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Legislatura XI - Commissione II - Resoconto del 27/03/2023 pomeridiano

     

    Resoconto integrale n. 11

    Seduta del 27 marzo 2023

     

    Il giorno 27 marzo 2023 alle ore 14,30 è convocata, con nota prot. n. PG/2023/7235 del 23.03.2023, presso la sede dell’Assemblea legislativa in Bologna Viale A. Moro n. 50, la Commissione Politiche economiche che si svolge in modalità “mista”, cioè con la presenza in sede dei Vicepresidenti Palma Costi e Gabriele Delmonte e dei seguenti membri dei Gruppi assembleari: Massimo Bulbi, Marco Fabbri, Nadia Rossi (PD); Giulia Pigoni (BP); Stefano Bargi (Lega); Federico Alessandro Amico (ERCEP); Luca Cuoghi, Marta Evangelisti (FDI); nonché degli altri partecipanti in via telematica in applicazione dell’art. 124, comma 4 bis del “Regolamento interno dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna” e della delibera dell’Ufficio di Presidenza 26 maggio 2022, n. 26.

     

    Partecipano alla seduta i consiglieri:

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    RONTINI Manuela

    Presidente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    7

    Presente

    COSTI Palma

    Vicepresidente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    4

    Presente

    DELMONTE Gabriele

    Vicepresidente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    3

    Presente

    AMICO Federico Alessandro

    Componente

    Emilia-Romagna coraggiosa, ecologista, progressista

    2

    Presente

    BARGI Stefano

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    Presente

    BESSI Gianni

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    Presente

    BULBI Massimo

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    2

    Presente

    CASTALDINI Valentina

    Componente

    Forza Italia – Berlusconi per Borgonzoni

    1

    Assente

    CATELLANI Maura

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    Presente

    CUOGHI Luca

    Componente

    Fratelli d’Italia – Giorgia Meloni

    2

    Presente

    DAFFADA’ Matteo

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    4

    Presente

    EVANGELISTI Marta

    Componente

    Fratelli d’Italia – Giorgia Meloni

    1

    Presente

    FABBRI Marco

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    Presente

    FACCI Michele

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    Presente

    GIBERTONI Giulia

    Componente

    Gruppo Misto

    1

    Assente

    LIVERANI Andrea

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    3

    Assente

    MARCHETTI Francesca

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    Presente

    MASTACCHI Marco

    Componente

    RETE CIVICA Progetto Emilia-Romagna

    1

    Presente

    MONTEVECCHI Matteo

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    Presente

    MORI Roberta

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    Presente

    OCCHI Emiliano

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    Assente

    PICCININI Silvia

    Componente

    Movimento 5 Stelle

    1

    Assente

    PIGONI Giulia

    Componente

    Bonaccini Presidente

    3

    Presente

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    Presente

    RAINIERI Fabio

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    Assente

    RANCAN Matteo

    Componente

    Lega Salvini Emilia-Romagna

    1

    Assente

    ROSSI Nadia

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    Presente

    SABATTINI Luca

    Componente

    Partito Democratico Bonaccini Presidente

    1

    Presente

    ZAMBONI Silvia

    Componente

    Europa Verde

    1

    Assente

     

    Sono altresì presenti la consigliera Lia Montalti e il consigliere Giancarlo Tagliaferri.

     

    Partecipano alla seduta: dott. Maurizio Ricciardelli, Responsabile Settore Affari legislativi e Aiuti di Stato; dott. Attilio Raimondi, Settore innovazione sostenibile, imprese, filiere produttive; dott.ssa Cinzia Ioppi, Settore politiche sociali, di inclusione e pari opportunità; dott. Enrico Degiorgis, di European Commission, DG Research and Innovation; dott.ssa Daniela Freddi, Responsabile Piano per l'Economia Sociale, Città metropolitana di Bologna; dott.ssa Agnese Papadia, di European Commission, DG for Employment, Social Affairs & Inclusion ; dott. Paolo Venturi, Direttore di AICCON;

    Presiede la seduta: Vicepresidente Gabriele Delmonte in sostituzione della Presidente Manuela Rontini

    Assiste il segretario: Agata Serio

    Funzionario estensore: Daniela Biondi

     


    DEREGISTRAZIONE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    6486 -Relazione per la Sessione europea dell'Assemblea legislativa per l'anno 2023, ai sensi dell'art. 5 della L.R. n. 16/2008.

    (Relatrice consigliera Lia Montalti – Relatore di minoranza Stefano Bargi)

    (Seduta consultiva)

     

    Audizione del dott. Enrico Degiorgis, di European Commission, DG Research and Innovation sul tema “Energia”.

     

    Audizione del dott. Paolo Venturi, Direttore di AICCON, Centro Studi sull’Economia Sociale, della dott.ssa Daniela Freddi, Responsabile Piano per l'Economia Sociale, Città metropolitana di Bologna e della dott.ssa Agnese Papadia, di European Commission, DG for Employment, Social Affairs & Inclusion sul tema “Economia sociale”.

     

     

    Presidente DELMONTE. Per cominciare, velocemente, direi di passare all’approvazione del processo verbale n. 10 del 2023.

    Come al solito, per procedura, se non ci sono osservazioni, lo darei per approvato.

    Grazie.

     

    Presidente DELMONTE. Passiamo all’oggetto 6486: “Relazione per la Sessione europea dell’Assemblea legislativa per l’anno 2023, ai sensi dell’art. 5 della L.R. n. 16/2008”.

    Sono presenti in aula la relatrice, consigliera Montalti Lia, e il relatore di minoranza Bargi Stefano.

    Per cominciare, direi di dare la parola ‒ un po’ come è prassi consolidata, che ci siamo dati all’interno delle varie Commissioni ‒ all’intervento del dottor Ricciardelli, che ringraziamo per essere qui. Se vuole può venire qui sul podio per il suo intervento iniziale.

    Intanto do atto che si è collegato il consigliere Facci alla Commissione.

    Seguiranno, giusto per chiarire il focus, i relatori, quindi prima la consigliera Montalti e poi il consigliere Bargi, e poi i vari stakeholder collegati su alcuni programmi che abbiamo già evidenziato.

    Vorrei segnalare che più o meno i tempi sono di circa dieci minuti a intervento, visto che abbiamo una decina di interventi complessivi, giusto per darci un ordine dei lavori che sia congruo e per poter dare spazio a tutti.

    La parola al dottor Ricciardelli per il primo intervento. Grazie.

     

    RICCIARDELLI, Responsabile Settore affari legislativi e aiuti di Stato della Giunta regionale. Buongiorno a tutti. Sono il dottor Ricciardelli, responsabile del Settore affari legislativi e aiuti di Stato.

    Come di consueto, nell’illustrare il lavoro che noi facciamo per la Sessione europea, voi sapete che, ogni anno, [...] un rapporto conoscitivo, che contiene sia l’inquadramento di carattere generale che, materia per materia, gli approfondimenti, che possono consentire, anche in questo caso, per le attività produttive, le riforme che riguardano l’energia, faccio degli esempi, di approfondire tutte le tematiche più importanti.

    Io ho già fatto, ovviamente, anche altre illustrazioni in altre Commissioni, quindi qui, come di consueto, mi concentro solo sui punti che riguardano la Commissione II e che, quindi, possono essere più interessanti, magari aggiungendo qualche novità.

    Noi siamo all’interno di una delle fasi che caratterizzano il Semestre europeo, prima che la Sessione. Il Semestre è una procedura che viene utilizzata a livello europeo, che si svolge per fasi. Nel mese di marzo, nel quale siamo, la Commissione detta gli orientamenti ai vari Stati. Sulla base degli orientamenti, ad aprile gli Stati sono chiamati ad approvare i programmi nazionali di riforma e i programmi di stabilità e convergenza. Questa prima fase del ciclo del Semestre si chiude con le raccomandazioni specifiche per Paese, che riceveremo a maggio. Quindi, a maggio la Commissione ci dirà quali sono le cose che principalmente ritiene importanti per l’Italia.

    Ricordo che il Semestre europeo è stata una grande innovazione, che ha consentito nel tempo di coordinare le politiche economiche, finanche quelle di bilancio, di tutti gli Stati membri dell’Unione europea. Quindi, si tratta di un momento veramente importante.

    La caratteristica della fase attuale è dovuta al fatto che noi siamo in una fase in cui abbiamo il dispositivo per la ripresa e la resilienza che ha dato la possibilità di fruire a livello europeo di 723 miliardi di euro. Quindi, un’iniezione di risorse assolutamente importante. Circa 250 per l’Italia. A questi si aggiungono le risorse di REPowerEU.

    La situazione è anche caratterizzata, in questa Commissione, ed è importante ricordarlo, perché qui i dati economici sono pregnanti, dal rifacimento del quadro della governance economica. Lo dico perché, dopo i periodi che abbiamo avuto, che sono stati caratterizzati dalla pandemia, quindi dal Covid-19, poi dalla guerra in Ucraina, da tutte le risorse che sono state date, anche dalle deroghe normative, lo voglio ricordare... Riguardo al tema degli aiuti di Stato, il Temporary Framework sul Covid-19 ha consentito di cambiare le regole sugli aiuti di Stato, allargando le maglie. Quella degli aiuti di Stato è una normativa, ai sensi dell’articolo 107 del Trattato, che riguarda il divieto di concessione di aiuti di Stato che possano, per la loro dimensione, ledere la concorrenza a livello europeo. Abbiamo avuto il Temporary Framework Ucraina, quindi siamo in una situazione straordinaria.

    Tra parentesi, e questa è una cosa che ci tengo ad aggiungere, l’Emilia-Romagna ha attuato, sulla base del Temporary Framework Ucraina, una specifica notifica. In quel caso, per fare degli interventi di un certo rilievo, non è stata fatta a livello statale la cosiddetta “notifica a ombrello”, ma a livello regionale una notifica della Regione Emilia-Romagna è stata fatta e questo rappresenta un momento molto importante.

    È stata fatta sulla base della misura 2.1, Aiuti a importo limitato, del Temporary Framework Ucraina e consente alle imprese di godere di un budget di circa 120 milioni di euro. Lo dico perché questa è una cosa specificamente dell’Emilia-Romagna.

    In ogni caso, il punto importante da sottolineare sul quadro di governance economica è che il prossimo anno noi siamo di fronte al momento in cui finisce la deroga che era stata data rispetto ai limiti di carattere macro-economico, di disavanzo e di rapporto deficit/PIL che caratterizzano le politiche europee. Quindi, rientreremo nel Patto di stabilità e crescita. Sarà variato rispetto al precedente, ma comunque sarà un limite non indifferente, che l’Unione europea, come ovvio, dà per garantire la stabilità del livello finanziario per i vari Stati.

    Per essere breve e indirizzato sulle cose importanti, qui abbiamo da notare che nel programma della Commissione europea molti sono i punti che riguardano ovviamente la parte economica, il Green Deal europeo, che è un punto che riguarda lo sviluppo e la transizione verde e digitale, il punto 2: “l’Europa pronta per l’era digitale”, il punto 3 “Un’economia al servizio delle persone”.

    Voglio anche ricordare che in questa sede avremo la possibilità di affrontare due dei temi che mi sembra siano stati messi all’ordine del giorno, quindi la parte energia e la parte economia sociale. Adesso io non entrerò. Ci sono gli esperti che sono in grado di entrare in questi temi sull’energia – vedo il dottor Attili – e sull’economia sociale, dove il ruolo, per esempio, della Direzione generale, la DGE, che si occupa di economia è un po’ quello di fare il coordinamento, aiutare la gestione rispetto alle scelte che vengono fatte dai vari assessori competenti, Taruffi, Lori e gli altri.

    È un ruolo particolare che io voglio ricordare, perché è chiaro che uno dei punti fondamentali in cui siamo impegnati, oltre alla transizione ecologica e verde, è sempre quello della realizzazione del pilastro dell’economia sociale, che è uno dei pilastri sulla base dei quali si muove l’Unione europea.

    Cose importanti da segnalare e novità. Noi abbiamo anche, come sapete, una parte statistica che ci accompagna sempre. Non rifaccio tutta l’analisi di quelli che sono i dati che noi esaminiamo, ne segnalo solo due. Il tasso di occupazione, perché l’Emilia-Romagna ha un tasso di occupazione del 73,5 per cento, che è uguale a quello medio europeo, che è 73,1 per cento. È praticamente uguale. L’Italia ha un tasso di occupazione, invece, solo del 62 per cento.

    Il target per l’Europa è il 78 per cento per il 2030. Non siamo lontani, non siamo lontani. C’è un certo gap di genere, questo lo sappiamo. L’Emilia-Romagna è la regione al secondo posto: 73,5 per cento, contro il 74 per cento del Trentino-Alto Adige. Voi sapete che nei dati economici possiamo dire che l’Emilia-Romagna in Italia è sostanzialmente prima, perché quasi sempre è seconda, ma con Regioni che variano.

    L’altro dato che mi sembra importante è la spesa in ricerca e sviluppo. Noi abbiamo un obiettivo target al 2030 di raggiungere il 3 per cento. Oggi l’Emilia-Romagna è al 2,14 per cento, vicino al tasso europee del 2,30 per cento. L’Italia è molto più indietro, è all’1,51 per cento. Anche qui l’Emilia-Romagna è al secondo posto, in questo caso presieduta dal Piemonte, perché il Piemonte in ricerca e sviluppo – era la sede della FIAT, oggi di Stellantis – ha sempre avuto degli elementi di un certo favore.

    Infine, segnalo una novità. Voi sapete che noi, come Regione, ci caratterizziamo anche per la nostra partecipazione in fase ascendente, partecipazione in fase ascendente che si svolge con il metodo canonico previsto dalla n. 234, cioè con il metodo delle osservazioni. La n. 234 è la legge generale per la partecipazione delle regioni nell’ordinamento europeo.

    Abbiamo fatto due partecipazioni importanti nel 2022: l’interoperabilità, che è un dato tecnologico che riguarda molto le attività economiche, e i veicoli fuori uso. Tra parentesi, io ve li segnalo sempre perché il fatto di aver visto, in questo caso non come osservazione, ma con il metodo RegHub, che arriva ancora prima, sulle linee generali questo elemento relativo ai veicoli fuori uso è interessante. Dice che la nuova direttiva che si prepara sarà più ampia, riguarderà anche i motocicli, oltre alle autovetture, e anche i camion e i mezzi di grosso rilievo. Riguarderà il modo in cui sono fatte le autovetture, cioè con una certa percentuale di materiale riciclabile.  Avrà degli effetti di sicuro rilievo.

    Infine, la novità di oggi è che, sempre sulla base di quella rete RegHub che ci consente di partecipare a questionari, survey che anticipano gli atti che poi ci vengono mandati per la consultazione, inizia in questi giorni la consultazione di questa rete RegHub in materia di appalti pubblici. È la prima consultazione, che interessa alle imprese e interessa agli enti locali, che viene fatta dopo la prima di due o tre anni fa.

    Quindi, noi procederemo a sentire tutti gli interessati in particolare con la Rete regionale europea. È interesse ovviamente degli enti locali e delle Amministrazioni pubbliche, perché gli appalti sono un settore centrale, ma anche delle imprese e di coloro che nel settore degli appalti sono interessati a partecipare.

    Solo un’avvertenza: io ho visto questa consultazione ed è molto tecnica. Come l’altra volta, in una fase in cui stiamo passando da un codice dei contratti a un nuovo codice dei contratti, noi come Italia, che non applichiamo direttamente le direttive europee, abbiamo bisogno di molto lavoro per trovare soggetti che siano in grado di dare una valida risposta. Questo lo devo anticipare, ma mi sembra una novità importante. Molte grazie.

     

    Presidente DELMONTE. Grazie a lei, dottor Ricciardelli. Sempre esaustivo e, devo dire, anche nei tempi. Quindi, perfetto.

    Direi di passare adesso la parola ai due relatori, partendo dalla relatrice di maggioranza, consigliera Montalti, e poi a seguire il consigliere Bargi. Nel frattempo ci tengo a ringraziare anche per la presenza alcuni tecnici degli Assessorati che non interverranno dopo. Quindi, ne approfitto in questo momento per ringraziarli, portando dalla dottoressa Lucertini, che si è occupata di tutta la sessione europea e di tutto l’iter che stiamo svolgendo in questi giorni, in queste settimane, la dottoressa Ioppi, il dottor Mainardi e la dottoressa Moroni. Vi ringrazio per essere qui.

    Prego, consigliera.

     

    MONTALTI. Grazie, presidente.

    Anch’io cercherò di stare nei tempi e di essere sintetica. Non vi rifaccio quella che è la premessa sulla nostra sessione europea e sul programma della Commissione europea. Vorrei entrare brevemente nel merito dei tre obiettivi, sui 43 del programma della Commissione europea 2023, che sono stati selezionati come momento di approfondimento per questa Commissione.

    L’obiettivo n. 1 riguarda il mercato dell’energia elettrica, con la revisione delle norme dell’Unione europea per il mercato interno dell’energia elettrica. Qui c’è un tema che in realtà è un tema vastissimo, che riguarda la riforma dell’assetto del mercato dell’energia elettrica incentrata sugli aspetti che risiedono sia in tutti gli adeguamenti urgenti per rendere il mercato più resiliente, ridurre l’impatto dei prezzi, a partire dal gas, quindi, ovviamente, l’esigenza di mettere in protezione i consumatori e le imprese europee, anche alla luce della crisi in corso; allo stesso tempo, ci sono tutti i percorsi che sono stati attivati per agevolare e sostenere la transizione energetica.

    Già il dottor Ricciardelli ha anticipato il tema della consultazione, che ‒ come diceva ‒ effettivamente è tecnica. Forse, e qui lancio quella che può essere una nota alla Commissione, potrebbe essere interessante, magari anche inserendolo nella risoluzione, cercare di ritornare in questa Commissione e di approfondire ulteriormente tutti gli aspetti post consultazione, per provare a capire e anche a tradurre l’impatto che avranno i percorsi su cui la Commissione e le Istituzioni europee saranno impegnate, rispetto all’assetto emiliano-romagnolo.

    Vado avanti. Il secondo obiettivo che è stato indicato per essere approfondito in questa Commissione è tutto il tema dell’idrogeno rinnovabile, in particolare quello che concerne l’attivazione della Banca europea dell’idrogeno. Questo è un impegno che ha sia carattere legislativo sia non legislativo e che la Commissione europea vorrebbe attuare a partire dal terzo trimestre del 2023. Anche qui, in realtà, c’è un mondo di cui in questa Commissione, anche in occasione del Piano energetico regionale, abbiamo avuto modo di discutere, ovvero tutto il tema di come riuscire a collocare l’idrogeno verde all’interno del sistema di produzione di fonte rinnovabile e anche come incentivare la produzione, così come l’inserimento, quindi l’effettivo utilizzo dell’idrogeno verde per l’approvvigionamento energetico dei sistemi privati e del pezzo di consumo da parte dei cittadini e delle famiglie.

    Vado avanti. L’ultimo punto riguarda il tema dell’economia sociale. C’è come Obiettivo 27 il pacchetto economia sociale, come iniziativa. Abbiamo una raccomandazione del Consiglio sullo sviluppo delle condizioni quadro dell’economia sociale, quindi una raccomandazione che non ha carattere legislativo. Però, a livello europeo, si è già avviato un percorso importante con un Piano per l’economia sociale, che è stato adottato nel dicembre 2021 dalla Commissione europea, che ha come obiettivo quello di sviluppare il potenziale di crescita di imprese sociali, cooperative e fondazioni, associazioni no profit, anche aumentandone il contributo, oltre che la dimensione sociale ed economica, in tutto quello che è il tema della transizione verde e digitale. Su questo, però, non dico di più perché abbiamo l’audizione di esperti, quindi non vorrei anticipare temi che poi verranno trattati in fase di audizione.

     

    Presidente DELMONTE. Grazie, consigliera Montalti.

    Consigliere Bargi, prego.

    Ne approfitto un attimo per segnalare alcune presenze di consiglieri che si sono collegati o sono arrivati in aula: i consiglieri Bessi, Cuoghi, Daffadà, Evangelisti, Marchetti Francesca, Montevecchi Matteo e Pigoni Giulia.

    Prego, consigliere Bargi.

     

    BARGI. Intervengo da qui, così recuperiamo anche quel secondo in più. A parte le battute, effettivamente abbiamo completato, con oggi, il primo giro in ogni Commissione della Sessione europea. Ormai i commissari, che ovviamente hanno anche ruoli in altre Commissioni, hanno già sentito più e più volte come funzionerà quest’anno, quali sono le novità nella gestione della Sessione europea, in particolare nella stesura della relazione. Proprio perché vede per la prima volta le figure dei relatori, ci tengo a dirlo sempre, magari è l’occasione per provare a rendere il messaggio anche più politico. Altrimenti il tema diventa quello di affrontare, sì, obiettivi sui quali possiamo esprimerci... Fondamentalmente, ci vengono depositati rispetto alla linea europea. Noi ci limitiamo a dire: sì, bello o non bello. Sarà importante anche poter partecipare alla definizione della strategia dell’Unione.

    In particolare, oggi c’è un tema, quello dell’energia, sul quale è difficile non pensare di soffermarsi. La riforma del mercato interno sarà fondamentale per il futuro, anche perché la Commissione, non solo rispetto allo scenario mutato a livello internazionale, in una situazione che difficilmente era prevedibile solo qualche anno fa, pensa ancora oggi di perseguire il tema della transizione verde con ancora più convinzione. Addirittura si parla di accelerare. Se ricordiamo, la transizione verde, quando venne introdotta prima della pandemia, già qualcuno cominciava a definirla la rivoluzione dei ricchi, per via dei costi che avrebbero dovuto sopportare famiglie e imprese, in particolare, piuttosto che gli Stati, vista la forma della governance economica, per l’appunto, dell’Unione europea. Già allora c’era questa tematica. Oggi, con l’inflazione galoppante da shock d’offerta, dovuta principalmente al tema dell’approvvigionamento energetico, si introduce un elemento in più, che va a cozzare con la possibilità di effettuare la transizione.

    Due temi sono fondamentali in questo: la possibilità di avere accesso all’energia, quindi l’approvvigionamento, e sappiamo bene che il nostro Paese, ma anche la Germania, senza stare a nasconderci, hanno bisogno del gas per produrre energia elettrica... È vero che bisognava spostare sulle fonti rinnovabili, è vero che si parla anche di nucleare, ma finché queste due componenti non raggiungono percentuali più incisive, e non è oggi, e difficilmente posso credere sia un traguardo raggiungibile in pochi anni, difficilmente si può parlare di grandi svolte.

    Ecco perché il tema diventa centrale. Approvvigionamento e prezzo accessibile, anch’esso. E poi ci sarà da approfondire anche il tema del dove bisognerà approvvigionarsi, vista la divisione del mondo in schieramenti che sta avvenendo, nel quale, purtroppo, si ha sempre la sensazione che l’Europa o, meglio, l’Unione europea non abbia le mani sul volante della storia del Continente europeo.

    Sarebbe interessante anche approfondire il tema del Nord Stream 2. Sarebbe ‒ come posso dire? ‒ un po’ ridicolo metterlo sotto il tappeto e non parlarne più. Si tratta di un atto particolarmente grave, dove, magari, si esprimono forze esterne all’Unione europea... Leggevo il New York Times di qualche tempo fa, che scaricava le responsabilità sul Governo ucraino. Il Governo ucraino diceva “non siamo stati noi”. Insomma, bisognerebbe che l’Unione, da questo punto di vista, ci aiutasse a chiarire quello che è avvenuto in quell’occasione.

    Questo, quindi, è un tema che, dal punto di vista politico, richiederebbe di essere affrontato a trecentosessanta gradi. Difficilmente, credo, potremo esimerci da questo. Oggi, chiaramente, cerchiamo di approfondire, grazie agli ospiti che partecipano a questa seduta. Dopodiché, toccherà ai commissari, nelle prossime fasi, produrre il parere. Però su questi temi credo che il parere avrà un significato molto importante e impattante, anche a livello politico.

     

    Presidente DELMONTE. Grazie, consigliere.

    Intanto segnalo la presenza del consigliere Pompignoli, in aggiunta.

    Passiamo agli ospiti della Commissione, che porteranno un contributo tecnico.

    Abbiamo diviso in due settori, in due argomenti i prossimi interventi, che sono energia, prima, e poi economia sociale.

    Per parlarci di energia, come primo ospite, che ringrazio per la presenza, abbiamo il dottor Degiorgis Enrico, che si occupa di clean energy transition all’interno della Commissione europea. So che ha delle slide, quindi le chiedo qualche secondo di pazienza, così facciamo partire la proiezione, e poi le lascio la parola. Grazie, intanto, per essere qui.

    Premetto che, sempre su questo tema, per la Regione Emilia-Romagna poi lasceremo la parola al dottor Attilio Raimondi.

     

    DEGIORGIS, European Commission, DG Research and Innovation. Perfetto. Molte grazie.

    Spero che l’audio funzioni bene.

     

    Presidente DELMONTE. Sì, funziona benissimo. Prego.

     

    DEGIORGIS, European Commission, DG Research and Innovation. Benissimo.

    Sono Enrico Degiorgis. Grazie per l’invito e per l’introduzione. Io lavoro presso la Commissione europea. Eseguo le attività di ricerca e innovazione, in particolare in ambito idrogeno e anche energia eolica. Oggi mi focalizzerò sulla parte di ricerca e innovazione in ambito idrogeno. Possiamo andare avanti alla seconda parte.

    Mi sembra doveroso, quando si parla di idrogeno, sempre fare una prima introduzione. Io intanto vado avanti, poi le slide quando riuscite a sistemarle, benissimo. Mi sembra sempre doveroso ricordare che, quando parliamo di idrogeno, parliamo di un vettore energetico, non di una fonte, e quando parliamo di idrogeno rinnovabile parliamo di idrogeno ottenuto sostanzialmente da elettrolisi dell’acqua, usando energia elettrica da fonti rinnovabili.

    Attualmente, giusto per avere dei numeri in testa, per produrre un chilo di idrogeno ci vogliono circa 50 o 60 kWh elettrici. Quindi, l’efficienza dei sistemi di conversione attuali, degli elettrolizzatori attuali è grosso modo, per avere una cifra in testa, sul 60 per cento. Quindi, entrano 100 kilowattora elettrici ed escono 60 kWh associati all’idrogeno. È un vettore energetico piuttosto pregiato. “Pregiato” per la lunga catena di trasformazione che lo caratterizza, soprattutto se pensiamo di fare da energia elettrica idrogeno e poi riconvertirlo in energia elettrica.

    Quindi, per queste ragioni, quando si approccia il problema, bisogna sempre avere in mente che prima c’è necessità di efficienza energetica dei sistemi energetici come precondizione, quindi negli usi finali e nelle varie catene di trasformazione e distribuzione. C’è una necessità ingente di produzione da nuovi impianti da fonti rinnovabili. È inutile pensare o è inutile parlare di idrogeno rinnovabile senza tenere a mente che bisognerà produrlo con nuovi impianti da fonti rinnovabili, di cui ci sarà necessità per produrre l’idrogeno, ma anche per la transizione che si cerca di attuare con l’energia elettrica che serve anche altrove direttamente, perché l’uso diretto di energia elettrica viene prima in tutti i casi in cui è possibile.

    Per avere un flash sulle priorità nel breve e medio termine, la necessità è concentrarsi sui settori che non sono decarbonizzatabili in altro modo o che usano attualmente idrogeno da fonti non rinnovabili. Ci sono degli impianti che ne hanno necessità e quindi lo usano come materia prima, ma non è da fonte rinnovabile. Come materia prima o tramite carburanti rinnovabili, questi sono gli impianti di produzione di ammoniaca, le raffinerie, le acciaierie e, nel settore trasporto, il trasporto pesante su strada, il trasporto navale e poi l’aviazione. Questo giusto per dire quali possono essere nel breve o medio termine, le principali urgenze o le priorità su cui concentrarsi.

    Possiamo andare alla slide successiva. Anche qui, alcuni numeri chiave perché non so bene quanto sia conosciuta la tematica e mi sembrava utile inquadrarla. C’è attualmente una capacità produttiva in Europa e nello spazio economico europeo di 11,5 milioni di tonnellate all’anno. La domanda interna e di 8,7 milioni di tonnellate.

    La stragrande maggioranza di questa produzione, il 99,3 per cento nel 2020, era convenzionale. Per “convenzionale” qui si intende da fonte fossile. Vuol dire che l’idrogeno prodotto e utilizzato in Europa al momento viene da fonte fossile, cioè si usano fonti fossili come il metano, il carbone e altri combustibili fossili per produrre idrogeno. Quindi, anche questi processi producono emissioni di anidride carbonica, oltre a tutto il resto. Essenzialmente concentriamoci su quello.

    Un aspetto essenziale della transizione verso l’uso di idrogeno rinnovabile è legato ai costi, perché attualmente i costi della produzione tramite elettrolizzatori non sono competitivi con quelli da fonte fossile, che erano nel 2021 stimati, dati della associazione industriale di settore Hydrogen Europe, in circa 2,65 euro al chilo. Poi, nell’agosto del 2022, con il picco di costo dell’energia elettrica, sono saliti fino anche a 10 euro al chilo. La produzione da fonte rinnovabile attualmente, a seconda delle modalità, del luogo eccetera e in base a tante variabili, è tra i tra 3,3 e 6,5 euro al chilo.

    È prevista per gli anni a venire la necessità di accrescere in maniera molto rapida la produzione tramite elettrolizzatori. Possiamo andare alla slide successiva. Anche qui alcuni dati chiave. I documenti chiave a livello europeo sulla strategia per l’idrogeno sono la strategia definita nel 2020 e poi nel maggio del 2022, l’anno scorso, sostanzialmente a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia con tutte le conseguenze a livello energetico e di dipendenza energetica dalla Russia, il piano REPowerEU.

    I numeri da avere in mente, che ho messo su questa slide, sono l’obiettivo di avere 6 gigawatt di elettrolizzatori installati per produrre idrogeno rinnovabile al 2025, arrivare a 40 gigawatt nel 2030 e, in termini di consumo, l’obiettivo è di avere un consumo interno di 10 milioni di tonnellate da produzione domestica al 2030 e altri 10 milioni di tonnellate da importazioni, per un totale di 20 milioni di tonnellate consumate internamente all’Unione europea al 2030, 10 da produzione interna e 10 da importazione.

    Andiamo pure alla slide successiva, in cui c’è un brevissimo quadro. Per promuovere l’idrogeno da fonti rinnovabili in tutte o in molte delle iniziative legislative che sono attualmente in fase di revisione a livello europeo c’è la necessità di includere qualche cosa. Una essenziale, che è in avanzata fase di revisione, è la discussione sulla revisione della direttiva per l’energia da fonti rinnovabili, dove c’è un primo obiettivo generale, proposto dalla Commissione nel luglio 2021, per arrivare a un 40 per cento di energia da fonti rinnovabili complessive nel mix energetico europeo. Con REPowerEU questa quota è stato proposto di aumentarla al 45 per cento. Nelle bozze di revisione della direttiva ci sono delle quote specifiche per l’idrogeno rinnovabile nel settore dell’industria e nel settore dei trasporti. Questo è in fase di discussione a livello di colegislator, quindi Commissione, Parlamento e Consiglio europeo.

    Anche in altre legislazioni di settore, come l’iniziativa per i carburanti nel settore dell’aviazione, l’iniziativa per i carburanti nel settore marittimo e varie altre iniziative c’è una quota sempre per incentivare l’uso di idrogeno rinnovabile.

    La prossima slide tenevo a citarla perché uno degli elementi chiave per lo sviluppo delle fonti rinnovabili e degli impianti che produrranno e producono idrogeno rinnovabile è legato ai processi autorizzativi, che sono generalmente molto lunghi, molto complessi. Anche a livello legislativo, sostanzialmente con la revisione della direttiva sulle fonti rinnovabili, ci sono delle proposte per snellire questi processi, per esempio tramite l’identificazione, da parte degli Stati membri, di aree che vengono chiamate go-to, cioè aree preferenziali dove si è già identificato che siano particolarmente adatte.

    Ho pensato fosse utile citarlo, perché può avere una rilevanza anche a livello regionale, perché poi la Regione si troverà in modo nell’altro a gestire, più o meno direttamente, processi autorizzativi per impianti di questo tipo.

    Andiamo pure avanti.

    Altra cosa che ci tenevo a citare, senza andare nel dettaglio, nella recente pubblicazione della strategia europea per il Green Deal industriale, sono state previste varie azioni legislative che poi sono state adattate proprio recentemente, il 16 marzo. Qui non cito quelle nei primi punti di questa slide ma volevo solo citare la Hydrogen Bank, la Banca dell’idrogeno, che in realtà si chiama banca ma banca non è, ed è un sistema di supporto sostanzialmente alla produzione dell’idrogeno da fonte rinnovabile.

    Ha diverse parti e quella che è meglio definita al momento è quella per supportare la produzione domestica, dove si prevede di avere delle aste dove viene fissato un ammontare di supporto specifico per ogni chilo di idrogeno rinnovabile prodotto su un arco di tempo che può arrivare fino ad un massimo di 10 anni.

    I servizi della Commissione stanno attualmente lavorando su questo sistema per avere una prima asta pubblicata nell’autunno di quest’anno con una disponibilità di budget di 800 milioni di euro.

    Andiamo pure alla prossima slide.

    Qui c’è un elenco di altre varie modalità di supporto per la produzione di idrogeno rinnovabile, quindi diverse tipologie di fondi europei. Qualcosa che è stato già citato oggi, cioè: modifiche sulle regole per gli aiuti di Stato in modo da agevolare progetti nel campo di idrogeno rinnovabile; progetti già approvati anche a livello europeo, quelli che chiamano il quadro di importanti progetti di interesse europeo comune; due soggetti già approvati, uno a luglio dell’anno scorso e uno a settembre; e poi l’alleanza europea per l’idrogeno verde con un grosso numero di progetti previsti che potranno beneficiare di alcune forme di supporto.

    Andiamo pure avanti. Arriviamo nello specifico alla parte di cui io mi occupo più direttamente, che è quella di supporto alla parte di ricerca e innovazione in campo idrogeno.

    Anche qui il panorama è abbastanza variegato, però gli elementi essenziali sono: supporto che arriva tramite partnership pubblico privato, cioè esiste un Joint Undertaking, un’impresa comune, quindi industria, ricerca e istituzioni europee per l’idrogeno pulito - dopo ne dirò qualcosina in più –; e simili partnership nel campo del trasporto, dell’industria, in particolare ce n’è una nel campo dell’acciaio, per esempio; e poi delle partnership pubblico-pubblico, sostanzialmente dove diversi Stati membri, o Paesi associati più l’Unione Europea, mettono insieme le loro risorse per supportare progetti anche in campo dell’idrogeno.

    C’è poi la parte di Orizzonte Europa, quindi Horizon Europe, i cluster 5 dove ci sono dei progetti finanziati nell’ambito dell’idrogeno e altri progetti finanziati dal Consiglio Europeo per la ricerca.

    Mi fermerei qui. Ci sono altre cose che vedete nella slide, però queste sono le essenziali.

    Andiamo pure avanti e mi avvio a concludere la mia presentazione.

    Ho citato l’impresa comune in tema di idrogeno verde e questa partnership pubblico privato con un budget di un miliardo di euro sul periodo 2021-2027 che pubblica delle call per progetti annuali. Quella di quest’anno è stata pubblicata, chiuderà ad aprile 2018, con un budget di quasi 200 milioni di euro e copre le varie parti della catena del valore dell’idrogeno, quindi una parte con sette tipologie, sette topic, sette argomenti per la parte di produzione, per la parte di stoccaggio e distribuzione - qui vedete anche le cifre disponibili - per la parte di trasporto, per la parte di progetti legati a idrogeno rinnovabile per riscaldamento e produzione di energia, e poi ci sono dei progetti trasversali.

    Un altro tema visto come molto importante a livello europeo, su cui si sta spingendo molto, sono le Valli dell’Idrogeno, dove anche qui ci sono fondi per supportare la creazione di Valli dell’Idrogeno e poi ci sono alcuni temi trasversali.

    Andiamo avanti. Salterei questa parte, poi lascio le slide che saranno disponibili nel caso vi interessino, e andrei invece ancora più avanti alla slide successiva.

    Ecco, giusto per fare un breve focus sulle Valli dell’Idrogeno, in questa slide volevo presentare quali sono i progetti per la creazione di Valli dell’Idrogeno già supportati dal Joint Undertaking or Clean Hydrogen. Alcune, quelle in rosa, sono ancora in fase di analisi delle proposte e quindi non sono ancora partite, altre invece sono già state finanziate negli anni passati. Lo dico perché può essere qualcosa di interesse anche a livello regionale. Per esempio, ce n’è una che coinvolge delle Regioni italiane - qui in rosa - è una delle prime internazionali perché coinvolge il Friuli-Venezia Giulia, quindi l’Italia, la Slovenia e la Croazia.

    Ho parlato di Valli dell’Idrogeno, non spiegato cosa siano ma sostanzialmente l’idea è di creare un primo nucleo, un unico sistema dove le diverse parti della catena del valore dell’idrogeno siano rappresentate: la produzione, la distribuzione e lo stoccaggio a livello regionale.

    Con questo direi che posso concludere.

    Poi, chiaramente, non so se c’è tempo, se sono previste delle domande, ben volentieri io sono disponibile a rispondere per quel che posso.

    Molte grazie.

     

    Presidente DELMONTE. Grazie a lei, dottor Degiorgis, per la chiarezza nell’illustrazione.

    Come anticipato, adesso lascerei la parola al dottor Attilio Raimondi, della Regione Emilia-Romagna, che si occupa appunto dell’adozione del Piano energetico.

    Nel frattempo, segnalo la presenza anche del consigliere Sabattini Luca.

     

    RAIMONDI, responsabile Piano energetico Emilia-Romagna. Mi corre una doverosa premessa, soprattutto per il nostro collega dell’Europa, il fatto che noi abbiamo recentemente approvato un Piano triennale per l’attuazione del Piano energetico regionale nel quale abbiamo posto degli obiettivi particolarmente ambiziosi.

    Intanto, abbiamo recepito quelli dell’Europa che, voi sapete, ultimamente hanno avuto una crescita particolarmente rapida e incessante grazie alla consapevolezza della necessità di intervenire velocemente sul modello di sviluppo che abbiamo attualmente per la mitigazione dei cambiamenti climatici.

    In questo Piano sono indicati obiettivi particolarmente straordinaria anche di sviluppo delle fonti rinnovabili.

    Questo mi serve per dire che per abilitare il sistema a sviluppare le fonti rinnovabili, abbiamo ritenuto l’idrogeno come un fattore fortemente abilitante. Perché il problema delle nostre fonti rinnovabili è che sono intermittenti, quindi non c’è la coincidenza tra la produzione e l’uso. L’idrogeno può diventare quell’elemento che ci consente, in qualità di vettore, di stoccare l’energia e di utilizzarla quando meglio ci serve.

    Quindi, sicuramente l’idrogeno è nei nostri cuori da tempo, da tempo, perché quando ho sentito parlare il dottore Degiorgis, mi sono ricordato che noi nel 2018, mi pare, abbiamo aderito al Fuel Cells and Hydrogen Joint Undertaking, che aveva proprio lo scopo di sviluppare le tecnologie dell’idrogeno.

    Poi questa impresa comune, come si suole chiamare, questa associazione, si è trasformata, è diventata - poi mi dica lei se sbaglio – nella Clean Hydrogen Partnership.

    Quindi, ci sono state tutta una serie di azioni a livello europeo e a livello internazionale, sulla definizione delle alleanze e delle partnership sull’idrogeno, alle quali abbiamo partecipato, anche alla S3.

    Oggi in Giunta c’è un progetto di legge per partecipare alla Hydrogen Europe, quella che ha citato prima il dottore, perché abbiamo ritenuto importante far parte di queste alleanze, perché è un tema talmente innovativo e talmente internazionale che non possiamo chiuderci nei nostri confini, quindi abbiamo ritenuto importante partecipare.

    Posso aggiungere una cosa. Il nostro Paese sull’idrogeno sta investendo parecchio perché sul PNR abbiamo qualcosa come 3 miliardi, 3 miliardi che sono dedicati allo sviluppo dell’intera filiera.

    Vado a prendere, se riesco a trovare, la sintesi che ho fatto per non tediarvi troppo. Non la trovo sicuramente. Vediamo se c’è. Ecco qua, PNR.

    Intanto, abbiamo la produzione di idrogeno in aree industriali dismesse, è la prima misura che stiamo attuando. Infatti, entro il prossimo 31 marzo, dovremmo approvare la graduatoria dei progetti che sono stati presentati a seguito del bando che il Ministero, adesso Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, ha emanato il 23 dicembre. Sulla base di questo decreto noi avremo 19,5 milioni di euro per realizzare le prime Hydrogen Valley. Quindi, siamo dentro a questa prospettiva di sviluppo dell’idrogeno con le prime Hydrogen Valley che realizzeremo nel nostro territorio.

    La seconda misura del PNR riguarda l’utilizzo dei settori hard to abate. Sono 2 miliardi di euro. Il decreto è uscito qualche giorno fa, lo abbiamo scoperto a sorpresa sulla Gazzetta Ufficiale, perché mi pare che sia del 15 marzo. In questo decreto, finalmente, si parte con l’idea della decarbonizzazione del settore produttivo, quindi si finanziano sia la produzione, che l’uso, che la ricerca dell’idrogeno, in questo momento idrogeno non rinnovabile ma idrogeno a bassa emissione di carbonio per sostituirlo in quei settori che sono difficili da decarbonizzare. Cioè quei settori che non possiamo dire che li andiamo ad elettrificare, perché sono settori che usano alte temperature, alte temperature che non possono essere garantite da un sistema elettrico, quindi hanno bisogno di gas. Quindi, per sostituire il gas metano si dice di fare uso dell’idrogeno, ma l’idrogeno va prodotto e siccome costa caro produrre l’idrogeno, a questo punto dobbiamo dargli una mano.

    Questo decreto finanzia anche la ricerca delle soluzioni per riuscire a sostituire l’idrogeno dentro agli impianti che utilizzano il metano per produzioni industriali.

    Poi c’è il discorso sempre del PNR, della sperimentazione nel trasporto stradale per realizzare 40 stazioni di rifornimento, per mettere in piedi finalmente quei corridoi verdi che dovrebbero consentire di utilizzare il vettore idrogeno nel trasporto pesante, nei track. Qui ci sono 230 milioni, un pochino meno delle altre risorse.

    Poi c’è la sperimentazione nel trasporto ferroviario, 300 milioni per andare a realizzare stazioni di rifornimento di idrogeno, con produzione di idrogeno ad alta pressione e stoccaggio dell’idrogeno, nelle stazioni ferroviarie, nove stazioni ferroviarie. Così prevede il PNR, 300 milioni.

    Questo solo per darvi un quadro delle prime azioni che sta mettendo in piedi il PNR.

    Poi c’è il rinnovo delle flotte bus e dei treni verdi, 3,6 miliardi per riuscire a cambiare le flotte del trasporto pubblico locale con autobus a idrogeno.

    Un esempio, il Comune di Bologna ha già fatto le gare per l’acquisto di 127 autobus a idrogeno con l’opzione di averne altri 140 per sostituire gli autobus a gasolio, che ancora circolano nelle nostre strade, con autobus a idrogeno.

    In questa misura ci sono anche i treni, i treni a propulsione a idrogeno. Quindi, parliamo di qualcosa come 3360 nuovi bus e 53 treni. Facciamo anche dei numeri, perché dobbiamo poi fare i conti con la realtà.

    Poi abbiamo l’installazione di 5 gigawatt al 2030 di elettrolizzatori, 450 milioni. Sarò tedioso, ma è importante che voi capiate.

    Il nostro Paese ha messo in piedi una strategia per sviluppare l’idrogeno, coerente. Sta noi questa strategia trasformarla in cose concrete.

    Poi c’è il tema della ricerca e dello sviluppo, perché è fondamentale che noi riusciamo a sviluppare sistemi che siano innovativi e che ci consentano di ridurre i costi degli elettrolizzatori, che ci consentano di individuare altre tecnologie per produrre l’idrogeno che non sia solo elettrolisi dall’acqua.

    Poi, come stoccare l’idrogeno, come veicolarlo l’idrogeno.

    Tutto questo ha bisogno di qualcos’altro che sta a fianco, e sono le riforme, perché bisogna parlare anche del sistema regolatorio. Se non parliamo del sistema regolatorio come facciamo ad avviare questa filiera così straordinaria e così importante per noi? Quindi, come riusciamo ad autorizzare una stazione di rifornimento? Come garantiamo che sia sicura?

    Questi aspetti sono fondamentali. Come garantiamo anche il sostegno a coloro che investono nel settore? Perché qualcuno parla di investimento nel realizzare gli impianti. Va bene, i capex, i famosi capex. Noi, con questa misura che stiamo facendo nel Piano energetico, stiamo finanziando i capex, cioè finanziamo la realizzazione degli impianti di produzione di idrogeno.

    Ma qualcuno mi dice: va bene, ma gli OPEX, cioè i costi di gestione? Perché abbiamo visto, l’ha detto bene il Commissario prima, che il costo dell’idrogeno verde è molto più alto, 3-4 volte l’idrogeno fatto dal reforming del gas metano, ma dobbiamo andare in quella direzione lì, dobbiamo fare l’idrogeno verde. A quel punto ci serve un sistema di incentivazione che mi consenta di utilizzare questo prodotto.

    L’altro discorso è, come faccio a mettere il gas metano nella rete? Perché noi abbiamo una rete fantastica, per cui abbiamo le condizioni per sviluppare l’idrogeno ma come facciamo a mettere l’idrogeno dentro la rete del gas metano?

    Qualcuno mi dice, io posso mettere fino al 10, al 20 per cento senza dover modificare le reti, ma mi devi dare le norme con le quali io sono garantito che se ti do l’idrogeno tu me lo prendi e me lo metti nella rete, quindi mi devi dare le condizioni per riuscire a infilarlo lì dentro. Perché altrimenti come faccio? Me lo tengo? E come faccio a utilizzarlo dentro ai distributori? Quali sono le distanze di sicurezza?

    Perché ricordiamoci che l’idrogeno va stoccato a 700 BAR, 700 BAR quant’è, gonfiata la vostra gomma dell’automobile? A due. Cioè, voi capite la dimensione straordinaria di quello che è lo stoccaggio di questo materiale, è un materiale che è a bassa densità energetica, l’ha detto bene il Commissario prima. Quindi, se io voglio avere una sufficiente capacità di durare nel tempo, una sufficiente autonomia, devo stoccarlo ad alta pressione, non possono stoccarlo a bassa e quindi lo devo portare a quei valori lì. Quindi, anche chi lavora sullo studio dei sistemi di stoccaggio deve lavorarci su.

    Noi abbiamo la fortuna di avere costruito in questi anni una mappatura di quelli che sono i soggetti che possono lavorare sulla filiera. Abbiamo sia i soggetti che lavorano sugli stoccaggi, imprese che lavorano nel settore del gas e che lavorano sulla componentistica, sulla segnalazione, sugli apparecchi di sicurezza, che lavorano sui motori. Quindi, una mappatura di quelli che sono i soggetti che possono comporre la filiera, ce l’abbiamo, sono pronti. Abbiamo detto, guarda, c’è l’Innovation Fund, c’è l’IPCEI, progetti europei che danno risorse, partecipate a questi bandi, perché sono risorse che non dovete perdere. Ma è difficile per loro fare squadra, perché sono piccole e medie imprese che fanno piccoli pezzi del sistema. Quindi, lo sforzo che dovremmo fare è riuscire ad aggregarli per fare in modo che possano partecipare a questi importanti progetti europei.

    Io ho piacere di aver sentito il Commissario perché lo contatteremo sicuramente per riuscire a fare un partenariato in grado di contribuire a partecipare a quei progetti lì, per aiutare le nostre imprese a fare dei progetti che possano ambire ad essere ammissibili a quei progetti. Perché non ci basta la misura che ha fatto il PNR sulle aree industriali dismesse, perché li finanzieremo 1, 2 progetti, non lo so, l’istruttoria la stiamo facendo adesso e la stiamo concludendo in questi giorni, ma quando arriveremo in fondo non avremo fatto dei grandissimi passi avanti. Sì, avremo fatto un impianto, due, quelli che riusciremo a fare, però per avviare questo sistema è importante fare di più. Quindi, tutte le occasioni che ci sono le dobbiamo cogliere.

    Altra cosa. Dentro ai nostri fondi strutturali abbiamo previsto delle misure per finanziare le filiere produttive. Sto cercando... Ho parecchie idee e molto confuse. Il settore della ricerca. Dicevo, è fondamentale fare ricerca. Sulla ricerca stiamo lavorando su un bando per promuovere progetti strategici di innovazione. Ci saranno 25 milioni di euro proprio per sviluppare le capacità che ha la nostra rete alta tecnologia di assistere le imprese nel fare progetti di ricerca su questo settore. Questa deve diventare una filiera produttiva. Ne abbiamo già perse troppe di occasioni. Questa non possiamo perderla. Qua abbiamo la possibilità per le nostre imprese di avere risorse per finanziare la ricerca.

    Poi c’è un altro obiettivo, che è la decarbonizzazione, quindi favorire la realizzazione di investimenti in processi e tecnologie che utilizzino, per esempio, l’idrogeno. 43 milioni di euro. Dobbiamo fare in modo che le nostre imprese partecipino e aiutarle a far sì che questi progetti possano in qualche modo essere coerenti con gli obiettivi del nostro piano.

    Attraverso questa mappatura delle imprese che possono costituire la filiera, abbiamo costruito una road map di quella che potrebbe essere una strategia regionale per l’idrogeno. “Strategia” tra virgolette, perché dobbiamo ancora approvarla, però come road map noi partiremo con le prime applicazioni sul trasporto pubblico locale. Quindi, con gli impianti che verranno fatti con l’idrogeno nelle aree industriali andremo ad alimentare flotte di autobus. Ci sono già flotte di autobus. Dobbiamo alimentarle. Poi cercheremo di capire come, con le nuove normative, mettere l’idrogeno dentro la rete, veicolare un po’ di idrogeno dentro la rete del gas metano, utilizzandolo anche nei processi produttivi. Poi si passerà al trasporto pesante. Si dovrebbe andare verso una dimensione più alta di quella che è la percentuale di idrogeno dentro la rete del gas metano.

    Io mi fermo qui per quanto riguarda la parte idrogeno.

    Devo parlare di altro? Ho finito il tempo? Sono nei tempi. Quindi, posso chiudere? Ci sarebbe altro, però di alleanze ho già parlato. Ripeto, lo dico al nostro Commissario: noi vorremmo proprio partire con il piede giusto. Il problema è che, se noi andiamo a fare un errore in questo momento, questo errore pregiudicherà lo sviluppo della tecnologia. Per quello ho detto che è importante il sistema delle regole, il sistema delle norme. Dobbiamo, da una parte, aiutare i nostri amici, i famosi burocrati, che dovranno autorizzare gli impianti, ad autorizzarli in tranquillità e con tempi celeri. Dobbiamo dare modo alle imprese di accedere a un sistema trasparente di informazioni e di norme che consenta loro di sviluppare questi impianti. Dall’altra, continuare ad appoggiarli, perché hanno bisogno di risorse. Quando una tecnologia è in partenza non ci dobbiamo sorprendere se chiede risorse. Ricordo quando, nel 2001, siamo partiti con il fotovoltaico. Prendevano l’80 per cento questi impianti per poter essere realizzati. Era questo che prevedeva il Ministero, che aveva avviato l’iniziativa. Oggi il fotovoltaico sta in piedi da solo.

    L’altro tema è questo. Se io devo fare dell’idrogeno con le fonti rinnovabili dovrò chiedermi: ma queste fonti rinnovabili dove le vado a fare? Mi devo cominciare a porre il tema. Dovrò mettermi con la testa ad affrontare il tema: dove vado a fare questi impianti a fonti rinnovabili? Solo fotovoltaico? Parlava, il Commissario, di eolico. Noi abbiamo anche la blue economy come tema nel nostro DNA. Noi facciamo parte del coordinamento dentro al cluster tecnologico nazionale sulla crescita blu e ci stiamo ponendo il tema di come sviluppare impianti, anche offshore. Eravamo qualche giorno fa a Rimini proprio a parlare degli impianti offshore, per riuscire a utilizzare queste risorse. Abbiamo un gigawatt di potenza che potrebbe essere realizzato nei prossimi anni. Questa potrebbe essere una soluzione, ma non è l’unica. Ce ne sono altre. Ci sono le biomasse. Mi dicono: io l’idrogeno lo posso fare anche con la gassificazione delle biomasse. Ma dobbiamo fare in modo che questi impianti siano sostenibili sul territorio e che non vadano a compromettere le colture [...] che sono in atto nel nostro territorio. Ricordiamoci: dobbiamo tutelare le coltivazioni protette, le denominazioni di origine controllata, eccetera.

    Sono temi importanti che dobbiamo porre all’ordine del giorno. Dobbiamo metterci in testa che le fonti rinnovabili dobbiamo farle. Siamo indietro. Noi oggi siamo al 14 per cento di copertura del fabbisogno energetico regionale con le fonti rinnovabili. Nel piano al 2024 abbiamo messo il 22 per cento, che è un numero piccolo rispetto all’obiettivo che abbiamo al 2035, che ci ha dato la Giunta, cioè di fare il 100 per cento con le fonti rinnovabili rispetto al consumo energetico totale della Regione. Il 100 per cento vuol dire che non esistono più combustibili fossili in Emilia-Romagna.

    Abbiamo detto che non riusciremo a fare moltissimo, ma dal 14 al 22 nel 2024 ce la dovremmo fare, anche perché abbiamo una quantità di risorse insperate. Lo diceva prima anche Maurizio. Sul POR-FESR abbiamo un miliardo; sul FSE per fare la formazione, quindi per avere tecnici che quando dici loro “idrogeno” non si mettono le mani nei capelli, e sanno cosa vuol dire, sanno come affrontare un progetto. Il problema è anche quello. I progetti che ci sono arrivati non sono dei progetti straordinari. Sono dei progetti carini, ammissibili, magari, però non proprio straordinariamente eccellenti dal punto di vista della performance.

    In più, abbiamo il PNRR. Quindi, complessivamente, sul piano energetico abbiamo 4,5 miliardi di risorse pubbliche. Mai avuto una risorsa del genere. Mai. Se è vero che queste risorse mobilitano altrettanta risorsa privata, abbiamo 8-9 miliardi di euro. È un’occasione che possiamo perdere? Io dico di no. E la finisco lì.

     

    Presidente DELMONTE. Grazie mille, dottor Raimondi. Sempre puntuale e appassionato.

    Direi di passare, adesso, al tema dell’economia sociale, dove prevederei come primo intervento, in ordine, quello della dottoressa Papadia Agnese, che si occupa di Social Affairs & Inclusion all’interno della Commissione europea, che dovrebbe essere collegata.

    Funziona? Mi sento tipo Mentana quando non vanno i collegamenti.

    Non funziona.

    Forse adesso la vedo. No.

    Chiedo ai tecnici se riescono a ripristinarlo.

    Nel frattempo, direi di passare all’intervento successivo, di Daniela Freddi, che è qui in aula, quindi problemi di collegamento sicuramente non ne abbiamo.

    Prego, dottoressa.

     

    FREDDI, Responsabile Piano per l’Economia Sociale, Città metropolitana di Bologna. Buongiorno a tutte e tutti. Grazie dell’invito. Io sono Daniela Freddi, delegata del sindaco metropolitano di Bologna al Piano per l’economia sociale.

    Come, a questo punto, gli interventi che seguiranno e come è stato in parte anticipato dalla relatrice, l’economia sociale sta crescendo moltissimo come riconoscimento del suo ruolo a livello internazionale. Ancora troppo poco, a mio avviso, se ne sta discutendo a livello nazionale, fatte salve alcune eccezioni.

    I documenti internazionali che hanno riconosciuto il ruolo dell’economia sociale sono, da una parte, orientamenti di policy, e qui faccio riferimento alla raccomandazione dell’OCSE, dell’ILO, ma anche ad azioni specifiche, già in campo, come ad esempio il Piano d’azione europeo per l’economia sociale, di cui sicuramente ci parleranno gli interventi che seguiranno, che è stato varato alla fine del 2021 e avrà un’estensione fino al 2030.

    Perché quest’attenzione? Perché, di fatto, si riconosce all’economia sociale la capacità di farci attraversare le grandi transizioni, le grandi crisi che stiamo vivendo e che sono in gran parte causate dal modello economico prevalente. In questo caso faccio riferimento all’emergenza climatica, alle disuguaglianze crescenti e alle fragilità dei sistemi democratici. A questo si aggiungono altre grandi transizioni, come sappiamo, come quella digitale e quella demografica, che pongono ulteriori sfide ai nostri sistemi economici e sociali.

    L’economia sociale, quindi, secondo questi contributi, avrebbe la capacità di condurci fuori da queste crisi, da queste transizioni, soprattutto perché ha degli elementi di peculiarità che la distinguono dal modello economico prevalente. Quali sono questi elementi di peculiarità? Sostanzialmente, il motore dell’attività d’impresa, o dell’associazione non è il profitto, ma è la risposta a bisogni ed aspirazioni sociali: la cura delle persone, delle comunità e dell’ambiente.

    Inoltre, un altro aspetto molto importante è che l’economia sociale ha un forte radicamento territoriale, perché nasce nel seno di una comunità, nasce proprio per dare risposta a dei bisogni, ad aspirazioni di una comunità, quindi di fatto non è soggetta a processi di delocalizzazione, quindi può aumentare la resilienza dei nostri sistemi economici.

    Inoltre, favorisce la partecipazione delle lavoratrici, dei lavoratori, dei cittadini e alimenti i processi democratici. È molto importante cogliere questo elemento, ovvero, che l’economia sociale non è solo welfare. Questo è un aspetto davvero molto importante, ma di fatto l’economia sociale nell’accezione europea di queste indicazioni di policy di fatto è politica industriale. Tant’è che è entrata tra i 14 ecosistemi per la rinascita industriale europea, proprio come cluster di economia sociale e di prossimità.

    Alcuni Paesi ed alcune città europee sono già saltate su questo che è un vero e proprio treno in corsa. La Spagna ha da poco varato un piano 2022-2027 da 800 milioni di euro a sostegno dell’economia sociale. La Francia è già da tempo su questo, con un ministero dedicato, il ministero dell’economia sociale. Poi ci sono delle città: città come Barcellona, Bordeaux, Amsterdam, che hanno sviluppato piani locali strutturati.

    Quali sono le declinazioni che l’elaborazione delle policy sta assumendo? Proprio la settimana scorsa, lunedì e martedì a Parigi c’è stata la Conferenza globale sull’economia sociale e solidale all’OCSE, che ha portato circa 100 tra policy maker, esperti e attori dell’economia sociale a confrontarsi in una logica, proprio in un panorama globale: tra persone in presenza e collegate, c’erano oltre 800 persone che hanno seguito.

    Anche Bologna è stata invitata proprio a raccontare il percorso che sta mettendo in campo. Tematiche maggiormente attenzionate – naturalmente, per ragioni di tempo non mi soffermo su tutte –, prima di tutto, parto da un tema che è stato anche accennato in questa sede in apertura, public private procurement, cioè, acquisti pubblici e privati. Gli acquisti pubblici muovono un volume, è stato ricordato prima, molto rilevante del PIL, rappresentano tra l’altro, un canale diretto per la pubblica amministrazione per poter intervenire a sostegno di un sistema economico inclusivo e sostenibile. Raggiungere obiettivi sociali di natura diversa e sostenere l’economia sociale che ha, come sappiamo, una parte rilevante di rilievo nei servizi di welfare.

    Poi c’è anche il private procurement, cioè, sostanzialmente gli acquisti privati all’interno delle catene di fornitura (cosiddette supply chain) che possono anch’esse esercitare un ruolo importante. Naturalmente, necessitano di iniziative diverse, che vadano a lavorare sull’interazione tra l’economia sociale e modelli di business tradizionali, ovvero di profit, e su questo dirò qualcosa dopo, richiamando il lavoro che stiamo facendo a Bologna.

    Secondo grande tema è la transizione digitale, e qui ci sono due approcci interessanti che stanno prendendo piede: il primo è che cosa può fare la digitalizzazione per l’economia sociale, che naturalmente può fare moltissimo, così come sta facendo moltissimo anche per l’economia tradizionale per il profit. Però pensiamo ad esempio alle cooperative di piattaforma, che cercano di opporsi a modelli di piattaforma dominanti, ma di natura estrattiva; dall’altra parte, l’altro grande tema che viene portato avanti è che cosa può fare invece l’economia sociale per mitigare gli effetti negativi della digitalizzazione, ad esempio rispetto ai soggetti che ne rimangono esclusi: questo è il grande tema, ad esempio, del digital divide.

    Vado solo per punti sulle altre per ragioni di tempo: transizione ecologica, il tema naturalmente della finanza, in particolare della finanza a impatto, cioè come andare a modificare il funzionamento della finanza per portarla verso il raggiungimento di un impatto sociale, la qualità del lavoro sociale, con particolare attenzione al tema del genere. Questo è un classico ambito dell’economia sociale, e dei cosiddetti pink-collars, cioè dei colletti rosa, perché sono ambiti occupazionali con una fortissima presenza di occupazione femminile, quindi con le sue fragilità, le sue caratteristiche, ma anche ad alto potenziale espansivo.

    C’è poi il ruolo delle città. Come dicevo prima, è importante la dimensione locale perché è forte il radicamento territoriale dell’economia sociale. I piani locali, quindi, semmai non da soli, come è un po’ il nostro caso di Bologna, ma possibilmente dentro un quadro di policy più ampio, di scala regionale e nazionale sono di fatto molto importanti perché calano i princìpi, le infrastrutture, gli investimenti di ordine più generale dentro a un contesto specifico.

    Faccio un passaggio rapido su cosa stiamo facendo a Bologna, auspicando che possa essere utile per un lavoro su scala regionale, perché non esistono al momento in Italia piani locali per l’economia sociale, non esistono, a dire il vero, neanche né regionali, né nazionali, quindi è veramente un lavoro esplorativo e anche innovativo che stiamo portando avanti. Spero quindi che possa essere utile anche in vista di un lavoro su scala regionale.

    Sta partendo ora un percorso di elaborazione in collaborazione con AICCON (tra l’altro, il professor Venturi è presidente di questa struttura dell’Università di Bologna, interverrà più tardi), che vede una componente di coinvolgimento dal basso degli attori dell’economia sociale e della pubblica amministrazione, quindi un lavoro cosiddetto bottom-up, e un lavoro più verticale, top- down, di audizione, invece, dei soggetti della rappresentanza dell’economia sociale, ma anche del mondo del lavoro e del profit.

    L’obiettivo che ci siamo posti è quello dello sviluppo di una policy che sia il più possibile condivisa, e di natura sistemica, mantenendo un impianto definitorio chiaro sul fronte dell’economia sociale, per poter poi interagire con tutte quelle misure che ci aspettiamo vengano messe in campo dal piano europeo, ma allo stesso tempo che sia in grado di interagire con tutto quello che ci sta intorno, quindi con il sistema economico più generale.

    Perché abbiamo scelto un percorso così? Potevamo fare una scelta diversa, ma abbiamo fatto questa scelta. Si tratta di fatto di un percorso di coprogettazione della politica, pur nell’autonomia, naturalmente, dei diversi soggetti, e mettendo in conto anche aspetti di natura conflittuale. Abbiamo fatto questa scelta un po’ perché è nello stile bolognese, ma vorrei dire emiliano-romagnolo, in linea ad esempio con il Patto metropolitano per il lavoro e lo sviluppo sostenibile, ma anche perché tutte le policy che ambiscono a sostenere l’innovazione sociale non possono essere calate dall’alto, ma devono avere un pieno coinvolgimento degli attori che poi saranno coinvolti.

    Tra le varie aree tematiche e i percorsi del piano che stiamo portando avanti, credo possa essere di interesse fare un brevissimo affondo su due aspetti, prima di concludere, che si richiamano ad alcuni elementi, temi che citavo in precedenza.

    Prima di tutto il rapporto tra pubblica amministrazione ed economia sociale; in seconda battuta, il rapporto tra economia sociale, economia di prossimità e profit. Sul primo punto siamo già ad uno stadio più avanzato dei lavori, mentre sul secondo vado a condividere una visione che vorremmo provare a portare avanti.

    Sul primo punto, da un lato abbiamo l’amministrazione condivisa. Il Comune di Bologna ha una lunga tradizione di collaborazione e partecipazione su questo, che però ha visto di recente un nuovo passaggio con il patto tra il Comune e gli enti di terzo settore per l’amministrazione condivisa in un nuovo regolamento. Come noto, è una strada ispirata ai princìpi di sussidiarietà, da cui sia la pubblica amministrazione che gli enti del terzo settore possono trarre giovamento. Per la pubblica amministrazione l’obiettivo è quello di aumentare l’integrazione tra i servizi, evitarne la duplicazione, mobilitare risorse aggiuntive, massimizzare le sinergie tra i diversi attori, e anche favorire un coinvolgimento, un engagement di altri soggetti per veicolare nuove risorse verso obiettivi comuni.

    Anche almeno una parte del terzo settore pone grandi speranze sull’amministrazione condivisa, al fine di percorrere strade diverse da quelle più tradizionali, che sono quelle degli appalti, che spesso hanno limitato l’espansione organizzativa, ma anche la capacità degli enti di terzo settore di fornire risposte ai bisogni sociali.

    Se in linea teorica il quadro è questo, abbastanza chiaro, in realtà, sul fronte dell’applicazione operativa c’è ancora molto da fare, molto da valutare. In particolare, soggetti potenzialmente coinvolti, o coinvolgibili, quindi sia pubblica amministrazione che enti del terzo settore non sono del tutto pronti, quindi c’è indubbiamente la necessità di un importante lavoro sul lato della formazione, che tra l’altro a Bologna partirà proprio nel mese di maggio e proseguirà per tutto l’anno in corso.

    Bisogna anche forse riconoscere che la collaborazione non è forse adatta in tutti i casi, perché è onerosa, occorre un processo di incontro, di fiducia reciproca, anche la capacità di gestire aspetti conflittuali. Non a caso non sono pochi attori sia della pubblica amministrazione che degli enti di terzo settore, che tutto sommato preferiscono percorrere le strade più note, che sono quelle degli appalti.

    Noi quindi abbiamo comunque assunto la consapevolezza che per questa ragione, ma non solo per questa ragione, con gli appalti ci avremmo avuto a che fare ancora per un bel po’ o meglio, detta meglio, di fianco a pratiche innovative, riteniamo che comunque per un po’ si conserveranno anche delle pratiche delle strade più tradizionali. Quindi, l’altra pista di lavoro è quella di come possiamo migliorare il sistema degli appalti o, meglio, come possiamo utilizzare strategicamente gli appalti per finalità sociali. Le finalità sociali alle quali si può pensare sono naturalmente diverse. Possono fare riferimento a princìpi generali oppure essere individuate sulla base di un servizio in particolare. Tra le finalità sociali alle quali come Bologna attribuiamo grande importanza c’è quella di migliorare la qualità del lavoro sociale. L’economia sociale è fatta, come sappiamo, di organizzazione intensiva e manodopera labour intensive, quindi abbiamo da subito riconosciuto che non può esistere un’economia sociale forte se la qualità del lavoro sociale è bassa. E purtroppo, come sappiamo, da tanti punti di vista è così, dal punto di vista salariale, della salute e sicurezza, della salute mentale, degli orari e così via.

    Altra pista di lavoro – mi avvio alla conclusione –, che avvieremo a breve, incrocia, invece, il contesto territoriale metropolitano, che è un contesto fortemente disomogeneo al suo interno, con vere e proprie fratture territoriali, mi riferisco soprattutto alle periferie urbane e alle periferie rurali e all’economia di prossimità. L’economia di prossimità e l’economia sociale sono strade per provare a sanare queste fratture territoriali. Pensiamo a luoghi periferici, sia urbani che soprattutto rurali. In particolare, nel caso dell’Area metropolitana di Bologna abbiamo la zona appenninica che è contraddistinta da diverse fragilità, perché sono aree che nel tempo si sono svuotate, come sappiamo, di servizi, privati e pubblici, e di persone. Vivere e lavorare in queste zone è diventato sempre più difficile. Quindi, la sfida è quella di riattivare attività economiche di prossimità per consentire alle persone di poter vivere e lavorare in questi luoghi.

    L’approccio che in questo caso si vorrebbe ottenere è quello ibrido sia in termini di spazi che di servizi, che di attori coinvolti. Quindi, qui vengo a richiamare il ruolo del profit, che noi vogliamo tenere agganciato nel nostro Piano. Cioè, il Piano metropolitano per l’economia sociale ha l’economia sociale al centro, ma vuole interagire con il profit verso una convergenza, un obiettivo comune. Cioè, l’economia sociale non deve essere un’area di nicchia contraddistinta da elementi positivi, che però è isolata dal resto, ma deve contribuire a modificare tutto il sistema economico. Quindi, in questo caso la strada è quella di connettere, in una logica di filiera o in una logica di partnership progettuale, profit ed economia sociale. Questo andrebbe a beneficio contemporaneamente dell’economia sociale, ma di tutto il sistema economico e anche del territorio. Abbiamo esempi già interessanti sul nostro territorio, ad esempio, di cooperative sociali che sono entrate nelle filiere del profit, ad esempio abbiamo alcuni casi interessanti nella moda, che hanno portato in queste filiere un modo di fare impresa inclusivo e sostenibile, dentro un sistema che tende, invece, come sappiamo, in molti ambiti ad alimentare sfruttamento sia sul fronte del lavoro che sul fronte dell’ambiente.

    Concludo dicendo che da Bologna è un contributo che auspico sia utile anche per il lavoro regionale e nazionale. Ribadisco che occuparsi di economia sociale in questa fase significa occuparsi di politica industriale. Come sappiamo, la Regione Emilia-Romagna si è per anni occupata di politica industriale, e ne vediamo gli ottimi risultati, tra l’altro in assenza di una politica industriale nazionale, quindi io penso che per non perdere le opportunità che stanno arrivando sia necessario quanto prima – certamente questo è il nostro auspicio – inserire questa elaborazione sull’economia sociale all’interno del più ampio ecosistema dell’innovazione regionale, proprio per andare a potenziare l’economia sociale regionale, ma anche il sistema economico nel suo complesso, e favorire, al contempo, l’attraversamento di queste grandi transizioni e crisi che richiamavo in precedenza.

    Grazie.

     

    Presidente DELMONTE. Grazie a lei, dottoressa Freddi.

    Riproviamo con la dottoressa Papadia, con la quale ci siamo scritti e che vedo on-line.

     

    PAPADIA, European Commission, DG for Employment, Social Affairs & Inclusion. Mi sentite?

     

    Presidente DELMONTE. Sì, la vediamo e la sentiamo. Grazie, dottoressa, per la pazienza. Quindi, le lascio la parola. L’avevo già presentata prima. Prego.

     

    PAPADIA, European Commission, DG for Employment, Social Affairs & Inclusion. Grazie mille. Mi dispiace per prima, ma non so cosa sia successo, la connessione si è interrotta proprio in quel momento.

    Io sono Agnese Papadia, lavoro alla Commissione europea presso la Direzione generale per le politiche di impiego e dell’inclusione sociale. In particolare mi occupo di economia sociale e di finanziamento per l’economia sociale.

    Oggi vi volevo presentare il lavoro che stiamo facendo a livello europeo per aiutare l’economia sociale a svilupparsi ancora di più e in particolare mi focalizzerò sulla raccomandazione del Consiglio, sullo sviluppo delle condizioni quadro dell’economia sociale, che abbiamo intenzione di presentare a giugno come parte di un pacchetto sull’economia sociale, che comprende anche un’altra iniziativa che, invece, si occupa di favorire le attività transfrontaliere delle associazioni e, quindi, di favorire la mobilità delle associazioni a livello europeo, in modo che le associazioni possano beneficiare del mercato unico. Ma mi focalizzerò meno su questo e più sulla raccomandazione sull’economia sociale.

    Prima di entrare nei dettagli del lavoro che facciamo a livello europeo, vorrei spendere soltanto un minuto per chiarire cosa intendiamo per “economia sociale”, perché so che ci sono diverse definizioni anche a seconda dei Paesi, perché in Italia si usa di più il concetto di terzo settore, che però condivide con come noi intendiamo l’economia sociale moltissime caratteristiche. Quindi, lo faccio giusto per darvi un’idea di cos’è l’economia sociale o di come intendiamo l’economia sociale a livello europeo. Ebbene, la intendiamo come un insieme di organizzazioni che condividono dei princìpi comuni, come ad esempio il primato delle persone o del fine sociale o ambientale rispetto al profitto, il reinvestire la maggior parte degli utili per svolgere attività nell’interesse o dei membri o della società in generale, e anche una governance democratica. Di solito, il termine “economia sociale” si riferisce a quattro tipi principali di soggetti: le cooperative, le società di mutuo soccorso, le associazioni e le fondazioni. Comunque, ultimamente anche le imprese sociali sono considerate generalmente come parte dell’economia sociale. Quindi, questo è il concetto di economia sociale con cui lavoriamo a livello europeo.

    Per tornare adesso, invece, alla raccomandazione del Consiglio su cui stiamo lavorando, questa era stata annunciata nel Piano d’azione per l’economia sociale che la Commissione ha presentato a dicembre 2021. È stata la prima volta che la Commissione ha presentato un piano così ambizioso per supportare l’economia sociale. C’erano state altre iniziative in passato, ma questo piano è incomparabilmente il più ambizioso di sempre su questo argomento. L’obiettivo del Piano d’azione è di promuovere lo sviluppo dell’economia sociale in tutti i Paesi europei. Ci sono Paesi, come l’Italia, in cui questo settore è molto sviluppato, altri Paesi in cui, invece, è ancora all’inizio, però vogliamo aiutare entrambe queste situazioni, sia i Paesi in cui l’economia sociale è molto sviluppata, sia i Paesi in cui sta appena cominciando, a raggiungere il massimo potenziale.

    Concretamente questo Piano d’azione comprende sessanta misure concrete da attuare a livello europeo, che possono essere per favorire lo sviluppo di quadri giuridici e politici a favore dell’economia sociale, favorire l’accesso ai finanziamenti e anche rafforzare le capacità di tutte le organizzazioni legate all’economia sociale e anche delle autorità pubbliche, mobilitare tutti gli attori a livello sia regionale, che nazionale, che europeo.

    La raccomandazione del Consiglio è certamente una delle azioni più importanti che abbiamo annunciato in questo Piano, perché è uno strumento che abbiamo visto già in altre occasioni essere molto utile per gli Stati membri per migliorare le politiche in un determinato settore. La raccomandazione del Consiglio è uno strumento molto flessibile, perché da una parte fornisce orientamento ai vari Paesi su come adattare e migliorare le proprie politiche e i quadri giuridici per rispondere alle esigenze dell’economia sociale, ma allo stesso tempo lascia flessibilità su come farlo, anche a seconda delle varie realtà nazionali, che, come ho detto, sono molto diverse tra i vari Paesi. La raccomandazione tratterà vari temi, tutti molto importanti per lo sviluppo dell’economia sociale, come quello degli aiuti di Stato, gli appalti pubblici, la fiscalità, ma anche l’accesso ai finanziamenti e anche come gli Stati membri possono adattare l’aspetto amministrativo e istituzionale per sostenere meglio l’economia sociale.

    Ci saranno, poi, alcune raccomandazioni su come migliorare la cooperazione, sia tra le varie autorità pubbliche che hanno una responsabilità per l’economia sociale, ma anche tra i vari stakeholder dell’economia sociale. Questo a vari livelli, quindi a livello nazionale, innanzitutto, ma non solo, anche regionale, per esempio.

    Come stiamo lavorando? Il punto di partenza è stato fare più consultazioni possibili, perché con questa raccomandazione volevamo veramente rispondere a dei problemi che esistono sul terreno e volevamo che fosse un valore aggiunto per tutti quelli che lavorano sull’economia sociale. Quindi, già da vari mesi abbiamo cominciato diversi tipi di consultazione. Per prima cosa abbiamo fatto una consultazione online in cui abbiamo ricevuto risposte da sedici Paesi, soprattutto da organizzazioni non governative, ma non solo. Poi, abbiamo fatto incontri specifici con la società civile, con le parti sociali, con vari comitati degli Stati membri. Il Comitato europeo delle Regioni ‒ questo può essere interessante per voi – ha anche adottato recentemente un parere, quindi con delle raccomandazioni per la Commissione sugli elementi più importanti da tenere in considerazione nella raccomandazione che stiamo preparando per tenere in considerazione anche il livello locale e regionale.

    Anche il Comitato economico e sociale europeo ha adottato un parere nel maggio 2022, anche con alcuni punti importanti per la raccomandazione. Poi, abbiamo anche un gruppo di esperti proprio della Commissione, che segue tutto il nostro lavoro, che è composto sia da attori dell’economia sociale, da Stati membri, quindi da autorità nazionali, ma non solo, che è stato consultato varie volte e che ha fatto anche un’opinione che ci ha molto aiutato nel definire le priorità per la raccomandazione.

    Tutto questo è la base su cui stiamo lavorando. L’adozione è prevista per giugno, quindi ancora non posso entrare nei dettagli di quello che conterrà, perché ancora siamo nel processo di elaborazione. Vi ho nominato un po’ quali sono tutti i settori che vogliamo toccare. Visto il carattere anche orizzontale dell’economia sociale, che lavora in tantissimi settori, c’è la necessità anche di guardare a tanti elementi diversi. Sicuramente tratterà tutti questi settori orizzontali, tratterà l’assetto amministrativo nei vari Paesi, però, appunto, siamo ancora nella fase di elaborazione e quindi bisognerà aspettare ancora qualche mese per vedere esattamente quali saranno le raccomandazioni specifiche. Questa sarà la proposta della Commissione. Dopo la proposta sarà discussa dai vari Paesi nel Consiglio e, alla fine, verrà adottata la versione finale della raccomandazione, che sarà quella che poi i vari Paesi seguiranno, su cui sarà fatta anche un’operazione di monitorare come le varie raccomandazioni vengono messe in atto, eccetera.

    Verso la fine dell’anno, forse, avremo la raccomandazione finale, però la proposta della Commissione già dovrebbe arrivare a giugno.

    Volevo cogliere l’occasione per dire anche qualche parola su tutto il resto del lavoro che stiamo facendo, per mettere in atto il Piano d’azione e tutte le azioni che erano state annunciate nel Piano d’azione. Ne nominerò giusto alcune, quelle che abbiamo appena lanciato o che lanceremo quest’anno, perché possono essere interessanti.

    Il 9 marzo, quindi proprio pochi giorni fa, abbiamo lanciato una nuova accademia per l’imprenditorialità giovanile. È un progetto triennale che portiamo avanti insieme all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. L’obiettivo è quello di aiutare i funzionari pubblici a elaborare politiche più efficaci per promuovere l’imprenditorialità giovanile e anche aumentare l’attrattiva dell’imprenditorialità tra i giovani. Un focus sarà anche sulla imprenditorialità sociale e cooperativa, anche con una rilevanza per l’economia sociale. A maggio, invece, lanceremo una serie di seminari per aiutare i funzionari pubblici a migliorare le politiche in alcuni settori specifici, per renderle più adatte a promuovere l’economia sociale.

    La prima serie di seminari sarà, per esempio, su come aiutare gli aiuti di Stato per favorire l’economia sociale. Verranno lanciati per l’appunto a maggio. Ci saranno rappresentanti di tutti i Paesi europei. Sono le autorità nazionali a decidere chi parteciperà. Noi mandiamo soltanto l’invito ai vari Paesi. Però, se non sbaglio, c’è la possibilità di partecipare non solo per le autorità nazionali, ma anche a livello regionale.

    Sempre a giugno lanceremo una nuova piattaforma on line per l’economia sociale, che vogliamo sia un po’ un punto di riferimento per tutti gli operatori dell’economia sociale per trovare informazioni sui finanziamenti, sulle politiche a livello europeo, su tutte le iniziative europee. Quindi, questo veramente dovrebbe fornire un punto di riferimento, come accedere ai fondi quando ci sono delle call for proposal, scusate, non mi viene la parola in italiano, ma quando ci sono dei progetti, possiamo finanziare dei progetti. Dovremmo mettere tutte le informazioni in un unico punto facilmente accessibile. Anche questo dovrebbe essere lanciato quando lanceremo la raccomandazione del Consiglio, quindi probabilmente a giugno.

    Un’ultima parola sull’accesso ai finanziamenti, perché questo chiaramente è un tema molto importante, su cui, a livello europeo, possiamo fare molto. In particolare, ovviamente, il Fondo sociale europeo già nel periodo di programmazione 2014-2020, ma ancora di più in questo nuovo periodo di programmazione, fornisce fondi per supportare, per promuovere l’economia sociale. C’è un altro programma, che forse è un po’ meno conosciuto, che è il programma InvestEU che mira a migliorare l’accesso alla microfinanza e al finanziamento delle imprese sociali come due delle priorità. Queste non sono sovvenzioni, ma sono strumenti finanziari, quindi sono prestiti, garanzie, capitale azionario. Questo racchiude del nuovo periodo di programmazione 2021-2027 tutti gli strumenti finanziari che esistevano a livello europeo precedentemente. Sotto questo programma, 2,8 miliardi di euro saranno destinati agli investimenti sociali. Questi sono investimenti che hanno lo scopo poi di stimolare investimenti privati. Questo è l’investimento che verrà messo a livello europeo, ma poi l’idea è che questi investimenti stimolino addizionali e investimenti privati e quindi si parla di un capitale molto più importante.

    Uno dei partner con cui lavoriamo è il Fondo di investimenti europeo, che ha continuamente delle call aperte per progetti di vario genere. Lavorano soprattutto con intermediari finanziari, però, appunto, uno degli obiettivi è proprio quello di migliorare i finanziamenti per le imprese sociali. Vediamo che c’è anche molta richiesta e che i prodotti che abbiamo sotto questo programma stanno andando molto bene. Quindi, è sicuramente una prospettiva interessante.

    Questa è un po’ una panoramica di quello che stiamo facendo, di quello che lanceremo quest’anno, che abbiamo appena lanciato. Se vi interessa, dopo che la raccomandazione è stata adottata, saremmo anche felici di presentarla o darvi più informazioni, perché lì, ovviamente, potremmo parlare anche di più delle raccomandazioni specifiche che sono state proposte.

    Grazie mille per l’attenzione.

     

    Presidente DELMONTE. Grazie, dottoressa Papadia. Abbiamo avuto un po’ di rallentamento, nel senso che vedevamo lei che aveva finito di parlare da qualche secondo e invece continuava l’audio. Per questo ci ha visto un po’ fermi.

    La ringraziamo molto per il suo collegamento, per il suo contributo.

    Ora passerei all’ultimo contributo, ovviamente non per importanza, del dottor Paolo Venturi, direttore di AICCON, Centro studi sull’economia sociale. Dovrebbe essere collegato.

    Ecco il dottor Venturi. Grazie per la pazienza. La vediamo e la sentiamo.

     

    VENTURI, Direttore di AICCON, Centro Studi sull’Economia Sociale. Grazie a voi. Grazie, presidente. Grazie a tutti per l’invito.

    Il mio compito a questo punto è relativamente facile, perché è già stato detto molto, quindi proverò a spingere alcuni temi dandogli una sorta di peso più politico, perché la cosa rilevante sul tema dell’economia sociale è proprio questa.

    Come avete sentito, di economia sociale in Italia si parla da tanti anni, l’economia sociale è un tema profondamente italiano, è un tema declinato prima in ambito, se volete, più sociale, oppure in ambito legato all’ambito accademico, in ambito anche in termini di paradigmi (pensate che il tema dell’economia sociale è stato spesso associato al tema dell’economia sociale di mercato, quindi una certa visione dello sviluppo).

    Oggi, grazie all’Europa, c’è la necessità che tutte queste raccomandazioni e pareri diventino politica. L’urgenza è tradurre questo aspetto, questa azione promozionale di riconoscimento in vere e proprie politiche, cioè ambiti dove di fatto si prendono decisioni e si iniziano ad allocare anche le risorse economiche dello sviluppo secondo logiche nuove, secondo logiche che tendono a premiare e a valorizzare quei soggetti che a vario titolo e in modo diverso contribuiscono allo sviluppo secondo logiche diverse. Tra l’altro, queste logiche sono quelle che hanno reso la nostra regione così competitiva, la competitività della nostra regione affonda le radici dentro la biodiversità dell’economia sociale.

    Ora, però, è arrivato il momento da un lato di riconoscere questa cosa, dall’altro di proteggerla, perché è un’economia generativa, ma per certi versi più fragile dell’economia che conosciamo, dall’altro lato di declinare questa economia in settori nuovi, dove l’apporto dell’economia sociale può generare non solo un elemento di un fattore di resilienza. ma anche di vera e propria innovazione.

    Qui c’è, a mio avviso, l’elemento più interessante e, se volete, anche contro intuitivo quando si parla di economia sociale, perché si pensa ad un’economia che ripara i danni dell’economia mainstream, mentre bisogna in qualche modo provare a uscire da questa logica ed entrare nella logica secondo cui l’economia sociale è la punta più avanzata di un’economia che si preoccupa non solo di generare valore, ma anche di ridistribuirlo secondo logiche più eque.

    Questo non è un discorso, è la realtà, ed è una realtà che viene portata avanti da organizzazioni che hanno un quadro giuridico. Prima la dottoressa Papadia ci diceva che in Europa c’è molta confusione, in Italia la confusione non c’è, il framework legale sull’economia sociale è chiarissimo, l’ambito su cui in Europa si discute è il tema dell’impresa sociale, l’impresa sociale in Italia è una qualifica giuridica regolamentata dalla riforma del terzo settore, per cui noi sappiamo benissimo qual è il framework legale e quindi il perimetro di queste organizzazioni,

    Primo elemento fondamentale, i dati. Serve una lettura dei dati, perché noi conosciamo il terzo settore, l’Istat ci sta in qualche modo dando una mano, però l’economia sociale sostanzialmente integra due ambiti, quello che va dall’associazionismo al mondo della cooperazione sociale e aggiunge tutto il mondo del mutualismo e anche il mondo dell’impresa sociale di nuova generazione, quindi S.r.l., Social tech, eccetera.

    Primo elemento: per far politica servono dati, e i dati che ci sono non sono aggiornati, quindi viene da dire subito alla Regione Emilia-Romagna di rendere questo elemento un elemento basico, perché per prendere decisioni politiche servono dati aggiornati, in questa fase ci sono, ma sono ancora troppo frammentati e occorre agire su questo.

    La seconda cosa è che, come è stato detto molto bene da Daniela Freddi, l’economia sociale, oltre a definire uno spettro molto grande, perché rispetto all’Italia sono 390.000 organizzazioni che cubano circa mi 1.600.000 addetti e quasi 6 milioni di volontari, ha la piccola particolarità, che non è una distorsione, che l’economia sociale è un’economia che promuove valore aggiunto e PIL, ma tiene dentro anche molta reciprocità, è un’economia che promuove il dono, tant’è che è l’economia generata dal mondo dell’associazionismo, che è circa il 75 per cento di tutta l’economia sociale italiana.

    Anche questo è un tema complesso, ma molto interessante per l’economia. La nostra Regione cuba l’8 per cento di tutte le istituzioni nazionali dell’economia sociale, il 5,6 per cento del valore aggiunto, e il 15 per cento di tutti gli addetti dell’economia sociale viene dall’Emilia-Romagna, l’8 per cento dei volontari, e, sempre nella nostra Regione, se prendiamo alcune filiere come quella dell’assistenza o quella della cultura, l’economia sociale copre il 15 e il 19 per cento del valore aggiunto, quindi stiamo parlando di pezzi molto rilevanti dell’economia.

    Questa economia quindi non vuole e non deve essere culturalmente un’economia di nicchia, bisogna che usciamo da questa logica dell’economia della nicchia e cominciamo a vederla come una grande opportunità, come ha detto Daniela prima, per affrontare le grandi sfide, le grandi challenge che siamo chiamati a vivere in questa fase, sapendo che il valore dell’economia sociale è straordinario perché non è un elemento riparatorio, ma di fatto agisce sullo sviluppo in maniera cosiddetta predistributiva, cioè genera equità e socializza nel momento in cui genera valore, un dato che sta nel mutualismo, ma che sta anche nelle nuove forme di economia che stanno venendo fuori.

    Ultimi due elementi che mi preme accennare e provare a spingere all’interno dell’azione della Regione Emilia-Romagna. Questa è un’economia che non ha bisogno solo di promozione, ma necessita di intersezione (non è un gioco di parole), cioè va in qualche modo incrociata con le filiere dello sviluppo della nostra Regione, i famosi cluster.

     È già stato fatto parzialmente sul tema urbano e social proximity, credo che necessiti di una maggiore integrazione. Penso al tema educazione, penso al tema salute, penso al tema della rigenerazione, al tema del digitale, al tema della nuova occupazione, al tema giovanile, al tema della cultura, ambiti in cui l’impresa e l’economia sociale svolgono un ruolo centrale, quindi c’è la necessità non soltanto di promuoverla, riconoscerla, crearle un ambiente finanziario e fiscale “agevolato”, ma anche di incrociarla dentro queste filiere, perché la vera innovazione di un territorio sta nell’incrociare l’economia sociale nelle filiere tradizionali.

    Termino su questa cosa, facendo alcuni espliciti riferimenti ad alcune cose che si possono attivare anche a breve, usando le risorse che arrivano dall’Europa. È stato già detto sul tema dei dati, che sembra una cosa banale, ma è indispensabile. La prima cosa è il tema sulle competenze, nel senso che l’economia sociale incorpora competenze molto rilevanti e decisive per la tenuta di una società. Parlo della dimensione sociale, educativa, del lavoro, dell’istruzione. Queste sono competenze che vanno aggiornate, che vanno protette, che vanno valorizzate, ma troppe volte, come è stato detto anche prima, il lavoro di questo tipo di persone viene valorizzato e valutato anche attraverso gli appalti pubblici in una logica non adeguata. Non si tratta di merci, ma si tratta di educazione e di cura, beni sempre più scarsi fra l’altro, perché, come sapete, sono competenze che ormai non si trovano più.

    L’altro ambito secondo me rilevante è il tema del social procurement, nel senso che la spesa pubblica deve provare ad orientarsi, premiare, individuare nei soggetti dell’economia sociale un attore su cui fare leva, perché ‒ ripeto ‒ il rischio è un grosso crowding out, spiazzamento, rispetto a quelli che sono gli altri ambiti.

    L’ultima cosa è che dentro l’economia sociale ci sono alcune perle che vanno protette (cooperative di comunità, comunità energetiche, worker buyout, welfare di comunità, luoghi prossimità possono sembrare micro economie, ma di fatto sono vere e proprie innovazioni sociali, che vanno da un lato protette e dall’altro incentivate, perché possano crescere e quindi anche svilupparsi. Grazie.

     

    Presidente DELMONTE. Grazie a lei, dottor Venturi.

    Sul punto gli interventi sono conclusi. Ovviamente resta a disposizione la possibilità di intervento per i consiglieri, che però avranno una discussione più approfondita nella prossima seduta di Commissione II, in cui approfondiremo il tema e voteremo poi la relazione. Se però ci sono degli interventi puntuali o domande specifiche, ovviamente c’è la libertà di poterli fare.

    Consigliere Amico, prego.

     

    AMICO. Grazie, presidente.

    Molto brevemente, perché i temi (mi riferisco soprattutto alla seconda parte) che abbiamo trattato oggi in Commissione sono stati di due tenori e di due ambiti differenti, pur all’interno della medesima Commissione.

    Mi riferisco all’ultima parte che abbiamo trattato alla fine, credo che dovremmo trovare modo, e chiedo quindi ai relatori della risoluzione che dovrà scaturire, almeno per la parte referente la Commissione II, di tenere attenzionato tutto il tema che la dottoressa Papadia ha illustrato circa la raccomandazione che dovrebbe arrivare a giugno, anche il momento di ascolto della Regione Emilia-Romagna, quindi anche stare nella fase ascendente della sessione europea, non solamente in questa fase, ma anche in quella successiva.

    Mi fa piacere ricordare, anche perché è qui presente il dottor Ricciardelli, ma prima c’era anche il dottor Minardi, come una nostra risoluzione sia stata assunta dal CINSEDO e quindi abbia contribuito alla costruzione della posizione italiana in merito alla violenza di genere. Magari riusciamo nello stesso intento per quanto riguarda il tema dell’economia sociale, sarebbe una cosa interessante. Mi sembra che gli strumenti e le competenze all’interno della Regione non solo come Ente, ma anche per quello che è stato rappresentato prima dal dottor Venturi e dalla dottoressa Freddi ci siano per tagliare una posizione specifica e accompagnare un processo che mi sembra, a partire dal Piano d’azione, piuttosto interessante, rilevante e che sappia intersecare una serie di questioni.

    Prima, fuori microfono, con la collega Costi vedevamo come alcuni elementi non legati all’innovazione digitale abbiano a che fare con lo sviluppo di alcune risposte legate al sociale.

    Chiudo con una sottolineatura, che è stata richiamata più volte, sul cosiddetto public procurement, quindi l’utilizzo degli appalti, che fa parte di un ragionamento che è partito proprio con il Patto per il lavoro e per il clima, con l’inserimento non solo dell’attenzione all’innovazione sociale, ma l’attenzione al lavoro sociale.

    La dottoressa Freddi e altri hanno riportato come quello sia l’elemento di fragilità complessiva della tenuta delle risposte ai bisogni sociali delle persone, fragilità complessiva che è data da un livello di contrattualistica nazionale del lavoro piuttosto povera, pur su elementi di intervento essenziali per quanto riguarda la tenuta del benessere dei cittadini e delle cittadine e della coesione sociale.

    Credo che uno sforzo in questa direzione vada fatto, quindi a maggior ragione la raccomandazione diventa interessante, a maggior ragione diventa interessante capire quali saranno gli strumenti di finanziamento che accompagnano tutto questo processo. Devo dire che la Giunta ha dato avvio a quello che può essere un primo elemento di ricognizione del Patto per il lavoro sociale alla fine della settimana passata, credo che questo sia di buon auspicio e stia convergendo rispetto ad altre cose.

    Infine ‒ e chiudo davvero – questa mattina abbiamo approvato in sede di Commissione il progetto di legge sul terzo settore, l’amministrazione condivisa e il protagonismo della cittadinanza. Credo che anche questo costo contribuisca a costruire un tassello rispetto a una traiettoria che vorremmo che la Regione prendesse. Grazie.

     

    Presidente DELMONTE. Grazie a lei, consigliere.

    Intanto mi scuso anche a nome della Commissione, ma purtroppo le telecamere non si girano su chi interviene, così come con il consigliere Bargi prima oggi c’è questo problema tecnico.

    Nel frattempo ringrazio anche la dottoressa Malossi e la dottoressa Raitè per la presenza, così come Silvio, Andrea e Benedetta, che sono stati qui attentissimi per tutta la seduta, quindi li volevo ringraziare per essere stati presenti e puntuali.

    Dobbiamo rinviare ad una prossima seduta il punto successivo, l’interrogazione oggetto 6518, per indisponibilità dell’assessore Donini, così come previsto dal Regolamento all’articolo 113, comma 5.

    Per oggi, quindi, la seduta è conclusa. Vi ringrazio.

     

     

     

     

     

     

     

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