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Legislatura XI - Commissione IV - Resoconto del 03/05/2022 antimeridiano

    Processo verbale n. 9

    Seduta del 3 maggio 2022

     

    Il giorno 3 maggio 2022 alle ore 9,30 è convocata, con nota prot. n. PG/2022/11806 del 28/4/2022, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna, viale A. Moro n. 50, la Commissione Politiche per la Salute e Politiche sociali.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    SONCINI Ottavia

    Presidente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    7

      presente

    MALETTI Francesca

    Vicepresidente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    5

    presente

    MARCHETTI Daniele

    Vicepresidente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    6

    presente

    AMICO Federico Alessandro

    Componente

    Emilia-Romagna coraggiosa, ecologista, progressista

    1

    presente

    BARCAIUOLO Michele

    Componente

    Fratelli d’Italia – Giorgia Meloni

    2

    presente

    BERGAMINI Fabio

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

       assente

    BONDAVALLI Stefania

    Componente

    Bonaccini Presidente

    3

    presente

    CALIANDRO Stefano

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    CASTALDINI Valentina

    Componente

    Forza Italia – Berlusconi per Borgonzoni

    1

    presente

    COSTA Andrea

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    DAFFADA’ Matteo

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    assente

    FACCI Michele

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    assente

    GERACE Pasquale

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    GIBERTONI Giulia

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    assente

    LISEI Marco

    Componente

    Fratelli d’Italia – Giorgia Meloni

    1

    assente

    MARCHETTI Francesca

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    MASTACCHI Marco

    Componente

    RETE CIVICA Progetto Emilia-Romagna

    1

    assente

    MONTALTI Lia

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    assente

    MORI Roberta

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    PARUOLO Giuseppe

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    PELLONI Simone

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    4

    presente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    presente

    PILLATI Marilena

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    RONTINI Manuela

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    ROSSI Nadia

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    presente

    STRAGLIATI Valentina

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    2

      presente

    TARUFFI Igor

    Componente

    Emilia-Romagna coraggiosa, ecologista, progressista

    1

    presente

    ZAMBONI Silvia

    Componente

    Europa Verde

    1

    presente


     

    È presente il consigliere Luca SABATTINI (PD) in sostituzione del consigliere Matteo DAFFADA’ (PD).

     

     

    È presente: Raffaele DONINI, Assessore alle politiche per la salute

     

     

    Partecipano alla seduta: dott. Luca BALDINO, Direzione generale cura della persona, salute e welfare, RER, dott. Giancarlo MUZZARELLI, Sindaco di Modena, dott. Michele TAMBURINI, segretario SMI, dott. Michele DE PASCALE, Sindaco di Ravenna, dott. Giorgio ZANNI, Sindaco di Castellarano (RE), dott.ssa Lucia FONTANA, Sindaco di Castel San Giovanni (PC), dott. Matteo NICOLINI, AAROI-EMAC, dott.ssa  Ester PASETTI, ANAAO, dott. Vittorio DALMASTRI, FPCGIL CISL Medici UIL FPL.

     

     

    Presiede la seduta: Ottavia SONCINI

    Assiste la segretaria: Annarita Silvia Di Girolamo

    Funzionario estensore: Angelo Baratelli


    DEREGISTRAZIONE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    Audizione sulla rete di emergenza-urgenza della Regione Emilia-Romagna

     

    Presidente SONCINI. Buongiorno a tutti.

     

    Iniziamo questa audizione della IV Commissione, Politiche sociali e politiche per la salute, dal tema “Audizione sulla rete di emergenza-urgenza della Regione Emilia-Romagna”. Un tema delicato, un tema complesso, perché riguarda il fatto di fornire cura, assistenza ad un paziente in emergenza, che chiede un percorso giusto, che ha bisogno del giusto mezzo di soccorso, di essere portato nel giusto ospedale, di avere il giusto trattamento e collocazione definitiva. Quindi, un tema davvero delicato e complesso.

    Questa audizione è stata richiesta da Gruppi consiliari dell’Assemblea legislativa. Interverranno, nell’ordine, il direttore Baldino, che spiegherà la proposta di accordo con le parti sociali, sulla quale sta lavorando l’Assessorato per una prima risposta a questi temi, di cui parleremo questa mattina, i presidenti delle CTSS, che abbiamo invitato e ovviamente tutti coloro che vorranno intervenire, perché nella nostra idea di sistema regionale di sanità le CTSS e i loro presidenti hanno un ruolo nello scegliere come organizzare la risposta territoriale capillare, come abbiamo visto anche sul PNRR.

    Abbiamo invitato l'Intersindacale medica, i medici convenzionati, perché ci sono obiettivi precisi e un metodo che è quello di condivisione, di fare insieme, che sta portando avanti l’Assessorato. Ringrazio l’assessore Donini, che in questi anni è stato presente, con un confronto costante, in questa Commissione e che chiuderà i lavori della mattinata.

    Cerchiamo di fare un ragionamento compiuto sul tema, senza negare le difficoltà, senza negare la crisi profonda in cui siamo entrati, gli errori fatti in passato sulla programmazione del personale sanitario. Leggiamo tutti i giorni sui giornali il tema della carenza del personale medico specialistico (con specialisti intendo anche i medici di medicina generale), una situazione gravissima che riguarda tutti, i tagli, il tema dell’appropriatezza e dell’accesso ai pronto soccorso, il tema della tecnologia, della possibilità di sviluppo di competenze, della casistica, tutti temi che affrontiamo spesso in questa Commissione e che oggi vogliono trovare un’occasione di incontro e di confronto ulteriore.

    In questi anni abbiamo parlato tanto del tema della gestione della pandemia e delle conseguenze che ha avuto sui Dipartimenti di emergenza-urgenza, quindi credo che sia opportuno ringraziare gli operatori sanitari di tutto il sistema dell’emergenza-urgenza, perché deve essere difficile lavorare sempre con la pressione del tempo, quindi con il tempo che lavora contro, e ho sempre pensato che questa fosse una cosa non ben compresa, questo tema del tempo e di tutte le patologie tempo-dipendenti con cui gli operatori sanitari hanno a che fare. Quindi veramente un ringraziamento va a tutti coloro che operano nel sistema, dall’allarme del 118 al sistema territoriale di soccorso sui mezzi di soccorso, chi nella rete dei servizi dei pronto soccorso, hub and spoke, chi nella rete dei punti di primo intervento, i vari Dipartimenti, i DEA, di primo e secondo livello, quindi anche la rete delle strutture all’interno dell’ospedale.

    Vi ho spiegato come è organizzata la mattinata. Ovviamente cerchiamo di tenere prima gli interventi dell’Intersindacale medica e dei convenzionati e dei presidenti CTSS, e poi il dibattito dei consiglieri regionali. Alcuni mi hanno chiesto di intervenire prima, perché hanno impegni successivi, quindi a questo punto darei la parola al direttore Baldino per il tema che vi dicevo precedentemente.

    Grazie, direttore.

     

    BALDINO, Direzione generale Cura della persona, salute e welfare della Regione. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti.

    Introduco quello che, come Assessorato, stiamo provando a fare per risolvere un tema e una criticità molto importante che abbiamo sulla rete dell'emergenza-urgenza, quindi la rete dei pronto soccorso, ma anche la rete 118, difficoltà che, come sapete bene, sono prioritariamente riconducibili a una carenza di personale e quindi di riuscire a trovare medici che vogliano venire a lavorare in pronto soccorso e nella rete 118.

    Il mandato che l’assessore mi ha dato di lavoro in queste settimane è stato quello di riuscire a utilizzare ogni strumento che la legislazione vigente ci consente e anche quelli che riusciamo a immaginare nell’ambito dell’autonomia concessa alle Regioni, per portare una soluzione a questa criticità, lavorando in primo luogo sul riuscire a creare le condizioni per incrementare il personale presente nella rete emergenza-urgenza, lavorando anche sul tema di riconoscere una maggiore incentivazione e la giusta valorizzazione agli operatori che, come veniva ricordato dal presidente, da molti anni ormai stanno lavorando in condizioni che diventano sempre più difficili e che richiedono uno sforzo e un impegno personale veramente importante.

    Lavorare ovviamente anche sul tema organizzativo, quindi sull’organizzazione interna dei pronto soccorso e della rete 118, ma anche – tema che non solo in questa Regione, ma su tutto il territorio nazionale ci portiamo dietro da molto tempo e che si è acuito con la pandemia – sul tema dell’appropriatezza degli accessi in pronto soccorso. Sapete che, come è noto, in questa Regione, ma su tutto il territorio nazionale, il Pronto Soccorso viene utilizzato molto di più di quanto previsto, quindi in maniera non appropriata.

    C'è ovviamente anche un tema importante di aggiornamento tecnologico delle nostre strutture, in particolare quelle di Pronto Soccorso, perché le tecnologie rappresentano sia uno strumento per aumentare e migliorare la produttività, sia un necessario strumento di crescita professionale dei nostri medici, ormai sempre di più medicina e tecnologia sono un binomio indissolubile.

    Per fare questo, abbiamo attivato una serie di confronti con l’Intersindacale medica, che rappresenta tutti i medici dipendenti, in questo caso in particolare coloro che lavorano nella rete di emergenza-urgenza, ma anche con i rappresentanti sindacali dei medici convenzionati, che rappresentano in questo caso specificatamente i MET, i Medici di Emergenza Territoriale, medici che lavorano nella rete 118 e in parte anche nei Pronto Soccorso con un contratto di natura convenzionale, nato, se non ricordo male, all’inizio degli anni '90, e ovviamente un confronto che è avvenuto anche con le Direzioni generali delle Aziende sanitarie, ma soprattutto con i primari e i direttori dei Dipartimenti di emergenza-urgenza e dei Pronto Soccorso.

    In questo momento, che è stato di ascolto, ma anche di interlocuzione, siamo arrivati alla proposta che oggi vi illustro, che è una proposta di accordo con i sindacati, ma in qualche modo contiene anche il piano di azione delle nostre Aziende sanitarie sul tema dei Pronto Soccorso, questo è il mandato che ho avuto dall’assessore e questo è quello che adesso vengo a illustrarvi.

    Come accennavo, noi abbiamo lavorato su quattro fronti. L’emergenza più importante è quella di riuscire a mettere in campo tutti gli strumenti e le risorse che oggi ci sono consentiti per incrementare gli organici del personale medico nella rete di emergenza-urgenza, ma anche un insieme di iniziative che abbiano l’obiettivo di migliorare la qualità del lavoro e ridurre il carico di lavoro, perché su tutti i fronti ci siamo sentiti dire "non vogliamo più soldi, vorremmo riuscire a lavorare meglio, con un carico di lavoro che sia più accettabile", e il tema di adottare misure organizzative, sia nel breve che nel medio termine, per migliorare l’organizzazione del lavoro all’interno dei nostri pronto soccorso.

    Per quanto riguarda gli organici, il personale medico, ovviamente si lavora sia sugli strumenti contrattualistici ordinari, da sempre disponibili, quindi attuare concorsi non appena c’è un fabbisogno. Stiamo bandendo un numero veramente elevato di concorsi, ma va detto che il numero di specialisti con la specialità in medicina d’urgenza è veramente basso e purtroppo le prospettive non sono ottime, visto che sui posti di specialità aggiuntivi aperti quest’anno nel sistema universitario la specialità di medicina d’urgenza è una di quelle più lontane dalla strutturazione, quindi è un percorso che in questo momento non è appetibile per i professionisti medici, e buona parte delle misure che adesso vi vado a illustrare serve a renderlo più appetibile, e ovviamente anche l’utilizzo di strumenti straordinari, forniti dalla legislazione prodotta in questi due anni per la situazione di emergenza che ha consentito una serie di deroghe, che, soprattutto grazie allo sforzo di questa Regione nel lavoro della Commissione Salute, siamo riusciti a far prorogare quasi tutti sino alla fine dell’anno.

    Con questa legislazione straordinaria siamo in grado – e lo andiamo a ribadire all’interno di questo accordo – di assumere con contratti a tempo determinato gli specializzandi al quarto e al quinto anno di specialità, sia presenti in graduatorie già esistenti (sapete che il decreto Calabria ci consente di farlo), sia non presenti in graduatorie, per cui li possiamo prendere con contratti a tempo determinato, ovviamente avendo verificato prima che non ci sia qualcuno in graduatoria, o con contratti di natura allievo professionale, co.co.co., varie forme di lavoro flessibile.

    Anche qui voglio specificare che l’obiettivo del Servizio sanitario regionale è quello di riuscire a prendere tutti con contratti di natura stabile, quindi di ruolo, a tempo indeterminato. Il ricorso a forme di lavoro flessibile avviene non per volontà delle aziende, ma per andare incontro a esigenze di singoli professionisti, che magari, avendo altre attività, sono disposti ad accettare un incarico per 15 ore, ma non un incarico a tempo pieno.

    Gli strumenti che sono stati prorogati fino alla fine dell’anno ci consentono di fare contratti di natura libero-professionale, co.co.co., flessibili a qualunque medico laureato anche non specializzato. Utilissima, anche se evidentemente è una misura emergenziale prorogata fino a giugno (vedremo se riusciremo a farla prorogare anche oltre), è quella di poter fare contratti con personale in quiescenza, quindi in pensione, che accetti di tornare a lavorare nelle nostre strutture, e, da ultimo, il tema del trattenimento – su base volontaria, sia chiaro – in servizio di medici che hanno già raggiunto il sessantasettesimo anno o sessantacinquesimo anno d’età, che fino a un paio d’anni fa eravamo obbligati a collocare in pensione e  invece adesso, almeno fino alla fine di quest’anno, possiamo trattenere in servizio.

    Un tema molto importante, che non è in questo momento previsto dalla normativa, ma su cui stiamo lavorando insieme al mondo delle università, è quello di allargare, quindi abbiamo già attivato un percorso con un percorso di confronto fra Regione e le quattro Università dell’Emilia-Romagna per rivedere gli accordi che abbiamo sull’utilizzo dei medici in formazione specialistica, quindi degli specializzandi.

    Questo in modo da riuscire a raggiungere due obiettivi, una migliore distribuzione di coloro che stanno facendo la specialità in medicina d’urgenza sull’intera struttura territoriale, quindi non averli solo concentrati nei Policlinici universitari (mi riferisco in particolare a quelle aziende sanitarie che non hanno l’università al proprio interno o, come a Piacenza, l’hanno appena attivata, ma le specialità arriveranno ovviamente fra qualche anno), al tempo stesso, attraverso l’accordo con l’università in pieghe che la normativa ci consente, riuscire a ad allargare gli effetti del decreto Calabria anche agli specializzandi nel terzo anno, non solo a quelli del quarto e del quinto.

    Perché insistiamo così tanto sugli specializzandi? Sapete benissimo che la situazione di criticità che abbiamo sul personale medico in generale è dovuta a una sbagliata programmazione degli ultimi 15 anni, che ha fatto sì che oggi stiamo immettendo nel mondo del lavoro meno medici di quelli che sono andati in pensione, quindi di quelli che servirebbero. La soluzione a questo problema, che è stato l’allargamento dei posti di specialità che è avvenuto negli ultimi due anni, che quindi è una soluzione in prospettiva, sta creando un problema nell’immediato, perché medici che prima non riuscivano ad accedere alla specialità adesso ci riescono e quindi lasciano il lavoro da MET che stavano facendo per andare giustamente a studiare all’interno del mondo della specialità, quindi tutti questi strumenti che ci consentono di trattenere nel mondo lavorativo queste persone che sono in formazione sono ovviamente fondamentali.

    Il secondo tema è quello di migliorare la qualità del lavoro e riconoscere il valore del lavoro di chi lavora in pronto soccorso. Da questo punto di vista, sicuramente lo strumento più importante, perché è quello su cui abbiamo anche la possibilità di mettere delle risorse fresche, è quello delle prestazioni aggiuntive. È una specie di straordinario superpagato (chiamiamolo così), una modalità con cui le aziende comprano delle prestazioni aggiuntive dai propri operatori, quindi è uno strumento che useremo fino ai limiti del possibile e su cui andremo a dedicare dei budget specifici, azienda per azienda, dedicati proprio agli operatori di pronto soccorso.

    Questo ci consente da un lato di aumentare la forza lavoro, dall’altro di riconoscere a chi già lavora in pronto soccorso e sta già facendo più ore di quelle previste dal contratto una retribuzione maggiore rispetto allo straordinario normale.

    L’altro tema fondamentale è quello di utilizzare al massimo grado tutte le risorse incentivanti che la normativa ci mette a disposizione. Qui, purtroppo, abbiamo un vincolo, sapete bene che i fondi contrattuali da Brunetta in poi sono blindati, quindi non è possibile aumentarli se non in condizioni assolutamente eccezionali, quindi si tratta di riuscire ad usare al meglio dei fondi che però sono predefiniti e che non possono essere aumentati, con qualche eccezione che stiamo discutendo con le organizzazioni sindacali, di cui sicuramente la più importante è quella contenuta nella legge Gelli, che prevede risorse specifiche anche sul Fondo di perequazione per il personale sanitario di pronto soccorso.

    L'ultimo tema relativo alla valorizzazione del personale, sicuramente quello più importante e più sentito dai nostri operatori, è quello che riguarda i percorsi di carriera. Sapete che all’interno delle Aziende sanitarie esistono diverse possibilità per definire i percorsi di carriera dei nostri operatori, tutti hanno in mente il primario, ma in realtà esistono delle sotto graduazioni, quindi le strutture semplici dipartimentali, le strutture semplici, ma esistono anche gli incarichi professionali, creati all’inizio degli anni Novanta per riconoscere il fatto che un percorso di carriera di un clinico può non essere solo sul lato organizzativo, ma può essere anche sul lato puramente professionale.

    In questo accordo, che – ricordo – ha una valenza di indirizzo, nel senso che non esiste, per quanto riguarda il personale dipendente, un livello di contrattazione regionale, quindi quelle che noi andiamo a fare sono intese, che poi diventano linee guida per la contrattazione a livello aziendale, il fine è quello di valorizzare al massimo grado possibile, senza penalizzare gli altri operatori aziendali, le posizioni di chi lavora in pronto soccorso, dando più strutture, semplici, più incarichi professionali o con una maggiore pesatura. Purtroppo, anche qui ci troviamo nella logica dei fondi, quindi di una quantità predeterminata.

    Da ultimo, ma sicuramente, per quanto mi riguarda, fra le iniziative più importanti, anche perché ha una valenza non solo nel breve, ma anche nel medio termine, la decisione di creare in ogni pronto soccorso con almeno 25.000 accessi all’anno (su questa cifra andremo comunque a ragionare) degli ambulatori per i codici a bassa criticità. Questo vuol dire creare, all’interno di ogni Pronto Soccorso, una struttura dedicata per gestire quegli utenti che hanno un livello di criticità molto basso e che tendenzialmente si presentano in Pronto Soccorso in modo inappropriato.

    Questi ambulatori verranno gestiti da medici della continuità assistenziale su cui andremo a fare dei bandi specifici, in modo da non entrare in concorrenza con le altre strutture di continuità assistenziale, quali la Guardia medica e le USCA, e dovranno necessariamente essere all’interno del pronto soccorso, quindi non nelle vicinanze, per due motivi. Il primo è che rende il percorso operativo molto più efficace, cioè l’operatore del triage immetterà l’utente nel corridoio di destra piuttosto che nel corridoio di sinistra in funzione della valutazione del suo codice di accesso; è ovvio che il medico dell’ambulatorio a bassa criticità, nel momento in cui dovesse avere un dubbio o rilevare una criticità, passerebbe l’utente immediatamente alla parte tradizionale di pronto soccorso, ma anche perché riteniamo che gli ambulatori per i codici bassa criticità possano essere uno strumento per cominciare a lavorare in maniera più efficace sul tema dell’appropriatezza.

    In sostanza, cominciamo ad intervenire laddove il comportamento inappropriato si trova fisicamente, quindi all’interno dei pronto soccorso.

    Ovviamente lavoreremo per promuovere il massimo livello di integrazione con i medici dell’emergenza territoriale, con i MET, nell’ambito di tutte le attività della rete di emergenza-urgenza. L’altro elemento fondamentale è quello di avviare un programma di investimenti tecnologici specifici per il pronto soccorso, quindi stiamo lavorando per definire il lato finanziamenti, quindi per recuperare le risorse.

    Presto partirà una verifica con tutte le aziende per capire quali sono le tecnologie necessarie. Parliamo di tecnologie piccole e medie, ricordo che il PNRR ci fornisce già fondi sufficienti per la sostituzione di tutte le grosse tecnologie obsolete, vetuste (con grosse tecnologie intendo TAC, RMN, apparecchiature che in un pronto soccorso sono fondamentali), rimaneva scoperto qualcosa legato a tecnologie piccole medicali, gli ecografi, che diventano uno strumento essenziale per migliorare e velocizzare il lavoro all’interno del pronto soccorso.

    La riflessione che stiamo facendo è che un ecografo negli ambulatori dei codici a bassa criticità dovrebbe essere presente, perché l’ecografia di base si avvia a diventare uno strumento diagnostico di base, che non si sostituisce ovviamente all’ecografia più specialistica, ma sicuramente può facilitare e orientare la diagnosi.

    Riteniamo infine fondamentale (lo abbiamo inserito nella proposta di accordo) avviare una campagna di comunicazione nei confronti dei nostri cittadini sull’uso appropriato del pronto soccorso, e che, come faremo nei prossimi mesi, nel grande lavoro di applicazione del DM 71, quindi la revisione complessiva della medicina territoriale, che l’accesso appropriato al pronto soccorso si costruisca sia in termini comunicativi che creando strutture alternative al pronto soccorso.

    Sapete che c’è una grande riflessione a livello nazionale non ancora conclusa, quindi tutto il tema delle Case della comunità, dei punti di guardia medica, del ruolo dei medici di medicina generale sarà un elemento fondamentale.

    Da ultimo, una riflessione sugli interventi strutturali, fisici, sui muri dei nostri pronto soccorso. La nostra rete di pronto soccorso dal punto di vista strutturale è abbastanza buona, nel senso che il grado di anzianità delle strutture è molto basso, però ci sono alcuni casi specifici su cui diventa importante intervenire, perché la situazione, anche dal punto di vista dei muri, deve essere rivista.

    Ho spiegato in maniera molto sintetica la proposta di accordo che è sul tavolo con le organizzazioni sindacali, che riassume anche il lavoro che si sta facendo e si andrà a fare con le aziende sanitarie sul tema della rete dei pronto soccorso.

    Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, direttore.

    Comunico che è arrivato il contributo del dottor Turrini della Federazione veterinari medici e dirigenti sanitari con relazione scritta. Abbiamo dato ovviamente a tutti questa possibilità. Ci sta seguendo in streaming pubblico e anche Marisa Faraca lo sta facendo. Loro ce lo hanno segnalato, ma tenevo a dire ai consiglieri che ovviamente invieremo il contributo scritto del dottor Turrini, come invieremo, appena arriverà, il contributo scritto del dottor Morini, che mi ha anticipato, e di altri che non riescono a partecipare oggi faremo avere ai consiglieri e ovviamente all’Assessorato le relazioni scritte che ci arrivano.

    Ha chiesto di intervenire, perché poi ha un impegno istituzionale, il sindaco Muzzarelli, presidente della CTSS di Modena, che è collegato.

    Ha chiesto di intervenire successivamente il dottor Tamburini del Sindacato medici italiani, perché ha un impegno anche lui (è presente in sala), e il sindaco di Ravenna, Michele De Pascale.

    Prego, sindaco Muzzarelli.

     

    MUZZARELLI, sindaco di Modena, presidente CTSS Modena. Buongiorno. Vi ringrazio di questa bella occasione, ringrazio la Commissione IV per questo confronto su un tema fondamentale come la qualità della sanità per l’opportunità di salvare vite.

    La Conferenza Territoriale Sociosanitaria modenese ha discusso in questi anni più volte questo tema così delicato, soprattutto in questi due anni così difficili per tutti, anni che hanno messo sotto pressione la nostra sanità e hanno creato ulteriori disuguaglianze, nuovi disagi, pensioni e soprattutto riorganizzazioni anche necessarie su interventi della sanità, fino all’attenzione delle risorse e all'analisi dei trend dei consumi sanitari, dei costi, dei finanziamenti e fino a questi giorni con l’aumento dei costi delle materie prime ed altro.

    Ora occorre innanzitutto uno sforzo nazionale non solo per coprire le spese Covid, ma per garantire continuità di risorse, perché credo che le priorità siano risorse finanziarie e risorse umane, che sono i due elementi che noi abbiamo registrato come grandi difficoltà.

    In questo contesto dell’emergenza-urgenza dentro un impianto chiaro di ricerca di formazione non ho ascoltato la parola "volontari", ma poi lo riprenderò, a Modena c’è una collaborazione straordinaria del mondo del volontariato anche nel sistema 118, che per noi è fondamentale.

    Innanzitutto, confermo un primo punto che il dottor Baldino ha detto, confermo le difficoltà per la mancanza di figure fondamentali, personale specializzato, formato in alcuni settori, laddove i medici di Pronto Soccorso, ad esempio, hanno avuto ha un buco di 15 posti, c'erano 15 specializzazioni in più che non sono state coperte perché purtroppo il lavoro è faticoso, complicato e il risultato è difficile.

    Nelle relazioni che abbiamo sempre tenuto con l’Azienda ospedaliera universitaria, con l’ASL, abbiamo ragionato sulla rete del sistema di emergenza territoriale modenese e naturalmente la criticità legata alla dotazione organica è la priorità per il turnover dei professionisti, quindi ho ascoltato delle proposte che condivido e mi pare siano estremamente importanti.

    C’è un altro tema che va affrontato e bisogna valutare anche da un punto di vista contrattuale: la difficoltà di accettare le aree disagiate. Dobbiamo trovare delle formule per riuscire a garantire la presenza dei medici, degli infermieri, dei servizi anche nelle aree disagiate.

    In questo scenario di difficoltà abbiamo affrontato le riflessioni in Conferenza, abbiamo ascoltato le aziende per gli avvisi pubblici per le assunzioni, per i bandi, per l’utilizzo del decreto Calabria, come è stato evidenziato, e soprattutto per potenziare le relazioni con l’Università di Modena e Reggio-Emilia, per aumentare la formazione, perché il vero punto in generale, dagli infermieri ai medici e ritorno, è per anni avremo carenze di personale formato, quindi la criticità è il punto chiave, risorse economiche e risorse di personale.

    Dobbiamo trovare quindi tutte le formule di integrazione e collaborazione tra gli ospedali e il territorio, per andare nella direzione più corretta. Penso, per esempio, ad un passaggio del dottor Baldino in merito alla riflessione sui pronto soccorso sul tema dell’appropriatezza e della valutazione degli accessi dei servizi.

    Vi pongo anche una riflessione sul tema del futuro delle stesse guardie mediche, anche nel rapporto con il nuovo DM 71 che sta arrivando, per cui bisogna approfondire e avere il coraggio di affrontare la realtà nel suo insieme, per migliorare l’appropriatezza di accesso al pronto soccorso e per trovare tutti gli spazi.

    Sul nostro territorio abbiamo registrato alcune difficoltà sia in montagna che nella bassa. Penso al tema di Mirandola, su cui c’è stato un approfondimento in Commissione in modo puntuale anche su questi aspetti, proprio perché il modello e l’organizzazione dell’emergenza-urgenza territoriale deve essere verificato, e mi ha fatto piacere ascoltare alcune osservazioni e proposte che per me sono molto importanti.

    In una relazione, che eventualmente possiamo anche mandare, che l’azienda ha fatto sul tema ci sono degli approfondimenti puntuali su quella rete. La Provincia di Modena è una realtà molto lunga e complicata, quindi ha bisogno di assicurare presìdi in montagna, nel centro e nell’area nord, per garantire l’integrazione, ma – ripeto – un’integrazione anche con la valorizzazione del volontariato.

    Vi chiedo un approfondimento su questo punto, perché non tutte le Province hanno una modalità di relazione con il volontariato omogenea, c'è chi viene più pagato, c’è chi ha relazioni diverse, c'è del volontariato puro, quindi credo che una riflessione anche su questo punto vada fatta.

    Adesso abbiamo superato una fase di difficoltà con la Centrale Bologna, nella prima fase avevamo avuto dei problemi perché si doveva oliare la macchina, quindi tutto era complicato, oggi mi pare che le cose comincino a girare meglio, e credo che sia importante. Naturalmente tutti i dati che abbiamo impegnano in modo totale e soprattutto dobbiamo mettere in campo una rete ancor più capillare e puntuale, perché credo che questa sia la priorità delle priorità, se vogliamo salvare vite umane bisogna arrivare per tempo, poi dopo bisogna avere le strutture, come diceva lei all’inizio, per l’appropriatezza degli ospedali, perché il paziente deve arrivare nel luogo giusto per avere salva la vita, riflessione che condivido.

    Bisogna informare, verificare tutti i percorsi a livello provinciale sul tema degli hub, sul tema del territorio e della rete, per rafforzare questi servizi, anche con una riflessione sui medici di medicina generale.

    Vado a concludere. Un approfondimento – ripeto – sulle relazioni dei diversi contesti del volontariato, e soprattutto noi abbiamo chiesto una riflessione anche sulla conferma e poi sul potenziamento del tema della rete elicotteristica regionale, proprio perché abbiamo l’esperienza dell’elicottero di Pavullo, rete che sta funzionando e che è un riferimento certo, che deve essere rafforzato ancora di più nella rete di pronto intervento, perché è fondamentale.

    La Conferenza Territoriale Sociosanitaria, insieme all’ASL, all’azienda ospedaliera universitaria e all’università, sta continuando a lavorare per confermare, insieme alla Regione Emilia-Romagna, esigenze e necessità. Dobbiamo cercare di leggere con attenzione, appena esce definitivamente, il DM 71, per garantire i servizi sul territorio, affrontare problemi e prospettive che devono essere conosciute e affrontate con una governance allargata.

    Confesso che oggi ci ha fatto piacere essere chiamati, lo dico perché è importante, noi siamo abbastanza sul territorio e siamo abbastanza là, quindi se siamo ogni tanto anche qua, è un fatto positivo, per assumere responsabilità ancora una volta, scelte giuste, impegni e risorse per garantire sempre buona sanità e salute alla nostra comunità regionale.

    Vi ringrazio e ringrazio anche il direttore Baldino per la sua relazione, che condivido. Adesso bisogna lavorare per farla cadere sui territori e per migliorare la qualità di tutto il sistema di emergenza-urgenza e del 118, che sono fondamentali.

    Grazie e buon lavoro.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, sindaco, per il suo intervento e per i contributi che ci farà avere.

    Nel frattempo, è arrivato il contributo scritto del sindaco Lepore, che vi faremo avere al termine della Commissione.

    Il dottor Tamburini del Sindacato Medici Italiani interviene in presenza e poi il sindaco De Pascale, Presidente CTSS Romagna.

     

    TAMBURINI, Sindacato Medici Italiani. Buongiorno, ringrazio di essere stato invitato.

    Come rappresentante dei medici di famiglia io condivido appieno la relazione che ha fatto il direttore e anche l’intervento del sindaco Muzzarelli.

    Noi vi vogliamo solamente dire, come medici di famiglia, che condividiamo questo argomento dell’emergenza-urgenza, ma il primo filtro sul territorio siamo noi, una nostra carenza provoca appunto questo problema, sia nei pronto soccorso che negli ambulatori di primo intervento che negli ambulatori di continuità assistenziale.

    In collaborazione con l’assessore Donini, abbiamo provato a trovare delle misure di contenimento. La grossa difficoltà per i medici, in questo momento, è proprio non avere la base, cioè non avere medici, quindi chiedo a tutti voi, quindi a tutte le forze politiche anche a livello nazionale, di spingere per la riapertura delle Facoltà di Medicina.

    Per formare un medico ci vogliono 10 anni, noi siamo in una crisi talmente grave che nei prossimi cinque anni molti dei vostri familiari non troveranno una sanità pubblica che garantisca loro un servizio sul territorio, né nell’ospedale.

    Vi do dei dati che vi fanno capire quanto siamo noi in difficoltà, anche se sui giornali ci dicono che lavoriamo poco e guadagniamo tanto. Solamente a Bologna città mancano 174 medici di famiglia, il rapporto ottimale è 1 a 1000, quindi potete capire cosa succede. Nella provincia nel suo complesso ne mancano 288.

    Prima, come diceva il dottor Muzzarelli, veniva vista la montagna, la periferia come qualcosa che viene privato della sanità, ma adesso anche nelle vostre grandi città avrete dei grossi problemi.

    Ancora peggio, parliamo della continuità assistenziale, quella che dovrebbe garantire ai cittadini il servizio il sabato, la domenica e le notti. Solo il 17 per cento dei medici è titolare. Capite quindi perché i cittadini si rivolgano poi alle strutture sanitarie, quindi pronto soccorso e pronto interventi, che vanno ad affollare, come diceva il Direttore, non per prestazioni di Pronto Soccorso, ma per prestazioni anche ambulatoriali, che sono l’80-85 per cento di quelle svolte in pronto soccorso.

    Io vi ho dato solo dei dati su cui riflettere, perché come medici chiediamo la collaborazione di tutte le forze politiche nell’aiutarci a dare una sanità pubblica che in questo momento vediamo in difficoltà. I dati che io vi ho citato aumenteranno del 10 per cento ogni sei mesi, quindi nel 2025 molto probabilmente come medici di famiglia e come medici sul territorio, che dobbiamo fare il primo filtro, forse non esisteremo più.

    Vi faccio solo un esempio personale. Io dovrei avere 1000 pazienti, ne ho 1008, più 300-350 amici che non trovano il medico di famiglia. Arriverà che non saremo dei panda, ma qualcosa di più. Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, dottore Tamburini.

    A questo punto chiedo al sindaco De Pascale, Presidente della CTSS dell’ASL Romagna, di intervenire.

     

    DE PASCALE, sindaco di Ravenna, Presidente CTSS Romagna. Buongiorno, grazie, presidente.

    Come il Sindaco Muzzarelli, anche io, a nome dei sindaci della CTSS della Romagna, non posso che ringraziare la Commissione per questo invito, che ci dà l'opportunità di ascoltare la relazione del direttore Baldino, che anch’io mi sento di condividere e anche di portare alcuni elementi conoscitivi peculiari del nostro territorio.

    La CTSS della Romagna unisce i 75 Comuni delle tre Province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, è un territorio molto vasto, con più di 1.100.000 abitanti, che chiaramente, soprattutto in termini di un servizio come quello dell’emergenza-urgenza, subisce anche una variazione in termini di popolazione molto significativa durante l’anno. I nostri servizi durante i mesi estivi (penso soprattutto ai pronto soccorso di Rimini, ma anche di Ravenna e di Cesena) subiscono un incremento di popolazione molto significativo.

    La nostra rete è strutturata, come veniva raccontato anche per gli altri territori, per diversi livelli di risposte e di intensità. Abbiamo un centro, che ovviamente è un punto di riferimento anche sovra territoriale, l'hub di Cesena, che è un trauma center di livello regionale, con la presenza di tutti i servizi specialistici, compresa la neurochirurgia, per poter affrontare le emergenze e i traumi più gravi, passando poi per i tre pronto soccorso di Ravenna, Forlì e Rimini, che offrono comunque servizi di alta intensità, ma servizi di pronto soccorso anche su Faenza, Lugo e Riccione, e poi una rete di punti di primo intervento molto capillare, che ovviamente è stata anche molto colpita dalla carenza e dalle difficoltà che stiamo affrontando in tema di reperimento del personale.

    Credo di poter dire che le azioni intraprese dalla nostra ASL sono totalmente coerenti con le strategie e gli obiettivi che il direttore enucleava questa mattina, da quelle più scontate e banali come quella di espletare concorsi con l’obiettivo di attirare più professionisti possibile alle soluzioni organizzative, che ovviamente hanno cercato di lavorare anche sui temi dell’appropriatezza, perché abbiamo l'esigenza di dare risposta a tutti e a tutte, ma abbiamo anche il dovere di dare risposte proporzionate ai bisogni.

    Nei nostri pronto soccorso nel sistema dell’emergenza incontriamo pazienti con caratteristiche diversissime, abbiamo situazioni di patologie tempo-dipendenti o traumi molto gravi, che necessitano di professionisti ultra-specializzati, con grande esperienza per salvare la vita delle persone, e poi affrontiamo l’altra grande emergenza, quella della patologia cronica. Noi abbiamo una media di invecchiamento della popolazione più alta rispetto al resto della Regione e nazionale, e questo ovviamente non può che essere un fatto positivo per la qualità della vita che il nostro territorio offre, ma dall’altra parte questo porta sui pronto soccorso un peso molto forte, collegato alla gestione della patologia cronica, con pazienti che arrivano in pronto soccorso con quadri di scompenso molto variegati, che hanno patologie pregresse significative, che spesso nel rapporto fra pronto soccorso, territorio e degenza in ospedale si fatica a gestire.

    In questo senso, benissimo il lavoro che la Regione e le aziende intendono fare sugli specializzandi, da poco in Romagna è arrivato il Corso di laurea di Medicina e chirurgia, abbiamo strutturato una collaborazione e un rapporto molto forte con l’Università di Bologna, intratteniamo rapporti e relazioni anche con l’Università di Ferrara, altro territorio confinante con noi, quindi sicuramente la presenza degli specializzandi è per noi un tema centrale.

    Credo però che vada sollecitato il Governo, visto che siamo in una fase di emergenza assoluta, anche per strumenti di reperimento di personale. Abbiamo moltissimi medici che, per scelte sbagliate operate dal nostro Paese, non sono rientrati nei percorsi di specializzazione quando erano nelle condizioni di poterlo fare per numeri ristretti e varie procedure, e penso che in questo momento, ragionando sui livelli di appropriatezza, cioè lavorando sul trattare in maniera diversa cose diverse fra loro, sia opportuno mettere a disposizione dei servizi tutte le capacità e le competenze professionali, maturate sia nei percorsi di studio, ma anche nei percorsi di lavoro, anche dando l’opportunità a chi lavora da tanti anni in forma precaria di riconvertire il proprio percorso professionale e poter mettere le proprie competenze a servizio del Servizio sanitario nazionale.

    Il nostro impegno, anche attraverso le risorse del PNRR, è iniziato prima e lavora anche sulle soluzioni alternative. Vale sicuramente per la rete delle Case della salute, che in Romagna è strutturata e offre servizi importanti, grazie allo straordinario impegno e alla collaborazione con i medici di medicina generale, che grazie alla continuità assistenziale, grazie al lavoro in squadra, in team, riescono a dare risposte crescenti pur nelle difficoltà di reperimento di personale, ma la riorganizzazione dà effetti sicuramente positivi.

    Abbiamo un tema di attrazione di professionisti. Questo vale sicuramente per il personale medico e quindi abbiamo attivato progetti incentivanti, stiamo ragionando con le organizzazioni sindacali sul tema  di incarichi qualificati, c’è un dialogo in corso, però abbiamo l'esigenza di fare un salto di qualità su questo tema e (questo non vale solo per l’emergenza-urgenza) sul riconoscimento delle professioni sanitarie, perché, mentre sui medici possiamo lavorare sul numero chiuso, qui il tema in molti casi è che non arriviamo a coprire i posti che bandiamo in molte professioni sanitarie, e sul livello di retribuzioni e sul riconoscimento professionale delle professioni sanitarie o ci svegliamo come Paese o rischiamo veramente il disastro.

    Un’ultima cosa e concludo. Penso che, oltre a tutte queste misure fondamentali, non supereremo questa fase così difficile senza un ragionamento sull'appropriatezza. Abbiamo bisogno di dire parole di verità ai cittadini e alle cittadine di questa Regione e, poiché le risposte si trovavano fino a qualche anno fa, perché il dramma sulla quantità di personale si sta sviluppando negli ultimi anni, non riuscendo a sostituire i pensionamenti, sappiamo bene che va fatto un nuovo patto con i cittadini e le cittadine rispetto all'utilizzo dei pronto soccorso e dei punti di primo intervento, che sono nati per l’urgenza, per l’emergenza, per ciò che non è differibile.

    Quindi, sì a ridistribuire le Case della salute, il territorio, la domiciliarità, potenziare i servizi sanitari nelle residenze anziani, tutto giusto, ma anche un ragionamento sull’appropriatezza, perché esiste (forse non è popolare dirlo, ma lo dobbiamo dire) un utilizzo improprio dei Pronto Soccorso e dei punti di primo intervento, e anche su questo tutti insieme dobbiamo lavorare.

    La CTS della Romagna, da quando la presiedo, ha sempre votato all’unanimità, nonostante ci siano peculiarità territoriali e opinioni politiche diverse al nostro interno. Un tema come questo non può che essere affrontato con un grande spirito di coesione, e un percorso da fare insieme ai nostri professionisti, ma anche ai nostri cittadini, se ha un principio di trasversalità e un'assunzione di responsabilità collettiva, credo che possa sicuramente ottenere migliori risultati.

    Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, presidente, per il suo contributo.

    A questo punto chiederei al dottor Pieralli di SNAMI – so che è in una condizione in cui non va molto la connessione – se in questo momento è in condizione di intervenire. Vedo dal computer che sta provando a collegarsi, ma non c’è la connessione, quindi riproviamo dopo.

    Sindaca Fontana, Presidente CTSS di Piacenza, lei è collegata? So che i tecnici stavano lavorando al collegamento e mi pareva fosse concluso, ma non la sentiamo.

    Sindaca, andiamo avanti, i tecnici la ricontatteranno.

    Dottor Pieralli, faccio un ulteriore tentativo. Mi sente? Niente.

    Chiederei quindi di intervenire al presidente Zanni, presidente della CTSS di Reggio Emilia.

     

    ZANNI, sindaco di Castellarano, presidente CTSS Reggio Emilia. Buongiorno a tutti. Intanto grazie mille per l’opportunità. Ringrazio il dottor Baldino, l’assessore Donini, che saluto e ringrazio, la presidente Soncini, così come tutto il resto della Commissione.

    Credo che sia una giornata importante di confronto, quindi ringrazio anche i consiglieri regionali che sono all’ascolto in presenza e collegati.

    Le difficoltà sono state ben descritte negli interventi precedenti, quindi cerco di partire da un pochino più avanti. Le sfide che ci si trova ad affrontare in questo momento nelle nostre CTSS territoriali sono tante. Grandi opportunità, mi riferisco ovviamente al PNRR Missione 5 e Missione 6, se su Missione 5 stiamo cercando di concertare territorialmente, senza andare alla sfida tra territori all’interno della stessa CTSS, ma andando in cooperazione rispetto ai servizi che possono essere messi in campo, e questo credo che sia un tratto non comune (spesso tra amministratori ci si è sfidati per portare a casa sui propri territori. non guardando però alla logica territoriale generale, in questo caso della Provincia che mi onoro pro-tempore di rappresentare, ma credo anche che sia la stessa cosa su scala regionale), la stessa cosa sta avvenendo su Missione 6.

    Per quanto ci riguarda, abbiamo candidato, su Missione 6, 3 OSCO per circa 8 milioni di euro che arriveranno sul territorio, quindi gli ospedali di comunità, 5 COT per circa 2 milioni di euro e 10 Case della comunità per altri 15 milioni di euro. Tra l’altro, su questo fronte la Regione Emilia-Romagna è sempre stata pioniera rispetto alle Case della salute, oggi Case di comunità, anche se con un’evoluzione in cui si deve vedere molto probabilmente una differenza (lo dico perché mi sembra la seduta più opportuna in cui dirlo) in cui, soprattutto sul modello di governance, mi permetto di dire, dobbiamo ancora fare dei passi avanti su un coinvolgimento che non sia soltanto sanitario, ma che sia realmente sociale e sanitario anche nella governance delle strutture. Quindi, credo che su quello ci sia da fare qualcosina in più, con il coinvolgimento delle Istituzioni locali all’interno della governance, dei Comuni, anche delle associazioni stesse del territorio e del volontariato, lo citava qualcuno anche prima, nel modello di governance, non a invito della sanità all’interno delle Case della salute. Grande opportunità, dicevo prima, ma anche grandi difficoltà.

    Ci scontriamo quotidianamente, lo dico nel rapporto quotidiano che abbiamo con le aziende, soprattutto sulle difficoltà del personale sanitario. Sono difficoltà endemiche, che non riguardano ovviamente soltanto la nostra provincia e la nostra regione, ma riguardano tutto il panorama nazionale, a partire dai medici di medicina di urgenza, ma anche i medici di base e gli specialisti all’interno dei plessi ospedalieri, gli stessi infermieri anche nel rapporto che devono avere con i medici, ad oggi abbiamo criticità anche da quel punto di vista.

    Condivido perfettamente il fatto che non sia soltanto una questione economica, tutt’altro. C’è anche una questione di riferimento economico, che talvolta viene, forse anche giustamente, rivendicata, ma anche a noi risulta, come descriveva bene il dottor Baldino, che non sia tanto quello l’elemento, ma che siano tutti gli elementi di contorno in cui si trovano oggi ad operare i medici sul territorio. Viviamo la crisi delle istituzioni ovunque, questo è vero, e anche i medici vivono quella crisi. Il poco rispetto, le difficoltà di operare sul territorio – lo dico anche in maniera molto chiara –, talvolta anche le violenze, forse acuite, certamente acuite dalla pandemia, a cui spesso, oltre alla maleducazione, si va anche oltre rispetto a questo. Questo è un dato non scontato. Lo vediamo all’interno delle scuole, l’abbiamo visto con gli autisti degli autobus durante la pandemia, lo vediamo ancora di più con il personale sanitario. Questo è un elemento che è impagabile anche rispetto a un aumento dello stipendio, che può far piacere, ma non risolve certamente il problema da questo punto di vista.

    Nel panorama soprattutto dei medici di medicina generale e delle guardie mediche, stiamo cominciando a soffrire molto anche a livello territoriale. Negli ultimi dieci anni – se i numeri mi confortano – abbiamo fatto circa un meno 10 per cento rispetto ai medici di medicina generale e nei prossimi cinque anni il panorama non è molto positivo da questo punto di vista. Le programmazioni a cui facevate riferimento voi, che non sono le programmazioni certo da imputare alle ultime programmazioni né nazionali né regionali, ma a un pochino di tempo fa, se non sbaglio, dieci, quindici o vent’anni fa, quindi nessuno dei presenti credo sia responsabile di queste programmazioni, però dobbiamo dirci che anche nei prossimi cinque anni matureranno un ulteriore calo del 10-11 per cento, se non ho fatto male i conti, su scala regionale. Si invertirà poi la tendenza.

    Anche qui, se i numeri mi confortano, al 2030 tornerà a esserci un aumento di circa il 12 per cento dei medici di medicina generale. Bisogna essere molto chiari che, però, ad arrivare probabilmente a quella data noi saremo nella stessa situazione di oggi, con le difficoltà che nel frattempo, però, aumentano. Questo è un dato di fatto di cui non possiamo non tenere conto nei numeri.

    Ci troviamo davanti a queste difficoltà importanti, anche perché spesso prendere decisioni dal punto di vista politico rischia di essere limitante da questo punto di vista, perché abbiamo difficoltà con il materiale umano, con il personale a disposizione, anche per prendere delle scelte politiche di riorganizzazione coraggiose insieme alle ASL da questo punto di vista.

    Rispetto a Reggio Emilia, guardando sempre ai numeri, oggi abbiamo 71 zone carenti di medici di medicina generale, 12 rispetto ai pediatri di libera scelta. Quindi, oggi abbiamo 83 posizioni di zone carenti sulla provincia di Reggio Emilia. Ho detto 83 quest’anno, mentre l’anno scorso erano 56. Quindi, il trend è un trend di difficoltà e di aumento che, come abbiamo sentito nella relazione precedente, c’è oggettivamente anche sul territorio. L’Azienda ha attivato qualsiasi strumento per cercare di far fronte a limitare e a coprire le zone carenti, è ovvio, però, che oggi anche quei bandi sono bandi che nel 90 per cento vanno di fatto deserti. Questo è un oggettivo problema ed è una realtà di cui dobbiamo prendere atto, per capire da questo punto di vista come intervenire.

    Rispetto alla panoramica sull’emergenza-urgenza aggiungo che noi stiamo affrontando le due questioni fondamentali nella contingenza del momento: la chiusura del pronto soccorso di Scandiano e di Correggio. Ricordo che sono stati chiusi per sicurezza. Questo va detto con forza: arriva la pandemia, quei due pronto soccorso dal punto di vista strutturale erano inadeguati per accogliere i percorsi “sporco-pulito” che mettessero oggettivamente in sicurezza chi entrava all’interno di quei PS, credo anche in tempo record. Di questo va dato merito alla Regione e anche al Governo. Vengono stanziati circa 2.700.000 euro in totale per la ristrutturazione dei due PS, che attualmente sono in fase di ultimazione dei cantieri. Se non sbaglio, prima dell’estate dovrebbe essere completato uno e credo tra l’estate e la fine dell’estate, settembre, anche quello di Correggio.

    Questo è uno degli elementi importanti che abbiamo affrontato anche con l’assessore Donini, la riapertura dei PS a questo punto in sicurezza, capendo anche qual è la portata a questo punto dei PS, se sarà l’h12 sempre in tema di emergenza-urgenza. Insomma, noi dal territorio crediamo che ci debba essere un impegno. L’assessore lo sa e so che si è preso anche questo impegno, e di questo lo ringrazio e lo ringrazia tutto il territorio, rispetto all’h12. Ad esempio, sul PS di Scandiano – prendo questo esempio tanto per partire da un elemento concreto – c’è anche un elemento di continuità assistenziale rispetto all’automedica dove, quando è chiuso il pronto soccorso, chiediamo che il territorio, un territorio vasto, popoloso e importante, possa essere assistito anche dall’automedica anche quando c’è l’h12 di chiusura del PS. Io credo che quello sia un elemento essenziale – lo dico in maniera molto chiara – a cui si debba tendere e arrivare a raggiungere. Lo dico perché anche nei rapporti con i sindacati, che anche noi teniamo quotidianamente sul territorio, credo che sia importante quel tipo di rapporto, credo che sia importante ascoltarli, però credo che sia importante anche stabilire le priorità a un certo punto. Quindi, se c’è bisogno e si dà la priorità al fatto che debba esserci una continuità assistenziale, ad esempio, sull’automedica, io credo che si debba fare di tutto per arrivare a quel tipo di continuità. Allora, se il pubblico da questo punto di vista non riesce a colmare la priorità, se stabiliamo tutti quanti che quella è la priorità, credo che si debba fare un ragionamento che vada oltre, affrontandolo e parlandone in maniera molto chiara anche con i sindacati, confrontandosi – questo avviene quotidianamente sul territorio – ma nel momento in cui bisogna fare un passo in più e si stabilisce che quella è la priorità bisogna raggiungerla indipendentemente da una discussione politica, che deve rimanere, che ha potestà di rimanere e di continuare, ma che non deve vincolare le scelte politiche in base alla priorità che la politica stabilisce. E personalmente credo che debba essere la politica a guidare la macchina, non viceversa.

    Molto velocemente, e poi vado alla conclusione, insieme all’Azienda sono tante le opzioni su cui si può lavorare, in maniera anche faticosa e dove c’entra la Regione certamente, ma c’entra anche un modello di rivisitazione, come diceva De Pascale, che deve avvenire anche a livello nazionale. Occorre – è banale dirlo, ma è importante – rivedere subito le programmazioni e le borse di specializzazione. So che è stato fatto e so che anche la Regione ha fatto la propria parte anche finanziandone di più, e questo è perfetto. Anzi, l’invito è quello di continuare in quella direzione. Ma va anche l’apprezzamento per quello che è già stato fatto. Questo non dimentichiamocelo. Anzi, è l’inversione di tendenza che vedremo nei numeri maturare quando sarà lecito che intervengano.

    Sottolineo anche che occorre togliere gli elementi ostativi dell’impossibilità, ad esempio, degli specializzandi di fare le guardie mediche, piuttosto che essere impegnati nei medici di base. È una situazione oggettivamente di emergenza. Lo è stata la pandemia, ma lo è anche il ritorno dopo la pandemia. Ci sono elementi ostativi che in questo momento, rispetto al contesto nazionale della normativa, sono oggettivamente anacronistici rispetto a un momento di emergenza. È un momento di emergenza e tale deve essere affrontato anche dal punto di vista normativo. Credo che quegli elementi ostativi debbano essere rimossi quanto prima possibile.

    Un altro elemento ostativo è il limite di assistiti, che scende da 1.500 a 600 nel momento in cui dal corso di medici di medicina generale si passa titolari. Anche quello è un controsenso – correggetemi se sbaglio – che ancora io fatico a capire in un momento emergenziale. Nel momento in cui finiscono la specializzazione diventano titolari e devono autoridursi nel limite. Una volta forse andava bene, adesso è oggettivamente anacronistico. Quindi, questo va rimosso quanto prima possibile. È un intervento normativo, non necessita neanche di risorse economiche, credo sia palese che si debba andare in quella direzione.

    Prima il dottor Baldino – e mi ha fatto molto piacere – ha parlato di università, di una regia regionale di distribuzione dei medici specializzandi. Me l’ero segnato anch’io, quindi condivido perfettamente. Io rappresento Reggio Emilia, l’Università di Modena e Reggio Emilia, e vi dico in maniera molto chiara che di specializzandi a Reggio Emilia ne arrivano pochi. Quindi capisco, però c’è bisogno di una regia forte. Credo che la Regione possa assolutamente, nel rapporto meritorio che ha con le università, fare in modo che vengano ripartiti su tutta la regione con una regia che sia una regia politica rispetto alle vere necessità del territorio, altrimenti rischiamo sempre di assistere – passatemi il termine, spero non improprio – a un po’ di baronato, in cui qualcuno si fa lo stuolo di persone dietro le spalle e chi magari ne ha più necessità fa più fatica perché ha meno peso politico all’interno del mondo universitario. Quindi, credo che ci sia bisogno di una regia forte anche da questo punto di vista.

    Con il solo aumento del massimale degli assistiti non si risolve certamente il problema. Comunque, se siamo in battaglia, in questo momento probabilmente anche ritoccare – so che è una cosa forte e non semplice da questo punto di vista – il limite dei 1.500 bisogna in questo momento chiedersi se è ancora attuale o se, invece, c’è necessità, per un periodo transitorio, di fare qualcosa di più. Questo assolutamente.

    Gli incentivi sono già stati toccati. Non sono il punto focale, ma sono certamente una roba importante.

    Vado verso la conclusione dicendo che sono assolutamente d’accordo, invece, quando i sindacati dei medici di base giustamente sottolineano alcune questioni legate, ad esempio, all’informatica e all’integrazione informatica. Su questo mi sembra di capire che, rispetto alla cartella SOLE, rispetto agli elementi che hanno i medici di medicina sul territorio e ai problemi che hanno, di fatto, con la normativa sulla privacy, anche qui bisognerebbe cominciare a ragionare davvero in termini di priorità. Lo dicono le interlocuzioni con la Regione, ben sapendo, però, che il problema non è della Regione dal punto di vista normativo, ma nazionale. Però, anche qui, ripeto, priorità: non può essere la privacy a guidare il fatto che non si scambino i dati un medico di medicina generale con un sostituto, che magari lo deve sostituire per un periodo provvisorio di tempo. È veramente assurdo non riuscire a colmare quel gap.

    Vado verso la conclusione davvero. Anche tutto ciò che attanaglia la burocrazia dal punto di vista di tutto ciò che non è fare il medico rispetto ai nostri medici di medicina generale. A Reggio Emilia la nostra ASL da questo punto di vista ha messo a disposizione anche personale pubblico che possa fare, ad esempio, la segreteria agli stessi medici. Credo che su questo si possa dare una mano per sgravare quanto più possibile dai compiti che non sono il compito a cui sono chiamati.

    Qui concludo e vi ringrazio assolutamente. Concordo, chiudendo, anche rispetto alla campagna di comunicazione a cui faceva riferimento rispetto agli accessi propri e impropri dei pronto soccorso e anche rispetto a uno storytelling di verità. È una situazione emergenziale, lo era con il Covid, è una situazione ancora emergenziale. Dobbiamo affrontare con queste decisioni un momento di transizione, che durerà alcuni anni – lo dicevamo prima –, finché non avremo colmato quel gap rispetto al personale sanitario. Credo che anche i nostri cittadini debbano avere la giusta consapevolezza. Sono pronti, secondo me, ad ascoltare e a capire. Diciamogli che il problema c’è, ma che siamo sempre stati la Regione forse numero uno in Italia ad affrontare queste cose dal punto di vista della sanità. Così come i problemi li hanno gli altri, li abbiamo anche noi da questo punto di vista, ma la differenza è che noi sappiamo come uscirne. Su questo sono molto fiducioso e ringrazio il lavoro della Regione e dell’Assessorato. Se glielo raccontiamo, so che sapranno da che parte stare e probabilmente ci daranno anche una mano.

    Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, sindaco. Grazie, presidente.

    Adesso riproviamo con la sindaca Lucia Fontana. Poi, interverranno il dottor Nicolini, che è collegato da remoto, la dottoressa Pasetti e il dottor Dalmastri. Dopodiché, abbiamo concluso.

    Prego, sindaca Fontana.

     

    FONTANA, sindaca di Castel San Giovanni, presidente CTSS Piacenza. Intanto ci tengo a portare i saluti della CTSS della provincia di Piacenza, che io rappresento, quindi dei 46 Comuni piacentini, in particolare del Comune di Castel San Giovanni, di cui io sono sindaco, che è sede del presidio unico ospedaliero della Val Tidone.

    Un saluto e un ringraziamento per la possibilità che mi date di esplicitare una situazione che io definisco emergenziale nell’emergenza. Quando dico ciò, so che ben mi comprende il direttore Baldino, a cui in particolare va il mio personale saluto, dal momento che, come voi ben sapete, è stato il nostro direttore generale fino allo scorso mese. Quindi, un saluto particolare a lui. Colgo anche l’occasione per ringraziarlo per la sua relazione, che apre uno spiraglio importante, uno spiraglio positivo in quelle che sono le possibili soluzioni a una situazione veramente complicata.

    Parlavo prima di situazione emergenziale nell’emergenza che vive il nostro territorio provinciale da un punto di vista sanitario, e mi spiego. Il quadro che è importante conoscere e che è premessa di quello che andrò a dire è la rete sanitaria della provincia di Piacenza, che, come voi sapete, a seguito della riorganizzazione della rete ospedaliera vede un ospedale centrale, quello del capoluogo, che è l’ospedale di Piacenza, e due ospedali periferici, nella specie quello di Fiorenzuola, che naturalmente serve la Val d’Arda, e quello di Castel San Giovanni, che serve in particolare la Val Tidone, ospedali periferici che, come voi sapete, sono stati strategici nel periodo cruciale e tragico iniziale della pandemia e che, come bene ha definito il ministro Castelli in occasione della sua visita nell’autunno del 2020, sono stati, in particolare l’ospedale di Castel San Giovanni, le teste d’ariete nei confronti di una situazione che difficilmente avremmo potuto ipotizzare, appunto quella pandemica. Questo ha riportato assolutamente in primo piano il ruolo assolutamente strategico da un punto di vista territoriale degli ospedali cosiddetti “di periferia”, perché il rischio che fossero considerati come subalterni a una sede centrale ospedaliera era vissuto proprio sulla pelle ed era argomento di discussione anche nella nostra CTSS.

    Uno dei pochi aspetti positivi che la pandemia ha portato all’attenzione di tutti è stato proprio quello degli ospedali periferici e del loro ruolo strategico e imprescindibile. Ricordo che l’ospedale di Castel San Giovanni è stato il primo ospedale Covid non solo della regione, ma di Italia e financo d’Europa. Ricorda, penso, molto bene l’ingegner Baldino di come in quarantott’ore quel piccolo ospedale si trasformò nel primo ospedale Covid, tutto proteso a quella che era l’assistenza dei malati Covid.

    Dico ciò e ci tengo a sottolinearlo perché da allora tante cose sono successe chiaramente, ma non sempre in positivo. Dicevo che noi viviamo una situazione emergenziale nell’emergenza perché porto all’attenzione della Commissione, e l’assessore Donini e il direttore Baldino ben ne sono a conoscenza, la situazione del servizio di emergenza-urgenza. Mi riferisco in particolare all’organizzazione dei pronto soccorso degli ospedali periferici, Fiorenzuola e Castel San Giovanni, che nell’arco temporale di questi due anni hanno subìto un percorso di stop and go, che per certi aspetti è stato certamente giustificato da ragioni di sicurezza, ma che non può continuare a seguire questo trend perché non si giustifica con una situazione di emergenza, che peraltro sta rientrando, che sta raccogliendo non solo un’inquietudine, ma la preoccupazione di tutti i nostri cittadini, dei cittadini della provincia di Piacenza, che hanno come unico punto di riferimento certo il pronto soccorso dell’ospedale di Piacenza, che naturalmente soffre di una situazione che richiede una riapertura a pieno titolo di quelle che sono le assistenze dei pronto soccorso sia di Fiorenzuola che di Castel San Giovanni, che ricordo solo dal mese di marzo del corrente anno hanno aperto con un arco temporale diurno, dalle 8 alle 20. Questo comporta, come dicevo, inquietudine, preoccupazione, disagio e tempi di intervento che mal si coniugano con quello che diceva il relatore che mi ha preceduto, e cioè che bisogna intervenire in tempi certi e in luoghi deputati alla cura.

    La richiesta che, allora, pongo all’attenzione della Commissione, ma anche di tutti coloro che naturalmente si occupano di sanità, è quella di garantire assolutamente il ripristino delle prestazioni dei pronto soccorso nell’era pre-Covid. Aggiungo che questa situazione ha visto il 1° marzo la riapertura del pronto soccorso dell’ospedale di Fiorenzuola, dell’ospedale della Val d’Arda, un nuovo pronto soccorso, ristrutturato, dotato di tecnologie certamente all’avanguardia, ma che risente di un problema ormai endemico, quello della carenza del personale, che quindi mal si coniuga con l’apertura di un pronto soccorso che certamente da un punto di vista tecnologico è un fiore all’occhiello.

    Che dire poi del pronto soccorso dell’ospedale di Castel San Giovanni, rispetto al quale mi permetto di sottolineare quelli che da tempo sono stati impegni che sia il direttore generale sia l’assessore Donini si sono posti per quanto riguarda la realizzazione di un nuovo pronto soccorso del presidio ospedaliero di Castel San Giovanni, da tanto tempo annunciato, da tanto tempo atteso, ma che non ha visto ancora una concreta e fattuale realizzazione quantomeno per quanto riguarda l’indizione della gara per la progettazione, promessa – questo se lo ricorderà molto bene il direttore Baldino – addirittura alla fine del 2020, reiterata l’anno successivo e riconfermata dall’assessore Donini in occasione proprio dell’inaugurazione del pronto soccorso di Fiorenzuola. Ebbene, non ho sentito da parte dei colleghi relatori che mi hanno preceduto una stessa situazione così grave e critica relativamente ai pronto soccorso dei loro presìdi ospedalieri.

    Debbo quindi intuire che, pur nella condivisione di un problema che certamente è generalizzato e condiviso, che è quello dell’assoluta carenza del personale sanitario, ci sia una situazione diversa nelle altre province, una situazione che purtroppo grava, invece, su quella che è la qualità della sanità piacentina, sulla quale debbo dire e riconoscere che tanto si è fatto. Voglio ricordare – è chiaro che il tempo dilata il racconto storico del vissuto – che la nostra è stata la provincia che per prima e più di ogni altra ha subìto quella che è stata la tragedia del Covid. L’ingegner Baldino ha condiviso con i sindaci piacentini, con la sottoscritta, con il presidente della Provincia, avvocato Barbieri, quella che è stata forse la fase più tragica e veramente dolorosa. Però, quello doveva essere – l’aspettativa dei sindaci era proprio quella – il punto di partenza di un impegno particolare da parte della Regione acché si riportasse la sanità piacentina a quella che era non solo la situazione pre-Covid, ma la situazione di qualità, di efficienza ancora migliore, che facesse tesoro dell’esperienza purtroppo dolorosa, ma significativa degli ospedali periferici, degli ospedali che si trovano ai confini della provincia piacentina. Così – mi spiace dirlo – non è stato. Quindi, noi ci ritroviamo, a fronte di impegni più volte confermati, riconfermati e reiterati, a dover attendere ancora la realizzazione di quegli interventi che darebbero certamente fiducia ai nostri cittadini.

    Il collega relatore che mi ha preceduto giustamente ha detto che è compito anche degli amministratori portare avanti una moral suasion, un’azione di moralizzazione e di convincimento, portare avanti un‘iniziativa di storytelling che faccia sì che i cittadini conoscano e capiscano quella che è la situazione di emergenzialità. Io posso dire che, come presidente della CTSS e come rappresentante dei sindaci piacentini, non ci siamo mai tirati indietro e abbiamo portato avanti, in più occasioni, anche la questione critica delle guardie mediche, certamente continuiamo a far presente ai nostri cittadini quelle che sono le criticità ormai sistemiche del sistema sanità, però non possiamo continuare a portare avanti quella che è una giusta operazione nei confronti dei cittadini senza che ci sia a riscontro un’azione tangibile e concreta da parte della Regione a far sì che quegli impegni che sono stati presi, confermati e reiterati in più occasioni vengano poi a trovare una realizzazione fattuale.

    Tutto quello che l’ingegner Baldino ci ha proposto trova certamente la considerazione e la soddisfazione da parte di chi amministra, comunque sono intenti e finalità che naturalmente richiederanno tempo, volontà, energie e sostegno anche da parte del Governo, per cui l’auspicio che ci tengo a porre e a condividere con voi è che non solo non si perda tempo, ma che si diano quelle risposte che da troppo tempo i nostri cittadini stanno aspettando, a dimostrazione di quella che è – noi lo sappiamo – la serietà della sanità regionale, ma che rischiano di creare malcontento e un senso di sfiducia da parte di molti nostri concittadini. Vi faccio un esempio: il tempo di percorrenza di chi ha necessità di recarsi da un comune dell’Alta Val Tidone al pronto soccorso del presidio del capoluogo è pari a circa quaranta minuti. Non è sostenibile una situazione di questo tipo. Quindi, la richiesta che pongo alla vostra attenzione e che chiedo a voi di accogliere e dare risposta concreta è quella innanzitutto di ripristinare h24 i servizi dei nostri pronto soccorso dei presìdi di periferia e di metter mano finalmente e di dare concreta attuazione a quell’impegno assunto dal ministro Speranza, che il direttore Baldino e l’assessore Donini hanno più volte dichiarato di voler realizzare, e cioè il nuovo pronto soccorso dell’ospedale unico della Val Tidone, alias l’ospedale di Castel San Giovanni.

    Io vi ringrazio per la possibilità che mi avete dato di manifestare quella che è una situazione veramente di preoccupazione. Noi amministratori facciamo di tutto per cercare di dare risposte a quelle che sono le istanze urgenti e fondate dei nostri cittadini. Chiediamo, a questo punto, che la Regione ci sostenga, ci dia una mano, ci stia accanto nel realizzare quegli impegni da troppo tempo annunciati, ma fin qui ancora non realizzati.

    Grazie, presidente. Grazie, direttore Baldino. Grazie, assessore Donini.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, sindaca. La ringrazio per il suo intervento.

    A questo punto darei la parola al dottor Nicolini. Iniziamo con le organizzazioni Intersindacali mediche, di AAROI-EMAC. Prego, dottor Nicolini.

     

    NICOLINI, presidente AAROI-EMAC Emilia-Romagna. Buongiorno, presidente. Buongiorno a tutti. Grazie dell’invito. Cercherò di stare nei dieci minuti concessi.

    Mi chiamo Matteo Nicolini, sono un medico anestesista rianimatore e sono presidente di AAROI-EMAC, che è l’Associazione nazionale dei medici di anestesia e rianimazione ospedalieri italiani e dei medici dell’emergenza in area critica.

    Penso di parlare non solo per la sigla che rappresento, ma anche a nome di diverse altre sigle intersindacali, visto che comunque gli interventi giustamente erano contingentati, e cercherò nei tempi stabiliti di soffermarmi più che altro su quegli aspetti che possiamo definire forse un pochino più scomodi o che, comunque, non amiamo particolarmente in certi contesti sottolineare.

    Questo incontro prettamente politico credo che, invece, abbia un suo scopo, che non è tanto quello di entrare nei tecnicismi, su cui abbiamo avuto modo di confrontarci con l’Assessorato, quanto quello di cercare di portare un nostro contributo come professionisti, come medici che lavorano nel sistema sanitario regionale, che siamo a nostra volta cittadini e siamo, non da ultimo, elettori dei consiglieri presenti che ci ascoltano, quindi abbiamo dato in qualche modo mandato anche sulle scelte organizzative del sistema sanitario.

    La presidente ha parlato, ad apertura di questo incontro, anche di errori che sono stati fatti nel passato. Io penso che sia un argomento da cui non possiamo assolutamente prescindere. Dagli errori dobbiamo imparare e dobbiamo cercare di suggerire delle proposte affinché non si ripetano delle scelte politiche fatte non solo dalla Regione, ma in generale anche dal Sistema sanitario nazionale. Come ha ribadito molto bene il sindaco Zanni nel suo intervento di prima, proprio perché sono state messe in campo delle scelte oggi ci troviamo sicuramente a pagarle. Ci troviamo di fronte anche ai due problemi, che sono i due nodi principali: il problema del personale e il problema finanziario. Il sindaco Muzzarelli prima ha citato questi due nodi cruciali, perché ovviamente sono quelli che hanno portato e portano tutt’oggi anche alla fuga del personale sanitario dal nostro sistema pubblico. Ricordo che esistono dei pronto soccorso che negli ultimi mesi hanno visto l’uscita in massa di medici dell’emergenza-urgenza, fino ad anche 8-10 unità di personale. Quindi, è obbligatorio fermarsi e soffermarsi su quelle che sono le motivazioni che hanno portato a questo.

    Io credo che le ragioni per cui si scappa dal Sistema sanitario nazionale, che siano dipendenti o che siano medici convenzionati, dobbiamo andare a ricercarle sicuramente in quelle che sono principalmente le metodologie e le modalità del lavoro, di come è diventato negli ultimi anni. Mi spiego meglio. Il peso economico e, quindi, la valorizzazione economica del nostro lavoro sono sicuramente uno dei due elementi, come abbiamo detto, che hanno portato e portano all’allontanamento dell’attività dal settore pubblico, ma non dimentichiamoci l’eccesso di burocratizzazione, l’eccesso di attività non assistenziali e non cliniche che ci vengono comunque richieste, che in un contesto di stress dell’emergenza-urgenza, che sia all’interno di una terapia intensiva o di un pronto soccorso o di un sistema di emergenza 118, fanno sì che il personale, che fino a dieci anni fa o quindici anni fa vi garantisco era appassionato ed è appassionato, c’era la fila per andare a lavorare in questi settori, perché comunque prevaleva l’indole, prevaleva la passione per un certo tipo di attività, abbia perso pian piano tutta questa partecipazione a causa di aspetti che nulla hanno a che vedere con l’assistenza medica per cui tanti di noi hanno studiato e sono arrivati a conclusione di una specializzazione.

    Vorrei, quindi, arrivare a sottolineare il concetto di attrattività, e cioè cosa può fare la politica per rendere più attrattivi certi mestieri che di per sé sono complicati e di per sé sono particolarmente stressanti. Ripeto, non ripercorrere delle scelte politiche e degli errori che sono stati fatti in passato. Ve ne cito alcuni, lo ripeto, senza entrare nell’argomento tecnico del settore. La riduzione dei posti letto negli ospedali ha sicuramente avuto dei vantaggi di risparmio probabilmente in certe Aziende sanitarie, ma ha portato inevitabilmente a rendere molto più difficoltoso il lavoro dei colleghi del pronto soccorso, non perché si debba necessariamente vedere un assistito e ricoverarlo, ma perché la riduzione crea un meccanismo che rende molto più complicata la gestione e il percorso dei pazienti, a partire dal pronto soccorso. Così come – ve ne cito un altro – aver istituito in moltissimi servizi il cosiddetto “doppio mandato”, e cioè medici che si occupano di attività di emergenza territoriale contemporaneamente coinvolti in attività di pronto soccorso, che quindi, davanti a un’urgenza, a una chiamata per uscire, abbandonano il proprio ambulatorio, la propria attività che stanno facendo per cambiare missione e ingaggiarsi verso un’altra attività.

    Questi strumenti politico-organizzativi portano inevitabilmente, secondo il nostro parere, a esaurire quelli che sono gli entusiasmi iniziali con cui i giovani medici si avvicinano a una professione così bella e così affascinante. Inoltre, credo e crediamo in tanti che debbano essere prese delle misure di politica coraggiose. Sempre il sindaco Zanni, che non conosco, ma devo dire che ho trovato molto interessanti alcuni spunti del suo intervento, diceva che la politica deve necessariamente arrivare a delle scelte politiche coraggiose. Ci sono dei pronto soccorso nella nostra regione che non è questione di tenerli aperti h12 o h24, è questione che molto probabilmente devono essere codificati come punti di primo intervento. La cittadinanza ha bisogno eventualmente di punti di primo intervento, ma non più di un pronto soccorso che magari lavora a mezzo servizio o, comunque, non ha a disposizione tutte quelle attività collaterali che ruotano attorno a un pronto soccorso…

     

    Presidente SONCINI. Dottor Nicolini, abbiamo perso l’audio. Adesso anche il collegamento? Speriamo di no. Il collegamento qui lo vedo. Mi sente? No. Chiedo ai tecnici un aiuto, perché evidentemente non mi sente. Sta continuando a parlare.

     

    NICOLINI. Mi sentite?

     

    Presidente SONCINI. Adesso sì.

     

    NICOLINI, non so fino a dove mi avete sentito.

     

    Presidente SONCINI. Abbiamo sentito tutto l’intervento. L’abbiamo persa proprio alla fine, sennò l’avrei fermata prima.

     

    NICOLINI. Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Prosegua pure, prego.

     

    NICOLINI. Grazie mille. Vado a concludere.

    Parlavamo di scelte coraggiose della politica in questo senso. Ebbene, io credo che sia necessario, così come è avvenuto con i punti nascita. Mi spiace ricordarlo, ma noi, come altre associazioni, abbiamo dato appoggio alle scelte politiche in questo senso, anche attraverso i media, perché tenerli aperti solo per motivazioni di vicinato, per la teoria del “pronto soccorso sotto casa a tutti” o del “punto nascita sotto casa a tutti”, non è utile né da un punto di vista assistenziale né da un punto di vista politico per quello che riguarda una buona assistenza ai nostri cittadini, perché relativamente al sistema territoriale dell’emergenza e dell’emergenza extraospedaliera le filosofie più moderne – ricordo che le società scientifiche hanno firmato, di recente, un documento condiviso, la cosiddetta “Carta di Riva”, e porteranno anche al Ministero queste proposte – portano l’ospedale sul territorio, portano l’emergenza pre-ospedaliera, perché comunque sono i professionisti della salute, specialisti in medicina d’emergenza-urgenza, anestesia e rianimazione, che si occupano delle aree critiche, ad andare in soccorso e, quindi, a essere il link giusto verso l’ospedale e non il viceversa.

    Mi avvio quindi alla conclusione. Io credo che un po’ con il documento che abbiamo cercato e cerchiamo di condividere, un po’ sperando che alcuni sforzi che vengono fatti, e da un punto di vista di reperimento del personale e delle risorse, e da un punto di vista di incentivazione, anche economica, del lavoro dei colleghi che prestano attività in questi servizi, si limiti il più possibile la fuga degli operatori. Oltre alla curva pensionistica a cui andiamo incontro, e qualcuno la citava, ripeto, un altro problema è la fuga, a cui si sta assistendo, dai sistemi di emergenza-urgenza.

    Da ultimo, io credo che sia fondamentale che la Regione e comunque le politiche regionali si occupino anche di quello che è una sorta di monitoraggio, di link stretto verso la formazione universitaria, quindi qualcuno che in qualche modo riesca a tenere monitorata la formazione dei nuovi specialisti anche nel settore dell’emergenza-urgenza.

    Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, dottor Nicolini, anche per aver rispettato i tempi.

    Dottoressa Pasetti dell’ANAAO.

     

    PASETTI, segretaria ANAAO Emilia-Romagna. Sono una mancina corretta, quindi destra e sinistra per me sono concetti difficilissimi.

    Buongiorno a tutti. Vi ringrazio per l’invito, e ringrazio anche assessore e direttore generale per aver aperto questo tavolo di confronto, su nostra richiesta, su un argomento che è per noi medici ospedalieri, ma anche per i medici territoriali immagino che sia altrettanto, e così ho sentito, e lo è anche per i cittadini, un elemento estremamente cogente.

    Non esiste sanità senza operatori della sanità, quindi non esiste sanità anche senza dirigenti medici e specialisti. Mi piacerebbe, avendo un attimo di tempo, che andaste a vedere un piccolissimo filmato: lo trovate sul sito dell’ANAAO, un sito aperto, che chiunque può guardare. È un piccolissimo filmato, dal titolo “Io me vado”, che è stato fatto dai giovani medici del nostro sindacato. Vengono intervistati quattro giovani colleghi che hanno abbandonato l’Italia, o il Servizio sanitario nazionale per gli stessi motivi che anche noi mille anni fa avevamo in mente che fossero gli aspetti qualificanti del nostro lavoro e che, purtroppo, nel tempo si sono perduti.

    È veramente avvilente, per quanto poco siamo stati in grado di recepire queste istanze e per quanto abbiamo rinunciato. Questo è uno dei motivi per i quali noi ci troviamo in carenza di specialisti, che peraltro formiamo. Non abbiamo un problema di università e di corsi di laurea in medicina e chirurgia. Noi produciamo medici laureati in medicina e chirurgia, produciamo specialisti. Quest’anno abbiamo messo a disposizione borse di studio che sono state per il 50 per cento inevase, e su alcune specialistiche questo è un dato nazionale.

    Nella nostra Regione, per quanto concerne la specialità in medicina di emergenza-urgenza, esiste una città nella quale si sono iscritti solo due medici. Occorre allora andare a vedere anche questo, cioè la qualità dei percorsi formativi che vengono offerti all’interno delle nostre Università per quanto concerne gli specialisti. Se infatti io devo specializzarmi in medicina di emergenza-urgenza, mi aspetto di fare il mio percorso all’interno di queste discipline e non all’interno di altro.

    Questi sono alcuni degli aspetti per i quali noi oggi ci troviamo in carenza. Vi do alcuni dati, solo quelli dal 2017 al 2019. Riguardano la nostra regione e sono dati che derivano dal conto annuale dello Stato.

    Esiste una categoria di medici che si chiama “cessati per altre cause”: si tratta di specialisti che non sono andati in pensione, ma che hanno abbandonato il Servizio sanitario nazionale per andare a fare dell’altro: lavorare in strutture private, lavorare in autonomia, fare qualunque altra attività, qualcuno anche smettere di lavorare.

    Nel 2019 se ne sono andati 288 specialisti nella nostra Regione. Se n’erano andati 174 nel 2017 e 250 nel 2018, quindi è un trend in crescita. Ho anche i dati del 2020 e del 2021, ma non avendoli confrontati con il conto annuale dello Stato, ho preferito non presentarveli.

    La nostra Regione ha comunque retto grazie al fatto che in questo triennio ha comunque assunto più di altre regioni. Se andiamo a vedere in termini percentuali, quindi, la perdita rimane tutto sommato accettabile, anche se ci collochiamo al sesto posto nella classifica delle regioni per quanto concerne il tasso di abbandono (al primo posto è colui che abbandona di più, all’ultimo colui che abbandona di meno).

    Anche questo fenomeno ha cause assolutamente molteplici e complesse. Tra queste dobbiamo ricordare anche che la ripresa del piano di assunzioni da parte di Regioni che prima erano in piano di rientro e che quindi non potevano assumere, che ha fatto sì che molti specialisti abbandonassero la nostra Regione per tornare a lavorare là da dove provenivano, e anche di questo bisogna che ce ne facciamo una ragione.

    Vi do un altro dato, questo è il dato del MEF: mediamente, un medico dipendente ospedaliero che lavora in Emilia-Romagna si colloca nella classifica del guadagno su base annua al penultimo posto. Siamo tra quelli che guadagnano di meno in tutta Italia. Tra noi e la media nazionale ci sono circa 5.000 euro di differenza su base annua. Non vi dico, e io stessa ho preferito non annotarlo, perché altrimenti sarei stata colta da malore, che cosa si guadagna, ma quella è una Regione a Statuto speciale, in Trentino-Alto Adige. Ma questo non è tutto il problema, perché dal Trentino-Alto Adige i colleghi preferiscono trasferirsi e andare a lavorare in Austria. Quindi, i soldi sono importanti, ma non bastano. Anche in questo caso, i fattori economici sono estremamente importanti e sono anche dei fattori, però, multifattoriali: la possibilità di avere o non avere pagate le prestazioni aggiuntive, il riconoscimento dell’extra orario lavorato, la possibilità di avere un riconoscimento di carriera. Molte di queste cose a noi sono state nel tempo precluse. Le unità operative complesse sono state soppresse a favore di unità operative semplici e unità operative semplici dipartimentali dove, è inutile dircelo, si guadagna di meno.

    Gli incarichi professionali sono valorizzati economicamente meno rispetto ad altre Regioni, perché altrimenti questo non avrebbe un suo senso. Si tratta quindi di fenomeni piuttosto complessi.

    Noi ci troviamo qui, oggi, perché esiste una forte crisi nel sistema dell’emergenza-urgenza. Noi abbiamo un sistema dell’emergenza-urgenza che nella sua organizzazione, paragonato anche con l’organizzazione di altre Regioni, in alcuni momenti è ineccepibile. Ciò dato, però, non si riesce comunque a far fronte con quelle che sono le risorse disponibili alle necessarie coperture dei servizi. Alla sindaca Fontana dico che due giorni fa altre due colleghe hanno abbandonato il pronto soccorso di Piacenza, così tagliamo ulteriormente il numero delle persone disponibili a lavorare in pronto soccorso.

    Quello all’interno dell’emergenza-urgenza è tra i lavori medici più disagiati. Di questo la politica deve avere contezza, e anche noi dobbiamo averne, perché quando diciamo che abbiamo necessità di questo, abbiamo necessità di quello, che i nostri cittadini hanno diritto ad avere queste risorse, che gli specializzandi devono poter fare di più, dobbiamo considerare che abbiamo a che fare comunque con materiale umano che ha il diritto di avere preservata la propria integrità fisica e psichica. Uno specializzando, quando è fortunato, dà già 38 ore all’Università per formarsi. Quando quindi diciamo che deve fare più guardie notturne, che deve fare più guardia medica, che deve fare più continuità assistenziale, parliamo di qualcuno a cui andiamo a chiedere dell’extra lavoro. Anche su questo dobbiamo essere abbastanza chiari.

    Si tratta di uno dei lavori con una maggiore responsabilità dal punto di vista professionale. Noi siamo tra le sole tre nazioni al mondo in cui ancora esiste la colpa medica. Solo in tre nazioni esiste cioè la colpevolizzazione del medico per l’errore medico. L’Italia è uno di quelli, e vi dico che il sistema dell’emergenza-urgenza è per ovvi motivi, uno dei più esposti.

    Chi lavora nel sistema dell’emergenza-urgenza è anche tra i più esposti per quanto concerne la propria incolumità personale. Le aggressioni nei confronti dei medici dell’emergenza-urgenza sono infatti una cosa di cui tutti noi siamo a conoscenza. Una crisi di vocazioni senza precedenti, quindi, investe una delle specialistiche più giovani e più sfidanti all’interno della professione medica (lo diceva prima il dottor Nicolini). In questa Regione, come tutto questo impatti sulla rete dell’emergenza-urgenza e sulla sua organizzazione per noi è evidente.

    Io da sindacalista vi ho parlato degli aspetti umani, ma non è il solo motivo per cui occorre ridefinire questo sistema e questa rete. Dobbiamo intervenire per garantire la qualità e la sicurezza delle prestazioni che noi eroghiamo ai cittadini, quindi anche a noi stessi, perché anche noi siamo dei cittadini. Infatti, se nell’ambito del programmabile ognuno di noi può scegliere dove curarsi, con chi curarsi e può anche sfruttare dei privilegi che gli vengono dal rango economico piuttosto che dal rango sociale, nel momento in cui ci troviamo in condizioni di emergenza, noi siamo nella disponibilità di quello che quel territorio è in grado di offrirci. Mai come in questo ambito, quindi, è indispensabile che l’universalismo dell’erogazione delle prestazioni sanitarie sia veramente garantito su tutto il territorio, indipendentemente da dove uno si trovi. È vitale.

    Già nell’applicazione del decreto ministeriale n. 70, nella sua versione del 2015 (e quanto alla versione di proposta attuale, non è che porti dei capovolgimenti epocali), vengono fissati alcuni parametri che nella nostra regione non hanno trovato applicazione: bacini di utenza troppo piccoli per quanto concerne la presenza di presìdi ospedalieri, spiace dirlo, ma purtroppo è così. Non sempre la presenza di questi presìdi è giustificata dalla distanza da presìdi di primo o di secondo livello, e nemmeno dalle caratteristiche orografiche del territorio.

    Poco male, potremmo dire, se su questi non insistessero appunto dei pronto soccorso che vengono chiamati tali, ma che in realtà sono poco più di punti di primo intervento, e meglio sarebbe se fossero declinati in modo corretto, perché non sono dotati né delle consistenze umane né delle competenze professionali, delle specialistiche e dei servizi di supporto che sono indispensabili. Il decreto ministeriale n. 70, appunto, ci dice che cosa deve esserci all’interno di queste strutture perché questi luoghi si possano chiamare pronto soccorso.

    Si fatica a sostenere che alcune realtà, con un numero di interventi che sono ben al di sotto di quelli che sono gli standard definiti, sia da un punto di vista qualitativo che da un punto di vista quantitativo possono ancora trovare motivo di esistere e, in particolare, motivo di essere, se non li giustifichiamo in termini, ad esempio, stagionali. Dobbiamo imparare che ci sono alcune realtà che hanno delle necessità enormi in alcuni periodi dell’anno, ma che non hanno motivo di continuare ad esistere in altre stagioni, quindi bisogna anche trovare un sistema di flessibilità che possa garantire quello che serve quando serve.

    Alcune distanze, che erano evidenti negli anni passati, sono state significativamente ridotte in termini di tempi di percorrenza, anche dall’adeguamento delle reti stradali, perché adesso abbiamo degli ospedali di montagna che sono raggiungibili velocissimamente, mentre ci sono dei luoghi di montagna molto sperduti che non hanno niente, e anche per raggiungere questi ospedali di montagna si impiegano 40 chilometri almeno, se non 50 o 60 e di più, strade di montagna. Chiediamoci quindi, a questo punto, se sia più sicuro ricevere un soccorso da parte di un super specialista direttamente al proprio domicilio, perché è quello che il sistema del 118 può garantire e su mezzi di strada e attraverso l’utilizzo delle eliambulanze. Ricordiamoci che noi adesso abbiamo elisoccorsi che possono volare di giorno e possono volare di notte, e devo dire che più le località sono disagiate, più l’attività dell’elisoccorso diventa importante. Oppure, se sia più importante mantenere la comodità del piccolo pronto soccorso, punto di primo intervento, come vogliamo definirlo, al quale rivolgerci, anche non avendo delle necessità che sono delle necessità emergenziali, facendo poca strada.

    Tutti noi ormai sappiamo che molte realtà non sono presidiate da specialisti dell’emergenza- urgenza, o da affini ed equipollenti, ma da neolaureati abilitati, medici delle cooperative che sono prestatori d’opera a tempo e che non sono assolutamente integrati nel sistema, oppure specialisti rubati ai reparti ospedalieri, specialisti che per la specifica per la quale li chiamiamo ad intervenire sono privi spesso delle competenze necessarie, e soprattutto vengano sottratti alla loro attività istituzionale. Il che genererà un inevitabile problema secondario che può essere, ad esempio, l’allungamento delle liste d’attesa. Infatti, se io internista sono chiamato ad intervenire nel pronto soccorso, a fare la notte, il giorno dopo non terrò l’ambulatorio per le liste d’attesa.

    Concludo dicendo che se un tempo si parlava di coperta corta, ora parliamo di coperta corta e sfrangiata, quindi, da qualunque parte la si tiri, non solo non si soddisfa nessuno, ma si arriva proprio a romperla.

    Questo è un periodo di grande sfida, al quale siamo chiamati tutti quanti a delle scelte responsabili. Da parte nostra, al netto del fatto che ci sono degli aspetti per me migliorabili, credo proprio che arriveremo a sottoscrivere la bozza per la quale abbiamo lavorato insieme, quindi ci auguriamo che diventi anche una linea di indirizzo da poter spendere sui tavoli aziendali, proprio perché riteniamo che questo sia un problema importante, un problema che deve trovare una soluzione anche con la nostra collaborazione. Grazie e scusatemi.

     

    Presidente SONCINI. Grazie mille.

    Mi rendo conto che sia complicatissimo stare nei tempi brevi. Volevo solo ricordarle che noi aspettiamo anche se avete eventuali relazioni scritte, perché non è possibile stare nei tempi che ci siamo dati.

    Dottor Dalmastri, di CGIL, ma interviene per CGIL, CISL, UIL.

    Grazie, dottor Dalmastri.

     

    DALMASTRI, FP CGIL Medici. Un argomento molto caldo. Grazie, presidente, per averci invitato a discutere un argomento caldo, che in questo momento in effetti ci ha consentito di fare un grande lavoro assieme. Forse dalla pandemia qualcosa abbiamo imparato, nel senso che il sistema sanità si è visto come sia importante.

    In questi mesi abbiamo lavorato assieme all’assessorato per mettere a terra un ragionamento che ci possa consentire di mantenere un sistema sanità forte su un’area molto importante. Molto belle le relazioni di questa mattina. Sembra che il punto di caduta sia sostanzialmente il fatto che i professionisti non vengono a lavorare nel sistema pubblico, nella parte emergenza-urgenza. Evidentemente, c’è un disagio di lavoro che si riflette in un importante disagio sui cittadini. Si capisce che non è solamente un problema di ristori economici, ma evidentemente è un problema di sistema.

    Ci sentiamo di dire che il sistema interno, l’organizzazione dei pronto soccorso è una cosa, come diceva anche il dottor Baldino, a cui bisogna mettere mano e ci metteremo mano. Ci sono molti elementi da inserire, tipo l’accoglienza che è importante. Si è parlato delle problematiche di violenze nei pronto soccorso. È chiaro che un elemento importante è quello di dare un’accoglienza adeguata. Le professioni sanitarie, qualcuno l’ha detto, vanno inserite nei pronto soccorso, varie professioni sanitarie, anche lo psicologo: sono tutti elementi di grande importanza in un argomento di emergenza che può generare sicuramente problematiche di violenza.

    È stato detto poi ripetutamente, e concordiamo, del problema del territorio, del legame dell’emergenza-urgenza col territorio. Questo è preoccupante. Il PNRR mette risorse prevalentemente sulle strutture; qua noi abbiamo bisogno di persone che lavorano all’interno delle strutture, e questo è un punto di ragionamento fondamentale: il territorio, i medici di medicina generale, le cure intermedie, le USCA, che sono risultate fondamentali e vanno mantenuti, in Emilia-Romagna hanno lavorato benissimo, e tuttora lo palpiamo quotidianamente. Lavorano in maniera fondamentale per quelli che sono i collegamenti tra l’emergenza-urgenza del territorio.

    C’è molto da fare, da questo punto di vista, e poi comunque, effettivamente, per noi che lavoriamo costantemente in contatto con i direttori del pronto soccorso, con i direttori di medicina, per fare un cerchio generale, quello con cui alla fine andiamo sempre a sbattere, ed è stato detto anche dai colleghi dell’Intersindacale è che i posti letto sono mancanti. Sul DM 71 abbiamo molte perplessità, siamo preoccupati che questo probabilmente non risolverà il problema, teniamolo presente.

    Gira e rigira cioè il problema del pronto soccorso, il problema di tutto è sicuramente la parte territoriale, da cui parte tutto, che deve essere molto ben connessa, sia la parte ospedaliera in cui il medico di emergenza non trova uno sbocco nelle fasi di maggior criticità generali della giornata. Quanto al tema della formazione, non penso che noi possiamo risolvere il problema con gli specializzandi. È importante prenderli, è importante formarli bene (è stato detto, e concordiamo in pieno), Importante è, in questo momento emergenziale, poterli mettere nelle condizioni di dare una mano concreta per quella che è la situazione drammatica in questo momento.

    Il discorso si allarga poi anche alle altre professioni. È stato detto ripetutamente della questione dei MET. La questione dei MET secondo noi è molto importante. La parola che però mi viene spontanea parlando di MET è “inclusione”. “Inclusione” perché comunque sono dei professionisti che hanno un’area contrattuale diversa. Ripeto, noi dobbiamo proteggere il sistema sanitario pubblico, e direi che l’unità di intenti di questa giornata lo evidenzia: la frammentazione contrattuale è una cosa pericolosa, però in questo momento abbiamo condiviso il punto di introdurre, per migliorare la situazione generale dei pronto soccorso, l’omogeneizzazione dei MET, che devono comunque essere dei colleghi che hanno una proporzionale, adeguata retribuzione economica che sia comunque livellata a quella dei dirigenti del sistema pubblico e comunque che siano inclusi. È stato detto, nel documento se ne è parlato: bisogna favorire l’inserimento di questi professionisti, che entrano collateralmente nel sistema pubblico, alla specializzazione. Questo è un intento fondamentale.

    È brutta la parola “condono”, ma “inclusione” è portarli dentro in tutti i modi, quindi ci vuole un impegno, comunque, della Regione, per portare ad una interlocuzione generale, per poter inserire questi colleghi in una via della specializzazione.

    Un altro tema che è stato affrontato anche da Nicolini è il discorso della razionalizzazione. Io userei questa espressione “razionalizzazione delle aree di emergenza-urgenza”. Effettivamente, ci sono situazioni che sono complicate, perché mancano i professionisti, quindi non possiamo pensare, in questo momento, che ci siano dei servizi carenti di personale che facciano il servizio di emergenza-urgenza. Un ragionamento generale sulla razionalizzazione, quindi va fatto. Brutto dirlo, in generale, non vogliamo togliere servizi, ma bisogna razionalizzare i servizi.

    Per venire al documento, molte proposte. Il documento ci vede molto favorevoli. Dal punto di vista generale, di riorganizzazione, penso che vada messo a terra, per cui siamo assolutamente allineati; dal punto di vista della retribuzione economica, attenzione, perché in effetti poi la coperta è corta e ci sentiamo di ribadire il concetto: sì alle prestazioni aggiuntive, sì a migliorare le prestazioni aggiuntive, che è l’unico elemento, in questo momento, su cui si può lavorare; però, attenzione al livellamento, a evitare sperequazioni a livello aziendale rispetto a quelli che possono essere gli scorrimenti di carriera cosa, noi ribadiamo, importante, che però deve essere una cosa assolutamente equilibrata.

    Per cui, ringrazio nuovamente il presidente e l’assessorato. E grazie anche agli altri colleghi per i begli interventi di questa mattina.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, dottor Dalmastri, sono stati tutti interventi veramente ampi. ricchi e profondi, che rimangono ovviamente oggetto di approfondimento per i lavori della nostra Commissione.

    Apro subito il dibattito per i consiglieri regionali, perché alle 12,45 darò comunque la parola all’assessore.

    Mi hanno chiesto di intervenire la consigliera Stragliati, la consigliera Piccinini, la consigliera Castaldini. Vi chiedo di farvi avanti, Prego, consigliera Stragliati.

     

    Consigliera STRAGLIATI. Grazie, presidente, la ringrazio per la convocazione di questa Commissione da me richiesta, come prima firmataria del Gruppo Lega. Ringrazio la vicepresidente Francesca Maletti e in particolare il vicepresidente Daniele Marchetti, che ha portato avanti con decisione la mia richiesta. Ringrazio l’ingegner Baldino e l’assessore Donini per la disponibilità e tutti i relatori intervenuti.

    Nella nostra richiesta c’era proprio la specifica di coinvolgere i territori, oltre all’assessore e all’Assessorato alla sanità regionale, perché riteniamo fondamentale ascoltare quelle che sono direttamente le istanze che provengono dai vari territori della nostra Regione. Abbiamo visto che ci sono necessità diverse, che differenziano i vari territori. Se qualche sindaco, come il sindaco di Scandiano si accontenta di un pronto soccorso attivo h12, la sottoscritta, come ha riferito anche il sindaco di Castel San Giovanni, nonché presidente della Conferenza territoriale sociosanitaria di Piacenza, noi non ci accontentiamo dei nostri pronto soccorso periferici attivi h12. Riteniamo che sia fondamentale una riapertura h24. Come è stato detto dal sindaco Fontana, in particolare, e lei, ingegner Baldino, lo sa bene, l’ospedale di Castel San Giovanni è stato il primo ospedale Covid d’Italia e d’Europa, quindi i cittadini di Castel San Giovanni, in particolare della Val Tidone, una vallata che ha oltre 30.000 abitanti, sono stati privati di un presidio sanitario fondamentale e strategico sin dall’inizio della pandemia. Con grande senso di responsabilità, hanno accettato questa privazione per andare incontro alle esigenze di tutta la Provincia, ma anche dei tanti pazienti, malati Covid, che venivano da altri territori.

    Adesso però sappiamo bene che fortunatamente l’emergenza si è conclusa il 31 marzo, quindi i cittadini degli ospedali periferici, sia di Castel San Giovanni che di Fiorenzuola, chiedono a gran voce la riapertura h24.

    Capiamo che vi siano difficoltà a reperire personale medico. Dalla dottoressa Pasetti abbiamo appreso oggi che altri due specialisti hanno lasciato l’ospedale di Piacenza, e lei, ingegner Baldino, ben sa che per quanto riguarda la Provincia di Piacenza stiamo assistendo ad una vera e propria fuga di specialisti, che è sempre più preoccupante. Ritengo quindi che sia anche fondamentale avviare un ragionamento rispetto a creare condizioni di lavoro che siano accettabili non solo dal punto di vista economico ma proprio dal punto di vista delle condizioni lavorative.

    Capisco che tutto ciò non sia semplice, però la politica deve dare risposte ai cittadini, non solo spiegazioni. Il sindaco di Scandiano diceva “i cittadini capiranno la riduzione dei servizi”. No. Noi dobbiamo anche dare risposte, non possiamo solo dire “non ci sono medici, dovete accettare una riduzione dei servizi”.

    Il compito di un buon politico è migliorare la qualità di vita dei cittadini e garantire risposte concrete, non solo slogan. Io ho presentato diverse interpellanze all’assessore Donini rispetto alla riapertura h24 dei pronto soccorso. Mi sono state anche riferite delle date di riapertura, che poi non sono state rispettate. Per cui ritengo che adesso sia arrivato il momento di ottemperare a questi impegni che sono stati assunti, quindi chiedo veramente che la riapertura dei pronto soccorso H 24 dell’ospedale di Castel San Giovanni e Fiorenzuola diventi una realtà.

    Si è parlato anche del rapporto, della collaborazione col mondo del volontariato, che è sicuramente fondamentale. È fondamentale anche garantire, al mondo del volontariato, le giuste risposte e i giusti supporti. Ad esempio, lei, ingegner Baldino, ben sa che su Castel San Giovanni la pubblica assistenza svolge un ruolo fondamentale anche per quanto riguarda i trasporti presso il pronto soccorso di Piacenza. Essendo attivo h12 il pronto soccorso di Castel San Giovanni, devono continuamente fare la spola tra la Val Tidone e Piacenza. Vi è quindi anche un aggravio eccessivo di lavoro degli operatori della pubblica assistenza.

    Ritengo quindi che anche il ruolo del volontariato debba essere considerato adeguatamente e supportato in maniera adeguata. Ritengo che questa Commissione sia stata molto utile e spero che comunque i lavori possano proseguire anche in futuro. Noi come opposizione siamo a disposizione e siamo felici che la nostra richiesta di audizione sui servizi di emergenza-urgenza sia stata accolta. Riteniamo che oltre alle proposte e alle soluzioni che sono state presentate, in primis da lei, ingegner Baldino, poi sentiremo l’assessore Donini, seguano poi delle risposte concrete.

    Il piano sul personale medico che lei ingegner Baldino ha presentato è sicuramente rincuorante. Io chiedo quanto costa il piano di investimento regionale rispetto all’assunzione di nuovo personale e al coinvolgimento degli specializzandi, in modo tale che anche noi come commissari possiamo avere contezza rispetto all’impegno da parte della Giunta in termini di stanziamento di risorse. Ascolterò poi con piacere la relazione dell’assessore Donini. Spero di avere risposte specifiche anche rispetto alle varie esigenze territoriali che sono state evidenziate dai vari presidenti delle CTSS che sono intervenuti, oltre a risposte ai vari atti ispettivi che ho presentato.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, consigliera Stragliati. Consigliera Piccinini, poi consigliera Castaldini, poi consigliere Pelloni.

     

    Consigliera PICCININI. Grazie, presidente. Ringrazio l’assessore Donini e tutti gli intervenuti.

    Mi scuso anticipatamente, ma avendo, a proposito di sanità, una visita prenotata da tempo, non so se riuscirò a fare in tempo a sentire quello che avrà da dire l’assessore Donini.

    Ringrazio per questa informativa, che noi chiedevamo da ottobre dell’anno scorso, erano sei mesi che aspettavamo questo confronto. L’assessore lo sa, sono intervenuta anche durante un question time, anche a fronte di articoli che erano usciti sulla stampa rispetto alle criticità di cui abbiamo discusso oggi. Il mio Gruppo politico, il Movimento 5 Stelle, si interessa da tempo a questi argomenti, anche attraverso interrogazioni e accessi agli atti, in particolare, per quanto riguarda la riapertura del pronto soccorso di Scandiano h24 che sembra purtroppo sempre più un miraggio.

    È un argomento, questo, che abbiamo trattato anche nella scorsa legislatura. Per quanto riguarda la riapertura dei punti nascita. c’è una risoluzione approvata nel 2020 in cui chiedevamo di prevedere incentivi per chi opera nelle aree montane e nelle aree interne. Naturalmente, questa è una criticità nella criticità. A questo si lega poi anche tutto il tema della riapertura dei punti nascita, e anche su questo abbiamo fatto richieste precise.

    L’emorragia dei professionisti ormai è arrivata ad un livello emergenziale, e le cause ce le siamo dette: un’errata programmazione a livello nazionale, pensionamenti, carichi di lavoro su turni nei week-end e nei giorni festivi, carichi di lavoro, peraltro, molto pesanti, rischi di aggressioni, esposizione, lo si diceva prima, a rischi anche legali.

    Questi e altri disagi non sono sufficientemente riconosciuti anche a livello economico. Apprendo oggi che i professionisti nella nostra regione sono i meno pagati rispetto a quelli di altre regioni, dato, questo, che non ci conforta. Anche su questo, sempre mesi fa avevamo chiesto di provare a fare uno sforzo anche congiunto, come Regione, ma anche portando questo tema a livello nazionale. Stanca di leggere ogni volta sui giornali di problemi legati ai pronto soccorso in modo così poco puntuale, chiedevo di avere un quadro complessivo della situazione dei pronto soccorso in Emilia-Romagna. A un certo punto ho dovuto fare un articolo 30, quindi un accesso agli atti perché questa Commissione tardava ad arrivare, ed effettivamente noi abbiamo cinque pronto soccorso aperti h12 e due a Reggio Emilia, chiusi. Su questo mi permetto anche io di fare un appunto: non vorrei che oggi ci arrendessimo a dire che il pronto soccorso di Scandiano deve aprire solamente h12. Anche alla luce di quello che diceva l’assessore Donini e degli interventi che questa Regione vuole mettere in campo, è una battaglia che noi dobbiamo fare ed è un obiettivo che ci dobbiamo porre.

    Rispetto agli interventi che come Regione quindi vogliamo attivare, mi chiedo, a questo punto, quali siano le prospettive. Vogliamo effettivamente puntare, cioè, alla riapertura h24 dei pronto soccorso? Altrimenti dobbiamo dirci, in maniera molto chiara, che questi sono interventi, sicuramente apprezzabili, ma interventi-tampone. Però questo ce lo dobbiamo dire: su quale sia il nostro obiettivo, l’indirizzo politico che vogliamo perseguire, è una cosa su cui credo che dobbiamo assolutamente fare chiarezza.

    Da parte mia, con tutti i problemi del caso, perché ovviamente il personale manca e non si forma dalla sera alla mattina, questo penso sia comprensibile da tutti, credo però che l’obiettivo sia appunto, come dicevo prima, quello di arrivare alla riapertura h24 e dare delle risposte. Penso, come dicevo prima, al pronto soccorso di Scandiano che copre un bacino di 90.000 persone, non sono proprio poche. Purtroppo, però, è un problema, quello della mancanza di personale, che si conosceva da anni. È un problema su cui non si è fatto abbastanza. Anche come Regione credo che non si sia intervenuti con sufficiente anticipo. Anche qui, ricordo che c’erano degli interventi anche nella scorsa legislatura, con interrogazioni depositate da parte della maggioranza, da parte delle minoranze. A fronte di queste sollecitazioni però non c’è stata una risposta strutturale.

    Oggi arriviamo a mettere in campo alcune soluzioni, ma ci arriviamo tardi. Arriviamo tardi, a fronte di un problema che era noto prima, e su cui bisognava intervenire per tempo, accentuato anche, come si diceva giustamente prima, dalla riduzione dei posti letto che ha caricato il sistema di ulteriori sforzi.

    Dopodiché, una piccola parentesi su quanto ho letto anche sui giornali, a proposito di un’associazione che ha aperto, dando la disponibilità ad intervenire e a farsi carico dei codici bianchi, quindi a bassa intensità, nel privato. Anche su questo le chiedo, assessore, parole di chiarezza. Se infatti la pandemia ci ha insegnato qualcosa, è che dobbiamo investire nel pubblico. Questo credo sia un pilastro su cui questa Regione non deve assolutamente retrocedere.

    Le chiedo anche, a fronte delle iniziative che ci sono state illustrate dal dottor Baldino, che ringrazio, quali sono a questo punto i nostri obiettivi. A fronte cioè di questi accordi che questa Regione andrà a firmare, chiedo se abbiamo un’idea di come poi metterli a terra concretamente, e quali sono gli step e gli obiettivi che vogliamo raggiungere.

    Lo dico in relazione a quello che dicevo prima, cioè ad una riapertura dei pronto soccorso che deve essere h24. Altrimenti, quelli che ci diciamo oggi sono interventi che vanno a tamponare un’emergenza, ma che non si danno degli obiettivi nel lungo periodo. Invece, io credo che la direzione debba essere quella di ripristinare la situazione ante Covid e se possibile potenziarla, migliorarla attraverso anche strumentazioni innovative, come si diceva prima, e tutto ciò che può diminuire il carico di lavoro degli operatori e rendere più agevole la loro professione.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, consigliera.

    Prego, consigliera Castaldini, poi consigliere Pelloni.

    Grazie.

     

    Consigliera CASTALDINI. Grazie, assessore, grazie alla consigliera Stragliati che ha chiesto con forza un’analisi rispetto a quello che sta accadendo sull’emergenza-urgenza… Mi tolgo la mascherina: posso o non posso?

     

    Presidente SONCINI. Sì, anche perché sta intervenendo. Le regole sono cambiate per tutti.

     

    Consigliera CASTALDINI. Grazie.

    In realtà, ho provato a fare un percorso sulle due pagine che noi non abbiamo avuto, su quale strategia adottare di fronte alla crisi nell’ambito dell’emergenza-urgenza. Sono due paginette che sono state alle direzioni sanitarie, e come sempre, prima che a noi – evidentemente rispetto a quello che sono i commenti sui giornali – ai giornali.

    Primo punto: a che cosa serviamo noi seduti in quest’aula? Io pongo sempre questo grande tema che vorrei provare ad aprire, perché io temo che continuare a insistere su errori che ci hanno portato a situazioni molto spiacevoli, cioè a pensare che la politica sanitaria non sia politica, è un tema che sarebbe bello poter dibattere. Io cioè sono cosciente del fatto che dal punto di vista tecnico tutta la sapienza che abbiamo nella Regione Emilia-Romagna è una sapienza molto elevata, si è visto; ma la politica deve tornare ad avere un ruolo, esattamente per quello che abbiamo visto e sentito oggi. Perché dico questo? Perché oggi, come sempre, ci troviamo ad inseguire un’emergenza; ci troviamo ad ascoltare soggetti assolutamente autorevoli che raccontano, dal loro punto di vista, problemi, aspetti che forse alcuni di noi conoscono, altri meno, ma noi non dobbiamo solo conoscere la situazione, dobbiamo agire e per agire dobbiamo avere in mente che di fronte abbiamo una strada molto lunga e che gli attori in gioco hanno problematiche che devono essere dettagliate in maniera diversa. Questo penso io, ma lo penso perché sono lavoratrice, madre e moglie.

    I problemi io a casa mia non li affronto così. Cerco di mettere ordine al grande disordine.

    Bene. Partiamo dai numeri, che è sempre un dato della realtà che ci aiuta a capire che cosa abbiamo davanti. Il numero di accessi nei pronto soccorso è sempre stato in crescita fino al 2019. Poi, dal 2020, a causa della pandemia, c’è stato un crollo di ingressi, soprattutto di codici verdi e bianchi, di oltre 600.000 utenti, un calo maggiore del 30 per cento.

    Il Covid, in un certo senso, ha messo ordine in un grande disordine, cioè all’esigenza che il cittadino aveva nel recarsi al pronto soccorso. Questo dato ci racconta una storia? Sì.

    Nel 2021 la situazione ha dimostrato un trend in crescita verso i dati degli anni precedenti, ma comunque gli ingressi sono stati mezzo milione in meno rispetto alle annualità precedenti.

    Entriamo nel merito di che cosa ci dicono questi dati, perché è evidente che il cittadino cerca risposte alternative e c’è il grande tema: c’è una categoria che si lamenta di un forte stress più dei medici d’urgenza, e sono i medici di medicina generale. Lo vediamo nei giornali, lo capiamo. Ho chiesto di audirli tre mesi fa e ancora non c’è un riscontro, però sono molto contenta di aver sentito alcune voci oggi.

    Come si può pensare di trovare medici di medicina generale, anche specializzandi, per poter far funzionare un presidio di questo tipo, cioè ambulatori a bassa criticità? È chiaro che noi dobbiamo immaginare qual è il percorso che faremo con i medici di medicina generale. Sono loro il nostro primo filtro all’accesso per il pronto soccorso.

    Gli strumenti contrattuali per reclutare personale. Non si può fare altro che reclutare personale quando il personale va in pensione o si dimette. Questo lo sappiamo tutti, perché tutti i tempi determinati contrattualizzati in tempo Covid scaduti o in scadenza non possono, per legge, essere prorogati o assunti in altro modo se ci sono delle graduatorie ancora in essere. E le graduatorie sono presenti per la stragrande maggioranza delle discipline.

    Un medico specializzando non può sostituire uno strutturato e soprattutto non ha possibilità di firmare nulla da solo. La valorizzazione del personale rischia di essere un palliativo. Se il medico è sotto forte stress non viene convinto da un gettone in più o da una cifra in più, non solo, chiaramente. Chi gestisce ospedali preferisce spendere delle risorse extra che gli dà la Regione in prestazioni che creano maggior valore. Comunque, la Regione non ha espresso la volontà di erogare bonus, ma solamente che le strutture ospedaliere dovrebbe erogarli a spese proprie. E si immagina già la fine che farà questo percorso.

    A me interessa in questa seduta capire quali sono le politiche a medio e lungo termine, perché nel mio cuore io ho una sensazione, che tutti abbiamo, ovvero che si stia facendo di tutto per passare da un sistema che passa dal medico di base alle famose Case della salute. Io voglio capire di che cosa si tratta. Ho bisogno di capire qual è l’immagine che voi avete della Casa della salute, perché noi abbiamo presentato tutti i progetti PNRR per costruirle. Mi interessa, oggi, in un dibattito franco, capire qual è la direzione di una Regione Emilia-Romagna che dice sempre di essere la prima, di avere in mente un progetto. Io per far politica ho bisogno di capire quale sia questo progetto, perché è evidente che non andare dal proprio medico di base, ma recarsi presso la Casa della salute trasforma completamente il sistema, perché mentre il medico di base conosce profondamente il paziente, nella Casa della salute è evidente che il contesto è totalmente un altro. Poi può essere aperta sette giorni su sette, 24 ore su 24, però io ho bisogno di capire qual è la direzione che si sta prendendo. Faccio un breve accenno, perché è importante per me, a quello che sta accadendo dal punto di vista dell’emergenza per quanto riguarda elisoccorso e automediche, perché è importante conoscere il dato, e lo riporto a voi grazie a numerosi articoli 30 dove non ho avuto una completa risposta. Però, il Servizio sanitario regionale dell’Emilia- Romagna ha implementato la rete composta da numerose automediche sul territorio e quattro postazioni di elisoccorso in grado di garantire tutti i servizi e le prestazioni che l’infermiere non può effettuare, perché sull’ambulanza non c’è più il medico. Questa è stata una scelta politica che voi avete preso. Negli anni si è assistito da alcune saltuarie e temporanee sospensioni del servizio di automedica, ma negli ultimi mesi questa problematica è diventata molto grave, si è acuita. Ad esempio, le postazioni di Copparo (Ferrara) e Mirandola (Modena) sono state recentemente soppresse. Purtroppo, questa scelta pesa verosimilmente sulla qualità degli interventi e certamente sui costi aziendali.

    Nella Bassa Modenese, ad esempio, nell’ultimo semestre, ottobre 2021-marzo 2022, l’elisoccorso è stato attivato il 400 per cento in più rispetto al 2020 e l’automedica è stata inviata ben 370 volte, di cui 22 con il mezzo di Mirandola, 115 con il mezzo di Casumaro di Ferrara, 23 Modena e 5 San Giovanni in Persiceto.

    È evidente che togliere un’automedica in pronto soccorso non è un risparmio, ma un aggravio di costi ed il rischio di un uso improprio dell’elisoccorso è sempre lì dietro l’angolo. L’altro aspetto che tratterò in futuro – se si potesse avere una risposta in questo ambito io sarei molto felice – è che per quanto riguarda l’emergenza, l’urgenza, ma anche il rapporto con il medico e con gli ospedali io credo che sia il tempo giusto, perfetto, oltre a parlare del futuro, di come immaginiamo l’implementazione non solo delle Case della salute, ma anche di tutti i sistemi di telemedicina, dei quali noi ancora non abbiamo una riga scritta di com’è la progettualità su questo progetto importantissimo, che abbiamo bisogno di conoscere per dare un giudizio politico…

    È inimmaginabile, in una Regione come la nostra, che ancora non sono possibili visite come nel passato dei familiari a chi è negli ospedali.

    Le faccio un appello umano: i familiari qualsiasi rivista scientifica e medica ormai sostengono essere un punto fondamentale per la cura del malato. È chiaro, in certi reparti è evidente che questo non può accadere, ma l’idea che in ospedali come l’ostetricia, in ospedali diversi da questi, non ci sia la possibilità ancora di accudire il proprio malato, credo che sia ormai da prendere in seria considerazione e uniformare la Regione Emilia-Romagna, perché è evidente che una città è diversa dall’altra, ma questo non è più possibile. Questo aiuta anche gli ospedali nel curare al meglio il malato. Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Consigliere Pelloni, prego. Poi, il consigliere Pasquale Gerace. Vi chiedo, consiglieri, di farmi sapere chi intende intervenire. C’è un tempo che ha usato in parte la consigliera Stragliati. Grazie.

     

    Consigliere PELLONI. Grazie, presidente. Infatti, continuo l’intervento della mia collega Stragliati. Inoltre, alcune cose che avrei voluto dire io le ha dette la consigliera Castaldini. Riparto solo da uno slogan, purtroppo, perché qui, dopo tre anni, siamo ancora a parlare di medicina di urgenza e da allora ad oggi la situazione è solo peggiorata, ma non solo a causa del Covid, anche per una mancata riorganizzazione, una pianificazione inespressa.

    Il 13 maggio 2019 in questa sede in conferenza stampa il presidente Bonaccini e il predecessore dell’assessore Donini, suo ex collega, insomma, il dottor Venturi, annunciano “Non più di sei ore in pronto soccorso, quindi o dimesso o ricoverato”. Era il 13 maggio 2019. Piano assunzionale non rispettato da allora. Poi, dopo, è chiaro che è entrata la crisi. Oggi dobbiamo ripartire, a mio avviso, da quella promessa, perché, nel frattempo, appunto, i servizi non solo sono peggiorati a causa del Covid, ma in alcuni casi abbiamo delle comunità, come i miei colleghi e le mie colleghe prima hanno espresso, che non hanno neanche più il pronto soccorso e non hanno più l’articolazione oraria che c’era prima.

    Se la soluzione è, come prima qualcuno ha detto, che sono state chiuse delle unità complesse per razionalizzarle e sono diventati semplici, eccetera, cosa possiamo fare noi a livello di politica? In due anni, noi, assessore, abbiamo visto un’unica riforma, quella del direttore assistenziale. Quindi, è da tempo che, visto che le risorse non sono infinite… Anzi, purtroppo abbiamo dei dati nazionali, ma questo ce lo potrà chiarire lei… È stato introdotto oggi un decreto ministeriale, il n. 71, ma non è ancora stato riformato da quel che mi pare essere il n. 70. Sono circolate delle bozze, ma oggi probabilmente è sul tavolo della Conferenza territoriale sociosanitaria. È chiaro che riformare, riorganizzare, pianificare la sanità territoriale e quindi Case della comunità aperte 24 ore su 24, senza capire che fine fa la rete ospedaliera o quale sarà la riforma della rete ospedaliera è un punto centrale per noi della politica, per dove allocare delle risorse. Allocare delle risorse è importantissimo, ovviamente, per realizzare delle politiche.

    Lo dico perché il DM n. 71, da quello che si può leggere, punta a realizzare un risparmio sulla rete ospedaliera di 850 milioni di euro, così ho letto su Osservatorio Sanità e altro. Questo vuole dire che se molti territori piangono – detta forse più in modenese – si dovranno aspettare ulteriori tagli o risparmi di spesa che finché non saranno realizzate una medicina territoriale o tutte le Case di comunità, con tutto il personale annesso…

    Già oggi ci sono delle Case della salute, ma i territori dicono che non c’è personale. Quindi, è una cattedrale nel deserto perché oggi questa è la realtà dei fatti.

    L’altro problema che abbiamo avuto, cosa possiamo fare noi come politica, oltre alle riforme che dicevo prima, nell’allocare delle risorse, abbiamo un problema strutturale importante, perché se, visto il buco di bilancio poi coperto, abbiamo la stessa previsione di spesa del 2021… Anzi, ormai il consuntivo 2021 è la stessa previsione di spesa, più o meno, del 2022, sapendo che neanche i 2 miliardi di euro che aveva promesso Speranza arriveranno ad oggi, poi, insomma, speriamo che ci siano delle novità positive, ovviamente, la parte corrente è quello che ci siamo detti prima sul personale. Altrimenti, non solo l’emergenza-urgenza, quindi tutta la medicina d’urgenza che è stata quella che forse ha sofferto di più, ma i dati oggi non sono incoraggianti per la diagnostica, per le prestazioni chirurgiche, per le prestazioni specialistiche, eccetera, eccetera, eccetera.

    Oggi abbiamo bisogno di una riforma, credo, legislativa importante, e questo è compito della politica, proprio per riuscire, per quanto possibile, a risparmiare e non tagliare. Un esempio su tutti l’abbiamo lanciato come Lega. Il Veneto ha appena fatto una riforma con Azienda Zero. Ha diminuito le aziende sanitarie da ventuno a nove. Noi ne abbiamo, credo, quindici, non vorrei sbagliare. Potremmo assolutamente risparmiare su qualche Direzione generale. Io penso a Modena, dove ne abbiamo due per provincia. Così è riuscito a impostare Ferrara, a impostare Reggio, eccetera.

    Azienda Zero, diminuire il numero magari di Direzioni generali anziché diminuire le unità complessa o i numeri di pronto soccorso. Quindi, qualche dirigente in meno, ma forse qualche medico in più sul territorio. Grazie.

     

    Consigliera MALETTI. Grazie, consigliere Pelloni. 

    Prego, consigliere Gerace.

     

    Consigliere GERACE. Grazie, presidente.

    Innanzitutto, la ringrazio per aver disposto l’audizione sulla rete di emergenza-urgenza nella nostra Regione; audizione che ci ha dato la possibilità di avere delle informazioni non scontate sulle criticità in essere e sulle soluzioni che stanno per essere adottate.

    Ringrazio a tal proposito l’assessore Donini e il direttore generale Baldino per le attività che stanno portando avanti con grande impegno e puntualità. Ringrazio tutti i relatori.

    Premesso che la domanda di salute è aumentata notevolmente durante e dopo la pandemia, pongo l’attenzione soprattutto sul pronto soccorso, dove le questioni più sentite sono: la carenza di personale specializzato, i tempi di attesa e le violenze a danno del personale sanitario che, purtroppo, continuano a registrarsi, seppure con numeri limitati, grazie alle soluzioni adottate, rispetto al passato, soprattutto nei nostri territori.

    Sulla carenza del personale specializzato non si può certo dire che l’Emilia-Romagna sia immobile. C’è un’importante attività svolta, cioè la valutazione della situazione a livello regionale realizzata insieme alle organizzazioni sindacali da cui è emerso che si è in presenza di un ridotto turnover professionale, insufficiente programmazione della formazione medica specialistica che, come sappiamo, non è competenza della Regione. Ci sono delle soluzioni in atto, quali gli strumenti di reclutamento di natura eccezionale per fronteggiare la carenza di medici specialisti, che sono validi fino al 31 dicembre 2022. La carenza di personale medico presso i pronto soccorso e nella medicina d’urgenza territoriale non è una criticità esclusiva dell’Emilia-Romagna, ma bensì una criticità presente da molto tempo a livello nazionale e forse in misura meno impattante nella nostra Regione, che da sempre è vista come un territorio di approdo preferenziale per molti professionisti della sanità.

    Io stesso posso testimoniarlo in prima persona, avendo optato in passato per svolgere la professione su questo territorio, che oggi mi vede svolgere la professione di medico di medicina generale sul territorio, pur avendo avuto la possibilità di scegliere di esercitare altrove.

    Il pronto soccorso costituisce, per un medico, una delle attività a più alto rischio professionale, circostanza che non aiuta a mettere e a stabilizzare il personale in questo ambito; personale che quando ha la possibilità di passare ad altre discipline, sempre nell’ambito della scienza medica, non esita a farlo.

    A dimostrazione di questo assunto c’è il fatto che, nonostante nell’anno accademico 2021-2022, i posti di specialità messi a disposizione dalla rete formativa dell’Università dell’Emilia-Romagna sono aumentati rispetto al passato e sono stati tutti coperti, con la sola eccezione delle borse di studio per la specialità in medicina di emergenza-urgenza, che è l’unica che ha avuto la copertura al di sotto del 50 per cento. Quindi, dei 70 posti solo 35 sono andati coperti. Questo vuol dire che anche nel futuro avremo meno personale disponibile.

    Dalla mia posizione privilegiata di politico, che svolge anche attività sul territorio in ambito sanitario, posso testimoniare che la carenza di personale non è assolutamente dovuta a una volontà di contenimento della spesa e neanche a scelte organizzative tendenti al depotenziamento. C’è un dato oggettivo di carenza dell’offerta, che sembra rendere del tutto inutile qualsiasi politica per rendere più attrattivo il lavoro degli specializzati in questo particolare ambito.

    Il dato oggettivo è che c’è una carenza cronica e generalizzata di specialisti. Le aziende sanitarie non si sono certo rassegnate e infatti continuano a bandire concorsi per l’assunzione a tempo indeterminato per incarico libero a professionali e ordinari, rivolti anche a medici in formazione specialistica, e la sottoscrizione di convenzioni con le università per lo svolgimento di attività da parte dei medici in formazione.

    Una risposta positiva alla criticità evidenziata potrà arrivare con la riforma della medicina territoriale, intercettando i bisogni di salute sul territorio ed evitando l’afflusso verso i pronto soccorso, soprattutto intercettando la domanda inappropriata di prestazioni che oggi si riversa sul pronto soccorso.

    Le attività che l’Assessorato prospetta vanno, a mio avviso, verso il giusto equilibrio. Certo, nessuno di noi ha la bacchetta magica, ci vuole impegno e costanza, elementi che non mi sembra manchino.

    Tra le varie soluzioni che l’Assessorato sta valutando, mi sono inserito proponendo una soluzione che da sola certo non risolve il problema della carenza di personale, ma credo possa aiutare ad alleviare questa situazione. Si tratta di un progetto volto a valutare la possibilità di implementare, ove è possibile, dei punti bianchi nella Casa della salute gestita da medici di medicina generale del territorio che volontariamente e in autodeterminazione garantiscono la loro presenza con turnazione oraria per cercare di intercettare domande inappropriate di prestazioni che oggi si riversano sui pronti soccorsi.

    Si tratta di un progetto che necessita di un’attenta valutazione, ma che sembra possa essere implementato in alcuni contesti territoriali. Questa tematica, che non è ancora del tutto sviluppata, potrà trovare qualche soluzione.

    Un’altra tematica che andrà apprezzata e che credo potrà dare il suo apporto migliorativo alla situazione in essere è data dalla definizione di strumenti informatici, tra cui pagine web, applicazioni, app che migliorino il livello di conoscenza dei cittadini sulla rete delle strutture emergenziali, al fine di consentire ai pazienti di raggiungere tempestivamente le sedi più appropriate in relazione alla distanza e all’eventuale specializzazione dell’ospedale.

    Questo tipo di innovazione consentirebbe al cittadino di scegliere consapevolmente verso quale struttura indirizzarsi fornendo un contatto più rapido con la struttura sanitaria che può risultare fondamentale nelle condizioni di maggior rischio per la salute.

    La nostra Regione, per quanto riguarda l’informazione in ambito sanitario, è la Regione che tra tutte è la più avanzata. Certo, molto ancora si potrà fare. Occorre, dunque, spendersi anche per dare maggiore informazione al cittadino affinché faccia le scelte giuste.

    Per tale ragione credo che occorra valutare la possibilità di potenziare la comunicazione in merito al corretto uso del pronto soccorso, per evitare che si utilizzi il pronto soccorso come scorciatoia per arrivare in tempi celeri ad avere una presa in carico immediata.

    Infine, e non in ordine di importanza, mi preme ringraziare l’assessore e il consigliere Antonio Mumolo per la legge regionale che riconosce l’iscrizione dei senza dimora nelle liste degli assistiti delle aziende USL, che riduce notevolmente l’accesso al pronto soccorso di queste persone che prima utilizzavano il pronto soccorso come unico strumento di accesso al servizio sanitario per avere le cure di cui necessitavano. Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, consigliere.

    Consigliera Bondavalli, prego. Ci sono altri? Così chiudiamo gli interventi. Consigliera Maletti e poi chiudiamo.

    Prego, consigliera Bondavalli. Grazie.

     

    Consigliera BONDAVALLI. Grazie, presidente.

    Grazie a tutti e a tutte. È un’occasione importante, quella di questa mattina, che ci viene offerta da questa seduta di Commissione. Grazie al dottor Baldino per la sua relazione. È stata molto importante, una relazione che condividiamo nei punti evidenziati.

    Grazie per la presenza, sempre, dell’assessore Donini, che ascolteremo più tardi, e grazie a tutti coloro che sono intervenuti, soprattutto per la possibilità di ascoltare i territori. Il nostro lavoro deve partire sempre dai territori, da ciò che i territori evidenziano e penso che questa mattina sia stata davvero una grande opportunità da questo punto di vista.

    Vengo alla rete di emergenza-urgenza. Io non entro nei dettagli, perché molto bene ha fatto il dottor Baldino e poi, appunto, ci sarà la relazione dell’assessore Donini, anche per stare nei tempi, però, faccio un ragionamento complessivo anche sul metodo che sta portando avanti questa Regione nel provare a dare risposte concrete alle criticità che sono emerse e che indubbiamente sono già note.

    La rete di emergenza-urgenza è un tema piuttosto delicato. Possiamo dire che i pronto soccorso possono essere considerati l’avamposto, diciamo così, anche, della sanità pubblica. Naturalmente occorre il massimo impegno da parte delle Istituzioni per provare anche a risolvere le criticità che sono state evidenziate, riconoscendo innanzitutto la specificità delle particolari condizioni di chi è chiamato a operare in tali contesti, caratterizzati spesso da situazioni di massima urgenza.

    Si faceva riferimento prima a un tema da cui voglio partire: l’appropriatezza degli accessi, dato che statisticamente una percentuale non secondaria di essi si rivela non in linea con la tipologia del servizio erogato. Sono numeri importanti che rallentano e rendono più complessa un’attività per la quale spesso risultano fondamentali i tempi di presa in carico e di intervento. Anche dal punto di vista dei tempi poi si possono evidenziare quelle criticità di tensioni, di aggressioni e di violenza alle quali faceva riferimento il sindaco di Castellarano e presidente della Provincia di Reggio Emilia e della CTSS, Giorgio Zanni.

    Su questo penso che occorra intervenire anche perché i dati che sentivamo prima rispetto a ciò che è successo nei pronti soccorsi durante la pandemia ci fanno capire la percentuale di accessi inappropriati. Bene la campagna informativa che la Regione ha intenzione di mettere in campo rivolgendosi alla cittadinanza in modo da rafforzare un approccio di corretto accesso e utilizzo a questi reparti.

    Un’opera informativa che agisca sulla consapevolezza penso che qualche risultato positivo potrebbe garantirlo, migliorando anche, almeno in parte, la situazione. Poi, a lungo termine nella medesima direzione dovrebbe garantirlo anche lo sviluppo della medicina di prossimità, su cui questa Regione sta puntando tantissimo; medicina di prossimità che costituisce la direzione di evoluzione post Covid della sanità, su cui siamo impegnati davvero da tanti punti di vista. L’ulteriore diffusione in questa Regione delle Case della salute, Case della comunità nella definizione del livello governativo nazionale, nonché dell’assistenza domiciliare, potrebbero diminuire gli accessi al pronto soccorso grazie proprio allo svolgimento di un’azione di filtro di certo funzionale quanto opportuna. Ho detto “potrebbero”, ma sarebbe stato meglio dire “potranno” perché sicuramente su questo molto faranno le Case della salute.

    È chiaro che parliamo di obiettivi a lungo termine. Abbiamo temi da risolvere oggi e questa Regione lo sta facendo. Resta la criticità della carenza del personale dedicato, determinato anche da un trend di migrazioni professionali connesse alla tipologia del servizio in questione. L’abbiamo detto, è un ambito professionale davvero delicato. È un lavoro faticoso, contraddistinto da ritmi di lavoro piuttosto intensi, poiché spesso chiamati ad affrontare casistiche che necessitano di essere affrontate con la massima urgenza.

    Ritengo, dunque, che vada, lo dicevo in apertura, evidenziato un po’ il metodo che questa Regione sta portando avanti e quindi l’apertura di un confronto con le organizzazioni sindacali, con al centro dell’attenzione un vero e proprio Piano di rilancio, perché di questo stiamo parlando, della rete di emergenza-urgenza, dall’assunzione di personale mancante, elemento sempre prioritario, ovviamente, per l’assetto e la tenuta di un servizio, ad un eventuale alleggerimento degli orari di lavoro sino a incentivi salariali che certo non risolvono il problema, ma possono rappresentare una dovuta attenzione ad ambiti professionali così specifici e pesante. Allora, passa da un confronto seguito da auspicabili punti di caduta, ovviamente condivisi, su questi punti, la possibilità di riprogrammare con esito risolutivo la rete dell’emergenza-urgenza della nostra Regione.

    Ecco, credo che, in attesa dell’esito finale del tavolo che si è aperto con le organizzazioni sindacali, che anche questa mattina abbiamo ascoltato, si stia percorrendo indubbiamente una strada condivisibile che, tra evidenziazioni delle criticità esistenti e metodo di lavoro scelto, porterà, penso, con buona probabilità, a risultati positivi. Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, consigliera Bondavalli.

    Prego, vicepresidente Maletti.

     

    Consigliera MALETTI. Grazie, presidente. Grazie, dottor Baldino. Grazie, assessore. Grazie per essere sempre presente in Commissione. Grazie anche per le comunicazioni che ci avete dato e che ci darete oggi.

    Oggi io la ritengo una giornata importante, per questo ringrazio anche la consigliera Stragliati, che ha chiesto questa audizione, che in UP abbiamo concordato anche con l’Assessorato. Questo vuol dire fare un’analisi rispetto a un tema di bisogni di salute che hanno i cittadini dell’Emilia-Romagna e sicuramente questo focus è rispetto ai pronti soccorsi e al sistema di emergenza-urgenza, che risponde sicuramente a un tema di emergenza: i traumi, gli stroke, gli infarti, le occlusioni. Su questo si è lavorato tanto, creando i Trauma Center, alcuni Trauma Center, evidenziando alcune cose.

    Poi, ci sono tanti altri accessi, e su questo c’è un tema rispetto all’appropriatezza. Questo ci impone, però, di fare un ragionamento allargando molto la rete. Perché un cittadino arriva al pronto soccorso? Perché non ha altre risposte? Perché si sente più sicuro? C’è un tema di distanze? Qui, giustamente, sono state evidenziate anche altre modalità.

    Il tema della rete elicotteristica, sul quale si è investito anche tanto, come Emilia-Romagna, negli ultimi anni, ma anche il tema delle automediche. Ricordo, anni fa, quando si è arrivati a quello che veniva detto anche dal dottor Nicolini come anche dalla dottoressa Pasetti, su un tema anche di sicurezza degli operatori, per agire il più possibile in sicurezza, ma anche per garantire sicurezza alle persone che accedono a questi punti, quando, forse, non tutti i pronti soccorsi che hanno la scritta “pronto soccorso” hanno le funzioni, le caratteristiche e le strumentazioni per essere un pronto soccorso.

    Anche il passaggio da un tema di pronto soccorso a un punto di primo accesso determina, anche politicamente, un insieme di scontri, di confronti. Ricordo quando facemmo il Pala Modena, anni fa, Castelfranco Emilia, che però non aveva più le caratteristiche di un pronto soccorso in sicurezza, perché dietro non c’era tutto l’insieme di reparti, di strumentazioni, di personale sanitario per garantire alcune cose. Per una persona di quei territori che veniva colpita da infarto o da ictus era molto meglio l’automedica e essere portata in un luogo dove poteva avere le cure ad un livello superiore. Su questo, lo capisco, si fa molta fatica, perché per i cittadini avere il pronto soccorso vicino è sicuramente un elemento di grande garanzia. Però a volte non è così.

    Su questo a noi viene chiesto, proprio per rimanere ai livelli alti di assistenza e di sicurezza, di fare dei ragionamenti molto più ampi, il che vuol dire in una prospettiva tra due o tre anni. Anche con le Case della salute, che, trasformate in Case della comunità, daranno un insieme di risposte ai bisogni sanitari e di salute, molto più di quello che c’è oggi. Questo vuol dire, però, rivedere tutta la rete, sia di sanità di prossimità come anche quella ospedaliera, per dare un insieme di risposte migliori.

    Oggi, anche con quello che ha detto il dottor Baldino, questa proposta di accordo, che deve essere, come è stato fatto, condivisa con i professionisti... Perché se non ci sono i professionisti rischiamo di scrivere delle norme, delle proposte, anche delle leggi, che, però, se rimangono lettera morta o se vengono realizzate solo in parte, vuol dire far lavorare male, ma sicuramente non raggiungere gli obiettivi. Come abbiamo detto, anche in questa sede, più volte, anche le risorse del PNRR devono essere utilizzate tutte, ma soprattutto devono essere utilizzate bene. Anche perché le risorse del PNRR finanziano muri, finanziano strumentazioni. Dopo, poi, bisognerà trovare un insieme di risorse anche per trovare le persone che, con le capacità e con la formazione adeguata, devono starci dentro. E qui c’è l’altro nodo fondamentale. Noi da oggi avremo tre anni per arrivare alle Case della salute, ad un nuovo modello di sanità. Oggi noi partiamo da un sistema che è stato svantaggiato negli anni passati. Non dimentichiamo che abbiamo avuto degli anni dove le risorse della sanità sono state tagliate. All’inizio dell’anno 2020, quando è arrivata la pandemia e lo stato di emergenza, eravamo ad un livello di personale molto sottostimato, anche rispetto alle necessità e ai bisogni di salute.

    L’assessore può entrare nel merito meglio di me, ma negli ultimi due anni sono state assunte 15.000 persone, di cui 6.000 stabilizzati. Oggi abbiamo bisogno di fare una battaglia tutti insieme, forze di maggioranza e di minoranza, ma anche con voi, che siete professionisti, proprio per mantenere un livello alto anche di finanziamento del Fondo sanitario, della sanità. Sì, il ministro Speranza ha parlato di 2 miliardi, più 2, più 2, che non sono sufficienti, ma ad oggi, proprio perché ci sono altre emergenze legate alla guerra, legate ai rincari energetici, legate a un tema di inflazione, noi rischiamo che queste risorse possano essere tagliate.

    A questo proposito, anch’io faccio un appello a tutti, anche rispetto a un tema di risorse legate alla pandemia, che ancora c’è, di costi che anche l’Emilia-Romagna sta sostenendo, come rispetto al garantire la salute, ma anche la prevenzione dei rifugiati che sono in Emilia-Romagna. Non sono costi da poco. Siamo consapevoli di avere un tema anche di bilanci. Se non arriveremo al tema del bilancio in positivo, quantomeno in pareggio, quest’anno, rischiamo i prossimi anni di avere un vincolo, da parte della Corte dei conti o del Ministero, di utilizzare le risorse sanitarie solo ed esclusivamente per il raggiungimento dei LEA. Questo vuol dire un impoverimento anche delle prestazioni che noi, come Emilia-Romagna, abbiamo deciso di garantire ai cittadini, per dare una qualità di vita migliore. Più lunga, ma anche migliore. Su questo dobbiamo tutti presidiare.

    Grazie per queste proposte che avete fatto rispetto a un tema di organici, per migliorare la qualità del lavoro. Anche creare questi ambulatori, per un tema di appropriatezza; nei pronti soccorsi con più di 25.000 accessi, avere degli ambulatori per la gestione ‒ se ho capito bene ‒ di codici bianchi e verdi. Alcuni tentativi in Emilia-Romagna sono già stati fatti negli anni passati, con la creazione di cooperative anche di medici di medicina generale, per garantire la continuità assistenziale, ma anche avere dei luoghi fisici all’interno dei pronti soccorsi che garantivano e che garantiscono tuttora, in alcuni ospedali, proprio la gestione di questi codici.

    C’è un tema di sostituzione di tecnologie obsolete, ma anche un tema di comunicazione. Credo che anche questo serva molto, proprio per aumentare la consapevolezza nei cittadini, soprattutto quelli che, magari, hanno un insieme di percorsi, di follow-up, anche legati a delle cronicità. Proprio un tema di risposte che siano alternative al tema del pronto soccorso, logicamente, non per situazioni emergenziali, ma per tutto un insieme di altre prestazioni sì. Come c’è tutto il tema dei pronti soccorsi pediatrici, dove sicuramente si paga il fatto che i pediatri di libera scelta, già prima, dai medici di medicina generale, di cui si è avuta una carenza nei territori... Per cui, su un tema di risposte legate anche a degli orari ambulatoriali, dove negli orari notturni e soprattutto dal venerdì alle 13 al lunedì alle 9 si rimane scoperti, trovare un insieme di risposte alternative, magari, potrebbe decongestionare anche gli accessi ai pronti soccorsi.

    Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Grazie.

    Comunico solo che, ovviamente, vi manderemo gli interventi scritti arrivati. Mi riferisco anche a chi non è riuscito a intervenire. Chiederemo al dottor Pieralli di mandarci lo scritto.

    Do la parola all’assessore Donini, che ringrazio non solo perché è stato presente, ma anche perché è stato in ascolto dall’inizio alla fine di tutto il confronto, che ha coinvolto i presidenti del CTSS, le organizzazioni sindacali e i consiglieri. È restato seduto su quella sedia tutto il tempo. Siccome non è scontato, la ringrazio, assessore. A lei la parola.

     

    DONINI, assessore. Sono io che ringrazio voi.

    Una Commissione molto importante, quella di oggi, perché, da un lato, mette a nudo una criticità che tutti noi abbiamo affrontato con grande spirito di realtà e, dall’altro, offre un progetto che abbia l’ambizione di poter invertire la rotta di questa criticità, relativamente, in particolare, al settore dell’emergenza-urgenza, e che ponga le basi per un ragionamento di prospettiva, di medio-lungo termine, che accompagni le riforme che si stanno facendo in questi mesi e che non vede solo chi non vuole vedere.

    Ho assistito in diretta, con soddisfazione, all’adesione, da parte di importanti professionisti, rappresentanti di importanti organizzazioni sindacali, professionisti della sanità e del comparto, che abbiamo coinvolto dall’inizio. Anzi, è più giusto dire che abbiamo accettato di fare un programma e un progetto insieme. Ormai risale, mi pare, a più di due mesi fa la richiesta dei professionisti, dei rappresentanti dei professionisti rivolta a questo assessorato, di affrontare il settore dell’emergenza-urgenza con proposte che siano praticabili e non solo scritte sulla carta e che possano dare una risposta di sistema, in grado di contrastare quelle criticità che affrontiamo tutti i giorni.

    Personalmente, io ho accompagnato quei tavoli (perché ne abbiamo, in realtà, due), ho accompagnato la discussione sempre. Siamo stati nelle condizioni di proporre ‒ dopo aver ascoltato, discusso, esserci confrontati ‒ una serie di misure che vadano in quella direzione. Mi pare di capire che alcuni sindacati abbiano già sottoscritto un accordo e altri abbiano detto in questa sede di volerlo fare, quindi che ci sia una sorta di condivisione praticamente unanime dei soggetti che abbiamo coinvolto e che ci hanno coinvolto.

    Andiamo a vedere cosa diciamo in queste misure, in cosa consistono queste misure. Il mandato è stato molto semplice, quello che ho rivolto alla mia direzione generale, che ringrazio, perché ha fatto un lavoro encomiabile: a normativa vigente, a legislazione vigente ‒ perché non siamo, ahimè, capaci di mutare leggi dello Stato, come Regioni; il principio della fonte di diritto lo conosciamo anche noi ‒ trovare tutte le misure possibili per arginare le criticità dovute al personale in uscita dai pronti soccorsi, per rinforzare la dotazione organica del personale nei pronti soccorsi; rendere maggiormente appetibile la funzione di medico di medicina di emergenza-urgenza e di sistema dell’emergenza-urgenza, non solo, ovviamente, per quello che riguarda la dirigenza medica; dotare i pronti soccorsi delle più moderne tecnologie, non ricomprese in quelle finanziate dal PNRR; riconoscere, dal punto di vista contrattuale, senza che questo vada a inficiare i fondi per la parte restante del sistema delle professioni, il lavoro svolto dai professionisti nei pronti soccorsi, sempre come incentivazione, per quello che è, con strumenti di contrattazione migliori.

    E poi intervenire anche sulla domanda, che in una prima fase deve essere necessariamente là dove vanno i cittadini, cioè il pronto soccorso. Poi, in una fase successiva, immaginare, anche a sistema, le riforme che stiamo adottando come Sistema sanitario nazionale e regionale, di intercettarli prima che arrivino al pronto soccorso, quindi sul territorio.

    Adesso dobbiamo andare lì e dobbiamo far trovare un medico in grado di ricevere dal triage la situazione di bassa criticità, in modo da favorire una maggiore fluidificazione anche all’interno dei pronti soccorsi e, magari, fare anche informazione su cosa, poi, quelle prestazioni... O sui luoghi o sulla maggiore appropriatezza in cui quelle prestazioni dovessero essere erogate sul territorio.

    Abbiamo messo a punto, ovviamente, un sistema di misure condivise. Ma non ci siamo limitati a fare questo. Abbiamo anche cercato di sorreggere la formazione dei dirigenti medici. Voglio solo far notare che intanto al 31 marzo ‒ adesso vedremo aprile ‒ siamo, mi pare, attorno al 120 per cento di turnover complessivo, cioè questa è una Regione che non ha smesso di assumere, nonostante non siamo ancora venuti in possesso di quelle risorse spese per il Covid e che speriamo, vogliamo, esigiamo che lo Stato riconosca alle Regioni, che per noi sono centinaia di milioni di euro. Nonostante questo, non abbiamo detto: “Sapete cosa c’è? Siccome non abbiamo ancora i fondi che lo Stato deve riconoscere alle Regioni per le spese Covid, blocchiamo il turnover”. Abbiamo scelto un’altra strada. Abbiamo mantenuto questo impegno, tant’è che i primi tre mesi siamo al 120 per cento. Certamente non sarà più il 170 per cento dei due anni Covid, 2020-2021, ma ci teniamo su un livello adeguato.

    Abbiamo finanziato risorse per diminuire l’imbuto formativo delle specializzazioni. È vero, a tanti laureati non corrispondevano altrettanti percorsi di specializzazione. Su questo siamo intervenuti dall’inizio di questo mandato legislativo, mettendoci risorse nostre. Abbiamo finanziato, per esempio, nell’ultimo anno... Delle 350 borse di studio complessive dei medici di medicina generale, 178 sono su base regionale. Quindi, abbiamo sorretto anche l’aumento di formazione dei medici di medicina generale.

    È chiaro che questi sforzi vedranno la luce non domattina, ma nel giro di 3-5 anni, man mano che arriveranno a compimento questi percorsi formativi, però abbiamo cominciato seriamente ad invertire la rotta.

    L’altra cosa che notavo in questa Commissione è come sia stato un bene aver ascoltato i sindaci, ovviamente responsabili delle Conferenze territoriali sociosanitarie, ma anche aver ascoltato i professionisti sanitari. Però, se vengono auditi, dovremmo anche riuscire ad ascoltarli. Se, una volta esaurito il loro intervento da questo podio, poi diciamo l’esatto contrario di quello che vengono a rappresentarci, consigliera Stragliati, vuol dire che noi o non li abbiamo sentiti o non li riteniamo adeguati rispetto a ciò che ci dicono o non condividiamo quello che ci dicono oppure abbiamo già preparato l’intervento prima della loro comunicazione e ci limitiamo a ripetere quello che avevamo in mente di dire. Non funzionano così le audizioni. Le audizioni funzionano se ci si audisce, se ci si confronta e se si prende come elemento di informazione ciò che ci viene rappresentato. Il nostro faro non deve essere l’h24 o l’h12. Deve essere la sicurezza dei cittadini nei percorsi di emergenza-urgenza. Poi, io tendo a farli tutti h24, ma tenderò a farli h24 quando avrò il personale, le strutture e i percorsi che mi garantiranno quel tipo di sicurezza. Altrimenti, si audiscono i professionisti, ma non si comprende quello che dicono.

    Da questo punto di vista, la Regione Emilia-Romagna sulla rete di emergenza-urgenza ha investito, continua a investire, condivide con quelli che ci lavorano le strategie e intende aumentare il più possibile la capillarità e l’estensione oraria delle strutture. Lo farà progressivamente, in relazione al sistema di sicurezza. Attenzione: anche questo potrebbe essere un elemento di mancanza di attrattività. Non so se voi ci parlate, ma quando faccio discussioni nei luoghi dei pronti soccorsi mi vengono a dire: “Se ci mandi ancora là, noi andiamo via”.

    Se c’è questa situazione, bisogna prendere, da amministratori e senza alcun elemento di propaganda, la situazione per quella che è. Primo: formare professionisti. Secondo: dotare di tecnologie adeguate i pronti soccorsi. Terzo: rafforzare la rete nel suo complesso, come garanzia di sicurezza complessiva per il cittadino. Quarto: incentivare la professione di emergenza-urgenza con strumenti contrattuali importanti. Banalmente? Portare da lavoro straordinario ad attività aggiuntiva è un elemento di maggiore incentivazione. Ma anche l’idea di riconoscere determinate progressioni professionali. Quando avremo le dotazioni organiche necessarie, chiaramente, torneremo a regime. Io spero che avvenga al più presto. Questa Amministrazione, più che formare, sostenere, finanziare, non è che possa fare altre cose.

    Chiudo dicendo che si intrecciano molto le criticità che si rilevano nella rete dell’emergenza-urgenza con ciò che noi dobbiamo costruire come sistema sanitario nel territorio. Una parte di domanda potrebbe essere gestita in quella dimensione territoriale. Il DM 71 è stato approvato dal Governo. Con gli standard del DM 71 l’Emilia-Romagna parte abbastanza alta. Basti pensare ai livelli in cui siamo come assistenza domiciliare. Basti pensare che delle 500 Case della salute, che poi diventeranno Case della comunità, in Italia 130 le abbiamo noi in Emilia-Romagna.

    Noi cercheremo di rafforzare ulteriormente, quindi. Come le idee che poneva il consigliere Gerace, di fare anche un accordo importante con i medici di medicina generale, che hanno un ruolo centrale nella sanità territoriale. E poi, ovviamente, la stessa riforma dei medici di medicina generale, che deve essere collocata subito a valle del DM 71. Ci sono già dei testi in discussione nelle sedi istituzionali nazionali competenti. La Commissione Salute, che io coordino, ha già dato più volte un suo parere, anche positivo, rispetto alla traiettoria scelta dal Ministero della Salute per la riforma dell’attività dei medici di medicina generale, che comunque comprenderà necessariamente una parte del loro lavoro, accanto a quella degli ambulatori, nell’ambito delle Case della comunità.

    Infine, il lavoro che dovremo fare per un adeguamento della tecnologia non solo dei pronti soccorsi, ma anche della rete territoriale, cioè avvicinare sempre di più ospedale e territorio.

    Credo che questo accordo sia un buon punto di inizio, che mi aspetto possa essere siglato da tutti nel giro di qualche ora o qualche giorno. Accanto a questo, dobbiamo venire a capo anche di un’interlocuzione avviata con i medici di emergenza territoriale, da un lato riconoscendo quello che è uno stato di fatto e la loro tipicità contrattuale (sono medici di emergenza territoriale, non sono altra cosa, sono medici del 118); dall’altro favorendo il più possibile l’integrazione anche nell’ambito dei pronti soccorsi. Anche lì c’è un’interlocuzione in corso. Speriamo di arrivare, con la stessa capacità di comprenderci, ad un’intesa come quella di oggi, in modo da rafforzare ulteriormente la rete, sia del 118, anche con adeguati percorsi di formazione, sia di integrazione con i pronti soccorsi.

    Oggi noi facciamo un passo avanti in una situazione critica, perché partiamo dalla programmazione che abbiamo tutti ritenuto insufficiente a livello nazionale negli ultimi 15 anni, dallo stress e dal fatto che il lavoro degli operatori del pronto soccorso è un lavoro estremamente usurante, dal quale tendono ad affrancarsi appena possono, e dalle strutture, che devono essere maggiormente integrate, adeguate, anche sul piano tecnologico. Queste criticità sono ormai storiche. Lo dicevano bene i rappresentanti dei professionisti. Sono difficoltà che non risiedono ad oggi. Se fosse un problema nato oggi o due-tre anni fa forse saremmo in un altro contesto. È un problema che ha cominciato a originarsi da una programmazione che noi oggi dobbiamo assolutamente cambiare.

    Infine, come diceva la consigliera Maletti, noi non siamo mica ancora lì, che l’abbiamo presa persa rispetto ai rimborsi o, comunque, al riconoscimento da parte dello Stato nei confronti delle Regioni, tutte, delle spese per il contrasto alla pandemia e per l’organizzazione della campagna vaccinale. Non l’abbiamo mica presa persa. Quella è assolutamente la condizione indispensabile, fondamentale per la quale tutti questi ragionamenti si collocano in una prospettiva di riuscita. Mi si chiedeva quanto cuba questa piccola riforma o queste misure dei pronti soccorsi. Secondo le prime stime (poi dovremo essere più precisi), attorno ai 10 milioni di euro, a regime. Quindi, da questo punto di vista, sono comunque risorse che la Regione mette in campo per affrontare in maniera strutturale e condivisa un problema.

    È chiaro che aspettiamo sempre che questa Regione possa continuare, come le altre, a programmare il proprio futuro in una situazione di maggiore certezza per quello che riguarda i finanziamenti.

    Grazie.

     

    Presidente SONCINI. Grazie, assessore.

    Ringrazio i presidenti delle CTSS, i professionisti sanitari, i consiglieri.

    È stata una Commissione molto interessante per il lavoro di noi consiglieri e, direi, anche veramente importante per fare un passo avanti su tutto ciò che non tanto si vuole, ma si può fare per migliorare le criticità che ci sono rispetto all’accordo di cui si è parlato. Credo sia stata davvero una Commissione importante.

    Ringrazio davvero tutti coloro che sono intervenuti. Aspettiamo gli interventi scritti. Ve li manderemo. Li manderemo all’Assessorato.

    La Commissione Sanità si riunisce il 17 maggio per il Fondo sociale regionale.

    Vi saluto. A presto.

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