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Legislatura XI - Commissione III - Resoconto del 24/04/2024 antimeridiano

    Resoconto integrale n. 13

    Seduta del 24 aprile 2024

     

    Il giorno 24 aprile 2024, alle ore 10,00, la Commissione Territorio, Ambiente, Mobilità è convocata in modalità mista, in applicazione dell’art. 124, comma 4 bis del Regolamento interno dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna e della delibera dell’Ufficio di Presidenza 26 maggio 2022, n. 26, con nota prot. n. PG/2024/10333 del 18/4/2024, presso Sala B-C - Viale Aldo Moro 50, Bologna.

     

    Cognome e nome

    Qualifica

    Gruppo

    Voto

     

    CALIANDRO Stefano

    Presidente

    PARTITO DEMOCRATICO BONACCINI PRESIDENTE

    7

    Presente

    OCCHI Emiliano

    Vicepresidente

    LEGA SALVINI EMILIA-ROMAGNA

    6

    Presente

    ROSSI Nadia

    Vicepresidente

    PARTITO DEMOCRATICO BONACCINI PRESIDENTE

    5

    Presente

    AMICO Federico Alessandro

    Componente

    EMILIA-ROMAGNA CORAGGIOSA, ECOLOGISTA, PROGRESSISTA

    2

    Presente

    BONDAVALLI Stefania

    Componente

    BONACCINI PRESIDENTE

    1

    Assente

    BULBI Massimo

    Componente

    PARTITO DEMOCRATICO BONACCINI PRESIDENTE

    1

    Presente

    CASTALDINI Valentina

    Componente

    FORZA ITALIA

    1

    Assente

    COSTA Andrea

    Componente

    PARTITO DEMOCRATICO BONACCINI PRESIDENTE

    4

    Presente

    DAFFADÀ Matteo

    Componente

    PARTITO DEMOCRATICO BONACCINI PRESIDENTE

    1

    Presente

    DALFIUME Mirella

    Componente

    PARTITO DEMOCRATICO BONACCINI PRESIDENTE

    1

    Presente

    EVANGELISTI Marta

    Componente

    FRATELLI D'ITALIA-GIORGIA MELONI

    1

    Presente

    FABBRI Marco

    Componente

    PARTITO DEMOCRATICO BONACCINI PRESIDENTE

    1

    Presente

    FACCI Michele

    Componente

    GRUPPO MISTO

    1

    Presente

    GIBERTONI Giulia

    Componente

    GRUPPO MISTO

    1

    Assente

    MARCHETTI Daniele

    Componente

    LEGA SALVINI EMILIA-ROMAGNA

    4

    Assente

    MASTACCHI Marco

    Componente

    RETE CIVICA PROGETTO EMILIA-ROMAGNA

    1

    Presente

    MONTALTI Lia

    Componente

    PARTITO DEMOCRATICO BONACCINI PRESIDENTE

    1

    Presente

    PELLONI Simone

    Componente

    RETE CIVICA PROGETTO EMILIA-ROMAGNA

    1

    Presente

    PICCININI Silvia

    Componente

    MOVIMENTO 5 STELLE

    1

    Presente

    PIGONI Giulia

    Componente

    ITALIA VIVA - IL CENTRO - RENEW EUROPE

    3

    Assente

    POMPIGNOLI Massimiliano

    Componente

    LEGA SALVINI EMILIA-ROMAGNA

    1

    Presente

    RAINIERI Fabio

    Componente

    LEGA SALVINI EMILIA-ROMAGNA

    1

    Presente

    SABATTINI Luca

    Componente

    PARTITO DEMOCRATICO BONACCINI PRESIDENTE

    1

    Presente

    TAGLIAFERRI Giancarlo

    Componente

    FRATELLI D'ITALIA-GIORGIA MELONI

    2

    Presente

    ZAMBONI Silvia

    Componente

    EUROPA VERDE

    1

    Assente

     

    Sono altresì presenti i consiglieri: Giuseppe PARUOLO (PD), Manuela RONTINI (PD) e Irene PRIOLO (Vicepresidente e assessore alla transizione ecologica, contrasto al cambiamento climatico, ambiente, difesa del suolo e della costa, protezione civile).

     

    Partecipano alla seduta: Andrea Colombo, direttore dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po; Giancarlo Gambardella, Generale Ispettore Capo e Presidente del tavolo di coordinamento per i piani speciali, struttura commissariale.

     

    Presiedono la seduta: Stefano CALIANDRO, Nadia ROSSI

    Assiste la segretaria: Silvia Fanti

     

     


    DEREGISTRAZIONE CON CORREZIONI APPORTATE AL FINE DELLA MERA COMPRENSIONE DEL TESTO

     

    Presidente Stefano CALIANDRO. Buongiorno a tutti. Comunico che sono presenti i colleghi Bulbi, Costa, Daffadà, Dalfiume, Evangelisti, Fabbri, Montalti, Pelloni, Piccinini, Pompignoli e Sabattini.

    Chiedo alla Segreteria se, nel frattempo, anche il collega Tagliaferri ha dato la sua presenza.

    La collega Bondavalli è collegata? No. La collega Castaldini? No. Il collega Facci? No. La collega Gibertoni? No. Il collega Marchetti Daniele? No. Il collega Mastacchi? No. Non rispondono. Magari li richiamiamo dopo. Do atto che la collega Rontini – me l’ha detto in privato – è collegata.

    La collega Pigoni è collegata? No. Il collega Rainieri? No. La collega Zamboni? No.

    Mi ha scritto il collega Mastacchi dicendomi di essersi collegato.

    Farei un secondo appello per i colleghi assenti. Ditemi soltanto se sono collegati. Bondavalli? Castaldini? Facci? Gibertoni? Marchetti? Pigoni? Rainieri? Zamboni? Bene.

     

    -     Approvazione dei processi verbali nn. 11 e 12 del 2024

     

    Presidente CALIANDRO. Se non vi sono contrarietà da parte della Commissione, darei per approvati i verbali n. 11 e n. 12 del 2024. Vi ringrazio.

     

    -     Informativa della vicepresidente e assessore a Transizione ecologica, contrasto al cambiamento climatico, Ambiente, Difesa del suolo e della costa, Protezione civile Irene Priolo e audizione del generale ispettore Giancarlo Gambardella, presidente del tavolo di coordinamento per i piani speciali, struttura commissariale e del dott. Alessandro Bratti, segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, per l’illustrazione del Piano speciale preliminare degli interventi, di cui al comma 2 dell’articolo 20-octies del decreto-legge 1°giugno 2023, n. 61 (Interventi urgenti per fronteggiare l’emergenza provocata dagli eventi alluvionali verificatisi a partire dal 1° maggio 2023), convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2023, n. 100

     

    Presidente CALIANDRO. Diamo seguito all’informativa richiesta dalla vicepresidente e assessore alla transizione ecologica, Irene Priolo, in merito allo stato del nostro territorio successivamente alle alluvioni dello scorso anno e, quindi, allo stato preannunciato nelle Commissioni precedenti nonché in aula dalla vicepresidente stessa.

    In occasione di questa discussione audiremo anche il generale Giancarlo Gambardella, che è il presidente del tavolo di coordinamento per i piani speciali di struttura commissariale, e il dottor Alessandro Bratti, segretario generale dell’Autorità di bacino, che viene sostituito dal dottor Andrea Colombo, direttore dell’Autorità di bacino del fiume Po.

    Partirei, quindi, con il primo intervento, che da quello che mi viene riportato nel canovaccio è del generale Giancarlo Gambardella. Prego, generale.

     

    Gen. Giancarlo GAMBARDELLA, presidente del tavolo di coordinamento per i piani speciali. Buongiorno a tutti. Saluto le autorità e i consiglieri qui presenti. Porto a tutti i saluti del commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo, che mi ha nominato presidente del gruppo di lavoro interministeriale e interistituzionale, che ha predisposto questo importantissimo documento. Saluto in particolare il vicepresidente della Regione, Irene Priolo, il segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, ancorché non presente, ma sempre vicino al nostro lavoro, dottor Alessandro Bratti, nonché il direttore Andrea Colombo.

    Ringrazio tutte le Istituzioni che generosamente hanno contribuito, con loro qualificati rappresentanti ed esperti, alle numerose e complesse attività collegiali che si sono fin qui svolte, in particolare il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica, la Regione Emilia-Romagna, tutte le autorità regionali coinvolte, in particolare l’Agenzia regionale di sicurezza territoriale e protezione civile, l’Agenzia regionale per la prevenzione e l’ambiente dell’Emilia-Romagna, l’Agenzia territoriale dell’Emilia-Romagna per i servizi idrici integrati.

    Ringrazio l’Associazione nazionale delle bonifiche, delle irrigazioni e dei miglioramenti fondiari, i Consorzi di bonifica, l’Agenzia interregionale del fiume Po, il Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari Carabinieri della Regione Emilia-Romagna, il gruppo Ferrovie dello Stato, la Rete ferroviaria italiana, l’Azienda nazionale autonoma delle strade statali, Autostrade per l’Italia, l’Istituto superiore di ricerca e protezione ambientale, le Università Alma Mater Studiorum di Bologna, di Modena e Reggio e di Ferrara, l’Accademia nazionale di agricoltura.

    Adesso vediamo quali sono i contenuti del Piano speciale preliminare. Il Piano in argomento discende da approfondimenti tecnico-scientifici sviluppati in esito agli eventi alluvionali del maggio 2023 dall’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, di concerto con la Regione Emilia-Romagna e le Autorità idriche regionali nell’ambito, come detto, del gruppo di lavoro interministeriale e interistituzionale, che il commissario straordinario ha istituito allo scopo con l’ordinanza n. 22, emanata in data 22 febbraio del corrente anno, che da è presieduto.

    Nelle more dell’aggiornamento e della pianificazione di bacino, il Piano in argomento funge da strumento di governo del transitorio, anticipando le prime linee di intervento per la mitigazione del rischio idrogeologico nei territori della regione Emilia-Romagna colpiti dai noti eventi alluvionali di maggio 2023, ma anche per l’individuazione degli interventi strutturali e non strutturali sulle situazioni di dissesto, con priorità, ove costituiscano pericolo, per centri abitati e infrastrutture, compendiando in tutto questo la tutela e il recupero degli ecosistemi e della biodiversità e la delocalizzazione di beni in aree a elevata pericolosità.

    Gli eventi meteorologici del maggio 2023 hanno colpito tragicamente una vasta porzione della regione Emilia-Romagna, generando intensi ed estesi effetti al suolo. Nella zona valliva si è verificata l’esondazione di numerosi corsi d’acqua romagnoli e di alcuni affluenti di destra del fiume Reno in ben ventitré punti distinti, producendo un volume complessivo di esondazione stimato in circa 350 milioni di metri cubi, che ha provocato l’allagamento di una vastissima area di pianura, estesa per circa 540 chilometri quadrati. Viceversa, nelle aree collinari e appenniniche del bolognese, del ravennate e del forlivese si sono verificate oltre 80.000 frane, su un’area di circa 72 chilometri quadrati.

    In relazione alla straordinarietà dei richiamati eventi alluvionali, il Piano prevede, quindi, indirizzi di pianificazione maggiormente sostenibili in epoca di cambiamento climatico, finalizzati a dare più spazio ai fiumi, potenziando la laminazione delle piene a monte, arretrando le attuali arginature e rendendole resistenti a fenomeni di tracimazione controllata. Per i fenomeni, invece, di dissesto e di versante, considerata la numerosità delle frane di neoformazione, si rimarca anzitutto l’evidente necessità di potenziare le funzioni di previsione, sorveglianza e monitoraggio del territorio, a premessa di interventi di carattere intensivo ed estensivo di considerevole, peraltro, complessità realizzativa.

    Ai fini di supportare lo sviluppo dei programmi di attuazione delle prime linee di intervento, il documento compendia un’analisi di carattere idrologico degli eventi di maggio 2023, la mappatura generale e aggiornata delle aree a rischio idraulico e del dissesto di versante, unitamente ad una valutazione quantitativa degli asset vulnerabili ed esposti, quali ad esempio infrastrutture e strutture strategiche, sorgenti inquinanti, attività economiche, comprendenti edifici residenziali, commerciali, industriali e del comparto agricolo, con particolare riferimento alle coltivazioni e all’allevamento.

    Tali informazioni vogliono fornire alle Amministrazioni locali e ai soggetti attuatori un indirizzo metodologico fondamentale sia per svolgere approfondimenti sito-specifici a premessa della progettazione e della realizzazione degli interventi di messa in sicurezza, già finanziati con i provvedimenti commissariali, sia per pianificare gli interventi di medio-lungo termine, svolgendo anche valutazioni estimative del loro impatto finanziario, unitamente ad analisi costo-efficacia relativamente ad alternativi percorsi di delocalizzazione, da predisporre di concerto con la Regione Emilia-Romagna e le Amministrazioni locali. In particolare, nel merito delle delocalizzazioni applicabili sia al reticolo idrografico che ai versanti, per le aree allagate o delimitate saranno definite specifiche disposizioni nell’ambito delle misure di salvaguardia, che l’Autorità di bacino è in procinto di emanare.

    A una prima ricognizione, per permettere alla Regione Emilia-Romagna di stimare l’ammontare di uno specifico fondo, dovranno seguire ricognizioni più specifiche, necessariamente su scala locale, a cura dei Comuni. Le richiamate misure di salvaguardia richiameranno anche i necessari accorgimenti da assumere da parte delle Amministrazioni locali nell’ambito della pianificazione urbanistica. Dovranno essere impediti, nelle richiamate aree allagate o delimitate, interventi che prevedano l’aumento dei carichi urbanistici e sarà consentita la realizzazione di edifici o strutture pubbliche, ma solo se non altrimenti localizzabili. È stata recepita al riguardo una nota integrativa dell’Autorità di bacino distrettuale, pervenuta in data 18 aprile scorso, coordinata con la Regione Emilia-Romagna, a chiarire che tale impedimento non consente, di fatto, il rilascio di alcun titolo abilitativo per i richiamati interventi.

    Ciò posto, consentitemi un inciso. Vorrei esprimere, a nome del commissario straordinario e di tutta la sua struttura di supporto, il più profondo senso di responsabilità in previsione di affrontare, al fianco delle Istituzioni locali, il delicatissimo percorso della delocalizzazione. Dobbiamo anzitutto valutare se gli interventi per recuperare il territorio sono, rispetto alle ipotesi di delocalizzazione, convenienti in termini costo-beneficio. Al riguardo, bisogna considerare sia i benefìci che i costi oltre il loro mero significato economico, anche nel loro risvolto sociale. Per questo, un intendimento del commissario straordinario è anzitutto di preservare l’entroterra appenninico, per quanto possibile, nel suo tessuto residenziale e produttivo (coltivazioni, allevamenti e quant’altro) evitando con ciò di aggravare il fenomeno dello spopolamento, con ripercussioni dirette sulla sicurezza del territorio.

    Il Piano fornisce, inoltre, ulteriori indicazioni di metodo per la predisposizione di misure non strutturali e di natura gestionale, necessarie ad assicurare le importantissime funzioni di resilienza del territorio, compendiando la probabilità di accadimento di eventi meteorologici di particolare gravità, tra esse la distribuzione spazio-temporale dei più urgenti interventi di diradamento della vegetazione ripariale, da attuare nelle fasce fluviali a maggior rischio idraulico, e la pianificazione sull’area vasta dei versanti boschivi, collinari e montani di buone pratiche selvicolturali e di ingegneria naturalistica, utili a rafforzare la protezione del suolo dai fenomeni erosivi. Particolare rilievo in tutto questo assume la collaborazione dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale per l’elaborazione di specifici programmi tesi al controllo e al contenimento delle specie mammiferi a comportamento fossorio entro una soglia di densità ammissibile e compatibile con gli ecosistemi locali e le prioritarie esigenze di sicurezza idraulica dei corsi d’acqua.

    Il Piano speciale preliminare contiene, inoltre, gli indirizzi per la gestione dei ponti e delle infrastrutture di attraversamento dei corsi d’acqua, partendo dalla necessità di condurre un’iniziale verifica di compatibilità idraulica dell’infrastruttura, a cura dei proprietari gestori dell’opera. Se la verifica non fosse soddisfatta, si prenderanno in considerazione provvedimenti di adeguamento o, se non immediatamente eseguibili, di miglioramento per la riduzione del rischio idraulico. Nel tempo necessario alla loro attuazione, saranno definite condizioni di esercizio transitorio, che dovranno essere recepite nella pianificazione di protezione civile da parte delle Amministrazioni locali. Al riguardo, vorrei comunicare che il Piano recepisce le costruttive osservazioni pervenute dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in data 8 aprile 2024. In particolare, rafforza un nuovo e moderno approccio di gestire l’esistente attraverso una stretta sinergia tra enti proprietari o gestori delle infrastrutture di attraversamento e autorità idrauliche competenti, che dovranno definire in piena condivisione i parametri e gli elementi necessari a costruire i modelli idraulici, gli assetti geometrici, i metodi di calcolo e gli scenari di riferimento necessari per le verifiche idrauliche.

    Il Piano in argomento è, in sintesi, un living document, che nasce e si sviluppa attraverso una sinergia interministeriale e interistituzionale, coordinata stabilmente dalla struttura di supporto al commissario straordinario, sotto l’indirizzo tecnico-scientifico dell’Autorità di bacino distrettuale competente del fiume Po. I lavori collegiali continueranno nei mesi a venire, secondo un cronoprogramma di incontri, che consentirà di aggiornare progressivamente il documento, sino alla sua versione definitiva il 30 giugno 2024. Ciò a sostanziare che gli aspetti che attualmente residuano sotto il profilo di una mancata definizione potranno essere certamente integrati, ma anche emendati, laddove è necessario, al fine di trovare completa e coerenza nel Piano definitivo del già richiamato 30 giugno 2024.

    Il Piano speciale definitivo integrerà i contenuti del Piano preliminare, compendiando l’evoluzione delle linee di intervento su scala di bacino e la definizione dei programmi infrastrutturali della ricostruzione pubblica, comprensivi dei primi indirizzi per le delocalizzazioni, sviluppati in stretta aderenza alle esigenze dei territori colpiti della regione Emilia-Romagna, con un approccio metodologico uniforme e una visione degli obiettivi condivisa con la Regione Emilia-Romagna, in primis per la mitigazione del rischio idrogeologico.

    Riconoscendo la gravità e l’estensione dei danni causati dai noti eventi alluvionali anche oltre i confini stessi di questa regione, in aree limitrofe all’area di responsabilità dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, in ragione della complessità e dell’urgenza di strutturare una risposta sinergica e coordinata sul fronte dell’emergenza e della ricostruzione, la struttura di supporto al commissario straordinario ha già avviato le necessarie attività di raccordo con le regioni Toscana e Marche, al fine di compendiare nel Piano speciale definitivo anche le esigenze dei territori colpiti delle richiamate regioni. Per tale ragione, le prossime riunioni del gruppo di lavoro da me presieduto saranno aperte ai rappresentanti delle Regioni Toscana e Marche e delle Autorità di bacino distrettualmente competenti per i loro territori colpiti dagli eventi alluvionali di maggio 2023. Mi riferisco in particolare all’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino settentrionale e all’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino centrale.

    Concludo la mia esposizione ringraziando fortemente il vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, Irene Priolo, il segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, dottor Alessandro Bratti, e il direttore, dottor Andrea Colombo, ma anche tutti i membri del gruppo di lavoro per quanto fatto fino ad oggi. La scadenza del 30 giugno 2024 per l’adozione del Piano speciale definitivo è imminente, ma sono veramente convinto che raggiungeremo l’obiettivo, visti l’impegno e la sinergia sviluppata sinora, la dedizione che ciascuno ha dimostrato in questo percorso assai impegnativo, che sono certo non verrà a mancare anche nei prossimi mesi. Grazie.

     

    Presidente CALIANDRO. La ringrazio molto per il contributo che ha offerto alla discussione dei lavori di questa mattina, generale, anche perché siamo in un momento di particolare aspettativa da parte dei cittadini di questo territorio. Quindi, l’impegno e il lavoro sinergico sono fondamentali per la buona riuscita. Per adempimenti burocratici, darei atto della presenza dei colleghi Facci e Rainieri. Passo, adesso, la parola alla nostra vicepresidente Irene Priolo.

     

    Irene PRIOLO, Vicepresidente e assessore a Transizione ecologica, contrasto al cambiamento climatico, Ambiente, Difesa del suolo e della costa, Protezione civile. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti i consiglieri presenti e collegati, soprattutto buongiorno al generale Gambardella, che ringrazio per la sua partecipazione e per il suo intervento, non scontato, a testimonianza della vicinanza e della sinergia più volte richiamate dal generale in altre occasioni, e al direttore dell’Autorità di bacino Colombo.

    Farò alcune considerazioni, poi il direttore Colombo entrerà più nel dettaglio tecnico, perché l’Autorità di bacino è il vero ente che ha costruito, insieme alla Regione, l’architettura di questo piano dal punto di vista tecnico. Però, alcune considerazioni io credo che siano importanti da fare, soprattutto perché questo Piano da un certo punto di vista è un adempimento normativo, perché la legge n. 100 prevede che il commissario approvi, nelle date indicate dal generale Gambardella, questo Piano speciale. Noi abbiamo fatto in modo che, però, non fosse un semplice e puro adempimento normativo, ma l’arricchimento di un percorso di approfondimento che avevamo già avviato a seguito anche degli studi della Commissione tecnico-scientifica e degli impegni che la Regione si era assunta proprio di individuare interventi di carattere strutturale e non strutturale idonei a mettere in campo una ricostruzione di carattere innovativo che fosse un punto di riferimento non soltanto per la nostra regione, ma anche per l’intero sistema Paese.

    Credo che potrete constatare il lavoro finora svolto dalla lettura di un documento, se ne avrete la voglia e la pazienza. Io vi invito a farlo, perché è un documento molto interessante. Sono un migliaio di pagine, però sono un migliaio di pagine che, a mio avviso, vale la pena di scorrere e di leggere, anche perché hanno lo scopo e hanno avuto anche la forza di analizzare non soltanto una semplice declaratoria di ciò che bisogna fare, ma anche di come è necessario farlo, analizzando tutti quegli elementi, anche critici, che durante l’evento alluvionale abbiamo potuto riscontrare.

    Ebbene, dall’analisi del documento che voi farete potrete comprendere come il lavoro svolto abbia una vista che parte dai bacini idrografici, che sono stati analizzati puntualmente, e come questo Piano speciale nasca, come invita la normativa, come guida degli altri piani di settore, che saranno completati da qui a giugno, e abbia come driver il tema del dissesto e degli aspetti di carattere idrogeologico che noi abbiamo attenzionato.

    Quando la Commissione tecnico-scientifica ha fatto il suo lavoro, l’aggiornamento dal punto di vista della mappatura del dissesto non era ancora stato completato, perché l’abbiamo completato in questi mesi, insieme all’Autorità di bacino e a tutto il settore guidato dalla dottoressa Monica Guida, che vedo e che ringrazio per quello che ha fatto. Questo lavoro ha portato al censimento di 81.000 frane. Credo sia interessante che voi analizziate questi aspetti, perché la definizione della mappa del dissesto è quella che ci dovrà guidare anche nella definizione delle priorità di intervento.

    Il lavoro che ci attende da adesso fino al 30 giugno è proprio quello dell’individuazione, oltre che della strategia, perché questo è un documento che definisce una strategia, dell’elenco puntuale degli interventi. Abbiamo fatto anche un sunto dettagliato degli interventi già messi in campo e finanziati dalle ordinanze del commissario Figliolo. Però, dall’analisi della mappa del dissesto non vi sfuggirà la presenza di incroci che è fondamentale attenzionare da questo punto di vista e che pongo alla vostra attenzione in questo momento.

    Il lavoro riguarda tutte le Province che sono state individuate all’interno della dichiarazione dello stato di emergenza, quindi è un lavoro che va da Reggio Emilia fino a Rimini, per intenderci. Però, è evidente che gli impatti più importanti e significativi li abbiamo avuti nelle province di Ravenna e Forlì-Cesena e in parte nella provincia di Bologna, nella parte degli affluenti di destra del fiume Reno. Quando voi vedrete questi dati, che in parte abbiamo già anticipato nelle Giunte itineranti che abbiamo fatto recentemente, non vi sfuggiranno i dati che evidenziano una coincidenza piuttosto significativa tra i territori che hanno avuto un numero più importante di frane e i bacini che, conseguentemente, hanno avuto un impatto al suolo molto importante e molto significativo. Lo dico perché nelle regole di carattere anche non strutturale che abbiamo messo in campo e che dovranno definire gli interventi di carattere più puntuale dovremo fare un lavoro di raccordo molto stretto con i territori, proprio a partire da quei territori che hanno avuto un dissesto più significativo rispetto agli altri. L’abbiamo detto a tutti, il comune di Modigliana è il comune che vince questa triste graduatoria. Infatti, abbiamo censito 6.837 frane e questo è il comune che in assoluto è stato più colpito, ma che da questo punto di vista coincide – vi prego, quindi, di guardare questi dati, perché questo è un lavoro che ha anche un risvolto di carattere scientifico – con la nascita di quelli che sono i bacini che hanno avuto gli impatti al suolo più importanti. Non vi sfuggirà che a Modigliana nasce il torrente Marzeno, che nella confluenza con il fiume Lamone è quello che ha creato assolutamente più danni alla città di Faenza. Ma non è un caso. Quindi, questi aspetti sono quelli che noi dovremo assolutamente indagare. Così come Brisighella e Civitella di Romagna sono quelle realtà che da questo punto di vista hanno avuto altrettante frane significative, Brisighella 3.578 frane, quindi numeri veramente molto, molto importanti, ma non vi sfuggirà che a Brisighella passa il fiume Lamone, dopo che nasce in Toscana, a Marradi.

    Questi sono aspetti che vanno assolutamente visti e guardati, perché il lavoro che abbiamo fatto non pone attenzione soltanto al bacino. Quindi, voglio ringraziare moltissimo per lo sforzo che hanno fatto i Ministeri competenti, in particolare il MIT, ma soprattutto i gestori delle infrastrutture, perché questo lavoro ha anche l’ambizione e probabilmente è la prima volta che a livello nazionale si fa. Devo dire che la struttura commissariale ci ha aiutato da questo punto di vista – ringrazio non soltanto il generale Gambardella, ma anche il colonnello Collina – perché l’interlocuzione con i gestori non è stata semplice. Ma voi sapete che durante gli eventi tutto il tema della gestione delle infrastrutture, in particolare dei ponti, è stato uno dei temi che ha posto una criticità molto significativa. È evidente che questa criticità l’abbiamo riscontrata in questi bacini che hanno avuto da questo punto di vista questi apporti molto significativi di sovralluvionamento che noi abbiamo visto. Anche la parte dei ponti – ringrazio davvero la dottoressa Federica Ropa e tutto il nostro settore infrastrutture che, insieme all’ingegner Paolo Ferrecchi, ha portato avanti questa interlocuzione complessa – non soltanto ci dà il faro su come lavorare sul miglioramento dell’officiosità idraulica anche dei ponti, ma ci consente di avere esattamente, come nell’ambito dell’urbanistica, un regime transitorio e un regime definitivo.

    Questo strumento che abbiamo in questo momento approvato – è andato in Giunta per la presa d’atto lunedì, dopo la cabina di coordinamento di lunedì mattina – diventa per noi un faro ovviamente per la ricostruzione nelle zone alluvionate, ma per noi diventa un faro in tutta la regione, e probabilmente non lo sarà soltanto nella regione Emilia-Romagna.

    Abbiamo provato in maniera meticolosa a puntualizzare questi aspetti e a farcene carico, e dico farcene, noi, i gestori e l’Autorità di bacino, perché poi i tiranti idraulici, che sono quelli che ci devono consentire di dare il parere idraulico da questo punto di vista da parte delle autorità competenti, leggeranno anche le modellistiche che verranno calcolate ambito per ambito, con la consapevolezza che gli interventi di carattere strutturale che noi faremo sul bacino in alcuni casi ci consentiranno di intervenire sui ponti in un determinato modo, in altri casi no. Cosa voglio dire? Che è forse più facile alzare un ponte stradale, è molto più complesso alzare un ponte ferroviario. Allora, quello che noi faremo, a seguito anche di questo che definirei quasi un manuale, sarà anche comprendere come, di fronte all’impossibilità, in alcuni casi, di innalzare alcune infrastrutture, dovremo fare un lavoro, a monte o a valle.

    Il lavoro che ha fatto l’Agenzia territoriale per la sicurezza e la protezione civile è davvero un lavoro importante. Voi vedrete che la monografia dei fiumi è la parte più robusta, ovviamente, perché sono state fatte analisi bacino per bacino, fiume per fiume. Ebbene, questo lavoro che stiamo conducendo dà già l’indicazione di quelle che sono le strategie che da qui a giugno noi dovremo mettere in un elenco più puntuale di interventi, a partire dalle casse di espansione a monte, perché in molti casi sarà opportuno provare a laminare le piene a monte, in altri casi ambiti di laminazione a valle. Ma laddove non sarà possibile fare queste infrastrutture perché lo spazio esistente non lo consente… Il vicepresidente Rainieri era con noi a Sala Baganza, dove abbiamo lavorato e visto che cosa significa la realizzazione di “Cassa Baganza”, che è una cassa di espansione che conterrà 4,7 milioni di metri cubi di acqua. Il generale Gambardella prima ha ricordato che sono usciti 350 milioni di metri cubi. Però, il dato che vi voglio riportare è che “Cassa Baganza” ha un perimetro di 9 ettari, per 4,7 milioni di metri cubi. Sono molto importanti queste Commissioni che facciamo lungo il territorio, anche per comprendere come sarà in alcuni casi complesso trovare e individuare gli spazi idonei, i nuovi ettari. Ad esempio, a nord della Via Emilia non sono così semplici da individuare. Allora subentrano in questi casi quelle famose regole sulla delocalizzazione, che saranno molto importanti da mettere in campo.

    Questo documento, dunque, individua gli aspetti di carattere strutturale e gli aspetti di carattere non strutturale, soprattutto dal punto di vista di quella che sarà la regolamentazione della pianificazione degli enti territoriali, quindi l’urbanistica da una parte, le delocalizzazioni dall’altra. Il direttore Colombo lo definirà in maniera più tecnica, più puntuale e più precisa di me, ma è già stato fatto un lavoro, che riscontrerete, dopo il censimento delle frane che abbiamo fatto, di individuazione di quelli che sono gli edifici che sono impattati in un buffer di venti metri dalle frane che sono state causate dagli eventi. Perché vi dico questo? Perché nel lavoro che da adesso fino a giugno noi dovremo portare avanti dovremo fare l’analisi puntuale di questi 3.400 edifici per capire quelli che si devono delocalizzare e quelli rispetto ai quali, invece, in termini di costi-benefici noi possiamo prevedere che, attraverso i fondi stanziati dalle ordinanze n. 11 e n. 14, possa andare avanti la ricostruzione.

    È ovvio che anche l’ordinanza del commissario, una volta terminato questo lavoro, leggerà il lavoro per come si è compiuto e porterà delle modifiche che consentiranno, quindi, anche l’utilizzo delle risorse in questi casi puntuali specifici. Dovremo fare un lavoro attento con i Comuni. Stiamo già facendo un monitoraggio di quelle che sono le ordinanze di evacuazione che i Comuni hanno fatto. Questo è il lavoro che dovremo fare in Appennino. Mentre, contestualmente dovremo fare un lavoro più a valle di individuazione di quelli che dovranno essere gli edifici, ovviamente in ambito non urbanizzato, perché è ovvio che una cassa di espansione o una vasca di laminazione non la possiamo mettere in un ambito urbanizzato, ma in ambiti non urbanizzati in cui la delocalizzazione sarà necessaria da portare avanti. Dico questo perché qua normiamo la delocalizzazione nei suoi aspetti di carattere di remunerazione (se lo vogliamo così definire) ma diamo anche un’indicazione al cittadino. Se un cittadino decide di non voler delocalizzare e, quindi, di volere recuperare la propria casa sapendo di esporsi a un rischio, lo potrà fare nella consapevolezza che, qualora si dovesse riproporre un evento complesso e problematico, non sarà oggetto di risarcimento perché ha fatto una scelta precedentemente. Diversamente, quello che stiamo provando a fare e che in parte la nostra legge regionale già prevedeva è una delocalizzazione che non contempli l’aumento del carico urbanistico, quindi non necessariamente com’era la logica della legge n. 20, dove, se vi ricordate, si individuavano le aree e poi sulle aree atterrava la potenzialità edificatoria. Nel superamento della legge n. 20 con la legge n. 24, noi stiamo lavorando al saldo zero, quindi alla riduzione del consumo di suolo, per cui valuteremo.

    Abbiamo messo in campo anche la possibilità non soltanto di prevedere una delocalizzazione tout court, ma anche una scelta da parte del cittadino di decidere dove poter andare eventualmente ad acquistare un edificio esistente. Ad oggi questo non era previsto e questo è un aspetto importante, sul quale la struttura commissariale sta anche lavorando a una modifica di carattere normativo per consentire di recepirlo all’interno delle ordinanze del commissario.

    Da ultimo, la struttura commissariale, in maniera attenta, ha coordinato, con il supporto del generale Mari, anche il lavoro, come è stato sottolineato, sulla vegetazione riparia e sugli animali fossori.

    Credo sia importante, perché anche questi sono aspetti ovviamente molto delicati. Verrà fuori un lavoro più puntuale che da giugno in avanti noi dovremo fare con le raccomandazioni che anche in MASE ci ha fatto dal punto di vista della appropriata gestione di questi ambiti e di questi aspetti.

    Ultima considerazione. È uscito il report che Copernicus ha fatto sul 2023. Il generale Gambardella lo ha sottolineato nel suo intervento. Siamo in un’epoca di cambiamento climatico, ha detto. Copernicus conferma che l’Europa è il continente che si sta scaldando di più dal punto di vista di questo studio.

    Noi lo abbiamo visto sulla nostra pelle. Nella mappa che Copernicus ha realizzato di questo lavoro, che vi prego di andare a vedere, è evidente come l’Emilia-Romagna, ma in particolare la Romagna, sono proprio la parte che si è probabilmente in Europa più surriscaldata nel 2023.

    È evidente che questo approccio che noi stiamo mettendo in campo con questo strumento è quello che adeguerà anche il Piano di adattamento ai cambiamenti climatici, che sono gli interventi che si mettono in campo. Bisognerà lavorare non soltanto al Piano di adattamento, ma anche a quegli strumenti che non soltanto noi come Regione, ma che a livello nazionale e internazionale si devono mettere in campo per contrastare questi fenomeni di cambiamento climatico, perché saranno sempre più importanti, non fosse altro che abbiamo avuto più di 50 centimetri di neve dopo che la settimana precedente abbiamo avuto 32 gradi. È evidente che queste escursioni così significative e importanti hanno poi dopo delle ripercussioni al suolo veramente molto complesse.

    È un lavoro estremamente significativo quello che abbiamo fatto. Non finisce qua. Dopo l’approvazione al 30 giugno mi permetterò di chiedere al presidente di fare un’ulteriore Commissione, perché invece il lavoro del 30 giugno avrà, di fianco alla strategia, l’elenco puntuale…

    Ci saremo tutti al 30 giugno. Scusate, ci saremo tutti e ci sarà ancora anche il presidente. Non scappa nessuno. Da questo punto di vista, però, questo documento avrà l’elenco con anche l’ambizione di costruire un quadro economico degli interventi sulle infrastrutture ambientali, degli interventi sui corsi d’acqua, intendo non soltanto i fiumi, ma anche i canali dei Consorzi, degli interventi sui ponti, degli interventi sulle frane e quindi sarà un quadro molto importante che incrocerà il lavoro che stiamo portando avanti con i fondi del commissario ad ora esistenti e che invece avrà un’indicazione di interventi che ovviamente avranno una vista più lunga e che quindi sarà necessario porre all’attenzione del Governo per il loro finanziamento. Questo sarà il momento probabilmente più significativo.

    Nel frattempo, la Regione manderà avanti tutti gli interventi che voi vedrete nelle monografie. La monografia è molto utile perché ovviamente noi abbiamo la gestione dei fiumi per ambito provinciale e territoriale, la monografia invece legge il fiume per bacino e quindi mette insieme tutti gli interventi che sono stati puntualizzati con la ordinanza n. 6, l’ordinanza n. 8 e credo anche l’ordinanza n. 19 e la n. 15.

    Sono indicati gli interventi in maniera puntuale. Stiamo lavorando per inserire altri interventi urgenti, e quindi non soltanto interventi legati a grandi infrastrutture, da mandare avanti repentinamente. Per cui, stiamo già lavorando con la struttura commissariale, ma anche con le società in house, perché vorremmo mettere in campo più energie possibili e immaginabili per irrobustire la nostra Regione e la resistenza del nostro territorio.

    Grazie davvero a tutte le componenti tecniche che hanno lavorato. Sono qui presenti, ovviamente, oltre al colonnello Collina di supporto al generale Gambardella, la dottoressa Nicolini dell’Agenzia, la dottoressa Guida, il dottor Capucci, che ha lavorato insieme all’ingegner Ferretti agli aspetti dell’urbanistica, la dottoressa Ropa. Li ringrazio moltissimo perché fare, insieme all’Autorità di bacino, questo lavoro in così poco tempo non è stato affatto banale. Sono stati svolti 43 incontri in questo periodo, non sono pochi, se ci pensate, è quasi uno ogni tre giorni, per poter fare questo lavoro in maniera appropriata ed adeguata. Grazie a tutti.

     

    Presidente CALIANDRO. Grazie, vicepresidente, per l’illustrazione.

    L’impegno della Commissione, così come è stato fin dai primi giorni della triste vicenda dell’alluvione, è quello di essere convocata in modalità permanente; quindi, fino all’ultimo giorno utile, ci definiamo disponibili ad accogliere ulteriori illustrazioni sia dalla composizione commissariale che da quella interna, evidentemente, dell’Assemblea. Darei adesso la parola al dottor Andrea Colombo. Prego.

     

    Andrea COLOMBO, segretario generale dell’Autorità di bacino del fiume Po. Grazie, presidente.

     

    Presidente CALIANDRO. Proiettiamo le slide.

     

    Dott. COLOMBO. Sì, grazie. Grazie Presidente e grazie ai consiglieri. Ricambio i ringraziamenti al generale Gambardella e a tutta la struttura commissariale, alla vicepresidente Irene Priolo e a tutta la struttura regionale che è stata ricordata anche prima, nonché all’Agenzia che ha il compito di autorità idraulica su questi corsi d’acqua, con cui abbiamo condiviso questi tre o quattro mesi di lavoro, perché si è trattato di fatto di tre mesi.

    I Piani speciali, come è stato richiamato anche prima, sono contenuti in un articolo del DL Alluvioni, in tre righe. Il primo obiettivo era quello anche di dare dei contenuti a queste tre righe del DL Alluvioni. Ci sono state delle ordinanze del commissario straordinario, ma soprattutto abbiamo cercato, e direi che in questo ci siamo riusciti, di inserire in questo documento, che è un documento preliminare, quello che in questo contesto e in questo momento serviva a questa fase di ricostruzione.

    Questo è un punto di partenza, perché è un documento preliminare, non è un punto di arrivo. È stata richiamata la scadenza di giugno, di fine giugno, in cui dovremmo approvare il piano definitivo, che declinerà in programmi di intervento, quindi con un nome, un cognome e un importo, quelle che adesso sono definite in linea preliminare come linee di intervento.

    Andiamo avanti con le slides. In questa presentazione abbiamo cercato di sintetizzare, al netto delle prime tre slide, i contenuti del documento per facilitare una lettura magari di alcune parti. Io spero di tutto, ma magari anche solo di alcune parti. In primo luogo, però, abbiamo richiamato l’organizzazione, il modello organizzativo del gruppo di lavoro che è stato istituito dall’ordinanza n. 22/2024.

    Magari ripeto nelle slide alcune cose che chiaramente sono state dette prima, sia dal Generale che dalla vicepresidente, che ritengo però utili magari anche rappresentarvi con delle slide, in modo da focalizzare maggiormente alcuni passaggi.

    Il gruppo di lavoro è questo: sono circa venti enti e amministrazioni, qua sono richiamati quasi tutti, che vanno dall’Autorità di bacino, che ha avuto questo ruolo di coordinamento tecnico-scientifico per la redazione del Piano, alla struttura commissariale che presiede il gruppo di lavoro, alla Regione nelle sue diverse strutture, alle agenzie regionali, richiamavo prima l’Agenzia di Protezione civile, e tutti gli altri, anche autorità idrauliche, UPI, ANCI, Città metropolitana, ma pure le università, i Carabinieri forestali e ISPRA, quindi anche a livello nazionale.

    La slide successiva richiama un pochino il metodo di lavoro e direi anche un po’ i contenuti che nello sviluppo delle attività sono stati inseriti all’interno del Piano preliminare.

    L’articolo 2, comma 2, dell’ordinanza definisce un po’ i metodi di lavoro e i contenuti del Piano che, di fatto, devono raccordare i primi esiti degli accordi collegiali. Questo perché già prima dell’ordinanza l’Autorità di bacino, insieme alla Regione, insieme all’Agenzia, avevano promosso diversi accordi con istituti di ricerca, università, con la struttura commissariale stessa. Erano partite una serie di attività funzionali anche all’aggiornamento della pianificazione di bacino. Non l’ho detto in premessa, ma questa è un’attività importantissima che stiamo portando avanti, che ci coinvolgerà anche oltre l’approvazione del Piano speciale, ma che ci consentirà su questi bacini che sono contemporaneamente bacini colpiti da un evento alluvionale, ma sono anche bacini che solo recentemente sono confluiti nel distretto del Po in seguito al collegato ambientale del 2015.

    Sapete bene che su questi bacini c’erano delle Autorità di bacino regionali e interregionali, che prima lavoravano all’interno del distretto dell’Appennino settentrionale e che solo recentemente sono confluite nel distretto del Po. Un’attività che dobbiamo necessariamente fare, e l’alluvione ha evidenziato ancor più questa urgenza, è un aggiornamento complessivo di tutti i sei PAI (Piani stralcio per l’assetto idrogeologico) che sono presenti su questi territori al fine di un aggiornamento dei quadri conoscitivi, ma anche per una omogeneizzazione delle direttive, delle norme e dei metodi di delimitazione delle fasce fluviali e dei dissesti con il PAI del Po, che è lo strumento, viceversa, che voi avete in Emilia-Romagna, da Panaro verso Parma, verso il piacentino, che chiaramente è omogeneo su tutto il bacino del Po.

    Tornando alle slide, il Piano speciale preliminare individua, sulla base anche di una ricognizione delle criticità emerse durante l’evento alluvionale, gli interventi già finanziati che hanno delle particolari criticità realizzative situazionali che necessitano di essere inquadrate all’interno del Piano, individua le prime linee di intervento e individua gli indirizzi normativi.

    Su questa slide c’è un po’ il cronoprogramma anche delle attività che sono state svolte per arrivare a fine marzo con l’approvazione dell’altro ieri dalla cabina di coordinamento del Piano speciale preliminare.

    Poi ci sono le attività che traguarderanno a giugno 2024, dove si è già iniziato a lavorare sui quadri esigenziali e le prime proposte di interventi strategici da inserire nel Piano speciale.

    Cercherò rapidamente di scorrere l’indice del Piano, quindi i vari capitoli. Per ciascuno di questi capitoli, abbiamo predisposto alcune slide che ne illustrano chiaramente in sintesi i contenuti.

    Il primo capitolo riguarda il modello organizzativo delle attività. Abbiamo lavorato all’interno di un gruppo di lavoro che, ricordo, racchiude oltre venti enti e amministrazioni, ma era chiaro fin da subito che servivano dei gruppi di lavoro più operativi che scrivessero le parti, i documenti e svolgessero poi tutta l’attività tecnica. Per cui, fin da subito ci siamo organizzati in gruppi operativi. Ne sono stati individuati quattro che vedete scritti nelle slide. Il primo riguardava i corsi d’acqua e tutto il reticolo di bonifica; il secondo riguardava tutto il tema delle frane, dei fenomeni di dissesto di versante; il terzo gruppo la pianificazione urbanistica e tutto il tema delle infrastrutture e delle delocalizzazioni; infine, il tema della gestione della vegetazione ripariale, della vegetazione boschiva e della fauna fossoria.

    Sono stati fatti numerosi incontri che hanno consentito di predisporre il documento.

    Il documento riassume, in sintesi, l’ambito territoriale di riferimento, dove è stato dichiarato lo stato di emergenza. Le figure le vedete molto piccole, ma chiaramente sono tutte figure comprese all’interno della relazione e dei documenti.

    Richiama le caratteristiche generali del reticolo idrografico e gli aspetti geomorfologici, geologici e strutturali dei versanti.

    Il terzo capitolo fa una sintesi degli eventi. Il capitolo 3 fa una analisi degli eventi di maggio. Sintetizza un po’ tutti gli aspetti che riguardano l’idrologia, che sono stati sviluppati anche dalla Commissione tecnico-scientifica. Ricordo l’incontro quattro o cinque mesi fa, a dicembre, in questa sala, l’audizione in cui erano stati presentati i risultati.

    C’è poi il tema delle aree allagate, cioè la perimetrazione delle aree allagate, oltre 800 chilometri quadrati. Forse potrebbero essere anche qualcosa di più, ma è una superficie molto, molto importante. Tenete conto che l’alluvione del 1951, che è l’alluvione che ha rotto il Po, che nel Polesine veneto aveva allagato una superficie di 1.000 chilometri quadrati, quindi siamo molto vicini, lì era stata una rotta suolo, ma era il Po, qua ci sono state innumerevoli rotte di innumerevoli affluenti, ma l’effetto è abbastanza simile ed è abbastanza vicino anche nelle dimensioni.

    C’è il tema dell’individuazione delle rotte e dei dissesti, con una caratterizzazione. Questa attività è in corso. Gli esiti confluiranno poi nel piano di giugno. C’è il tema della perimetrazione delle frane. Sono state richiamate prima 80.000 frane perimetrate con il grosso contributo delle Università di Bologna e di Modena e Reggio, che ringrazio, che lavorano tutt’oggi anche per sviluppare tutte le valutazioni sulle singole dinamiche di frana.

    Sul quadro delle criticità il capitolo 4 è un capitolo importante, perché richiama un pochino le principali criticità sia sul reticolo idrografico sia sui versanti. Siamo andati avanti troppo, se è possibile tornare indietro di una. Se riusciamo altrimenti dico a voce... Grazie. Per quanto riguarda le criticità idrauliche, i temi sono: pressione antropica elevata nei tratti di fondovalle, montani e collinari, noi li abbiamo visti tutti e indubbiamente la pressione antropica c’è, pressione antropica legata ad abitazioni residenziali, insediamenti produttivi, allevamenti, un’agricoltura importante che però hanno occupato, nella quasi totalità, i fondovalle collinari e montani; l’urbanizzazione nella zona pedecollinare di pianura; l’elevata presenza di ponti interferenti e tratti tombinati soprattutto sul reticolo secondario, che poi sono quelli che creano le situazioni di criticità locale maggiori; la trasformazione delle tecniche agronomiche nelle aree collinari e montane; la complessità della rete dei canali di bonifica, di drenaggio in pianura, la canalizzazione dei tratti arginati in termini di lunghezza degli argini e quota delle arginature.

    Noi abbiamo su questo territorio, come purtroppo anche su buona parte del restante bacino del Po, in pianura corsi d’acqua completamente arginati, con arginature realizzate su questi territori a inizi ‘900, molto strette. Lì l’obiettivo non era dare spazio ai fiumi, ma stringere il più possibile lo spazio per i fiumi, a beneficio poi della bonifica di questi territori, che erano prima paludi. Però, questi eventi alluvionali hanno drammaticamente evidenziato come non sia stato sufficiente, non è sufficiente.

    Sui versanti abbiamo l’attivazione capillare pervasiva di frane su un’estensione amplissima; una densità per chilometro quadrato di frane, che mediamente è nell’ordine di 50 frane per chilometro quadrato, ma che arriva a punte anche di 250 frane a chilometro quadrato; l’interessamento di infrastrutture e di edifici. Prima veniva citato, 3.474, lo dico proprio in modo preciso, il numero di edifici compresi nel perimetro delle 80.000 frane o meglio ancora nel perimetro delle 80.000 frane più un buffer che abbiamo valutato di 20 metri lungo questo perimetro.

    Questi grafici – è l’immagine che poi trovate nella relazione – illustrano più nel dettaglio questi numeri che vi ho sintetizzato.

    Il capitolo 5 è un capitolo ancora preliminare, nel senso che comprende più che altro il metodo, i dati utilizzati di input e alcuni primissimi risultati su un’attività importantissima che stiamo svolgendo, che vedrà poi i risultati finali nel piano di giugno, che è l’analisi degli elementi esposti, ovvero una valutazione quantitativa degli elementi potenzialmente esposti, che vengono richiamati, quindi la popolazione, le strade, le ferrovie, le attività economiche, adesso non sto a leggerli tutti, che andremo a valutare in modo quantitativo all’interno di unità elementari, che sono delle griglie irregolari di un chilometro per lato, le sezioni di censimento e i limiti amministrativi comunali. Adesso stiamo valutando se inserirne anche altri, che ci consentiranno di avere il quadro complessivo sull’intero territorio di quelli che sono gli elementi sui quali purtroppo questi eventi hanno impattato in modo molto drammatico e forte.

    Programmazione degli interventi. Nel Piano speciale preliminare dovevano rientrare gli interventi di complessità situazionale realizzativa, questo citava la legge e le ordinanze, cioè quegli interventi già finanziati nelle ordinanze n. 8, n. 13, eccetera, eccetera, ma che per complessità situazionale e realizzativa sono particolarmente complessi in fase realizzativa e necessitano di un inquadramento all’interno del Piano.

    Questi interventi, quindi, sono stati individuati in questo paragrafo 6.1. Sono interventi che riguardano le frane. Sono interventi che per importo superano circa 500.000 euro, che sono stati inquadrati nel capitolo 6.1 e anche in uno specifico allegato, dove potrete vedere delle monografie per ciascuna area d’intervento di questi interventi.

    Dopodiché l’attività dovremmo poi portarla nel Piano speciale definitivo, come dicevo prima, e come dicevano anche gli interventi che mi hanno preceduto, nella programmazione degli interventi; interventi che devono essere però anche gli interventi strategici, perché chiaramente noi parliamo di ricostruzione. Si usa questo termine per rappresentare in sintesi l’attività che stiamo facendo, ma, chiaramente, di fronte a questi eventi, non è pensabile ricostruire come prima, magari diminuendo, come per un evento sismico, la vulnerabilità durante l’evento sismico all’evento, quindi la vulnerabilità sismica durante l’evento alluvionale la vulnerabilità all’alluvione.

    Sugli eventi idrogeologici, e questo lo ha ribadito anche il segretario generale che è stato audito dalla Commissione Ambiente della Camera, perché c’è un disegno di legge sulla ricostruzione – è importante dividere e meglio definire i due eventi, perché non è che la ricostruzione è uguale per la sismica come per l’evento alluvionale, perché durante l’evento alluvionale, cioè in seguito a un evento alluvionale noi dobbiamo agire anche per ridurre la pericolosità, non ci basta diminuire la vulnerabilità degli edifici e delle edificazioni, ma soprattutto dobbiamo agire nella direzione di diminuire la pericolosità degli eventi e quindi fare tutte le analisi che è necessario fare a scala di asta fluviale, perché noi ragioniamo all’interno di un ambito sistemico, che è quello del bacino idrografico.

    Questa cosa è molto importante, da non dimenticare. È la cosa che poi abbiamo fatto innestandola nel Piano speciale, che è stato, come dicevo nella premessa, il grande elemento innovativo.

    Le prime linee di intervento sono suddivise in capitoli, che a loro volta sono suddivisi in parte corsi d’acqua e parte versanti. Per quanto riguarda i corsi d’acqua, gli aspetti chiave sono questi. Maggiore spazio ai fiumi è la parola chiave. Aggiungerei anche il cambio di paradigma, nel senso che non è più possibile pensare di difendersi da questi eventi come ci si difendeva in passato, cioè realizzando degli argini in terra e sperando che le portate di piena siano transitabili all’interno delle arginature, ma bisogna individuare delle strategie.

    Noi qui abbiamo individuato tre ambiti: tratto montano, collinare e pedecollinare, tratto a cavallo della via Emilia, dove ci sono i centri abitati principali, e tratto di pianura dove ci sono i sistemi arginali continui.

    Nel tratto montano, collinare e pedecollinare di fondo valle sicuramente bisogna mantenere le attuali aree di pertinenza fluviali allagabili e allagate, perché non è pensabile non considerarle all’interno dei processi di espansione e laminazione delle piene.

    Dopodiché, all’interno di questo territorio individueremo alcune aree da attrezzare come aree di espansione o come casse di espansione, ma sicuramente l’intero fondovalle, ancorché in parte abitato e insediato, è uno spazio indispensabile per l’espansione della piena. Qui si pone il tema della delocalizzazione, cioè alcuni edifici che sono presenti sarà necessario delocalizzarli o potranno, viceversa, rimanere chiaramente a determinate regole di espansione, a determinate regole di inserimento di misure, lì sì, di riduzione della vulnerabilità, e a determinate regole anche nella manutenzione e nella gestione di quegli argini che prevalentemente sono privati e che difendono delle proprietà private retrostanti.

    Nel tratto in corrispondenza, invece, dei centri abitati, a cavallo della via Emilia, da Faenza, che veniva ricordata prima forse come caso più critico, ma Forlì non è da meno, a Imola, eccetera eccetera, li dobbiamo evitare che i centri abitati si allaghino.

    Questo, secondo me, è l’obiettivo principale che dobbiamo porci, che si pone anche il Piano di gestione del rischio di alluvioni a livello distrettuale. Noi dobbiamo evitare che si allaghino le zone dove maggiormente ci sono gli elementi esposti principali e sicuramente i centri abitati sono fra questi.

    Per far questo, bisogna cercare di laminare a monte, nei modi che vi dicevo prima, le entrate di fondovalle, cercare di ottimizzare il massimo possibile, ne parlavamo con i colleghi dell’agenzia, che sono Autorità idrauliche. Bisogna ottimizzare il più possibile la capacità di deflusso nei tratti urbani. Lì l’acqua non deve uscire assolutamente. Poi ci sono i tratti di pianura. I tratti di pianura sicuramente non sono adeguati al contenimento delle portate che ci potremo aspettare in futuro, anche in seguito ai cambiamenti climatici.

    I sistemi arginati non sono più significativamente incrementabili. Questi sono due concetti che dobbiamo condividere, perché sennò non è pensabile andare avanti. Questi argini sono stati realizzati in parte ai primi del 900, sono stati in parte rialzati e ringrossati. Oltre queste quote non è pensabile andare. Non è che possiamo pensare di salire due o tre metri per contenere, sempre che ci riuscissimo, tutte le portate che ci possiamo aspettare in futuro.

    Cosa si può fare? Bisogna definire le portate e i limiti di progetto, cioè ciò che può confluire in sicurezza all’interno dei sistemi arginati, facendo delle azioni di miglioramento, cioè adeguando localmente, in alcuni casi in quota si può intervenire, dei rialzi locali si possono fare. Bisogna agire nelle sagome, nelle opere di protezione, nelle diaframmature.

    Gli argini per quelle portate limite di progetto devono essere sicuri. In alcuni casi, possono essere anche arretrati, e questo è un altro intervento importantissimo, perché dove ci sono delle strettoie locali ed è possibile allargare gli argini bisogna farlo. Bisogna lavorare sui piani golenali per gestire meglio i sedimenti che nel tempo si sono depositati abbassandone le quote.

    Dopodiché questi interventi ci consentiranno di definire qual è la portata limite di progetto, che può defluire in sicurezza a valle.

    Dopodiché, ciò che è in più bisogna gestirlo, e bisogna gestirlo all’esterno delle arginature con le azioni di tracimazione controllata. Cosa dobbiamo impedire? Noi dobbiamo impedire che si generi un evento superiore alla portata del limite di progetto e che tracimi in un punto a caso e rompa conseguentemente l’argine, perché se l’argine si rompe è un disastro, come avete visto durante l’evento alluvionale. Se l’argine tracima, e può essere opportunamente difeso senza rompersi in alcuni punti dove chiaramente a tergo gli elementi esposti sono minori, è un evento che si riesce a gestire, minimizzando il danno complessivo che una alluvione può portare sul territorio.

    Noi non possiamo chiudere il rubinetto ed evitare che ciò che è avvenuto a maggio dell’anno scorso possa avvenire in passato. Le quantità di pioggia non possiamo interromperle. Sicuramente possiamo gestirle meglio, in modo da minimizzare il danno. Il danno ci sarà, ma bisogna minimizzarlo ad una scala complessiva.

    Siamo ancora al reticolo secondario. Adesso vado un po’ più velocemente. Anzi, tenete il tempo e avvisatemi se sforo.

    Il reticolo secondario è importantissimo, perché chiaramente ha una duplice funzione: ha una funzione di scolo delle acque durante gli eventi di pioggia, ma ha una funzione anche di irrigazione importantissima per la Pianura Padana.

    Gli aspetti chiave sono il potenziamento delle opere di scarico; l’interconnessione tra i reticoli, opere di scarico che sono spesso non a gravità, ma a sollevamento, perché purtroppo la parte terminale è anche sotto il livello del mare, quindi bisogna pompare l’acqua; migliorare le condizioni di deflusso, e anche qua ci sono delle sedimentazioni che bisogna movimentare; realizzare casse di espansione, ottimizzazione delle potenzialità di invaso e anche, aggiungo, collegandomi a quello che dicevo prima, adeguamento strutturale e funzionale di questo reticolo nei tratti interessati dalla tracimazione controllata, perché dove faccio uscire l’acqua in modo controllato dagli argini quando non può stare più dentro, devo attrezzare anche il reticolo di bonifica per portar via l’acqua che fuoriesce compartimentandola magari in certe aree. Questo è un ruolo importantissimo che dovrà avere il reticolo.

    C’è poi il tema della vegetazione ripariale e degli animali fossori. È stata fatta un’analisi accurata su questo tema. La vegetazione ripariale deve essere gestita con programmi a scala di asta fluviale, definendo le tipologie e la distribuzione spazio temporale degli interventi, necessari a garantire quelle scabrezze necessarie a far defluire le portate limite di progetto che citavo prima, tutelando, laddove è possibile, anche il valore naturalistico e paesaggistico lungo il reticolo idrografico, anche se, devo dire per inciso, che la ristrettezza di questi tratti arginali canalizzati fa sì che prevalente debba essere la finalità di deflusso della piena.

    Il tema degli animali fossori sicuramente è un tema importante e centrale, forse non tanto per questo evento, perché la maggior parte delle rotte, soprattutto del secondo evento, sono state per tracimazione, però l’obiettivo di gestire gli animali fossori per evitare che poi l’argine, ancorché ben realizzato, mantenuto, collaudato possa essere oggetto di rottura, perché un animale, che sia un istrice, che sia un tasso, che sia una volpe fa un buco e passa da parte a parte dell’argine, è una cosa che non dobbiamo consentire.

    Quindi, il tema è censire le specie e definire delle densità obiettivo, fare una crono-programmazione degli interventi e avviare un’attività capillare di monitoraggio e di controllo.

    Veniamo alle norme, agli indirizzi normativi e ai regolamenti. Veniva citata prima l’adozione delle misure di salvaguardia. Questi indirizzi, che adesso brevemente vi illustro, sono scritti nel Piano speciale, ma saranno inseriti in un decreto del segretario generale che li adotta come misure temporanee di salvaguardia.

    Abbiamo cercato di collegare il DL Alluvioni con la normativa già in essere, perché noi abbiamo un codice dell’ambiente, che è il decreto legislativo n. 152, che prevede già che il segretario generale, nelle more dell’aggiornamento della pianificazione di bacino, che è la cosa che stiamo facendo, come vi dicevo prima, possa adottare delle misure temporanee di salvaguardia.

    “Temporanee” vuol dire che durano tre anni o durano fino all’approvazione dell’aggiornamento della pianificazione, che sicuramente sarà prima dei tre anni. Queste regole e queste norme le abbiamo condivise nel gruppo di lavoro, scritte nel Piano speciale e il segretario gli dà anche la cogenza giuridica, ai sensi del codice dell’ambiente e della normativa nazionale.

    Parto dall’ambito di applicazione. L’ambito di applicazione sono le aree allagate durante l’evento di maggio, così come perimetrate dall’Agenzia di Protezione civile, alcune aree delimitate dalle fasce fluviali dei PAI precedenti dell’ex Autorità di bacino, che abbiamo ritenuto opportuno inglobare. Sono le zone più prossime all’alveo e alle zone di pertinenza fluviale. Abbiamo ritenuto opportuno inserirle qua in modo da dare una norma unica, essendo presente in sei PAI diversi. Abbiamo ritenuto opportuno ricomprenderla lì dentro.

    L’ambito è, su queste aree, al di fuori del territorio urbanizzato. Quindi, al di fuori del territorio urbanizzato e all’interno di queste aree sono state fissate delle disposizioni relative all’attività edilizia ammissibili e quelle da escludere, sulle quali non entrerei in questo momento. C’è una pagina della relazione che se andate a prendere il capitolo 7, paragrafo 7.1 è scritta in modo molto dettagliato e preciso. È stata scritta anche insieme all’architetto Capucci – che adesso è uscito un attimo – ed è stata scritta insieme comunque al settore urbanistica della Regione, nonché alla Direzione Difesa del suolo. Sono definiti anche tutti gli interventi sulle opere e sulle infrastrutture pubbliche e di interesse pubblico.

    Dopodiché è inquadrato quello che dovrà essere il processo di delocalizzazione, che parte da un’azione che comunque deve essere necessariamente in capo ai Comuni, perché la valutazione locale di dove sono gli abitati maggiormente a rischio e anche disponibili poi a essere localizzati, perché chiaramente per la delocalizzazione dobbiamo essere d’accordo in due non è che possiamo imporla, a meno di casi particolari. I Comuni, quindi, devono procedere a questa valutazione a scala locale, ma già nel Piano speciale abbiamo scritto che noi cercheremo di fare, nell’ambito del gruppo di lavoro, una ricognizione di tutti questi immobili, in modo da avere anche un importo economico da mettere nel Piano speciale, che poi dovrà essere declinato mediante appositi atti della Regione Emilia-Romagna per definire i criteri per l’accesso ai finanziamenti da inserire nel Piano speciale.

    Vengo ai ponti. Anche questa, come è stato detto prima, è un’attività importantissima. È stata fatta congiuntamente agli enti proprietari e gestori. È stata richiamata anche prima. Le posizioni all’inizio non erano perfettamente allineate, anche perché purtroppo non è presente a livello nazionale una norma unica. Noi arrivavamo dalla esperienza del PAI del Po, che riguarda i territori del Po, dove da fine anni Novanta avevamo una direttiva che riguardava proprio i ponti e le infrastrutture. È stato uno dei primi atti assunti dall’allora segretario generale, professor Passino, che ha sempre governato la gestione delle infrastrutture, sia nuove sia esistenti, nel bacino del Po.

    Cosa abbiamo cercato di fare? Abbiamo cercato di prendere le cose buone di quella direttiva, che peraltro deve essere anche quella aggiornata, e la aggiorneremo, e l’abbiamo cercata di declinare in questo contesto. I passaggi fondamentali sono questi tre: valutazione di compatibilità idraulica, cioè su ogni ponte bisogna che l’ente proprietario gestore faccia una valutazione di compatibilità. È un check che bisogna fare. Bisogna capire questo ponte come interferisce sul deflusso, quali sono le condizioni di sicurezza del ponte, quali sono le condizioni di criticità che il ponte induce sul territorio. Il ponte ha un duplice effetto: sia l’effetto della piena sul ponte, che mette a rischio il ponte, ma anche l’effetto del ponte che induce un rischio, poi, sul territorio.

    Bisogna individuare gli interventi di adeguamento e ‒ abbiamo aggiunto ‒ di miglioramento. Questo concetto sul Po non c’era. È stato molto utile il confronto per inserire anche il tema del miglioramento. Sappiamo bene che è necessario adeguare i ponti, ma sappiamo bene anche che certi ponti, purtroppo, non possono essere adeguati al 100 per cento dei criteri, delle prescrizioni definite in norma.

    Il franco di un metro o ancorché di un metro e mezzo, come prevede la norma nazionale, spesso non è possibile raggiungerlo, a meno di demolire e ricostruire il ponte. In alcuni casi bisogna farlo, ma in altri casi, magari, è possibile anche migliorare e gestire il ponte con quelle che devono essere le condizioni di esercizio transitorio. Questo è molto importante. Le condizioni di esercizio transitorio devono definire le modalità di gestione del ponte durante gli eventi di piena e gestire anche tutte quelle attività di manutenzione, sia dell’opera che dell’alveo intorno al ponte, che devono essere effettuate dall’ente proprietario e dal gestore del ponte, chiaramente coordinandosi con l’autorità idraulica competente.

    Passiamo ai versanti. Vado rapidamente a chiudere sui versanti. Anche qua troverete declinate, più o meno nello stesso ordine di paragrafi, tutte le tematiche relative ai versanti, a partire dalle prime linee di intervento, che riguardano gli interventi non strutturali e gli interventi strutturali di tipo estensivo. L’attività di previsione, sorveglianza, monitoraggio, regolamentazione dell’uso del suolo (a questo ci arriviamo anche dopo), il tema degli interventi estensivi, la stabilizzazione dei versanti, il mantenimento e il ripristino di condizioni di equilibrio geomorfologico, la valorizzazione del paesaggio sono sicuramente aspetti importantissimi da mettere in atto.

    Per quanto riguarda gli aspetti chiave degli interventi, viceversa, più intensivi, perché, chiaramente, dobbiamo agire anche sulla singola frana, abbiamo sviluppato questa attività, che è in corso di completamento. Se andiamo alla slide successiva, c’è un’immagine che, forse, rende più l’idea. Abbiamo cercato di individuare, secondo schemi semplici, le diverse tipologie di frane presenti che si sono verificate e le diverse tipologie di elementi esposti impattati dalle frane. In questo caso sono le strade, ma ci sono casi analoghi sulle abitazioni. Per ciascuna di queste tipologie di frane e di elemento esposto impattato abbiamo definito e stiamo definendo delle schede tipo di intervento, che danno sezioni tipo, come intervenire, in che modo intervenire. Faremo anche dei prezziari, quindi anche dei costi. Questo a supporto del soggetto esecutore, che dovrà intervenire, in modo da avere anche un’omogeneità di approccio, a parità, chiaramente, di frane e di elemento impattato.

    L’altro aspetto importante riguarda gli indirizzi per la gestione forestale. È stato descritto in modo molto dettagliato il ruolo. Questa è un’attività coordinata dal commissario, che ha avuto un ruolo importante, come prima anche per la vegetazione ripariale e gli animali fossori. C’è stato un ruolo importante di ISPRA, dei carabinieri forestali e anche dei settori regionali competenti. È importante una programmazione di interventi di gestione della vegetazione di versante, inquadrata all’interno dei piani forestali di indirizzo territoriale, che sono i piani di area vasta, e poi declinata in piani di gestione forestale. Ci si sta già lavorando, a partire da due bacini pilota. L’intenzione è quella di ampliare all’intero territorio coinvolto.

    Vado a concludere. L’ultima slide riguarda ‒ anche questa ‒ il tema delle norme e della regolamentazione, sia norme di pianificazione urbanistica sia delocalizzazioni. Sono abbastanza simili, ancorché con qualche specificazione, chiaramente, perché è una frana e non un’alluvione. Volevo soffermarmi solamente sull’ambito di applicazione. Qui ci sono le frane mappate nell’ambito collinare montano. Sono quelle circa 80.000 frane, a cui abbiamo aggiunto un perimetro, quello che ho chiamato prima “buffer”, cioè un perimetro di 20 metri sul bordo di frana. La frana può evolvere. 20 metri abbiamo valutato ci potessero, in questo momento, tutelare da possibili evoluzioni. Ci sono, poi, le norme, sulle quali non entro.

    Mi sono dimenticato di dire una cosa. Poi vediamo rapidamente gli allegati alla relazione. Una cosa da dire è che, sia per quanto riguarda le aree allagate sia per quanto riguarda le frane, abbiamo previsto, sia nelle misure temporanee di salvaguardia sia nel piano speciale, un’azione di eventuale revisione. Abbiamo operato al meglio, ma l’ampiezza del fenomeno non può escludere che alcuni aggiustamenti locali possano essere fatti, sia in più sia in meno. C’è un processo all’interno del quale eventuali conoscenze disponibili a livello locale possono essere acquisite e inserite all’interno delle perimetrazioni, sulle quali, poi, vigono le norme.

    Detto questo, una rapida rassegna degli allegati. Quella che vi ho illustrato è la relazione di piano. Sono circa 60 pagine. Per arrivare alle 1.000 pagine che diceva prima la vicepresidente, bisogna aggiungerci questi dieci allegati, che vi vado a leggere. Leggo solamente i titoli. L’Allegato 1 riguarda l’attività di perimetrazione delle aree allagate. L’Allegato 2 è analogo e riguarda la mappatura dei movimenti franosi. Poi ci sono le schede monografiche del reticolo principale a scala di corso d’acqua, che sono state richiamate anche nell’intervento della vicepresidente. È un materiale molto prezioso. Sono state scritte una per una, confrontandoci con la Regione, con l’Agenzia di protezione civile, che è l’autorità idraulica competente. Racchiudono tutta una serie di elementi molto utili sulle linee di assetto sulle singole aste fluviali. Analoghe schede monografiche sono state fatte sul reticolo secondario di pianura, con il prezioso contributo dei Consorzi di bonifica e di ANBI. Spero di non dimenticarmi nessuno. L’Allegato 5 riguarda il tema degli elementi esposti, che stiamo svolgendo, che nell’Allegato 5 è presente solamente come prototipo degli elaborati che saranno presenti nel documento di luglio. L’Allegato 6 riguarda, invece, queste monografie degli interventi più urgenti e complessi, quelli dell’ordinanza 13, che riguardano le frane e che ‒ come dicevo prima ‒ hanno singole monografie, singole schede, frana per frana, intervento per intervento. L’Allegato 7 riguarda la vegetazione ripariale e la gestione forestale dei versanti. L’Allegato 8 riguarda gli animali fossori. L’Allegato 9 riguarda il tema della valutazione della compatibilità idraulica dei ponti, ed è l’allegato che ‒ come dicevo prima ‒ è stato redatto partendo dalla Direttiva del Po sui ponti, ottimizzandola e adattandola al contesto. L’Allegato 10 riguarda il catalogo degli interventi di consolidamento dei versanti, cioè quell’esempio che vi ho fatto vedere, queste schede che riassumono un pochino, anche con l’indicazione dei costi e dei prezzi, come intervenire in funzione della tipologia di frana e di elemento esposto. Ho finito. Vi ringrazio anche della pazienza con la quale mi avete ascoltato in questo lungo intervento. Spero di essere stato chiaro.

     

    Presidente CALIANDRO. La ringrazio molto, anche per la sua relazione interessante e utilissima.

    A questo punto, rivolgendomi ai consiglieri e all’interazione che, evidentemente, deriva dall’illustrazione, segnalo che il vicepresidente Occhi mi chiede di intervenire da remoto. Se alcuni dei presenti o di coloro che ci seguono da remoto volessero fare altrettanto, li invito a scriverlo.

    Abbiamo i colleghi Occhi, Rontini e Evangelisti. Chiamiamo prima il collega Occhi. Prego.

     

    Consigliere Emiliano OCCHI. Grazie, presidente. Grazie per l’esposizione e per il grande lavoro svolto da tutto il gruppo di lavoro. È stato sicuramente difficile mettere a sistema tutte le componenti (anche in ultimo lo si vedeva): la parte forestale, la parte ambientale, la parte idraulica, la parte geologica e idrogeologica.

    Io parto subito con una domanda. Si diceva che siamo nelle more dell’aggiornamento dei PAI. Alla fine, quando saranno completati questi piani speciali e si andrà a finire la redazione dei nuovi PAI, questi piani speciali confluiranno in parte nei nuovi PAI e in che modo si relazioneranno, per esempio, con gli altri piani? Per esempio, il PGRA (Piano gestione rischio alluvioni). Se si andranno, quindi, ad aggiornare vicendevolmente, come si parleranno questi nuovi strumenti.

    Alcune considerazioni. Sicuramente noto un cambio di paradigma importante. Non so se nell’intervento dell’Autorità di bacino, dell’autorità commissariale, però, rispetto ai dibattiti che abbiamo fatto nel post alluvione, credo ci sia stata una svolta. Parlo in particolare della parte idraulica e di gestione fluviale. Come sapete, nel dibattito del post alluvione si è parlato molto, per esempio, della gestione dei fiumi, in particolare della gestione del sedimento fluviale, della gestione della vegetazione ripariale, degli animali fossori e, in generale, della manutenzione dei corpi fluviali. Si è parlato tanto degli accumuli di sedimento attorno alle pile dei ponti, i fiumi, le occlusioni, quasi, addirittura, di alcuni fornici, alcune arcate dei ponti. Ci fu un dibattito. All’interno di questo dibattito si disse ancora, fino all’ultimo, che vi era una grande difficoltà nel poter andare ad agire all’interno dei fiumi, per esempio per la rimozione delle ghiaie, delle sabbie, dei sedimenti in eccesso.

    Ebbene, conosco benissimo il dibattito anche all’interno della comunità scientifica, quali sono state le conseguenze, per esempio, delle estrazioni in alveo a partire dal secondo dopoguerra (l’abbassamento delle pile dei ponti, la caduta delle briglie), però era sicuramente importante ribadire il fatto che le situazioni andassero verificate caso per caso. Da lì ho iniziato a interessarmi di quelli che erano i piani di gestione dei sedimenti, piani di gestione che erano previsti già all’interno dell’attuale PAI. Pare che, a parte alcune zone dell’asta del Po, questi piani di gestione dei sedimenti non siano stati realizzati all’interno delle altre aste fluviali, in particolare quelle appenniniche dell’Emilia-Romagna.

    Questi piani di gestione dei sedimenti sono proprio quelli che ti vengono a dire in quali condizioni, in quali momenti noi possiamo capire se il fiume è in una fase di sovralluvionamento o in una fase di erosione, quindi capire se effettivamente, in alcuni casi, rimuovere della ghiaia, della sabbia dove si ritiene più necessario.

    Se andiamo a vedere alcune zone, sia quelle alluvionate, ma anche alcune zone, per esempio, della mia provincia di Parma, alcuni bacini fluviali, è evidente come l’accumulo di sedimento, di ghiaia e di sabbia sia importante, anche al di sotto dei ponti, vicino alle infrastrutture stradali, come vi sia un grande momento di sovralluvionamento negli ultimi anni, negli ultimi periodi, negli ultimi decenni.

    Questo piano speciale, dove noi andiamo a parlare della possibilità di procedere caso per caso anche alle valutazioni idrauliche nei confronti delle infrastrutture dei ponti, credo sia molto importante. È importante anche perché noi dobbiamo gestire le ghiaie, le sabbie e i sedimenti anche per una necessità dei nostri Comuni. Parliamo sempre di economia circolare. Noi sappiamo che questi grossi problemi di dissesto idrogeologico, anche nei confronti delle nostre infrastrutture, specialmente quelle comunali... Sappiamo che i Comuni sono sempre molto in difficoltà. C’è bisogno di inerti, c’è bisogno di ghiaia, c’è bisogno di sabbia per il ripristino. Sono sempre meno anche le cave e i cavatori sul territorio. Parliamo di Comuni. Parliamo anche di attività estrattive, che sono sempre più in difficoltà e sono sempre meno. Parliamo sempre di zone di montagna, visto che all’interno di questo piano si parla anche di spopolamento. È importante, quindi, anche la gestione delle attività imprenditoriali.

    Credo sia sicuramente positivo il fatto che, all’interno di questo piano speciale, si parli della valutazione, caso per caso, della possibilità di esportazione, per esempio, e della gestione dei sedimenti fluviali.

    Altra cosa importante, secondo me, è il focus che c’è stato sulla vegetazione ripariale. Anche qui, c’è sempre un dibattito se la vegetazione ripariale sia funzionale o meno a un aumento della scabrezza, quanto questa scabrezza sia importante nella diminuzione dell’importanza delle piene. Anche la valutazione che avete fatto sulla diversità tra i fiumi in montagna e i fiumi nelle basse pianure è sicuramente importante.

    Altra cosa interessante e diversa rispetto al passato riguarda il fatto di ritenere che abbiamo delle pianure alluvionali e che se vogliamo che i nostri cittadini, le nostre aziende, le nostre imprese continuino ad abitare quei territori è necessario mettere in atto degli interventi infrastrutturali, anche importanti, valutati caso per caso. Sicuramente devono essere fatti degli interventi.

    Un passaggio lo farei sui fossori. Io ho letto la relazione citata dalla vicepresidente Priolo, la relazione Bratti, diciamo così, in cui si dava molta importanza agli eventi meteorologici. Sicuramente è stato così. Ricordo, però, che, sia da parte dei miei colleghi di opposizione che di altri professionisti che operano sul territorio, mi è stato segnalato che c’è stato il problema del sormonto, ma, circa il problema dei fossori, sono state individuate grandissime attività, anche in Romagna. Anche su questo ‒ lo dico per gli ospiti di oggi ‒ c’è stato un grosso dibattito all’interno del nostro Consiglio regionale. C’è ancora qualche collega della maggioranza che sostiene che gli animali fossori abbiano una limitata importanza rispetto a quello che può essere un degrado nei confronti dei rilevati arginali.

    Ricordo che ci sono ancora delle pianificazioni, dei programmi che vorrebbero la tutela degli animali fossori. Si parla di aree di contenimento, di aree di tutela di questi animali. Credo che, invece, in questo piano speciale vi sia stata la parola “fine” sull’importanza di contenere questo tipo di animali.

    Una cosa che ritengo importante, però, è quando avete parlato del tema dei proprietari delle infrastrutture (ponti, strade). Sicuramente il tema è complesso. Noi abbiamo a che fare con tanti enti. Li avete citati: ANAS, RFI, Province, Comuni. Se parliamo di grandi enti, questi possono avere le spalle larghe, la forza e anche gli uffici tecnici per gestire la pulizia e la manutenzione degli alvei fluviali che interagiscono, che impattano con le infrastrutture. Quando andiamo, invece, a parlare di Comuni e di ponti e strade comunali, la situazione diventa un po’ più complessa. Io me ne sono interessato recentemente. Si fa riferimento ancora a un regio decreto del secolo scorso, in base al quale la manutenzione è in carico al proprietario dell’infrastruttura. Ripeto: quando c’è un grande ente, come può essere ANAS o RFI, vi è la forza, forse, di fare interventi. Piccoli Comuni o anche medi Comuni cominciano a essere in grave difficoltà. Sapete bene che le strutture tecnico-operative dei Comuni si sono sempre più impoverite negli ultimi anni. Sicuramente, quindi, c’è una complessità.

    Un’altra complessità riguarda l’interazione di questi grandi enti, di questa miriade di enti nella risoluzione di alcuni importanti nodi idraulici. Per esempio, in alcune zone in cui c’è interazione tra strade, ferrovie, autostrade, aree fortemente industrializzate, urbanizzate, ci sono nodi idraulici e le competenze sono distribuite tra i diversi enti, tra le diverse aziende, le grandi aziende (Autostrade e RFI). Spesso si rischia di perdersi in lungaggini burocratiche anche per piccoli interventi o, meglio, interventi di risoluzione di nodi idraulici che, poi, rischiano di essere fondamentali. Secondo me, anche in questo caso, nel piano speciale ‒ poi lo leggeremo nelle sue 1.000 pagine ‒ credo che un focus importante debba essere fatto anche su questo. La pianificazione è importante, ma è importante anche come, poi, si riescono a realizzare gli interventi in breve tempo. Ci sono ancora dei nodi idraulici che devono essere risolti. Chiudo sul tema degli invasi. Se n’è parlato. Abbiamo bisogno di grandi invasi. Non è tema del piano speciale, però credo che un focus vada comunque fatto, per continuare a mantenere alta l’attenzione. Vi ringrazio.

     

    Presidente CALIANDRO. Grazie, collega Occhi. La parola alla collega Rontini.

     

    Consigliera Manuela RONTINI. Grazie, presidente. Ringrazio in primis la vicepresidente Priolo, assessora alla Protezione civile, per il continuo e incessante lavoro che sta facendo sui nostri territori, con una presenza quotidiana, e per aver affiancato in questo lavoro di elaborazione anche l’Autorità di bacino e la struttura commissariale. Saluto sia il dottor Colombo che il generale Gambardella. Ringrazio anche loro per il lavoro fatto. Volevo fare qualche domanda e qualche velocissima valutazione politica. Mi sono chiari i tempi rispetto all’approvazione definitiva del 30 giugno. Vorrei capire meglio l’iter. Vorrei chiedere alla Commissione se è possibile, anche per chi, come me, non fa parte della III, ma ha sempre partecipato ai lavori della stessa a seguito dell’alluvione, venendo da un territorio colpito, avere copia della documentazione utilizzata stamattina, le slide, ma anche e soprattutto il documento, il piano. Vorrei capire qual è l’iter. Alcune cose le so, la vicepresidente me le ha dette, però vorrei capire qual è il termine di confronto che di lì al 30 giugno porterà all’approvazione definitiva, anche per capire come i territori, le amministrazioni locali, i comitati dei cittadini possono avere un’interlocuzione. Questi ultimi, naturalmente, soprattutto perché siano nelle condizioni di avere informazioni chiare, che possano aiutare noi Istituzioni a diffonderle, in termini di consapevolezza, alla popolazione. Un lavoro che, in alcuni casi, nel mio territorio stanno facendo con grande collaborazione, e per questo li ringrazio.

    Vorrei capire meglio anche sul tema della moratoria, della salvaguardia, quella parte lì, qualche dettaglio in più. Non vi nego che mi è chiara l’esigenza di mettere in sicurezza idraulica il territorio, a seguito di quello che è successo, a seguito degli esiti della Commissione Bratti, che ci ha consegnato una fotografia da cui non possiamo più prescindere nella sua complessità. È chiaro che le esigenze di sicurezza idraulica ‒ se vogliamo, dico una cosa banale ‒ vanno tenute insieme a quelle più in competitività nei territori. Immaginare un territorio non urbanizzato allagato, misure di sicurezza necessarie e doverose che, però, porteranno a una serie di possibilità per un tempo anche abbastanza lungo, mette questi stessi territori nelle condizioni di avere una competitività diversa rispetto ad altri prossimi che non hanno avuto fenomeni di allagamento.

    Faccio due velocissime considerazioni politiche riguardo al tema degli animali fossori, su cui anche la Commissione Bratti, come ricordava il collega Occhi, si è espressa. Si è espressa nei termini di quello che è successo. Io provengo da Faenza. È stato citato prima il tema delle frane di Modigliana, che si sono riversate nel Marzeno, che è all’ingresso della città. Nella confluenza con il Lamone ha causato tutto quello che perlomeno noi faentini conosciamo. Sono 20.000 su 58.000 i cittadini della mia città che hanno subìto le conseguenze di quello che è successo. A Faenza non abbiamo avuto argini rotti da animali fossori. Abbiamo avuto casi di sormonto. Questo bisogna ribadirlo. Proprio la settimana scorsa, con la vicepresidente, il generale Figliuolo, la struttura di Protezione civile, siamo andati a visitare i lavori in essere nel cantiere più grande, mi pare con l’Agenzia regionale di Protezione civile, in località Saldino e Reda, dove comunque si sta intervenendo, ad esempio, mettendo le reti nella ricostruzione degli argini, proprio per impedire che eventualmente anche gli animali fossori possano intervenire.

    Ho raccontato questa cosa veloce perché auspicherei, ... Lo vado dicendo da un po’ di tempo, anche in aula e in tutte le occasioni che mi sono date e che mi saranno date. Seppur in maniera elegante, lo riconosco al collega Occhi, la mia è comunque una riflessione più generale. Se provassimo a superare a 10-11 mesi di distanza da quello che è stato il tema della polemica o il tema del puntare il dito sulle cause, perché chi in quei territori ci vive oggi vuole sapere due cose: come potrà vivere in condizioni di maggiore sicurezza, e questo piano ci fa fare un altro passo avanti in quella direzione, facendo fare a tutti i soggetti che hanno responsabilità lungo le aste, nella loro gestione, cambi di marcia, cambi di approccio, valutazioni diverse, anche quelle eventualmente fatte in passato, quindi condizioni di maggiore sicurezza, da una parte, e quando potranno accedere alle risorse necessarie per ricostruire le loro abitazioni e le loro aziende. Le polemiche nei territori colpiti non interessano a nessuno. Anche delle colpe interessa poco. Vorrebbero vedere tutto il sistema delle Istituzioni, a partire dalla struttura commissariale, passando per l’Autorità di bacino, dalla Regione Emilia-Romagna, dai Comuni, che hanno anche colori politici diversi, in campo per assicurare queste due cose: più sicurezza e le risorse necessarie promesse. Auspico che supereremo questo dibattito sterile e che ci metteremo a lavorare insieme per consegnare ai nostri cittadini, in termini di sicurezza e in termini di rimborsi o di responsabilità diverse che sono in campo, quello che ci chiedono. Grazie per il lavoro che avete fatto.

     

    Presidente CALIANDRO. Grazie.

    Prima di dare la parola alla collega Evangelisti, preciso che, come da prassi, anche in questa Commissione la documentazione di seduta è stata inviata a tutti i colleghi (potete collegarvi al link per accedere a ciò che è stato proiettato), che al termine di questa seduta verrà pubblicato, come da prassi, sulla pagina internet tutto il resoconto delle attività svolte e che, sempre come da prassi, nella documentazione Demetra ci sarà anche il resoconto finale, appena pronto.

    La parola alla collega Evangelisti.

     

    Consigliera Marta EVANGELISTI. Grazie, presidente. Anche da parte del Gruppo di Fratelli d’Italia un ringraziamento al generale Gambardella, al direttore Colombo, alla vicepresidente Priolo, all’agenzia e a tutto l’apparato organizzativo e tecnico della Regione Emilia-Romagna per il lavoro che si sta svolgendo, un lavoro che ci conforta, un lavoro che ci dà una restituzione importante, e che ci dà l’idea anche di un modus operandi preciso e puntuale del fatto che non si stia sicuramente perdendo tempo, ma che ci siano anche una consapevolezza e una visione diversa. Nella complessità di quanto ci è stato restituito, perché è un lavoro complesso anche per noi, credo che almeno in gran parte non siamo tecnici, complesso anche da comprendere prima facie in una restituzione immediata come quella che è stata fatta, che però ci dà consapevolezza del fatto che si sta agendo per questa fase transitoria, anche guardando al futuro. Ci sono alcuni aspetti importanti che sono emersi, che vanno sottolineati non per fare polemica, perché almeno da questi banchi non si è mai voluta fare una polemica strumentale fine a sé stessa rispetto all’alluvione. Sicuramente è un problema che è stato sentito da chi abita quei territori, della Romagna o dell’Appennino, ma credo da tutta la Regione e dalla nazione intera. Credo che il Governo con la sua attenzione puntuale abbia dimostrato in Emilia- Romagna, come in Toscana e come nelle Marche, che non si poteva fare diversamente. Nella restituzione ci è stato detto come vi sarà un’attenzione particolare nel preservare l’entroterra appenninico e i territori montani, evitando lo spopolamento. Era una preoccupazione che più volte è emersa nelle sedi di Commissione e anche nell’aula con toni non sempre distesi. È una preoccupazione che da parte del Gruppo di Fratelli d’Italia c’era: la montagna, l’Appennino è un territorio che è da sempre attenzionato, e su cui l’alluvione ha creato sicuramente un problema ulteriore. Auspichiamo che anche con i contributi provenienti dalle amministrazioni locali si possa andare con il costrutto che si sta dimostrando in questa direzione.

    Prendiamo atto, non per fare polemica, che negli obiettivi e nei moduli vi sia un’attenzione particolare per quelli che sono gli interventi rispetto alla vegetazione ripariale. Ne abbiamo discusso più volte. Sicuramente una restituzione importante è stata anche quella della Commissione di

    approfondimento, che abbiamo ritrovato nelle parole del professor Brath, che però aveva parlato, forse in Commissione sorvolando sul tema, ma – chi ha letto la relazione sicuramente lo avrà notato – anche di cura e manutenzione del patrimonio boschivo. Io guardo agli uffici della Regione e alla vicepresidente, e mi permetto di ricordare che sicuramente è importante intervenire sulla vegetazione ripariale, ma che ci sono Comuni che da tempo chiedono di poter intervenire anche sul bosco, quindi cura e manutenzione del bosco, ma anche di poter usufruire del bosco laddove vi sono castagneti da frutto, perché questo vuol dire avere un piccolo sostentamento per alcune attività, ma anche operare in quel contesto e contestualmente anche dal punto di vista di preservare il territorio.

    Oggi le pratiche sono complesse. Oggi quella pratica di coltura è equiparata ad altre situazioni, quindi i Comuni chiedono uno snellimento di quella norma, e questo a mio avviso contribuirebbe ad andare in quella direzione. Altra attenzione agli animali fossori. Oggi non abbiamo in Commissione la collega Zamboni, che si è sempre surriscaldata anche soltanto alla dicitura “animali fossori”. In realtà è un problema che va attenzionato, sicuramente in collaborazione con l’Istituto superiore, com’è stato citato, per contemperare tutte le sensibilità.

    La vicepresidente Priolo ha parlato di un piano che non deve essere soltanto un adempimento normativo, ma che vuole essere un adempimento innovativo. Ci sia consentito di dire che in qualche modo è anche un intervento riparativo. Lo diciamo non per cercare una colpa, ma per dare restituzione ai molti cittadini che spesso hanno segnalato problematiche che sono passate in secondo piano e che oggi trovano diritto di cittadinanza.

    Voglio ricordare che nel canale Ravone non c’erano i pesci rossi, ma abbiamo trovato tronchi, rami e quant’altro. Quindi, a maggior ragione, l’attenzione deve essere fondamentale e puntuale sulla cura e sulla manutenzione del territorio.

    Detto questo, avrei due domande: intanto, vorrei restituire alla vostra attenzione il fatto che ci sono molti territori che sono stati colpiti dall’alluvione, soprattutto in Appennino, che non hanno avuto frane immediate, ma che sono stati investiti da piogge copiose e successive, quindi non rientrano propriamente nella fase alluvione, ma in una fase successiva.

    Rispetto a questi territori i proprietari oggi sono chiamati ad intervenire rispetto a strade, rispetto a situazioni pubbliche. Non è semplice: non è semplice per i Comuni che devono gestire queste situazioni, ma non è semplice per i privati, che magari si trovano a dover intervenire su una scarpata franata, semplicemente perché sono proprietari di un bosco di cui non hanno mai fatto uso. Questo è un problema che credo che tutti noi dovremo tenere in considerazione.

    La seconda considerazione che mi viene da fare è che ci è stato detto come l’Emilia-Romagna sia risultata una delle zone più surriscaldate del 2023. Credo che questo imponga una riflessione anche rispetto ai piani che questa Regione ha adottato. Occorre quindi chiedersi anche perché questo è successo, e poi come intervenire anche rispetto a quei piani.

    La domanda è questa: abbiamo parlato di delocalizzazione, di consumo di suolo rispetto alla legge 24/17 dell’Emilia-Romagna. Il presidente Bonaccini è intervenuto rispetto a questo tema dicendo di aspettarsi un intervento a livello governativo nazionale, ma è intervenuto affermando che nell’Assemblea legislativa, l’assessore Lori ha riferito che nelle zone alluvionate non si sarebbe più ricostruito.

    Io allora alla luce di questa restituzione importante odierna, che ci dice invece che comunque nei territori alluvionati vi saranno situazioni di delocalizzazione, ci saranno situazioni in cui si vedrà se ricostruire o meno, e altre in cui si ricostruirà, io chiedo come sta insieme tutto questo con l’affermazione del Presidente, che dice che nelle zone alluvionate non si ricostruirà più. Questo anche al fine di comprendere e di poter dare poi un contributo fattivo all’opera di questo gruppo, ma anche di tutto il contesto dell’Assemblea legislativa. Grazie.

     

    Presidente CALIANDRO. Collega Pompignoli.

     

    Consigliere Massimiliano POMPIGNOLI. Grazie, presidente.

    Mi unisco ovviamente ai ringraziamenti dei colleghi per la presenza del Generale e della vicepresidente per questo importante momento, che certamente era molto atteso, proprio in ragione del fatto che la celerità nel fare questi programmi va al passo con la tranquillità che i cittadini si devono aspettare rispetto a come le istituzioni stanno affrontando questo problema.

    Ovviamente non abbiamo visto il documento, quindi dovremmo entrare in un’analisi più dettagliata rispetto a quella che sarà la visione di questo documento. Abbiamo visto queste slide e alcuni interrogativi ci si pongono, soprattutto in ragione del fatto che purtroppo siamo sempre il “Paese del dopo”: cioè, quando arriva e succede l’evento, poi ci mettiamo lì e cerchiamo di capire come evitare che si ripeta questo evento.

    In questo contesto, ovviamente, mi viene da pensare, rispetto a quello che è stato attualmente detto, che tutto quello che oggi ci prefiguriamo come attività di messa in sicurezza del territorio, il sistema idrogeologico, doveva certamente già essere stata fatta.

    Da questo punto di vista, un minimo di pensiero va a quanto si è fatto, o non si è fatto nel corso degli anni, e quante misure di sostegno economico sono state messe a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna, proprio per preservare il territorio.

    Oggi ci troviamo infatti a dover dire: tagliamo, manuteniamo meglio i fiumi, passiamo con gli animali fossori e facciamo misure di contenimento per quanto riguarda gli argini. Insomma, tutta una serie di attività che certamente devono essere messe in campo, ma che dovevano essere messe in campo probabilmente molto prima.

    Arrivo ad alcune domande – le considerazioni dal punto di vista politico le faremo quando avremo la documentazione totale da visionare –: la parte molto importante, e qui riprendo un po’ le parole della collega Rontini, è quella che i cittadini dei territori che sono stati colpiti chiedono di comprendere: chiedono, se ad esempio in questo maggio si dovesse verificare un evento di quella portata, se questo evento, cioè quello che è successo è teoricamente evitabile oppure no, cioè allagamento del territorio, questo in questo preciso momento. Se cioè io oggi vado a Forlì, vado a Faenza, e mi chiedono “se dovesse ripetersi questo evento, oggi la situazione cambierebbe rispetto a un anno fa, oppure siamo messi nello stesso modo?”. La percezione oggi, infatti, purtroppo è questa: appena noi si vede, in questi giorni vediamo tante piogge, siamo tutti lì, vicino agli argini del fiume per capire come siamo messi, e non dormiamo la notte. Questo è il tema fondamentale, cioè, sicurezza e capire la percezione che oggi ha la Regione, la struttura, in questo caso, di cosa potrebbe capitare se si dovesse verificare un evento di questa portata.

    Ovviamente auspico e spero che non succeda, perché l’ultimo è di 500 anni fa, quindi spero che effettivamente non possa succedere più. Però, la prima domanda che ti fanno è questa, ancora prima degli indennizzi, dei risarcimenti, di quello che deve avvenire: la messa in sicurezza del territorio, “oggi a che punto siamo?”

    Questo viene anche, ad esempio, visto sulle vasche di laminazione, capire esattamente cosa avviene sulla parte romagnola. Sappiamo per la parte emiliana quello che è stato fatto. Per la parte romagnola come siamo messi e quali zone sono state individuate? Sappiamo anche che per la creazione delle vasche di laminazione servono diversi anni. Quindi, medio tempore cosa, fare? È bastevole solo la messa ordinaria della manutenzione dei fiumi per evitare gli eventi, o serve altro? Tutte queste domande non trovano oggi risposta. L’unica risposta che sappiamo è: ci stiamo adoperando, questo è il piano, faremo quello che abbiamo individuato come prevenzione del territorio e degli eventi. Faremo, però non sappiamo quando. Abbiamo anche necessità di capire queste opere in quanto tempo verranno realizzate. È evidente che il tempo è tiranno in questi ambiti, quindi capiamo anche quale sarà il termine entro cui noi potremmo dire che il territorio è ragionevolmente in sicurezza, perché non lo sapremo mai fino a quando non si potrà verificare un evento di una portata eccezionale come quella del maggio del 2023.

    Vorrei dare quindi alcune risposte ai cittadini, e vorrei che queste risposte venissero date da chi tecnicamente, non certamente da me, che non sono un tecnico, ha operato sul campo, ha visionato e visto il disastro e ha cercato, o tentato di trovare dei sistemi di prevenzione che potessero comunque dare una certezza di sicurezza ai cittadini. Questi sono gli elementi fondamentali. Poi arriva il resto, danni, ristori e quant’altro. Oggi la gente ci chiede questo. Chiederei quindi cortesemente se qualcuno può rispondere a queste domande. Grazie.

     

    Presidente CALIANDRO. Grazie. Consigliera Rossi; segue la consigliera Piccinini.

     

    Consigliera Nadia ROSSI. Grazie, presidente. Voglio anch’io unirmi ai ringraziamenti al Generale Gambardella e a tutta la struttura commissariale, così come alla vicepresidente Priolo, che ha seguito da subito per la Regione Emilia-Romagna tutti i lavori e le programmazioni che sono state messe in campo sin dall’inizio, stando a fianco al nostro territorio quotidianamente, così come ovviamente esprimo un ringraziamento a tutta la struttura, ai tecnici presenti, al dottor Colombo, alla struttura commissariale, ma anche a quella regionale. Io intervengo per fare una domanda e un’osservazione. La domanda magari è un po’ fuori dal contesto che abbiamo affrontato questa mattina, però approfitto della sua presenza, proprio perché credo che sia importante, nell’ottica della messa in sicurezza di un territorio. In particolare mi riferisco a un territorio del Comune della provincia di Rimini, cioè il Comune di Coriano, che non ha tra tutte le altre domande che sono state accettate e che quindi hanno visto il riconoscimento economico nella prima ordinanza di fine ottobre, perciò anche gli importi che sono arrivati sul territorio in questo periodo si sono trasformati in cantieri, proprio per mettere in sicurezza quello che è possibile mettere in sicurezza avendo a disposizione le risorse richieste.

    Ad oggi non sono ancora quindi arrivati i 4 milioni di euro, almeno, a tanto ammonta l’importo che ha quantificato il Comune di Coriano. Volevo capire le tempistiche, cioè se la struttura è organizzata in modo tale da dare risposta a questo Comune e le tempistiche per poterlo fare.

    L’altra questione che io volevo sollecitare è il tema di un supporto organico dei tecnici nei vari Comuni, e nei piccoli Comuni in modo particolare, perché ad un anno di distanza ancora hanno una difficoltà importante rispetto alle risorse umane, per poter far fronte ai vari progetti che devono poi diventare cantieri, che devono poi essere interventi che mettono in sicurezza il territorio, e che faticano a procedere proprio perché non hanno possibilità di vedere un organico necessario per poter far fronte, anche avendo a disposizione risorse economiche, a progetti e a seguire tutto il percorso del cantiere di realizzazione fino alla fine dei lavori.

    Io credo quindi che questo sistema che era stato messo in moto dal Generale Figliuolo e dalla struttura commissariale, proprio per attingere alle varie graduatorie di altre realtà, oggi abbia dimostrato ampiamente il limite. Credo quindi che sia necessario intervenire il più velocemente possibile, questo lo abbiamo sollevato diverse volte, anche in aula, da sempre, direttamente anche al Generale Figliuolo, però credo che sia urgente poter rispondere a questa richiesta che in modo particolare tutto l’Appennino, che sappiamo essere tra l’altro il tratto più fragile, sta sollevando da sempre, al quale ancora non siamo riusciti a dare risposta. Ci tenevo a far presente questo e a cogliere l’occasione di questo incontro, di questa giornata, dov’è stato presentato un po’ tutto quello che dovremmo fare anche insieme. Riscontro ovviamente anche un’ottima collaborazione, tra la struttura commissariale e la Regione Emilia-Romagna, però credo che queste grida che arrivano dal territorio siano delle voci alle quali noi abbiamo l’obbligo di dare udienza. Grazie.

     

    Presidente CALIANDRO. Grazie. Collega Piccinini, prego. Non ho altri dopo la collega Piccinini.

     

    Consigliera Silvia PICCININI. Grazie, presidente. Io esprimo un ringraziamento collettivo, nel senso che il lavoro che è stato fatto mi pare un lavoro complesso, che ha richiesto diversi sforzi. Parto da una questione formale, nel senso che io avevo fatto un accesso agli atti per avere i documenti e ancora non li ho ricevuti, lo dico perché mi piacerebbe leggerli, nel senso: bene la Commissione di oggi, però vorrei avere i documenti per poterli analizzare nello specifico. Lo dico perché io anche in aula ho sollevato una questione in particolare che riguarda il tema del consumo di suolo, che è un tasto dolente per la nostra Regione. Sappiamo qual è la situazione, non importa che ce lo ridiciamo per l’ennesima volta. Noto che oggi peraltro ci siamo svegliati tutti ambientalisti anche da parte delle forze di centrodestra, con mia somma meraviglia. Ma vorrei ricordare che ci sono alcuni consiglieri che qui dentro sono stati i maggiori sponsor della proroga dei PUG. Distinguiamo un attimo quindi chi ha portato avanti determinate battaglie e chi no, che non è che oggi si può svegliare così improvvisamente, preoccupato per il tema del consumo di suolo: cioè, o si è preoccupati sempre o non lo si è mai.

    Oggi avete fatto una fotografia sicuramente molto puntuale rispetto alle criticità del nostro territorio, e questo è un lavoro che ci servirà per il presente, ma anche e soprattutto per il futuro. È una cosa che mi pare non sia mai stata fatta prima, quindi è un lavoro decisamente importante.

    Torno al tema che un po’ mi ha preoccupato durante questa legislatura, ma in particolar modo dopo l’alluvione, che dal mio punto di vista deve rappresentare uno spartiacque rispetto alle politiche che dobbiamo mettere in campo. Torno quindi al tema del consumo di suolo, nel senso che sono state fatte delle dichiarazioni anche da parte del presidente Bonaccini, importanti.

    Io peraltro mi scuso perché non sono riuscita a seguire tutto, ma essendo monogruppo, faccio un po’ fatica a giostrarmi in un periodo politico così ballerino, così movimentato. Però, su questa questione io avrei la necessità di capire esattamente anche come Regione se c’è qualche provvedimento che noi dobbiamo andare a toccare. In questo senso, cito la legge urbanistica per capire se a fronte di quello che ci è stato anche illustrato, in riferimento al tema del consumo di suolo, se c’è la necessità di modificare la legge urbanistica, perché i tempi, come sappiamo, sono molto stretti.

    Io penso che questa necessità ci sia, non lo dico da oggi, lo dico da tempo, perché quella è una legge che dal mio punto di vista non ha funzionato, però oggi ci troviamo in un momento in cui dobbiamo provare a dare degli strumenti anche agli amministratori locali che si trovano ad affrontare richieste che in questo momento sono pendenti, che dovrebbero fare un passaggio in Consiglio comunale. Per quello che penso io, dobbiamo mettere nelle condizioni i Sindaci di avere degli strumenti per evitare di continuare a consumare suolo in quelle zone che sono state colpite dall’alluvione.

    Non avendo visto i documenti, non so se quanto inserito nei piani sia uno strumento che rafforza le loro prerogative; per questo io mi domando se non ci sia la necessità, eventualmente, di andare a modificare anche la legge regionale 24, e mi chiedo che cosa sarà di questi progetti che sono in un limbo: da una parte io ho dichiarazioni importanti che vengono fatte dal massimo esponente di questa Regione, però, dall’altra parte non riesco a capire con quali strumenti noi riusciremo, ed eventualmente se c’è la volontà concreta effettivamente, di fermare queste nuove urbanizzazioni. Vorrei quindi dei chiarimenti su questo, perché è un tema che non è secondario. Apprezzo il fatto però di aver valutato anche il tema delle delocalizzazioni, perché è un tasto sensibile, penso, che però andava affrontato. Nell’illustrazione che ci è stata fatta oggi rilevo degli aspetti positivi. È chiaro che non avendo un documento sottomano per potere verificare e poter andare a leggere effettivamente ciò che c’è scritto, si fa un po’ fatica a fare delle valutazioni. Di base apprezzo il lavoro che è stato fatto, perché davvero sono stati toccati dei punti importanti. È stato fatto un lavoro a tutto tondo, secondo me meritorio, però poi bisogna andare a vedere le singole questioni come sono state affrontate da un punto di vista un po’ più puntuale, quindi la mia preoccupazione è questa.

    Lo dico non avendo purtroppo avuto i documenti, cioè, avendoli richiesti, ma non avendoli ricevuti. Noi oggi affrontiamo una discussione senza però avere i documenti, quindi le valutazioni che facciamo, le facciamo sulla base di quello che è stato esposto, ma avendo la necessità, o perlomeno, io ce l’ho, di poter poi trovare riscontro all’interno dei documenti stessi. Grazie.

     

    Presidente Nadia ROSSI. Grazie, consigliera Piccinini. Ci sono altri interventi dei colleghi? Collega Mirella Dalfiume, prego.

     

    Consigliera Mirella DALFIUME. Grazie, presidente. Mi unisco anch’io ai ringraziamenti agli intervenuti di questa mattina in rappresentanza della struttura commissariale, dell’Autorità di bacino e ovviamente alla nostra vicepresidente, Irene Priolo.

    Io volevo fare un paio di considerazioni su due aspetti che a mio parere sono molto importanti e mi pare che rappresentino una novità molto significativa, dettata peraltro dalla ricerca di risposte adeguate rispetto non solo agli interventi nel momento dell’emergenza, ma guardando al futuro per mettere in sicurezza un territorio, nel caso in cui si dovesse verificare un evento così eccezionale come quello del maggio scorso.

    Com’è stato già detto dal direttore dell’Autorità di bacino, noi non possiamo fermare la pioggia e non esiste un ombrello sufficientemente grande per impedire che, alla luce dei cambiamenti climatici, quindi di un surriscaldamento globale… Anche se la nostra Regione, in particolare l’area romagnola, è leggermente più surriscaldata, non credo che il tema sia circoscrivibile, i mutamenti climatici sono in atto.

    Come dicevo, a mio parere, le novità di rilievo riguardano il tema della valutazione delle eventuali delocalizzazioni, un tema delicatissimo, ma dal momento in cui i fiumi tendono a riprendersi gli spazi che gli sono stati sottratti nel corso di decenni, perché non sono interventi di un paio di anni fa, che adesso andiamo a ripristinare, penso all’erosione, nel senso di sottrazione di terreno prima per l’agricoltura, poi per l’edificabilità, quindi per attività antropiche, sottrazione di terreno che è avvenuta, e per me questa è la cosa anche di maggiore impatto, nell’accorciare i tracciati dei fiumi eliminando le anse.

    Uno dei fiumi che ha provocato danni nell’area della cosiddetta bassa Romagna, stiamo parlando dell’area lughese e del torrente Santerno, è uno di quelli le cui anse sono scomparse: dalla lettura del territorio, se sono fa una fotografia aerea, sono ancora leggibilissime, quindi non sono scomparse. È chiaro che è improponibile, probabilmente, pensare di restituire al fiume il suo corso, che naturale non è mai stato perché i nostri fiumi sono comunque opera di un intervento umano, non sono nati così, non esisterebbero dei fiumi che hanno un livello superiore a quello del livello dei terreni. Come diceva Olindo Guerrini, abbiamo dei fiumi dove i pesci stanno più in alto degli uccelli.

    La valutazione, le opere e gli interventi che hanno modificato l’assetto dei fiumi nel corso dell’ultimo secolo sono di varia natura, e anche il progressivo innalzamento degli argini.

    Valutare se delocalizzare o meno, o consentire la ricostruzione è un elemento veramente chiave. La vicepresidente prima ci diceva che nel caso in cui un cittadino scelga, essendo consapevole del rischio che corre, di ricostruire in loco, se ne assume le responsabilità.

    Sappiamo che quando si tratta di assumersi delle responsabilità, il cittadino tante volte, lo so anche per esperienza diretta di ex amministratrice di un piccolo Comune con la delega all’urbanistica, pensa “c’è quella regola, ma non possiamo derogarla?”, e allora si deroga all’illuminazione di una stanza, al livello di un pianterreno, oppure il cittadino fa quello che gli pare, dice “questa è casa mia” e poi se ne pagano le conseguenze. È un aspetto delicato, ma mi pare che lo si stia affrontando con un approccio molto razionale che non si può evitare. Se cioè ti sono arrivati due metri d’acqua in casa, forse è il caso che insieme, il privato e il pubblico trovino la via migliore a tutela dell’incolumità di tutti.

    L’altro elemento, e anche qui torno all’esperienza diretta, è il tema dei ponti. È stato detto anche questo: il ponte può essere danneggiato da una piena, ma può anche provocare una rottura. È esattamente quello che è successo nel Comune di Sant’Agata sul Santerno, siamo sempre su quel fiume. Quando si parla di valutazione di compatibilità idraulica e nel frattempo di definizione di condizioni di esercizio provvisorio, riguarda quel tratto ferroviario. Attualmente la linea ferroviaria è interrotta in corrispondenza del ponte, che è stato ricostruito su un argine che è stato sopraelevato. Quella ferrovia non si può riaprire, in quelle condizioni. D’altra parte, quando l’estate scorsa, durante i lavori di somma urgenza, è stato proposto l’esercizio provvisorio, quei cittadini e quella popolazione si sono ribellati. Quindi, tramite la voce del Sindaco si è detto: per favore, fermatevi un attimo che noi non siamo disposti a subire un altro evento di quel genere.

    Sono quindi situazioni critiche, delicate. Quello che apprezzo di quello che ho ascoltato – poi, chiaramente, leggendo, uno ha modo di sedimentare meglio anche i concetti – sono in particolare questi due aspetti: la delocalizzazione e la ricerca delle condizioni di esercizio di riattivazione dei servizi essenziali come quelli della mobilità, che adesso sono effettuati con l’alternativa del trasporto su gomma, ma il ripristino di un collegamento ferroviario è un’infrastruttura, un servizio a cui non si può rinunciare. Quindi, trovare il perfetto equilibrio tra queste esigenze di sicurezza e di riattivazione di un servizio è estremamente importante. Vi ringrazio di nuovo. Mi fermo qua.

     

    Presidente ROSSI. Grazie, consigliera Dalfiume. Se non ci sono altri interventi, direi di avviarci verso la conclusione. Per questo lascerei la parola per delle integrazioni, ringraziandolo ovviamente anche per la relazione iniziale che ha fatto, così come per le integrazioni che rilascerà a breve, al direttore dell’Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, dottor Andrea Colombo. Grazie.

     

    Dott. COLOMBO. Alcune risposte, chiaramente sui temi maggiormente tecnici, anche se poi nel documento troverete scritto… Capisco che non avendolo ancora letto sia difficile anche interloquire più operativamente. Molte delle cose che avete evidenziato sono importanti, ma nel documento se ne dà risposta perlomeno per quello che è attualmente lo stato di avanzamento dei lavori. Poi i lavori, come vi abbiamo raccontato, proseguiranno fino ad arrivare a giugno. Una prima domanda: come i piani speciali si modificheranno in relazione anche all’aggiornamento dei PAI? Le due cose le stiamo portando avanti insieme, quindi il piano speciale è un’anticipazione di quello che poi sarà scritto nel PAI. Gli orizzonti temporali sono un po’ diversi, ma l’ordinanza n. 22 del Commissario prevede che comunque il piano sia suscettibile di modifiche e integrazioni, anche in esito allo sviluppo dei lavori collegiali, che sono proprio gli studi per l’aggiornamento dei PAI in corso, successivamente all’approvazione del piano medesimo. Quindi, anche il piano speciale è suscettibile, poi, di un eventuale aggiornamento per le parti che necessitano di essere aggiornate in seguito all’approvazione finale dei PAI.

    Quanto al tema dei ponti, è un tema che è emerso nel dibattito più volte, ed è sicuramente un problema. Sul tema dell’occlusione dei ponti, abbiamo inserito nel piano che il Commissario straordinario garantisce copertura finanziaria agli interventi urgenti che si renderanno necessari per la rimozione del materiale. Il materiale un po’ si è già accumulato, in parte è stato tolto e in parte dovrà essere tolto. Ma è possibile anche che questo fenomeno, poiché il materiale vegetale si è mobilizzato dalla montagna fino alla pianura, magari eventi successivi lo potranno mobilizzare e portarlo. È prevista quindi la copertura finanziaria, per andare incontro anche ad eventuali soggetti proprietari piccoli, è stato previsto che l’Autorità idraulica, proprietari e gestori si coordineranno per individuare le infrastrutture di maggior criticità e definire le modalità esecutive, proprio per cercare di andare incontro…Non ricordo più chi lo diceva, ma chiaramente non sono tutti grandi come ANAS o RFI. Su RFI c’è il tema del ponte di Sant’Agata, di cui più recentemente ci siamo occupati anche come Autorità di bacino. L’Autorità di bacino ha promosso fin da subito questa attività di verifica delle condizioni di compatibilità che RFI ha in corso, proprio per capire, ma bisogna verificarlo, non è che possiamo valutarlo facendo un sopralluogo, o guardando il fiume.

    Ci sono delle analisi idrauliche che abbiamo cercato di sintetizzare nell’allegato 9. Bisogna fare le verifiche, bisogna capire se questo ponte, per come è attualmente presente all’interno degli argini del Santerno, è compatibile o meno. Il punto è che se è incompatibile, bisogna toglierlo, non si può lasciare lì; o viceversa, se abbiamo un livello di compatibilità, bisogna riaprirlo, prevedendo tutta una serie di interventi che RFI deve fare in occasione di eventi, come chiudere quel pezzo di argine che attualmente c’è e chiude la via ferroviaria, che chiaramente bisogna togliere, ma che si può ripristinare con provvedimenti provvisionali durante situazioni critiche.

    Il tema quindi è capire quanto è inadeguato e poi agire di conseguenza con le due ipotesi estreme. Se cioè ci può ancora stare, bisogna riaprire la linea; se non ci può stare, bisogna però toglierla, subito, anzi, immediatamente.

    Sulla vegetazione ripariale, anche qua si è parlato. Alcune cose le ho già dette: su tratti arginali così canalizzati, quindi stretti sull’alveo e anche rettilinei, che è un altro tema importante, perché gli interventi di inizio 900 erano, stringiamo più possibile, anche tagliamo tutte le curve e i meandri, quindi rettifichiamo i fiumi. Su quel tipo di corsi d’acqua ritengo difficile garantire una vegetazione ripariale di un certo tipo, nel senso che l’obiettivo principale, a mio modo di vedere, è quello di ottimizzare la scabrezza e la capacità di deflusso. Questo non toglie che la vegetazione ripariale ha un ruolo importantissimo, però c’è contesto e contesto.

    C’è contesto e contesto anche su questi fiumi. Stiamo riforestando il fiume Po nell’ambito di un progetto del PNRR. È chiaro che lì ci sono gli spazi adeguati per fare degli interventi di riforestazione e farlo diventare il polmone verde della Pianura Padana.

    È chiaro che su dei fiumi che assomigliano più a dei canali, perché così li abbiamo ereditati dai nostri avi dei primi del Novecento, pensare ad una vegetazione ripariale è complicato: è complicato per le connessioni che ha con la scabrezza, la capacità di deflusso e il raggiungimento di quella portata al limite di progetto che vi dicevo prima.

    Ultimi due aspetti: i sedimenti. Si è parlato di sedimenti e di gestione sedimenti. Quello della gestione dei sedimenti è sicuramente un aspetto importante, deve essere valutata a scala di asta fluviale. È indubbio che in Emilia-Romagna e anche in altre parti del Distretto abbiamo dei fiumi che, come si dice in gergo tecnico, si sono incisi, cioè che hanno delle quote di fondo alveo profondissime: parliamo del Secchia, del Panaro, dell’Enza. Sull’Enza, dove c’è stata la rotta a Lentigione non tantissimi anni fa, la portata di piena che a valle ha tracimato l’argine a Lentigione e lo ha rotto, a monte di Lentigione sta dentro l’alveo inciso, a fronte di una fascia fluviale che dovrebbe essere destinata alla laminazione della piena, che è molto ampia.

    Questa incisione è frutto delle escavazioni del primo dopoguerra per fare l’Autostrada del Sole e tutta l’infrastrutturazione di edificato che abbiamo, hanno portato in alcuni tratti, soprattutto agli affluenti appenninici, questi fenomeni di squilibrio nelle dinamiche di trasporto solito. Chiaramente bisogna studiarli, monitorarli e valutare come intervenire nel tempo, sempre a scala di asta fluviale.

    Sui fiumi arginati, oggetto dell’alluvione, il tema dei sedimenti è soprattutto sui piani golenali, non è sedimento dell’alveo inciso. È sedimento fine, che non ha valore di mercato, quindi non è che si può compensare: lì ci vogliono i finanziamenti per portarlo via. È sedimento fine che si è depositato sui piani golenali, che vengono interessati periodicamente dalle piene, che quindi ha creato questa “pensilità” del fiume rispetto al piano campagna circostante. Quindi, lì l’intervento di abbassamento dei piani golenali per la rimozione di questi limi è sicuramente un intervento da prevedere per ottimizzare la capacità di deflusso.

    L’ultimo aspetto sulle norme: alcuni ci hanno chiesto un po’ più di dettagli, non so se questa è la sede per entrare eventualmente anche con il supporto e l’aiuto dei colleghi della Regione più nel merito, però sono scritte in modo abbastanza chiaro. Quella frase “nelle zone alluvionate non si ricostruirà più” chiaramente non posso commentarla, però posso dire, anzi, ribadire che sono misure di esercizio transitorio, nel senso che non saranno norme che saranno applicate all’infinito su quei territori, perché chiaramente sui fiumi arginati è semplice: passata la piena, si è rotto il sinistra, ha allagato tutta la sinistra, quindi attualmente abbiamo vincolato tutta la sponda sinistra, ma magari è allagato lì per questioni di centimetri, poteva allagare a destra dove, viceversa, non avendo allagato, al netto di quella fascia fluviale che noi abbiamo recuperato dei PAI, non ci sono norme. È chiaro che è una cosa che non è che può essere all’infinito. Ci serve adesso, nel transitorio, perché dobbiamo aggiornare gli strumenti di pianificazione ed è bene avere un momento di riflessione, lo valuterei così, che deve durare il meno possibile, ma sicuramente il tema delle norme urbanistiche dovrà essere rivisto in un’ottica di asta fluviale, con tutto il tema della tracimazione controllata che dobbiamo inserire, in modo omogeneo, sponda destra, sponda sinistra. Spesso è successo su quasi tutti i fiumi che poi ha trovato il punto debole, ha rotto il sinistro e uscito tutto lì, il fiume; magari in destra non è successo nulla. Percorrendo questi fiumi si vedeva una differenza incredibile tra la destra e la sinistra. Però è una norma transitoria, ripeto, che bisognerà aggiornare.

     

    Presidente ROSSI. Grazie al dottor Colombo. Ora lascio la parola al Generale Gambardella. Prego.

     

    Gen. GAMBARDELLA. Volevo rassicurare il Comune di Coriano. Adesso, senza stare a ricostruire come può essere accaduto, certamente per una serie di disguidi, le esigenze del Comune di Coriano non erano state riportate alla struttura commissariale. Però, la parola di tranquillità che voglio dire è che sono stati inseriti nella nuova perimetrazione che è stata fatta a fine marzo e saranno quindi acquisiti nell’ordinanza che uscirà entro fine maggio ad integrare l’ordinanza n. 13. Volevo dare una parola di tranquillità e serenità.

     

    Presidente ROSSI. Grazie. È necessario, anche perché dopo sette mesi inizia a diventare fondamentale. Grazie, Generale. Vicepresidente Priolo, a lei lascio la parola per l’ultimo intervento. Comunico la presenza, visto che prima non l’ho fatto, anche del collega Paruolo a questa Commissione.

    Prego, vicepresidente.

     

    Vicepresidente e ass. PRIOLO. Perfetto. Partiamo dal documento: per rispondere alla consigliera Piccinini, il documento non è ancora pubblicato perché è andato in cabina di coordinamento lunedì mattina, dove tutti gli enti preposti hanno espresso il parere. Tra gli enti preposti, oltre a quelli qui presenti, quindi la Regione e l’Autorità di bacino, hanno espresso parere favorevole anche i ministeri interessati, credo che sia importante sottolinearlo, in particolare il MASE, il MIT. Questo è un documento che ha avuto tutto questo iter. Dopo essere andato in cabina di coordinamento, noi siamo andati in Giunta, quindi, per la presa d’atto nel pomeriggio. A seguito di questi due passaggi, l’Autorità di bacino ieri ha a sua volta approvato il documento, quindi a questo punto il Commissario Figliuolo, a valle di tutti questi passaggi, firma il decreto e oggi pubblichiamo il documento.

    Lo voglio dire perché non abbiamo voluto sottrarre il documento alla visione di nessuno. Semplicemente, abbiamo rispettato questo iter.

    È evidente che è un documento complesso, quindi allegato alla delibera troverete anche il PDF, ma ci sarà anche il link che vi forniremo della struttura del Commissario su cui saranno scaricabili in maniera anche differenziata i vari allegati, nonché la relazione.

    Questo sicuramente verrà fatto. Riprendo una sollecitazione che aveva fatto il consigliere Pompignoli tempo fa, per il fatto che il documento prevedeva la data del 31 marzo e la Regione non l’aveva presentato prima. Sottolineando sempre che il documento è del Commissario e che noi ne prendiamo atto dopo aver espresso il parere favorevole, questo lavoro ha avuto una chiusura tecnica all’interno dei Gruppi di lavoro che si riuniscono periodicamente su convocazione del Generale Gambardella: mi pare fosse il 27 marzo.

    Quindi, l’iter del documento era stato tecnicamente chiuso. Dopodiché, la struttura del Commissario l’ha inoltrato a tutti gli enti competenti, nonché ai ministeri, perché poi ciascuno doveva esprimere il proprio parere.

    È evidente che il documento definitivo, invece, ha una scadenza più cogente, quella del 30 giugno, quindi dovremo fare in modo che invece quella data preveda già il documento validato anche dal Commissario, oltre che dagli enti preposti.

    Detto questo, alcune specifiche il dottor Colombo le ha già date rispetto alle domande che ha fatto il consigliere Occhi. Io non legherei, lo dico politicamente, il fatto che noi lavoriamo un piano speciale al fatto che noi dobbiamo guardare al piano delle estrazioni. Scusatemi, ma non è molto elegante, e probabilmente credo che non sia neanche opportuno far intravedere che dietro una gestione straordinaria noi lavoriamo per continuare alcune escavazioni in alcuni territori, laddove noi in questo momento, peraltro, nell’ambito dei bacini romagnoli non abbiamo una situazione che è simile ai bacini emiliani. Lo dico perché siamo su un altro orizzonte e un altro paradigma.

    Questo strumento, quindi, ha proprio l’approccio innovativo del cambio di paradigma per quanto riguarda una serie di elementi innovativi che, come ha detto il dottor Colombo prima, non hanno neanche una caduta in una gestione omogenea a livello nazionale. Il tema che abbiamo introdotto dei ponti, è stato detto, se voi andate a chiedere in Veneto come gestiscono i ponti, e lo chiedete in Toscana, in un territorio fanno in un modo, in un altro territorio fanno in un altro modo, ci sono gli accordi coi gestori, non ci sono gli accordi coi gestori… Insomma, questo diventa, peraltro nell’incontro che ha fatto l’Autorità di bacino, siccome è l’Autorità di bacino del Po è diventato anche un argomento interessante per le altre Regioni in questo piano speciale, il lavoro che stiamo cercando di fare legge e ha letto… Io devo ringraziare perché la struttura commissariale ha colto benissimo la necessità di avere un approccio innovativo. L’approccio innovativo va alla luce delle conoscenze che vengono aggiornate dopo l’evento. Lo dico perché è un intervento riparativo, il piano speciale? Ma no! Come si fa a ritenere un piano speciale un intervento riparativo? Il Commissario Figliuolo è stato nominato come Commissario alla ricostruzione e dobbiamo lavorare alla ricostruzione, come lo facciamo? Con dei piani speciali straordinari. E lo facciamo, peraltro, non con un elenco di opere, ma lo facciamo collocando queste opere all’interno di una strategia nuova. Questo è quello che stiamo provando a fare, perché abbiamo bisogno di una strategia nuova.

    Quando prima ho sottolineato che siamo un hotspot del Mediterraneo, lo è il bacino padano, non lo è l’Emilia-Romagna e basta. Se quindi uno va a vedere cosa succede, la stessa cosa succede in Veneto, succede in Piemonte, in Lombardia. Se quindi noi abbiamo sbagliato qualche piano, forse l’hanno sbagliato tutti. Ma qua non si tratta di sbagliare dei piani, lo dico alla consigliera Evangelisti, che prima faceva questo accenno qua. Il cambiamento climatico richiede un approccio di sistema europeo, ma non entriamo in questo tema perché entreremmo in un altro argomento. L’hotspot è europeo, e noi siamo però in una striscia all’interno della quale ricadiamo per i noti motivi, anche dal punto di vista dell’assetto produttivo del nostro territorio.

    Detto questo, ho colto con molto favore le parole della consigliera Evangelisti, credo che abbia ben puntualizzato come abbiamo provato e stiamo provando in maniera proprio orizzontale ad affrontare questa ricostruzione, provando a mettere in campo non solo le conoscenze di oggi, ma anche quelle di domani, al punto tale che abbiamo anche indicato, come ci è stato chiesto anche dalla Commissione tecnico- scientifica, la necessità di costruire un gemello digitale dei nostri fiumi.

    Ora, io sono consapevole che tutte le volte si ricade sul tema della gestione della vegetazione riparia e dei nostri animali fossori, in modo strumentale da una parte, all’altra, si stiracchia l’argomento… Leggerete, nel capitolo sulla gestione della vegetazione riparia, che non si parte da zero, ma si parte dalle linee guida della Regione, e si individua che cosa? Che oggi la portata limiti di progetto in base al quale anche il piano di gestione dovrà essere fatto è cambiata. È cambiata, ma perché abbiamo avuto un evento che non ha più la portata limiti di progetto di prima. Quindi, la gestione della vegetazione riparia, anche alla luce degli interventi che andremo a fare, e alla luce anche del lavoro sui manufatti e i ponti che andremo a fare, quindi alla luce di un lavoro più incessante, individuerà delle zone più incisive sulle quali intervenire e delle zone sulle quali, come ha detto il dottor Colombo, la vegetazione riparia dovrà continuare a svolgere una funzione anche di contributo alla laminazione delle piene. Vale per le golene, vale per altri ambiti che noi dovremo individuare.

    In altri ambiti sarà opportuno proseguire nel lavoro che stiamo facendo in questo momento, che non è un lavoro tardivo. L’Agenzia in questo momento sta facendo un lavoro molto importante, anche di diradamento, perché altrimenti non si riesce, neanche rispetto agli interventi che stiamo facendo sull’arginatura, a cogliere appieno il lavoro che è necessario fare. Però, lo dico al consigliere Pompignoli, è vero, i cittadini – io di assemblee pubbliche ne sto facendo tante, le vedete – hanno paura e si chiedono, se dovesse piovere come a maggio, se andiamo sott’acqua di nuovo. Se dovesse piovere come a maggio, cosa che non auspico, noi sicuramente con gli interventi che stiamo mettendo in campo abbiamo aumentato la resistenza dei nostri corsi d’acqua. Questo glielo do per certo, non soltanto perché abbiamo lavorato nuovamente sulle arginature, ma stiamo già facendo una parte di lavoro che aumenta la capacità di laminazione con il ribassamento delle golene laddove oggi già abbiamo delle golene. Quindi, le siamo già ribassando, stiamo aumentando la capacità di laminazione e stiamo intervenendo con un approccio, come ha detto la consigliera Rontini, anche per la gestione degli animali fossori.

    È ovvio che le opere strutturali della riduzione del rischio residuo che leggono questo evento hanno un tempo più lungo, e lei ha ragione. Mi permetta questa sottolineatura, perché mi vengono fatti degli appunti, poi dopo provo a studiare. Quando c’è stata l’alluvione del Bacchiglione, nel Veneto, era il 2010, non era la prima, c’era stata anche quella del 1966, sempre sul Bacchiglione. Il Veneto giustamente ha iniziato a mettere in campo gli interventi e ha iniziato a costruire la cassa del Bacchiglione, che è stata inaugurata adesso, nel 2024. Se lei va a vedere le notizie, l’hanno inaugurata recentemente. Sono passati 14 anni.

    La cassa del Bacchiglione tiene 1,2 milioni di metri cubi di acqua ed è costata 18 milioni. Questo per dire che quando si pianificano, dopo questi eventi, interventi strutturali ci può essere la destra, ci può essere la sinistra, ci può essere il centro, ci può essere chi vi pare, non è un problema di chi è alla governance, ma è un problema di pianificazione di opere complesse.

    Noi metteremo in campo delle altre opere complesse. Però oggi Forlì, nell’ambito dell’asta del Montone, ha già un sistema di laminazione che già oggi conteneva sul Ronco, 11 milioni di metri cubi d’acqua e sul Montone 6 milioni di metri cubi d’acqua, quindi, messi insieme, 17 milioni. Non è più sufficiente, quindi queste opere le dovremo fare.

    Sarà molto importante, da qui a giugno, costruire bene gli ambiti sulla tracimazione controllata, quindi a giugno avrete questa restituzione, perché insieme all’Agenzia stiamo facendo questo lavoro, che è quello che dovrà lavorare alla minore esposizione possibile, come ha detto il dottor Colombo, ma a un lavoro che ovviamente è molto più rapido rispetto alla costruzione di una cassa di espansione.

    Noi non abbiamo una cassa di espansione e realizzazione che non sia sottoposta a un contenzioso. Bisogna che il legislatore nazionale ci aiuti: queste opere infatti si fermano anche perché costantemente sono sottoposte… O erano cave che sono diventate casse, e questo è un altro paradigma che dobbiamo eliminare. Lo dico perché non possiamo aspettare il termine della coltivazione del piano di estrazione, perché il piano di estrazione alle volte ha un’autorizzazione, ma la coltivazione segue il mercato, invece queste opere non possono seguire il mercato.

    Questi interventi però andranno rappresentati alla popolazione in tempi più rapidi, esattamente come il lavoro che in questo momento l’Agenzia sta iniziando a condividere con la struttura commissariale da una parte, e con la società in house dello Stato, perché noi, oltre alle rotture che abbiamo avuto sugli argini, riteniamo che in alcuni casi bisogna fare un consolidamento di quelli che non si sono rotti, nelle parti dove non si sono rotte. Quindi, mandare avanti questi interventi di consolidamento per noi è fondamentale, quindi, abbiamo in attuazione 402 cantieri, 130 già conclusi, con le somme urgenze, e gli altri che sono in corso e in progettazione, ma sono quelli nostri, della Regione. Ne dobbiamo affiancare altri per mandare avanti contestualmente questo lavoro.

    Perché lo chiediamo a Sogesid? Perché già 402 cantieri non sono pochi. È evidente che attivarne degli altri, con gli accordi quadro e con tutto lo sforzo che stiamo facendo noi, probabilmente non è tecnicamente fattibile, quindi apprezziamo questa disponibilità che c’è stata assolutamente data.

    La Regione – peraltro stiamo per spedire la relazione al MASE, o l’abbiamo già spedita – ogni anno deve rendicontare gli interventi dello stato d’avanzamento degli interventi strutturali finanziati dal MASE. È un obbligo cui dobbiamo adempiere. Vorrei sottolineare che, dal 2010 ad oggi, dal MASE la Regione ha ricevuto 264 milioni per le opere strutturali, che sono di competenza del finanziamento dello Stato. Parlo del MASE, che ha espresso parere favorevole al piano e che è l’ente di riferimento per il dissesto.

    Come voi sapete, perché prima dell’alluvione a marzo abbiamo fatto la Commissione sui 4.500 interventi che avevamo in Regione, ahimè, l’altra parte più importante ci arriva dal Dipartimento di Protezione civile, tutte le volte, per gli interventi, e questo non è un bene. Vuol dire infatti che arriviamo dopo il danno. Quindi, io ho provato a fare un incontro con la viceministra: o proviamo a cambiare il paradigma, perché se 2,5 miliardi il commissario Figliuolo li ha trovati, da qualche parte nel cassetto c’erano, altrimenti non li trovavano. Quindi, o c’è un cambio di paradigma e questi interventi strutturali entrano all’interno di una pianificazione e programmazione triennale, come previsto dalla norma, oppure saremo costretti sempre a rincorrere. Guardate, non è un problema di questo Governo, è un problema eterno che stiamo avendo. C’è stato soltanto un momento in cui con il piano “Proteggi Italia”, dopo la tempesta Vaia, siamo riusciti ad avere risorse certe per tre anni, quindi si riusciva a fare una programmazione, però nell’ambito di risorse molto limitate. Difatti, la media dei soldi ricevuti dal MASE è di 18 milioni all’anno e con 18 milioni siamo riusciti a realizzare la vasca del Bacchiglione, che contiene 1,2 milioni di metri cubi di acqua, per cui non ci facciamo molto. Poi, un anno ci danno 13 milioni, magari l’anno dopo ce ne danno 60, non c’è un bilanciamento e anche noi facciamo fatica a fare una programmazione. Ripeto, la mia non vuole essere un’accusa nei confronti di nessuno. Credo soltanto che questo sia un argomento nazionale che deve essere assolutamente interpretato. Come Regione stiamo rispettando quello che abbiamo messo nel programma di mandato, quindi di potenziare da 50 a 100 milioni di euro le manutenzioni, quindi le abbiamo raddoppiate, ma anche questo sforzo con l’evento di maggio secondo me era impossibile e insufficiente.

    Sugli animali fossori, non è che noi non abbiamo i piani di contenimento. Però, è ovvio che, dopo un evento di questo genere, abbiamo bisogno che il commissario, che ne ha la facoltà, possa varare un piano straordinario della gestione delle specie tutelate, perché sulla gestione delle specie tutelate diversamente non si può intervenire. Il fatto di aver individuato il lavoro che andremo a fare da qui a giugno e che sta conducendo la Direzione Agricoltura, sotto l’egida del generale Mari e, quindi, della parte della struttura degli ex carabinieri forestali (se così li vogliamo chiamare), per noi è importante perché si parla di individuazione di densità-obiettivo, alla luce di un censimento recente che noi abbiamo fatto e che dimostra che queste specie non sono nello stesso numero di dieci anni fa. Quindi, questo strumento per noi diventa importante, affinché anche il piano di contenimento che dovrà fare la Direzione Agricoltura – sapete che prima la competenza era delle Province, adesso è passata in Regione – possa avere quell’energia e quella forza che, diversamente, non riuscivamo a mettere in campo.

    Dal punto di vista delle regole, e a tal proposito la consigliera Rontini chiedeva come saremmo andati avanti per portarla a conoscenza, quindi finisco dopo con quel passaggio, la norma transitoria che abbiamo messo non è incoerente rispetto alle dichiarazioni del presidente Bonaccini. Anzi, la norma è proprio coerente con le dichiarazioni del presidente nella misura in cui l’individuazione delle aree allagate nelle aree non urbanizzate è quello che dovremo fare da qui alla definizione del Piano speciale definitivo, ma più in generale dal punto di vista delle attività di carattere urbanistico che si devono portare avanti. Mi spiego. Il problema non è nell’ambito dei centri urbanizzati (se li vogliamo così definire). A Faenza, dove è uscito il fiume Lamone, non è che puoi prevedere un’espansione urbanistica. Non so se mi spiego. Nelle aree non urbanizzate, quindi fuori dai contesti già urbanizzati, questa norma in modo transitorio “blocca” i PUG, perché bisogna fare una perimetrazione più puntuale e verificare dove il tirante (se lo vogliamo così definire) e, quindi, il quantitativo d’acqua è stato significativo e impattante. È ovvio che noi abbiamo avuto acqua che è andata un po’ ovunque. Bisogna, quindi, fare la sovrapposizione tra le fasce che verranno fuori dal Piano di assetto idrogeologico, le fasce realmente allagate e i tiranti d’acqua per definire quelli che sono gli ambiti in cui non si deve più costruire. Non è un lavoro banale. D’altronde, dove abbiamo avuto tre centimetri di acqua, perché abbiamo avuto anche tre centimetri di acqua, e l’ambito magari non coincide con una fascia B del PGRA o del Piano di assetto idrogeologico, qua stiamo parlando di niente, e magari bastano delle norme che ti indicano di stare alto un metro o due metri. Laddove, invece, c’è stato un impatto significativo, è ovvio che ne dobbiamo tenere conto. Quindi, è un lavoro di cucitura molto puntuale, perché poi diventeranno cogenti nei PUG che dovranno essere portati avanti. Il dottor Capucci è andato via, spero di non essere stata troppo imprecisa, perché non è materia mia, però lo scopo è proprio legare le due cose e non mettere in difficoltà le Amministrazioni comunali, che in questo momento rispetto alla norma transitoria si trovavano una scadenza che in questo momento li poteva, con il lavoro dei Piani speciali che stiamo facendo, mettere in difficoltà. Quindi, questo è un po’ il tema.

    In questo momento si dice che, alla luce di questo lavoro che si deve fare, in queste aree non è consentita la demolizione e la ricostruzione, è consentito l’adeguamento dell’edificio attuale, non è consentito costruire in più, quindi aumentare il carico urbanistico. Ma vi ritroverete ciò che si può fare e ciò che non si può fare in questa norma transitoria, che ha lo scopo di seguire l’aggiornamento del lavoro che deve fare l’Autorità di bacino, ovviamente insieme alle Amministrazioni comunali.

    D’ora in avanti lavoreremo per condividere con i territori questo Piano preliminare, facendo incontri puntuali. Ne abbiamo pensati tre, ovviamente su Bologna, Forlì-Cesena e Ravenna. Sappiamo che andiamo da Rimini a Reggio Emilia, però sugli ambiti più colpiti, per spiegare che cosa sono questi Piani speciali alla collettività, quindi al mondo organizzato dei vari territori, e contestualmente e parallelamente l’Autorità di bacino, insieme ai nostri uffici, farà il lavoro più puntuale e di dettaglio con le Amministrazioni comunali. Quindi, due lavori paralleli che andranno avanti ambito per ambito, bacino per bacino, per fare in modo che ci sia la possibilità, come è stato detto e come prevede anche l’ordinanza, di addivenire anche a qualche modifica, se è necessario, del Piano speciale, oltre che al Piano ultimo, che vedrà da questo punto di vista l’elenco di tutti gli interventi che noi andremo a fare.

    Ovviamente restiamo a disposizione per ulteriori chiarimenti, alla luce anche delle letture del documento che farete. È importante la Commissione da pianificare dopo il 30 giugno, perché quella restituirà anche il senso della temporalità con cui noi vogliamo agire sul territorio e della mole di lavoro che noi dovremo fare e che dovremo consegnare non soltanto ai territori e ai cittadini, ma anche al Governo. Del resto, il Piano definitivo che approverà il commissario sarà lo strumento che consentirà anche al Governo la programmazione delle risorse, perché questo è anche lo scopo. Siamo persuasi che gli 800 milioni che ha in questo momento in disponibilità il commissario non siano sufficienti per affrontare tutti questi interventi. Poi, sul PNRR abbiamo un tema aperto, ma vedremo se riusciremo a risolverlo o meno. Ma questo non è un problema che ci ha posto la struttura commissariale. Vedremo come poterlo approcciare in maniera puntuale. Comunque, ci stiamo lavorando. Spero di essere riuscita, bene o male, a restituire il senso di questo lavoro che abbiamo fatto. Quindi, al netto della richiesta di accesso agli atti, troverete la documentazione pubblicata. Troverete tutto non soltanto sulla delibera nostra, ma anche sui vari siti, quello dell’Autorità di bacino, quello del commissario, ovunque. Insomma, il documento non sarà segreto ma, anzi, molto utile alla lettura. Vi ringrazio.

     

    Presidente ROSSI. Grazie, vicepresidente Priolo. Raccomando ancora l’invio di questo documento alla Segreteria della Commissione, in modo tale che possa essere distribuito anche a tutti i commissari presenti. Ringrazio tutti gli intervenuti per il lavoro svolto nella mattinata e per le informazioni date. La seduta è chiusa.

     

     

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