveranno, sia quelle condivisibili sia quelle non condivisibili.

    Forse ho saltato un paio di interventi, però ho risentito, in questa giornata, quella comune assunzione di responsabilità e di impegno che abbiamo vissuto in questi diciotto mesi, sia qui, sia nei territori, nel corso dei quali si è configurato e si è realizzato questo punto di sintesi, ossia la proposta di legge approvata dalla Giunta e consegnata all’Aula legislativa; un punto di sintesi che abbraccia, fondamentalmente, le categorie economiche e produttive, tutti i sindacati, gli Ordini professionali, l’Istituto Nazionale Urbanistica (che, peraltro, mi ha rubato molte delle cose che volevo dire in chiusura, quindi faccio mio l’intervento di Sandra Vecchietti) e i professionisti, che oggi ho sentito consapevoli di un testo di legge che, sicuramente, dovrà essere migliorato, dovrà essere ulteriormente affinato, ma che parte da questo buon punto di condivisione.

    Io vi prometto che ogni proposta sarà valutata. Chiaramente, se uno mi dice “fermatevi, state rovinando il mondo”, non posso... Questo non è un emendamento. È un’opinione, rispettabilissima, però non dà molta utilità alla discussione in chi vuole misurarsi con proposte concrete. Io, però, vi prometto che ogni richiesta di modifica puntuale del testo di legge verrà, non solo dalla Commissione, ma anche dal sottoscritto, presa serissimamente in considerazione, in un senso e nell’altro. Immagino che anche voi vi siate accorti, ascoltandovi, che rimbalzano anche in quest’Aula diverse e opposte valutazioni in ordine ai miglioramenti da apportare al testo di legge. Questa, forse, dovrebbe essere anche la prova che abbiamo centrato l’equilibrio.

    Siccome, a mio parere, l’equilibrio è un concetto dinamico e mai statico, penso che ogni proposta di modifica puntuale venga presa seriamente in considerazione non solo dalla Commissione, ma anche dall’assessorato.

    Ovviamente, ogni proposta andrà valutata rispetto ai costi e ai “benefici”, alle qualità, ai pregi o ai difetti che può portare al disegno complessivo della legge. È ovvio.

    L’equilibrio che si è raggiunto può essere perfezionato, può essere modificato, potrebbe essere travolto. Quindi, da questo punto di vista, è bene che, così come ogni articolo, ogni comma che è stato scritto in questa legge, non sempre colto e compreso da quello che ho capito, è stato valutato e ponderato anche per gli effetti possibili sull’efficacia dell’attuazione della legge. È la prima legge, questa, che si scrive con la penna di coloro che, poi, la dovranno anche applicare, ossia i Comuni, che qualcuno di voi ritiene parte lesa di questo procedimento legislativo. Qualcuno teme la loro forza, la loro potenza nel decidere le politiche territoriali, ma comunque sono stati protagonisti di questo cammino legislativo.

    Da questo punto di vista, ripeto, noi valuteremo nel merito dell’attuazione, dell’efficacia attuativa, ogni proposta di modifica.

    Due cose veloci che non vorrei venissero sottovalutate. La prima riguarda il 3 per cento. Sono convinto che io e Righi potremmo discutere altre venti volte insieme e non ci convinceremmo.

     

    (interruzione fuori microfono)

     

    Assessore DONINI. Non lo so. Forse ci troviamo più d’accordo quando Righi rappresenta le esigenze dei piccoli Comuni di montagna, che invece hanno necessità di maggiore flessibilità in ordine alla possibilità di consumare suolo. Mi devo ancora aspettare le tue osservazioni in questo senso e spero che arrivino.

    Non è vero che sono i 250 chilometri più il 3 per cento. Non è vero. La legge lo stabilisce. Anzi, in ragione di queste critiche, che io ritengo dolorose e ingenerose, la proposta di legge è stata anche migliorata nell’ultima stesura.

    Nel periodo di transizione - ne sono convinto, visto che, speriamo, la legge verrà approvata in corso d’anno - avremo altri due anni, i primi due anni, per verificare quanto sto dicendo ora. Io sono convintissimo che molti Comuni avvieranno da subito il PUG, senza aspettare la fase di transizione. Se i Comuni dovessero attendere una parte del tempo o i tre anni di transizione, non sorge in capo al privato alcun diritto, che non sia già conformato, ad avere la pretesa di realizzare le attuazioni, per esempio, del PSC. Il privato può far domanda. Immagino che sia legittimato a farla, se ha le condizioni economiche per poter attuare la previsione di cui è detentore.

    Il Comune, però, può - solo “può”, non “deve” - attuare una parte selezionata delle previsioni nell’interesse pubblico, soprattutto con riguardo agli standard urbanistici, in un periodo transitorio. Una parte selezionata delle previsioni nell’interesse pubblico. Sono già tre condizioni.

    Capisco che sul lato politico la raffigurazione possa essere anche data a tinte forti, ma sul piano tecnico, vi prego, manteniamo un equilibrio. La legge dice questo, dice che il Comune può - e non “deve” - riconoscere e attuare una parte delle previsioni di quei 250 e rotti chilometri solo se si presenta in Consiglio comunale con un atto di indirizzo, quindi ci mette la faccia, alla faccia all’espropriazione da parte dei Comuni. Il Comune deve andare in Consiglio comunale. Il sindaco o la Giunta deve andare in Consiglio comunale, approvare un atto di indirizzo, motivare il perché sussistono motivi di interesse pubblico per attuare una parte delle previsioni selezionata, che vuol dire pescare, vuol dire cogliere, vuol dire scegliere, non recepire. E poi, cosa succede? In modo cogente, nei due anni successivi, ci deve essere la convenzione e la fideiussione, cioè la conformazione e la titolarità del diritto acquisito. In una situazione come quella che viviamo da alcuni anni, è del tutto evidente che questa possibilità sia alquanto residuale o teorica. Ma perché deve essere soltanto in capo ad alcuni, e non a tutti, la responsabilità di guardare la realtà per quella che è e far sì che coloro che hanno molte imprese, i titolari di previsioni, nella pianificazione territoriale non possano avere un tempo non per chiedere l’attuazione, ma semplicemente per cominciare a svalutare il cespite dentro i bilanci delle aziende che, molto spesso, sono date anche alle banche? Sennò, facciamo una discussione puramente teorica o ideologica, a volte: io posso stare sul piano ideologico, sul piano politico, sul piano della sostanza, sul piano tecnico. Decidete voi.

    Sul piano tecnico, però, non vi consento di dire che i 250 chilometri si aggiungono al 3 per cento, perché la realtà delle cose, l’alfabetizzazione della conoscenza della legge mi incaricherebbe di smentirvi.

    Posso accettare, invece, perché è tutta strategia, è tutta politica (rispetto anche le critiche dure di Legambiente), chi dice: “non avete tagliato abbastanza”. Si poteva tagliare di più? Sì, si poteva tagliare di più. Si poteva tagliare anche di meno, come è stato detto oggi dalle realtà economiche, dai rappresentanti del mondo delle costruzioni, da un comparto edilizio, che ovviamente è già stato piegato, in otto anni, dalle crisi, da tutta una serie di considerazioni che si legano profondamente al Patto per il lavoro. Guarda caso, questi soggetti che oggi condividono una comune assunzione di responsabilità sono, poi, anche gli stessi che hanno animato, voluto e presentato, all’inizio di questo mandato, il Patto per il lavoro.

    Da questo punto di vista, ciò che si è realizzato lì certamente può essere spostato più in su o può essere spostato più in giù, però quello per noi è l’equilibrio minimo. Non è vero che non si è chiesto alle realtà economiche produttive un grande senso di responsabilità e anche sacrificio. Questa è un’altra cosa che mi sembra doveroso smentire: la media del territorio urbanizzato, anzi delle previsioni in espansione attuabili oggi - mentre siamo qui a parlare, magari qualche Consiglio comunale delibera -, la media delle previsioni in espansione rispetto al territorio urbanizzato mi sembra che sia attorno al 10-12 per cento, più o meno, dei grandi Comuni capoluogo.

    Quindi, dire che il Comune di Reggio Emilia può fare 2 chilometri in più (non mi ricordo il dato), senza ricordare - come ci ha fatto sapere più volte l’assessore Pratissoli, che è stato uno degli estensori della legge, che le previsioni in espansione rispetto al territorio urbanizzato del Comune di Reggio sono circa il 12 per cento e che dovrà rientrare al 3 significa non dire un pezzo di verità. Il 3 per cento è il limite del consumo di suolo che i nuovi Piani urbanistici generali formuleranno in ragione del territorio urbanizzato nel 2017, come voleva nei tavoli, giustamente, Legambiente.

    Probabilmente, è un terzo o la metà delle previsioni attuali. Questo è un dato tecnico, che può cambiare da Comune a Comune.

    Certo - qui vado, invece, incontro a Righi sui piccoli Comuni - cambia anche molto rispetto ai piccoli Comuni, ma nei grandi Comuni il dato è questo. Tante previsioni che verranno cancellate, ed è la prima volta che questo succede con uno strumento di legge.

    Dire che in questa legge non c’è alcun limite del consumo di suolo non è vero. Questa legge indica un limite al consumo di suolo, calcolato sul territorio urbanizzato del 2017. In più, non è vero che il consumo di suolo a saldo zero viene indicato nel 2050. No.

    Il consumo di suolo a saldo zero scatta allorquando un Comune o un’Unione dei Comuni o una Città metropolitana o un’area vasta abbia esaurito il 3 per cento di espansione. Può capitare nel 2025 come nel 2030 o nel 2042, ma sicuramente non nel 2050.

    Sulle deroghe non mi soffermo. Non sono tante. Sono quattro: le infrastrutture, i parchi urbani, i lotti di completamento produttivi nelle aziende strategiche nazionali o regionali e le zone agricole, le costruzioni agricole.

    Invece, sui temi puntuali che avete sollevato oggi, che poi saranno oggetto - immagino - dei vostri ragionamenti, noi andremo fino in fondo, sia considerando il tema agricolo sia guardando tutto quello che avete indicato oggi sui perfezionamenti, anche rispetto all’articolato per la strategia e la qualità urbana.

    Le ultime due cose che voglio dire sono queste. Non abbiamo promosso questo metodo partecipato, che è stato riconosciuto da tutti. Poi, non è detto che ci si convinca. Se facciamo un metro di strada o se facciamo cento chilometri assieme, non è detto che in quel metro o in quei cento chilometri ci convinciamo, ma è meglio fare cento chilometri che un metro. Abbiamo discusso tantissimo insieme. Noi garantiremo che, comunque, ci sia un metodo partecipato, un coinvolgimento nella fase di monitoraggio, nella quale noi vogliamo prenderci tante soddisfazioni.

    Se fra tre anni saranno ridotte le previsioni urbanistiche esistenti ora, sarà ripartito il mercato della rigenerazione urbana anche grazie agli incentivi e grazie ai contributi che diamo. Tutti i Comuni avranno cominciato il PUG e molti Comuni lo avranno già attuato. Dopo, chi ci risarcisce le critiche ingenerose che ho sentito anche qui stasera? Tutti noi. Tutti noi, sia chi la condivide sia chi non la condivide, siamo parte di un sistema che vuole che quegli obiettivi si realizzino. Noi siamo convinti che si possano realizzare, ma garantiamo che nella fase di monitoraggio, a carte scoperte, faremo incontri partecipativi. Garantiremo che anche gli atti di indirizzo che saremo chiamati ad emanare saranno oggetto di discussione e di partecipazione.

    Infine, c’è una cosa che a me interessa molto e sulla quale vorrei veramente un supplemento di discussione tecnica (non politica, sennò non ce la facciamo). Non condivido la preoccupazione. Attenzione: io sono molto rispettoso. Una critica, che fa sempre bene, può nascere da un pregiudizio, ma può anche nascere da una giusta preoccupazione.

    Credo che non sia vero, sono certo che non sia vero che noi disattendiamo, sconfessiamo l’urbanistica. Mi fa piacere che sia stata rievocata la tradizione dell’urbanistica riformista della nostra Regione. Ci sentiamo nani sulle spalle di giganti, ma non stiamo ammazzando i giganti.

    Noi pensiamo che possa - come diceva giustamente Sandra Vecchietti - essere accettata la sfida nuova della pianificazione territoriale urbanistica e che nel PUG la strategia urbana e ambientale (qualità urbana e ambientale) non possa essere disattesa dagli accordi operativi. Se io nel PUG definisco come criteri di un quartiere giardino della mia città il fatto che non vi siano centri commerciali, ma negozi di vicinato, il fatto che siano raddoppiati gli standard urbanistici, definisco una tipologia - diciamo così - di edifici, di nuove costruzioni o di rigenerazione urbana, in quel documento un privato non può sottopormi una proposta di accordo operativo che disattenda quel documento. Abbiamo scritto apposta questa cosa qui. Ridiscutiamola pure tecnicamente, torniamoci sopra, facciamo una riunione in più, ma l’abbiamo scritta apposta. Non c’era nemmeno nella legge n. 20. Questo, per me, deve essere chiaro.

    Qualcuno non lo ha ricordato, forse per colpa nostra. Quando si fa partecipazione, si è trasparenti. Si sono susseguite varie copie della legge e solo nell’ultima c’era. C’è anche la possibilità, da parte del Comune, di attuare un accordo operativo, di proporre un accordo operativo. D’altra parte, la parte lesa non si è costituita parte lesa.

    I Comuni l’hanno scritta con noi questa legge, perché hanno ravvisato la possibilità di potenziare le prerogative in ordine alla pianificazione territoriale. Mi piacerebbe su questo - perché sono proprio curioso - procedere ad un approfondimento tecnico. Siccome negli obiettivi la diciamo uguale, per noi il testo è coerente con gli obiettivi. Anzi, è stato ulteriormente potenziato. Chiaramente, stiamo parlando di uno strumento non conformativo, se non nella parte extra UE. Non stiamo parlando del vecchio PRG con la retina.

    Vi ringrazio davvero di questo ulteriore pezzo di strada che abbiamo fatto assieme. Sono disponibile - la presidente lo sa, così come i consiglieri - a discutere ogni volta che si ritiene opportuno. Spero che questa legge possa essere veramente approvata in tempi ragionevoli, anche perché è la prima legge finanziata e le risorse che abbiamo da impiegare sono risorse che per l’Europa devono essere rendicontate entro il 2020. Quindi, occorre che subito - fine 2017, inizio 2018 - possa essere discusso il primo bando per i progetti di rigenerazione urbana da oltre 30 milioni di contributi pubblici, che significa almeno 100 milioni di investimenti sul territorio regionale.

     

    Presidente RONTINI. Grazie a tutti. Prima di dichiarare conclusa l’udienza conoscitiva, ricordo che è possibile far pervenire ulteriori osservazioni alla segreteria della Commissione entro il 25 maggio, data in cui proseguirà l’esame dei progetti di legge in oggetto. Buon pomeriggio.

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